Atti 15° Congresso Nazionale - Anpi

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15.06.2013 Views

SEDUTA DI APERTURA SECONDA SEDUTA TERZA SEDUTA QUARTA SEDUTA QUINTA SEDUTA SESTA SEDUTA hanno consentito i grandi balzi in avanti dell’Italia negli Anni 50 e 60 sembrano dissolte. Ci troviamo di fronte persino a nuove forme di razzismo. Anche il tema della Resistenza sembra avvolto nell’autoreferenzialità e al Nord si ignora ciò che è avvenuto nell’altra parte d’Italia. Quando si parla del Sud, della Resistenza al Sud, ancora negli Anni 60 gli antifascisti del Nord chiedevano a quelli meridionali, in particolare a Tommaso Fiore, di spiegare cosa era accaduto dopo l’8 settembre. Fiore era invitato a Torino da Antonicelli, Monti, Bobbio a illustrare l'antifascismo del Sud e ciò che era avvenuto tra il ’43 e il ’46, quando il Nord era investito dalla lotta resistenziale e da una grande tensione, militare etica e politica; mentre al Sud ci si trovava di fronte alla reazione della monarchia e di Badoglio che ricorrevano ai soldati per imporre un disegno neoautoritario senza Mussolini. Vorrei ricordare che a due giorni di distanza dalla caduta del regime, a Bari, fascisti e militari aprirono il fuoco contro un corteo di studenti e di insegnanti che inneggiavano alla caduta di Mussolini al grido “viva la libertà”. Il bilancio di quella giornata fu di oltre venti morti e circa cinquanta feriti. Ma anche dopo l’otto settembre il Sud per alcune settimane ha conosciuto la violenza e le stragi naziste contro militari sbandati e popolazione civile. La storiografia ha impiegato mezzo secolo per riconoscere questi aspetti. Si tratta di vicende rapidamente dimenticate. Non si ricorda più nemmeno come Giuseppe Di Vittorio è riuscito a traghettare il ribellismo meridionale nella democrazia, fissando uno stretto legame tra le esperienze degli operai nella Resistenza dell’Italia Centro-settentrionale con quella dei contadini nel Mezzogiorno, in lotta contro la reazione e il blocco agrario. La battaglia contadina nel Mezzogiorno si è sviluppata, infatti, senza soluzione di continuità, anche lungo gli anni del fascismo. Sembra che la lezione dei grandi meridionalisti, da Salvemini a Gramsci, da Dorso a Fiore, sia svanita nel nulla. Insisto su questi aspetti, non nuovi, in quanto devono essere oggetto di discussione e di una nuova “narrazione”. Non è possibile pensare in modo negativo all’emigrazione (oggi immigrazione) che ha consolidato il Paese, ha dato un grande apporto alla ricostruzione e ha rappresentato una ventata di democrazia nell’Italia e nell’Europa distrutte dalla guerra nazifascista. I flussi migratori degli Anni 60 hanno permesso un’osmosi sociale, politica e culturale senza precedenti. Tutto questo però non è oggetto di riflessione. Prevalgono narrazioni settoriali della storia d’Italia. Quando entria- 101

SEDUTA DI APERTURA 102 SECONDA SEDUTA TERZA SEDUTA QUARTA SEDUTA QUINTA SEDUTA SESTA SEDUTA mo nelle scuole dobbiamo avere una capacità di spiegazione della storia nazionale in grado di rapportare il passato al presente. Gli insegnanti e gli alunni devono avere gli strumenti anche per affrontare le grandi questioni dell’oggi, devono essere aiutati a comprendere la genesi della democrazia nel nostro Paese; come si è sviluppata e con quante contraddizioni; e perché è in atto questo declino incredibile. In un’importante mostra a Torino sul 150°, vediamo addirittura dissolversi tutte le grandi tensioni che hanno caratterizzato la democrazia nel Secondo dopoguerra. Ciò richiama anche le responsabilità dei nostri intellettuali. Bisogna stare molto attenti al nuovo qualunquismo che dilaga nell’informazione. Le analogie con il Secondo dopoguerra balzano agli occhi. Dobbiamo domandarci quali strumenti sono utili ai giovani per affrontare le nuove sfide. Sulla questione del razzismo legato ai fenomeni migratori le risposte sono deboli. Pensate che a Brindisi nel 1991, vent’anni fa, arrivarono in un solo giorno 25.000 albanesi. Furono gli strati sociali più poveri della popolazione brindisina a svolgere una funzione di accoglienza, compensazione e supplenza in assenza dello Stato. Cossiga impose addirittura un campo di concentramento per profughi e rifugiati dell’altra sponda dell’Adriatico: nello stadio di Bari gli albanesi furono raggruppati come bestie. E, ancora una volta, la solidarietà spontanea della popolazione seppe far fronte a situazioni drammatiche. Queste sono le grandi questioni con cui confrontarsi, recuperando una memoria e un tessuto connettivo completamente frantumati. Stamattina, giustamente, un’insegnante avvertiva di stare attenti con la retorica. Comunque è stato fatto un lavoro straordinario in questi anni. Pensate che in Puglia, nella città di Di Vittorio, a Foggia, è ritornata l'ANPI. E non è stata un’operazione semplice. Non è solo questione di numeri, vengono fuori i nodi irrisolti, il tempo perduto, una crisi ultradecennale. In Puglia le richieste di iscrizione, però, sono molte. L’importante operazione di diffondere l’Associazione, dal Nord al Sud, è servita anche a capire le difficoltà, enormi a volte, perché non dobbiamo considerare solo i numeri e l’entusiasmo immediato. È importante aprire una riflessione organica su sessant’anni di storia repubblicana, in particolare nelle scuole. Negli Anni 60, quando i governi cadevano come birilli, Moro è stato crocefisso, anche da esponenti del suo stesso partito e da “Oltretevere”, quando si ponevano le questioni dell’attuazione degli articoli 33 e 34 (elevamento dell’obbligo scolastico) o dell’ Art. 32 (salute). La lezione di Di Vittorio è ancora oggi attuale. Con i braccianti

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hanno consentito i grandi balzi in avanti dell’Italia negli Anni 50 e 60<br />

sembrano dissolte. Ci troviamo di fronte persino a nuove forme di razzismo.<br />

Anche il tema della Resistenza sembra avvolto nell’autoreferenzialità<br />

e al Nord si ignora ciò che è avvenuto nell’altra parte d’Italia.<br />

Quando si parla del Sud, della Resistenza al Sud, ancora negli Anni 60<br />

gli antifascisti del Nord chiedevano a quelli meridionali, in particolare<br />

a Tommaso Fiore, di spiegare cosa era accaduto dopo l’8 settembre.<br />

Fiore era invitato a Torino da Antonicelli, Monti, Bobbio a illustrare<br />

l'antifascismo del Sud e ciò che era avvenuto tra il ’43 e il ’46, quando<br />

il Nord era investito dalla lotta resistenziale e da una grande tensione,<br />

militare etica e politica; mentre al Sud ci si trovava di fronte alla reazione<br />

della monarchia e di Badoglio che ricorrevano ai soldati per<br />

imporre un disegno neoautoritario senza Mussolini.<br />

Vorrei ricordare che a due giorni di distanza dalla caduta del regime,<br />

a Bari, fascisti e militari aprirono il fuoco contro un corteo di studenti<br />

e di insegnanti che inneggiavano alla caduta di Mussolini al grido<br />

“viva la libertà”. Il bilancio di quella giornata fu di oltre venti morti e<br />

circa cinquanta feriti. Ma anche dopo l’otto settembre il Sud per alcune<br />

settimane ha conosciuto la violenza e le stragi naziste contro militari<br />

sbandati e popolazione civile. La storiografia ha impiegato mezzo<br />

secolo per riconoscere questi aspetti.<br />

Si tratta di vicende rapidamente dimenticate. Non si ricorda più<br />

nemmeno come Giuseppe Di Vittorio è riuscito a traghettare il ribellismo<br />

meridionale nella democrazia, fissando uno stretto legame tra le<br />

esperienze degli operai nella Resistenza dell’Italia Centro-settentrionale<br />

con quella dei contadini nel Mezzogiorno, in lotta contro la reazione<br />

e il blocco agrario. La battaglia contadina nel Mezzogiorno si è sviluppata,<br />

infatti, senza soluzione di continuità, anche lungo gli anni del<br />

fascismo. Sembra che la lezione dei grandi meridionalisti, da Salvemini<br />

a Gramsci, da Dorso a Fiore, sia svanita nel nulla.<br />

Insisto su questi aspetti, non nuovi, in quanto devono essere oggetto<br />

di discussione e di una nuova “narrazione”. Non è possibile pensare<br />

in modo negativo all’emigrazione (oggi immigrazione) che ha consolidato<br />

il Paese, ha dato un grande apporto alla ricostruzione e ha rappresentato<br />

una ventata di democrazia nell’Italia e nell’Europa distrutte<br />

dalla guerra nazifascista. I flussi migratori degli Anni 60 hanno permesso<br />

un’osmosi sociale, politica e culturale senza precedenti. Tutto<br />

questo però non è oggetto di riflessione.<br />

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