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Rassegna dell'Esercito 2/2013 - Esercito Italiano - Ministero della ...

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quaranta milioni di dollari del 1974 provò<br />

a dare concretezza al progetto degli attori<br />

politici rientranti nell’area di influenza<br />

occidentale. L’approccio di risposta del<br />

Presidente Daoud all’offerta si diresse<br />

verso un generale abbassamento dei<br />

toni di aspirazione a prendere parte alla<br />

volontà di costruire un «Grande<br />

Afghanistan» e si indirizzò nel solco dell’instaurazione<br />

di una politica di compromesso<br />

sulle difficili questioni etniche e di<br />

frontiera con le vicine realtà dell’Iran e<br />

del Pakistan. Daoud, come tutti i suoi<br />

predecessori, non riuscì a consolidare la<br />

modernizzazione delle Istituzioni. Una<br />

struttura venne sovrapposta all’ordine<br />

sociale esistente, contraddistinto da una<br />

eccessiva e dominante polverizzazione<br />

etnica.<br />

I risultati, però, sfociarono in organismi<br />

di rappresentanza pubblica scarsamente<br />

significativi, la cui ragione principale<br />

andava ricercata nell’eccesso di frammentazione<br />

etnico - linguistica sussistente<br />

nel Paese, eccezion fatta per la Loya<br />

Jirga ormai in larga misura nominata a<br />

livello verticistico.<br />

In tale contesto, i Quadri filosovietici ed<br />

i nazionalisti dell’apparato afghano, pur<br />

se distanti su ogni altra materia (erano<br />

nettamente divisi in due filoni: Khalq – «le<br />

masse» e Parcham – «la bandiera») avevano<br />

costituito un sinergico fronte interno<br />

«nel lanciare l’allarme sul nuovo corso di<br />

Daoud, con l’appoggio dei capi tribali il cui<br />

timore principale era individuabile nella<br />

vendita dell’onore del Paese per un po’ di<br />

paccottiglia <strong>della</strong> Guerra Fredda». Dai<br />

bazar alle caserme di Kabul, gli esponenti<br />

del fronte anti-presidenziale si facevano<br />

forza in vista di una nuova lotta. Il 27 aprile<br />

1978, le dimostrazioni di massa sfociarono<br />

in una ribellione con carri armati ed<br />

aerei che attaccarono il palazzo presidenziale.<br />

Il coupe d’État assunse contorni<br />

<strong>Rassegna</strong> dell’<strong>Esercito</strong> on line n. 2/<strong>2013</strong><br />

notevolmente sanguinosi e si concluse<br />

con l’uccisione di Muhammad Daoud<br />

Khan e con lo sterminio di 19 membri<br />

<strong>della</strong> sua famiglia. L’errore determinante<br />

del Presidente Daoud sussistette nel non<br />

fermare ed incarcerare Hazifullah Amin –<br />

il militante comunista che aveva organizzato<br />

il golpe e che, nei contorni del nuovo<br />

regime, aveva assunto il ruolo di Ministro<br />

degli Esteri. L’obiettivo principale di Amin<br />

si riscontrava in uno spinto irredentismo<br />

territoriale che avrebbe voluto «l’unità<br />

nazionale degli afghani dall’Oxus all’Indo,<br />

sottolineando che la rivoluzione afghana<br />

e la questione del Pashtunistan erano<br />

strettamente collegate». La disputa<br />

riguardava il popolo Pashtun che, maggioritario<br />

nell’area di confine tra Pakistan<br />

ed Afghanistan, è stato diviso in due proprio<br />

con la Linea Durand.<br />

Il sogno, se mai avesse aspirato a<br />

diventare reale, di un grande Pashtunistan<br />

indipendente è apparso sempre irrealizzabile.<br />

In Afghanistan i Pashtun sono maggioritari,<br />

in Pakistan rappresentano invece<br />

circa il 15% <strong>della</strong> popolazione. Il sentimento<br />

di resistenza di questo popolo sembra<br />

aver guidato l’instabilità cronica <strong>della</strong><br />

regione. Un popolo pronto a tutto.<br />

L’importante era trovare finanziatori disposti<br />

ad investire nella lotta (Fig. 7).<br />

Nella descritta situazione politica, i<br />

Mullah (10) ed i khan lanciarono il jihad<br />

contro gli infedeli comunisti che, a loro<br />

volta, si trovavano invischiati in lotte politiche<br />

intestine. In un siffatto quadro, si costituiva<br />

la nuova Repubblica con a capo Nur<br />

Muhammad Taraki (la guida ed il padre<br />

<strong>della</strong> rivoluzione di aprile) che, nei mesi a<br />

seguire, attuò una spinta repressione del<br />

clero afghano e comminò una serie di purghe<br />

in cui perirono almeno quindicimila<br />

persone tra moderati e tradizionalisti.<br />

L’indignazione tuttavia cominciò ad affiorare<br />

sfociando nei primi germi <strong>della</strong> resisten-<br />

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