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Atti 15° Congresso Nazionale - Anpi

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SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

nell’analisi. Credo che il merito più grande della prolusione del<br />

Presidente Zagrebelsky sia l’avere fotografato in maniera chiara la crisi<br />

profonda della democrazia rappresentativa. Parla di questo anche un<br />

libro molto bello, I limiti del potere, scritto dal Prof. Alessandro Pace,<br />

uno dei maggiori costituzionalisti italiani. Dalle parole di Zagrebelsky<br />

e, più in generale, dalla riflessione di molti giuristi emerge, nell’attuale<br />

situazione politica ed etica – pubblica – del nostro Paese, una radicata<br />

crisi del costituzionalismo inteso come limite all’esercizio del<br />

potere.<br />

Nella relazione di Zagrebelsky ho percepito anche una sincera<br />

preoccupazione sulla possibilità che questa crisi delle democrazie rappresentative,<br />

soprattutto in Occidente, possa trovare uno sbocco positivo.<br />

Lo ha lasciato trasparire, senza troppa retorica, analizzando nel dettaglio<br />

alcune situazioni e alcuni passaggi, offrendoci con il ragionamento<br />

sui “giri” una lettura paradigmatica diversa rispetto a quella<br />

della “casta”.<br />

Non posso, però, sottrarmi dal pensare che esistano delle soluzioni.<br />

In primo luogo per ragioni anagrafiche, evidentemente, poi perché<br />

credo che delle possibili risposte, al fondo, ci siano. Complesse, difficili<br />

ma praticabili, con coerenza e onestà intellettuale. E parte importante<br />

di queste soluzioni si iscrivono di diritto nel corpo vivo della<br />

nostra Associazione.<br />

L’ANPI può e deve avere un ruolo chiave nel riattribuire valore alla<br />

democrazia rappresentativa. E non solo, visto che oggi si vanno affermando<br />

anche i concetti di partecipazione diretta dei cittadini e di sussidiarietà<br />

orizzontale. La funzione dell’ANPI deve essere politica, culturale<br />

e, indubbiamente, di etica pubblica.<br />

Al <strong>Congresso</strong> di Roma se ne è discusso: arriverà il momento di<br />

ricostruire. Ha detto bene il compagno Umberto Lorenzoni, intervenuto<br />

prima di me: la caduta dell’individuo Berlusconi non cancellerà i<br />

disastri degli ultimi diciassette anni. Rimarranno le macerie, residuo<br />

malsano come la radioattività delle centrali nucleari giapponesi.<br />

Rimarranno elementi viziati che hanno messo radici profonde – come<br />

ha detto Zagrebelsky – nella Costituzione materiale del Paese.<br />

Si vedono però alcuni segnali di risveglio, emotivi ma anche ragionati,<br />

ad esempio nei festeggiamenti per il 150°. Lo ha detto anche<br />

Sergio Chiamparino, e ieri ne parlavo con Carlo Ghezzi. Non è una<br />

cosa da poco, superficiale, è un fatto. Si è verificata una sorta di riappropriazione,<br />

o appropriazione per alcuni, di simboli come la bandiera,<br />

l’inno nazionale e, financo, la Costituzione repubblicana.<br />

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