Atti 15° Congresso Nazionale - Anpi

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15.06.2013 Views

SEDUTA DI APERTURA SECONDA SEDUTA TERZA SEDUTA QUARTA SEDUTA QUINTA SEDUTA SESTA SEDUTA pendente, in uno degli ultimi numeri; mi sarei aspettato più interventi del genere, perché dobbiamo organizzare strutturalmente il nostro lavoro: cioè dare le gambe a tutte queste idee, a tutte queste proposte di passare alla “nuova stagione”. Se non gli diamo le gambe rimangono slogan vuoti. E noi andremo avanti altri cinque anni in questo modo, e fra cinque anni non sappiamo come saremo messi. Ci serve? Non ci serve. Ragionare su questo significa però fare anche delle proposte operative. Le proposte operative devono uscire dal Congresso e dalle Commissioni perché si devono trasformare in pratica politica. Se dagli interventi non arrivano, avremo fatto magari un Congresso molto bello, sentito – diciamo anche “romantico” e che ci scalda i cuori – ma usciremo da qui allo stesso punto di cinque anni fa a Chianciano. Questo è un pericolo che dobbiamo assolutamente evitare. Ricordo, forse molti non ne sono a conoscenza, non lo sapevano, se ne sono dimenticati – torno a dirlo, lo dico per l’ennesima volta e quasi mi annoio del fatto di continuarlo a ridire – che noi 4 anni fa abbiamo approvato, con voto unanime, in un Comitato Nazionale, di cui già facevo parte, una proposta di lavorare per commissioni di lavoro ed è da quattro anni che questo è stato sotterrato. Non mi interessa per quale motivo, ma è stato sotterrato. Serve continuare a sotterrarlo? Non serve. Bisogna che noi usciamo con questo tipo di proposta. Commissioni di lavoro, che cosa vuol dire? Vuol dire che c’è una commissione centrale, che poi chiaramente si riverbera nelle commissioni provinciali e se fosse possibile di sezione, in cui i gruppi di compagni lavorano su questioni politiche, su questioni culturali, su questioni economiche, su quello che vogliamo, e propongono alla società italiana incontri ufficiali: convegni, dibattiti, libri. Tutte le cose che noi dobbiamo andare a proporre all’esterno, perché altrimenti è inutile che noi continuiamo a dire che “l’ANPI deve essere coscienza critica”; ma se nessuno lo sa che noi siamo coscienza critica è inutile che noi continuiamo a dircelo qui, al nostro interno. Bisogna che ne usciamo. Come si fa ad uscirne? Evidentemente ci sono degli strumenti. Quanti strumenti abbiamo? Pochi. Però qualcosa abbiamo. Sono conosciuti? Non sono conosciuti. Vado un po’ per le sezioni, sia nel Milanese, sia, adesso, in qualche Congresso provinciale in giro per l’Italia. Quando vado nelle sezioni dico: “Patria indipendente la conoscete?”. Molti non sanno neanche che esista. Mi meraviglio di questo perché l’unico strumento che abbiamo, mensile, che esce da innumerevole tempo, che è stato soggetto a cambiamenti importanti, ultimamente, non viene conosciuto e non è letto come dovrebbe. 81

82 SEDUTA DI APERTURA SECONDA SEDUTA TERZA SEDUTA QUARTA SEDUTA QUINTA SEDUTA SESTA SEDUTA Ora siamo arrivati a 130.000 iscritti; Patria distribuisce 5-6 o 7.000 copie, non so quante di preciso. Dobbiamo aumentarle. Dovremo fare un lavoro su questo, ma chi lo fa? È chiaro che ci dovrebbe essere un gruppo di persone che lavora su queste cose e propone attività culturali e sui mezzi di informazione, ma con agibilità politica, chiaramente poi rispondendo al Comitato Nazionale oppure a quelli Provinciali. Per esempio sul sito perché non pensare a una rivista teorica? Ma per fare questo non è che noi veniamo qui e ognuno pensa qualcosa e ce lo dice, deve essere frutto di un lavoro organizzato continuo. Dobbiamo fare questo altrimenti è tutto inutile. E se è inutile, torno a dire, questo Congresso sarà servito a scaldarci il cuore ma non sarà servito a lavorare politicamente. Ora, queste cose non le metto in una mozione perché mi sentirei anche un po’ ridicolo, visto che è da anni che vado ricordando che noi abbiamo già votato questa cosa quattro anni fa a Sesto San Giovanni – voto unanime – e me lo ricordo bene perché lo avevo scritto io quell’ordine di lavori, l’ho letto all’assemblea ed è stato votato da tutto il Comitato Nazionale. Quindi non faccio la proposta ma mi piacerebbe che anche gli altri interventi arrivassero a questa determinazione, dicessero qualcosa da questo punto di vista. Perché non basta dire quanto è stata bella la Resistenza e quanto siamo belli adesso. In mezzo sono passati 65 anni ed è successo di tutto. Per esempio: uno dei primi articoli della Costituzione che parla del lavoro – qualcuno l’ha ricordato – dice che deve essere qualcosa che rende l’uomo contento, felice, potente nelle sue espressioni; diciamo, che lo realizza. Non c’è bisogno di tanta intelligenza per capire che il lavoro interinale, a tempo, i co.co.co. e tutto il resto, non portano a questa realizzazione. E allora perché tutti i partiti, compresi quelli di sinistra, hanno votato – mi ricordo il “pacchetto Treu” che è stato l’inizio – e queste cose non si dicono? La legge elettorale. Chi c’era in Parlamento un po’ di tempo fa? Il centrosinistra. L’ha fatta questa legge? Non l’ha fatta. E allora noi su questo dobbiamo avere una nostra posizione. Non possiamo continuare a dire che il mondo è brutto, che non ci vuole bene; che c’è Berlusconi… Lo abbiamo capito tutti: ma ci siamo anche noi. E su questo dobbiamo lavorare politicamente e proporre; non basta che l’ANPI aderisca a tutte le iniziative che vengono fuori. Deve proporre, proporre. È chiaro che non è un partito ma deve lavorare come un partito: cioè pro-

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pendente, in uno degli ultimi numeri; mi sarei aspettato più interventi<br />

del genere, perché dobbiamo organizzare strutturalmente il nostro lavoro:<br />

cioè dare le gambe a tutte queste idee, a tutte queste proposte di passare<br />

alla “nuova stagione”. Se non gli diamo le gambe rimangono slogan<br />

vuoti. E noi andremo avanti altri cinque anni in questo modo, e fra<br />

cinque anni non sappiamo come saremo messi. Ci serve? Non ci serve.<br />

Ragionare su questo significa però fare anche delle proposte operative.<br />

Le proposte operative devono uscire dal <strong>Congresso</strong> e dalle<br />

Commissioni perché si devono trasformare in pratica politica. Se dagli<br />

interventi non arrivano, avremo fatto magari un <strong>Congresso</strong> molto bello,<br />

sentito – diciamo anche “romantico” e che ci scalda i cuori – ma usciremo<br />

da qui allo stesso punto di cinque anni fa a Chianciano. Questo è<br />

un pericolo che dobbiamo assolutamente evitare.<br />

Ricordo, forse molti non ne sono a conoscenza, non lo sapevano, se<br />

ne sono dimenticati – torno a dirlo, lo dico per l’ennesima volta e quasi<br />

mi annoio del fatto di continuarlo a ridire – che noi 4 anni fa abbiamo<br />

approvato, con voto unanime, in un Comitato <strong>Nazionale</strong>, di cui già<br />

facevo parte, una proposta di lavorare per commissioni di lavoro ed è<br />

da quattro anni che questo è stato sotterrato. Non mi interessa per quale<br />

motivo, ma è stato sotterrato. Serve continuare a sotterrarlo? Non<br />

serve. Bisogna che noi usciamo con questo tipo di proposta.<br />

Commissioni di lavoro, che cosa vuol dire? Vuol dire che c’è una<br />

commissione centrale, che poi chiaramente si riverbera nelle commissioni<br />

provinciali e se fosse possibile di sezione, in cui i gruppi di compagni<br />

lavorano su questioni politiche, su questioni culturali, su questioni<br />

economiche, su quello che vogliamo, e propongono alla società<br />

italiana incontri ufficiali: convegni, dibattiti, libri. Tutte le cose che noi<br />

dobbiamo andare a proporre all’esterno, perché altrimenti è inutile che<br />

noi continuiamo a dire che “l’ANPI deve essere coscienza critica”; ma<br />

se nessuno lo sa che noi siamo coscienza critica è inutile che noi continuiamo<br />

a dircelo qui, al nostro interno. Bisogna che ne usciamo.<br />

Come si fa ad uscirne? Evidentemente ci sono degli strumenti.<br />

Quanti strumenti abbiamo? Pochi. Però qualcosa abbiamo. Sono conosciuti?<br />

Non sono conosciuti. Vado un po’ per le sezioni, sia nel<br />

Milanese, sia, adesso, in qualche <strong>Congresso</strong> provinciale in giro per<br />

l’Italia. Quando vado nelle sezioni dico: “Patria indipendente la conoscete?”.<br />

Molti non sanno neanche che esista. Mi meraviglio di questo<br />

perché l’unico strumento che abbiamo, mensile, che esce da innumerevole<br />

tempo, che è stato soggetto a cambiamenti importanti, ultimamente,<br />

non viene conosciuto e non è letto come dovrebbe.<br />

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