Atti 15° Congresso Nazionale - Anpi

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15.06.2013 Views

SEDUTA DI APERTURA SECONDA SEDUTA TERZA SEDUTA QUARTA SEDUTA QUINTA SEDUTA SESTA SEDUTA dono, questa parola così bella, quando entra nello scambio politico si inverte totalmente di segno. Alludendo a una società servile fondata, da un lato, su chi ha potere di fare doni gratuiti, e dall’altro su chi ha bisogno di favori e doni anche per risolvere situazioni minime della propria esistenza. Questa struttura del potere mai come oggi è stata estesa, capillare, onnipervasiva. Se solo per un istante potessimo sollevare il velo e avere una veduta d’insieme resteremmo probabilmente sbalorditi di fronte alla realtà nascosta dietro alla rappresentazione della democrazia. Catene verticali di potere, quasi sempre invisibili e talora segrete, legano tra loro uomini della politica, delle burocrazie, della magistratura, delle professioni, dell’economia, della finanza, persino delle gerarchie ecclesiastiche e, aggiungo – affinché non sembri che non parlo anche del mio stesso ambiente – dell’università, della cultura, dello spettacolo, dell’innumerevole pletora di Enti, Consigli, Centri, Fondazioni che secondo i propri princìpi dovrebbero essere reciprocamente indipendenti e, invece, vengono attratti negli stessi mulinelli del potere che corrompono ruoli, competenze, responsabilità. La strutturazione gerarchica dei rapporti sociali fondati sul privilegio si basa su un meccanismo psicologico perverso e diffusivo che corrompe gli spiriti inducendoli a innaturali alleanze. Il privilegio, anche il più piccolo, finisce nel rispecchiarsi e riconoscersi nel privilegio, anche il più grande. Questo veleno della psicologia collettiva contribuisce fortemente a “fare sistema”: chi ottiene anche il più piccolo privilegio entra a far parte del grande sistema dei privilegi. Primo Levi nel libro I sommersi e i salvati, riflettendo sulla struttura sociale e di potere dell’umanità racchiusa nel lager, dove tutti i caratteri si mostrano in modo estremo e quindi cristallino, ha osservato – naturalmente è un’osservazione questa che può essere generalizzata – che “i penultimi”, vale a dire coloro che godevano anche solo del più infimo dei privilegi, che li distingueva dagli “ultimi”, erano al tempo stesso costretti ma anche indotti a collaborare con la scala gerarchica che li opprimeva, con i vertici del sistema, identificandosi con esso. Era la difesa di quel poco che li innalzava al di sopra del nulla la causa di questa perversione. Non la guerra tra i poveri, ma la guerra dei poveri contro i più poveri. Ancora peggio. Questa osservazione, naturalmente, può essere generalizzata, ma è inevitabile che la democrazia si trasformi in qualcosa di analogo a questo? Qualcuno direbbe di sì: si tratta della ferrea legge delle oligarchie, studiata dalla sociologia. E, a mio modo di vedere, in Italia l’oligarchia 29

SEDUTA DI APERTURA SECONDA SEDUTA TERZA SEDUTA QUARTA SEDUTA QUINTA SEDUTA SESTA SEDUTA che si lega all’illegalità, al mancato rispetto dell’uguaglianza di fronte alla legge, ha le caratteristiche che ho cercato di descrivere. Dunque è una tendenza endemica. Ma non c’è proprio nulla da fare? Se è così, dichiariamoci vinti. E, in effetti, secondo alcuni anche per la democrazia varrebbe la legge del ciclo vitale. Come per la nostra esistenza e per tutte le cose di questo mondo: nascono, crescono, si consumano e finiscono. Naturalmente, la morte della democrazia ci metterebbe in grave allarme. Abbiamo poco da scherzare sulla fine della democrazia, ormai è diventata quasi una banalità: tutti scrivono sulla crisi della democrazia. Si parla di post-democrazia, si parla di democratura, neologismo che indica una cosa orrenda. Chi si occupa di questi temi, gioca un po’ troppo con questi concetti, quasi come se fosse ovvio, normale, che ormai non si sia più in democrazia. In questa legge teorizzata si è affermato che la democrazia dura tre generazioni, 50-60 anni. Facciamo un po’ di conti: la prima generazione la conquista e la costruisce; la seconda la rafforza, la estende, la fa crescere; la terza se ne avvale, se ne serve, la sfrutta, la corrompe dal suo interno. Noi siamo di fronte a quest’ultima sfida, c’è l’esigenza di difendere la democrazia. Non nella sua esteriorità, domandandoci se siamo o no in un regime non democratico. Perché esteriormente non lo siamo, le forme democratiche sono mantenute. Però, questo meccanismo che ho cercato di descrivere sinteticamente con l’immagine del giro ci dice che questo sistema vive nell’illegalità e di illegalità, in quanto il rispetto rigoroso della legge impedirebbe la distribuzione di favori sulla base di criteri personalistici. Non si entrerebbe nella Pubblica Amministrazione per raccomandazione, una violazione della legge, vi si accederebbe per aver sostenuto e superato un concorso che corrisponde alle esigenze legali. Questa, naturalmente, è solo una delle tante illegalità che osserviamo nelle istituzioni. Ripeto, si tratta di un sistema. Qualche settimana fa, in una riunione di un’associazione politica, ha preso la parola Maurizio Pollini, grande musicista e onore del nostro Paese. Con l’innocenza di chi passa le sue giornate tra Bach e Chopin ha detto: “Ma, sono allibito, sono tutti inquisiti!”. Prendere atto con sdegno del fatto che i politici sono quasi tutti inquisiti non è una considerazione qualunquistica. Noi che ci occupiamo di politica più spesso non siamo stupefatti, solo perché siamo abituati. Si tratta di una deviazione? No. È l’applicazione di un sistema basato su ricatti relativi degli uni verso gli altri, nel quale si può ricattare colui che ha il potere di metterti in quella tale posizione. È la fisiologia di un sistema degenerato. Degenerato, ma fisiologico. La democrazia 30

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dono, questa parola così bella, quando entra nello scambio politico si<br />

inverte totalmente di segno. Alludendo a una società servile fondata, da<br />

un lato, su chi ha potere di fare doni gratuiti, e dall’altro su chi ha bisogno<br />

di favori e doni anche per risolvere situazioni minime della propria<br />

esistenza.<br />

Questa struttura del potere mai come oggi è stata estesa, capillare,<br />

onnipervasiva. Se solo per un istante potessimo sollevare il velo e avere<br />

una veduta d’insieme resteremmo probabilmente sbalorditi di fronte<br />

alla realtà nascosta dietro alla rappresentazione della democrazia.<br />

Catene verticali di potere, quasi sempre invisibili e talora segrete, legano<br />

tra loro uomini della politica, delle burocrazie, della magistratura,<br />

delle professioni, dell’economia, della finanza, persino delle gerarchie<br />

ecclesiastiche e, aggiungo – affinché non sembri che non parlo anche<br />

del mio stesso ambiente – dell’università, della cultura, dello spettacolo,<br />

dell’innumerevole pletora di Enti, Consigli, Centri, Fondazioni che<br />

secondo i propri princìpi dovrebbero essere reciprocamente indipendenti<br />

e, invece, vengono attratti negli stessi mulinelli del potere che<br />

corrompono ruoli, competenze, responsabilità. La strutturazione gerarchica<br />

dei rapporti sociali fondati sul privilegio si basa su un meccanismo<br />

psicologico perverso e diffusivo che corrompe gli spiriti inducendoli<br />

a innaturali alleanze. Il privilegio, anche il più piccolo, finisce nel<br />

rispecchiarsi e riconoscersi nel privilegio, anche il più grande. Questo<br />

veleno della psicologia collettiva contribuisce fortemente a “fare sistema”:<br />

chi ottiene anche il più piccolo privilegio entra a far parte del<br />

grande sistema dei privilegi.<br />

Primo Levi nel libro I sommersi e i salvati, riflettendo sulla struttura<br />

sociale e di potere dell’umanità racchiusa nel lager, dove tutti i caratteri<br />

si mostrano in modo estremo e quindi cristallino, ha osservato –<br />

naturalmente è un’osservazione questa che può essere generalizzata –<br />

che “i penultimi”, vale a dire coloro che godevano anche solo del più<br />

infimo dei privilegi, che li distingueva dagli “ultimi”, erano al tempo<br />

stesso costretti ma anche indotti a collaborare con la scala gerarchica<br />

che li opprimeva, con i vertici del sistema, identificandosi con esso. Era<br />

la difesa di quel poco che li innalzava al di sopra del nulla la causa di<br />

questa perversione. Non la guerra tra i poveri, ma la guerra dei poveri<br />

contro i più poveri. Ancora peggio.<br />

Questa osservazione, naturalmente, può essere generalizzata, ma è<br />

inevitabile che la democrazia si trasformi in qualcosa di analogo a questo?<br />

Qualcuno direbbe di sì: si tratta della ferrea legge delle oligarchie,<br />

studiata dalla sociologia. E, a mio modo di vedere, in Italia l’oligarchia<br />

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