Atti 15° Congresso Nazionale - Anpi

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15.06.2013 Views

SEDUTA DI APERTURA SECONDA SEDUTA TERZA SEDUTA QUARTA SEDUTA QUINTA SEDUTA SESTA SEDUTA con voce forte che il grande tema all’ordine del giorno è il futuro delle nuove generazioni. In questo l’ANPI ha portato uno straordinario contributo decidendo di connotarsi sempre più come struttura aperta ai giovani. E la CGIL si pone questo stesso obiettivo. Rinnovare le parole democrazia e libertà significa anche essere orgogliosamente antifascisti, contro ogni dittatura e contro tutti i totalitarismi, rivendicare il valore della memoria, il diritto di studiare, leggere libri, andare a teatro. Per trasformare queste nobili attività in nutrimento per la propria mente e strumento per uscire dal degrado. Buon lavoro a tutto il Congresso. Massimo Rendina Capo di Stato Maggiore 1 a Divisione Garibaldi “Leo Lanfranco” Vinco l’emozione nel prendere la parola qui, nella città di Torino che ho contribuito, assieme a tanti altri, a liberare dai nazifascisti con la 1ª Divisione Garibaldi “Leo Lanfranco”. Mentre la città insorgeva, conducemmo la battaglia fino alla vittoria stanando gli ultimi nuclei di fascisti, franchi tiratori, che sparavano dai sottotetti anche alla gente comune, donne e uomini, per vendicarsi della rivolta popolare. Vedemmo scappare i tedeschi e i fascisti il 29 aprile 1945, quando gli Alleati erano ancora lontani. Ve lo ricordate? Le avanguardie angloamericane entrarono in città solo tra il 3 e il 4 maggio. Ho ricostruito le ultime fasi della liberazione di Torino per sottolineare che nell’insurrezione delle città del Nord prima dell’arrivo degli Alleati, oltre al Comitato di Liberazione Nazionale - Alta Italia, c’eravamo e abbiamo combattuto anche noi del CVL. E così fu anche nell’insurrezione partigiana e popolare per impedire ai nazisti, in ritirata verso i valichi alpini, di distruggere gli impianti industriali e massacrare la popolazione. Qui in sala sono presenti alcuni che erano con me in quei giorni: la decisione di entrare a Torino – superando il fiume Po, lungo il quale ci eravamo attestati provenendo dal Monferrato e dalla conquista della cittadina di Chieri – fu sofferta e pericolosa. Era la notte tra il 25 e il 26 aprile. La sera stessa del 25 il colonnello inglese Stevens, a capo della missione alleata presso il comando della Resistenza, ci aveva avvertito: “Non muovetevi, ci sono 35.000 tedeschi con carri armati e artiglieria pesante, distruggeranno la città, massacreranno i cittadini”. Ebbene, Pompeo Colajanni “Barbato” disse: “Non possiamo lasciare 23

SEDUTA DI APERTURA SECONDA SEDUTA TERZA SEDUTA QUARTA SEDUTA QUINTA SEDUTA SESTA SEDUTA massacrare gli insorti delle grandi fabbriche di motori, i gappisti, i sappisti”, ed entrammo a Torino. Passai il Po la notte, raggiungendo una barca al comando di un reparto della 19ª. Attaccammo i nazifascisti di presidio in presidio con le bottiglie incendiarie, con i bazooka contro i mezzi corazzati. Ci aiutò pure la fortuna: Schlemmer, che comandava la colonna tedesca, deviò verso Chivasso per consegnarsi agli alleati dopo ulteriori stragi. Del giorno della Liberazione resterà per sempre nella mia memoria anche il rimpianto per i Caduti, molti giovanissimi, e la gioia per il ritorno alla nostra identità: potevamo tornare a chiamarci col nostro vero nome, senza lo pseudonimo di battaglia che per un verso ci nascondeva e per l’altro ci qualificava bizzarramente. E ancora, per la certezza che si stava chiudendo per sempre un’epoca in cui la persona umana era stata umiliata come non mai. Mentre si apriva l’epoca nuova che avrebbe restituito alle libertà assoggettate l’imperativo categorico della solidarietà. Una riflessione sorge da questi ricordi: dobbiamo continuare a combattere per la speranza – meglio, per la certezza – di una vita migliore e di una giustizia più equa, ricordando cosa è stata la Seconda guerra mondiale. Se oggi noi ci proclamiamo pacifisti – contro tutte le guerre – è perché non dimentichiamo quegli 80 milioni di morti. Il mio invito all’ANPI – che dovrà continuare il suo rinnovamento profondo, perché non ci saranno più i partigiani – è quello di contribuire alla trasformazione della democrazia in democrazia partecipata e socialmente più avanzata. Noi siamo di sinistra, caro Presidente. Siamo stati diffidati dal definirci tali. Ma noi siamo di sinistra. Siamo con le forze popolari, anche in nome di coloro che hanno sacrificato la vita per questo. Grazie. 24

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barca al comando di un reparto della 19ª. Attaccammo i nazifascisti di<br />

presidio in presidio con le bottiglie incendiarie, con i bazooka contro i<br />

mezzi corazzati. Ci aiutò pure la fortuna: Schlemmer, che comandava<br />

la colonna tedesca, deviò verso Chivasso per consegnarsi agli alleati<br />

dopo ulteriori stragi.<br />

Del giorno della Liberazione resterà per sempre nella mia memoria<br />

anche il rimpianto per i Caduti, molti giovanissimi, e la gioia per il<br />

ritorno alla nostra identità: potevamo tornare a chiamarci col nostro<br />

vero nome, senza lo pseudonimo di battaglia che per un verso ci<br />

nascondeva e per l’altro ci qualificava bizzarramente. E ancora, per la<br />

certezza che si stava chiudendo per sempre un’epoca in cui la persona<br />

umana era stata umiliata come non mai. Mentre si apriva l’epoca nuova<br />

che avrebbe restituito alle libertà assoggettate l’imperativo categorico<br />

della solidarietà.<br />

Una riflessione sorge da questi ricordi: dobbiamo continuare a combattere<br />

per la speranza – meglio, per la certezza – di una vita migliore<br />

e di una giustizia più equa, ricordando cosa è stata la Seconda guerra<br />

mondiale. Se oggi noi ci proclamiamo pacifisti – contro tutte le guerre<br />

– è perché non dimentichiamo quegli 80 milioni di morti.<br />

Il mio invito all’ANPI – che dovrà continuare il suo rinnovamento<br />

profondo, perché non ci saranno più i partigiani – è quello di contribuire<br />

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socialmente più avanzata. Noi siamo di sinistra, caro Presidente. Siamo<br />

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