Atti 15° Congresso Nazionale - Anpi

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15.06.2013 Views

SEDUTA DI APERTURA SECONDA SEDUTA TERZA SEDUTA QUARTA SEDUTA QUINTA SEDUTA SESTA SEDUTA – quanto della dichiarazione di annessione di quelle terre alla Jugoslavia. Gli accordi che esistevano tra i partiti comunisti italiano, austriaco e sloveno prevedevano – fin dal 1934-’36, secondo i princìpi dell’Internazionale – che l’appartenenza di quelle terre doveva essere decisa con regolari plebisciti dalle popolazioni interessate. Ecco, per noi, per chi era internazionalista, per chi conosceva quegli accordi, la dichiarazione unilaterale di annessione – che non teneva conto della metà della popolazione italiana – fu la dimostrazione che Tito aveva abbandonato i princìpi dell’internazionalismo e aveva adottato quelli del suo proprio nazionalismo borghese. Ritenemmo allora di fare una resistenza autonoma, italiana, della quale si è parlato poco ed è misconosciuta. Anche la recente relazione degli storici italiani e sloveni, purtroppo, non la nomina adeguatamente. Il risultato fu che alla Liberazione, le tre cittadine dell’Istria del nord, Pirano, Isola e Capodistria, ebbero un’amministrazione retta dal CLN, composto da tutti partiti esattamente come nel resto d’Italia. Questo in quanto il Partito Comunista dell’Istria del nord era rimasto collegato al Partito Comunista Italiano e presente in questi CLN che a fine guerra, a differenza di Trieste, presero il potere delle amministrazioni locali. I CLN furono estromessi nel febbraio 1946, in previsione della campagna per l’annessione alla Jugoslavia portata avanti dalle organizzazioni di Tito. Nel 1954-’55 ci fu l’esodo di tutti, anche dei democratici, degli antifascisti, di quelli che erano stati nella Resistenza. Paolo Sema, per esempio, che fu un mio comandante, esodò nel 1950 e divenne il successore di Vittorio Vidali alla guida del Partito Comunista del territorio libero di Trieste. Nella Sezione ANPI di Mestre, vent’anni fa, su 15 membri del direttivo ben 4 erano esuli istriani. Da un’importante rilevazione condotta nelle sezioni elettorali dei campi profughi istriani attorno a Trieste, risultò che i voti all’MSI erano percentualmente inferiori rispetto a quelli che assegnava Trieste città. Questo per sfatare il luogo comune degli istriani fascisti. Gli istriani non erano fascisti, avevano una tradizione rossa! Vengo al punto della relazione degli storici: un testo molto importante in quanto condiviso e in quanto raccoglie anni di lavoro dei maggiori studiosi di quella vicenda così difficile e così tragica. La Sezione ANPI di Venezia l’ha fatta stampare, a proprie spese, e l’ha distribuita a migliaia di studenti delle scuole medie superiori, dove siamo stati invitati a discutere di quei fatti. È una storia dolorosa e il Giorno del Ricordo, purtroppo, non è indi- 157

SEDUTA DI APERTURA 158 SECONDA SEDUTA TERZA SEDUTA QUARTA SEDUTA QUINTA SEDUTA SESTA SEDUTA rizzato a incentivare una reale conoscenza degli eventi. Se leggete le conclusioni del relatore della Commissione del Senato che proponeva la costituzione di questo giornata celebrativa, sen. Stiffoni, leghista proprio del Veneto, concludeva: “Il Giorno del Ricordo deve diventare la giornata della vergogna per il comunismo italiano”. Questi erano gli scopi dell’istituzione. Si tratta di gente che non è degna neanche di nominare i comunisti. I comunisti – a cominciare dai militanti di base – hanno dato un esempio di dedizione disinteressata all’ideale, di sacrificio per un ideale. Il comportamento di tanti militanti che hanno dato tutto per i loro princìpi dovrebbe essere indicato ai giovani come un valore. Costituisce un valore per l’intera nazione e andrebbe ricordato anche in occasione dei 150 anni dell’Unità d’Italia. Purtroppo oggi c’è un assordante silenzio sulla storia del Partito Comunista Italiano. Sulla relazione degli storici ci sono diverse lacune e per colmare quella che riguarda la storia del Partito Comunista nell’Istria del nord ho scritto un testo pubblicato dall’Istituto per la Storia della Resistenza di Trieste, purtroppo fuori edizione. È una storia complessa e di grande interesse che invito i giovani a studiare, approfondire, conoscere. Antonio Amoretti ANPI Napoli Buongiorno. Avrei voluto riferire al Congresso lo svolgimento e gli sviluppi del Congresso dell’ANPI provinciale di Napoli, conclusosi con l’approvazione del documento nazionale, con l’apporto di alcuni suggerimenti di modifiche e l’approvazione di alcuni ordini del giorno che avrei voluto brevemente illustrare. Qualcosa, però, mi ha fatto cambiare idea. Non parlerò del Congresso, delle tesi, dei documenti perché devo illustrare delle idee suggerite da alcuni interventi che ho ascoltato al Teatro Carignano. Innanzitutto desidero, molto garbatamente e umilmente, dissentire dall’affermazione della compagna che presiedeva la seduta secondo la quale il Sud non avrebbe avuto la sua Resistenza. Non è così. Oltre alla partecipazione dei meridionali nelle file partigiane, in Italia e all’estero, già ricordata da un rappresentante dell’ANPI Calabria, vi sono stati veri e propri episodi di Resistenza in tutto il mezzogiorno. Per non parlare poi della grande sollevazione popolare nelle 4 Giornate di Napoli, per le quali la città meritò la Medaglia d’Oro al Valor Militare.

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– quanto della dichiarazione di annessione di quelle terre alla<br />

Jugoslavia. Gli accordi che esistevano tra i partiti comunisti italiano,<br />

austriaco e sloveno prevedevano – fin dal 1934-’36, secondo i princìpi<br />

dell’Internazionale – che l’appartenenza di quelle terre doveva essere<br />

decisa con regolari plebisciti dalle popolazioni interessate. Ecco, per<br />

noi, per chi era internazionalista, per chi conosceva quegli accordi, la<br />

dichiarazione unilaterale di annessione – che non teneva conto della<br />

metà della popolazione italiana – fu la dimostrazione che Tito aveva<br />

abbandonato i princìpi dell’internazionalismo e aveva adottato quelli<br />

del suo proprio nazionalismo borghese.<br />

Ritenemmo allora di fare una resistenza autonoma, italiana, della<br />

quale si è parlato poco ed è misconosciuta. Anche la recente relazione<br />

degli storici italiani e sloveni, purtroppo, non la nomina adeguatamente.<br />

Il risultato fu che alla Liberazione, le tre cittadine dell’Istria del<br />

nord, Pirano, Isola e Capodistria, ebbero un’amministrazione retta dal<br />

CLN, composto da tutti partiti esattamente come nel resto d’Italia.<br />

Questo in quanto il Partito Comunista dell’Istria del nord era rimasto<br />

collegato al Partito Comunista Italiano e presente in questi CLN che a<br />

fine guerra, a differenza di Trieste, presero il potere delle amministrazioni<br />

locali. I CLN furono estromessi nel febbraio 1946, in previsione<br />

della campagna per l’annessione alla Jugoslavia portata avanti dalle<br />

organizzazioni di Tito.<br />

Nel 1954-’55 ci fu l’esodo di tutti, anche dei democratici, degli<br />

antifascisti, di quelli che erano stati nella Resistenza. Paolo Sema, per<br />

esempio, che fu un mio comandante, esodò nel 1950 e divenne il successore<br />

di Vittorio Vidali alla guida del Partito Comunista del territorio<br />

libero di Trieste. Nella Sezione ANPI di Mestre, vent’anni fa, su 15<br />

membri del direttivo ben 4 erano esuli istriani. Da un’importante rilevazione<br />

condotta nelle sezioni elettorali dei campi profughi istriani<br />

attorno a Trieste, risultò che i voti all’MSI erano percentualmente inferiori<br />

rispetto a quelli che assegnava Trieste città. Questo per sfatare il<br />

luogo comune degli istriani fascisti. Gli istriani non erano fascisti, avevano<br />

una tradizione rossa!<br />

Vengo al punto della relazione degli storici: un testo molto importante<br />

in quanto condiviso e in quanto raccoglie anni di lavoro dei maggiori<br />

studiosi di quella vicenda così difficile e così tragica. La Sezione<br />

ANPI di Venezia l’ha fatta stampare, a proprie spese, e l’ha distribuita<br />

a migliaia di studenti delle scuole medie superiori, dove siamo stati<br />

invitati a discutere di quei fatti.<br />

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