Atti 15° Congresso Nazionale - Anpi
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SEDUTA DI<br />
APERTURA<br />
SECONDA<br />
SEDUTA<br />
TERZA<br />
SEDUTA<br />
QUARTA<br />
SEDUTA<br />
QUINTA<br />
SEDUTA<br />
SESTA<br />
SEDUTA<br />
parla e sopravvivere. Le cose, in politica, non vanno mai a questo<br />
modo. Succede il contrario. Il veleno ci entra nelle vene, arriva al cervello,<br />
ci fa cambiare. Allora avvengono fenomeni strani, le parole non<br />
hanno più lo stesso significato di sempre, si verifica un vero e proprio<br />
inquinamento delle parole. Credo sia necessario tornare a una regola<br />
fondamentale: alle cose devono corrispondere i nomi, ai nomi devono<br />
corrispondere le cose. La guerra è guerra, non si può chiamare pace. Il<br />
colonialismo e il neo-colonialismo non sono un sostegno alla lotta per<br />
la democrazia.<br />
Posso dire che la riflessione in questo <strong>Congresso</strong> sui bombardamenti<br />
che proseguono, proprio mentre stiamo discutendo, mi è parsa<br />
molto insufficiente? Solo accenni e rare prese di posizione. Ci stiamo<br />
forse “mitridatizzando” anche noi? Oppure è avvenuto qualcosa di inedito:<br />
tutti uniti per la guerra, senza se e senza ma. Se è così, pagheremo<br />
per questo. Il fascismo è stato prodotto della guerra, la guerra è prodotto<br />
del fascismo. In questa confusione dobbiamo tenere saldi, saldissimi<br />
i nostri principi. L’Art. 11 non può essere stiracchiato fino a fargli<br />
dire il contrario di quello che afferma: igiene delle parole, igiene della<br />
mente.<br />
Carlo Smuraglia sollecitava la condivisione di un sentire comune.<br />
La base, secondo me, non può essere che una conoscenza cercata,<br />
costruita e tramandata. Oggi la cultura antifascista nei suoi elementi<br />
fondamentali – anzitutto nella storia – non è più egemone. Occorre<br />
combattere la battaglia culturale con strumenti adeguati. Propongo che<br />
ogni Comitato provinciale dell’ANPI dia vita a un’università dell’antifascismo,<br />
che formi con continuità e organicità una coscienza comune<br />
nei dirigenti, nei quadri, nei militanti. Uso a bella posta una terminologia<br />
classica, che è più adatta a noi di quella mutuata dai master della<br />
Bocconi che oggi, appunto, costruiscono la mentalità comune dominante.<br />
Un’università dell’antifascismo non accademica, con un nome<br />
pomposo, ma nel senso medievale del termine: libero luogo per una<br />
libera critica, per una libera conoscenza di tutti. Che costruisca una narrazione<br />
critica della storia politica del Novecento, della storia sociale,<br />
della cultura.<br />
Forse è ora di tirar su la testa e rivendicare le nostre belle parole con<br />
il loro significato: chiamiamo pace la pace, guerra la guerra e, senza<br />
timore, chiamiamo sfruttamento lo sfruttamento. Diversamente rischiamo<br />
di fare la fine di Mitridate, re del Ponto, che non morì avvelenato:<br />
un congiurato gli affondò la spada nel petto.<br />
Attenti alle nostre teste.<br />
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