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Rassegna dell'Esercito 2/2013 - Esercito Italiano - Ministero della ...

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Le statue di Buddha di Bamiyan.<br />

Fig. 2<br />

glio di popoli sempre in lite tra loro (1) che<br />

lo caratterizzano (Fig. 1).<br />

Quando ad un viaggiatore del passato<br />

veniva chiesto in quale Paese desiderasse<br />

ritornare, invariabilmente veniva fatto il<br />

nome dell’Afghanistan.<br />

«Ricordo che è un luogo eccitante violento,<br />

stimolante; quasi ogni americano o<br />

europeo che vi lavorò nel passato dice lo<br />

stesso. Da una camera al livello più alto<br />

delle caverne ho potuto contare sessantuno<br />

vette coperte di neve in piena estate,<br />

tutte sopra i 5 000 metri, le sue colossali<br />

statue di Buddha (2), le sue cinquecento<br />

grotte ed i suoi splendidi corridoi» (Fig. 2).<br />

L’autore e viaggiatore inglese James<br />

Morris all’inizio degli anni ‘60 del ‘900 trovava<br />

Kabul pittoresca e funesta allo stesso<br />

tempo. «La sua storia è segnata da<br />

massacri, bigotteria e gelosia e sebbene<br />

la sua gente sia abbastanza gentile, può<br />

dare ancora l’impressione di una città che<br />

terrorizza. La sua gente è così varia da far<br />

venire il mal di testa, dagli occhi a mandorla<br />

e dalle barbe incolte, lisci come<br />

castagne o pieni di rughe come pigne,<br />

massicci, gagliardi uomini di frontiera ed<br />

esili montanari, pathan e uzbeki, persiani<br />

e sikh uomini di ogni livello <strong>della</strong> gerarchia<br />

<strong>Rassegna</strong> dell’<strong>Esercito</strong> on line n. 2/<strong>2013</strong><br />

sociale, dall’uomo austero che sembra<br />

venire dal medioevo al progressista in<br />

giacca e cravatta».<br />

Malgrado ciò e nonostante l’amore per il<br />

popolo afghano fosse quasi contagioso<br />

per tutti coloro che si sono, in qualche<br />

modo, con esso relazionati, la dura realtà<br />

geografica del Paese s’impone su di esso<br />

come una maledizione ancestrale. Con<br />

un territorio intercluso e del quindici percento<br />

più vasto di quello francese,<br />

l’Afghanistan presenta delle difficoltà geomorfologiche<br />

straordinarie. Posto immediatamente<br />

a ridosso delle latitudini<br />

dell’Asia centrale, contornato ad ovest da<br />

Iran e Turkmenistan, a nord da Uzbekistan<br />

e Tajikistan, a est ed a sud dal Pakistan,<br />

dominato dal massiccio centrale<br />

dell’Hindu Kush e collegato alla Cina da<br />

una striscia di terra nota col nome di «corridoio<br />

di Wakhan», imposto dai cartografi<br />

imperiali con lo scopo che la Russia e<br />

l’India del Raj britannico non dovessero<br />

avere una frontiera comune, lo Stato<br />

afghano copre l’area dello snodo territoriale<br />

maggiormente strategico del centro<br />

Asia (Fig. 3). Per secoli le carovane cariche<br />

di merci itineranti sulla Via <strong>della</strong> Seta,<br />

sono passate per le malagevoli alture<br />

sismiche, le ripide valli ed i suoi passi che<br />

rallentarono l’avanzata finanche del<br />

potente <strong>Esercito</strong> di Alessandro «il<br />

Grande» di Macedonia. Ciò nonostante, il<br />

fascino di questa terra ha sempre sospinto<br />

ed attirato le genti dell’Occidente:<br />

«Ognuno di noi si fa il proprio Eden, e<br />

usando un’argilla che non conosce» scriveva<br />

nel 1964 l’americana Roseanne<br />

Klass che, appena uscita dall’università<br />

del Wisconsin, venne ad insegnare ed a<br />

vivere in Afghanistan, descrivendo il suo<br />

idilliaco viaggio d’addio in corriera verso il<br />

Khyber Pass.<br />

Non solo ammirazione però. L’Afghanistan<br />

nel corso degli ultimi due secoli si è trovato<br />

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