Pagine 36-58 - Camera di Commercio di Treviso - Camere di ...

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delle imprese produttrici e distributive. Sulla scorta dei punti 8 e 9 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 134 del 12 giugno 2001 il DPR n. 218 del 6 aprile 2001 “Regolamento recante disciplina delle vendite sottocosto, a norma dell’articolo 15, comma 8, del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 114”. Questo regolamento è entrato in vigore a decorrere dal centoventesimo giorno dalla data della sua pubblicazione. Il DPR n. 218 regola in maniera dettagliata la vendita in argomento e ritengo solo di citarlo in quanto è già stato commentato da vari autori e varie riviste essendo entrato in vigore nel dicembre del 2001. Sottolineo soltanto il fatto che, della complessità della materia e degli interessi confliggenti tra loro, è stato “certificato” nelle premesse del più volte citato DPR n. 218 e che recitano: “Visto l’articolo 15, comma 9, del predetto decreto il Nel Bollettino Ufficiale della Regione Veneto n. 81 del 17.8.2004, è stata pubblicata la Legge Regionale n. 15 del 13 agosto 2004 “Norme di programmazione per l’insediamento di attività commerciali nel Veneto”. La legge in argomento è entrata in vigore sin dal 18.8.2004 ed è composta da 43 articoli. In questo scritto verranno individuati – in maniera sintetica – gli argomenti principali con riserva di pubblicare successivamente altri articoli con singole specificità. E’ necessario premettere che questa legge è “figlia” della riforma del Titolo V della Costituzione – legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 2001 – che affida alle Regioni la nuova competenza esclusiva in materia di commercio; mentre la precedente legge regionale nel commercio n. 37 del 9 agosto 1999 “Norme di programmazione per l’insediamento di attività commerciali nel Veneto” era nata come provvedimento legislativo “esecutivo e di attuazione” del D.lgs n. 114 del 1998, conosciuto come Decreto Bersani, relativo alla riforma del commercio risalente alla quale prevede che il Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato promuova la sottoscrizione di codici di autoregolamentazione delle vendite sottocosto tra le organizzazioni rappresentative delle imprese produttrici e distributive; considerato che i diversi incontri promossi dal Ministero dell’industria, del commercio e dell’artigianato tra le parti interessate non hanno consentito di pervenire alla definizione dei codici di autoregolamentazione di cui sopra.” Nonostante queste ultime difficoltà il Governo ha comunque ritenuto di pubblicare il DPR in argomento. Tali complessità e interessi confliggenti sembrano tuttora vigenti. Infine la terza fonte normativa che disciplina la materia è da ricondurre a delle delibere della Giunta Regionale del Veneto, nel quadro del citato art. 15 del D.lgs n. 114/1198. Per vendite straordinarie si intendono le vendite di li- Legge n. 426 del 1971. E’ altresì necessario, per comprendere al meglio i contenuti della legge regionale n. 15, sottolineare lo strettissimo rapporto tra la normativa tipicamente commerciale e quella urbanistica in relazione ai principi della correlazione e contestualizzazione dei provvedimenti commerciali (Denuncia di inizio attività e autorizzazioni commerciali) rispetto ai titoli edilizi. Unitamente alla Regione, il secondo attore istituzionale, secondo solo in termini aritmetici non certo di rilevanza giuridica, è il Comune al quale è affidata la gestione “quotidiana” del settore. Il Comune dovrà modificare gli strumenti urbanistico-commerciali e crearne di nuovi . Al Comune è altresì confermato il delicato compito della vigilanza con maggiori e gravose responsabilità. La legge regionale in argomento individua all’art. 7 i limiti dimensionali riferiti alla superficie di vendita su tutto il territorio regionale e i settori merceologici. La superficie è così articolata: “nei comuni con popolazione inferioreai 10.000 abi- quidazione, le vendite di fine stagione e le vendite promozionali nelle quali l’esercente dettagliante offre condizioni favorevoli, reali ed effettive, di acquisto dei propri prodotti. La Regione ha stabilito, termini, modalità e tempistica di svolgimento della stessa (DGR n. 2337 del 6.7.1999 e DGR n. 3167 del 26.11.2001) Le vendite di liquidazione si concretizzano in caso di cessazione dell’attività commerciale; per cessione/affitto dell’azienda; per trasferimento dell’azienda; per trasformazione o rinnovo dei locali. Le vendite di fine stagione riguardano i prodotti di carattere stagionale o di moda, suscettibili di notevole deprezzamento se non vengono venduti entro un certo periodo di tempo. Queste vendite si possono svolgere all’interno di periodi prestabiliti come segue: - vendite di fine stagione invernali: dal 7 gennaio al 28 febbraio; tanti: - esercizi di vicinato superficie non superiore a 150 mq. - medie strutture superficie oltre 150 mq. e non sup. a 1.500 mq. - grandi strutture superficie oltre 1.500 mq. e non sup. a 15.000 mq. nei comuni con popolazione superiore ai 10.000 abitanti: - esercizi di vicinato superficie non superiore a 250 mq. - medie strutture superficie oltre 250 mq e non sup. a 2.500 mq. - grandi strutture superficie oltre 2.500 mq e non sup. a 15.000mq. I settori merceologici, (con la precedente L.R. n. 37 erano alimentari e non) sono: a) alimentare; b) non alimentare generico; c) non alimentare a grande fabbisogno di superficie; d) misto. Per settore alimentare si intende il settore comprensivo di tutti i prodotti alimen- 39 - vendite di fine stagione estive: dal 15 luglio al 31 agosto. Con le vendite promozionali l’operatore commerciale pubblicizza la vendita di uno o più o tutti il prodotti della gamma merceologica sul mercato, applicando sconti e ribassi nel prezzo ordinario di vendita. Caratteristica comune a tutti e tre i tipi di vendita è di effettuare una preventiva comunicazione al Comune che ha anche la vigilanza. Per le comunicazioni i Comuni hanno predisposto una apposita ed esauriente modulistica, compilando la quale (ed allegando i documenti richiesti) si riesce a soddisfare la normativa regionale. Sulla merce è obbligatorio il cartellino che indica il vecchio prezzo, quello nuovo ed il valore percentuale dello sconto applicato. Inoltre la merce “ vecchia” offerta in saldo deve essere separata dalla nuova. Renato Gattolin RIFORMA DELLA LEGGE REGIONALE SUL COMMERCIO tari nonché dei prodotti per la pulizia e l’igiene della persona e della casa, esclusi gli articoli di profumeria. Il settore non alimentare generico comprende tutti i prodotti non alimentari, ad eccezione del non alimentare a grande fabbisogno di superficie che comprende la vendita esclusiva dei prodotti appartenenti alle seguenti categorie merceologiche: mobili, autoveicoli, motoveicoli, legnami, materiali edili, nautica. Infine per settore misto si intende il settore comprensivo dei prodotti alimentari e non alimentari. Gli operatori che volessero esercitare l’attività relativa al settore alimentare dovranno dimostrare il possesso dei requisiti morali di cui all’art. 5 del D.lgs n. 114 e almeno uno dei seguenti requisiti professionali che attualmente sono: a) avere frequentato con esito positivo un corso professionale per il commercio relativo al settore merceologico alimentare, istituito o riconosciuto dalla Regione o dalle Province autonome di Trento e di Bolzano; b) avere esercitato in pro- NORMATIVA
NORMATIVA 40 prio, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio, l’attività di vendita all’ingrosso o al dettaglio di prodotti alimentari, o avere prestato la propria opera, per almeno due anni nell’ultimo quinquennio presso imprese esercenti l’attività nel settore alimentare, in qualità di dipendente qualificato addetto alla vendita o all’amministrazione o, se trattasi di coniuge o parente o affine, entro il terzo grado dell’imprenditore, in qualità di coadiutore familiare, comprovata dalla iscrizione all’INPS; c) essere stato iscritto nell’ultimo quinquennio al registro esercenti il commercio di cui alla legge 11 giugno 1971, n. 426, per uno dei gruppi merceologici individuati dalle lettere a), b) e c) dell’articolo 12, comma 2, del decreto ministeriale 4 agosto 1988, n. 375. Quest’ultimo requisito, pertanto, è venuto a decadere come efficacia il 24 aprile 2004, scadenza del quinquennio indicato in premessa del punto C; concludendo rimangono vigenti i soli requisiti di cui ai punti a), b). L’art. 8 “Programmazione della rete distributiva” fornisce definizioni di accadimenti economici tipici del settore commercio ed esplicita un divieto che risale al D.Lgs. n 144/1998 e alla L. n. 426/1971: “E’ vietato l’esercizio congiunto nello stesso locale dell’attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio, fatta eccezione per i seguenti prodotti: a) macchine, attrezzature e articoli tecnici per l’agricoltura, l’industria, il commercio e l’artigianato; b) materiale elettrico; c) colori e vernici, carte da parati; d) ferramenta ed utensileria; e) articoli per impianti idraulici, a gas ed igienici; f) articoli per riscaldamento; g) strumenti scientifici e di misura; h) macchine per ufficio; i) auto-moto-cicli e relativi accessori e parti di ricambio; j) combustibili; k) materiali per l’edilizia; l) legnami. L’art. 9 definisce il Centro Commerciale come una media o grande struttura di vendita provvista di spazi di servizio o infrastrutture comuni gestiti unitariamente, costituita da almeno due esercizi commerciali inseriti in una struttura unitaria o articolati in più edifici. L’art. 10 definisce il concetto di Parco Commerciale. Questo istituto commerciale non era previsto dalla normativa precedente ma in realtà utilizzato nel senso di localizzare di fatto dei negozi di medie dimensioni, vicini tra loro, con qualche eventuale servizio in comune, creando di fatto quello che era un Centro Commerciale. Il centro commerciale ricadeva e ricade nella programmazione regionale con severe regole di apertura e gestione. Il parco era una iniziativa più o meno spontanea che non osservava regole precise ma poteva creare della confusione nel mercato e nella concorrenza rispetto ai consumatori e sviluppare un marketing territoriale tra i Comuni, deleterio per gli equilibri tra Comuni e Associazioni di Categoria, Associazioni dei Consumatori e sindacati dei lavoratori, con ricadute qualche volta in termini di ricorsi alla magistratura sia ordinaria che amministrativa. Quindi bene ha fatto la Regione a disciplinare questo istituto definendo i parchi commerciali come “aggregazioni di almeno tre esercizi commerciali quando la somma delle loro superfici di vendita superi il limite dimensionale massimo di cui all’articolo 7, comma 1, lettera b) – sono le medie strutture, situate in uno spazio unitario ed omogeneo ancorché attraversato da viabilità pubblica, con infrastrutture di parcheggio ed edifici anche distinti, ma comunque collegati alla rete viaria pubblica mediante più accessi diretti ovvero accessi sui quali confluisce l’intero traffico generato da tutto il complesso. Infine la Regione ha, altresì disciplinato l’evento degli “Outlet” all’art. 12. Questa nuova formula commerciale è stata commentata dal sottoscritto nel N. 2 del 2003 di questa pubblicazione. Il commento era basato sulla conoscenza di dati di fatto collegati alla normativa allora vigente. Ora dai dati di fatto si passa ad una definizione giuridico-economica nei confronti della quale gli operatori e le Amministrazioni Comunali dovranno conformarsi. La definizione, pertanto, è: “gli outlet sono forme di vendita di prodotti non alimentari che consentono alle aziende produttive, in locali diversi dal luogo di produzione, di mettere e rimettere in circolo esclusivamente l’invenduto, la produzione in eccesso, la fine serie. Sono costituiti prevalentemente da esercizi di vicinato che presentano un’immagine unitaria. Quando la somma delle superfici di vendita superi i limiti dimensionali massimi di cui all’articolo 7, comma 1, lettere a) esercizi di vicinato e b) medie strutture, vanno rispettate le procedure previste per i centri commerciali di cui all’articolo 9 e per i parchi commerciali di cui all’articolo 10; gli outlet devono avere una distanza fra loro, in linea d’aria, non inferiore a cento chilometri. L’art. 13 “Esercizi di vicinato” è innovativo rispetto alla L.R. n. 37/1999. Quest’ultimo infatti, indicava nella “comunicazione” il provvedimento da effettuare da parte dell’operatore nei confronti del Comune. Tale comunicazionepermetteva di iniziare - in caso di nuovo negozio – dopo 30 giorni dal deposito in Comune della comunicazione in parola. L’art. 13 individua nella Denuncia di inizio attività (D.I.A.) l’istituto giuridico per aprire un nuovo negozio. Questa DIA permette di iniziare l’attività subito dopo la presentazione in Comune senza attendere i 30 giorni. Le DIA sostituiscono il provvedimento autorizzativo rilasciato dal Comune; il titolare dichiara di avere i requisiti e presupposti per l’esercizio dell’attività commerciale, lasciando al Comune il compito del controllo. Inoltre gli esercizi di vicinato possono essere insediati nell’intero territorio comunale, nel rispetto della normativa urbanistica del piano regolatore vigente a di quelle igienico – sanitarie. Gli artt. 14 e 15 disciplinano rispettivamente le medie e le grandi strutture di vendita. In questa sede mi preme sottolineare l’aspetto della programmazione comunale e regionale. Ciò significa che gli operatori devono osservare tale programmazione ed essere soggetti alle autorizzazioni amministrative a differenza di quelle che operano gli esercizi di vicinato che sono stati liberalizzati e sono soggetti alla sola DIA. Per quanto riguarda gli orari, la L.R. n. 15 è molto più severa della precedente n. 37/1999. La L. n. 37 indicava solo una sanzione pecuniaria, la n. 15 indica anche la chiusura dell’esercizio; infatti l’art. 13 recita “…in caso di violazione degli obblighi di chiusura domenicale o festiva, i comuni applicano la sanzione pecuniaria da un minimo di euro 500,00 ad un massimo di euro 3.000,00. Dalla seconda violazione i comuni sono tenuti ad imporre la chiusura dell’esercizio per un periodo compreso tra un minimo di 7 giorni fino ad un massimo di 15 giorni.” Infine, ma solo per chiudere l’articolo, perché altre disposizioni meriterebbero un pur breve commento, ricordo che la più volte citata L.R. n. 15, affida alla Giunta Regionale l’approvazione della modulistica da utilizzare per aprire, trasferire, ampliare e chiudere i negozi di vicinato, le medie e le grandi strutture di vendita. Renato Gattolin
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