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Atti 15° Congresso Nazionale - Anpi

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15 °<br />

CONGRESSO<br />

NAZIONALE<br />

Torino<br />

DELL’A.N.P.I.<br />

24, 25, 26, 27 marzo 2011<br />

ATTI<br />

A CURA DEL COMITATO NAZIONALE DELL’ANPI - ROMA<br />

“Più forza<br />

all’antifascismo<br />

Più futuro<br />

per la democrazia”


“Più forza<br />

all’antifascismo<br />

Più futuro<br />

per la democrazia”<br />

<strong>15°</strong> CONGRESSO<br />

NAZIONALE<br />

DELL’ANPI<br />

Torino<br />

24, 25, 26, 27 marzo 2011<br />

ATTI<br />

A CURA DEL COMITATO NAZIONALE DELL’ANPI - ROMA


PRESENTAZIONE<br />

È un’ANPI rinnovata, più forte, e con le idee ben chiare, quella uscita<br />

dal suo <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> che si è svolto a Torino dal 24 al 27<br />

marzo e di cui riproduciamo in questo volume gli atti.<br />

E non poteva essere altrimenti dopo anni di un intenso lavoro – avviato<br />

col <strong>Congresso</strong> del 2006 e proseguito con la Conferenza nazionale<br />

di Organizzazione del 2009 – grazie al quale l’Associazione ha potuto<br />

radicarsi nell’intero territorio nazionale (è presente in tutte le 110 province<br />

d’Italia) dotarsi di energie nuove – tantissimi giovani – di tutti i correnti<br />

strumenti di comunicazione, di rapporti, rafforzati o da poco inaugurati,<br />

con l’associazionismo democratico e sindacale tali da permettere<br />

all’ANPI di fare parte operativamente di quella robusta rete civile che<br />

da qualche tempo a questa parte sta facendo sentire diffusamente la<br />

voce dell’ Italia “delle radici” contro gli aguzzini della Costituzione e<br />

della democrazia.<br />

Un <strong>Congresso</strong> suggestivo – carico di passione e intelligenza – che ha<br />

suscitato numerose attenzioni e speranze. Al Teatro Carignano, il 24<br />

marzo, si è svolta l’apertura dove hanno preso la parola il Sindaco di<br />

Torino Sergio Chiamparino, il Presidente del Comitato Provinciale ANPI<br />

di Torino, Diego Novelli, il Presidente della Confederazione delle<br />

Associazioni Partigiane, Sen. Gerardo Agostini, il Segretario Generale<br />

della CGIL Susanna Camusso e il Presidente Emerito della Corte<br />

Costituzionale Gustavo Zagrebelsky. Proprio Zagrebelsky, in una prolusione<br />

intensa, capace di begli stimoli e argomenti di stretta attualità, ha<br />

rilanciato l’allarme: “la democrazia è in svendita”. L’Italia oggi si fonda<br />

su una inquietante struttura piramidale, ha proseguito, dove in alto<br />

regna l’arroganza e sul fondo il servilismo, con livelli crescenti di arroganza<br />

che si instaurano non appena si sale qualche gradino. Un “giro”<br />

come lo definisce Zagrebelsky che va dallo “scambio del piccolo voto<br />

all’organizzazione di centinaia o migliaia di voti che si controllano per<br />

motivi di corporazione, corruzione e persino di criminalità, alle controprestazioni<br />

personali o per interposta persona e, persino, oggi controprestazioni<br />

di natura sessuale, quasi come se fosse la norma, il nostro<br />

ethos comune”. Ne va da sé, in questo quadro, quanto decisiva sia<br />

5


oggi la funzione dell’ANPI. L’ANPI, che secondo la Camusso “se non ci<br />

fosse occorrerebbe inventarla”.<br />

Il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel suo messaggio,<br />

ha confermato le attese: “(…) Nella speranza che l’ANPI continuerà ad<br />

onorare la sua lunga e indiscussa testimonianza di presidio democratico<br />

(…)”.<br />

Un <strong>Congresso</strong> storico. Necessariamente. Che ha visto come delegati,<br />

per un incontrastabile procedere della natura, appena 20 o 30<br />

Partigiani. E allora una buona parte del dibattito si è concentrata proprio<br />

sul futuro dell’Associazione dei protagonisti della Resistenza, sempre<br />

più frequentemente guidata da dirigenti nati dopo di essa. Si è<br />

imposta, quindi, all’attenzione di tutti la questione centrale del mantenimento<br />

dell’autorevolezza che ha permesso all’ANPI di avere negli<br />

anni un peso sostanzioso nella vita pubblica, nelle scelte politiche.<br />

Massimo Rendina, comandante delle Brigate Garibaldi, tra i liberatori<br />

di Torino, l’ha detto al Teatro Carignano, con la sua solita “passionaccia”,<br />

rivolgendosi proprio ai giovani: “Toccherà a voi tramandare i<br />

valori della Resistenza e allora dovrete sapere bene quello che è stata”.<br />

I giovani. Tanti a Torino. E apparentemente affatto sprovveduti. Sono<br />

attivissimi nell’Associazione, pieni di idee, risorse, entusiasmo. Si rimane<br />

impressionati dalla loro voglia e bisogno di appartenere ad una<br />

grande comunità di valori e agire trasparenti, per cui battersi e su cui<br />

improntare il futuro.<br />

Un <strong>Congresso</strong> unitario. Prova inconfutabile ne è l’approvazione a larghissima<br />

maggioranza del Documento politico-programmatico che<br />

detta linee operative e identità dell’Associazione. L’identità. Quella di<br />

sempre. Merita una spazio tutto suo il passaggio del Documento che<br />

chiarisce e approfondisce: “L’ANPI non è un partito. Si aderisce<br />

all’ANPI non per una scelta di schieramento partitico bensì per la sua<br />

storia, per la memoria, per i valori ed i princìpi dell’antifascismo e della<br />

Resistenza che l’Associazione rappresenta e difende battendosi per il<br />

rispetto e l’attuazione della Costituzione, oltre che per i contenuti delle<br />

sue politiche e per la condivisione del suo Statuto. L’ANPI rispetta e collabora<br />

con le istituzioni della Repubblica quali conquiste della<br />

Resistenza anche quando, a seguito di elezioni, sono governate da<br />

esponenti della destra. Si batte affinché chi governa transitoriamente -<br />

Comuni, Province, Regioni e lo Stato - operi in ottemperanza ai valori,<br />

ai princìpi e alle norme sancite dalla Costituzione e dall’ordinamento<br />

6


dello Stato. Quando ciò non avviene, lo si contrasta con le armi della<br />

democrazia distinguendo sempre le istituzioni da rispettare e difendere<br />

e con le quali collaborare, dalle politiche e dalle ideologie di chi le<br />

governa alle quali opporsi quando necessario. Si ritiene quanto sopra<br />

essenziale per contrastare e vincere orientamenti sbagliati presenti – sia<br />

pure in modo minoritario – anche nell’ANPI (…). L’ANPI è “la casa” di<br />

tutti gli antifascisti che credono nei valori della Costituzione”.<br />

E poi tanto dibattito, belle prospettive di impegno civile, una volontà<br />

ferrea di stare coi piedi e le idee nel Paese per contribuire al suo sviluppo<br />

sociale e “costituzionale”. Coscienza critica della democrazia:<br />

ancora e di più. Gli ordini del giorno approvati sono una inequivocabile<br />

conferma di tutto ciò. Per tutti: adesione e sostegno alla campagna<br />

referendaria per la tutela dei beni comuni; serie e coscienziose politiche<br />

di pace; contro il torbido tentativo in atto di riproporre il progetto<br />

di legge 1360, bloccato nel 2009, che equiparava i repubblichini di<br />

Salò ai Partigiani.<br />

Un <strong>Congresso</strong> che ha voluto rinnovare, dopo 67 anni, allargandolo, il<br />

numero dei componenti (da 27 a 37) del suo organo dirigente sovrano:<br />

il Comitato <strong>Nazionale</strong>. Questo per un’esigenza fondamentale: dare<br />

rappresentanza a quelle regioni che non l’avevano, per esempio la<br />

Sicilia, la Sardegna e la Campania, e a quella generazione di antifascisti<br />

sotto i 45 anni che costituisce oggi una forte, e fortemente operativa<br />

percentuale degli iscritti. E tre di loro sono così entrati a far parte<br />

del Comitato <strong>Nazionale</strong>. Una piccola, grande e coerente rivoluzione.<br />

Un <strong>Congresso</strong> per il dopo.<br />

Per dare gambe a una sfida antica, ma sempre attuale: fare un’Italia<br />

“di radice”. L’Italia dell’Antifascismo, della Resistenza e della<br />

Costituzione. I presupposti ci sono tutti.<br />

Una grande sfida. Che è già realtà.<br />

Andrea Liparoto<br />

Responsabile comunicazione nazionale ANPI<br />

7


MESSAGGIO<br />

DEL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA<br />

On. Raimondo Ricci, Presidente <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI, rivolgo<br />

un cordiale saluto a Lei, illustre Presidente, agli Organi direttivi,<br />

ai delegati e a tutti i partecipanti al <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong><br />

dell’ANPI il cui svolgimento nella città di Torino, capoluogo di<br />

una Regione che tanto contribuì alla lotta contro l’occupazione<br />

nazifascista, attribuisce un particolare significato a questo<br />

importante appuntamento congressuale.<br />

Ho già avuto modo di ricordare, celebrando a Reggio Emilia<br />

la Giornata del Tricolore, l’insostituibile ruolo della Resistenza<br />

nella liberazione dal fascismo e nella affermazione di principi<br />

che vennero poi consacrati nella Costituzione Repubblicana:<br />

l’amore di Patria al di fuori di aberranti chiusure nazionalistiche,<br />

la ricerca di una effettiva giustizia sociale, l’aspirazione<br />

alla pace attraverso la partecipazione alle organizzazioni<br />

internazionali e la creazione di un’Europa, in Europa, di una<br />

comunità sovranazionale di Stati democratici. Si tratta di un’eredità<br />

preziosa ed impegnativa che affida alle Associazioni<br />

partigiane il compito di custodire e tramandare, specialmente<br />

ai giovani, gli ideali che spinsero schiere di donne e uomini a<br />

combattere fino al sacrificio della vita per porre le fondamenta<br />

di un ordinamento ispirato ai princìpi di libertà e democrazia<br />

in ideale continuità con i combattenti delle lotte per l’indipendenza<br />

e l’unità nazionale.<br />

Nella certezza che l’ANPI continuerà ad onorare la sua lunga<br />

e indiscussa testimonianza di presidio democratico e di impegno<br />

civile, formulo all’Assemblea il migliore augurio di buon<br />

lavoro.<br />

Giorgio Napolitano<br />

9


SEDUTA DI APERTURA<br />

Teatro Carignano<br />

giovedì 24 marzo 2011<br />

ore 14.00<br />

Presiede i lavori: Marisa Ombra<br />

Alla Presidenza del <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI vengono designati<br />

il Presidente <strong>Nazionale</strong> uscente, Sen. Raimondo Ricci; Gino<br />

Cattaneo, Marisa Ferro, Marco Fiore, Didala Ghilarducci, Chiara<br />

Gribaudo, Manfredo Manfredi, Gianfranco Maris, William Michelini,<br />

Marisa Ombra, Aude Pacchioni, Carlo Smuraglia, Ottavio Terranova.


12<br />

SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

VERBALE COMMISSIONE VERIFICA POTERI<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

La Commissione Verifica Poteri, composta da Carla Argenton,<br />

Massimo Bisca, <strong>Atti</strong>lio Martino, Angela Moreno, ha nominato<br />

Presidente il sottoscritto Massimo Bisca.<br />

I Congressi Provinciali svolti sono 104 su 110 Province. In questi<br />

Congressi si sono eletti i delegati al <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>.<br />

In rappresentanza di 101.696 iscritti – riferiti al 2009 – sono<br />

stati eletti dai 104 Congressi Provinciali, 319 delegati, inoltre<br />

ci sono 30 delegati di diritto per un totale di 349 delegati, di<br />

cui 107 donne.<br />

Risultano presenti al <strong>Congresso</strong> n. 310 delegati pari<br />

all’88,82%.<br />

In 6 Province: Trapani, Oristano, Ragusa, Campobasso,<br />

Isernia e Ascoli Piceno, i Congressi Provinciali si svolgeranno<br />

dopo il <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>. Per ciascuna di queste sei ANPI<br />

è stato posto a disposizione 1 invito per il <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong><br />

<strong>Nazionale</strong>.<br />

La Commissione Verifica Poteri ha riscontrato la regolarità<br />

delle procedure adottate per l’elezione dei delegati e dichiara<br />

valido, a tutti gli effetti, il <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>.<br />

(A conclusione del <strong>Congresso</strong> risultano presenti 344 delegati<br />

pari al 98,56%, la relazione è approvata all’unanimità).


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

Marisa Ombra<br />

Presidente dell’Assemblea<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

Ringrazio tutti per la nomina a presiedere la seduta di apertura di<br />

questo <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI. È per me un grande onore<br />

che, simbolicamente, esprime la considerazione che l’ANPI ha maturato<br />

nei confronti delle donne, delle partigiane e delle antifasciste<br />

di oggi.<br />

Credo che non possiamo iniziare i nostri lavori senza rivolgere un<br />

pensiero commosso al primo grande Presidente nazionale dell’ANPI, il<br />

partigiano Arrigo Boldrini, comandante “Bulow”. E a tutti i partigiani<br />

che hanno guidato l’associazione e che, purtroppo, ci hanno lasciato in<br />

questi anni. Propongo in loro memoria un minuto di silenzio.<br />

Rivolgo, infine, un saluto affettuoso al partigiano Tino Casali,<br />

Presidente onorario dell’Associazione, impossibilitato a essere presente<br />

per motivi di salute.<br />

Ringraziamo gli Enti che hanno patrocinato il nostro <strong>Congresso</strong>: il<br />

Comune di Torino, la Provincia di Torino e la Regione Piemonte. E<br />

ancora, le autorità presenti e le delegazioni dei partiti e delle associazioni.<br />

In particolare Roberto Placido, vice Presidente del Consiglio<br />

Regionale, e il capitano Carubia, in rappresentanza del Comando provinciale<br />

dell’Arma dei Carabinieri.<br />

Compagne e compagni, amiche e amici, la nostra commozione e<br />

questa sensazione di vivere un momento solenne, sono facilmente spiegabili.<br />

Noi tutti sappiamo, senza retorica, di essere qui per dare inizio<br />

a un congresso di svolta. Per la prima volta un <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong><br />

dell’ANPI è costituito per la maggior parte da delegati che, per ragioni<br />

anagrafiche, non hanno fatto la Resistenza. È stato scritto nello Statuto<br />

modificato nel 2006: questi nuovi iscritti all’ANPI possono – e devono<br />

– considerarsi eredi e pienamente titolari delle idee e dei princìpi pensati,<br />

scritti e praticati dai partigiani nei diciotto mesi che trascorsero tra<br />

l’8 settembre 1943 e il 25 aprile 1945. In questo risiede, prima ancora<br />

che nel coraggio della lotta armata, l’eredità più importante tramandata<br />

dai partigiani.<br />

Ragazzi cresciuti e educati nelle scuole fasciste, dinanzi al crollo<br />

improvviso e totale della cultura in cui si erano formati, hanno velocemente<br />

appreso alcune cose essenziali che hanno capovolto il loro modo<br />

di essere e di pensare: la capacità di guardarsi attorno, valutare e scegliere,<br />

l’importanza dell’assunzione di responsabilità personale, il<br />

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SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

coraggio di prendere parte agli eventi. E, soprattutto, la considerazione<br />

che il bene comune – qualcosa che viene prima del proprio personale<br />

interesse – andava difeso fino al sacrificio estremo della vita.<br />

Hanno appreso il valore del libero pensiero, della dignità, della<br />

disciplina e dell’umiltà. Prendo a prestito queste ultime, preziose parole<br />

dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che le ha pronunciate<br />

in questi giorni: disciplina e umiltà sono necessarie all’esercizio<br />

della libertà. Come anche la generosità che, ad esempio, ha indotto<br />

molti partigiani a rinunciare ad essere nominati delegati a questo congresso<br />

per fare spazio ai più giovani.<br />

Tutto ciò rappresenta l’etica della Resistenza. E questo hanno compreso<br />

i ventenni, i trentenni – ma anche i cinquantenni ed oltre – che<br />

negli ultimi anni sono entrati a far parte dell’ANPI perché quei princìpi<br />

vogliono sostenere e praticare: ne hanno sentito la necessità, sanno<br />

che l’Italia ne ha bisogno, oggi, per contrastare il declino verso l’incapacità<br />

di pensare e verso la tendenza a dare semplicemente sfogo alle<br />

emozioni più primitive, alle semplificazioni senza profondità.<br />

Quelli della Resistenza sono valori eterni. Erano validi duemila<br />

anni fa e saranno sempre necessari all’umanità, se vuole restare tale al<br />

di là dei cambiamenti profondi che le scoperte scientifiche, la globalizzazione<br />

e le tecnologie più innovative inevitabilmente portano con sé.<br />

Le tantissime donne, i molti giovani, gli iscritti delle nuove sezioni<br />

del Mezzogiorno – dove la Resistenza non c’è stata, ma dove c’è ancora<br />

bisogno di quei valori, essenziali per vincere la battaglia contro la<br />

mafia – hanno sentito che quell’eredità è oggi più importante che mai<br />

e per questo sono entrati nella nostra associazione.<br />

La nuova ANPI c’è già: è fatta del loro desiderio di esserci. Per<br />

difendere ciò che riunisce in sé tutti quei princìpi: la nostra Carta<br />

Costituzionale, figlia dell’antifascismo e della Resistenza.<br />

La nuova ANPI è già qui: in questo meraviglioso teatro. Questa felice<br />

stagione è testimoniata da un dato fondamentale. I delegati sono stati<br />

eletti dai 110 congressi che si sono svolti nelle province dove l’ANPI<br />

– in questo 2011 – è presente: tutte le province d’Italia, ovunque e dappertutto.<br />

Non si tratta solo di numeri, che sono pure importanti, ma di<br />

voci nuove, di uno sguardo giovane sul mondo, di parole nuove e di un<br />

nuovo modo per far vivere l’antica ragion d’essere dell’ANPI.<br />

I partigiani saranno al loro fianco, hanno piena fiducia in loro. E li<br />

accompagneranno in quest’opera di costruzione di un’ANPI nuova e<br />

antica allo stesso tempo.<br />

A tutti buon lavoro!<br />

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SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

Sergio Chiamparino<br />

Sindaco di Torino<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

Caro Presidente, caro Raimondo Ricci, caro Diego Novelli, care<br />

partigiane e cari partigiani d’Italia, benvenute e benvenuti, con affetto,<br />

a nome mio e della Città di Torino, Medaglia d’Oro al Valor Militare<br />

per la guerra di Liberazione. Una città che ha fatto diventare la<br />

Resistenza centro di un museo che vuole parlare ai cittadini, raccontando<br />

tutti quei luoghi che nel corso della storia contemporanea dell’umanità<br />

hanno visto accrescere i diritti a disposizione delle persone,<br />

intese sia nella loro individualità sia nelle forme della vita associata.<br />

Benvenuti a nome della Città di Torino che – dal Martinetto al Pian<br />

del Loz – reca i segni coi quali la barbarie nazifascista ha cercato di<br />

arrestare la vittoriosa lotta di Liberazione. Benvenuti a nome della<br />

capitale di una Regione che – dal Col del Lys al Montoso, alla<br />

Benedicta, a Boves, a tanti altri luoghi – reca i medesimi segni della<br />

Città di Torino.<br />

È un grande onore per noi ospitare il vostro <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong><br />

<strong>Nazionale</strong> – e ringrazio ancora per questo il comandante Presidente –<br />

soprattutto perché ciò avviene in occasione dei 150 anni dell’Unità<br />

d’Italia. La cosa, ovviamente, non è casuale: Torino è stata protagonista<br />

un secolo e mezzo fa e, come credo molti di voi hanno visto, ha<br />

voluto essere ed è stata protagonista anche oggi in questo 150° anniversario.<br />

Siamo francamente soddisfatti di aver investito in questa<br />

impresa sapere e risorse, umane e finanziarie. Lo abbiamo fatto in<br />

prima persona, con la Provincia, la Regione e insieme a tanti sponsor<br />

privati che hanno avuto la sensibilità di sostenerci.<br />

Questi quattro giorni – dalla notte del 16 marzo fino a domenica<br />

scorsa (e non è finita qui…) – hanno ripagato tutti coloro che hanno a<br />

cuore l’unità dell’Italia e il recupero di quello spirito e sentimento<br />

nazionale componente essenziale nell’animo dei partigiani e delle partigiane<br />

che hanno combattuto, tanti anni fa, per l’indipendenza e la<br />

libertà del nostro Paese.<br />

Ringrazio tutti voi. Credo e so che la scelta di Torino non è casuale:<br />

la Resistenza rappresenta il momento della riconquista di quello spirito<br />

e di quell’Unità nazionale del Risorgimento che il fascismo aveva<br />

profondamente incrinato. La lotta di Liberazione ha cacciato lo straniero<br />

– fatemi usare queste parole un po’ da epigrafe retorica, ma che<br />

in questo caso sono giuste – e ha consentito di riconquistare l’indipen-<br />

15


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

denza dell’Italia, dalla subalternità al regime nazista dove il fascismo<br />

l’aveva condotta. E cos’è l’indipendenza dallo straniero, se non il fondamento<br />

stesso dell’unità nazionale? E – come hanno già detto nei loro<br />

messaggi il Presidente della repubblica, Giorgio Napolitano, e l’on.<br />

Armando Cossutta – cosa sono la Repubblica e la Costituzione democratica,<br />

se non la trasformazione e la traduzione in impianto legislativo<br />

della ricostruzione di una comunità, il passaggio chiave della nostra<br />

storia, sul piano dei diritti e sul piano della modernizzazione?<br />

Dopo la grande epopea del Risorgimento – vissuta anche in questo<br />

Teatro Carignano e in tanti altri luoghi della nostra città – la guerra di<br />

Liberazione nazionale, la guerra partigiana, è stata l’altra grande vicenda<br />

che ha consentito di ricostruire l’unità nazionale. La mia gratitudine<br />

è perciò doppia. A voi, in quanto ci avete restituito libertà e l’Italia<br />

unita e indipendente. A voi, perché venite a ricordarcelo – qui e oggi –<br />

in questo 2011 che fa rivivere alla nostra Città l’orgoglio di essere stata<br />

il motore trainante dell’unità e la prima capitale d’Italia.<br />

Un’altra riflessione vorrei sviluppare. Sono stato uno di coloro che<br />

si sono battuti affinché il 17 marzo fosse dichiarato Festa nazionale e i<br />

fatti hanno dato ragione a noi: oltre ogni aspettativa.<br />

La sera del 16 marzo, vigilia della Festa, ho percorso il tratto di strada<br />

da piazza San Carlo a Palazzo Cisterna, sede della Provincia, con la<br />

fanfara della Taurinense: sulla città pioveva a dirotto da due giorni,<br />

sembrava di essere alla ritirata di Russia tanto faceva freddo. Ebbene,<br />

quando alle 23 mi sono reso conto che non si riusciva più a entrare in<br />

piazza Vittorio, che non c’era modo di aprirsi un varco nella folla, ho<br />

pensato che un successo del genere non ce lo eravamo nemmeno immaginato.<br />

Nella più totale serenità e tranquillità, senza neppure quel po’ di<br />

schiamazzi, seppure contenuti, che si erano verificati per l’apertura<br />

delle Olimpiadi invernali. E ancora, due giorni dopo, all’arrivo del<br />

Presidente Napolitano, c’erano sempre migliaia di persone in qualunque<br />

posto si recasse in visita e altre centinaia lo attendevano, giorno e<br />

notte, nei pressi dell’albergo in cui alloggiava. In tanti ci siamo chiesti<br />

cosa significassero queste manifestazioni di entusiasmo. La considerazione<br />

che mi pare giusto fare – e che porgo ai lavori del <strong>Congresso</strong>, poiché<br />

ritengo giusto non limitarmi a un saluto solo formale – è che dentro<br />

questo evento è emersa la voglia di tantissime persone, di una parte<br />

grande dell’opinione pubblica, di riappropriarsi delle istituzioni, affinché<br />

esse tornino a vivere e ad operare come espressione di tutti, non<br />

solo di alcuni. Secondo me è questo il messaggio emerso dalle giornate<br />

appena trascorse e, forse, qualcuno non lo ha compreso fino in fondo.<br />

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SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

Ho parlato di Torino, altri potranno parlarvi di quello che è avvenuto<br />

e sta avvenendo in altre città. Antonio Pizzinato, che è venuto a<br />

salutarmi, ad esempio, potrà parlarvi di Milano. Questa riflessione si<br />

lega alla perfezione con i valori della Resistenza, perché la guerra di<br />

Liberazione – non devo certo ricordarlo a voi – è stata una guerra di<br />

popolo. Mi torna sempre in mente l’immagine del Martinetto e dei trucidati<br />

militari e civili: operai, insegnanti, impiegati, comunisti come<br />

Eusebio Giambone – e colgo l’occasione per salutare sua figlia Gisella,<br />

che è qui con noi. Unità sociale, unità culturale, unità politica: è un concetto<br />

che ribadisco sempre al Martinetto, e lo farò ancora il prossimo 5<br />

aprile quando saremo lì. Il senso profondo della guerra di Liberazione<br />

è possibile rintracciarlo anche nel fatto che a un certo punto voi avete<br />

compreso che i colori splendenti dei vostri fazzoletti dovevano fondersi<br />

in quelli del Tricolore italiano. Arrivano dei momenti nei quali l’unità<br />

e l’interesse generale devono prevalere sulle visioni di parte, per<br />

quanto legittime, forti e fondate esse possano apparire.<br />

Fu un’ondata impetuosa, una mobilitazione di popolo che attraversò<br />

tutti gli strati sociali, tutte le formazioni politiche a creare le basi<br />

della Costituzione, fondamento delle istituzioni libere e indipendenti<br />

delle quali oggi, giustamente, i cittadini vogliono riappropriarsi. Da<br />

questo vostro congresso, ne sono certo, verrà un ulteriore contributo in<br />

questa direzione.<br />

Grazie, allora, per essere venuti a Torino e grazie per il lavoro ostinato<br />

e determinato che portate avanti. Per garantire, preservare e sviluppare<br />

la nostra memoria che, salda e sicura, potrà sconfiggere il<br />

nemico principale del futuro: la paura. E mantenere viva la speranza.<br />

Grazie, e buona permanenza a Torino.<br />

Diego Novelli<br />

Presidente ANPI Torino<br />

Cari amici e cari compagni,<br />

nel porgervi il più cordiale saluto a nome dell’ANPI provinciale di<br />

Torino, mi siano consentite due brevi considerazioni. Non vorrei apparire<br />

ovvio nel richiamare alla vostra attenzione, come è già stato fatto,<br />

la preoccupante stagione politica e morale che l’Italia sta attraversando.<br />

Personalmente, vi confesso, dopo 65 anni di militanza nel movimento<br />

democratico e antifascista, non ricordo di aver vissuto un<br />

momento così angosciante. Noi tutti, però, dobbiamo reagire per com-<br />

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SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

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SEDUTA<br />

QUARTA<br />

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SESTA<br />

SEDUTA<br />

battere la sfiducia che può prevalere, sfociando nel disimpegno o, peggio<br />

ancora, nel qualunquismo, oppure portando a rinchiudersi egoisticamente<br />

nel proprio particolare.<br />

Come scrive un’illustre personalità della Resistenza francese, l’ultranovantenne<br />

Stéphane Hessel, dobbiamo avere la capacità di indignarci<br />

ancora poiché il motore della Resistenza antifascista è stato<br />

prima di tutto lo spirito di indignazione. Ecco perché la nostra<br />

Associazione, per mantenere e tramandare gli ideali della Resistenza,<br />

deve oggi appellarsi alle nuove generazioni per dire loro: “Ora tocca a<br />

voi: indignatevi!”. Per tutto quello che sta accadendo nel nostro Paese,<br />

e al momento in cui ci si indigna, si diventa gioco-forza militanti: forti<br />

e capaci di combattere l’ingiustizia e la disuguaglianza, di contrastare<br />

modelli di vita ingannevoli, di fermare il degrado che ci circonda.<br />

La nostra Associazione, nata subito dopo la Resistenza con la fine<br />

della guerra di Liberazione, ha tutti i titoli e la forza morale per scuotere<br />

le coscienze e per denunciare le barbarie che ogni giorno sono di<br />

fronte ai nostri occhi. Lo spazio c’è, ed è molto più grande di quanto<br />

noi possiamo pensare, in tutti i settori della nostra società.<br />

Non si può, amici e compagni, vivere da beoti. Indipendentemente<br />

dai dati anagrafici, si deve sempre dare un senso alla propria esistenza<br />

e, come ci ricordava Giorgio Amendola in un suo bel libro, fare “una<br />

scelta di vita”. Non possiamo lasciarci cullare dalla nostalgia del tempo<br />

che fu. Il passato non ritorna mai, si deve guardare avanti. A parte che<br />

la nostalgia la considero un disvalore o, se volete, in termini più severi,<br />

un valore negativo.<br />

Ben diversa è la memoria che qualcuno vorrebbe cancellare e manipolare<br />

con subdole campagne di riconciliazione della società italiana,<br />

dimenticando o addirittura rimuovendo il passato, ponendo sullo stesso<br />

piano fascismo e antifascismo, giungendo a proporre, in un vergognoso<br />

disegno di legge presentato alla Camera dei Deputati, l’equiparazione<br />

dei partigiani con i repubblichini di Salò. Il fascismo è stato un<br />

partito che ha imposto all’Italia vent’anni di dittatura e ha cancellato<br />

tutte le libertà fondamentali di un sistema democratico. Il fascismo ha<br />

fatto della violenza la sua ragion d’essere.<br />

Ed ecco, brevissimamente, una seconda considerazione. Riguarda<br />

le caratteristiche fondamentali dell’ANPI, che non è un partito ma una<br />

libera Associazione che vede uniti donne e uomini di diverse opinioni<br />

politiche ma che hanno come comun denominatore l’antifascismo, la<br />

democrazia, la libertà, l’impegno per combattere le disuguaglianze.<br />

Donne e uomini, anziani e giovani, che hanno come Bibbia la<br />

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Costituzione. Molto spesso mi è capitato di discutere con dei compagni<br />

sulle linee programmatiche dei loro partiti, e veramente mi intristisco<br />

quando vedo alla televisione o leggo sui giornali l’ultima trovata escogitata<br />

sul piano meramente propagandistico per colpire l’immaginario<br />

collettivo, per – come dicono i francesi – épater le bourgeois. E ciò vale<br />

soprattutto per i programmi. Alla vigilia di una competizione elettorale,<br />

ricordo di aver chiesto all’amico Romano Prodi – che aveva addirittura<br />

allestito a Bologna la fabbrica per il programma, con la collaborazione<br />

di decine e decine di esperti che partorirono un libro di oltre<br />

200 pagine, letto solo da pochi volenterosi – che bisogno c’era di spendere<br />

tante energie quando bastava dire: “Il nostro programma è la<br />

Costituzione della Repubblica”.<br />

Ecco perché, a mio avviso, il programma dell’ANPI è la<br />

Costituzione. Per l’esperienza di tante assemblee che ho fatto nelle<br />

Università, nei quartieri, nelle fabbriche, vi posso assicurare che<br />

pochissimi italiani l’hanno letta. Non solo per farla conoscere, quindi,<br />

non solo per difenderla, ma per attuarla se vogliamo veramente cambiare<br />

l’Italia: questo deve essere il nostro impegno solenne.<br />

Auguri di buon lavoro, delegate e delegati, per un proficuo <strong>15°</strong><br />

<strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>.<br />

Sen. Gerardo Agostini<br />

Presidente della Confederazione Italiana<br />

fra le Associazioni Combattentistiche e Partigiane<br />

Le parole pronunciate da Diego Novelli, quelle del Sindaco<br />

Chiamparino, i messaggi, le parole del Presidente del nostro<br />

<strong>Congresso</strong>, hanno generato in noi un clima di riflessione, di pensieri, di<br />

ricordi. Esperienze come questa che stiamo vivendo oggi, riflettendo<br />

sul nostro stesso passato, dovrebbero condividerle tutti gli italiani.<br />

Anche la televisione ha celebrato il 150° dell’Unità della nostra Italia.<br />

Ma a parte la forza delle parole del Presidente della Repubblica, accolte<br />

dagli italiani con la considerazione e l’amore che riservano a Giorgio<br />

Napolitano, non ne ho sentite altre sulla Resistenza, sulla Liberazione<br />

della nostra Patria.<br />

Con queste premesse preoccupanti, dove andremo a finire? Cosa si<br />

prepara per le giovani generazioni? Quale futuro e quali riferimenti<br />

ideali lasceremo loro? Né dall’insegnamento nelle scuole, tanto meno<br />

dall’operato dell’attuale politica, può venire un riferimento esemplare.<br />

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Ecco allora il compito, il mandato che ci affida la nostra coscienza:<br />

tramandare valori, ricordi, testimonianza, memoria. E tante volte mi<br />

sono compiaciuto con Raimondo Ricci che ha intrapreso nell’ANPI la<br />

lucida iniziativa per l’apertura ai giovani. Dovevamo essere noi, infatti,<br />

ad andare loro incontro. Altrimenti non si sarebbero mai avvicinati,<br />

perché la maggior parte di loro non sa, non conosce le vicende dolorose<br />

che hanno portato alla nascita dell’Italia in cui stanno vivendo. Non<br />

le conoscono, perché nessuno gliele ha più insegnate.<br />

Ricordo quando prendemmo l’iniziativa e facemmo pressioni,<br />

insieme ad Antonio Pizzinato e a Luciano Guerzoni, perché fosse finalmente<br />

istituita una Giornata della Memoria, il 27 gennaio, ricorrenza<br />

della liberazione di Aushwitz-Birkenau. Oggi si celebra in tutta Italia.<br />

Questo è l’esempio che lasciamo noi, parlamentari del passato, di ben<br />

altre legislature: quando fare politica voleva dire mettersi al servizio<br />

del Paese. Oggi, invece, equivale a servire sé stessi.<br />

Diego Novelli ci ha commosso tutti evidenziando quanto la nostra<br />

società di oggi è diversa da come ce la eravamo immaginata 65 anni fa.<br />

Parlavamo di unità, parlavamo del futuro, parlavamo di ricostruzione.<br />

Si ragionava su quello che era accaduto a Cefalonia, sul significato<br />

della morte di quei 10.000 uomini; su ciò che era avvenuto a Mignano<br />

Montelungo; sui militari coraggiosi che avevano sentito il dovere di<br />

ricostituire l’Esercito Italiano; sul massacro delle Fosse Ardeatine,<br />

celebrato quest’anno insieme al Pontefice, Benedetto XVI, che viene<br />

dalla stessa nazione, purtroppo madre di figli così terribili dai quali<br />

dovemmo liberarci, insieme al fascismo di casa nostra. Oggi qualcuno<br />

afferma che la Festa della Liberazione, il 25 aprile, andrebbe soppresso<br />

perché non rappresenta più nulla. Nell’aula del Senato e fuori dall’incarico<br />

parlamentare, ho sempre ribattuto a questi argomenti, con<br />

fermezza e decisione, che il 25 aprile non si tocca. Perché rappresenta<br />

la liberazione della nostra Patria, rappresenta l’unità della Resistenza.<br />

E a chi mi chiedeva a quale tendenza, a quale fazione fossi appartenuto<br />

durante quella lotta, ho sempre risposto che io ero stato, semplicemente,<br />

uno di quegli italiani che avevano come unico obiettivo di<br />

abbattere il fascismo e cacciare il nemico occupante. Il Paese lo abbiamo<br />

ricostruito, tutti insieme, dal punto di vista materiale e morale, rimboccandoci<br />

le maniche. L’Italia ha compiuto il cammino verso un futuro<br />

di giustizia e democrazia e, nonostante tutto, oggi procede nel suo<br />

percorso verso il progresso.<br />

Noi novantenni, oggi, possiamo ancora essere utili in questo nuovo<br />

cammino? Sì, per raccontare gli episodi vissuti da protagonisti e testi-<br />

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moni. Uomini che hanno creduto e credono nella nostra Carta fondamentale.<br />

Rileggiamo insieme a voce alta, con il Presidente Napolitano,<br />

l’art. 5 della Costituzione: “L’Italia è una e indivisibile”. Ricordiamolo<br />

a quei ministri che hanno votato con disprezzo contro la ricorrenza del<br />

17 marzo per il 150° dell’Unità. Hanno affermato che né loro, né gli<br />

italiani si riconoscono più in quei valori. Ecco, parlate per voi e per i<br />

vostri elettori. Il pensiero degli italiani lo incarna il Presidente della<br />

Repubblica, che in queste celebrazioni è stato sostenuto dal gradimento<br />

e dall’entusiasmo di tutto il nostro popolo.<br />

Nel 1976, in un ristorante romano, con Arrigo Boldrini, Paolo<br />

Emilio Taviani, Aldo Aniasi e Leo Valiani, avemmo l’idea di costituire<br />

una Confederazione fra le associazioni combattentistiche e partigiane.<br />

Una forza unitaria che oggi vive e opera ancora. Annunciando questo<br />

progetto ottenemmo l’assenso, l’abbraccio e l’incoraggiamento di<br />

Sandro Pertini, Oscar Luigi Scalfaro, Carlo Azeglio Ciampi, e dello<br />

stesso Giorgio Napolitano. Questi sono i riconoscimenti e l’orgoglio<br />

dei quali abbiamo fatto tesoro. Una forza unitaria che ci ha consentito<br />

di vivere e operare fino a oggi.<br />

Continuiamo ora insieme ai giovani. Come Presidente<br />

dell’Associazione Mutilati e Invalidi di Guerra, anche io ho costituito<br />

una Fondazione per coinvolgere le giovani generazioni. Ho detto loro<br />

di raccogliere il testimone del nostro grande patrimonio, conquistato a<br />

prezzo di durissimi sacrifici.<br />

Il patrimonio della libertà e dell’unità per il nostro Paese. Viva<br />

l’Italia.<br />

Susanna Camusso<br />

Segretario Generale CGIL<br />

Caro Presidente, care delegate e cari delegati, autorità presenti,<br />

lo diceva già il Sindaco Sergio Chiamparino: non è certo casuale che il<br />

<strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> dell’ANPI – nel 150° anniversario dell’Italia unita – si<br />

svolga qui a Torino. E non è casuale che al centro del dibattito sarà il<br />

legame indissolubile tra Risorgimento e Resistenza, nel tema generale<br />

dell’Unità d’Italia. In una stagione nella quale possiamo dire che se<br />

l’ANPI non ci fosse, bisognerebbe inventarla. Credo che nessuno di noi<br />

si sarebbe mai immaginato che il conflitto istituzionale, le difficoltà e<br />

il degrado di questo Paese giungessero ai livelli cui stiamo assistendo<br />

in questi giorni e in queste ore. Ciò comporta per noi tutti, ogni giorno,<br />

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il compito di ricercare quelle radici, quelle origini, quella coesione che<br />

sono state alla base della guerra di Liberazione, prima, e della<br />

Costituzione, subito dopo.<br />

Ho riflettuto su questo <strong>Congresso</strong> e sulla relazione forte che lega<br />

l’ANPI alla mia organizzazione e alle iniziative portate avanti e penso<br />

che il legame tra noi sta tutto nello slogan scelto per la vostra assemblea:<br />

“Più futuro per la democrazia”. Ci dobbiamo chiedere come dare<br />

senso a questo termine per rinnovare, oggi e ancora, le ragioni dell’esistenza<br />

dell’ANPI e della relazione con le forze sociali del Paese.<br />

Provare ad analizzare due aspetti. Per prima cosa dobbiamo chiederci<br />

cosa significa l’unità del Paese. In questi giorni è stato chiaro a<br />

tutti che esiste un sentimento nazionale straordinario. Una voglia di<br />

riappropriarsi e difendere l’idea di appartenenza all’Italia. E all’origine<br />

di questo risultato c’è il lavoro che abbiamo svolto negli ultimi due<br />

anni – l’ANPI con la Cgil spesso al suo fianco – ripercorrendo il Sud,<br />

ad esempio, con tante iniziative sul significato stesso di unità e anche<br />

sui temi della guerra partigiana e della Liberazione. Penso, in particolare,<br />

al 1° maggio 2010 a Portella della Ginestra, quando con il<br />

Presidente dell’ANPI abbiamo celebrato il legame tra la Resistenza e la<br />

lotta per i diritti del lavoro. E all’iniziativa dell’anno scorso – e che rinnoveremo<br />

in questo 2011 – di provare a fare della data del 2 giugno non<br />

solo la festa della Repubblica, ma anche il giorno della Costituzione.<br />

Perché per aprire prospettive per il futuro servono unità, memoria e<br />

capacità di proporre ai cittadini valori in cui riconoscersi.<br />

Emerge chiaro, allora, l’altro aspetto al quale dedicarsi per riempire<br />

di senso concreto la parola democrazia. Se il degrado che ci circonda<br />

è quello emerso in questi ultimi tempi, a me viene in mente che va<br />

portata avanti la battaglia contro l’umiliazione della cultura e la cancellazione<br />

dell’istruzione pubblica. Occorre battersi contro i tagli, per<br />

ribadire che cultura e istruzione sono uno dei fondamenti della vita<br />

democratica, in quanto costituiscono gli strumenti a disposizione dei<br />

giovani per far crescere le loro speranze, per conquistare la loro autonomia,<br />

per essere in grado di giudicare la realtà e decidere il loro futuro,<br />

per difendere i valori della libertà. Se mi chiedessero qual è l’attacco<br />

più pericoloso portato oggi alla democrazia nel nostro Paese, risponderei<br />

senza dubbio che esso risiede nel tentativo di sottrarre ai giovani<br />

l’autonomia di giudizio, la risorsa che consente di non sentirsi obbligati<br />

verso nessuno, bensì liberi nel pensiero e nella possibilità di immaginarsi.<br />

Il compito che abbiamo, guardando all’avvenire dell’Italia, è dire<br />

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con voce forte che il grande tema all’ordine del giorno è il futuro delle<br />

nuove generazioni. In questo l’ANPI ha portato uno straordinario contributo<br />

decidendo di connotarsi sempre più come struttura aperta ai giovani.<br />

E la CGIL si pone questo stesso obiettivo.<br />

Rinnovare le parole democrazia e libertà significa anche essere<br />

orgogliosamente antifascisti, contro ogni dittatura e contro tutti i totalitarismi,<br />

rivendicare il valore della memoria, il diritto di studiare, leggere<br />

libri, andare a teatro. Per trasformare queste nobili attività in nutrimento<br />

per la propria mente e strumento per uscire dal degrado.<br />

Buon lavoro a tutto il <strong>Congresso</strong>.<br />

Massimo Rendina<br />

Capo di Stato Maggiore 1 a Divisione Garibaldi “Leo Lanfranco”<br />

Vinco l’emozione nel prendere la parola qui, nella città di Torino<br />

che ho contribuito, assieme a tanti altri, a liberare dai nazifascisti con<br />

la 1ª Divisione Garibaldi “Leo Lanfranco”. Mentre la città insorgeva,<br />

conducemmo la battaglia fino alla vittoria stanando gli ultimi nuclei di<br />

fascisti, franchi tiratori, che sparavano dai sottotetti anche alla gente<br />

comune, donne e uomini, per vendicarsi della rivolta popolare.<br />

Vedemmo scappare i tedeschi e i fascisti il 29 aprile 1945, quando gli<br />

Alleati erano ancora lontani. Ve lo ricordate? Le avanguardie angloamericane<br />

entrarono in città solo tra il 3 e il 4 maggio.<br />

Ho ricostruito le ultime fasi della liberazione di Torino per sottolineare<br />

che nell’insurrezione delle città del Nord prima dell’arrivo degli<br />

Alleati, oltre al Comitato di Liberazione <strong>Nazionale</strong> - Alta Italia, c’eravamo<br />

e abbiamo combattuto anche noi del CVL. E così fu anche nell’insurrezione<br />

partigiana e popolare per impedire ai nazisti, in ritirata<br />

verso i valichi alpini, di distruggere gli impianti industriali e massacrare<br />

la popolazione.<br />

Qui in sala sono presenti alcuni che erano con me in quei giorni: la<br />

decisione di entrare a Torino – superando il fiume Po, lungo il quale ci<br />

eravamo attestati provenendo dal Monferrato e dalla conquista della<br />

cittadina di Chieri – fu sofferta e pericolosa. Era la notte tra il 25 e il<br />

26 aprile. La sera stessa del 25 il colonnello inglese Stevens, a capo<br />

della missione alleata presso il comando della Resistenza, ci aveva<br />

avvertito: “Non muovetevi, ci sono 35.000 tedeschi con carri armati e<br />

artiglieria pesante, distruggeranno la città, massacreranno i cittadini”.<br />

Ebbene, Pompeo Colajanni “Barbato” disse: “Non possiamo lasciare<br />

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APERTURA<br />

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SEDUTA<br />

massacrare gli insorti delle grandi fabbriche di motori, i gappisti, i sappisti”,<br />

ed entrammo a Torino. Passai il Po la notte, raggiungendo una<br />

barca al comando di un reparto della 19ª. Attaccammo i nazifascisti di<br />

presidio in presidio con le bottiglie incendiarie, con i bazooka contro i<br />

mezzi corazzati. Ci aiutò pure la fortuna: Schlemmer, che comandava<br />

la colonna tedesca, deviò verso Chivasso per consegnarsi agli alleati<br />

dopo ulteriori stragi.<br />

Del giorno della Liberazione resterà per sempre nella mia memoria<br />

anche il rimpianto per i Caduti, molti giovanissimi, e la gioia per il<br />

ritorno alla nostra identità: potevamo tornare a chiamarci col nostro<br />

vero nome, senza lo pseudonimo di battaglia che per un verso ci<br />

nascondeva e per l’altro ci qualificava bizzarramente. E ancora, per la<br />

certezza che si stava chiudendo per sempre un’epoca in cui la persona<br />

umana era stata umiliata come non mai. Mentre si apriva l’epoca nuova<br />

che avrebbe restituito alle libertà assoggettate l’imperativo categorico<br />

della solidarietà.<br />

Una riflessione sorge da questi ricordi: dobbiamo continuare a combattere<br />

per la speranza – meglio, per la certezza – di una vita migliore<br />

e di una giustizia più equa, ricordando cosa è stata la Seconda guerra<br />

mondiale. Se oggi noi ci proclamiamo pacifisti – contro tutte le guerre<br />

– è perché non dimentichiamo quegli 80 milioni di morti.<br />

Il mio invito all’ANPI – che dovrà continuare il suo rinnovamento<br />

profondo, perché non ci saranno più i partigiani – è quello di contribuire<br />

alla trasformazione della democrazia in democrazia partecipata e<br />

socialmente più avanzata. Noi siamo di sinistra, caro Presidente. Siamo<br />

stati diffidati dal definirci tali. Ma noi siamo di sinistra. Siamo con le<br />

forze popolari, anche in nome di coloro che hanno sacrificato la vita per<br />

questo.<br />

Grazie.<br />

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SEDUTA DI<br />

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Prolusione<br />

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Prof. Gustavo Zagrebelsky<br />

Presidente Emerito della Corte Costituzionale<br />

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SEDUTA<br />

Un saluto a tutte le delegate e i delegati.<br />

Vorrei parlare dei giovani, perché da diversi anni si è manifestata<br />

una ripresa dell’interesse per la storia delle vicende del Paese e della<br />

voglia di partecipazione. Dobbiamo riuscire a offrire loro dei punti di<br />

aggregazione, una prospettiva e una speranza, rivolta a tante energie<br />

latenti da non mandare disperse. Questo è un impegno che vale per tutti<br />

noi, per tutti i presenti, dell’ANPI e non solo. La domanda che dobbiamo<br />

porci per fornire una risposta a questi ragazzi, peraltro molto esigenti,<br />

è se quello che noi desiderammo all’indomani della guerra è<br />

stato realizzato. Se scorriamo le pagine delle Lettere dei condannati a<br />

morte della Resistenza oppure i programmi dei partiti di allora o, ancora,<br />

gli atti dell’Assemblea Costituente, potremmo dire che si chiedevano<br />

principalmente libertà, uguaglianza, democrazia. Un insieme di<br />

valori e di princìpi che si possono riassumere nella triade dignità-legalità-diritti.<br />

Questa volontà è stata resa concreta?<br />

Cercherò di spiegare come, secondo me, essa non è stata realizzata.<br />

Non per occasionale difetto, non per corruzioni marginali, non per cattiva<br />

volontà di questo o di quello. Non è stata realizzata perché si è edificato<br />

un sistema alternativo a quello che si era immaginato. E come<br />

negli anni della Resistenza si è combattuto contro un sistema – possiamo<br />

anche dire regime, usando la parola nei termini asettici di “regimen”,<br />

nel senso di modo di reggimento di una società – così, oggi,<br />

abbiamo a che fare con un sistema in cui le mancate realizzazioni sono<br />

semplicemente la prova dell’esistenza di questo sistema. Vi chiedo di<br />

dedicare un po’ della vostra attenzione a questo punto che, secondo me,<br />

ha molta importanza per cercare di comprendere la condizione in cui ci<br />

stiamo muovendo. Il nostro compito non è indignarci su questo o quel<br />

punto, il nostro compito è prendere posizione contro un sistema di<br />

potere che ha molto poco a che vedere con quanto avevano immaginato<br />

gli uomini della Resistenza.<br />

“C’è la libertà?”, “c’è uguaglianza?”, “c’è la democrazia?”, “c’è<br />

legalità?”. Certo, non c’è più quel regime là, né i manganelli, né la dittatura.<br />

Ciò nondimeno, il sistema di potere che si è realizzato – senza<br />

quelle forme esteriori e gli strumenti espliciti di quel regime – registra<br />

anch’esso una perdita di uguaglianza, democrazia e legalità. Che non è,<br />

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ripeto, il prodotto di sporadiche deviazioni. Bensì, la risultante di un<br />

sistema.<br />

Prima di tentare di descrivere questo sistema, volevo ricordare ai<br />

presenti – essendone tra i responsabili dell’organizzazione – una serie<br />

di incontri, discussioni, iniziative che si terranno, qui a Torino, dal 13<br />

al 18 aprile prossimi, per parlare della qualità della nostra democrazia.<br />

Il tema principale di questo evento, che abbiamo battezzato col titolo<br />

“Biennale democrazia”, sarà “Potere di tutti, di tanti o di pochi?”. E in<br />

questo interrogativo abbiamo voluto essere prudenti, senza spingerci<br />

fino all’estremo opposto alla democrazia: il potere di uno. Al polo<br />

opposto del concetto “tutti”, c’è l’“uno”, e non si può proprio più parlare<br />

di democrazia.<br />

Passiamo al sistema. Si discute da qualche anno in Italia dell’esistenza<br />

di un regime “castale”. Un libro famoso descrive, in modo giornalistico,<br />

la situazione del nostro Paese: La casta. Questo termine, solitamente,<br />

è utilizzato in un accezione molto generica in quanto, credo,<br />

nessuno intende fare preciso riferimento alle reali trasformazioni oligarchiche<br />

della nostra democrazia. La democrazia è un regime fragilissimo<br />

poiché può alimentare essa stessa, al suo interno, deviazioni e corruzioni.<br />

Senza che le sue regole formali, la scorza, vengano alterate<br />

minimamente.<br />

Una delle deviazioni principali è, appunto, la trasformazione del<br />

regime dei “tanti” o dei “tutti”. È una legge naturale di tutti i sistemi<br />

di governo dei grandi numeri – quale è la democrazia – che al loro<br />

interno si sviluppino delle forme oligarchiche, delle tendenze oligarchiche<br />

che conducono alla espropriazione del potere dei tanti o dei<br />

tutti, a favore dei “pochi”. Riferendosi alla casta si allude a qualcosa<br />

di simile, ma credo che l’immagine della casta non renda perfettamente<br />

l’idea, non spieghi ciò che effettivamente avviene da noi. La<br />

casta dà l’impressione di una società strutturata per piani sovrapposti:<br />

chi sta sopra e chi sta sotto, i bramini e i paria. In Italia, le cose non<br />

stanno così.<br />

Per rendere l’immagine più corrispondente alla realtà voglio utilizzare<br />

un’espressione semplice ma, secondo me, efficace: il “giro”, il<br />

giro di potere. La casta dà idea di una stratificazione orizzontale, il giro,<br />

invece, di un movimento dal basso all’alto e dall’alto al basso.<br />

Qualcosa di trascinante, un giro di potere che può portare su, oppure<br />

giù. Cosa intendo dire? Esattamente quello che pensiamo quando –<br />

credo sia capitato a tutti – vediamo qualcuno dai meriti sconosciuti o<br />

incerti (o anche dai demeriti molto certi) che, improvvisamente, assur-<br />

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SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

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SEDUTA<br />

ge a una carica importante. A quel punto, ci poniamo la solita domanda:<br />

“A quale giro appartiene?”. Ecco, è questo il significato dell’espressione<br />

“giro”.<br />

Una delle grandi divisioni della nostra società è forse proprio questa:<br />

la differenza tra chi ha un giro e chi non ce l’ha, tra gli inclusi e gli<br />

esclusi dal sistema di potere. È un solco profondo, determinato da carriere,<br />

status personali, invidie, risentimenti che avvelenano i rapporti e<br />

corrompono i legami sociali. Finché la struttura originaria esiste, però,<br />

questi elementi sono essenziali al sistema. Nei giri, infatti, si scambiano<br />

protezione e favori con fedeltà e servizi. Un’attività di scambio<br />

necessita di una materia per lo scambio. Occorrono risorse per distribuire,<br />

come favori, alcuni benefici. Gli esempi non mancano: denaro<br />

facile, impieghi, promozioni di carriera, immunità, privilegi. Anche<br />

posti nelle istituzioni, ovviamente. Questo è il campo di coloro che possono<br />

dare.<br />

Dall’altra parte occorre offrire qualcosa in restituzione: è un sistema<br />

dello scambio. Dal singolo voto – il voto di scambio, appunto – alla<br />

organizzazione e gestione di centinaia o migliaia di voti, controllati per<br />

ragioni di corporazione, di corruzione e perfino di criminalità; dalla<br />

disponibilità a corrispondere al favore ricevuto con controprestazioni<br />

personali o per interposta persona. Persino, oggi, controprestazioni di<br />

natura sessuale. Magari anche una volta, ma oggi ostentatamente, come<br />

fosse la regola, la norma. Come se costituisse il nostro etos comune.<br />

In realtà questo asettico giro – ho utilizzato la parola giro, appunto,<br />

nel senso meno connotato, come pura descrizione di un fatto fisico, di<br />

qualcosa che gira – è una cloaca. E il materiale che trasporta è quello<br />

infetto che vi ho appena detto. Lo Stato è trasformato in un bottino su<br />

cui mettere le mani, per dare e per avere. Quale forza muove i giri, in<br />

questo meccanismo che offre protezione e favori in cambio di fedeltà?<br />

Poiché protezione e favori stanno in alto, mentre fedeltà e servizi resi<br />

si trovano in basso, nella struttura sociale si annidano sopraffazione e<br />

violenza. Dietro le apparenze di allegre bande che fanno comunella,<br />

della combutta innocente, sta il ricatto. Il ricatto è il cemento di questi<br />

giri: il ricatto degli uni verso gli altri. Si entra in un giro solo se si è<br />

ricattabili.<br />

Un giornalista di cui non faccio il nome (da pochi giorni conduce<br />

una rubrica su RaiUno), con la lucidità e il cinismo che lo contraddistinguono,<br />

ha coniato addirittura un modo di dire: “In Italia non si fa<br />

carriera se non si è ricattabili”. Nel nostro Paese – in questa Italia che<br />

sto cercando di descrivere – non si progredisce se non si è in grado di<br />

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assicurare fedeltà e scambiare prestazioni. Ognuno vede nell’altro che<br />

fa parte del sistema solo risorse da sfruttare. Tutti i giri di potere sono<br />

sempre un crogiolo di rivalità, anche feroci. Sono fatti di gradini, cioè<br />

di concorrenti, che si cerca di pestare per arrivare più in alto. Sul gradino<br />

più alto troviamo solo arroganza, su quello più basso solo servilismo.<br />

Nei gradi intermedi si è arroganti con i sottoposti e servili con i<br />

sovraposti. Mano a mano che si sale o si scende in questa scala, il rapporto<br />

tra arroganza e servilismo muta. E in questo rapporto gli esseri<br />

umani perdono la loro dignità. In una logica puramente commerciale,<br />

tutti vi sono valutati secondo il proprio prezzo: il prezzo per comperare<br />

e il prezzo per essere comperati. In questa Italia, è il Paese stesso che<br />

va in svendita.<br />

Padroni e servi, a tutti i livelli del giro, sono legati da patti fra complici.<br />

La fedeltà a questi patti è alimentata e garantita da favori o minacce,<br />

blandizie, intimidazioni e ricatti. Quando nello scambio entrano<br />

organizzazioni criminali non è esclusa nemmeno la violenza. Non<br />

pochi delitti politici avvenuti nel nostro Paese si possono spiegare proprio<br />

con la rottura di questo genere di patti. Mentre preparavo questo<br />

intervento ripensavo al romanzo Todo modo di Leonardo Sciascia, dal<br />

quale fu tratto anche un film. Si tratta di un testo che andrebbe riletto<br />

attentamente per comprendere meglio queste dinamiche.<br />

Dove si alimenta la forza che muove questo sistema, questa aggregazione<br />

di potere? Nella disuguaglianza e nell’illegalità. I giri tanto più<br />

si diffondono e si allargano, quanto maggiori sono le disuguaglianze<br />

sociali e quanto meno le stesse leggi valgono per tutti. Perché si chiede<br />

protezione? Perché se ne ha bisogno socialmente, perché si è in una<br />

società di disuguali. Tanta più insicurezza e ingiustizia sociale, tanta<br />

più richiesta di protezione e patronato. Tanto più patronato, tante più<br />

violazioni della legge, che in astratto sarebbe uguale per tutti. È chiaro<br />

perché il patronato è di per sé illegale. Se si osservassero rigorosamente<br />

leggi generali astratte, non ci sarebbe nessun modo di favorire coloro<br />

che danno la loro fedeltà. Saremmo in uno Stato di diritto. Piccola<br />

cosa!<br />

La democrazia, in mancanza di legalità e uguaglianza, si riduce a<br />

una dissimulazione di sistemi di poteri gerarchici, basati sullo scambio<br />

ineguale di favori tra potenti e impotenti. Su un’illegalità generalizzata,<br />

su privilegi de facto o de iure, di fatto o di diritto, a favore di chi<br />

appartiene alle oligarchie. La conseguenza disastrosa, per quel che<br />

riguarda l’etica pubblica, è che i diritti e la richiesta di diritti da parte<br />

dei cittadini si mutano in favori, pretese di favori, richieste di doni. Il<br />

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dono, questa parola così bella, quando entra nello scambio politico si<br />

inverte totalmente di segno. Alludendo a una società servile fondata, da<br />

un lato, su chi ha potere di fare doni gratuiti, e dall’altro su chi ha bisogno<br />

di favori e doni anche per risolvere situazioni minime della propria<br />

esistenza.<br />

Questa struttura del potere mai come oggi è stata estesa, capillare,<br />

onnipervasiva. Se solo per un istante potessimo sollevare il velo e avere<br />

una veduta d’insieme resteremmo probabilmente sbalorditi di fronte<br />

alla realtà nascosta dietro alla rappresentazione della democrazia.<br />

Catene verticali di potere, quasi sempre invisibili e talora segrete, legano<br />

tra loro uomini della politica, delle burocrazie, della magistratura,<br />

delle professioni, dell’economia, della finanza, persino delle gerarchie<br />

ecclesiastiche e, aggiungo – affinché non sembri che non parlo anche<br />

del mio stesso ambiente – dell’università, della cultura, dello spettacolo,<br />

dell’innumerevole pletora di Enti, Consigli, Centri, Fondazioni che<br />

secondo i propri princìpi dovrebbero essere reciprocamente indipendenti<br />

e, invece, vengono attratti negli stessi mulinelli del potere che<br />

corrompono ruoli, competenze, responsabilità. La strutturazione gerarchica<br />

dei rapporti sociali fondati sul privilegio si basa su un meccanismo<br />

psicologico perverso e diffusivo che corrompe gli spiriti inducendoli<br />

a innaturali alleanze. Il privilegio, anche il più piccolo, finisce nel<br />

rispecchiarsi e riconoscersi nel privilegio, anche il più grande. Questo<br />

veleno della psicologia collettiva contribuisce fortemente a “fare sistema”:<br />

chi ottiene anche il più piccolo privilegio entra a far parte del<br />

grande sistema dei privilegi.<br />

Primo Levi nel libro I sommersi e i salvati, riflettendo sulla struttura<br />

sociale e di potere dell’umanità racchiusa nel lager, dove tutti i caratteri<br />

si mostrano in modo estremo e quindi cristallino, ha osservato –<br />

naturalmente è un’osservazione questa che può essere generalizzata –<br />

che “i penultimi”, vale a dire coloro che godevano anche solo del più<br />

infimo dei privilegi, che li distingueva dagli “ultimi”, erano al tempo<br />

stesso costretti ma anche indotti a collaborare con la scala gerarchica<br />

che li opprimeva, con i vertici del sistema, identificandosi con esso. Era<br />

la difesa di quel poco che li innalzava al di sopra del nulla la causa di<br />

questa perversione. Non la guerra tra i poveri, ma la guerra dei poveri<br />

contro i più poveri. Ancora peggio.<br />

Questa osservazione, naturalmente, può essere generalizzata, ma è<br />

inevitabile che la democrazia si trasformi in qualcosa di analogo a questo?<br />

Qualcuno direbbe di sì: si tratta della ferrea legge delle oligarchie,<br />

studiata dalla sociologia. E, a mio modo di vedere, in Italia l’oligarchia<br />

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che si lega all’illegalità, al mancato rispetto dell’uguaglianza di fronte<br />

alla legge, ha le caratteristiche che ho cercato di descrivere. Dunque è<br />

una tendenza endemica. Ma non c’è proprio nulla da fare? Se è così,<br />

dichiariamoci vinti. E, in effetti, secondo alcuni anche per la democrazia<br />

varrebbe la legge del ciclo vitale. Come per la nostra esistenza e per<br />

tutte le cose di questo mondo: nascono, crescono, si consumano e finiscono.<br />

Naturalmente, la morte della democrazia ci metterebbe in grave<br />

allarme. Abbiamo poco da scherzare sulla fine della democrazia, ormai<br />

è diventata quasi una banalità: tutti scrivono sulla crisi della democrazia.<br />

Si parla di post-democrazia, si parla di democratura, neologismo<br />

che indica una cosa orrenda. Chi si occupa di questi temi, gioca un po’<br />

troppo con questi concetti, quasi come se fosse ovvio, normale, che<br />

ormai non si sia più in democrazia. In questa legge teorizzata si è affermato<br />

che la democrazia dura tre generazioni, 50-60 anni. Facciamo un<br />

po’ di conti: la prima generazione la conquista e la costruisce; la seconda<br />

la rafforza, la estende, la fa crescere; la terza se ne avvale, se ne<br />

serve, la sfrutta, la corrompe dal suo interno.<br />

Noi siamo di fronte a quest’ultima sfida, c’è l’esigenza di difendere<br />

la democrazia. Non nella sua esteriorità, domandandoci se siamo o no<br />

in un regime non democratico. Perché esteriormente non lo siamo, le<br />

forme democratiche sono mantenute. Però, questo meccanismo che ho<br />

cercato di descrivere sinteticamente con l’immagine del giro ci dice che<br />

questo sistema vive nell’illegalità e di illegalità, in quanto il rispetto<br />

rigoroso della legge impedirebbe la distribuzione di favori sulla base di<br />

criteri personalistici. Non si entrerebbe nella Pubblica Amministrazione<br />

per raccomandazione, una violazione della legge, vi si accederebbe per<br />

aver sostenuto e superato un concorso che corrisponde alle esigenze<br />

legali. Questa, naturalmente, è solo una delle tante illegalità che osserviamo<br />

nelle istituzioni. Ripeto, si tratta di un sistema.<br />

Qualche settimana fa, in una riunione di un’associazione politica,<br />

ha preso la parola Maurizio Pollini, grande musicista e onore del nostro<br />

Paese. Con l’innocenza di chi passa le sue giornate tra Bach e Chopin<br />

ha detto: “Ma, sono allibito, sono tutti inquisiti!”. Prendere atto con<br />

sdegno del fatto che i politici sono quasi tutti inquisiti non è una considerazione<br />

qualunquistica. Noi che ci occupiamo di politica più spesso<br />

non siamo stupefatti, solo perché siamo abituati.<br />

Si tratta di una deviazione? No. È l’applicazione di un sistema basato<br />

su ricatti relativi degli uni verso gli altri, nel quale si può ricattare<br />

colui che ha il potere di metterti in quella tale posizione. È la fisiologia<br />

di un sistema degenerato. Degenerato, ma fisiologico. La democrazia<br />

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presuppone uguaglianza, una tendenziale uguaglianza. Il sistema dei<br />

giri, invece, si basa sulle disuguaglianze e le coltiva. Ha bisogno di produrre<br />

persone disposte a vendere fedeltà in cambio di protezione.<br />

La libertà vo’ cercando: siamo in un sistema libero? Certo, libero<br />

nel senso che nessuno conculca la nostra libertà usando il manganello.<br />

Però il sistema del giro funziona solo in presenza di qualcuno disposto<br />

a offrire la propria libertà, trasformandola in fedeltà. Un sistema che<br />

alimenta servilismo, non propriamente la virtù su cui vive una vera e<br />

propria democrazia.<br />

Dobbiamo tenere ben presente che non abbiamo di fronte piccole<br />

battaglie su questo o quel punto. Abbiamo davanti a noi un vero un<br />

sistema di potere. Per quanto non si possa non vedere l’estensione del<br />

fenomeno, il sistema per fortuna non assorbe ancora tutto. Nelle numerose<br />

categorie di soggetti che ho elencato – la politica, l’amministrazione,<br />

l’università, eccetera – non tutti si prestano alla logica dei giri,<br />

soprattutto per motivazioni etiche. Entrare nella logica del giro, infatti,<br />

significa vendere un pezzo della propria dignità. Le virtù personali,<br />

però, solitamente riguardano coloro che se le possono permettere: non<br />

possiamo fare i moralisti e ridurre la questione alle scelte personali.<br />

Non è sufficiente. Se mia figlia avesse bisogno di un esame radiografico<br />

urgentemente e la struttura ospedaliera fissasse l’esame da qui a sei<br />

mesi, nel caso conoscessi il primario mi raccomanderei a lui. Anche<br />

questo, in piccolo, significa entrare nella logica del giro. Intanto, si tratta<br />

di una brutta azione, e poi di un’ingiustizia, perché se la cartella clinica<br />

di mia figlia viene messa in alto qualcun’altro passa in basso. E il<br />

debito di riconoscenza nei confronti di quel primario sarà contratto: se<br />

domani vorrà diventare rettore e chiederà il mio voto, come farò a<br />

dirgli di no?<br />

Ecco un esempio di come può mettersi in moto il meccanismo. Tra<br />

l’altro, questo consente un’osservazione su quanto sia importante il<br />

buon funzionamento della pubblica amministrazione. Tanto più i servizi<br />

sono offerti in ragione del diritto di ciascuno in maniera rapida ed<br />

efficiente, tanto meno c’è bisogno di attivare il sistema appena descritto.<br />

Quindi combattere il sistema dei giri vuol dire anche avere attenzione<br />

alla buona amministrazione.<br />

Per essere virtuosi bisogna poterselo permettere: la democrazia,<br />

estendendo legalità e uguaglianza, realizzerebbe proprio questo. È<br />

famosa una frase di Rousseau: “La democrazia è quel regime in cui<br />

nessuno è cosi debole da doversi vendere al potente e nessuno è così<br />

potente da poter comperare il debole”. Quel regime di benessere, anche<br />

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materiale, che ci consente di comportarci come sentiamo consono alla<br />

nostra dignità di cittadini.<br />

Oltre alle motivazioni etiche personali, ci sono anche delle ragioni<br />

pratiche per cui il meccanismo dei giri non è onnivorace, non ci divora<br />

tutti quanti. Ci sarà sempre chi non può o non riesce ad entrare nei<br />

giri che contano. Le risorse delle quali il sistema deve poter disporre –<br />

posti, finanziamenti, favori da distribuire – non sono illimitate. Per<br />

quanto ogni democrazia oligarchica del tipo esaminato tenda ad estendere<br />

le possibilità di elargire, vi sono limiti di sostenibilità dettati, per<br />

esempio, dalla quantità di risorse, dall’impoverimento della società e<br />

dalla rapacità di chi sta più in alto nella gerarchia che distribuisce ma<br />

molto trattiene per se stesso.<br />

E ancora c’è una ragione di principio: le oligarchie dei giri non<br />

potrebbero esistere se tutti godessero degli stessi privilegi. Questo è<br />

ovvio. La generalizzazione dei privilegi è concettualmente la contraddizione<br />

dell’oligarchia. L’oligarchia, per esistere, ha bisogno di coloro<br />

che ne stanno fuori. L’optimum per questo sistema deviato – e ditemi<br />

se non ci siamo vicini – sarebbe che molti ne stiano fuori, ma con la<br />

speranza di entrarvi, fuori dalle porte a chiedere. Questo significa che<br />

le oligarchie portano nel loro seno la contraddizione che prima o poi<br />

scoppierà. Mettendo gli uni contro gli altri, coloro che sono dentro e<br />

coloro che sono fuori dal sistema dei privilegi.<br />

Chi sono coloro che, dati i tempi che corrono, sono oggi macroscopicamente<br />

fuori dai giri? Le giovani generazioni. Ecco perché esse<br />

sono così importanti: non solo per mantenere viva l’etica democratica,<br />

ma perché rappresentano il serbatoio di energia al quale l’ANPI e le<br />

altre associazioni devono rivolgersi per cambiare il sistema. Sono loro<br />

che non hanno nulla da ricevere da questo sistema ma, al contrario,<br />

hanno molto da aspettarsi dalla politica. Se sarà capace di rigenerarsi,<br />

abbandonando la logica del particolare e cominciando a ragionare in<br />

grande, sui grandi progetti, sulle grandi speranze, sull’avvenire di tutti.<br />

Se c’è una salvezza, viene dai più giovani. È importante che nel documento<br />

fondativo di questo <strong>Congresso</strong> sia rivolta alle giovani generazioni<br />

un’attenzione particolare. Lì, forse, possiamo trovare le energie<br />

utili per loro, ma anche per noi.<br />

Vi ringrazio.<br />

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Sen. Raimondo Ricci<br />

Presidente <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI<br />

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Care compagne, cari compagni, invitati e amici,<br />

affiderò la lettura della relazione al <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong><br />

dell’ANPI a Mattia Stella, giovane collaboratore dell’ex Presidente<br />

della Repubblica, Oscar Luigi Scalfaro. La relazione affronta ampiamente<br />

il tema delle nuove generazioni è mi è parso giusto affidarla a<br />

una persona giovane. Prima di lasciare la parola a Mattia Stella desidero<br />

ricordare, con commozione, un tratto importante della mia esperienza:<br />

la lunga collaborazione con il grande Presidente dell’ANPI, Arrigo<br />

Boldrini, il nostro “Comandante Bulow”.<br />

Restano scolpiti nella mia memoria alcuni momenti indimenticabili<br />

e lo straordinario spessore della sua personalità. “Bulow” è stato il<br />

vero, grande fondatore della nostra Associazione e mancherei a un<br />

dovere del cuore se non ricordassi la passione, la lungimiranza, le capacità<br />

con le quali l’ha poi guidata attraverso le vicende storiche, politiche,<br />

sociali dell’Italia del Novecento. Ora l’ANPI sta diventando sempre<br />

più un’associazione di giovani e, tra non molto, lo sarà totalmente.<br />

Arrigo Boldrini possedeva inoltre una spiccata propensione all’unità.<br />

A partire dalla profonda, fraterna amicizia con Benigno Zaccagnini.<br />

Laico e comunista Boldrini, cattolico e democratico cristiano<br />

Zaccagnini, tuttavia capaci di stabilire un’alleanza per la libertà tra<br />

forze diverse, unite per riconquistare al Paese la dignità perduta. E<br />

soprattutto una nuova prospettiva, poi consacrata dalla trasformazione<br />

dell’Italia da monarchia a repubblica e dall’elaborazione e approvazione<br />

– a larghissima maggioranza – della nostra Carta Costituzionale.<br />

Nel commemorare “Bulow”, vorrei anche far giungere un affettuoso<br />

saluto a Tino Casali, eletto Presidente <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI al 14°<br />

<strong>Congresso</strong> e che non ha potuto continuare il suo mandato per le sue<br />

condizioni di salute.<br />

Noi delle vecchie generazioni cerchiamo ancora di fare il possibile,<br />

finché potremo, ma indubbiamente l’apertura verso i giovani deve<br />

essere l’asse portante della nostra azione. Come ha appena finito di<br />

raccomandarci anche il Prof. Gustavo Zagrebelsky nella sua lectio<br />

magistralis.<br />

La parola, ora, al nostro amico Mattia Stella per la lettura della<br />

Relazione del Presidente <strong>Nazionale</strong>. Buon ascolto e a voi tutti, cari<br />

compagni, i miei saluti più affettuosi.<br />

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Sen. Raimondo Ricci<br />

Presidente <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI<br />

Relazione politica generale<br />

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Care compagne, compagni, amici e invitati,<br />

diamo oggi l’avvio al <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI, la nostra<br />

storica e gloriosa Associazione <strong>Nazionale</strong> dei Partigiani d’Italia. Credo<br />

che in questa occasione tutti noi che ne facciamo parte avvertiamo un<br />

vivo senso di emozione nel prendere in considerazione e nel delineare<br />

il ruolo, le finalità e gli obiettivi che sentiamo il dovere di perseguire<br />

nell’attuale momento storico nell’interesse della nostra collettività<br />

nazionale, della nostra Patria, con quello spirito di collaborazione e di<br />

disinteresse personale che ha sempre caratterizzato – e deve continuare<br />

a caratterizzare – l’impegno dell’ANPI.<br />

Cercherò ora di tracciare un quadro sintetico del nostro presente.<br />

Una deriva autoritaria<br />

La realtà politica che l’Italia sta vivendo è tale da destare la più viva<br />

preoccupazione nell’animo di ciascuno di noi, per le ragioni evidenziate<br />

e sottolineate in numerosi prese di posizione e dibattiti che da qualche<br />

anno ormai abbiamo sviluppato e condiviso. L’attuale attività di<br />

governo si svolge sempre più nel nostro Paese con l’intento, a volte<br />

persino esplicitamente dichiarato, di realizzare assetti di potere assoluto<br />

incuranti delle forme e dei limiti indissolubilmente inerenti ad una<br />

società democratica. Tutto ciò corrisponde ad un progressivo mutamento<br />

di regime che è già stato e continua ad essere vigorosamente<br />

denunciato dai più accreditati esponenti della nostra cultura.<br />

Questa deriva autoritaria si manifesta essenzialmente nell’attacco<br />

alla Costituzione, che viene considerata – addirittura dal premier –<br />

come una remora o un impedimento all’attività di governo. Tanto è<br />

vero che in vari e successivi momenti della nostra vita politica l’aggressione<br />

ad essa si è tramutata in concreta realtà. Ciò è avvenuto pochi<br />

anni fa quando ha avuto luogo il tentativo, attuato in Parlamento, di<br />

manipolare la nostra Carta fondamentale, tentativo provvidenzialmente<br />

sventato dal popolo italiano attraverso il referendum del giugno<br />

2006. Anche oggi è in corso un analogo tentativo attraverso la cosiddetta<br />

riforma della giustizia, definita dai proponenti come “epocale”,<br />

ma destinata in realtà a ledere l’autonomia e l’indipendenza della<br />

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Magistratura, a privarla di indispensabili strumenti di accertamento<br />

giudiziario, a vulnerare il principio dell’obbligatorietà dell’azione<br />

penale e altro ancora destinato in realtà a delegittimare una delle fondamentali<br />

istituzioni di garanzia cui è affidata l'essenza stessa dello<br />

Stato di diritto.<br />

La situazione richiamata già di per sé allarmante è ulteriormente<br />

aggravata dal fatto che essa si verifica in una fase di crisi economica<br />

globale che sta impoverendo l’Italia e in varia misura anche gli altri<br />

Paesi europei, andando a colpire soprattutto i ceti più deboli.<br />

Gli operai e le loro famiglie, i giovani – non solo nel loro presente<br />

ma nelle prospettive del loro futuro – aumentando le fasce di povertà,<br />

soprattutto nel Sud e accrescendo in modo intollerabile il divario tra<br />

poveri e ricchi. Tutto ciò contribuisce a rendere più drammatica la realtà<br />

e meno credibili le rassicurazioni che il governo e il premier veicolano<br />

a piene mani, in modo artefatto e menzognero, al solo scopo di<br />

conservare un consenso oramai fortemente compromesso.<br />

Inoltre nel periodo più recente, in ambito internazionale, si sono<br />

verificati avvenimenti di estrema gravità. La perdita di ogni controllo,<br />

in Giappone, sul funzionamento di importanti centrali nucleari a seguito<br />

dei potenti terremoti che hanno funestato quell’area del mondo. Da<br />

cui è derivata una gravissima contaminazione radioattiva nei confronti<br />

di migliaia, forse centinaia di migliaia, di persone. Gli sforzi per domare<br />

questa drammatica emergenza fino ad oggi sono risultati vani, nonostante<br />

la disciplina e il coraggio con i quali i giapponesi si stanno prodigando<br />

a rischio della vita. Ad essi va la nostra profonda ammirazione<br />

e solidarietà.<br />

Questa terribile emergenza non riguarda soltanto una parte per noi<br />

remota del mondo ma pone, più in generale, problemi epocali di umana<br />

sopravvivenza in tutto il nostro pianeta, problemi legati alla mancanza<br />

di accettabili garanzie di sicurezza nella gestione dei siti nucleari. Si<br />

tratta di questioni cruciali che anche in Italia devono essere affrontate<br />

con quel senso di responsabilità che pone in primo piano la tutela della<br />

vita e rende estremamente importante una netta presa di posizione della<br />

nostra Associazione sulla gestione del referendum volto ad evitare che<br />

in Italia si verifichi un ritorno al nucleare; e si prendano i provvedimenti<br />

necessari, laddove nell’area occidentale le centrali sono già presenti,<br />

per scongiurare il ripetersi di eventi drammatici come quelli a cui<br />

oggi stiamo assistendo.<br />

Va infine rilevato che sulla sponda africana del Mediterraneo stanno<br />

verificandosi movimenti di liberazione contro governi dittatoriali


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rispetto ai quali non si può restare indifferenti. L’Europa e in essa<br />

l’Italia, che è il Paese più esposto ai contraccolpi economici di una<br />

situazione al momento ancora confusa, debbono comunque esprimere<br />

simpatia e sostegno, come è doveroso, nei confronti di coloro che si<br />

stanno battendo per la libertà e i diritti.<br />

Recuperare la nostra Storia<br />

La questione principale che la nostra Associazione deve affrontare<br />

è quella relativa all’individuazione delle strategie, delle iniziative e<br />

degli interventi che l’ANPI deve realizzare al fine di arrestare la deriva<br />

politica verso la quale l’Italia sta andando, ottenendo dalla maggioranza<br />

dei nostri cittadini una sempre maggiore consapevolezza dei<br />

rischi che incombono sul nostro futuro.<br />

Non è sufficiente per conseguire questo risultato una semplice funzione<br />

di testimonianza del nostro passato, ma occorre maturare la consapevolezza<br />

che anche oggi esistono in Italia le forze, le idee, gli esempi<br />

e le capacità di mobilitazione collettiva che possono segnare la strada<br />

di quella riscossa democratica e civile di cui abbiamo sempre più<br />

bisogno.<br />

Ciò è fra l’altro dimostrato dal fatto che in questi giorni, in tutto il<br />

nostro Paese, abbiano avuto luogo e continuino grandi manifestazioni<br />

popolari, non promosse dai partiti politici, per celebrare il 150° anniversario<br />

dell'Unità d’Italia e la nascita della Costituzione repubblicana<br />

del 1948, così richiamando il I e il II Risorgimento italiano.<br />

Vale in tal proposito ricordare come una positiva novità la straordinaria<br />

mobilitazione delle donne che sempre più stanno diventando protagoniste<br />

di umano realismo e dignità.<br />

Troppo spesso i nostri concittadini elettori assistono con indifferenza,<br />

o con un senso di impotenza, al progredire del degrado politico in<br />

atto, rinunciano a ricercare le cause o si fanno condizionare dalla propaganda<br />

mediatica e menzognera che caratterizza i comportamenti del<br />

governo e del suo premier. Noi non ci illudiamo che il ruolo della<br />

nostra Associazione possa da solo risvegliare le coscienze dormienti,<br />

soggiogate o illuse, verso un nuovo impegno attivo democratico e civile.<br />

Siamo convinti che altri enti, associazioni e movimenti possano concorrere<br />

con noi ad una necessaria riscossa nazionale e che le forze e i<br />

partiti politici di opposizione abbiano in questo quadro una funzione<br />

fondamentale e irrinunciabile. Ma siamo anche convinti che l’ANPI,<br />

quale custode dei valori degli ideali e dei princìpi della lotta di<br />

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Liberazione nazionale, possa svolgere un ruolo essenziale ai fini che<br />

sono stati delineati.<br />

La funzione dell’ANPI consiste anzitutto nella rievocazione di<br />

quella Storia di cui noi siamo depositari ed interpreti, forse è meglio<br />

dire in un vero e proprio recupero nella realtà attuale di quella Storia,<br />

che costituisce fondamento ineludibile di ciò che abbiamo voluto chiamare<br />

“la nuova stagione dell’ANPI”.<br />

In sostanza una storia che pur riguardando avvenimenti antichi e<br />

drammatici, è portatrice di libertà e progresso, e ha mantenuto la sua<br />

attualità etica e politica, seppure nelle mutate condizioni di oggi.<br />

A questo proposito leggiamo insieme care compagne e compagni,<br />

un passo dell’articolo 2 del nostro Statuto, che ci accompagna dal 5<br />

aprile 1945 come atto fondativo della nostra Associazione:<br />

“Articolo 2<br />

L’Associazione <strong>Nazionale</strong> Partigiani d’Italia ha lo scopo di:<br />

i) battersi affinché i princìpi informatori della Guerra di<br />

Liberazione divengano elementi essenziali nella formazione<br />

delle giovani generazioni;<br />

l) concorrere alla piena attuazione, nelle leggi e nel costume, della<br />

Costituzione Italiana, frutto della Guerra di Liberazione, in<br />

assoluta fedeltà allo spirito che ne ha dettato gli articoli;”<br />

Credo sia utile a questo punto ricordare quale fu la specificità della<br />

Resistenza italiana rispetto alle forme di resistenza che, nel corso di<br />

quella tragedia epocale che fu la Seconda guerra mondiale, si svilupparono<br />

in altri Paesi soggiogati dall’aggressione nazista. Paesi quali la<br />

Polonia, la Norvegia, l’Olanda, la Francia, la Jugoslavia e da ultima<br />

l’Unione Sovietica nei quali la resistenza costituì il tentativo di continuazione<br />

di una guerra provvisoriamente perduta, con l’intento di ricostituire<br />

un’identità nazionale omogenea a quella antecedente l’invasione<br />

nazista. La vicenda italiana fu del tutto diversa.<br />

Per quattro dei sei anni circa in cui durò la Seconda guerra mondiale,<br />

l’Italia fu alleata del nazismo, anche alla luce di uno stretto rapporto<br />

di amicizia che legava Hitler e Mussolini, sigillato dal cosiddetto<br />

“Patto d’acciaio”.<br />

Soltanto dopo la caduta di Mussolini il 25 luglio 1943 e<br />

l’Armistizio dell’8 settembre successivo, il legittimo governo italiano<br />

(che al tempo era governo monarchico) mutò profondamente la propria<br />

strategia bellica e politica, schierandosi al fianco degli Alleati anglo-


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americani che erano riusciti a sbarcare in Sicilia e nell’estremo sud. In<br />

risposta a questa iniziativa le armate tedesche che erano affluite in<br />

Italia, con l’estrema brutalità di una guerra totale, occuparono la maggior<br />

parte della nostra penisola. Favorirono inoltre, per espressa volontà<br />

del Fuhrer la nascita di un nuovo fascismo repubblicano destinato ad<br />

affiancare le forze germaniche.<br />

È stato in questa vicenda convulsa e drammatica che è nata, a far<br />

data dall’8 settembre 1943, la Resistenza italiana. Vedendo insieme<br />

forze democratiche e antifasciste battersi per circa due anni, con grandi<br />

sacrifici di sofferenza e di sangue, per conseguire la Liberazione dall’occupante<br />

nazista e contemporaneamente per mutare l’identità della<br />

nostra Patria, da quella di una nazione oppressa dal totalitarismo nazifascista,<br />

a una nuova identità democratica.<br />

La Resistenza italiana fu dunque lotta di Liberazione e insieme lotta<br />

antifascista condotta sotto la guida di forze politiche di origine e natura<br />

diversa, che riuscirono a trovare in questa scelta antifascista, realizzata<br />

attraverso i Comitati di Liberazione <strong>Nazionale</strong>, il terreno comune<br />

di una forte determinazione e unione popolare. Gli esiti di questa intesa,<br />

dei grandi ed eroici sacrifici che ne furono il prezzo, appartengono<br />

ad una fase cruciale, emblematica e positiva, della storia d’Italia. Fase<br />

che ancora oggi non può che rappresentare motivo di orgoglio e di<br />

fedeltà per il popolo italiano.<br />

Se è vero che la Liberazione fu essenzialmente, sotto il profilo militare,<br />

opera degli Alleati, sia pure con l’appoggio e l’aiuto efficace della<br />

nostra Resistenza, gli esiti del conflitto di allora per il nostro assetto<br />

politico e democratico furono merito e prerogativa della nostra collettività<br />

nazionale. Il mutamento della forma istituzionale dello stato da<br />

Monarchia a Repubblica, ottenuto con il referendum del giugno 1946 e<br />

l’elaborazione e approvazione, a larghissima maggioranza, della<br />

Costituzione furono esclusivo merito del popolo italiano.<br />

Attraverso lo straordinario valore delle scelte costituzionali che<br />

videro l’intesa tra partiti e culture diverse – dai socialisti agli azionisti,<br />

dai comunisti ai democratici cristiani e persino ai monarchici badogliani<br />

– che fecero della nostra Costituzione un momento fondativo e<br />

lungimirante di una nuova identità nazionale.<br />

Fu certamente l’esperienza dell’immane tragedia rappresentata<br />

dalla Seconda guerra mondiale, il ricordo angosciante dello sterminio<br />

di milioni di esseri umani, delle città distrutte dai bombardamenti, dei<br />

fiumi di sangue versato, della comune esperienza dei vagoni piombati<br />

della deportazione politica e razziale che solcavano l’Europa, a guida-<br />

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re la volontà e le menti dei Costituenti nella loro grande opera.<br />

Fu questo il comune sentire che imponeva di aprire la strada ad un<br />

futuro diverso per il nostro Paese, il nostro continente e il mondo intero:<br />

così è nata la Costituzione Repubblicana.<br />

Essa è stata un positivo e condiviso traguardo in cui sono state<br />

rispecchiate le esigenze fondamentali della vita umana: Libertà,<br />

Giustizia, Dignità, Solidarietà, Uguaglianza, Progresso.<br />

È muovendo da queste considerazioni generali che, sono convinto,<br />

la nostra Associazione potrà trovare la forza e la capacità di dare un<br />

importante e positivo contributo per il recupero e l’attualizzazione<br />

della nostra Storia. Un contributo fortemente evocativo e mobilitante,<br />

che riteniamo indispensabile e tuttavia troppo poco presente nel linguaggio<br />

politico delle forze di opposizione all’attuale deriva.<br />

Forze che devono trovare le condivisioni e le intese capaci di ricreare<br />

le condizioni fondamentali affinché la normale dialettica politica<br />

possa ricostituirsi su basi nuove nell'ambito delle forme e dei limiti<br />

della nostra Costituzione.<br />

Inoltre molti congressi della nostra Associazione si sono interrogati<br />

sulla ripresa in tutta Europa di movimenti ed organizzazioni neonaziste.<br />

In Italia ci sono due aspetti specifici sui quali vogliamo essere<br />

netti. Il primo riguarda il ripetersi di violenze e aggressioni in particolare<br />

contro donne, omosessuali, circoli giovanili e associazioni: atti che<br />

ripugnano alla coscienza. Il secondo è che con gruppi e persone apertamente<br />

fasciste si creino alleanze ed intese politiche per i governi locali.<br />

Ci deve essere, come nei Paesi più democratici d’Europa, una barriera<br />

civile ed etica. Siamo convinti che la destra italiana debba liberarsi<br />

del tutto della sua componente fascista. Si tratta di un problema<br />

ancora aperto, sono tuttavia fondamentali passi avanti in questa direzione<br />

che vanno riconosciuti.<br />

Anziani e giovani uniti nell’ANPI<br />

Allo scopo di realizzare gli obiettivi fissati dal secondo articolo del<br />

nostro Statuto che muovendo dalla nostra fondazione, avvenuta quando<br />

ancora la guerra era in corso, si proiettava nel futuro verso un nuovo<br />

assetto democratico, l’ANPI ha chiamato le giovani generazioni all’impegno<br />

politico. Questo impegno si è manifestato attivamente ad esempio<br />

contro i rigurgiti del fascismo, il revisionismo storico, le azioni criminose<br />

del neo fascismo e poi delle brigate rosse, i tentativi di colpi di<br />

stato, le deviazioni della loggia massonica P2. Occorreva impedire che


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SECONDA<br />

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fosse dispersa l’eredità preziosa del 25 Aprile, si trattò di un impegno<br />

che ha visto una grande partecipazione del nostro popolo, nonostante i<br />

condizionamenti negativi derivanti dalla “guerra fredda”.<br />

Con il passare del tempo è divenuto sempre più chiaro che questo<br />

grande obiettivo di tutela democratica non poteva essere affidato soltanto<br />

a coloro che avevano direttamente partecipato alla lotta armata<br />

per la Liberazione nazionale. Fu così che cinque anni fa, nell’ambito<br />

del 14° <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> della nostra Associazione, sono state<br />

aperte le porte alla partecipazione diretta dei giovani, degli antifascisti,<br />

alla loro militanza nel nostro sodalizio associativo.<br />

Ricordiamo insieme il testo di questa integrazione dello Statuto di<br />

cui ho avuto l’onore di occuparmi personalmente:<br />

“Articolo 23<br />

Possono altresì essere ammessi come soci con diritto al voto, qualora<br />

ne facciano domanda scritta, coloro che, condividendo il patrimonio<br />

ideale, i valori e le finalità dell’A.N.P.I., intendono contribuire,<br />

in qualità di antifascisti, ai sensi dell’art. 2, lettera b), del presente<br />

Statuto, con il proprio impegno concreto alla realizzazione e alla continuità<br />

nel tempo degli scopi associativi, con il fine di conservare,<br />

tutelare e diffondere la conoscenza delle vicende e dei valori che la<br />

Resistenza, con la lotta e con l’impegno civile e democratico, ha<br />

consegnato alle nuove generazioni, come elemento fondante della<br />

Repubblica, della Costituzione e della Unione Europea e come patrimonio<br />

essenziale della memoria del Paese.”<br />

Da questa lettura siamo in grado di cogliere fino in fondo la coerenza,<br />

la continuità, l’esigenza di condivisione e di comune sentire, il valore<br />

etico e democratico del ruolo dell’ANPI che non può essere affidato<br />

a una sola generazione ma necessariamente assume il valore di una<br />

scelta duratura nel tempo, una scelta che per realizzare i suoi obiettivi<br />

esige il colloquio, l’intesa, il rispetto e l’amore fra generazioni diverse.<br />

È del tutto evidente che quando la nostra Associazione, fra cinque<br />

anni, terrà il proprio prossimo congresso, gli eredi della Resistenza<br />

saranno del tutto scomparsi o comunque non in grado di contribuire<br />

alla concreta direzione della nostra Associazione. Si tratta di una legge<br />

inderogabile, relativa alla vita umana, che non possiamo ignorare.<br />

Muterà quindi profondamente la composizione dell’ANPI ed è necessario<br />

che fin da questo momento noi poniamo in essere le attività e le<br />

iniziative che ci permettano di realizzare quella strategia della memo-<br />

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ria che consenta alle nuove generazioni di valorizzare e attuare gli ideali,<br />

i princìpi, i valori, le esperienze, gli insegnamenti che della nostra<br />

storia sono l’asse portante.<br />

Ideali che debbono, per tradursi in realtà, valersi delle capacità,<br />

delle nuove conoscenze, delle energie delle giovani generazioni, nelle<br />

cui mani risiede buona parte del presente, e risiederà totalmente il<br />

futuro.<br />

Care compagne e compagni dobbiamo essere pienamente coscienti<br />

che sono le idee e non possono essere le persone a proiettarsi nel futuro<br />

e a sopravvivere, con questa visione dobbiamo essere coerenti. Si<br />

tratta di un grandissimo obiettivo che noi dobbiamo sentire come una<br />

positiva missione.<br />

Infine spingendo lo sguardo oltre il <strong>Congresso</strong> ritengo sia opportuno<br />

e utile proporre la nomina di un numero ristretto (da cinque a otto)<br />

vice presidenti della nostra Associazione cui spetti il compito di collaborare<br />

con il Presidente e la Segreteria per la gestione ordinaria<br />

dell’Associazione e per la preparazione delle riunioni del Comitato<br />

<strong>Nazionale</strong> (unico organo deliberante ai sensi del nostro Statuto). Ai singoli<br />

componenti di questo che chiamerei “Consiglio di Presidenza”<br />

potrà essere delegato l’approfondimento di singoli aspetti, tematiche<br />

e/o iniziative che l’ANPI dovrà attuare. Ritengo in sostanza che questa<br />

proposta potrà contribuire a un maggiore coinvolgimento e funzionalità<br />

operativa dell’intera nostra Associazione.<br />

Chiudo quindi questa mia relazione con un saluto fraterno e un forte<br />

augurio di buon lavoro a tutti voi, compagne e compagni.


SECONDA SEDUTA<br />

Centro Congressi<br />

“Torino Incontra”<br />

venerdì 25 marzo 2011<br />

ore 9.30<br />

Presiede i lavori: Eletta Bertani


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COMMISSIONE POLITICA (23 componenti, approvata con 1 astensione)<br />

Carlo Smuraglia (Coordinatore, ANPI Milano), Fulvia Alidori<br />

(Firenze), Giovanni Battafarano (Taranto), Franco Busetto (Veneto),<br />

Vincenzo Calò (Roma), Catia Cerulli (Ogliastra), Saverio Ferrari<br />

(Ferrara), Enzo Fimiani (Pescara), Carlo Ghezzi (Milano),<br />

Giovanna Stanka Hrovatin (Trieste), Umberto Lorenzoni (Treviso),<br />

Gabriella Manelli (Parma), Diego Novelli (Torino), Antonio<br />

Pizzinato (Milano), Alessandro Pollio Salimbeni (Milano),<br />

Nazareno Re (Ancona), Massimo Rendina (Roma), Emilio Ricci<br />

(Roma), Roberto Rossi (Alessandria), Silvano Sarti (Firenze),<br />

Sandro Schmid (Trento), Bruno Solaroli (Bologna), Bruna Tabarri<br />

(Ravenna).<br />

COMMISSIONE ELETTORALE (23 componenti, approvata con 5 astensioni)<br />

Lino Michelini (Coordinatore, ANPI Bologna), Ivano Artioli<br />

(Ravenna), Marcello Basso (Venezia), Bianca Braccitorsi (Roma),<br />

Anna Capponi (Grosseto), Fulvio Cerofolini (Genova), Piero Cossu<br />

(Sassari), Fabrizio De Sanctis (Roma), Marisa Ferro (<strong>Nazionale</strong>),<br />

Alessandro Frignoli (Reggio Emilia), Luciano Guerzoni<br />

(<strong>Nazionale</strong>), Luigi Marino (Napoli), Tullio Montagna (Pavia), Ezio<br />

Montalenti (Torino), Carla Nespolo (Alessandria), Marisa Ombra<br />

(Roma), Aude Pacchioni (Modena), Paolo Papotti (Parma), Ennio<br />

Saccenti (Prato), Mauro Socini(Firenze), Nora Radice (Milano),<br />

Floriana Rizzetto (Padova), Ottavio Terranova (Palermo).<br />

COMMISSIONE REGOLAMENTO E STATUTO (16 componenti,<br />

approvata all’unanimità)<br />

Manfredo Manfredi (Coordinatore, ANPI Imperia), Vania Bagni<br />

(Firenze), Marco Fenaroli (Brescia), Giorgio Fin (Vicenza),<br />

Alessandro Fundone (Potenza), Filippo Giuffrida (Belgio), Chiara<br />

Gribaudo (Cuneo), Vito Antonio Leuzzi (Bari), Loris Maconi<br />

(Monza), Giuseppe Milazzo (Catania), Ernesto Nassi (Roma),<br />

Francesco Pranteddu (Cagliari), Ornella Ravaglia (Bergamo),<br />

Daniele Susini (Rimini), Carlo Sarpieri (Forlì), Mario Vallone<br />

(Catanzaro).


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Tullio Levi<br />

Presidenza Comunità Ebraica di Torino<br />

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Presidente e componenti della Presidenza, amiche e amici, compagne<br />

e compagni, sono particolarmente lieto di portare il saluto della<br />

Comunità Ebraica di Torino a questo <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> nazionale<br />

dell’ANPI.<br />

Non può essere dimenticato l’aiuto che tanti partigiani e partigiane<br />

hanno fornito agli ebrei durante la persecuzione. Al tempo stesso, non<br />

può essere dimenticata la partecipazione di tanti ebrei, in particolare<br />

piemontesi, all’antifascismo e alla Liberazione e, successivamente,<br />

grazie a Primo Levi, il contributo reso alla comprensione e alla conoscenza<br />

nel mondo della Shoah in tutta la sua dimensione.<br />

Vorrei sottolineare che appartenevano all’ebraismo piemontese<br />

alcuni dei Padri fondatori della nostra Repubblica: Leone Ginzburg,<br />

Vittorio Foa, Carlo Levi e Umberto Terracini, chiamato a presiedere<br />

l’Assemblea Costituente. Gli ebrei piemontesi che hanno partecipato<br />

alla lotta partigiana sono stati più di 300, molti con ruoli di grande rilievo.<br />

E altissimo è stato il contributo di sangue pagato. Voglio ricordare<br />

l’emblematica figura di Emanuele Artom, al quale è dedicata la scuola<br />

media ebraica di Torino, barbaramente trucidato nelle Carceri Nuove,<br />

che proprio dalla sua formazione ebraica trasse ispirazione per il suo<br />

impegno nella lotta partigiana.<br />

Le battaglie e gli ideali comuni hanno prolungato ed esteso fino ai<br />

giorni presenti e, ne sono certo, anche per il futuro, la stretta collaborazione<br />

tra la Comunità Ebraica di Torino e le organizzazioni partigiane,<br />

l’ANPI in primis. Una collaborazione che ha costituito la premessa<br />

per le tante battaglie vissute nel corso degli anni. Combattiamo ancora<br />

oggi, in nome dell’antifascismo, in difesa della democrazia, della legalità,<br />

dei diritti delle minoranze, delle istituzioni.<br />

È con questo spirito e in nome di questa vicinanza che formulo a<br />

tutti voi congressisti i più fervidi auguri di buon lavoro.<br />

Gabriella Manelli<br />

ANPI Parma - In ricordo di Laura Polizzi “Mirka”<br />

Abbiamo da poco perso la Partigiana Laura Polizzi, la nostra<br />

“Mirka”, che fu vicepresidente nazionale dell’Associazione e a lungo<br />

coordinatrice delle Donne dell’ANPI. Il libro di Mirka non è ancora<br />

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stato scritto: è la sua vita, la sua testimonianza, lo slancio che ci ha trasmesso,<br />

la voglia di continuare quel che ha iniziato lei.<br />

Fin dal 1978, nel trentennale della Costituzione, aveva costituito a<br />

Parma col Prof. Occhiocupo, docente di diritto Costituzionale nella<br />

nostra università, il Comitato “Scuola e Costituzione”. Poi, da responsabile<br />

delle donne dell’ANPI, nel 1988 (40° anniversario), promuove a<br />

Milano il convegno nazionale “Lettura al femminile della<br />

Costituzione”. Insomma si può dire in qualche modo che la nostra<br />

Carta fu il filo conduttore su cui Mirka dipanò la sua Resistenza dopo<br />

la Liberazione. Fu la sua Resistenza e la sua passione espressa con altri<br />

mezzi. Soprattutto in due direzioni: la scuola e i giovani, le donne.<br />

In apertura di quel convegno del 1988 fu detto che “un legame di<br />

dipendenza diretto dalla Resistenza” va individuato nel “fatto che uno<br />

degli aspetti più innovativi della nostra Costituzione era quello che<br />

riguardava la condizione femminile”. Perché le donne della Resistenza<br />

– e in prima linea Mirka come dirigente dei Gruppi di Difesa della<br />

Donna – “si sono battute non solo ma anche per la loro liberazione femminile”.<br />

Ecco quale era la loro battaglia. Mirka raccontava che durante la<br />

Resistenza, quando per farlo si rischiava la vita, le donne celebravano<br />

l’8 marzo. L’8 marzo del ’45 le donne della Resistenza di Parma portarono<br />

al cimitero un fiore sulle tombe senza nome di Partigiani vittime<br />

della violenza fascista. E in un’epoca – consola dirlo soprattutto in quest’ora<br />

buia – in cui le donne non avevano ancora conquistato il diritto<br />

di voto, noi avemmo la prima donna ministro nella Repubblica<br />

Partigiana dell’Ossola: Gisella Floreanini; e non Tina Anselmi (che lo<br />

fu nel 1976), come si ritiene. Insomma, la partecipazione delle donne<br />

alla Resistenza fu la prima grande esperienza di emancipazione di<br />

massa del nostro Paese. Così il diritto di voto, come diceva sempre<br />

Mirka, fu conquistato dalle donne, non concesso.<br />

Il carattere assolutamente paritario della nostra Costituzione (Artt.<br />

3, 4, 37, 48, 51…) ha permesso alle donne italiane di continuare sulla<br />

strada di quella rivoluzione di cui parla Piero Calamandrei: «La<br />

Costituzione è non l’epilogo di una rivoluzione già fatta, ma il preludio,<br />

l’introduzione, di una rivoluzione, nel senso giuridico e legalitario,<br />

ancora da fare». La Carta infatti gettò le basi per quella che fu definita<br />

l’unica rivoluzione, pacifica, del ’900: quella delle donne.<br />

Vorrei ricordare la grande modernità, la grande attualità di quel convegno.<br />

Forse perché, come disse Mirka «il cambiamento dell’Italia (…)<br />

ha bisogno delle donne (…). Cinquant’anni fa la nuova Italia ha comin-


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ciato a camminare con le donne. Oggi la nuova Italia può camminare<br />

solo se sostenuta dalla loro forza e dalla loro determinazione».<br />

Le Costituenti erano consapevoli – lo dice Nadia Spano – di essere<br />

partite da un punto «molto basso (…). L’incapacità giuridica delle<br />

donne era codificata dalla legge e confermata dal costume». Solo un<br />

esempio, fra i tanti: l’adulterio era punibile solo per la donna e non per<br />

l’uomo.<br />

Le donne costituenti, le Madri della Repubblica, hanno spinto lo<br />

sguardo fin dove potevano. Non si sono limitate ad affermare i diritti<br />

delle donne, ma hanno posto problemi generali che hanno influenzato<br />

tutta la stesura della Carta, come la possibilità per le donne di essere<br />

giudici (gli uomini la negavano perché dicevano che le donne sono<br />

troppo emotive), fino ad arrivare all’Art. 11 della Costituzione (“La<br />

Repubblica ripudia la guerra”).<br />

Poi, su quella scia, trovando nella Costituzione sempre un punto di<br />

riferimento e mai un ostacolo, formarono quel movimento di donne che<br />

ha scosso negli anni successivi profondamente il Paese.<br />

«Certo oggi la parità non ci basta più» – ha testimoniato a quel convegno<br />

Giglia Tedesco – ma quest’idea della parità «fu contrastata dalla<br />

stessa Costituente, tant’è vero che ne risente l’Art. 29, quello relativo<br />

alla famiglia, segno che non è un’idea così… tranquilla». E ricordava<br />

ancora Giglia Tedesco: «Abbiamo avuto e abbiamo un altro obiettivo<br />

più difficile e ambizioso: portare il punto di vista delle donne sulle questioni<br />

generali della nostra società». Ecco, appare già lì,<br />

nell’Assemblea Costituente, e viene rivendicato, lo sguardo delle<br />

donne.<br />

E poi la scuola. Per Mirka, che da ragazza non aveva potuto completarla<br />

(perché, se andava bene, continuavano a studiare solo i maschi)<br />

ebbe un duplice significato: elaborando questa forma di discriminazione<br />

patita come donna, col suo grande amore per la cultura, Mirka la<br />

visse sempre come la conquista di un diritto, per le donne e per tutti. E<br />

poi sarà per tutta la vita il luogo in cui incontrare i giovani, illustrare<br />

loro la Costituzione, il suo modo di guardare avanti, di essere proiettata<br />

verso il futuro. Così lei, e come lei tanti, in particolare tante donne,<br />

intendeva le organizzazioni della Resistenza.<br />

L’intraprendenza e la determinazione con cui affronta la Resistenza<br />

trovano la loro naturale continuità nella passione per il presente che l’animò<br />

tutta la vita, passione e impegno per il futuro, cioè per la democrazia,<br />

per la Costituzione. La scuola fu dunque per lei il punto d’incontro<br />

fra la discriminazione patita come donna col suo bisogno di cul-<br />

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tura, esperienza che la portò ad affermare sempre il valore della cultura,<br />

e il mondo dei giovani via via protagonisti, dal ’68, delle stagioni<br />

della nostra storia.<br />

Noi vorremmo, oggi, continuare nella direzione della “nuova stagione”<br />

la “rivoluzione” di Mirka a partire dal suo libro non scritto ma<br />

che possiamo assumere come il libro della Costituzione.<br />

Ecco, in questo momento di grande sofferenza, di angoscia, come<br />

già denunciava il documento nazionale per il <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong>, “La<br />

Nuova Stagione”, ci ha costretto ad una maturazione veloce ma ha<br />

anche visto l’ingresso non solo di nuove leve ma di tante nuove idee.<br />

Questa Nuova Stagione non è più solo un annuncio, ma una nuova consapevolezza,<br />

un modo diverso dell’ANPI di atteggiarsi verso la società,<br />

un modo di accogliere nuove culture, di dialogare con esse, di assumere<br />

i problemi delle nuove oppressioni e dei nuovi fascismi quali si<br />

configurano anche molto diversamente oggi, per essere pienamente la<br />

casa di tutti gli antifascisti e – aggiungerei anche – la coscienza critica<br />

degli italiani, per il motivo semplicissimo che l’ANPI non rifiuta il<br />

pensiero critico. Memoria come pratica del quotidiano significa includere<br />

nuove prospettive, nuovi sguardi: scuola, anche come risposta alla<br />

crisi, perché è lì che matura la coscienza critica, per scelte consapevoli,<br />

per la ricerca verso vie alternative. Poi ci sono le donne con il loro<br />

nuovo sguardo. E c’è la necessità di guardare verso fonti energetiche<br />

alternative, perché non potremo continuare per sempre ad utilizzare<br />

energie esauribili o pericolose. Infatti è successo l’impensabile, lo ha<br />

detto il Commissario dell’ONU su quello che è accaduto in Giappone.<br />

E ci sono le migrazioni, con i problemi di guerre, di accoglienza e di<br />

solidarietà che ci pongono.<br />

Dovremo avere la certezza che aveva Mirka che un giorno avremmo<br />

vinto. Diceva: «Avevamo anche la certezza che avremmo occupato<br />

posti di responsabilità». Ecco, dobbiamo ritrovare queste certezze,<br />

questa stessa fede nella vittoria.<br />

Giorgio Bouchard<br />

già moderatore della Chiesa Valdese<br />

Buongiorno e buon <strong>Congresso</strong> a tutti,<br />

rappresento la Chiesa Valdese nel Comitato della Regione Piemonte<br />

per la difesa dei valori della Resistenza e per la promozione dei valori<br />

della Costituzione. Nessuno si offenda, ma la seconda parte degli obiet-


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tivi di questo Comitato è più urgente della prima; i vecchi partigiani si<br />

difendono da soli benissimo e questo congresso lo dimostra.<br />

Ero un ragazzo durante la Resistenza – ho potuto solo tradurre in<br />

tedesco dei bigliettini di intimazione di resa, nulla di più – ma la<br />

Resistenza mi è rimasta nel cuore. Quando guido a visitare le nostre<br />

valli le persone che abbracciano la fede valdese – non vi stupite, non fa<br />

peccato! – racconto 800 anni di storia. Poi a tutti mostro le liste dei<br />

nostri Caduti, più lunghe per la Resistenza che per la Prima guerra<br />

mondiale. Abbiamo avuto Medaglie d’Oro, abbiamo combattuto al<br />

fianco degli ebrei, abbiamo dato loro rifugio quando erano perseguitati.<br />

E ci riteniamo impegnati anche oggi.<br />

Mi accorgo, dal vostro <strong>Congresso</strong> e da mille altri particolari, che<br />

l’ANPI è in pieno rilancio, e me ne rallegro. Mia moglie si è iscritta,<br />

poi ha “obbligato” anche me. È giusto. Non c’è alcun dubbio: l’Italia<br />

attraversa una delle peggiori fasi della sua storia. Un momento vergognoso,<br />

in cui c’è qualcuno che ci insegna anche come far figli, come<br />

morire, ma sulle condizioni del nostro Paese non dice nulla.<br />

È cominciata la “nuova” Resistenza e certamente l’ANPI troverà –<br />

anzi, ha già trovato – un posto efficace in questa lotta. Avrete più compagni<br />

di strada di quanti non pensiate in questo momento.<br />

Angelica Gatti<br />

Rete <strong>Nazionale</strong> Studenti Medi<br />

Buongiorno a tutti, compagni,<br />

vi parlo in rappresentanza della Rete degli Studenti Medi, un sindacato<br />

e un’associazione studentesca, composta dagli studenti e per gli<br />

studenti, per promuovere all’interno delle scuole i diritti che sentiamo<br />

profondamente sotto attacco nel nostro Paese.<br />

Sono qui per portare un saluto e un “in bocca al lupo” per questo<br />

<strong>Congresso</strong> che si annuncia molto importante. Leggendo i vostri documenti<br />

ho compreso, infatti, che si tratterà di un congresso forte, col<br />

quale l’ANPI cerca e ritrova uno slancio verso il futuro. Come iscritta<br />

all’ANPI di Massa Carrara, città dove la lotta partigiana per noi giovani<br />

è sempre stata “pane quotidiano”, è un passaggio molto importante.<br />

Come associazione studentesca siamo scesi in piazza il 12 marzo<br />

per la difesa della Costituzione e vorrei parlarvi brevemente del dramma<br />

della nostra generazione, degli studenti e dei giovani in generale.<br />

Quel giorno ho guardato con le lacrime agli occhi tante persone che si<br />

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accalcavano attorno a un banchetto per il testo della nostra Carta<br />

Costituzionale. È stato un momento di orgoglio vedere quella piazza,<br />

gremita di un popolo che sembrava aver perso la strada. L’ANPI, che<br />

ha fatto del Tricolore il suo simbolo, è un punto di riferimento; la sinistra<br />

di questo Paese, invece, ha smarrito l’idea dell’unità nazionale e il<br />

valore simbolico della nostra bandiera.<br />

La Resistenza ha difeso il Tricolore, ha infuso i valori fondanti<br />

nella stesura della nostra Carta, uno dei momenti più alti della nostra<br />

vita civile e sociale. Essa contiene al suo interno le basi per la costruzione<br />

di un sogno. Su quelle fondamenta bisognava edificare una struttura<br />

reale, fornire a quelle idee delle gambe per proseguire il cammino.<br />

Ci stiamo allontanando dal percorso segnato dalla Costituzione, abbiamo<br />

perso la strada, compagni, questo Paese ha perso la sua strada.<br />

L’ANPI, secondo me, può riportarci sulla retta via, rinnovando quei<br />

valori per una generazione come la mia che ha di fronte a sé una prospettiva<br />

buia e triste: la coscienza di un futuro peggiore di quello dei<br />

nostri padri. Noi studenti però ci siamo. Scenderemo in piazza per la<br />

difesa della scuola pubblica come baluardo di coscienza critica e consapevolezza<br />

dei diritti individuali e collettivi. Sono temi che stanno a<br />

cuore anche a voi, come emerge dalla relazione, e credo che la nuova<br />

stagione dell’ANPI inizierà con un trionfo.<br />

Voglio concludere con un appello all’unità: non all’insegna della<br />

mera solidarietà fra le generazioni, ma per una condivisione sostanziale<br />

delle lotte. Noi stiamo provando a resistere, compagni, con le unghie<br />

e con i denti. Abbiamo bisogno di tutti e abbiamo bisogno di voi, per<br />

indicarci il giusto cammino.<br />

Grazie, compagni.<br />

Massimo Rendina<br />

ANPI Roma<br />

In questo <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> dovremo fare delle proposte e l’assemblea,<br />

sovrana, dovrà respingere, approvare o modificare. Ricordiamo sempre<br />

che l’assemblea è sovrana, nulla deve essere precostituito. La delegazione<br />

dell’ANPI di Roma presenterà una delibera contro la guerra da<br />

porre ai voti e a illustrarla sarà il vice presidente di Roma, Ferdinando<br />

Imposimato, presidente onorario della Corte di Cassazione.<br />

L’imperativo assoluto di questo <strong>Congresso</strong> credo sia trasformare<br />

l’Associazione di reduci combattenti in un sodalizio culturale, non più


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tutelato dal ministero della Difesa. L’abbiamo già deciso a Chianciano:<br />

non c’è più bisogno di riaffermare e sottolineare la continuità tra le<br />

generazioni. La questione è, semmai, in quanto tempo vogliamo dare<br />

vita a tale cambiamento, consegnando la responsabilità ai giovani. Se<br />

ciò deve essere immediato, anche qui, oggi, oppure se occorre ancora<br />

tempo per questa successione assolutamente necessaria.<br />

Noi dell’ANPI di Roma abbiamo voluto interpellare, ancora una<br />

volta, tutti gli esponenti principali della politica italiana, dicendo loro:<br />

“Se voi volete che l’ANPI prosegua la sua azione, dobbiamo farlo<br />

insieme, tornando allo spirito originario della guerra di Liberazione,<br />

quando movimenti e partiti diedero vita al CLN”. L’11 marzo si è tenuta<br />

su questo argomento una riunione alla Camera dei Deputati. Bersani,<br />

Veltroni, Franceschini, Diliberto, Ferrero e molti altri hanno risposto:<br />

“Sì, siamo d’accordo, dovete continuare”.<br />

Cosa dobbiamo chiedere, allora, alla direzione dell’ANPI che uscirà<br />

da questo <strong>Congresso</strong>? Che convochi un’assemblea con queste personalità<br />

della politica, della cultura, delle associazioni laiche, cattoliche,<br />

protestanti per un fronte comune di redenzione democratica del<br />

Paese. Non dobbiamo dire noi cosa va fatto, lo dobbiamo fare insieme:<br />

questa è la democrazia. Quando il nostro Presidente della Repubblica,<br />

Giorgio Napolitano, dice ai giovani che va ripreso lo spirito della<br />

Costituente, denuncia un vuoto culturale. Un vuoto, anche da parte<br />

dell’ANPI, sui temi della guerra fredda o di tangentopoli, ad esempio.<br />

Riprendere lo spirito dei Costituenti, questo deve essere il programma<br />

dell’ANPI. Grazie.<br />

Vania Bagni<br />

ANPI Firenze<br />

Presenterò un documento, sintesi del nostro <strong>Congresso</strong> Provinciale,<br />

assemblea molto significativa sotto l’aspetto politico. Ho cercato di<br />

estrapolare i contenuti più significativi e ne darò lettura.<br />

«Su 32 sezioni territoriali, 19 hanno presentato emendamenti, ordini<br />

del giorno o integrazioni al documento nazionale. Tutti approvati,<br />

alcuni all’unanimità, ad esclusione di un Odg e un emendamento. Ciò<br />

evidenzia negli iscritti della provincia di Firenze un forte interesse e<br />

una grande partecipazione alla vita dell’Associazione.<br />

Riteniamo che dal documento nazionale emerga una carenza di analisi<br />

su argomenti da approfondire come la scuola, il lavoro, le donne e<br />

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il rapporto coi movimenti giovanili. Si chiede, quindi, che il <strong>Congresso</strong><br />

<strong>Nazionale</strong> si impegni ad affrontare queste tematiche, integrando il<br />

documento secondo le indicazioni portate in discussione e al voto dal<br />

<strong>Congresso</strong> provinciale di Firenze.<br />

L’apporto dei compagni iscritti all’ANPI dopo l’apertura a quanti<br />

per motivi anagrafici non hanno partecipato alla Resistenza, è stato di<br />

fondamentale importanza per la nostra attività. Svolgiamo il nostro<br />

<strong>Congresso</strong> in un periodo di profonda crisi sociale e morale, dovuto non<br />

solo alla crisi economica e strutturale del sistema, ma anche alla evidente<br />

inadeguatezza delle forze che avrebbero dovuto porre un argine<br />

alla deriva culturale e sociale portata avanti strumentalmente da coloro<br />

che rappresentano gli interessi dei gruppi di potere.<br />

Vogliamo ribadire che l’Associazione non è un partito politico, non<br />

deve sostituirsi ad essi, ma costituire un riferimento per quello che ha<br />

rappresentato, rappresenta e rappresenterà. La guerra di Resistenza e di<br />

Liberazione e la costruzione della nostra democrazia basata sulla<br />

Costituzione – purtroppo mai completamente applicata, ma che rappresenta<br />

la più elevata sintesi dei nostri valori – dovranno muovere<br />

ancora in tanti giovani la forza di ribellarsi a un regime totalitario e<br />

sanguinario.<br />

Ciò vale anche per l’antifascismo come valore fondante di tutte le<br />

aggregazioni politiche che in esso si riconoscono, come opposizione a<br />

tutte le forme di autoritarismo. Unica guida che l’ANPI deve e dovrà<br />

seguire è la Costituzione, da difendere attivamente, continuando a<br />

richiederne sempre l’attuazione, lo studio e la conoscenza, anche attraverso<br />

la consegna di una copia a ogni nuovo iscritto, insieme alla<br />

tessera.<br />

I Partigiani, i resistenti, i costituenti hanno combattuto per i diritti<br />

che in Italia, negli ultimi anni, sono tornati in discussione. La nostra<br />

solidarietà va a tutte le lavoratrici e i lavoratori in cassa integrazione e<br />

a coloro, soprattutto giovani e donne, che non riescono a trovare una<br />

collocazione: dobbiamo fornire un appoggio incondizionato alle loro<br />

battaglie e alle loro lotte.<br />

Nel territorio fiorentino fabbriche come le Officine Galileo o la<br />

Nuovo Pignone, baluardo della Resistenza e della lotta antifascista,<br />

purtroppo sono oggi in cassa integrazione. Si deve ripartire da lì, dando<br />

vita a sezioni dell’ANPI anche nei luoghi di lavoro, grazie ai lavoratori<br />

e agli studenti che combattono per i diritti di tutte e di tutti. L’ANPI<br />

è la casa degli antifascisti, anche come pratica quotidiana del rispetto<br />

dei valori costituzionali.


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Ribadiamo il nostro “No” al razzismo e alla xenofobia. Ogni anno<br />

milioni di donne e uomini, in un mondo in cui si muore di fame, lasciano<br />

i loro Paesi in cerca di una vita migliore dove c’è bisogno di forza<br />

lavoro. Anche in Italia l’immigrazione è una grande questione nazionale,<br />

da affrontare con adeguate politiche strutturali di accoglienza e<br />

integrazione.<br />

Il governo delle destre e della Lega Nord, invece, opera con una<br />

visione di mero ordine pubblico, come nel caso dei respingimenti, che<br />

alimenta esasperazioni e paure, strumentalizzando a fini elettoralistici<br />

il bisogno di sicurezza dei cittadini.<br />

Si tratta di comportamenti che negano il diritto all’uguaglianza formale<br />

e sostanziale garantita a tutti dalla Costituzione, senza distinzioni<br />

di sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche, condizioni personali<br />

e sociali.<br />

L’ANPI si fa promotrice del riconoscimento della cittadinanza italiana<br />

secondo lo ius soli, cioè sulla base della nascita sul territorio italiano,<br />

e chiede per i migranti piena cittadinanza, compreso il diritto al<br />

voto amministrativo.<br />

Ed esprime, inoltre, ferma contrarietà alla presenza dei CIE (Centri<br />

di identificazione ed espulsione) nel nostro Paese: strutture in cui cittadini<br />

stranieri vengono detenuti fino a 6 mesi per mere infrazioni amministrative,<br />

senza aver commesso nessun reato penalmente rilevante,<br />

senza possibilità di agire in propria difesa, senza essere sottoposti al<br />

giudizio di un Tribunale.<br />

L’ANPI, inoltre, chiede che sia finalmente attuata una legislazione<br />

sul diritto d’asilo per tutti coloro che subiscono violenze e persecuzioni<br />

nei Paesi di origine, così come previsto dall’art. 14 della<br />

Dichiarazione universale dei diritti dell’Uomo».<br />

L’opposizione dell’ANPI al razzismo e alla xenofobia è risoluta,<br />

come dimostrato nella grande manifestazione nazionale che<br />

l’Associazione ha promosso e realizzato a Mirano (VE) il 12 dicembre<br />

2009. In questa battaglia politica e culturale, l’ANPI e gli antifascisti<br />

devono essere in campo come essenziali punti di riferimento. L’Italia è<br />

stata un Paese di grande emigrazione e ha conosciuto l’onta delle famigerate<br />

leggi razziali del fascismo e, al contempo, la luminosa lezione<br />

della partecipazione di tanti stranieri alla Resistenza e del contributo<br />

dei militari alleati alla Liberazione del Paese.<br />

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Carla Cantone<br />

Segretario Generale SPI-CGIL<br />

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Penso che stiamo dando tutti molta importanza a questo <strong>Congresso</strong>.<br />

Ieri è stata qui anche la Segretaria Generale della CGIL: dopo tanto<br />

tempo, finalmente una donna!<br />

La mia è una testimonianza sull’importanza dell’ANPI ieri, oggi e<br />

per gli anni a venire. Un ruolo mai superato, come forza straordinaria<br />

di memoria e difesa di valori insostituibili per la democrazia come<br />

libertà, giustizia, uguaglianza. Sono gli stessi ideali sui quali si fonda il<br />

nostro sindacato, la Cgil, e al suo interno anche lo Spi, il sindacato di<br />

milioni di pensionate e pensionati che rappresento.<br />

Ascoltando tante voci che danno sostegno e identità all’ANPI e ne<br />

parlano con gli occhi lucidi, delle persone che si fidano della Cgil e<br />

dello Spi, mi viene da dire che dobbiamo saperle ascoltare senza stancarci<br />

mai perché raccontano il passato e il presente e ci chiedono,<br />

soprattutto, di non abbandonare il futuro. E non è retorica.<br />

Un presente che non conserva memoria del passato e non progetta<br />

il futuro è destinato a un appiattimento che porta al degrado costante<br />

dei valori e della democrazia. Se si assume solo il presente come unico<br />

orizzonte storico, senza gli insegnamenti del passato, il futuro scompare,<br />

ci viene sottratto. Il passato viene declassato a intralcio, reinterpretato<br />

a piacimento quando dà fastidio ai fautori della modernità. Ciò<br />

comporta una pericolosa deriva: il crescere di una generazione di<br />

ragazze e ragazzi non in grado di definire un proprio progetto di vita,<br />

costretti a vivere un eterno, sbiadito presente. E una struggente malinconia<br />

nelle persone anziane, alle quali si ricorda in ogni momento che<br />

il passato è ormai inservibile e che, per il presente, devono soltanto partecipare<br />

ai costi dell’assistenza e della sanità, in cambio di pensioni<br />

sempre più povere e di un welfare caritatevole. Noi dello Spi e della<br />

Cgil combattiamo tutto questo. Gli anziani ormai sono utili solo perché<br />

sono diventati l’ultimo ammortizzatore sociale delle famiglie. Questo è<br />

la cultura moderna di un governo che, invece di agire per il bene del<br />

Paese, pensa solo ai problemi del Presidente del Consiglio. E, per<br />

meglio difenderlo, lancia un attacco inquietante alla Costituzione che<br />

la Cgil e l’ANPI, per prima, sempre difenderanno.<br />

Noi vogliamo una società che ponga al primo posto democrazia,<br />

diritti, uguaglianza. Per fare questo serve un welfare basato sulla giustizia<br />

sociale. E vogliamo la pace, perché le guerre sono fabbriche di


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morte per i civili, donne, bambini. Occorre restituire dignità sociale,<br />

economica e culturale al lavoro, grande obiettivo del presente e del<br />

futuro. Il lavoro deve tornare ad essere per tutti, ma soprattutto per le<br />

donne e per i giovani, fonte di aspettative e aspirazioni, fonte di autonomia,<br />

indipendenza e democrazia. Come giustamente sancisce l’Art.<br />

1 della Costituzione, “L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro”, tra<br />

lavoro e democrazia esiste un rapporto indissolubile che va oltre le contingenze<br />

economiche. Il legame tra welfare, sanità, assistenza e democrazia<br />

significa giustizia sociale e rappresenta la dignità di un Paese, la<br />

dignità delle persone.<br />

È la storia che tiene insieme la memoria e il futuro. La storia dei<br />

150 anni dell’Italia e quella del Novecento, secolo di turbolenze e di<br />

violenze, ma anche di cambiamenti e di conquiste per affermare la<br />

democrazia. Noi e voi, Spi e ANPI, siamo memoria, presente e futuro.<br />

Nessuno ci potrà togliere di mezzo. Nessuno cancellerà la storia della<br />

Resistenza. Nessuno potrà truccare le carte della verità di questo presente<br />

difficile. Nessuno potrà impedirci di difendere il futuro che verrà:<br />

perché, come dice il poeta, “questa maledetta notte dovrà finire” e “le<br />

nostre idee sono come le stelle che nessun temporale potrà mai cancellare”.<br />

Ieri è stata qui Susanna Camusso, il 6 maggio faremo uno sciopero<br />

generale. Si è detto spesso che la Cgil fa scioperi politici. Se questo<br />

significa denunciare, cercando di togliere la sabbia negli occhi di tante<br />

persone (visto che il 50% vota a destra), anche dei lavoratori e dei pensionati;<br />

se significa togliere gli occhiali scuri a chi non vuol vedere,<br />

magari per vigliaccheria – come diceva Gramsci – oppure per paura;<br />

allora è uno sciopero politico e non mi vergogno a dirlo. D’altra parte,<br />

se c’è chi in alcune organizzazioni sindacali dà un sostegno politico al<br />

governo, non si capisce perché la Cgil non può fare uno sciopero politico<br />

per denunciare le nefandezze economiche, sociali, finanziarie contro<br />

i diritti delle persone. Qui a Torino lo sappiamo bene cosa ha fatto<br />

questo Governo!<br />

Qualcuno si chiede perché lo Spi vuole aderire allo sciopero generale,<br />

a favore di chi? L’ho sentito dire più volte anche in Cgil: cosa<br />

volete, anche al nostro interno un po’ di imbecilli ci sono!<br />

Penso piuttosto che tutta la Cgil – tutta – e un grande sindacato<br />

come lo Spi devono tornare nei posti di lavoro. Siamo stati un po’ pigri,<br />

dobbiamo tornarci non solo ai rinnovi contrattuali (una volta ogni tre<br />

anni), bisogna tornarci per parlare di politica, di democrazia, di politiche<br />

sociali. Per parlare delle scelte sbagliate del governo, in piena auto-<br />

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nomia, qualunque governo sia al potere e, a maggior ragione, quando<br />

un governo di destra distrugge welfare e diritti.<br />

Lo sciopero del 6 maggio si poteva anche fare a giugno, non è questo<br />

il problema. A me interessa fare tante assemblee, tanti attivi, andare<br />

a parlare capillarmente con le persone per dire, senza paura, cosa sta<br />

succedendo in questo Paese. L’obiettivo della Cgil, in questa fase, non<br />

deve essere riempire le piazze, organizzare i pullman per la manifestazione,<br />

deve essere quello di cercare di svuotare il più possibile le fabbriche.<br />

È di questo che abbiamo bisogno ed è per questa ragione che<br />

abbiamo fatto bene a indire lo sciopero contro il governo e contro quella<br />

parte di Confindustria che cerca di negare i diritti ai lavoratori – troppo<br />

precari i nostri giovani, e senza diritti anche chi non è precario. Lo<br />

prepareremo bene questo sciopero: è una sfida alta e sono certa che sarà<br />

ben ricompensata. Perché, come Susanna Camusso vi ha certamente<br />

detto, questa sfida la vogliamo vincere.<br />

La Cgil e tutto lo Spi sono con voi, anche per ragioni anagrafiche.<br />

Siamo tutti sulla stessa barca, ma nell’ANPI oggi ci sono tanti giovani<br />

ed è una gran cosa. Li vedo qui, giovani, donne, a comporre proprio<br />

quella continuità di cui abbiamo bisogno. Senza mai dimenticare quello<br />

che è stato fatto. Anche questo è fondamentale.<br />

Auguro buon <strong>Congresso</strong> a tutti, compagni e compagne. Qui si può<br />

ancora dire, “compagni e compagne”!<br />

Sergio Dalmasso<br />

ANPI Cuneo<br />

È motivo di vanto per chi ha diretto l’ANPI in questi anni, a livello<br />

nazionale e locale, la grande crescita dell’Associazione, il fatto che sia<br />

divenuta luogo di discussione comune in una situazione così difficile e<br />

così diversa dall’ultimo <strong>Congresso</strong>, quello del 2006, in cui le prospettive<br />

soprattutto a livello nazionale sembravano completamente differenti.<br />

Motivo di vanto quel 110 su 110 ricordato ieri, tenendo conto che<br />

nel Sud l’ANPI era molto debole o non c’era. Motivi di ovvia preoccupazione<br />

ce ne sono, per la situazione presente a livello nazionale, e<br />

non solo, e per il suo progressivo aggravarsi.<br />

Questioni che credo varrebbe la pena discutere in questo<br />

<strong>Congresso</strong>, di fronte ad alcuni limiti che mi pare di rinvenire nel documento<br />

nazionale, sono la questione della destra, la questione federalismo,<br />

la stessa questione leggi elettorali e Costituzione formale e reale;


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e ancora, se ce ne sarà il tempo, la questione guerra, che non poteva<br />

naturalmente essere presente, ma che mi pare incomba drammaticamente<br />

come già nel 1991, 1999 e 2003.<br />

La destra: soffriamo di un provincialismo grave. A noi pare che la<br />

destra sia preoccupante e pericolosa solo nel nostro Paese. L’Italia ha<br />

creato il fascismo e lo ha esportato nel mondo, ha creato il populismo<br />

berlusconiano, che sembra esportare in varie parti. Non richiamo testi<br />

di parte ma Le Monde diplomatique di due mesi fa: “C’è una estrema<br />

destra che ovunque nell’Europa supera il 10%: Ungheria, Polonia,<br />

Paesi Bassi – lasciamo perdere i Paesi baltici dove si costruiscono<br />

monumenti a chi ha combattuto con Hitler – C’è una destra estrema che<br />

ormai sempre più non ha il muro che la divideva dalla destra conservatrice”.<br />

Uno studioso, Guido Caldiron, parla diversamente di una destra<br />

plurale. Non è più solo motivo di studio, che può essere anche intellettualmente<br />

piacevole, in alcuni casi, ma è motivo politico drammatico<br />

che ci troviamo davanti. “La destra interpreta la paura per la globalizzazione,<br />

il no alla globalizzazione è una battaglia continentale contro la<br />

presenza musulmana che ripropone fenomeni identitari in modo estremamente<br />

preoccupante e riproduce discussioni sulle frontiere, ad est”.<br />

Ripropone miti – la padania – che sono logicamente inesistenti ma che<br />

penetrano invasivamente nella testa di uomini e donne. Richiamo sulla<br />

questione identitaria alcuni atteggiamenti di ministri francesi – di una<br />

destra apparentemente repubblicana e costituzionale – che nelle ultime<br />

settimane, davanti alla crescita della destra estrema, in Francia, hanno<br />

riproposto l’identità nazionale, il pericolo di una invasione islamica,<br />

polemiche contro le preghiere in piazza e altri fenomeni di questo tipo.<br />

“La destra ha una vocazione plurale, gruppi estremistici, partiti antisistema,<br />

una destra classica che si radicalizza, elementi regionalisti”.<br />

Spero che molti abbiano visto il video, drammatico, con cui Borghezio<br />

– sul quale non faccio commenti – invita elementi della “estremissima”<br />

destra francese (con le teste rasate e altro) a non presentarsi come fascisti<br />

ma a rivendicare fenomeni sostanzialmente regionalisti. Ricordo che<br />

a Nizza, nelle ultime elezioni cantonali di domenica scorsa, Nis sa<br />

rebela, il movimento borgheziano locale, ha raccolto il 3% dei voti. E<br />

che in un cantone l’ex sindaco di Nizza, passato al Fronte <strong>Nazionale</strong>,<br />

ha preso il 31%. “Una destra che interpreta drammaticamente la crisi<br />

economica, sociale e il dissenso che nei Paesi avanzati esiste”, non<br />

richiamo il tramonto dell’Occidente che alcuni decenni fa fu lo strumento<br />

molto forte per la destra. “Una destra che presenta volti e linguaggi<br />

nuovi”, ritorna ancora la Francia – senza alcun tipo di francofi-<br />

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lia – e la signora Le Pen che si caratterizza con un linguaggio, uno stile,<br />

un modo di parlare, del tutto diversi rispetto al padre; parla di aborto e<br />

famiglia, di temi che erano inusitati per la destra, poi si richiama all’antimoschea<br />

e all’islamismo.<br />

Sono questioni su cui interrogarsi. Chi fa politica da più di 40 anni,<br />

come nel mio caso, si chiede dove abbiamo sbagliato. Te lo chiedi<br />

quando a scuola i giovani che ti dicono che l’unica opposizione sono<br />

loro. Quando Casa Pound distribuisce volantini in cui parla dell’acqua<br />

pubblica, ti chiedi se le multi utilities create da molte giunte, non solo<br />

di destra, non abbiano pesato negativamente. Quando ti parlano della<br />

casa, ti chiedi se certe cementificazioni dei piani regolatori, di giunte<br />

anche non di destra, non abbiano influito negativamente su questo dato.<br />

Ad alcuni di noi – e a me personalmente – la questione della destra<br />

democratica, nel documento, è sembrata errata.<br />

Questione federalista. Il Federalismo nell’Ottocento andava in direzione<br />

unitaria e progressiva. Non è il caso di citare Cattaneo e altri.<br />

Oggi, secondo me, è il contrario: rischia di produrre effetti di ulteriore<br />

divaricazione in un Paese già fortemente disunito, in cui l’attacco al<br />

contratto nazionale avrà conseguenze drammatiche.<br />

Questione partiti, legge elettorale e politica. Negli ultimi anni<br />

abbiamo assistito a una liquidazione di schemi ritenuti vecchi che però<br />

hanno aperto la strada a leadership, a forme politiche che allontanano i<br />

luoghi in cui si decide e si sceglie dalla partecipazione, che era una<br />

parola d’ordine fondamentale per tutti noi e non solo. Il superamento<br />

della forma partito – quanti errori hanno fatto i partiti, anche quelli di<br />

cui ho fatto parte – produce surrogati organizzativi come comitati elettorali,<br />

tentazioni carismatiche, anche nelle culture maggiormente di<br />

sinistra. La crisi dei partiti, superata la grande età dei partiti di massa –<br />

ieri Zagrebelsky ci parlava di tre fasi e noi siamo drammaticamente alla<br />

fine della terza, se non nella quarta – non ha prodotto assolutamente<br />

trionfi di alternativa di una società civile, pensati da tanti teorici moderni,<br />

post o ultra. Continuo a credere che quando si parla di leggi elettorali,<br />

il ritorno al sistema proporzionale, alla possibilità di votare per i<br />

partiti e non per i nomi – cominciando a toglierli dai simboli di partito<br />

– cioè a una identità programmatica fondamentale, dovrebbe essere un<br />

elemento centrale.<br />

Passando alla Costituzione, dobbiamo quindi verificare se anche su<br />

questo non sia stata cambiata, dal 1993, in forma surrettizia. Vorrei<br />

citare il grande socialista Lelio Basso e non c’è tempo: in quanti suoi<br />

scritti, alcuni sulla Costituzione ripubblicati di recente, era evidenziato


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il fenomeno per cui, già negli Anni 50, esisteva una Costituzione scritta<br />

e una applicata di fatto. L’Art. 1 esiste ancora dopo il referendum<br />

FIAT? L’Art. 41, sotto attacco, esiste ancora con quello che sta succedendo<br />

nella sostanza? E l’Art. 33 sulla scuola “senza oneri per lo<br />

Stato”? Un grande torinese, Galante Garrone, diceva: “Senza, vuole<br />

dire senza”. Ricordiamolo. E l’Art. 11, davanti a quello che sta succedendo<br />

da vent’anni, come si può praticare? So che esiste il secondo<br />

comma, ma come quel “ripudia la guerra” può avere valore? Può essere<br />

sostanzialmente centrale?<br />

La questione della guerra. Riprendere il controllo del mondo arabo,<br />

messo in discussione dalle grandi rivolte popolari, incerte, contraddittorie,<br />

con leadership, senza leadership, è un rischio e un dramma profondo.<br />

Le rivolte del Maghreb contro l’insostenibilità di uno scambio<br />

disuguale rappresentato da regimi autoritari e corrotti, hanno portato<br />

qualche speranza. Vorrei evitare la solita trappola o Saddam o le<br />

bombe, o Gheddafi o le bombe. In confronto all’unanimismo dei primi<br />

giorni, le dichiarazioni di Gino Strada, e della Fiom a seguire, sono<br />

state “una fonte di acqua pura”. Mi auguro che nel documento finale il<br />

No alla guerra – non solo “stop alle bombe”, ma a questa forma di<br />

intervento militare di cui siamo complici – possa essere presente, perché<br />

credo che sia perfettamente coerente con la storia dell’ANPI. Come<br />

lo furono per altre generazioni la Corea e per la mia il Vietnam.<br />

L’elemento determinante per il quale credo di essere diventato comunista<br />

quando avevo 18 anni. E di continuare, modestamente, con tutti i<br />

limiti e tutti i drammi che ci sono stati, ad esserlo oggi.<br />

Alessandra Scaini<br />

ANPI Brescia<br />

Vengo dalla provincia di Brescia, in particolare da Palazzolo<br />

sull’Oglio, e faccio parte della sezione giovanile. Vorrei parlare brevemente<br />

della nostra esperienza, però mi riesce un po’ difficile spiegarla<br />

perché, da quanto ho sentito e riesco a capire, è abbastanza unica. Nel<br />

senso che il gruppo giovanile lavora in maniera autonoma e separata<br />

dagli altri membri dell’ANPI con i quali poi, ovviamente, ci consultiamo.<br />

Volevo soffermarmi a riflettere sul fatto che il nostro gruppo è indipendente.<br />

I ragazzi sono nell’ANPI per sostenerla, partecipano attivamente<br />

alle iniziative che organizziamo. Siamo noi che le portiamo avanti. Il<br />

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mio gruppo funziona da parecchi anni, da quando c’è stata l’apertura:<br />

siamo 41 ragazzi, tanti per un paese di provincia e ne siamo orgogliosi.<br />

Col tempo siamo riusciti a gestire anche una cassa autonoma, con<br />

iniziative di autofinanziamento come la vendita di magliette e vino<br />

(recentemente abbiamo lanciato la bottiglia “Garibaldi” per il 150°). Si<br />

tratta di piccole iniziative che però richiedono impegno, e ci aiuta il<br />

fatto di essere ben assortiti (chimici, grafici…) e tutti molto giovani. Il<br />

più piccolo ha 16 anni, il più grande 29. Autofinanziarci ci riempie di<br />

orgoglio: ci sono persone che offrono cifre, qualche volta anche alte,<br />

spontaneamente, perché credono in quello che facciamo sul nostro territorio,<br />

tra Brescia e Bergamo, il baluardo della Lega e del PDL.<br />

Credete, è abbastanza difficile lavorarci.<br />

Per quanto riguarda il <strong>Congresso</strong>, condivido quanto ha detto<br />

Massimo Rendina: spero vengano delle proposte e che gli interventi<br />

non siano solo per il gusto di parlare alla platea, leggere il discorso o<br />

perché si è Presidenti di una sezione. Sono in tanti a voler dire qualcosa<br />

e portare un contributo al dibattito e al confronto. Se tutti dicono le<br />

stesse cose, il confronto perde di senso.<br />

Vorrei anche proporre di inserire una quota giovanile quando si<br />

organizzano convegni o congressi. Capisco che è già difficile rispettare<br />

le “quote rosa”, e lo sarebbe ancora di più sulle “quote giovani”, però<br />

ci si può lavorare per riuscirci. Un’ultima comunicazione pratica: stiamo<br />

cercando di organizzare tutti i giovani iscritti all’ANPI, perciò<br />

prego le persone presenti in sala di fornirmi indirizzi, mail e riferimenti<br />

dei loro ragazzi per poter entrare in contatto. Grazie.<br />

Mario Vallone<br />

ANPI Catanzaro<br />

Pur nella modestia dei nostri numeri e della breve esperienza di<br />

sezione del sud, pensiamo sia utile far conoscere al <strong>Congresso</strong> la storia<br />

dell’ANPI di Catanzaro. Se in un contesto nazionale, di storie consolidate,<br />

con grandi numeri di iscritti, possiamo apparire marginali, così<br />

non è nella realtà in cui operiamo. La magistrale lezione del Prof.<br />

Zagrebelsky ben si adatta alle condizioni del sud, dove però, oltre a<br />

quello delle caste e dei soliti giri, bisogna aggiungere il peso opprimente<br />

delle mafie, della ’ndrangheta, della criminalità organizzata in<br />

genere, che ha reso il tessuto sociale debole, sfibrato, pronto e disponibile<br />

a qualsiasi compromesso.


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Vi fornisco un dato: all’inaugurazione dell’anno giudiziario il<br />

Procuratore Giuseppe Pignatone ha parlato di una società calabrese<br />

dove buona parte della popolazione, se non è proprio collusa, convive<br />

tranquillamente con la presenza della ’ndrangheta. Operiamo quindi in<br />

un’area dove – per dirlo con le parole di una nota antropologa – la cultura<br />

del clientelismo è giunta a configurarsi come una socializzazione<br />

di massa alla pratica dell’illegalità. So perfettamente che non tutto è<br />

così, che non tutto è perduto e che tali fenomeni degenerativi da tempo<br />

non riguardano più solo il sud ma si possono rintracciare in tutto il<br />

Paese. Non per questo ci possiamo permettere di abbassare la guardia.<br />

Accade che la politica, oggi, in buona parte, è fatta solo da chi se lo<br />

può permettere. Dalle nostre parti tanti giovani vivono una forma di<br />

sudditanza verso il ceto politico, in attesa di qualche cooptazione che<br />

prima o poi per qualcuno potrebbe arrivare. In questo contesto difficile,<br />

nel luglio 2010, si è costituita formalmente l’ANPI di Catanzaro.<br />

Per essere una piccola realtà – sebbene riconosciuta e apprezzata dalla<br />

cittadinanza e dalle forze politiche, sociali e sindacali – abbiamo messo<br />

in campo decine di iniziative con la partecipazione di tanti giovani e<br />

giovanissimi (in qualche caso accompagnati dai genitori!). Oggi che la<br />

partecipazione alle strutture politiche tradizionali è in forte crisi l’ANPI<br />

costituisce un punto di riferimento, anche per richieste che spesso<br />

vanno ben oltre i nostri compiti e le nostre possibilità.<br />

Si percepisce il rischio di considerare l’ANPI il luogo dove si risolvono<br />

i fallimenti della sinistra, una sorta di camera di compensazione<br />

per frustrazioni accumulate altrove. Lo ripeto in ogni occasione utile,<br />

non siamo e non saremo mai una sorta di centro di recupero per intossicati<br />

della politica e insoddisfatti dei partiti. Vogliamo essere una<br />

comunità di donne e uomini liberi, di ogni età, che non intendono indietreggiare<br />

di un solo millimetro nella difesa della Costituzione, della<br />

legalità, della moralità, dell’etica. E per questo non servono nuove<br />

leggi. Proprio qualche giorno fa, in occasione della Giornata nazionale<br />

in ricordo delle vittime di tutte le mafie, organizzata da Libera, don<br />

Luigi Ciotti ha ribadito in maniera forte e determinata che la migliore<br />

legge antimafia c’è già: è la nostra Costituzione, da difendere e in tante<br />

parti ancora da attuare. Non c’è bisogno di nessuna nuova legge antimafia<br />

per risolvere i problemi del sud. Discutere di cambiare la nostra<br />

Costituzione significa prestare il fianco a ipotetiche leggi “epocali”,<br />

piuttosto conosciute con il nome di leggi “porcate” sulla giustizia.<br />

Vogliamo essere un’ANPI che non si limita a contemplare il passato<br />

o a rimpiangere i bei tempi andati. Occorre una precisazione. Nella<br />

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nostra regione e nelle nostre città, non ci sono state grandi vicende,<br />

forse nessun fatto significativo, della lotta di Liberazione. Però è utile<br />

ricordare centinaia di calabresi hanno combattuto e sono morti nella<br />

Resistenza al centro-nord. Comandanti partigiani come Vito Doria,<br />

Aldo Barbaro, Vinicio Cortese e tantissimi altri. A questi combattenti si<br />

deve portare il massimo rispetto, com’è dovuto. A quelli morti e a quelli<br />

ancora in vita, perché è grazie a loro se oggi siamo qui a celebrare<br />

questo <strong>Congresso</strong>. Ma la memoria e i valori della Resistenza e della<br />

lotta di Liberazione devono essere attualizzati, per le resistenze che<br />

dobbiamo combattere oggi, prima fra tutte quella contro tutte le mafie.<br />

Abbiamo un compito molto particolare come ANPI del sud. Non<br />

vogliamo si avverino le preoccupazioni del grande scrittore calabrese<br />

Corrado Alvaro, quando diceva e scriveva che la cosa peggiore che può<br />

impossessarsi di una società è l’idea che vivere onestamente sia inutile.<br />

L’ANPI di Catanzaro vuole battersi per arrestare questo degrado.<br />

Faremo la nostra parte, anche con la nostra breve esperienza. Grazie.<br />

Sigfrido Cescut<br />

ANPI Pordenone<br />

Carissime compagne, cari compagni, Presidente Ricci, compagni<br />

della Presidenza.<br />

Non sarà soltanto la sostituzione del diritto con il favore, così ben<br />

illustrata dall’esimio professore Gustavo Zagrebelsky, a minare la<br />

nostra democrazia. Dovranno distruggere l’indipendenza della magistratura.<br />

Lo faranno, forse non subito, attaccando le norme sull’obbligatorietà<br />

dell’azione penale dei giudici, che ci rende tutti uguali di<br />

fronte alla legge. Forse non punteranno direttamente a cambiare la<br />

Costituzione, ma lo faranno separando le carriere dei giudici e sottoponendo<br />

il Pubblico Ministero al controllo e alla direzione del Ministro di<br />

Grazia e Giustizia, e quindi, in questo momento, di Berlusconi. Ma per<br />

stravolgere la Costituzione, rendendola inefficace, per svuotarla dei<br />

suoi valori, non basterà neanche questo: l’obiettivo – in atto già da ora<br />

– è più subdolo, più raffinato, è la cancellazione della “Memoria”, della<br />

nostra memoria della storia e della lotta di Liberazione dal nazifascismo,<br />

della nostra memoria di antifascisti e democratici. Lo strumento<br />

che stanno usando è il revisionismo storico.<br />

Dove i revisionisti porteranno il loro attacco, principalmente? Dove<br />

loro ritengono che sia più vantaggioso portarlo: nella nostra situazione,


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sul confine orientale. Perché? Perché lì trovano il paravento di una mal<br />

riposta italianità. Come si fa a cancellare la storia? Si estrapola un<br />

avvenimento singolo, e lo si decontestualizza. I revisionisti si aggrappano<br />

alla ricorrenza del 10 febbraio, Giorno del Ricordo. Per loro, per<br />

i revisionisti e i neofascisti, non c’è stato un prima, non c’è stato un<br />

durante. Non c’è stata un’occupazione italiana delle terre jugoslave<br />

dalla fine della Prima guerra mondiale e successivamente, con l’invasione<br />

della Jugoslavia nel 1941 e la creazione delle province di Lubiana<br />

e Spalato. In una parola: non c’è stato il fascismo. Per i revisionisti storici<br />

esistono solo i momenti dell’esodo e delle foibe. Questi due avvenimenti,<br />

estrapolati dalla storia, diventano solo un fatto antislavo, in<br />

una regione dove il razzismo contro la Jugoslavia ha posto radici ben<br />

prima delle famigerate leggi fasciste del ’38 contro gli ebrei. Anche di<br />

questo dobbiamo tenere conto.<br />

Questo è ciò che si propongono di fare. Ma qual è il nostro ruolo?<br />

Il nostro ruolo è di riferirsi alla storia, portare le cose nell’ambito della<br />

verità, far conoscere le vicende del confine orientale. Perché se non<br />

saranno conosciute passerà il magma del nazionalismo. E i nazionalismi<br />

sono stati la base di tutte le disgrazie, non solo nostre, ma dell’intera<br />

Europa e del mondo.<br />

I nomi dei campi di concentramento creati dai fascisti italiani per le<br />

popolazioni slave sono scarsamente conosciuti. Ne abbiamo parlato<br />

durante i Consigli nazionali dell’ANPI. Arbe, Gonars e Visco, Monigo<br />

di Treviso, Chiesanuova, Colfiorito, Renicci d’Anghiari, Cairo<br />

Montenotte, Le Fraschette di Alatri, Ustica sono luoghi che devono far<br />

parte della coscienza collettiva e il 10 febbraio dobbiamo onorarli, perché<br />

in quei luoghi abbiamo le Sezioni ANPI e dobbiamo ricordare quello<br />

che è successo. Ci fu da parte italiana una deportazione indiscriminata,<br />

dal 1941, della popolazione jugoslava. Nelle famiglie dove si<br />

sospettava fosse un partigiano, tutti i componenti venivano deportati ad<br />

Arbe (con mortalità superiore a Buchenwald), a Gonars, a Monigo di<br />

Treviso, a Renicci d’Anghiari, a Chiesanuova, in tutta la costa dalmata.<br />

Ogni isola, potenzialmente, era un campo di concentramento. Anche<br />

Buccari, Porto Re, Melada e Zlarino, Prevlaka e Mamula. Questi nomi<br />

non fanno ancora parte della nostra storia. Purtroppo si tende ad ignorarli,<br />

più che mai nelle scuole, più che mai nelle istituzioni. Come fare<br />

per trovare queste tracce? Ragioniamo assieme.<br />

Tutti noi viviamo in località dove ci sono e c’erano le carceri durante<br />

la Resistenza. Abbiamo la possibilità di entrare in quelle carceri e<br />

consultare i libri matricola di quel periodo, di prima e durante la<br />

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Resistenza. Si può fare domanda al Giudice di Sorveglianza della<br />

Procura che inoltra la richiesta al direttore del carcere. Se il direttore<br />

del carcere è una persona decente, riuscirete a visionare il libro matricola,<br />

se non è una persona democratica, non ce la farete; ma si deve<br />

tentare.<br />

Ecco cosa si trova nei libri matricola dei penitenziari. La piccola<br />

prigione di Pordenone è passata da una carcerazione media di 300-320<br />

detenuti, negli anni normali, ai 3.000 durante la Resistenza, tra la primavera<br />

’44 e la primavera ’45. Quindi esiste la documentazione, ufficiale,<br />

di tutti i rastrellamenti, delle deportazioni, delle fucilazioni.<br />

Penso che dappertutto si possano ricostruire tali notizie. Finito questo<br />

lavoro certosino – che può durare anche anni, dipende dalla vastità del<br />

libro matricola, ma possiamo farcela – io non ero ancora soddisfatto e<br />

sono andato indietro… E lì ho trovato la sorpresa. Proprio fra il 1941 e<br />

il ’42, quando la carcerazione media era ancora di 300 persone l’anno,<br />

ben 111 detenuti, a Pordenone, erano sloveni, jugoslavi (69 uomini e 42<br />

donne). Provenienti da dove? Dalla libertà? Catturati? No. Provenivano<br />

dalle carceri di Fiume, Capodistria, Gorizia, Udine che scoppiavano<br />

per i rastrellamenti fatti dagli italiani nelle province occupate militarmente<br />

di Lubiana e Spalato. E quando le principali carceri jugoslave o<br />

sul confine orientale non ce la facevano più a contenere detenuti, allora<br />

li mandavano nei penitenziari di passaggio, nelle “retrovie”.<br />

Nel carcere secondario di Pordenone sono rare le liberazioni per<br />

fine pena. E anche dopo il 25 luglio, dopo la caduta del fascismo e<br />

durante il mese di agosto del ’44, fino alla rotta dell’8 settembre, la<br />

gente slava, anche sotto il governo Badoglio, veniva lasciata in prigione<br />

o prelevata per essere tradotta, da Pordenone, nei campi di concentramento<br />

delle Fraschette di Alatri (le donne) e a Ustica (gli uomini).<br />

Queste sono le tracce trovate.<br />

Successivamente, dopo l’8 settembre 1943, il Friuli e la Venezia<br />

Giulia non erano più territorio italiano, sottoposto alla Repubblica di<br />

Salò, ma facevano parte dell’Adriatisches Kustenland ”Litorale<br />

Adriatico-Provincia del Terzo Reich”, governata dal gauleiter Rainer. E<br />

la prima cosa che hanno fatto i nazisti è stata di chiamare a Trieste<br />

Odilo Globocnik, il boia dei campi di sterminio di Lublino, Sobibor e<br />

Treblinka, per costruire quello di San Sabba. Quanti degli jugoslavi<br />

transitati per i lager italiani e anche per il carcere di Pordenone, prigionieri<br />

nelle carceri slave e nei campi della costa dalmata, sono stati poi<br />

sterminati alla Risiera di San Sabba a Trieste?<br />

Siamo certi che prima dell’entrata in funzione di San Sabba, nel


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campo di concentramento per civili slavi a Gonars, le morti ammontavano<br />

a 630 persone (dati ricostruiti grazie alle ricerche della professoressa<br />

Alessandra Kersevan) ed erano in continuo aumento. Ma non sappiamo<br />

quanti, fra i prigionieri sopravvissuti, tutti civili (uomini, donne<br />

e bambini), sono poi stati trasferiti dalla prigionia italiana a quella nazista<br />

del campo di San Sabba e lì uccisi o inviati ad Auschwitz, Dachau,<br />

Flossenburg, Bergen-Belsen.<br />

Faccio allora questo pressante appello: chiedo di utilizzare testimonianze<br />

e fonti, di aprire i libri matricola delle carceri; di celebrare il<br />

Giorno del Ricordo per le tantissime vittime jugoslave dei campi di<br />

concentramento, prima italiani, poi nazisti. Presenterò alla<br />

Commissione Politica, a nome delle ANPI del Friuli-Venezia Giulia, un<br />

ordine del giorno per chiedere di stampare un documento particolare.<br />

Un’articolata relazione, conclusa nel 2000, frutto di sette anni di lavoro<br />

da parte di 14 storici (sette italiani e sette sloveni). Erano stati incaricati<br />

dai rispettivi governi di realizzare un atto ufficiale che testimoniasse<br />

quello che avete appena sentito. I governi italiani, però, hanno<br />

messo sottochiave quella fondamentale relazione e oggi non c’è alcuna<br />

speranza che la pubblichi il “circo dello psico-nano”. Chiedo all’ANPI,<br />

alle istituzioni locali – regioni, province, comuni – di rendere pubblica<br />

la Relazione della Commissione italo-slovena sui rapporti tra i due<br />

Paesi fra il 1880 e il 1956, affinché tutti si rendano conto di quel contesto<br />

storico.<br />

Assieme dobbiamo dire che, certo, ci sono state le foibe, dove sono<br />

finiti uccisi gli italiani. Ma io ho regalato l’elenco degli infoibati (pubblicato<br />

dal Messaggero Veneto) a diversi compagni delle varie realtà<br />

italiane dell’ANPI. Si leggono 1.048 nomi. Tante di quelle persone<br />

sono morte durante i giorni dell’insurrezione nel Friuli e nella Venezia<br />

Giulia, a ridosso e subito dopo il 30 aprile 1945: quindi quell’elenco<br />

andrebbe ulteriormente sfrondato.<br />

Il revisionismo storico, invece, vuole far passare i dati dell’esodo<br />

dall’Istria e dalla Dalmazia come dati sui morti nelle foibe. I 300.000<br />

italiani dell’esodo sono stati mandati via dalle terre istriane, come i<br />

tedeschi sono stati mandati via dai Sudeti, da Danzica. I governi tedeschi<br />

del dopoguerra non hanno strumentalizzato l’esodo dai Sudati e da<br />

Danzica. Il nostro governo, oggi, strumentalizza esodo e foibe, dopo<br />

che la Jugoslavia (equidistante fra blocco sovietico e occidente) si è<br />

disintegrata per gli opposti nazionalismi interni. Una strumentalizzazione,<br />

quella italiana, attuata per bassi fini di propaganda, sfruttando il<br />

sentimento antislavo.<br />

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Ricapitolando: gli italiani scomparsi nelle foibe, anche per vendette<br />

e ritorsioni personali, ammontano a meno di mille. I dati dell’esodo<br />

non possono essere spacciati come dati delle foibe. Il 10 febbraio<br />

vanno ricordati anche i fatti per i quali provare vergogna, relativi<br />

all’occupazione italiana di Slovenia e Croazia. Il 10 febbraio vanno<br />

onorate anche le tante vittime jugoslave per mano dei fascisti italiani.<br />

Credo nella ricerca storica, spero prevalga la verità. Il documento<br />

redatto dagli storici sloveni e italiani, rappresenta un fatto nuovo che<br />

contribuisce a creare una mentalità scevra da interpretazioni manichee<br />

della storia. I nomi dei campi di concentramento italiani per gli jugoslavi,<br />

i fatti dell’internamento delle popolazioni slave da parte italiana,<br />

ci forniscono un quadro reale della storia e della geografia all’epoca<br />

dell’occupazione fascista italiana della Jugoslavia.<br />

Storia e geografia delle quali dobbiamo appropriarci, soprattutto<br />

noi, per trasmetterle nelle nostre realtà. Altrimenti non lo farà nessuno.<br />

Grazie.<br />

Rita De Arzich Magalhaes De Lima<br />

ANPI Biella<br />

Vorrei cominciare ricordando una frase: “La libertà è come l’aria, ci<br />

si accorge di quanto è importante quando viene a mancare”. Mai,<br />

secondo me, parole furono più attuali, nella nostra Italia, dove l’aria è<br />

diventata irrespirabile, per mancanza di moralità, legalità, libertà e giustizia.<br />

Volevo portare alla vostra attenzione soltanto alcuni punti.<br />

Memoria e attuazione della Costituzione - Sono degli Anni 50, un<br />

periodo in cui si parlava ancora troppo poco di Costituzione, e la cultura<br />

si faceva prevalentemente in casa. In ogni casa del nord c’era<br />

almeno un partigiano e le informazioni, la memoria, la storia ti veniva<br />

insegnata in famiglia. Chi non ha avuto questa fortuna la storia poi ha<br />

dovuto studiarla.<br />

Ritengo che a causa dei blocchi contrapposti, della guerra fredda,<br />

della Russia e dell’America, questa storia non è stata conosciuta a sufficienza.<br />

La storia della Liberazione non è stata elaborata abbastanza.<br />

Se ne è parlato con ritardo, non attribuendo il giusto significato alle<br />

cose. Pregiudicando la possibilità di comprendere e raggiungere la<br />

compiutezza della nostra democrazia. Secondo me la conoscenza è fondamentale<br />

per la consapevolezza. Oggi ci ritroviamo a riprendere con


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forza lo studio della storia, per valutarne l’importanza e cercare di trasmetterne<br />

memoria e concetti.<br />

Il senso delle parole - Abbiamo svilito persino il senso delle parole,<br />

le abbiamo sfruttate malamente, le abbiamo spesso rese inservibili.<br />

Ricordo, negli Anni 70, l’emozione e la rabbia nel parlare di fascismo<br />

e antifascismo, per me, giovane ribelle. Oggi queste parole hanno perso<br />

un po’ del loro significato originario, sono un po’ esauste. Bisogna<br />

riparlare di cultura, di legalità, di moralità, di etica. “Rifare” cultura nel<br />

nostro Paese, perché vi si trova al più basso stadio.<br />

Le donne - Vengo dal Biellese e le donne del mio territorio, fin<br />

dall’Ottocento, hanno lavorato in casa, nei campi e nelle prime fabbriche.<br />

Hanno fatto le lotte dentro e fuori la fabbrica. Durante le guerre<br />

hanno aiutato, supportato, sostituito gli uomini. Le donne hanno determinato<br />

l’esistenza stessa della Resistenza. Sia le umili donne di casa,<br />

che hanno ospitato, sfamato, nascosto, protetto e curato molti partigiani;<br />

sia le tante staffette che, dalle mie parti, hanno portato ordini e messaggi,<br />

armi e cibo, a rischio della vita, permettendo ai partigiani, anche<br />

ai più sperduti, di continuare la lotta.<br />

Amo dire – come Stella, una vecchia compagna partigiana – che<br />

forse la il movimento resistenziale non sarebbe durato così a lungo<br />

senza le donne. Dopo la Liberazione molte partigiane dalle nostre montagne<br />

sono tornate a casa. E la loro storia di resistenza è stata a lungo<br />

taciuta. Le donne hanno ottenuto un riconoscimento minimo nel dopoguerra:<br />

il diritto di voto nel 1946.<br />

La strada per le donne è sempre in salita. La democrazia è incompiuta<br />

nel nostro Paese anche per questo. Non può esserci democrazia<br />

senza parità, senza investimenti sulle donne, senza lavoro per le donne,<br />

senza servizi sociali a supportarle con il pieno diritto e la possibilità di<br />

partecipare attivamente alla vita politica e partitica. Credo che l’ANPI<br />

deve assumersi questa responsabilità: “rifare” storia e cultura, declinata<br />

anche al femminile. Riconoscendo e riscrivendo la storia delle donne<br />

nel nostro Paese, dando parità e diritti alle donne.<br />

I giovani - È positiva la grande apertura dell’ANPI ai giovani, sono<br />

il nostro futuro. Però devono essere supportati, affiancati e guidati proprio<br />

per ciò che dicevo prima: non c’è stata una corretta informazione.<br />

La politica – Non mi vergogno dell’attività politica che svolgo da<br />

molti anni. Anzi credo che dovremmo tutti impegnarci di più: se in<br />

politica c’è un vuoto viene riempito dagli altri. E questi anni ci hanno<br />

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insegnato che i vuoti sono stati riempiti da partiti e da persone che<br />

hanno creato un disvalore del nostro territorio, della nostra storia, delle<br />

nostre tradizioni. Invito l’ANPI a supportare, affiancare, spronare i partiti<br />

italiani, affinché ricostruiscano un’etica e una moralità della politica<br />

italiana.<br />

La politica è a rischio implosione. Abbiamo purtroppo sottovalutato<br />

l’avanzare del populismo, del qualunquismo, di un potere devastante<br />

costruito anche con l’utilizzo spregiudicato dello strumento televisivo,<br />

nato come mezzo di informazione e comunicazione. Riprendiamo<br />

a fare cultura dalla nostra Costituzione. Dicono che sia la più bella del<br />

mondo: usiamola, studiamola, insegniamola e tramandiamola. Non può<br />

esserci però piena democrazia senza parità diritti. La difesa del bene<br />

pubblico – scuola e sanità, per prime – è fondamentale per dare a tutti,<br />

come diceva ieri Zagrebelsky, la possibilità di ottenere diritti e non<br />

dover chiedere favori con il cappello in mano dei servi. Grazie.<br />

Antonio Pizzinato<br />

ANPI Lombardia<br />

Care delegate e delegati, amici e compagni,<br />

questo nostro <strong>Congresso</strong>, il <strong>15°</strong> nella storia dell’ANPI – sorta nel gennaio<br />

del 1945, mentre continuava la lotta di Liberazione che doveva<br />

portare contemporaneamente a liberare il Paese e a ricostruire l’Unità<br />

d’Italia – si tiene proprio a Torino, prima capitale dell’Italia unita.<br />

Come è emerso nella seduta di ieri e da questo dibattito, credo che<br />

dobbiamo operare come si è fatto con la lotta di Liberazione, facendo<br />

vivere quei valori: prima conquistando la Repubblica, poi approvando<br />

della Costituzione. Dobbiamo farli vivere nella nuova realtà, italiana,<br />

europea e mondiale. Far vivere la Storia e la Memoria sapendo, avendo<br />

coscienza che operiamo nel XXI secolo. Ritengo a tale scopo che,<br />

dopo cinque mesi di assemblee, di confronto nelle Sezioni e nei<br />

Congressi provinciali, con un numero di partecipanti mai così alto, in<br />

questa fase finale – voglio essere molto esplicito – dobbiamo compiere<br />

un passo in avanti, politico e organizzativo, rispetto ai documenti<br />

alla base del <strong>Congresso</strong>. Tenendo conto di quanto è emerso finora, ma<br />

anche sottolineando un altro elemento.<br />

Viviamo un momento e una fase di passaggio storico in Italia, in<br />

Europa, nel mondo. I dati sottolineano la gravità della situazione internazionale,<br />

dalla Libia, dall’Africa. La crisi economica, la peggiore dal


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1929, e contemporaneamente la globalizzazione. L’attacco alla democrazia<br />

in atto nel nostro Paese, ma non solo. Il disegno strategico in<br />

tante parti del mondo di demolire i sistemi sociali e le relazioni tra le<br />

parti sociali costruite in questi decenni. I mutamenti intervenuti sono<br />

molto profondi, sia sul piano economico-sociale, sia su quello politicoculturale,<br />

etico e morale. Con conseguenze ed effetti che richiedono e<br />

impongono all’ANPI un modo nuovo e diverso di operare in piena<br />

autonomia. Se vogliamo veramente far vivere nel XXI secolo i valori<br />

della Resistenza e della Memoria dobbiamo renderli operativi.<br />

Vorrei sinteticamente sottolineare alcuni aspetti, a partire da quello<br />

della crisi economica nella globalizzazione. Abbiamo conseguenze,<br />

senza precedenti nel secolo scorso, nella messa in discussione di princìpi<br />

di eguaglianza e coesione sociale. Con gravi ricadute: un giovane<br />

su tre è disoccupato, assenza di prospettive, retribuzioni inferiori. Un<br />

esempio concreto: un macchinista della Metropolitana milanese in<br />

azienda da cinque anni ha una differenza retributiva nei minimi contrattuali,<br />

tralascio tutto il resto, di 375 euro al mese rispetto a quello che<br />

vi lavora da quindici. E non si capisce perché si blocca ogni tanto il<br />

metrò? Si torna agli Anni 50. La Marcegaglia fa le stesse cose nelle sue<br />

aziende in questi giorni.<br />

Abbiamo un arretramento, una crisi della democrazia. Non scegliamo<br />

più chi ci rappresenta in Parlamento, scelgono i partiti; il<br />

Parlamento non ha più un ruolo, con voti di fiducia a ripetizione. Una<br />

crisi, veniva sottolineato ieri, che non ha precedenti dall’approvazione<br />

della Costituzione, ma che non riguarda solo noi. Non c’è più la partecipazione<br />

del popolo e senza di essa non c’è democrazia.<br />

Un secondo gruppo di problemi è rappresentato dall’attacco ai diritti<br />

sociali. Si punta a disfarsi dei contratti nazionali di lavoro, a eliminare<br />

i diritti di contrattazione e quelli di rappresentanza: è l’attacco<br />

all’art. 41 della Costituzione. Come se il miracolo economico degli<br />

anni Sessanta fosse stato impedito dall’art. 41, che invece l’ha favorito.<br />

L’attacco alla Storia e alla Costituzione: sono presenti rigurgiti neofascisti,<br />

torna con forza l’obiettivo della parificazione tra partigiani e<br />

repubblichini. Fino a questo momento non è stato accennato, ma alla<br />

Commissione Difesa del Senato si sta discutendo la legge 3442. E il<br />

governo, attraverso il Sottosegretario alla Difesa, on. Cossiga, ha<br />

espresso parere favorevole. Se viene approvata questa legge, oltre ad<br />

annullare il ruolo dell’ANPI, verrebbero cacciate fuori dalla<br />

Confederazione delle Associazioni militari l’ANPI e tutte le<br />

Associazioni partigiane.<br />

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È grave quanto è accaduto a Milano la settimana scorsa.<br />

Riflettiamoci, ricordando la nostra storia: nelle antiche sale di Palazzo<br />

Marino – dove una lapide ricorda il ruolo del popolo milanese nelle<br />

Cinque Giornate, via via dal Risorgimento fino alla Liberazione – si è<br />

tenuto un convegno dell’Associazione della Decima Mas, patrocinato<br />

dal Comune, presenti il Ministro della Difesa, on. La Russa, e il<br />

Sindaco Letizia Moratti. Così facendo hanno riconosciuto l’associazione<br />

ufficialmente. Di più: terminato il consesso, sono usciti dal palazzo<br />

in corteo, dietro il Comando Militare lombardo. Si tratta di una piena<br />

violazione di leggi fondamentali, a partire dal decreto luogotenenziale<br />

del giugno 1944: “i partigiani sono combattenti dell’Esercito italiano”.<br />

Coloro che hanno operato nella Repubblica Sociale non sono militari<br />

della Repubblica italiana. Sono traditori sul piano politico e morale, ma<br />

anche dal punto di vista istituzionale. Perché gli atti compiuti nella lotta<br />

di Liberazione, a partire da quel decreto luogotenenziale, erano regolarmente<br />

pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dello Stato italiano. Quelli<br />

repubblichini, no! Allora come è possibile che il Ministro della Difesa<br />

e il Sindaco di Milano, capitale della Resistenza, si mettano in corteo<br />

dietro al labaro della Decima Mas? Ecco l’arretramento. Se ci sono<br />

contemporaneamente tutti questi aspetti: crisi economica, degrado politico<br />

e sociale, attacco alla democrazia, tentativo di ottenere la parificazione<br />

tra partigiani e repubblichini, allora noi abbiamo una nuova stagione<br />

da portare a compimento.<br />

A Chianciano, dopo vent’anni di discussione e quattro congressi,<br />

abbiamo modificato l’articolo 23 dello Statuto dell’ANPI. Dobbiamo<br />

realizzare l’integrazione intergenerazionale, la pluralità di genere,<br />

includendo tutti i cittadini indipendentemente dalle origini e dalla lingua,<br />

se in regola nel nostro Paese. La nuova stagione dell’ANPI vuol<br />

dire essere la casa di tutti gli antifascisti, la coscienza critica della<br />

società. Quella della società del XXI secolo, non di quella del passato,<br />

perché siamo stati capaci di far vivere i valori della Resistenza, via via<br />

implementandoli, tenendo conto dei mutamenti che si determinavano<br />

sul piano economico e sociale. E per essere coscienza critica nei confronti<br />

delle istituzioni, delle forze politiche e sociali dobbiamo essere<br />

soggetti autonomi. Non dobbiamo pensare di sostituire quei soggetti o<br />

le loro funzioni, ma essere la forza che li spinge a farli vivere nel loro<br />

ruolo e a rendere operativi i valori della Resistenza. Per questo abbiamo<br />

bisogno che le nostre sezioni sviluppino una vita associativa, siano<br />

sede di confronto con le nuove generazioni o, meglio, tra le diverse<br />

generazioni.


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Si fa vivere la memoria storica in relazione alla realtà. Certo, ieri<br />

era più facile, c’erano i partigiani. In fabbrica avevo al mio fianco un<br />

operaio che aveva fatto il partigiano: mi insegnava e mi formava, non<br />

solo a lavorare, bensì a vivere la storia, di cui lui era stato protagonista.<br />

Senza i partigiani, come far vivere la storia? Dobbiamo fare formazione<br />

culturale, storica, politica, sociale. Vivere nella società, non aprire le<br />

sedi una volta all’anno o una volta al mese. Perché altrimenti i rapporti<br />

con le nuove generazioni non li sviluppiamo. Far vivere la memoria<br />

vuol dire anche attuare la Costituzione.<br />

Noi siamo stati protagonisti nella nostra autonomia. Ci sarebbe<br />

stato il luglio ’60, senza l’ANPI? Avremmo vinto la battaglia contro lo<br />

stravolgimento della nostra Carta nel referendum del 2006, se l’ANPI<br />

non fosse stata la promotrice del Comitato di difesa della Costituzione?<br />

Saremmo riusciti, via via, dal 1948 in avanti, a renderla operativa senza<br />

la spinta ad attuarla? La Costituzione al secondo comma dell’Art. 3<br />

afferma che è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli per assicurare<br />

pari dignità indipendentemente dal sesso, dalla lingua e così via.<br />

Avviene questo negli ultimi quindici, venti anni? Non mi pare! Essere<br />

coscienza critica significa avere la forza di raggiungere questi risultati.<br />

Credo e ritengo che, domenica mattina, dobbiamo compiere alcune<br />

scelte. Innanzitutto: come pensiamo di essere protagonisti della battaglia<br />

per far vivere quei valori nella stagione attuale? Con una realtà<br />

economica profondamente cambiata e che muterà ancora? E come assicurare<br />

ai nostri figli, alle nuove generazioni, l’uguaglianza dei diritti,<br />

visto che hanno meno diritti di noi e finora non era mai capitato. Potrei<br />

fare molti esempi come quello dei tranvieri milanesi, spesso però si<br />

preferisce guardare da un’altra parte. Noi siamo quello stimolo che<br />

morde e costringe, essendo coscienza critica, le forze politiche e sociali,<br />

le istituzioni della Repubblica ad attuare la Costituzione.<br />

Dobbiamo, inoltre, dotarci di un’organizzazione con regole di vita<br />

democratica. Oggi non l’abbiamo. Non possiamo concludere il<br />

<strong>Congresso</strong> senza un regolamento su come devono funzionare le nostre<br />

Sezioni, le nostre province, i regionali, il <strong>Nazionale</strong>. Abbiamo nominato<br />

la Commissione, ma deve essere operativo il regolamento.<br />

Dobbiamo eleggere dei gruppi dirigenti espressione del processo in<br />

atto, intergenerazionale, con pluralità di genere, nell’Italia come è oggi.<br />

Solo in questo modo faremo vivere la Resistenza nel XXI secolo, in<br />

una nuova stagione di resistenza democratica, facendo rispettare la<br />

democrazia a chi non la rispetta. Consapevoli che esistono diritti elementari<br />

che, ad esempio, senza i Comitati di Difesa della Donna, non<br />

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vi sarebbero neppure, perché le donne, negli Anni 50, venivano ancora<br />

licenziate se diventavano madri. Fino al 1960 venivano licenziate se si<br />

sposavano. Come si è fatto a cambiare tale vergogna? Perché quelle<br />

organizzazioni, che davano continuità ai valori della Resistenza, giorno<br />

per giorno, hanno portato avanti queste battaglie. Credo che noi<br />

dobbiamo dare continuità alla storia del nostro Paese, ai valori della<br />

Resistenza, proprio partendo da Torino, dove erano incominciati, il 5<br />

marzo 1943, gli scioperi dentro a Mirafiori.<br />

Assolveremo al nostro ruolo, se avremo questo disegno strategico.<br />

Mauro Pettini<br />

ANPI Mondovì (CN)<br />

Cari amici e compagni,<br />

sono stato uno dei primi, non partigiano, a far parte del Consiglio<br />

nazionale dell’ANPI. Voglio affrontare, in questo momento di riflessione,<br />

alcuni punti che mi tormentano particolarmente vedendo il susseguirsi<br />

di una serie di circostanze che continuano a presentarsi nella<br />

situazione politica nazionale e mondiale. E che mi sollecitano a gridare<br />

con forza: “Sono stufo!”.<br />

Sono stufo di sentir parlare di pace da politici che appoggiano la<br />

produzione di armamenti sempre più sofisticati, per venderli ovunque<br />

vi siano scontri di guerra. Vorrei ricordare che l’Italia è il quarto Paese<br />

esportatore di armi nel mondo. E allora a cosa serve l'articolo 11 della<br />

nostra Costituzione?<br />

Sono stufo di sentirmi ripetere che andiamo a difendere il popolo di<br />

questo o di quel Paese per insegnargli la democrazia e aiutarlo per un<br />

avvenire di pace. E contemporaneamente vedere scaricarvi un’enormità<br />

di armi che fomentano la guerra civile tra diverse etnie o fazioni.<br />

Mentre i nostri soldati continuano a morire perché attratti da poche<br />

migliaia di euro in più che servono ad aiutare le proprie famiglie in<br />

Italia. Forse pensiamo che si può esportare la democrazia investendo<br />

oltre 320 miliardi di euro per spese militari e nuovi armamenti e solo<br />

15 miliardi per opere ed iniziative sociali? (questi erano i dati del 2007<br />

per la missione in Afghanistan, oggi sono decisamente superiori).<br />

Sono stufo di essere preso in giro dai commercianti di armi, petrolio<br />

e stupefacenti che si arricchiscono sulle spalle di popoli inermi giustificandosi<br />

dicendo che lo fanno per difenderli dalle ingiustizie e per


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un avvenire di pace. Ma quale pace richiede un contributo di vite<br />

umane così alte?<br />

Sono stufo di sentirmi dire come dovrei amministrare la mia famiglia<br />

o come comportarmi con il mio compagno o compagna da chi è un<br />

esempio di immoralità vergognosa, o da chi gestisce non una, ma due,<br />

tre famiglie e si permette di criticare le unioni di fatto. Mi riferisco a<br />

tutti quei politici che hanno una situazione già tutelata – bontà loro! –<br />

da un’apposita legge.<br />

Sono stufo di sentire in uno Stato laico una campagna continua<br />

come quella che gli attuali vertici della chiesa cattolica conducono nei<br />

confronti delle unioni di fatto e poi non si faccia altrettanto per il comportamento<br />

vergognoso e scandaloso di certi preti pedofili. Che non si<br />

impieghi lo stesso impegno nel denunciare guerre, corruzione e malcostume,<br />

ma lo si faccia sempre in modo generico e poco incisivo. Per<br />

quale ragione non c’è mai stata una scomunica nei confronti di mafia,<br />

camorra, ’ndrangheta o Sacra Corona Unita? O nei confronti del nostro<br />

Presidente del Consiglio per certi comportamenti amorali?<br />

Sono stufo di vedere che tutti, o quasi, i progetti nati dalla<br />

Resistenza vengono disattesi, oppure che si continua a tentare di demolirli<br />

con azioni che ricordano il triste ventennio fascista, che non ci si<br />

preoccupi di applicare pienamente la Costituzione ma, al contrario, si<br />

tenti continuamente di modificarla a proprio favore.<br />

Sono stufo di vedere tutte le forze politiche progressiste, che<br />

dovrebbero lavorare unite per il bene della Nazione e del suo popolo,<br />

continuare a dividersi con dei distinguo che disorientano gli elettori,<br />

favorendo l’astensionismo e chi nel caos ci sguazza (come dicevano i<br />

latini: dividi et impera). La Resistenza dovrebbe aver insegnato che<br />

solo uniti, rinunciando a qualche presa di posizione, si possono ottenere<br />

risultati. I grandi partiti rinuncino alle loro posizioni presuntuose, i<br />

piccoli alla loro testardaggine. Solo così potremo andare verso una vittoria<br />

non solo elettorale, ma una vittoria di democrazia, vera e duratura.<br />

Vorrei ricordare a tutti come i giovani stanno entrando nelle nostre<br />

Sezioni con l’impeto e l'esuberanza che caratterizzano la loro età.<br />

Finalmente non vengono accolti solo per i lavori di fatica, ma ascoltando<br />

le proposte e facendo gestire loro le iniziative che sanno ideare,<br />

coinvolgendoli nella guida della nostra Associazione a tutti i livelli. Il<br />

domani dell’ANPI è nelle loro mani, devono essere i “Partigiani di<br />

domani”, pronti ad affrontare gli attacchi continui per un ritorno al passato<br />

e tendenti a limitare la libertà delle persone sui luoghi di lavoro,<br />

nell’informazione, nella magistratura.<br />

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Oggi si tenta di stravolgere la Costituzione, di manipolare la storia<br />

a uso e consumo di chi comanda, di varare norme al solo scopo di eludere<br />

le leggi, di limitare il diritto di informazione fornito da una stampa<br />

libera e indipendente, di controllare radio e Tv. L’obiettivo è creare<br />

uno stato dittatoriale in forma pseudo-democratica. Il messaggio che<br />

dobbiamo impegnarci a trasmettere ai giovani è di fare fronte unico per<br />

fermare questa deriva; possono farlo utilizzando la capacità di comunicare,<br />

meglio e più velocemente di noi, attraverso i nuovi strumenti tecnologici.<br />

Un appello a tutti gli iscritti all’ANPI è di non cullarsi sugli allori<br />

per gli ottimi risultati raggiunti con il tesseramento 2009 e 2010: ognuno<br />

di noi deve porsi l’obiettivo di un nuovo iscritto. Il nostro messaggio<br />

è ancora attuale e non dobbiamo lasciarlo cadere nell’oblio.<br />

Ricordando che il nostro motto è ancora: “Ora e sempre<br />

Resistenza”.<br />

Edvin S ˇvab<br />

ANPI Trieste<br />

Dober dan vsem, prisrčno pozdravljeni,<br />

buongiorno a tutti, un cordiale saluto anche in sloveno, la mia lingua<br />

madre. Provengo dalla Regione Friuli-Venezia Giulia, provincia di<br />

Trieste. Per cercare di essere più concreto, elencherò alcune proposte.<br />

• Eleggere o nominare nei nostri organi, a tutti i livelli, dal<br />

<strong>Nazionale</strong> alle Sezioni, un gruppo di compagne e compagni per avvicinare<br />

e conquistare la fiducia dei giovani, in primo luogo; inoltre intensificare<br />

la cura per iscrivere le generazioni medie e anziane, impegnandosi<br />

a creare un reciproco, armonico collegamento.<br />

• Nei metodi di lavoro dei Comitati provinciali e delle Sezioni<br />

sostenere il lavoro di gruppo, la trasparenza delle nostre decisioni e la<br />

loro attuazione.<br />

• Come iscritti all’ANPI siamo obbligati ad assicurare onestà e a<br />

rappresentare un esempio positivo per i nostri concittadini. Dobbiamo<br />

trasformare i nostri valori in prassi quotidiana, altrimenti non otterremo<br />

successo nella lotta per un mondo di persone felici.<br />

• Investire nella nostra cultura: per valorizzarla a fondo dovremmo<br />

sollecitare meno politica nella cultura e più cultura nella politica italiana.


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• Seguire e valutare l’attività e la gestione degli enti locali<br />

(Regioni, Province, Comuni) e del governo.<br />

• Seguire con valutazione critica anche il nostro operato: ogni organismo<br />

attivo ha bisogno di controlli e autocontrolli senza i quali non<br />

potrà garantire piena efficienza.<br />

• Fornire a tutti i Presidenti delle Sezioni e ai Revisori dei conti una<br />

copia del nostro Statuto e della Costituzione.<br />

• Dedicare un settore specifico presso il Comitato <strong>Nazionale</strong><br />

dell’ANPI alle minoranze linguistiche e nazionali. Nella Repubblica di<br />

Slovenia, a Capodistria-Koper, è presente una minoranza di cittadini di<br />

madre lingua italiana, la Comunità degli italiani in Slovenia. Nella<br />

Regione Friuli-Venezia Giulia siamo presenti noi, cittadini italiani ma<br />

di nazionalità slovena: la nostra nazionalità è tutelata con la Legge n.<br />

38 che, dopo dieci anni, non è del tutto applicata. Esistono altre comunità,<br />

minoranze o maggioranze in rapporto al numero totale dei cittadini<br />

residenti nel territorio linguisticamente misto: si tratta d comunità<br />

alle quali l’ANPI potrebbe offrire il patrocinio morale.<br />

• Nel 150° dell’Unità, dobbiamo operare per cementare il senso di<br />

appartenenza al Paese di tutti coloro che si riconoscono nei valori della<br />

Costituzione: gli italiani, le minoranze storiche come la mia, accanto<br />

alle nuove comunità immigrate. Senza un impegno costante e concreto,<br />

libertà, uguaglianza, fraternità e pace rimarranno solo vuote parole.<br />

Viva l’ANPI, per i valori della Resistenza!<br />

Franco Busetto<br />

ANPI Veneto<br />

Care delegate, cari delegati, compagni e amici della Presidenza,<br />

siamo a Torino, cuore dell’Unità d’Italia, alle cui celebrazioni l’ANPI<br />

partecipa con tutto il suo animo, con tutta la sua storia.<br />

Attese e delusioni hanno caratterizzato tutta la storia unitaria.<br />

Delusi i veri padri del Primo Risorgimento: Carlo Cattaneo muore<br />

esule in Svizzera dopo aver rifiutato il seggio nel parlamento monarchico,<br />

Giuseppe Mazzini muore a Pisa sotto falso nome e Giuseppe<br />

Garibaldi chiude la sua epopea come eroe celebrato ma emarginato a<br />

Caprera. Delusi i contadini del Mezzogiorno che avevano sperato nella<br />

rivoluzione sociale, delusi gli italiani per la durissima situazione economica<br />

degli ultimi decenni dell’Ottocento, tale da provocare un’emigrazione<br />

di massa.<br />

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Il punto essenziale è che il saldo di benefici e costi dell’Unità è stato<br />

largamente positivo. L’unificazione territoriale ha consentito di entrare<br />

nella modernità creando una estesa rete ferroviaria, riducendo il latifondo,<br />

combattendo l’analfabetismo. Gli italiani avevano compreso –<br />

come cantò Goffredo Mameli – che nei secoli erano stati calpestati e<br />

derisi perché non erano un solo popolo, perché erano divisi. Nel<br />

Risorgimento un popolo morto tornava a rivivere.<br />

Un processo in parte analogo, si è svolto nell'ultimo cinquantennio<br />

della nostra storia. La Repubblica del 1946 nacque sotto i migliori<br />

auspici perché nasceva dalla Resistenza e dal pensiero laico e repubblicano.<br />

Essa – disse bene Alcide De Gasperi – armonizzava in sé le<br />

aspirazioni umanitarie di Mazzini, le concezioni universalistiche del<br />

cristianesimo, le speranze internazionaliste dei lavoratori.<br />

Ora purtroppo vediamo l’Italia ridicolizzata sul piano internazionale<br />

dagli intrattenimenti del Capo del Governo. Un’Italia indicata tra gli<br />

Stati più corrotti, lacerata da spinte leghiste alla separazione e alla<br />

paura del diverso. Nuove delusioni che producono scoramento nell’animo<br />

degli italiani e tentazioni di ritrarsi ognuno nel proprio particolare.<br />

Da questo <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI si leva una parola d’incoraggiamento<br />

e di speranza per gli italiani. Dobbiamo insistere nello<br />

spirito della Resistenza e della Costituzione, sullo slancio del miracolo<br />

economico di cui siamo stati protagonisti, sul sacrificio dei soldati della<br />

Prima guerra mondiale, sul ricordo degli eroi del Risorgimento, su<br />

quello dei ragazzi impiccati agli alberi di Bassano del Grappa, caduti<br />

per la libertà, per rinnovare l’Italia, per edificare un Paese migliore.<br />

Ci spingono in questa direzione: i fattori della crisi economica mondiale;<br />

il risveglio e le ribellioni, in questi giorni, delle popolazioni di<br />

Egitto, Tunisia, Libia; il rifiuto dei lavoratori di sottomettersi ai ricatti<br />

di Sergio Marchionne; il grande rilancio del movimento delle donne<br />

per la libertà, la moralità, l’occupazione (la grande manifestazione del<br />

6 marzo); la ricerca dell’unità da parte dei giovani, che ha trovato il suo<br />

spazio anche nell’ANPI con le importanti novità dell’Art. 23 dello<br />

Statuto.<br />

La deriva autoritaria si manifesta soprattutto nell'attacco alla<br />

Costituzione. Ma quando pochi anni fa ci fu il tentativo, in Parlamento,<br />

di manipolare la nostra Carta fondamentale, il popolo italiano, anche<br />

grazie al contributo e alla mobilitazione unitaria dell'ANPI e delle associazioni<br />

combattentistiche, sventò quel tentativo e salvò la Costituzione<br />

con il referendum del giugno 2006.


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Esprimo il più sentito ringraziamento per tutto ciò che l'ANPI e voi<br />

tutti mi avete donato in tutti questi anni. Per assecondare l'auspicato<br />

rinnovamento generazionale, rinuncerò all'incarico di presidente regionale<br />

dell'ANPI Veneto nel <strong>Congresso</strong> che terremo a maggio. Il Veneto<br />

e una regione ricca di energia, di amici, di compagne e compagni disinteressati<br />

e attivissimi per il bene comune. Augurandomi che questo<br />

esempio sia seguito da altri vecchi dirigenti dell'ANPI, ancora grazie<br />

per quello che mi avete insegnato e per la fiducia che avete riposto in<br />

me in questi anni.<br />

Viva l'Unità d'Italia, viva la Resistenza, viva la Costituzione!<br />

Pasquale Cinefra<br />

ANPI Alessandria<br />

Care amiche e amici partigiani, cari giovani, per un vecchio partigiano<br />

come me è un grande onore e una gioia partecipare al <strong>15°</strong><br />

<strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> e recare il saluto di tutti gli iscritti all’ANPI di<br />

Alessandria.<br />

La provincia di Alessandria è decorata di Medaglia d’Oro, ospitiamo<br />

due grandi monumenti ai Caduti: il Sacrario della Benedicta e il<br />

Sacrario della Battaglia di Pian Castagna. Noi anziani siamo portati a<br />

commuoverci, ma non per debolezza, come crede qualcuno, semmai<br />

per forza, la forte gioia che ci procura trasmettere il senso, i valori e le<br />

speranze di chi ha combattuto e vinto insieme a noi, in particolare ai<br />

giovani di oggi. Molti dei nostri fratelli, dei nostri compagni, dei nostri<br />

amici di allora, oggi non ci sono più. Sono caduti a 20 anni o per il trascorrere<br />

del tempo. Per nostra voce e testimonianza, però, sono ancora<br />

vivi e ci parlano di un mondo più giusto, più libero e pulito. E soprattutto<br />

di un mondo di pace.<br />

In queste ore in cui il Mediterraneo è teatro di una terribile guerra<br />

in cui il fuoco dei tiranni e di chi li combatte si riversa disperatamente<br />

sulle inermi popolazioni civili, mi pare fondamentale e necessario<br />

non dimenticare la lezione di pace e umanità che la Resistenza ha saputo<br />

costruire. L’art. 11 della Costituzione italiana è stato scritto con l’esperienza,<br />

la lotta e il sangue dei Partigiani e di chi li ha aiutati.<br />

Ripudiare la guerra è fondamentale, così come lo è respingere tutti gli<br />

attacchi alla nostra Carta fondamentale, come ha fatto l’ANPI, il nostro<br />

Presidente Raimondo Ricci e infine il voto popolare.<br />

Vi porgo, amici e compagni, il saluto dei Partigiani dell’VIII<br />

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Divisione Giustizia e Libertà, della Divisione “Mingo” e della<br />

Divisione “Buranello” di cui ho fatto parte. Un saluto da chi era fiero<br />

di rappresentare il Secondo Risorgimento italiano, tanto da intitolare<br />

spesso le nostre divisioni con nomi di eroi risorgimentali, come nel<br />

caso delle “Brigate Garibaldi”.<br />

In questo 150° dell’Unità mi pare importante che proprio qui a<br />

Torino, culla dello Stato unitario, il <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI<br />

ricordi a tutti che dopo la terribile esperienza del nazifascismo non ci<br />

sarebbe stata l’Italia unita se, accanto all’indubbio contributo degli<br />

Alleati, non fosse sorta l’insurrezione popolare rappresentata dalla<br />

Resistenza.<br />

Cari amici, cari compagni, cari giovani, un abbraccio con tutto il<br />

cuore, un fraterno e cordiale saluto. Vi ringrazio e auguro buon lavoro:<br />

a tutta la Presidenza e a coloro che domani dirigeranno la nuova ANPI.<br />

Ai tanti giovani come quelli di Alessandria, ragazze e ragazzi dei quali<br />

siamo orgogliosi, che sono già Presidenti o vicepresidenti, come a<br />

Valenza.<br />

Viva la Resistenza, viva l’Unità d’Italia, onore ai nostri Caduti.<br />

Grazie.<br />

Enzo Fimiani<br />

ANPI Pescara<br />

Prima di tutto vi porto il saluto dell’Abruzzo, anche in rappresentanza<br />

degli altri tre delegati: Antonio Innaurato (Chieti), Fulvio<br />

Angelini (L’Aquila) e Costantino Di Sante (Teramo). Sono il portavoce<br />

degli abruzzesi e penso di poter parlare anche a nome degli oltre<br />

1.000 iscritti dell’ANPI regionale che, vorrei ricordarlo, si è per la<br />

prima volta costituita nell’interezza del suo territorio.<br />

Dal nostro territorio giunge un messaggio significativo perché esso<br />

ha avuto un ruolo rilevante nella storia della Resistenza e della democrazia<br />

in questo Paese.<br />

Ricordo solo la “Brigata Majella”, unico caso di formazione partigiana,<br />

aggregata tra l’altro all’VIII Armata Britannica, che ha risalito la<br />

penisola, non limitandosi alla Liberazione della propria terra ma, oltrepassato<br />

lo storico confine naturale del fiume Tronto, è entrata tra i primi<br />

a Pesaro liberata, a Bologna liberata e in vari altri centri, fino al Veneto.<br />

La memoria di questo legame con i marchigiani, i romagnoli, gli emiliani,<br />

i veneti è ancora molto forte.


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Vorrei poi dedicare un applauso per sottolineare il lavoro e la fatica<br />

che hanno profuso gli amici dell’Aquila, dopo il terremoto del 6 aprile<br />

2009, nel ricostruire anche moralmente e civilmente quello che il sisma<br />

ha portato via con sé. Visto che a L’Aquila, come sapete, la ricostruzione<br />

materiale è ancora di là da venire, paralizzata da aspetti molto<br />

discutibili.<br />

A livello di proposte vorrei riflettere su quattro aspetti, dibattuti da<br />

noi in Abruzzo. Se anche il <strong>Congresso</strong> procedesse in questa direzione<br />

otterrebbe il nostro incondizionato e convinto appoggio.<br />

1) Totale autonomia – direi, in un certo senso, “feroce” – da altre<br />

forme della politica, e non solo quella dei partiti. L’ANPI è un’altra<br />

cosa. In Abruzzo stiamo sperimentando una cosa che, senza alcuna<br />

retorica, mi apre il cuore alla speranza per questo Paese. L’ANPI<br />

può costituire il luogo trasversale del dibattito pubblico e dell’iniziativa<br />

politica, al di là di barriere, schieramenti e “orticelli”. Il<br />

<strong>Congresso</strong> sovrano può decidere se davvero fare “corpo unico” per<br />

difendere questa totale autonomia.<br />

2) Pluralità o pluralismo. L’ANPI è per definizione e per natura plurale,<br />

oppure non è. Appartiene, come è stato detto, a tutti i cittadini<br />

che si riconoscono nei valori dell’antifascismo e della Costituzione.<br />

Valori che si sono andati formando nel corso delle vicende della<br />

nostra storia, fatta di drammi e di riscatti. Fascismo, guerra,<br />

Resistenza, democrazia, Repubblica, Costituzione: in quegli anni<br />

sta il “bubbone” della nostra storia, quel passato che non vuole passare,<br />

sottoposto a revisioni politiche. Ma in quegli stessi anni noi,<br />

italiani di oggi, dobbiamo ricercare le nostre radici. Ogni Stato ha<br />

bisogno della costruzione di un mito fondativo delle origini, condiviso.<br />

Sembra, invece, che noi italiani non riusciamo mai a trovarlo,<br />

né nel Risorgimento, né nel nodo storico Resistenza-Democrazia-<br />

Repubblica.<br />

3) Recupero di una corretta memoria storica. Penso che l’ANPI esista,<br />

non dico soprattutto, ma anche per questo motivo. Riguardo a<br />

tale tema in Abruzzo, grazie a una forte presenza di studiosi di storia<br />

tra gli iscritti, ci impegniamo a fornire il nostro contributo per<br />

un corretto recupero della memoria storica fondante dell’Italia. In<br />

particolar modo per i giovani. Sugli adulti di questo Paese, mediamente,<br />

comincio a perdere le speranze: temo che l’anima civile –<br />

non quella metafisica, che ognuno coltiva come crede – per molti di<br />

loro sia andata perduta. Per farvi comprendere come tentiamo di<br />

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lavorare con i giovani, giorno dopo giorno: personalmente, ho partecipato<br />

a tredici incontri nelle scuole dall’inizio dell’anno.<br />

4) Una fase congressuale critica. Lo sappiamo bene: è legittimo nutrire<br />

tanti timori e qualche perplessità perché è un <strong>Congresso</strong> di passaggio.<br />

L’ANPI è su una sorta di crinale perciò, per definizione,<br />

esposto ai venti. I venti possono essere fonte di vita ma anche di difficoltà.<br />

Dopo la nuova stagione che si è aperta nel 2006 è inevitabile<br />

un passaggio generazionale. Questa mattina ci si chiedeva: “Cosa<br />

facciamo?”, “Lo dilazioniamo?”, “Lo avviamo immediatamente?”.<br />

Lo deciderà il <strong>Congresso</strong>. L’invito di noi abruzzesi è a farlo adesso.<br />

Nelle forme, nei limiti e nei tempi giusti, congrui e civili, ovviamente.<br />

Ma ora, subito, non abbiamo tanto tempo. Guardando quest’aula,<br />

di fatto, siamo già tutti un po’ più “plurali”. Più Sud, più<br />

giovani, più donne. Se riusciremo a trasferire questa pluralità, in<br />

modo armonioso, nella cornice normativa che sosterrà l’ANPI,<br />

andremo verso un bel futuro. Ne sono certo.<br />

Grazie.<br />

Tiziano Tussi<br />

ANPI Milano<br />

Una delle questioni che non riesco più a sopportare è la retorica –<br />

per lavoro insegno filosofia ai licei, quindi i giovani li conosco da tanto<br />

tempo – e quindi sarebbe il caso che anche nel nostro <strong>Congresso</strong>, pur<br />

con tutti i limiti possibili – perché chiaramente l’aspetto dell’umanità<br />

che pervade l’ANPI, diciamo così, può portare alla retorica – questa<br />

parte fosse molto limitata. Perché non serve, non ci serve più. Allora:<br />

se noi riusciamo a far scivolare l’umanità che pervade, da sempre,<br />

l’ANPI verso quello che deve diventare, allora serve anche questo sentimento.<br />

Però dobbiamo farla “scivolare”. Ecco allora, scusatemi, che<br />

sono inutili quegli interventi – non mi riferisco naturalmente all’intervento<br />

che mi ha preceduto, né ad altri in particolare – che fanno accenni<br />

a quel che fu – diciamo in un modo sentito – il cuore, il sentimento;<br />

questo, scusatemi, lo sappiamo tutti. L’album di famiglia l’abbiamo<br />

sfogliato più e più volte, ed è bello, però ora non ci serve più sfogliarlo,<br />

qui, perché dovremo fare dei passi avanti.<br />

I passi avanti riguardano il lavoro culturale e politico della nostra<br />

Associazione. Come lo organizziamo? Su questo noi dobbiamo esprimerci,<br />

e questo mi sarei aspettato. L’ho scritto anche su Patria indi-


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pendente, in uno degli ultimi numeri; mi sarei aspettato più interventi<br />

del genere, perché dobbiamo organizzare strutturalmente il nostro lavoro:<br />

cioè dare le gambe a tutte queste idee, a tutte queste proposte di passare<br />

alla “nuova stagione”. Se non gli diamo le gambe rimangono slogan<br />

vuoti. E noi andremo avanti altri cinque anni in questo modo, e fra<br />

cinque anni non sappiamo come saremo messi. Ci serve? Non ci serve.<br />

Ragionare su questo significa però fare anche delle proposte operative.<br />

Le proposte operative devono uscire dal <strong>Congresso</strong> e dalle<br />

Commissioni perché si devono trasformare in pratica politica. Se dagli<br />

interventi non arrivano, avremo fatto magari un <strong>Congresso</strong> molto bello,<br />

sentito – diciamo anche “romantico” e che ci scalda i cuori – ma usciremo<br />

da qui allo stesso punto di cinque anni fa a Chianciano. Questo è<br />

un pericolo che dobbiamo assolutamente evitare.<br />

Ricordo, forse molti non ne sono a conoscenza, non lo sapevano, se<br />

ne sono dimenticati – torno a dirlo, lo dico per l’ennesima volta e quasi<br />

mi annoio del fatto di continuarlo a ridire – che noi 4 anni fa abbiamo<br />

approvato, con voto unanime, in un Comitato <strong>Nazionale</strong>, di cui già<br />

facevo parte, una proposta di lavorare per commissioni di lavoro ed è<br />

da quattro anni che questo è stato sotterrato. Non mi interessa per quale<br />

motivo, ma è stato sotterrato. Serve continuare a sotterrarlo? Non<br />

serve. Bisogna che noi usciamo con questo tipo di proposta.<br />

Commissioni di lavoro, che cosa vuol dire? Vuol dire che c’è una<br />

commissione centrale, che poi chiaramente si riverbera nelle commissioni<br />

provinciali e se fosse possibile di sezione, in cui i gruppi di compagni<br />

lavorano su questioni politiche, su questioni culturali, su questioni<br />

economiche, su quello che vogliamo, e propongono alla società<br />

italiana incontri ufficiali: convegni, dibattiti, libri. Tutte le cose che noi<br />

dobbiamo andare a proporre all’esterno, perché altrimenti è inutile che<br />

noi continuiamo a dire che “l’ANPI deve essere coscienza critica”; ma<br />

se nessuno lo sa che noi siamo coscienza critica è inutile che noi continuiamo<br />

a dircelo qui, al nostro interno. Bisogna che ne usciamo.<br />

Come si fa ad uscirne? Evidentemente ci sono degli strumenti.<br />

Quanti strumenti abbiamo? Pochi. Però qualcosa abbiamo. Sono conosciuti?<br />

Non sono conosciuti. Vado un po’ per le sezioni, sia nel<br />

Milanese, sia, adesso, in qualche <strong>Congresso</strong> provinciale in giro per<br />

l’Italia. Quando vado nelle sezioni dico: “Patria indipendente la conoscete?”.<br />

Molti non sanno neanche che esista. Mi meraviglio di questo<br />

perché l’unico strumento che abbiamo, mensile, che esce da innumerevole<br />

tempo, che è stato soggetto a cambiamenti importanti, ultimamente,<br />

non viene conosciuto e non è letto come dovrebbe.<br />

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Ora siamo arrivati a 130.000 iscritti; Patria distribuisce 5-6 o 7.000<br />

copie, non so quante di preciso. Dobbiamo aumentarle. Dovremo fare<br />

un lavoro su questo, ma chi lo fa? È chiaro che ci dovrebbe essere un<br />

gruppo di persone che lavora su queste cose e propone attività culturali<br />

e sui mezzi di informazione, ma con agibilità politica, chiaramente<br />

poi rispondendo al Comitato <strong>Nazionale</strong> oppure a quelli Provinciali. Per<br />

esempio sul sito perché non pensare a una rivista teorica? Ma per fare<br />

questo non è che noi veniamo qui e ognuno pensa qualcosa e ce lo dice,<br />

deve essere frutto di un lavoro organizzato continuo. Dobbiamo fare<br />

questo altrimenti è tutto inutile. E se è inutile, torno a dire, questo<br />

<strong>Congresso</strong> sarà servito a scaldarci il cuore ma non sarà servito a lavorare<br />

politicamente.<br />

Ora, queste cose non le metto in una mozione perché mi sentirei<br />

anche un po’ ridicolo, visto che è da anni che vado ricordando che noi<br />

abbiamo già votato questa cosa quattro anni fa a Sesto San Giovanni –<br />

voto unanime – e me lo ricordo bene perché lo avevo scritto io quell’ordine<br />

di lavori, l’ho letto all’assemblea ed è stato votato da tutto il<br />

Comitato <strong>Nazionale</strong>.<br />

Quindi non faccio la proposta ma mi piacerebbe che anche gli altri<br />

interventi arrivassero a questa determinazione, dicessero qualcosa da<br />

questo punto di vista. Perché non basta dire quanto è stata bella la<br />

Resistenza e quanto siamo belli adesso. In mezzo sono passati 65 anni<br />

ed è successo di tutto.<br />

Per esempio: uno dei primi articoli della Costituzione che parla del<br />

lavoro – qualcuno l’ha ricordato – dice che deve essere qualcosa che<br />

rende l’uomo contento, felice, potente nelle sue espressioni; diciamo,<br />

che lo realizza. Non c’è bisogno di tanta intelligenza per capire che il<br />

lavoro interinale, a tempo, i co.co.co. e tutto il resto, non portano a questa<br />

realizzazione. E allora perché tutti i partiti, compresi quelli di sinistra,<br />

hanno votato – mi ricordo il “pacchetto Treu” che è stato l’inizio<br />

– e queste cose non si dicono?<br />

La legge elettorale. Chi c’era in Parlamento un po’ di tempo fa? Il<br />

centrosinistra. L’ha fatta questa legge? Non l’ha fatta. E allora noi su<br />

questo dobbiamo avere una nostra posizione. Non possiamo continuare<br />

a dire che il mondo è brutto, che non ci vuole bene; che c’è<br />

Berlusconi…<br />

Lo abbiamo capito tutti: ma ci siamo anche noi. E su questo dobbiamo<br />

lavorare politicamente e proporre; non basta che l’ANPI aderisca<br />

a tutte le iniziative che vengono fuori. Deve proporre, proporre. È<br />

chiaro che non è un partito ma deve lavorare come un partito: cioè pro-


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porre attività e risoluzioni politiche reali; quello che Marx chiamava “il<br />

terreno pratico critico” (sono le tesi su Feuerbach). Se non arriviamo lì<br />

e non l’organizziamo è inutile che ci ritroviamo per dire quanto siamo<br />

bravi, quanto siamo belli. Questo lo sappiamo già.<br />

Lavoriamo politicamente! Grazie.<br />

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TERZA SEDUTA<br />

Centro Congressi<br />

“Torino Incontra”<br />

venerdì 25 marzo 2011<br />

ore 15.00<br />

Presiede i lavori: Carla Nespolo


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Didala Ghilarducci<br />

ANPI Lucca<br />

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Care compagne e cari compagni,<br />

sono molto felice ed emozionata di parlarvi in occasione di questo<br />

nostro <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>. Spero lavoreremo veramente tutti<br />

insieme, affinché da queste giornate la “nuova stagione dell’ANPI”<br />

esca rafforzata; con testa, braccia e gambe profondamente rinnovate.<br />

Attorno al rinnovamento dell’ANPI si muovono i nuclei tematici presenti<br />

nei nostri documenti congressuali. E questa parola è risuonata<br />

costantemente nei nostri congressi, declinata in modi diversi, come<br />

diverse sono le realtà in cui agiamo e viviamo e diversi sono i percorsi<br />

di vita di ciascuno di noi.<br />

La fedeltà agli ideali e ai valori della Resistenza ci ha dato il coraggio<br />

e la saggezza di porre mano al rinnovamento della nostra<br />

Associazione, spero con forza che con i medesimi ideali nel cuore in<br />

questo <strong>Congresso</strong> noi riusciremo a portare a termine in modo deciso<br />

questo percorso.<br />

Lo dico soprattutto a quelli della mia generazione, a coloro che<br />

hanno “inventato” l’ANPI, l’hanno fatta crescere come un miracolo<br />

dalle macerie dell’Italia distrutta dalla guerra cercata e voluta dall’infame<br />

regime fascista che appestava la nostra terra: sproniamo e rafforziamo<br />

con decisione il processo di rinnovamento che abbiamo avviato!<br />

Lo dobbiamo alla nostra ANPI che abbiamo curato con affetto e<br />

dedizione in nome dei nostri martiri, a tutela della Costituzione nata<br />

dalla Resistenza, per la salvezza dell’Italia democratica ed antifascista.<br />

Sono cosciente delle difficoltà e dei rischi che ci richiamano alla prudenza,<br />

ma andiamo avanti. Credo che le nostre radici siano abbastanza<br />

forti. I documenti congressuali contengono molte sollecitazioni alla<br />

riflessione, sollevano interrogativi. Vorrei riproporvene alcuni che sono<br />

stati oggetto di discussioni appassionate nei congressi della nostra provincia.<br />

• La vigilanza antifascista, da non abbassare mai e da sviluppare<br />

sempre nel rispetto delle regole democratiche. Dobbiamo ricercare<br />

vaste alleanze, proprio perché l’ANPI è la casa di tutti gli antifascisti.<br />

Contemporaneamente, richiamare con fermezza e autorevolezza<br />

le istituzioni, nelle diverse articolazioni, ad applicare la<br />

Costituzione che vieta la ricostituzione del partito fascista.<br />

• La battaglia per la cultura democratica e antifascista deve essere<br />

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assunta a pieno dall’ANPI. Dobbiamo avere maggior coscienza<br />

che qualsiasi progetto sulla “questione morale”, su come ricondurre<br />

nella legalità il Paese, non potrà attuarsi senza un nuovo<br />

senso di cittadinanza responsabile e partecipativa. Per questo<br />

occorre aprirsi al mondo delle nuove culture multimediali, innervandovi<br />

il nostro patrimonio ideale. Dobbiamo lavorare meglio<br />

con la rete degli Istituti della Resistenza, comprendere meglio<br />

come sollecitare le espressioni della cultura operaia, popolare, di<br />

genere. Il quotidiano meticciamento culturale che l’Italia sta<br />

vivendo, non senza problemi, deve avere spazi, voce e attenzione.<br />

Perché da questo, dal basso, può scaturire una nuova cultura<br />

dei diritti rispettosa delle diversità che ci aiuti a contrastare i<br />

rigurgiti nazifascisti, i vecchi e i nuovi razzismi.<br />

• Dobbiamo riconoscere che abbiamo bisogno di proseguire, con<br />

grande laicità, il confronto su nodi per noi essenziali come difesa<br />

dei diritti, forme di lotta, pacifismo. Credo che aprire un confronto<br />

aperto e onesto su questi temi ci farà crescere e avvicinerà<br />

tante altre persone all’ANPI. Così come credo non rinviabile un<br />

bilancio critico su modi e metodi degli interventi dell’ANPI verso<br />

studenti e docenti.<br />

• Per sopportare, in una situazione politica così complessa e drammatica,<br />

la mole pesante dei compiti che statutariamente ci siamo<br />

dati, deve migliorare la capacità di lavorare insieme: le Sezioni<br />

devono muoversi nel territorio in modo più coordinato, e credo<br />

sia da rafforzare il ruolo del livello regionale. Abbiamo bisogno<br />

di autorevoli rappresentanti per interagire con le Regioni. Ai<br />

diversi livelli, Comitati e Presidenze devono trovare spirito di<br />

collegialità, più di quanto avviene oggi. Solo così generazioni<br />

diverse potranno lavorare insieme, mosse da comuni ideali. Sento<br />

dire troppo spesso che i giovani devono ascoltare e imparare. Ho<br />

tanti nipoti e pronipoti, di giovani me ne intendo. Non è che i giovani<br />

non hanno esperienza, portano nell’ANPI esperienze e risorse<br />

diverse!<br />

Ragazze e ragazzi, proseguite il nostro impegno iscrivendovi<br />

all’ANPI, accogliete la memoria e l’eredità morale di coloro che ci<br />

furono sorelle e fratelli di lotta e non fecero più ritorno. E l’impegno a<br />

vivere anche il contrasto più duro sotto il segno del rispetto delle regole<br />

democratiche. Ho fiducia in voi, so che siete ricchi di competenze e<br />

fantasia. Ma vi chiedo grande rispetto per l’ANPI, perché l’abbiamo


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costruita con il cuore, come casa degli antifascisti, a difesa della<br />

Costituzione, come scuola di democrazia, come progetto di Pace.<br />

Fatela diventare, più grande, più forte ma non snaturatela.<br />

Noi l’abbiamo tanto amata e ne siamo tutt’ora gelosi perché, vedete,<br />

quando siamo nella nostra sede e lavoriamo per il bene del Paese,<br />

per i diritti di tutti gli uomini e di tutte le donne, sentiamo che insieme<br />

a noi ci sono anche i nostri ragazzi, quelli che non sono più tornati. E<br />

allora, in nome dei nostri ideali, ci sembra di poter sconfiggere anche<br />

il tempo.<br />

Giovanni Simoncelli<br />

ANPI Perugia<br />

Dagli interventi di coloro che mi hanno preceduto sono sorte alcune<br />

osservazioni sulla relazione del Presidente Raimondo Ricci, presentata<br />

come documento congressuale ufficiale. Nel nostro <strong>Congresso</strong> provinciale<br />

non abbiamo sollevato critiche, l’abbiamo accettata integralmente,<br />

dal punto di vista politico e dal punto di vista culturale. Però<br />

l’abbiamo considerata indicativa, cioè una base per sviluppare le nostre<br />

argomentazioni. I nostri approfondimenti li abbiamo condensati in cinque<br />

ordini del giorno, votati all’unanimità, che enumero e commento<br />

brevemente e poi depositerò alla Presidenza, per essere presi in considerazione<br />

anche da questa assemblea.<br />

Il prossimo referendum del 12 e 13 giugno. Abbiamo redatto un<br />

ordine del giorno, invitando a votare 4 Sì, a tutti i quesiti referendari,<br />

affinché gli iscritti e l’ANPI provinciale avessero lo strumento per<br />

esprimersi nella campagna referendaria. Con questa deliberazione<br />

siamo entrati nel processo politico, legittimati da una decisione congressuale,<br />

dandoci anche degli obiettivi unitari.<br />

Art. 11 della Costituzione. In questo Odg, l’ANPI di Perugia afferma<br />

che le missioni di pace vanno effettuate non con le armi, ma con<br />

metodi non violenti inviando, al posto dell’esercito, la Protezione<br />

Civile, la Croce Rossa, Emergency e le altre ONG, che con il loro<br />

operato stanno dimostrando sul campo la praticabilità e l’efficacia degli<br />

interventi di sostegno umanitario. Non bisogna dimenticare che l’Italia<br />

ripudia la guerra come strumento di risoluzione dei conflitti fra i<br />

popoli.<br />

Difesa del Museo <strong>Nazionale</strong> di Via Tasso. Il <strong>Congresso</strong> di Perugia<br />

e – considerato che già se ne è parlato – il <strong>Congresso</strong> nazionale, viste<br />

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le difficoltà economiche nelle quali versa il Museo della Liberazione di<br />

Via Tasso, derivate dai pesanti tagli del governo, dovrebbe invitare<br />

l’ANPI nazionale a promuovere una sottoscrizione in tutta Italia e a<br />

sollecitare le istituzioni locali – Regioni, Province e Comuni – a prendere<br />

in adozione questo luogo storico, ove furono torturati e detenuti<br />

più di 2.000 antifascisti, divenuto simbolo nazionale della Resistenza.<br />

Per attuare questa iniziativa si propone di istituire un coordinamento<br />

centrale. Non necessariamente nella segreteria di Roma, anche in un<br />

altro Comitato provinciale.<br />

Il problema della guerra civile. Questo tema da noi è emerso molte<br />

volte. Spero che questo Odg che presentiamo venga preservato così<br />

come è stato scritto. Mi permetto di leggerlo poiché è un tema sempre<br />

aperto, anche nell’ambito della sinistra: “Il <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> e i<br />

Partigiani viventi condannano la definizione di guerra civile che da più<br />

parti, purtroppo, viene data alla Resistenza e riaffermano con vigore e<br />

con orgoglio che la Resistenza è stata guerra di Liberazione del suolo<br />

italiano dall’invasione tedesca e dalle nefande e dolorose ideologie del<br />

nazismo e del fascismo. Rendendo onore ai 45.000 partigiani morti e a<br />

tutti coloro che si sono opposti al nazifascismo, richiamano il comandante<br />

Arrigo Boldrini “Bulow” che diceva «Noi abbiamo combattuto<br />

insieme per conquistare la libertà di tutti; per chi c’era e per chi non<br />

c’era, e anche per chi era contro»”.<br />

La Magistratura. Come già nel nostro <strong>Congresso</strong>, anche in questa<br />

sede di Torino sono stati evocati gli attacchi portati costantemente dal<br />

governo alla Magistratura. Noi siamo approdati a questo Odg: “Il<br />

<strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> disapprova gli attacchi che il governo porta<br />

all’autonomia e alla indipendenza della Magistratura e condanna le<br />

modifiche della Costituzione che sono in agenda parlamentare, come la<br />

cancellazione dell’Art. 112, perché creano estrema eversione e minano<br />

alle fondamenta la convivenza civile, l’uguaglianza di tutti i cittadini di<br />

fronte alla legge e l’impianto democratico instaurato dall’Assemblea<br />

Costituente. L’ANPI impegna tutte le sue strutture per riaffermare questi<br />

princìpi e si affianca all’Associazione <strong>Nazionale</strong> Magistrati che sta<br />

difendendo e salvaguardando il livello di civiltà e democrazia conseguito<br />

dal popolo italiano con la Resistenza”. Questo ordine del giorno<br />

lo manderemo all’Associazione <strong>Nazionale</strong> Magistrati di Perugia. Spero<br />

che il <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> lo invii all’ANM di Roma, che riunisce<br />

tutte le sezioni locali. Condanniamo anche la nuova iniziativa di questi<br />

ultimi giorni che attiene l’istituto della conciliazione. Cioè quell’istituto<br />

che superando la fase del giudizio (cioè extragiudiziale) ci riporta al


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tempo dei Longobardi. Un istituto barbaro, pensato per i ricchi e per i<br />

potenti.<br />

In chiusura, alcune proposte organizzative.<br />

1. Nel nostro dibattito siamo giunti alla conclusione che il federalismo<br />

fiscale sarà un elemento destrutturante della nostra Nazione e porterà<br />

a un impianto nuovo della società italiana. L’impegno<br />

dell’ANPI, nel suo mandato di difesa della Repubblica nata dalla<br />

Resistenza, deve organizzarsi per far rigettare il federalismo fiscale.<br />

Anche a Perugia abbiamo ipotizzato una proposta simile a quella<br />

del comandante Rendina: l’ANPI deve raccogliere intorno a sé<br />

tutti i movimenti, le associazioni, i forum, i giornali, i sindacati, i<br />

partiti per costituire un nuovo Comitato di Liberazione nazionale.<br />

Deve dare vita a una sorta di istituto o comitato, con consulenza<br />

anche storica, che diventi fonte di scienza sociale per la stesura di<br />

disegni di legge applicativi delle norme costituzionali da presentare<br />

al Parlamento e ai Consigli regionali.<br />

2. Altro progetto operativo: l’ANPI dovrebbe istituire a livello nazionale<br />

una scuola di democrazia che metta a disposizione premi e<br />

borse di studio, con concorsi, stages, campi estivi, masters per tutti<br />

gli studenti delle scuole medie inferiori, superiori e delle università.<br />

La scuola potrebbe organizzarsi in una rete antifascista con tutti<br />

gli Istituti storici, i musei della Resistenza, le Fondazioni intitolate<br />

ai padri della Repubblica, come quelle dedicate a Ferruccio Parri,<br />

Pietro Nenni, Antonio Gramsci, Lelio Basso, Piero Calamandrei,<br />

Sandro Pertini, Ugo La Malfa, Alcide De Gasperi e altre. Il progetto<br />

dovrebbe avvalersi della collaborazione dei Comitati provinciali.<br />

Questa rete vivificherà le suddette fondazioni e ridarà linfa alle idee<br />

e alle storie che hanno fatto la Resistenza, hanno fondato la<br />

Repubblica e hanno scritto la Costituzione.<br />

Vi ringrazio di avermi ascoltato, auguri a tutti.<br />

Nazareno Re<br />

ANPI Marche<br />

Care compagne e cari compagni,<br />

in questi mesi di lavoro che ci hanno portato al <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong><br />

ho avuto l’onore – si dice sempre così – in realtà l’onere pesante, ma al<br />

tempo stesso molto gratificante, di partecipare a molti Congressi. Ne ho<br />

seguiti 10, in giro per l’Italia. E ho toccato con mano che la “nuova sta-<br />

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gione dell’ANPI” si è concretizzata in una Associazione del tutto<br />

nuova. Seguendo i dibattiti, conoscendo tante persone, compagne e<br />

compagni, ho scoperto che l’Associazione è straordinariamente viva e<br />

vitale, molto più di quanto si possa immaginare. Ho potuto ascoltare –<br />

e ne abbiamo avuta un’eco anche stamane – raffinate analisi sulla<br />

situazione politica, sociale, internazionale. A testimonianza del fatto<br />

che nella nostra Associazione sono presenti accanto ai giovani, alle<br />

donne – a tutte quelle strane categorie che definiamo sociologicamente<br />

in questo modo – anche gli intellettuali, cioè coloro che riflettono,<br />

pensano, scrivono. Quelli che una volta si chiamavano intellettuali<br />

“engagé”, che si schierano, prendono parte.<br />

Abbiamo iniziato una bella esperienza un anno fa, quando chiamammo<br />

a raccolta intellettuali e artisti, a livello nazionale, chiedendo<br />

di “metterci la faccia”, cioè di definirsi “italiani di Costituzione”. Non<br />

è rimasta un’esperienza isolata: è divenuta un torrente che ha percorso<br />

tutto il Paese.<br />

Questi intellettuali, professori universitari, artisti, giornalisti sono<br />

tanti, vengono da noi, in ogni ANPI provinciale. Nei partiti non vanno<br />

più, ne stanno alla larga. Il ruolo degli intellettuali nei partiti costituisce<br />

un dibattito superato dalla deriva politica degli ultimi anni. Nella<br />

bella relazione di ieri Zagrebelsky ci parlava di casta, di giro… Ebbene,<br />

agli intellettuali che hanno ancora voglia di schierarsi chiediamo di<br />

dichiarare la loro appartenenza alla Carta Costituzionale e di dare il<br />

loro contributo su questa base.<br />

Vengono nell’ANPI perché significa frequentare un luogo politico<br />

che consente di sfuggire a quella morsa di cui parlava Zagrebelsky: la<br />

casta e il giro, i ricattatori e i ricattati. Senza dover scegliere il silenzio,<br />

ritirandosi e chiudendosi in casa.<br />

Ho partecipato al <strong>Congresso</strong> di Pescara e a un certo punto si è presentato<br />

un signore distinto, dichiarando: “Sono il Procuratore della<br />

Repubblica di questa città, però non sono qui per portarvi il saluto della<br />

Procura; sono qui perché come cittadino iscritto all’ANPI voglio respirare<br />

l’aria buona di questa Associazione”.<br />

Sono stato al <strong>Congresso</strong> dell’Aquila: città martire, la possiamo definire.<br />

Consiglio a chi voglia provare emozioni fortissime di fare un giro,<br />

come hanno fatto fare a me, nel centro storico; davvero, solo nei film<br />

più forti e più duri si possono vedere scene del genere. Una città morta,<br />

transennata, chiusa, presidiata dai militari, dove vagano come ombre<br />

poche persone (quella mattina eravamo 3 o 4 in tutto). Eppure al<br />

<strong>Congresso</strong> – un congresso di rinascita, di rifondazione – c’erano il vec-


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chio e il nuovo rettore dell’Università, c’era una miriade di professori,<br />

di insegnanti, di specialisti delle più varie discipline. Perché? Perché,<br />

tutti dicevano nei loro interventi – visto che non c’è più una città, non<br />

c’è più niente, non c’è più la sensazione della vita – forse l’ANPI è il<br />

“luogo” dove è possibile ricostruire un senso e riconoscersi. Pensate un<br />

po’ di cosa stiamo parlando!<br />

Da cosa deriva tutto ciò? È un incidente della storia, un caso fortuito<br />

di questo momento, un’ansa della storia in cui l’ANPI incontra tutti<br />

questi disagi? No, a mio parere no. Proviene dal fatto che<br />

l’Associazione fa per davvero iniziativa politica sul territorio. Oltre a<br />

rappresentare, naturalmente e storicamente, i Partigiani combattenti,<br />

dalla straordinaria autorità morale e civile.<br />

Quindi l’iniziativa politica dell’ANPI c’è e produce frutti, risultati.<br />

Il <strong>Congresso</strong> è in gran parte l’esito di questa semina, nei mesi e negli<br />

anni. Tutto ciò è possibile senza bisogno di scimmiottare i partiti, di<br />

rincorrerli, copiarli o mutuarne i meccanismi; anzi, con un’attenzione<br />

sempre forte a essere “altra cosa”. L’autonomia di cui stamane si è parlato<br />

in diversi interventi è uno dei nostri beni più preziosi. Adesso dico<br />

una cosa che potrà sembrare paradossale, ma non è così. Proprio perché<br />

ho imparato a conoscere questa Associazione girando l’Italia.<br />

L’ANPI che ho sommariamente descritto andrà avanti, continuerà a<br />

lavorare, continuerà a ottenere successi, a incontrare problemi e difficoltà<br />

e a risolverli. Ecco il paradosso: l’Associazione andrà avanti a<br />

prescindere dalla qualità dei risultati di questo <strong>Congresso</strong>.<br />

Abbiamo ripetuto che è un <strong>Congresso</strong> straordinario, di portata storica,<br />

di svolta per la nostra Associazione. Che non significa cancellare,<br />

rinnegare. Assolutamente no. Vuol dire portare avanti il lavoro straordinario<br />

di cui parliamo da tanti anni: l’eredità vivente della Resistenza,<br />

i partigiani che consegnano il loro patrimonio alle generazioni successive.<br />

Questa però rischia di rimanere soltanto una dichiarazione di<br />

intenti se non la rendiamo concreta.<br />

Questo <strong>Congresso</strong> ha di fronte a sé due strade. La prima è quella di<br />

dire: “Non creiamoci problemi, lasciamo le cose come stanno, senza<br />

forzature e chiudiamo questo <strong>Congresso</strong> con il massimo dell’unità possibile”<br />

(che dobbiamo per davvero perseguire). L’altra strada è quella<br />

di dire “no”, in questo momento, in questo passaggio così difficile e<br />

complesso ma nello stesso tempo entusiasmante, dobbiamo fare lo<br />

sforzo di rappresentare questo cambiamento e renderlo visibile.<br />

Vi invito a riflettere sulla sproporzione tra i compiti che<br />

l’Associazione ha messo in moto sul territorio e le forze di cui dispone<br />

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(che non sono solo le forze in senso stretto, le forze militanti, organizzate).<br />

Il problema è se l’Associazione per come è strutturata e organizzata,<br />

per i suoi gruppi dirigenti e, consentitemelo, per il gruppo dirigente<br />

nazionale – e a cascata tutti gli altri – è adeguata a presentare<br />

questo cambiamento.<br />

Prima dicevo che l’ANPI sul territorio andrà avanti lo stesso perché<br />

le spinte, le pressioni e l’entusiasmo di fare ci sono. Spero che dal<br />

<strong>Congresso</strong> usciremo con la consapevolezza e i cambiamenti concreti<br />

anche della nostra Associazione.<br />

Piero Cossu<br />

ANPI Sassari<br />

Con grande orgoglio, compagne e compagni, intervengo a nome<br />

della Sardegna al <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> dell’ANPI. In punta di piedi, rispettando<br />

quel che ha detto la compagna Partigiana poco fa.<br />

La Sardegna è anche terra di emigrazione. Abbiamo dato sardi al<br />

mondo e anche – tanti – alla lotta di Liberazione di questo Paese. Li<br />

abbiamo dati a Bassano del Grappa, alle Fosse Ardeatine e ovunque si<br />

è combattuto per la libertà. Ringraziamo le Partigiane e i Partigiani che<br />

con il <strong>Congresso</strong> del 2006 ci hanno consentito di partecipare a questa<br />

importante assise che dovrebbe essere da esempio a tutti gli italiani.<br />

Da un anno stiamo lavorando nella nostra regione per costituire<br />

Sezioni l’ANPI in tutte le province. Ci siamo riusciti finora in 7 su 8,<br />

con oltre 800 iscritti. L’ANPI di Cagliari è una bella realtà, con sezioni<br />

nel territorio; a un mese dal <strong>Congresso</strong> di Sassari abbiamo raddoppiato<br />

gli iscritti. Stiamo spendendo il vostro prestigio, la vostra coerenza,<br />

la vostra etica, la vostra dirittura morale. Ne faremo tesoro. Vi<br />

garantiamo che non la intaccheremo, non la scalfiremo.<br />

Permettetemi di riallacciarmi ad alcune cose dette ieri dal prof.<br />

Zagrebelsky dalle quali sono rimasto profondamente colpito. La<br />

“democratura”, il ciclo vitale della democrazia: la nascita, la crescita, il<br />

consolidamento e il declino, un ciclo che dura 60 anni. Sono rimasto<br />

impressionato: sono sessantenne, e ho cercato di mettere in relazione il<br />

percorso biologico di un uomo, di una donna, con quello di<br />

un’Associazione come la nostra. Un’associazione non può morire<br />

come un essere umano. Per questo il nostro terreno di lavoro devono<br />

essere i giovani. Non si può prescindere. E se vogliamo parlare ai giovani<br />

non possiamo dimenticarci la scuola.


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Compagne e compagni, possiamo costruire tutti gli strumenti che<br />

riteniamo opportuni, ma se la scuola italiana non è pubblica, laica,<br />

democratica, antifascista, noi abbiamo perso. È lì che si costruiscono le<br />

coscienze e si formano le giovani menti dei ragazzi e delle ragazze. E<br />

per la prima volta i tempi dei giovani sono più difficili dei nostri (che<br />

facili non sono stati, almeno all’inizio).<br />

Accanto alla questione della scuola, altri due temi: la libertà e il<br />

lavoro. Sono sinonimi, non possono essere disgiunti: il lavoro senza la<br />

libertà somiglia ad Auschwitz, la libertà senza il lavoro non assomiglia<br />

a niente, semplicemente non è libertà perché non c’è dignità. Del tempo<br />

che passa inutilmente un giovane non se ne fa niente. E allora queste<br />

due parole devono andare sempre insieme.<br />

In Sardegna un giovane su due è disoccupato; il 46% dei ragazzi<br />

sardi non fa niente. L’emblema del non fare niente è l’isola<br />

dell’Asinara: un carcere per mafiosi, oggi è diventato l’emblema delle<br />

lotte per il lavoro dei sardi, e non solo. Di tutti.<br />

Un ultimo tema. Non ho nessuna recriminazione nei confronti dei<br />

partiti politici. Molte delusioni, molte amarezze, per la storia della sinistra<br />

in questo Paese. Non possiamo essere surrogato di niente, non possiamo<br />

sostituirci a niente: l’ANPI prima, solo e soltanto per l’ANPI,<br />

con rispetto. L’autonomia, per come la intendo io, non è lontananza,<br />

non è abiura: è semplicemente riaffermare la nostra storia, quella dei<br />

partigiani, quello che vogliamo essere per il futuro. Se vogliamo futuro<br />

dobbiamo avere una proposta politica autonoma e libera. Solo così<br />

Francesca Parmigiani<br />

ANPI Brescia<br />

Questo <strong>Congresso</strong> – il <strong>15°</strong> per l’ANPI – si svolge in un momento<br />

politico estremamente delicato, connotato da un degrado etico, morale<br />

e civile del tutto inedito; da una crisi economica sempre più drammatica,<br />

che colpisce milioni di lavoratori e di famiglie; da un precariato diffuso<br />

che priva di futuro e di prospettive i giovani; dall’acuirsi e aggravarsi<br />

della questione morale che delinea un quadro di corruzione diffusa<br />

capillarmente.<br />

Invalsa da ormai troppo tempo è anche la tendenza al restringimento<br />

di tutti gli spazi e le sedi di discussione e all’esautoramento di tutti<br />

gli organi rappresentativi, dal Parlamento ai Consigli comunali, questi<br />

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ultimi svuotati di potere da Sindaci-sceriffi, alcuni dei quali si collocano<br />

al di sopra e al di fuori delle regole, grazie alla complicità di un partito<br />

– la Lega Nord – le cui esternazioni non possono più essere considerate<br />

come episodi di folclore locale. Stiamo assistendo a una deriva<br />

antidemocratica e populista che minaccia di intaccare – se non l’ha già<br />

fatto – gli equilibri e le garanzie poste a difesa della democrazia dalla<br />

Costituzione repubblicana del ’48, nata dalla Resistenza.<br />

Perché la vera cifra del “caso-Ruby” è rappresentata dall’abuso di<br />

potere; un potere che non conosce limiti, che è privo di misura – sia<br />

nella dimensione pubblica che in quella privata – e ha la pretesa di<br />

rimanere impunito, svincolato dalla legge e da ogni controllo. Questa<br />

caratteristica contraddistingue anche la preoccupante riforma costituzionale<br />

della giustizia – che altera il principio della separazione dei<br />

poteri, subordinando il giudiziario all’esecutivo – rispetto alla quale<br />

l’ANPI credo debba urgentemente prendere posizione.<br />

Rispetto allo scenario allarmante che ho brevemente tratteggiato,<br />

mi conforta, tuttavia, sapere che non assisteremo inerti a questo scempio.<br />

Da qualche tempo, infatti, donne, lavoratori, studenti, mondo della<br />

cultura si sono mossi, guidati da un sentimento comune.<br />

Questo sentimento si chiama dignità: la dignità nel lavoro, che<br />

non può essere riconsegnato al potere autocratico di nessun padrone;<br />

la dignità nel costruire liberamente la propria personalità, che trova<br />

fondamento nell’accesso alla conoscenza e nella produzione di sapere<br />

critico, entrambi mortificati dalla riforma Gelmini; la dignità di<br />

ogni persona, a partire dalle donne, che si sono ribellate di fronte a<br />

una concezione del loro corpo come merce da esibire e consumare sul<br />

letto privato o sulle poltrone pubbliche e hanno compreso come il<br />

vero obiettivo del cosiddetto “modello veline” sia la volontà di cancellare<br />

con un colpo di spugna la storia delle donne della Sinistra italiana<br />

e le loro conquiste, iniziate proprio con la partecipazione attiva<br />

alla Resistenza.<br />

E dalla mercificazione dei corpi femminili si arriva alla marchiatura<br />

simbolica dei corpi degli stranieri, mortificati nei diritti fondamentali<br />

dal pacchetto-sicurezza e dalle miopi politiche in materia di immigrazione<br />

di questo Governo. Un tema, quello dell’immigrazione,<br />

riesploso prepotentemente con la ripresa della mai sopita tragedia dei<br />

barconi carichi di disperati, in fuga dal terremoto politico che sta coinvolgendo<br />

il mondo arabo.<br />

In una situazione come quella tratteggiata si pone più che mai l’esigenza<br />

di un rinnovato ancoraggio alla Carta costituzionale, ultimo


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baluardo rimasto. Perché non c’è spazio per la legalità se la legge più<br />

alta viene ignorata o vilipesa. In un tale contesto l’ANPI deve rivendicare<br />

più che mai la propria natura di associazione custode della vicenda<br />

storica con cui il nostro Paese ha saputo riscattarsi dal sonno della<br />

ragione nel quale era precipitato durante il ventennio fascista.<br />

In questi anni la fisionomia dell’Associazione è profondamente<br />

cambiata. L’ANPI è ormai divenuto il luogo in cui può esprimersi la<br />

passione civile che anima tanti giovani che non si riconoscono più, purtroppo,<br />

nella politica dei partiti attualmente in campo e ai quali è necessario<br />

ridare quella speranza di cui si sentono privati. L’ANPI è divenuto<br />

il rifugio di chi sente la necessità di una politica alta, intesa come cittadinanza<br />

civile attiva, non ingessata nelle cautele, nelle rendite di posizione,<br />

nelle logiche oligarchiche e negli egoismi identitari.<br />

Badate bene, l’ANPI non vuole e non deve sostituirsi ai partiti (guai<br />

se lo facesse), ma credo abbia oggi, grazie alla sua nobile e autorevole<br />

storia, il fondamentale compito di non disperdere e tenere uniti i frammenti<br />

smarriti di un’Italia migliore, pulita e onesta. È un patrimonio<br />

che non possiamo permetterci vada perduto. Perché c’è più che mai<br />

bisogno di voce, di autoriconoscimento e di esposizione collettivi.<br />

È questo bisogno di radici solide in cui riconoscersi, di coerenza e<br />

di credibilità che spinge tanti giovani ad iscriversi all’ANPI, ad avvicinarsi<br />

alla nostra associazione.<br />

Ragazze e ragazzi che chiedono che la Resistenza non sia solo<br />

memoria del passato, ma esercizio del presente; che sentono il dovere<br />

di difendere la Carta Costituzionale dai pesanti attacchi di chi la considera<br />

solo un insieme di fastidiosi vincoli da rimuovere; che credono<br />

nella necessità di un nuovo antifascismo, considerati i recenti tentativi<br />

della destra di equiparare partigiani e repubblichini, attraverso una proposta<br />

di legge – già in calendario in Commissione Difesa alla Camera<br />

– dal titolo apparentemente innocuo, ma nella quale si cela il chiaro<br />

intento politico di riconoscere un valore patriottico alla scelta di chi<br />

sostenne gli invasori nazisti; che vogliono che i fenomeni di neofascismo<br />

siano combattuti attraverso l’applicazione – anche per via giudiziaria,<br />

se necessario – della XII disposizione transitoria e finale della<br />

Costituzione.<br />

Se sempre più giovani si iscrivono all’ANPI, credo sia importante<br />

che la nostra Associazione si avvicini sempre più al loro mondo, alle<br />

loro esigenze, ai loro strumenti. Abbiamo di fronte un’importante sfida:<br />

è oggi il momento in cui realizzare concretamente il passaggio del testimone<br />

tra Partigiani e antifascisti, consentendo ai giovani – adesso che<br />

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i Partigiani sono ancora con noi – di inserirsi a pieno titolo nell’associazione,<br />

raccoglierne la storia, l’eredità e l’autorevolezza, per trasmetterle<br />

con forme e mezzi nuovi e più attuali.<br />

I giovani saranno sempre più dalla parte dell’ANPI, solo se l’ANPI<br />

saprà dimostrarsi un’Associazione coerente anche nel rapporto con le<br />

istituzioni di ogni livello. È questo uno dei temi più delicati che il congresso<br />

dovrà affrontare. Una questione che, tuttavia, non possiamo<br />

assolutamente eludere.<br />

Sono convinta che l’ANPI debba dialogare con le istituzioni, qualunque<br />

sia il loro colore politico, ma credo parimenti che non debba per<br />

questo rinunciare a far emergere, a ogni livello, le contraddizioni che<br />

investono alcuni rappresentanti di esse. Personalmente non considero<br />

una conquista il fatto che un Sindaco, un Presidente di Provincia o di<br />

Regione – o lo stesso Presidente del Consiglio – celebrino, facendo<br />

bella mostra di sé e della propria fascia tricolore, la Festa della<br />

Liberazione, portando poi avanti in tutti gli altri giorni dell’anno politiche<br />

incompatibili con i valori espressi dalla nostra Carta<br />

Costituzionale.<br />

Così come non accetto che costoro evochino i nobili valori di libertà,<br />

giustizia, uguaglianza un giorno all’anno e approvino poi quotidianamente<br />

ordinanze, delibere, leggi che calpestano i diritti dei migranti,<br />

riducono gli spazi di libertà, insterilendo il ruolo degli organismi rappresentativi<br />

ad ogni livello, che mortificano istruzione e ricerca, privano<br />

di futuro e prospettive i giovani.<br />

Compito della nostra Associazione oggi è anche far emergere queste<br />

stridenti contraddizioni, perché il rispetto della Costituzione nata<br />

dalla Resistenza non può essere solo una parola vuota da evocare il 25<br />

Aprile.<br />

Solo facendo così l’eredità della Resistenza potrà essere traghettata<br />

da un tempo a un altro e l’ANPI potrà collocarsi in una prospettiva<br />

transgenerazionale, attraendo sempre più giovani in cerca di quella<br />

coerenza ormai così rara nella dimensione pubblica del nostro Paese.<br />

Solo così potremo continuare ad essere protagonisti di una grande<br />

impresa civile e politica. Tutti insieme: i partigiani che sono ancora con<br />

noi, i giovani e gli antifascisti di tutte le generazioni.<br />

Perché se è vero che un Paese senza memoria è un Paese senza futuro,<br />

è quanto mai necessaria la presenza dell’ANPI, che si nutre di<br />

memoria e ci ricorda che, considerato il passato da cui proveniamo, ci<br />

meritiamo un futuro migliore.


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Care compagne e cari compagni, credo che le nostre due parole<br />

d’ordine debbano essere autonomia e autorevolezza. L’autorevolezza<br />

dei Partigiani, ancora così presenti e così giovani di spirito nella nostra<br />

Associazione; l’autonomia della capacità critica, senza riferimento a<br />

partiti e a coalizioni.<br />

Dobbiamo essere spirito critico, aiutare la politica. Combattendo il<br />

peggiore dei nostri nemici: l’ignoranza. Perché tenendo nell’ignoranza<br />

soprattutto le nuove generazioni è più facile controllarle. Sviluppare, al<br />

contrario, un forte spirito critico è la nostra unica via d’uscita, l’unico<br />

mezzo, l’unica arma per interrompere quel ciclo, quel giro di cui parlava<br />

Zagrebelsky. Attraverso l’analisi autonoma della storia e dei fatti<br />

possiamo realmente migliorare questa democrazia. Dobbiamo saper<br />

distinguere ciò che è giusto da ciò che è comodo: è la distinzione fondamentale<br />

che dobbiamo mettere in atto. La riforma voluta dal nostro<br />

presidente del Consiglio dell’Art. 41: ecco, promuovere semplicemente<br />

la libertà d’impresa senza diritti per i lavoratori è comodo ma non è<br />

giusto. Questo sicuramente non è il modo di crescere.<br />

Dobbiamo difendere a spada tratta la nostra Costituzione perché è<br />

l’unico argine verso un regime e una dittatura in questo momento ancora<br />

malcelata. È vero, non siamo in un regime, ma attraverso il controllo<br />

dell’istruzione si arriverà pian piano a rendere le persone incapaci di<br />

pensare con la propria testa. Si arriverà anche a controllare il voto libero,<br />

che dovrebbe appartenere a tutti i cittadini.<br />

Si ha ragione a dire che bisogna fare proposte operative, che è il<br />

momento, ora, di fare qualcosa per andare avanti e mettere in piedi la<br />

“nuova stagione dell’ANPI” di cui si è parlato. Parliamo ai giovani e,<br />

insieme ai partigiani che ancora abbiamo, andiamo nelle scuole e facciamo<br />

ancora di più e meglio quello che già si sta facendo.<br />

Andiamo a spiegare la Costituzione, raccontiamo come è nata.<br />

Forse la faccia di un ventiduenne come me, affiancata a quella di un<br />

Partigiano, può dare un valore aggiunto. Può parlare con una lingua in<br />

parte diversa che per dialogare con i giovani è necessaria. Discutiamo<br />

con i presidi e gli insegnanti, facciamo in modo che nell’offerta didattica<br />

e nell’autonomia di insegnamento che spetta a ogni scuola ci sia<br />

spazio per la Costituzione. Si legga la nostra Carta, perché sia conosciuta<br />

anche la sua storia, i lavori preparatori. Portiamola in giro come<br />

fosse il nostro baluardo.<br />

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Stiamo in guardia: cambiare un solo articolo della Costituzione può<br />

voler dire stravolgerne il senso, perché è fatta di pesi e contrappesi, di<br />

articoli che si bilanciano tra di loro. Facciamo attenzione anche quando<br />

nel documento nazionale proponiamo modifiche o cambiamenti<br />

della seconda parte, perché vale quanto la prima, anzi, forse, in alcune<br />

parti è ancora più importante. Ripeto, un solo articolo ritoccato può<br />

stravolgere i diritti fondamentali sanciti nella prima parte. Poi dobbiamo<br />

ricordarci che vi sono i diritti ma anche gli obblighi e farci carico,<br />

noi prima di tutti, anche di questi. Serve la consapevolezza che ai diritti<br />

si affiancano anche le fatiche, moralità ed etica. Dobbiamo essere noi<br />

a dare l’esempio. Ad avere fiducia nelle istituzioni, aiutarle. Ad essere<br />

anima critica, ad essere attivi.<br />

Proporrei a questa assemblea dell’ANPI di sostenere, come già<br />

abbiamo fatto, il referendum di giugno, di metterci in contatto con le<br />

altre associazioni antifasciste e democratiche a livello europeo per proporre<br />

una moratoria continentale contro il nucleare perché è pericoloso,<br />

perché uccide, perché crediamo che non sia la via giusta per l’energia<br />

del nostro Paese. A cosa serve combattere le centrali in Italia quando,<br />

poco oltre i confini, le abbiamo in Svizzera, in Francia e in tutta<br />

Europa. Dobbiamo essere più internazionali, più coesi con il resto<br />

d’Europa. Mettiamoci al lavoro, rimboccandoci le maniche, è faticoso<br />

ma ne va del nostro futuro.<br />

Viva l’Italia, viva l’ANPI, viva l’antifascismo.<br />

Vito Antonio Leuzzi<br />

ANPI Bari<br />

Partendo proprio dall’ultimo intervento, mi chiedo se siamo in possesso<br />

di tutti gli strumenti per affrontare la forte domanda d’impegno<br />

nella nostra organizzazione. E, soprattutto, come affrontare il rapporto<br />

con la scuola, che richiede consolidate esperienze. Per gli aspetti relativi<br />

alla storia repubblicana non possediamo una narrazione lineare da<br />

offrire.<br />

Questo aspetto negativo è emerso nel corso delle celebrazioni per il<br />

150°. Solo l’intervento autorevole del Presidente della Repubblica,<br />

Giorgio Napolitano, ha evitato il peggio e una deriva neoqualunquista.<br />

In questo ambito non si è prestata attenzione alla storia dell’Italia<br />

repubblicana e sono stati elusi i grandi temi delle battaglie per attuare<br />

la Costituzione nel Secondo dopoguerra. Le forme di solidarietà che


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hanno consentito i grandi balzi in avanti dell’Italia negli Anni 50 e 60<br />

sembrano dissolte. Ci troviamo di fronte persino a nuove forme di razzismo.<br />

Anche il tema della Resistenza sembra avvolto nell’autoreferenzialità<br />

e al Nord si ignora ciò che è avvenuto nell’altra parte d’Italia.<br />

Quando si parla del Sud, della Resistenza al Sud, ancora negli Anni 60<br />

gli antifascisti del Nord chiedevano a quelli meridionali, in particolare<br />

a Tommaso Fiore, di spiegare cosa era accaduto dopo l’8 settembre.<br />

Fiore era invitato a Torino da Antonicelli, Monti, Bobbio a illustrare<br />

l'antifascismo del Sud e ciò che era avvenuto tra il ’43 e il ’46, quando<br />

il Nord era investito dalla lotta resistenziale e da una grande tensione,<br />

militare etica e politica; mentre al Sud ci si trovava di fronte alla reazione<br />

della monarchia e di Badoglio che ricorrevano ai soldati per<br />

imporre un disegno neoautoritario senza Mussolini.<br />

Vorrei ricordare che a due giorni di distanza dalla caduta del regime,<br />

a Bari, fascisti e militari aprirono il fuoco contro un corteo di studenti<br />

e di insegnanti che inneggiavano alla caduta di Mussolini al grido<br />

“viva la libertà”. Il bilancio di quella giornata fu di oltre venti morti e<br />

circa cinquanta feriti. Ma anche dopo l’otto settembre il Sud per alcune<br />

settimane ha conosciuto la violenza e le stragi naziste contro militari<br />

sbandati e popolazione civile. La storiografia ha impiegato mezzo<br />

secolo per riconoscere questi aspetti.<br />

Si tratta di vicende rapidamente dimenticate. Non si ricorda più<br />

nemmeno come Giuseppe Di Vittorio è riuscito a traghettare il ribellismo<br />

meridionale nella democrazia, fissando uno stretto legame tra le<br />

esperienze degli operai nella Resistenza dell’Italia Centro-settentrionale<br />

con quella dei contadini nel Mezzogiorno, in lotta contro la reazione<br />

e il blocco agrario. La battaglia contadina nel Mezzogiorno si è sviluppata,<br />

infatti, senza soluzione di continuità, anche lungo gli anni del<br />

fascismo. Sembra che la lezione dei grandi meridionalisti, da Salvemini<br />

a Gramsci, da Dorso a Fiore, sia svanita nel nulla.<br />

Insisto su questi aspetti, non nuovi, in quanto devono essere oggetto<br />

di discussione e di una nuova “narrazione”. Non è possibile pensare<br />

in modo negativo all’emigrazione (oggi immigrazione) che ha consolidato<br />

il Paese, ha dato un grande apporto alla ricostruzione e ha rappresentato<br />

una ventata di democrazia nell’Italia e nell’Europa distrutte<br />

dalla guerra nazifascista. I flussi migratori degli Anni 60 hanno permesso<br />

un’osmosi sociale, politica e culturale senza precedenti. Tutto<br />

questo però non è oggetto di riflessione.<br />

Prevalgono narrazioni settoriali della storia d’Italia. Quando entria-<br />

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mo nelle scuole dobbiamo avere una capacità di spiegazione della storia<br />

nazionale in grado di rapportare il passato al presente. Gli insegnanti<br />

e gli alunni devono avere gli strumenti anche per affrontare le<br />

grandi questioni dell’oggi, devono essere aiutati a comprendere la<br />

genesi della democrazia nel nostro Paese; come si è sviluppata e con<br />

quante contraddizioni; e perché è in atto questo declino incredibile.<br />

In un’importante mostra a Torino sul 150°, vediamo addirittura dissolversi<br />

tutte le grandi tensioni che hanno caratterizzato la democrazia<br />

nel Secondo dopoguerra. Ciò richiama anche le responsabilità dei<br />

nostri intellettuali. Bisogna stare molto attenti al nuovo qualunquismo<br />

che dilaga nell’informazione. Le analogie con il Secondo dopoguerra<br />

balzano agli occhi. Dobbiamo domandarci quali strumenti sono utili ai<br />

giovani per affrontare le nuove sfide.<br />

Sulla questione del razzismo legato ai fenomeni migratori le risposte<br />

sono deboli. Pensate che a Brindisi nel 1991, vent’anni fa, arrivarono<br />

in un solo giorno 25.000 albanesi. Furono gli strati sociali più poveri<br />

della popolazione brindisina a svolgere una funzione di accoglienza,<br />

compensazione e supplenza in assenza dello Stato. Cossiga impose<br />

addirittura un campo di concentramento per profughi e rifugiati dell’altra<br />

sponda dell’Adriatico: nello stadio di Bari gli albanesi furono<br />

raggruppati come bestie. E, ancora una volta, la solidarietà spontanea<br />

della popolazione seppe far fronte a situazioni drammatiche.<br />

Queste sono le grandi questioni con cui confrontarsi, recuperando<br />

una memoria e un tessuto connettivo completamente frantumati.<br />

Stamattina, giustamente, un’insegnante avvertiva di stare attenti con la<br />

retorica. Comunque è stato fatto un lavoro straordinario in questi anni.<br />

Pensate che in Puglia, nella città di Di Vittorio, a Foggia, è ritornata<br />

l'ANPI. E non è stata un’operazione semplice. Non è solo questione di<br />

numeri, vengono fuori i nodi irrisolti, il tempo perduto, una crisi ultradecennale.<br />

In Puglia le richieste di iscrizione, però, sono molte.<br />

L’importante operazione di diffondere l’Associazione, dal Nord al Sud,<br />

è servita anche a capire le difficoltà, enormi a volte, perché non dobbiamo<br />

considerare solo i numeri e l’entusiasmo immediato.<br />

È importante aprire una riflessione organica su sessant’anni di storia<br />

repubblicana, in particolare nelle scuole. Negli Anni 60, quando i<br />

governi cadevano come birilli, Moro è stato crocefisso, anche da esponenti<br />

del suo stesso partito e da “Oltretevere”, quando si ponevano le<br />

questioni dell’attuazione degli articoli 33 e 34 (elevamento dell’obbligo<br />

scolastico) o dell’ Art. 32 (salute).<br />

La lezione di Di Vittorio è ancora oggi attuale. Con i braccianti


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analfabeti, che la scuola non l’avevano mai vista, il segretario della<br />

Cgil ricorreva a termini di semplicità e chiarezza cristallina, carichi di<br />

significato etico, politico e culturale: usava l'espressione “la salute è di<br />

tutti, non la possiamo privatizzare; non è possibile dare l’acqua ad alcuni<br />

e ad altri meno, sulla base dell’appartenenza sociale”, e via di<br />

seguito.<br />

Voglio chiudere ricordando le grandi battaglie di Di Vittorio per<br />

l’attuazione della Costituzione, come momento di grande lotta, di grande<br />

confronto: quel bene di tutti che nasce dall'antifascismo, dalla<br />

Resistenza ma anche dalle grandi ondate di partecipazione democratica<br />

che hanno caratterizzato la storia del Secondo dopoguerra.<br />

Paola Castagnotto<br />

ANPI Ferrara<br />

Care compagne, cari compagni,<br />

stamattina ho sentito dire in un intervento che dobbiamo portare il<br />

nostro antifascismo militante non solo nell’ANPI, nella quale siamo<br />

chiamati a lavorare sempre di più, ma anche al di fuori, contaminando<br />

più ambienti possibili.<br />

Sono presidente di un centro antiviolenza sulle donne: i temi del<br />

riconoscimento dei diritti e della dignità delle donne non costituiscono<br />

solo una questione di genere, sono problemi che investono la democrazia,<br />

che danno peso e rilievo a qualsiasi azione politica. Oltre alla conversazione<br />

delle donne “sono i sogni che trattengono il mondo nella sua<br />

orbita”: lo diceva José Saramago e riprendo la sua frase perché sono<br />

convinta che proprio l’incapacità di ascoltare le donne e l’uccisione dei<br />

sogni sono i sintomi della gravità della condizione italiana attuale.<br />

Questo è un Paese che sta uccidendo i sogni, negando ai giovani, come<br />

è già stato detto da tanti, la possibilità di progettare il futuro. Sono<br />

“fuori dai giri” e, d’altra parte, non può essere diversamente in un<br />

Paese che non è più in grado di ascoltare nessuno. Le “donne reali” è<br />

come se non esistessero, sono rappresentate spesso in un modo spregevole.<br />

“Che Paese è quello in cui si uccidono i poeti?”: se lo chiedeva<br />

Alberto Moravia nel 1975, dopo l’uccisione di Pier Paolo Pasolini.<br />

L’Italia è peggiorata ancora, se oggi si può pensare di spegnere, con<br />

premeditazione, la cultura e la scuola pubblica. Così facendo, giorno<br />

dopo giorno, si abbassa il senso civico comune, si intaccano la memo-<br />

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ria collettiva, il significato della storia, il senso di appartenenza a un<br />

sistema comune di regole e princìpi scritti nella nostra Costituzione.<br />

Senza cultura l’Italia è destinata a ripiegarsi sempre più su se stessa,<br />

come ha evidenziato anche l’ultimo rapporto Censis che ci ha fotografato<br />

in modo impietoso, ripiegati su un orizzonte di basso profilo etico<br />

e civile. Risuona molto vera la domanda di un anziano signore di buonsenso<br />

che assisteva a uno di quei dibattiti televisivi ormai odiosi, in cui<br />

politici servili e intrattenitori urlano scompostamente: “Ma che libri<br />

hanno mai letto questi qua?”.<br />

I nostri Padri costituenti pensavano a un’Italia capace di comporre<br />

in un unico quadro uguaglianza, libertà, diritti, dignità. Vorrei soffermarmi<br />

sulla dignità, a partire da quella delle donne. Stiamo toccando il<br />

punto più basso di una crisi economica ed etica senza precedenti. Se in<br />

questo Paese non saremo capaci di ripensare un nuovo insieme di regole<br />

che spezzi l’attuale sistema di potere, credo che da questa crisi usciremo<br />

peggiori di come ci siamo entrati.<br />

Affrontiamo questo <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> con grande preoccupazione e<br />

responsabilità. La responsabilità di metterci al servizio della ricostruzione<br />

morale di un nuovo fronte democratico e antifascista per il bene<br />

comune. In un momento di profonda crisi dell’etica pubblica e di svilimento<br />

della forza attrattiva della politica, è a rischio la democrazia. Per<br />

riprendere la forza morale della Costituzione bisogna anche trovare<br />

parole nuove che spezzino l’indifferenza e il conformismo. In questi<br />

ultimi mesi all’indifferenza si sono opposte voci diverse: studenti, insegnanti,<br />

lavoratori, donne, che hanno riportato in piazza il bisogno di<br />

difendere la nostra Costituzione. Avevano in comune, tutti, la forza di<br />

reclamare dignità per il lavoro, per la cultura, per le donne, per la<br />

memoria storica.<br />

Trovo molto bella e giusta una frase recente di Lidia Menapace: “Se<br />

siamo capaci di fare dei singoli episodi un racconto politico connesso,<br />

una narrazione coerente, allora vuol dire che le onde sono profonde e<br />

vengono da orizzonti lontani e da memorie appassionate”. Su quegli<br />

orizzonti oggi dobbiamo costruire anche il futuro dell’ANPI.<br />

Ho sentito riprendere da tanti il tema dell’autonomia. Oltre a quella<br />

dai partiti nelle forme tradizionali della politica, sono convinta che<br />

l’autonomia sia l’esito di un’elaborazione originale, di un modo nuovo<br />

di guardare al futuro, scaturisca anche dalle onde profonde che muovono<br />

dai giovani, dalle donne, dagli studenti che chiedono e riconoscono<br />

all’ANPI, tra l’altro, capacità di elaborare percorsi e originalità<br />

di pensiero.


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Sul tema della difesa della dignità – così forte nel codice genetico<br />

dell’ANPI e nella sua storia, come hanno testimoniato le partigiane e i<br />

partigiani intervenuti – come condizione della cittadinanza di uomini e<br />

donne, del diritto del lavoro, del diritto al futuro, credo si possano creare<br />

nuove prospettive e nuove possibilità di azione.<br />

La consapevolezza e il senso di dignità che le donne hanno portato<br />

in piazza in questi mesi va molto al di là della rappresentazione fornita<br />

dai media. Il problema non sta nelle abitudini più o meno perverse o<br />

nei comportamenti immorali di una parte dei politici. Il tema sollevato<br />

con forza è la mercificazione della rappresentazione delle donne, nel<br />

confronto con i problemi veri che le donne hanno. In Italia il 45% non<br />

lavora, 127 donne sono state uccise nel 2010 in ragione del semplice<br />

fatto di essere donne. E nella stragrande maggioranza dei casi, purtroppo,<br />

non per strada ma nelle loro famiglie.<br />

Non vedere questi problemi non è un problema delle donne, è un<br />

problema della democrazia. Credo che l’ANPI, per le donne, possa<br />

essere veramente un interlocutore potente per costruire nuovi percorsi<br />

di dignità.<br />

Pietrangelo Pettenò<br />

ANPI Venezia<br />

Compagne e compagni, Partigiani e antifascisti,<br />

voglio ringraziare i compagni di Venezia che mi hanno consentito di<br />

fare questa mia prima esperienza al <strong>Congresso</strong> dell’ANPI nazionale.<br />

Oltre a essere iscritto alla Sezione di Mestre, faccio anche parte della<br />

“casta”: sono Consigliere regionale del Veneto e in questa veste ho<br />

lavorato tentando di fare il meglio possibile. Nell’attuale legislatura, il<br />

Consiglio regionale è formato da 39 esponenti del centrodestra su un<br />

totale di 60, 18 del PdL e 21 in camicia o fazzoletto verde.<br />

In un simile contesto – grazie anche alla grande sensibilità di associazioni,<br />

Istituti storici della resistenza, Sezioni dell’ANPI – siamo<br />

riusciti a far approvare in pochi mesi, con soli cinque voti contrari, una<br />

legge che recita nel suo titolo “Norme in materia di promozione e valorizzazione<br />

del patrimonio storico e culturale dell’antifascismo e della<br />

resistenza”. Un riconoscimento dell’importanza di questi valori, se si è<br />

riusciti a farli diventare legge.<br />

Recentemente è nato un osservatorio sui tantissimi episodi di razzismo<br />

e xenofobia in Veneto. Giovani con il solo difetto di un abbiglia-<br />

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mento alternativo sono stati aggrediti da gruppi di neofascisti. Due anni<br />

fa, Matteo è stato ucciso a botte a Verona, città governata da un sindaco<br />

con l’appoggio palese di Forza Nuova, con esponenti della destra<br />

più estrema che siedono nel Consiglio comunale. L’assessore regionale<br />

alla Pubblica Istruzione non fa mistero di difendere la repubblica di<br />

Salò, celebra la X Mas, finanzia opuscoli che strumentalizzano i tragici<br />

fatti delle foibe e l’esodo dei giuliano-dalmati.<br />

Ripeto, in questo contesto è ancora più importante il risultato che<br />

abbiamo ottenuto. Ci siamo riusciti non solo per la capacità delle istituzioni<br />

e il coinvolgimento dei colleghi, ma anche perché i valori dell’antifascismo<br />

e della Resistenza, anche in “questo” Veneto, sono ben<br />

presenti pure in quelli che oggi politicamente si schierano da un’altra<br />

parte, e soprattutto nei loro elettori.<br />

Questo lavoro era iniziato nella precedente legislatura con lo stanziamento<br />

di una piccola risorsa all’ANPI regionale per contribuire alla<br />

celebrazione della Giornata della Memoria e del Giorno del Ricordo<br />

nelle scuole. A partire dal 2009, sono state portate avanti decine di iniziative<br />

in tutto il Veneto ed è importante continuare in questa direzione.<br />

La lotta partigiana, la Resistenza, l’antifascismo sono i valori fondativi<br />

di questa democrazia. E non basta la memoria, serve l’agire politico<br />

e, in esso, la pratica quotidiana di questi ideali. Come diceva<br />

Massimo Rendina, occorre ridare dignità a questo Paese, ricostruire la<br />

democrazia. A partire dai diritti di giustizia sociale sanciti nella<br />

Costituzione, che le forze politiche hanno un po’ dimenticato.<br />

Nel Veneto ci sono stati i moti del 1848, ci sono stati grandi pensatori<br />

e condottieri che volevano la costruzione di un Paese federato. Non<br />

serve citare Gramsci e cosa scrisse su quel Risorgimento. Oggi va ridato<br />

nuovo valore a quelle esperienze. Non ho nessun problema a sventolare<br />

il Tricolore, e farlo davanti ai leghisti ci ha dato un motivo di<br />

orgoglio in più. Ma non può bastare.<br />

Troppo poco si è fatto in queste celebrazioni del 150° per dire che<br />

è nella Carta Costituzionale, nata dalla resistenza al fascismo, che<br />

l’Italia ha trovato per la prima volta una unità vera, costruita da persone<br />

con orientamenti diversi. Non si sente dire tanto spesso quanto<br />

sarebbe necessario. Anzi, si ha fretta di cambiarla, e noi la dobbiamo<br />

difendere.<br />

L’assessore Donazzan, al quale facevo riferimento prima, approdato<br />

al PdL dopo una militanza nell’estrema destra, in queste settimane<br />

gira l’Italia per costituire i Comitati Patrioti Italiani con giovani neofa-


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scisti. Il nostro patriottismo è diverso. Le identità di questo Paese sono<br />

tante, plurali, vanno messe insieme per costruire uno Stato unitario,<br />

non monolitico. Esiste anche il diritto a non festeggiare, però va spiegato<br />

quali sono i valori alternativi, va detto chiaramente cosa si vuole.<br />

In questo Paese si parla di federalismo, dello sgretolamento dell’unità<br />

d’Italia. Silvio Trentin, grande antifascista, il più grande teorico del<br />

federalismo che sia esistito in Italia, ma anche in Europa, diceva: “Il<br />

federalismo è più democrazia e più partecipazione”. Non è lo spostamento<br />

dei poteri da Roma ad altre città, dallo stato centrale a regioni<br />

che somigliano sempre più a staterelli.<br />

Ecco, credo che l’ANPI deve lavorare sui valori dell’unità e della<br />

Costituzione. E sull’idea di un’Italia che deve guardare al federalismo,<br />

fondato però su una maggiore democrazia, come nel pensiero di Silvio<br />

Trentin.<br />

Fiorella Ferrarini<br />

ANPI Reggio Emilia<br />

«Venale, corruttibile, adulatore. Cattolico senza credere in Dio.<br />

Corruttore. Presuntuoso. Vanitoso. Bonario. Buon padre di famiglia ma<br />

con amanti. Alla violenza preferisce il compromesso, la corruzione, il<br />

ricatto…»: Elsa Morante diceva così, di Mussolini, il 1° maggio 1945.<br />

No comment.<br />

Presupposto politico della Costituzione italiana è l’antifascismo,<br />

non solo per la storia che ha preceduto la Costituzione, ma perché – ci<br />

ricorda Domenico Gallo – “come il fascismo è alimentato da spirito di<br />

fazione e assume la discriminazione come riferimento, i Costituenti<br />

hanno assunto l’uguaglianza e l’universalità dei diritti dell’uomo come<br />

fondamento”. Cioè l’antifascismo. Ce n’è bisogno? Eccome! Ce l’hanno<br />

ricordato molti interventi.<br />

A Reggio Emilia, da dieci anni, nel ricordare la battaglia di<br />

Fabbrico, è presente un manipolo sempre più nutrito di fascisti, vestiti<br />

di nero, con la bandiera della RSI. Noi non sappiamo come regolarci,<br />

se non andando sempre più numerosi con i nostri vessilli, con le nostre<br />

bandiere, con la nostra presenza. Però, secondo me, si potrebbe e si<br />

dovrebbe fare di più. Abbiamo sporto denuncia, vedremo cosa partorirà.<br />

Poi ci sono le sedi di Casa Pound che si stanno moltiplicando in un<br />

modo incredibile.<br />

Allora questo senso di sgomento, questo sentirsi stranieri in Italia è<br />

motivato da tre elementi soprattutto. Il primo l’hanno ricordato in<br />

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molti: la mercificazione delle persone, dei Parlamentari, delle parole,<br />

svuotate, manomesse, vedi il cosiddetto “gruppo dei responsabili” (il<br />

processo Ruby val bene un ministero!).<br />

Secondo: la mercificazione che vuol dire uso. In essa non c’è relazione,<br />

c’è utilizzo. Ed ecco l’«utilizzatore finale». L’uso proprietario<br />

del potere che misconosce la dignità delle singole persone, la dignità<br />

delle istituzioni, la dignità sociale.<br />

Il terzo elemento è la disgregazione della società, che la destra produce<br />

e alimenta: il nord contro il sud, gli italiani contro gli stranieri, le<br />

donne contro gli uomini, i ricchi contro i poveri, la scuola pubblica<br />

contro quella privata (nell’università pubblica c’è stato il 9% di iscrizioni<br />

in meno, con aumento nelle private). Qual è lo strumento scientificamente<br />

efficace di disgregazione? È il disprezzo della cultura, «che<br />

induce a una “schiavitù senza pensiero”» (come ci ricordava, a Reggio<br />

Emilia, Marisa Ombra). La cultura come costo che non possiamo permetterci,<br />

come lusso quasi sovversivo, per radical chic.<br />

Ma noi siamo governati da quelli col dito medio alzato! E questo<br />

non lo possiamo tollerare.<br />

Quindi noi lavoriamo e lavoreremo, ci impegneremo sulla, nella e<br />

per la cultura che non è solo strumento economico ma anche di eccellenza<br />

dell’unità della nazione nella sua memoria. Mentre il ministero fa<br />

i tagli, ipocritamente ci inonda di spot istituzionali e gentilmente ci<br />

dice: “Leggere è il cibo della mente”. Grazie Ministro, grazie! Però se<br />

non ci toglie i finanziamenti alle biblioteche siamo molto più contenti!<br />

Le donne. Lo scatto di indignazione è stato lanciato da Stéphane<br />

Hessel, Partigiano francese di 93 anni; e quindi non solo dalle donne.<br />

Ma le donne sono partite, in queste ultime iniziative, a voce spiegata,<br />

con un appello – agli uomini, alle persone perbene – per un soprassalto<br />

di dignità, e a partire dalla Resistenza. «Le donne sono da riconoscere<br />

definitivamente, e finalmente, risorsa forte e preziosa per lo sviluppo<br />

della democrazia. E non umiliate ancora, non riconosciute come<br />

persone, ma ridotte a corpi»: dice Cerami a “Tele Femmine”, in una<br />

specie di immaginario da Bagaglino che la destra alimenta ma che sta<br />

lentamente e inesorabilmente sfondando anche a sinistra. Spero non sia<br />

così: sarebbe veramente preoccupante.<br />

Presenteremo gli emendamenti – ci sarà la commissione politica ad<br />

illustrarli – proposti dal Coordinamento femminile come integrativi.<br />

Sono interessantissimi, non entro nei particolari: chiederemo di votarli<br />

perché integrano, completano un documento. Le donne sanno che con<br />

la cancellazione della legge Prodi per impedire le dimissioni in bianco


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in caso di maternità, con il mancato rifinanziamento dei fondi per asili<br />

nido, con l’innalzamento dell’età pensionabile per le dipendenti degli<br />

enti pubblici, le donne – e quindi le famiglie – hanno subito un danno<br />

incredibile.<br />

È un momento gravissimo. Siamo nell’odissea all’alba: una guerra<br />

improvvisa, con una risoluzione ambigua. La prima vittima della guerra,<br />

è stato detto, è la verità. E siamo passati in un battibaleno alla oscena<br />

genuflessione ai Tornado. Le democrazie contro la dittatura? L’Eni<br />

contro la Total francese? La rete italiana per il disarmo denuncia che<br />

nel 2008 sono state inviate alla Libia 11.000 armi semi automatiche<br />

prodotte dalla Beretta senza segnalarlo all’Europa: usciamo con un<br />

documento contro la guerra!<br />

Un’ultima cosa, come rappresentante dell’ANPI <strong>Nazionale</strong> alla<br />

Tavola della Pace, che vi invito, peraltro, a contattare perché ha progetti<br />

con le scuole straordinariamente belli e importanti: siate presenti,<br />

Partigiani e antifascisti, con i nostri stendardi, le bandiere, il 25 settembre,<br />

alla Marcia per la Pace “Perugia-Assisi”.<br />

La Pace si fa anche camminando in silenzio.<br />

Carlo Smuraglia<br />

ANPI Milano<br />

Mi consentirete di introdurre in questo interessante e bel <strong>Congresso</strong><br />

anche un pizzico di realismo e concretezza, per alcuni aspetti.<br />

Chi ascoltasse dall’esterno alcuni interventi potrebbe avere l’impressione<br />

di un incontro-scontro fra una razza in via di estinzione e un<br />

esercito di giovani che avanza. Non è così. La realtà è molto più complessa,<br />

se la osserviamo attentamente. Prima di tutto, non c’è la razza<br />

in estinzione; mancano molti giovani all’appello e, se facciamo un quadro<br />

dei presenti, notiamo che c’è molta mezza età. C’è una generazione<br />

intermedia alla quale sembra non dedichiamo sufficiente attenzione.<br />

Sono le persone venute nell’ANPI sperando di trovarvi ciò che non trovavano,<br />

o non trovano più, da nessuna parte; coloro che sperano di trovare<br />

dignità, consapevolezza, etica. Sono una parte importante, che<br />

contribuisce alla creazione di quello che oggi è il nostro problema, il<br />

nostro vero problema.<br />

La nostra sfida è creare, nella compresenza di più generazioni,<br />

anche un comune sentire, che era facile avere nel passato quando c’era<br />

l’esperienza resistenziale ad unirci. Bastava una parola, un ricordo, e<br />

c’era un sentimento comune. Tutto questo esiste ancora e non deve fini-<br />

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re, ma va completato con un comune sentire aggiornato, tenendo conto<br />

di quel passato, delle esigenze del futuro, per rappresentare il cemento<br />

della nuova ANPI. È un’esigenza fondamentale: senza questo “comune<br />

sentire” un’associazione qualsiasi non regge, nemmeno l’ANPI.<br />

Dovremo dare vita a un sentimento comune per cui ci si trova tutti<br />

insieme, “in casa”, ragionando nello stesso modo, ma rispettando alcune<br />

regole. Scusate se mi permetto di richiamare anche questo termine,<br />

ma in qualsiasi associazione – l’ANPI, una associazione venatoria o<br />

una di pescatori – qualche regola ci vuole. Ogni tanto avverto, qua e là,<br />

che l’attrazione per le regole non è sentita abbastanza, anche all’interno<br />

delle nostre Sezioni e dei nostri Comitati provinciali.<br />

L’aspetto dominante della nostra attività, con l’organizzazione, con<br />

parole e idee, dovrà essere la creazione del sentimento comune che ci<br />

renda consapevoli del senso di appartenenza, costantemente e significativamente<br />

unificante. È, secondo me, la grande sfida che dobbiamo<br />

affrontare. Una sfida immediata.<br />

Ho ascoltato parole che francamente mi sembrano un po’ troppo<br />

“anticipatrici”. Non capisco che senso ha discutere di eredità. Si parla<br />

di eredità quando qualcosa è morto e si passa a qualcosa di nuovo.<br />

Diciamo con chiarezza che, nel nostro caso, non c’è nessuna eredità,<br />

c’è semplicemente da tramandare un comune sentire, trasformandolo in<br />

un sentimento comune del presente e del futuro. C’è necessità di trovare<br />

elementi comuni nella nostra azione e nel modo di essere, amalgamando<br />

il nostro passato con il modo di essere, comunicare, vivere,<br />

ragionare del presente. Oggi del presente, domani del futuro.<br />

Voglio introdurre un tema che può sembrare collaterale, ma è già<br />

stato richiamato da qualcuno: quello del linguaggio, con un’altra sfida<br />

da affrontare. Una sfida che anche gran parte della sinistra ha perduto<br />

negli ultimi anni, lasciando passare parole d’ordine sbagliate o non<br />

accettabili, se non chiarite e precisate. Come “globalizzazione”, “flessibilità”,<br />

e tante altre. Oggi si tenta di far passare per federalismo qualcosa<br />

che il federalismo non è mai stato, e che sa tanto di secessione.<br />

Proprio il prof. Zagrebelsky, in un aureo libretto, scriveva recentemente<br />

che l’uso ripetitivo e falsato di certe espressioni è semplicemente una<br />

malattia degenerativa del sistema. Se è così, dobbiamo reagire non solo<br />

combattendo e facendo attenzione all’uso delle parole da parte degli<br />

altri. Ma utilizzandole noi stessi meglio, mettendone in campo “altre”,<br />

nuove e importanti. E su quelle insistere, perché “passino”. Parole<br />

come fraternità, solidarietà ma, soprattutto, dignità. Parola ampiamente<br />

e ripetutamente scritta nella Costituzione, ma raramente richiamata


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all’attenzione. Invece essa custodisce un profondo senso di eticità, non<br />

solo per il lavoro. Sotto ogni profilo: se non c’è dignità non c’è moralità,<br />

non c’è etica, non c’è libertà. Dobbiamo rivalutare queste parole<br />

importanti, e reagire a ogni tentativo di distorcerne il senso.<br />

Pensate all’operazione compiuta in questi anni a proposito della<br />

giustizia. Al “garantismo” si è attribuito un contenuto che sa di difesa<br />

dal processo più che nel processo; al “giustizialismo” si sono attribuite<br />

tutte le responsabilità di una giustizia che funziona poco e male, deformando<br />

persino il vero significato del termine. E spesso si è creata confusione<br />

tra “giustizia” e “magistrati”, per dare l’impressione che il malfunzionamento<br />

dipenda da essi, dalle loro inadempienze e faziosità, dai<br />

loro progetti politici, mentre la giustizia, di per sé, potrebbe funzionare<br />

e corrispondere a ciò che è scritto nelle aule (“la giustizia è uguale<br />

per tutti”). Si è voluto giocare sulle parole, sul linguaggio, per evitare<br />

di affrontare i veri problemi di una giustizia troppo lenta e inadeguata.<br />

Peraltro, i governi tutto hanno fatto fuorché adottare provvedimenti seri<br />

di accelerazione, riorganizzazione e semplificazione. Va a finire che il<br />

cittadino, sentendo parlare di “metastasi” a proposito dei Magistrati, li<br />

identifica come il male della giustizia e pensa che mettendo loro il<br />

bavaglio o sottoponendoli a una disciplina ferrea e autoritaria si risolverebbero<br />

tutti i problemi del cittadino di fronte alla macchina giudiziaria.<br />

Tutto viene deformato, anche nell’opinione comune, e si cerca<br />

di far passare progetti non risolutivi per i problemi della giustizia, ma<br />

punitivi nei confronti dei Magistrati.<br />

Tra le tante sfide che ci aspettano ho voluto sottolineare le più rilevanti,<br />

sulle quali il <strong>Congresso</strong> spero dirà una parola veramente definitiva.<br />

Bianca Braccitorsi<br />

ANPI Roma<br />

Trovo questo <strong>Congresso</strong> estremamente interessante e bello. Le persone<br />

sul palco non affermano tutte le stesse cose – giustamente, altrimenti<br />

non ci sarebbe bisogno di un congresso – e ognuno porta un contributo<br />

critico ma positivo (due termini non necessariamente contrapposti).<br />

Non credo ci siano nemmeno due schieramenti contrapposti, quello<br />

dei vecchi e quello dei giovani. Da non più giovane quale sono, mi<br />

sono ritrovata molto negli interventi di giovani e giovanissimi, meno su<br />

alcuni di persone della mia età. La stessa sensazione credo valga per<br />

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Massimo Rendina – se posso permettermi – visto che il suo discorso è<br />

stato apprezzato e ripreso con grande forza dai giovani.<br />

Penso che all’ANPI spetti oggi un grande ruolo, ma non quello di<br />

raccogliere chi, a torto o a ragione, abbandona un partito politico, un<br />

sindacato, o uno schieramento. Anche perché i partiti politici sono oggi<br />

più che mai necessari. Devono affrontare, però, con coraggio il loro<br />

ruolo e scegliere la loro parte. Di partiti che “vanno bene a tutti” ce n’è<br />

stato uno, ho anni a sufficienza per ricordarmelo. Poi però c’erano i<br />

proletari che dovevano accontentarsi di fare guerre non nostre per dieci<br />

soldi di più, esattamente come adesso, per qualche migliaio di euro. E<br />

c’erano i padroni ai quali era riservato rispetto, aiuto, appoggio. In caso<br />

di crisi si tagliavano i salari, ma gli introiti dei padroni non bisognava<br />

toccarli. Anzi, semmai, dovevano crescere. Oggi è la stessa cosa.<br />

Credo sia da rivisitare e rivedere la Resistenza, anche per metterla<br />

in salvo dal revisionismo infame al quale, purtroppo, hanno ceduto<br />

anche elementi non di destra. Ma occorre rileggere e ristudiare anche il<br />

fascismo: allora ci renderemmo conto che la proposta di Marchionne è<br />

la stessa delle corporazioni fasciste; che l’attacco alla Magistratura è lo<br />

stesso che portò ai giudici in camicia nera del Tribunale Speciale in<br />

difesa dello Stato; così come la carta dei lavoratori portò a inserire lo<br />

sciopero tra i reati perseguibili d’ufficio. Sono questioni da riprendere<br />

perché il rischio non è soltanto di un generico attacco alla democrazia<br />

in crisi. Ci dobbiamo aspettare, magari in forme diverse e mascherate,<br />

un reale attacco del neofascismo che avanza. Il grande e importante<br />

ruolo dell’ANPI non credo sia quello di sostituirsi ad altri ma affrontare<br />

con forza tutti gli aspetti del presente.<br />

L’ANPI nasce dalla Resistenza e dai Partigiani. La prima cosa che<br />

i Partigiani dicevano era: “Questa sarà l’ultima guerra, non ce ne saranno<br />

più”. L’opposizione a qualsiasi guerra non di difesa – e non mi risulta<br />

che l’Esercito Italiano sia impegnato in conflitti a protezione dei<br />

nostri confini – è il primo dovere dell’ANPI.<br />

Quando parliamo di difesa della dignità dobbiamo avere presente<br />

che la prima dignità da difendere è la libertà. È il diritto dei lavoratori<br />

a una paga equa, a non essere licenziati per ogni capriccio e volontà del<br />

padrone, a non essere sottoposti a qualsiasi angheria o ricatto. Questa è<br />

la prima dignità. Quella di un giovane è studiare e poi trovare lavoro.<br />

Non di tre mesi in tre mesi, un lavoro stabile, la garanzia di potersi<br />

costruire un futuro e una vita diversa. Senza dover essere considerato<br />

un ragazzo fino a 40 anni perché è ancora precario e vive a casa dei<br />

genitori.


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L’ANPI ha il dovere di essere presente nella costruzione delle<br />

“nuove” forze della “nuova” resistenza antifascista. Quella che non<br />

potrà mai incontrarsi con la destra italiana, tutta collusa col fascismo.<br />

Compresa quella parte che ha fatto la Resistenza con noi. E per “noi”<br />

intendo i comunisti, poiché non ho partecipato alla lotta di Liberazione:<br />

ero troppo piccola e non mi ci hanno voluto).<br />

Dobbiamo impegnarci con tutte le forze che si dichiarano antifasciste<br />

e contro lo sfruttamento, la negazione della dignità, l’oppressione<br />

degli ultimi e dei penultimi con il ricatto della miseria. È il nostro compito<br />

perché tutto ciò è fascismo o alleato stretto del fascismo, che noi<br />

dobbiamo combattere insieme alle nuove forze antifasciste. Ma li avete<br />

visti i ragazzini in piazza a gridare col pugno alzato e a cantare “Bella<br />

ciao”? Ne incontro tanti nei centri sociali e ci parlo, magari dopo un<br />

concerto. La loro musica non la comprendo bene, però vado lo stesso.<br />

Quando discutiamo di combattere il fascismo, loro alzano il pugno,<br />

intonano “Bella ciao” e mi dicono: “Allora, compagna, chiamaci”.<br />

Voglio esser chiamata “compagna” da questi ragazzi, anche se sono<br />

diversi da me. È naturale, ma compagni sono.<br />

Paola Pozzoli<br />

ANPI Carate-Brianza (MB)<br />

Come è noto negli ultimi anni la nostra Associazione registra un<br />

costante aumento del numero degli iscritti, in particolare di giovani<br />

antifascisti sotto i trenta anni. Questo flusso di nuovi “volontari per la<br />

democrazia” approda nell’ANPI grazie alla possibilità, dopo le modifiche<br />

statutarie del 2006, di aprire le porte anche a chi la Resistenza non<br />

l’ha vissuta, per continuare a far vivere la memoria della lotta di<br />

Liberazione, per la difesa della democrazia messa a rischio dalla graduale<br />

scomparsa dei protagonisti partigiani e dal revisionismo storico.<br />

Un revisionismo così audace e violento che mette in discussione spazi<br />

e movimenti democratici del nostro Paese e la stessa Costituzione<br />

repubblicana. Ecco perché, dunque, la presenza di tante migliaia di giovani<br />

che si iscrivono all’ANPI può far ben sperare nella crescita culturale<br />

e politica delle nuove generazioni e della società tutta.<br />

In questo <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> ci dobbiamo interrogare sul<br />

motivo di questo avvicinamento. Cosa vedono nella nostra<br />

Associazione e, soprattutto, cosa chiedono.<br />

Sono sotto gli occhi di tutti la radicale trasformazione dei ruoli e<br />

dell’organizzazione della maggior parte dei partiti politici, il ripensa-<br />

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mento o addirittura l’abbandono delle ideologie. Tutto ciò ha creato un<br />

profondo vuoto rispetto al bisogno sociale di appartenenza e di identificazione.<br />

I partiti, procedendo spediti verso una esasperata personalizzazione<br />

e una professionalizzazione dell’agire e dell’interpretare la<br />

politica, hanno reso difficile un’adesione popolare che si manifesta<br />

solitamente con una identificazione e partecipazione a tutto tondo.<br />

Alle nuove generazioni, che si affacciano in questo caotico mondo<br />

iperfrazionato, le prospettive e i contenitori atti all’identificazione<br />

sociale, utili alla crescita collettiva, democratica e civile, si assottigliano<br />

pericolosamente. Uno degli aspetti che caratterizza maggiormente la<br />

situazione giovanile è infatti costituito dall’esposizione ai cambiamenti<br />

culturali e sociali degli ultimi decenni, portatori di valori antisociali.<br />

Tuttavia, i giovani non sono “semplici vasi da riempire”, ma veri e<br />

propri “fuochi da accendere”: per questo i valori della Costituzione<br />

devono essere insegnati a scuola, che va difesa strenuamente dagli<br />

attacchi di chi vuole umiliarla e smembrarla. Uno dei compiti<br />

dell’ANPI dovrà essere suscitare interesse per la Costituzione, per i<br />

suoi valori non negoziabili. Affinché divengano patrimonio condiviso<br />

di nonni e nipoti, genitori e figli, per fornire alla società tutta strumenti<br />

concreti e utili nella quotidianità dei rapporti sociali.<br />

L’ANPI, in tal senso, dovrebbe dialogare maggiormente con i<br />

ragazzi, coinvolgerli. Dovrebbe stimolare il confronto con tutti i giovani,<br />

e sottolineo tutti, anche quelli spesso criticati per le loro modalità<br />

d’azione. E ancora, con i giovani assenti, spettatori passivi, rassegnati<br />

e indifferenti. Dialogare significa ascoltare e coinvolgere, significa<br />

aprirsi a nuove forme di comunicazione e partecipazione, assegnare<br />

ruoli e anche responsabilità negli organismi dirigenti delle Sezioni e<br />

dei Comitati provinciali.<br />

Le modifiche statutarie del 2006 hanno aperto la nuova stagione<br />

dell’ANPI. Molti giovani come me sono stati insigniti di cariche direttive.<br />

Tuttavia, a mio avviso, siamo ancora lontani da una reale e incondizionata<br />

integrazione, permettetemi di usare questo termine. Nelle<br />

varie riunioni della nostra Associazione, a tutti i livelli (di sezione, provinciale<br />

o regionale), la parola “giovani” è probabilmente la più proferita<br />

dopo il termine “democrazia”. Tanti propositi di coinvolgimento<br />

delle nuove generazioni ma, spesso, nella realtà dei fatti, cocciute chiusure<br />

e critiche a dismisura. Soprattutto nei confronti dei giovani militanti<br />

antifascisti che condividono appieno i valori resistenziali ma chiedono<br />

ad alta voce coerenza: coerenza tra parole e fatti, sia da parte delle<br />

istituzioni, sia da parte dell’ANPI.


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È necessario dunque il contributo di tutti, vecchi e giovani<br />

Partigiani, antifascisti e democratici, senza preclusioni o timori di<br />

sorta. Se è vero che non è più il momento di imbracciare i fucili come<br />

nel 1943, è assolutamente necessario, invece, agire per un rinnovato<br />

impegno civile. La nuova Resistenza deve consistere nella lotta per la<br />

difesa e l’attuazione della Costituzione. Come giustamente ha scritto il<br />

nostro Presidente Ricci, molti giovani si iscrivono all’ANPI perché<br />

accomunati dall’ansia di portare un contributo, il più possibile positivo<br />

e concreto, al fine di una sempre più ampia mobilitazione del nostro<br />

popolo per aprire una nuova fase politica, rispettosa della Costituzione.<br />

A gran voce i giovani antifascisti chiedono alle istituzioni del Paese<br />

il rispetto della Costituzione, il rispetto della democrazia, coerenza tra<br />

le parole ed i fatti. C’è coerenza in chi definisce un inferno governare<br />

secondo le regole della Costituzione? C’è coerenza in coloro che propongono<br />

e sostengono una legge volta a equiparare repubblichini e<br />

Partigiani? C’è coerenza in coloro che costantemente legiferano in<br />

barba ai valori resistenziali di solidarietà? C’è coerenza in coloro che,<br />

a Milano, sfilano dietro il labaro della X Mas? O, ancora, in coloro che<br />

utilizzano le sedi istituzionali per affermare, come è accaduto recentemente<br />

a Faenza, che “per un giovane iscriversi all’ANPI è una stoltezza”?<br />

C’è coerenza quando il Sindaco di Monza e tanti altri attuano spudoratamente<br />

il più bieco revisionismo storico? C’è coerenza nelle parole<br />

del Presidente della provincia di Monza e Brianza, quando sentenzia<br />

durante una seduta del Consiglio comunale: “A scuola mi hanno raccontato<br />

un sacco di balle… La storia, quella vera, l’ho imparata a 18<br />

anni, sui libri che ho voluto io”. Eccola la coerenza!<br />

Per questo non dobbiamo chiudere la porta in faccia ai ragazzi antifascisti<br />

che cercano risposte dall’ANPI e che a Milano, ad esempio,<br />

scrivono così: “Crediamo che quanti, senza avere l’età anagrafica di un<br />

deportato o un Partigiano, si iscrivono ad associazioni che dovrebbero<br />

rappresentare la memoria condivisa dei Caduti, devono muoversi con<br />

coraggio partigiano perché la storia non si ripeta. Non per difendere il<br />

Podestà di turno. Abbiamo scritto una lettera aperta all’ANED e<br />

all’ANPI chiedendo se il razzismo delle giunte al governo di Milano, e<br />

soprattutto i raduni nazifascisti dell’1 e 2 maggio, sono compatibili con<br />

i valori della Resistenza. Se tutto questo non rappresenti, invece, un<br />

insulto alla memoria dei deportati e dei Partigiani”.<br />

L’ANPI ha giustamente il dovere di mantenere rapporti e dialogo<br />

con tutte le istituzioni, comprese quelle governate dalla destra.<br />

Tuttavia, non può chiudere gli occhi in nome della ragion di stato sulle<br />

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evidenti discordanze e contraddizioni nei rappresentanti istituzionali.<br />

Non sappiamo cosa farcene dei discorsi retorici e di rito di Sindaci o<br />

Presidenti regionali per le celebrazioni del 25 aprile, se poi la loro azione<br />

di governo nel resto dell’anno sconfessa immancabilmente i valori<br />

resistenziali e la Carta Costituzionale.<br />

I giovani hanno diritto a chiedere coerenza e a contestare.<br />

Sandro Schmid<br />

ANPI Trento<br />

Stamattina di buon’ora ho preso i giornali. Inizio a sfogliare La<br />

Stampa per leggere il resoconto della bellissima inaugurazione del<br />

<strong>Congresso</strong>: non ho trovato nulla. Passo alla Repubblica, sicuramente lì<br />

troverò qualcosa: nulla. Poi, finalmente, nella “Cronaca di Torino”, un<br />

trafiletto.<br />

Dopo la lucida e importantissima lezione di Zagrebelsky – un manifesto<br />

di analisi politica e programmatica anche per la nuova ANPI – mi<br />

sono posto alcuni problemi e una domanda: forse abbiamo cominciato<br />

a dar fastidio, davvero, al sistema di potere che il Professore ci ha indicato?<br />

Se così fosse dobbiamo essere coscienti che questo <strong>Congresso</strong> di<br />

svolta epocale ha di fronte a sé un’ambizione molto importante. La<br />

nostra strada, il nostro impegno dovrà misurarsi con la realtà, per trasformare<br />

con una mobilitazione straordinaria le intuizioni programmatiche<br />

e la linea di rinnovamento nella capacità di tradurre le parole in<br />

fatti.<br />

Abbiamo sotto gli occhi un degrado totale – già descritto in moltissimi<br />

interventi – e l’ANPI, come grande organizzazione che affonda le<br />

proprie radici nella Resistenza, deve porsi come l’antidoto ad esso.<br />

Dalle Alpi agli Appennini, dall’Etna al Gennargentu, per la prima volta<br />

l’ANPI è riuscita a creare una forza e una struttura importantissima che<br />

incarna l’unità nazionale. Non è retorica affermare che l’ANPI rappresenta<br />

il filo tricolore che lega la lotta per l’Unità d’Italia con quella<br />

della Resistenza, e con la “nuova resistenza” di oggi.<br />

Al tempo stesso, l’altra sfida da affrontare è il rapporto con i giovani.<br />

Credo si debba considerare il passato non come elemento morto<br />

della nostra storia, bensì come elemento vivo che parla al presente per<br />

costruire il futuro. L’ANPI può essere lo strumento del dialogo e costituire<br />

la casa di tutti gli antifascisti che hanno a cuore la Costituzione.


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Una casa non “per” i giovani, ma “dei” giovani. Per tradurre il linguaggio<br />

della Resistenza in quello dell’attualità. Per rendere l’ANPI –<br />

questa è l’esperienza che sperimentiamo nella nostra provincia – forza<br />

viva e presente dove c’è una lotta importante per il lavoro, per la scuola,<br />

per la dignità delle persone e delle donne, contro il fascismo, per la<br />

giustizia. Lì deve essere l’ANPI, lì misureremo la nostra capacità di<br />

chiamare a raccolta l’insieme delle generazioni, compresa quella mia e<br />

di tantissimi compagni del sindacato che ho ritrovato al <strong>Congresso</strong>. Si<br />

tratta di una sfida in cui l’ANPI può avere un grande compito politico,<br />

non soltanto per combattere il degrado del sistema, ma anche per svegliare<br />

le forze dell’opposizione e della sinistra, che hanno un grande<br />

bisogno di noi.<br />

L’Associazione come casa di tutti, casa dell’antifascismo: con due<br />

elementi, però, autonomia e unità. In questo <strong>Congresso</strong> verrà il<br />

momento di discutere e misurarsi sulla questione della pace, ma non<br />

solo. Invito tutti ad abbandonare posizioni pregiudiziali, a ricercare il<br />

dialogo, per uscire dall’Assemblea con una posizione più unitaria possibile.<br />

Nella nostra piccola esperienza di lavoro ci stiamo misurando con<br />

il tentativo di “fare rete” con le varie ANPI locali. Pochi giorni fa<br />

abbiamo dovuto affrontare una manifestazione nazionale di Casa<br />

Pound che ricordava la vecchia marcia su Bolzano, con i compagni di<br />

quella città, nel silenzio quasi assoluto dei partiti della sinistra.<br />

L’ANPI di Bolzano si è mobilitata, così pure il comitato degli studenti,<br />

tra i quali quelli di lingua tedesca. Noi di Trento abbiamo dato<br />

una mano e contribuito a tenere alta la dignità cittadina contro simili<br />

sfilate. Dobbiamo avere il coraggio e la forza di reagire, dicendo<br />

“Basta!” a questi rigurgiti di neofascismo e, per quanto ci riguarda,<br />

anche di neonazismo.<br />

Qualcuno sostiene che se organizziamo delle contromanifestazioni<br />

attribuiamo loro troppo valore e importanza. Non è così: se restiamo a<br />

guardare ce li ritroviamo nelle scuole e nelle piazze.<br />

Quindi occorre una rete fra le varie ANPI e una con tutte le associazioni<br />

democratiche, soprattutto sul tema della pace, tenendo conto di<br />

alcune questioni. La nostra stella polare deve essere che l’Italia ripudia<br />

la guerra senza se e senza ma. Nella nostra Provincia abbiamo proposto<br />

un emendamento per il ritiro delle truppe in Afghanistan. Al contempo,<br />

non sarei onesto con me stesso se non ponessi degli interrogativi<br />

sulla lotta di popolazioni che corrono il rischio di subire violenze<br />

inaudite. La mia coscienza dice che non posso voltare la testa dall’altra<br />

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parte rispetto a quello che sta succedendo in Libia, senza tentare di dare<br />

una risposta. Non ho ricette, ma la resistenza ora la stanno facendo loro<br />

e credo abbiano bisogno di solidarietà.<br />

Propongo che l’ANPI possa configurarsi come ponte di pace, dalla<br />

sponda europea a quella nordafricana, sui valori della libertà e della<br />

democrazia.<br />

Silvano Sarti<br />

ANPI Firenze<br />

Il Comitato di Liberazione <strong>Nazionale</strong> decise la costituzione della<br />

nostra Associazione una settimana prima di liberare Roma. A 65 anni<br />

di distanza siamo ancora qui, stasera, senza avere mai avuto la necessità<br />

di cambiare il nome che le avevamo dato. Una ragione ci sarà!<br />

La ragione sta nel fatto che l’ANPI rappresenta valori di uno spessore<br />

tale che se fossero stati attuati nel modo in cui li abbiamo conquistati<br />

a me non sarebbe andato bene. Oggi ho 86 anni, ma ragazzi come<br />

me e Massimo Rendina, sono sottoterra da 65 anni perché noi oggi si<br />

fosse uomini e donne liberi.<br />

Abbiamo fatto un percorso, una strada, in cui tutte le volte che si è<br />

resa necessaria la difesa della democrazia e della libertà in questo<br />

Paese, l’ANPI è intervenuta ed è stata determinante nell’impedire colpi<br />

pericolosi, perché forze eversive in Italia non sono mai mancate. E la<br />

voglia di togliere libertà e democrazia c’è ancora, e l’eversione si impegna<br />

in questo in modo pericolosissimo.<br />

Riassumo le mie impressioni sul <strong>Congresso</strong> in alcuni punti.<br />

• Ho apprezzato gli interventi di tutte le compagne e i compagni<br />

perché, senza parlare tanto di se stessi, sono venuti a raccontarci chi<br />

eravamo e chi siamo oggi. Le decisioni che abbiamo preso nel 2006<br />

hanno fornito una risposta alla consapevolezza – noi Partigiani siamo<br />

abbastanza intelligenti! – che non ci saremo per sempre. Abbiamo però<br />

deciso che – per sempre – dovrà esserci l’ANPI. Con gli antifascisti e<br />

i democratici che porteranno avanti i nostri valori con le loro gambe…<br />

Perché le mie e quelle di Rendina sono stanche.<br />

• Mi hanno colpito le parole di Pizzinato, quando ha raccontato<br />

cosa intendono far diventare la città di Milano. Non ce la faranno mai.<br />

A proposito di Ignazio La Russa: ecco un articolo della Repubblica di<br />

quattro giorni fa – guardate com’è “bellino” nella fotografia – che


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denuncia la sua amicizia stretta con i peggiori arnesi del fascismo,<br />

accanto a gente di Forza Nuova e Casa Pound. Ed è ministro della<br />

Difesa! Occorre l’intelligenza e la capacità di comprendere la pericolosità<br />

di uomini come La Russa.<br />

• Accanto al risultato di consentire anche a chi non ha fatto la<br />

Resistenza di iscriversi, l’ANPI deve porsi l’obiettivo di diventare<br />

un’associazione di massa. Se il compagno che mi ha preceduto ha sottolineato<br />

che i giornali non parlano del nostro <strong>Congresso</strong>, è perché evidentemente<br />

non lo siamo ancora abbastanza.<br />

• Un componente della Presidenza di Firenze è stato chiamato a<br />

partecipare al <strong>Congresso</strong> a Palermo: vorrei rendere omaggio al coraggio<br />

dei compagni palermitani che hanno aperto la sede dell’ANPI nella<br />

loro città.<br />

• Desidero ora leggervi un passaggio di un’intervista: «Giustizia,<br />

ordine pubblico, libertà, rottura della CGIL: tutte cose che ho raggiunto,<br />

e la mattina quando mi faccio la barba allo specchio mi sento un<br />

uomo del tutto soddisfatto per avere realizzato in parte il mio piano di<br />

rinascita di questa Repubblica». Non si tratta delle parole di uno qualsiasi,<br />

ma di Licio Gelli e del programma politico della P2. Questo<br />

signore non sta a Firenze a guardarsi il Biancone (la fontana del<br />

Nettuno, in piazza della Signoria), è ancora un uomo che decide, determina,<br />

suggerisce. Bisogna impedire che il governo porti ancora avanti<br />

e tenti di realizzare il suo programma. Berlusconi deve prendere tutte<br />

le decisioni che gli manda a dire, sennò rischia la vita per quello che ha<br />

avuto. Questa non è gente che scherza.<br />

• Il governo delle destre afferma di avere la maggioranza in<br />

Parlamento. Il Presidente emerito della Repubblica, Oscar Luigi<br />

Scalfaro, mi ha detto – ho la fortuna di sentirlo abbastanza spesso – che<br />

il Parlamento è stato eletto con una legge anticostituzionale. Loro stessi<br />

che l’hanno pensata e votata la chiamano “porcata”, però dicono di<br />

avere la maggioranza. Sì, certo, con il regalino di 80 deputati eletti<br />

senza che nessuno li abbia scelti!<br />

• Voglio concludere parlando dei giovani. Quando noi Partigiani<br />

andiamo nelle scuole, i ragazzi ci guardano con fiducia perché sanno di<br />

poter credere in quello che diciamo. Quando ci sbattevano in galera, i<br />

fascisti ci dileggiavano: “A diciott’anni volete la libertà, a rischio della<br />

vita?”. Abbiamo sempre risposto sì! Oggi possiamo dire ai ragazzi che<br />

abbiamo conquistato una Costituzione nella quale il primo diritto è il<br />

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lavoro. I giovani non possono e non devono accettare di essere precari,<br />

devono pretendere che un diritto sia rispettato. Se si confonde un<br />

diritto con una raccomandazione, non si è più uomini. Non si cresce “in<br />

piedi”, ma con la testa piegata.<br />

Ottavio Terranova<br />

ANPI Palermo<br />

Ringrazio il compagno che ha mi ha preceduto per aver raccontato<br />

la gioia provata per l’intervento del loro dirigente al <strong>Congresso</strong> di<br />

Palermo, noi siamo stati fieri della sua presenza. Vi porto il saluto dei<br />

compagni della mia città e di tutta la Sicilia, poiché non so se i delegati<br />

delle altre province avranno il tempo per parlare.<br />

L’ANPI ha avuto il grande merito di avere unificato nuovamente, in<br />

un certo senso, il Paese nella sua organizzazione, estendendo la sua rete<br />

in tutta Italia e soprattutto nel Mezzogiorno prima di questo <strong>Congresso</strong>.<br />

Il merito di un tale risultato va al gruppo dirigente e alla nuova struttura<br />

di cui l’Associazione si è dotata non solo con le modifiche statutarie,<br />

ma con i suoi documenti, il suo lavoro e l’azione del nostro<br />

Presidente Raimondo Ricci.<br />

A Palermo siamo molto presenti nelle scuole, ricordando ai ragazzi<br />

che nel Primo Risorgimento vennero i piemontesi a liberare la Sicilia,<br />

nel Secondo i nostri partigiani hanno contribuito a liberare le città del<br />

Nord. Non a caso è qui con noi un’educatrice che si chiama Colajanni.<br />

Stiamo poi lavorando per raccogliere la nostra memoria: per realizzare<br />

un istituto storico dove siano valorizzate contemporaneamente la grande<br />

storia della lotta di Liberazione e la storia siciliana: la battaglia dei<br />

contadini per liberarsi dal feudo e dall’oppressione e la nostra lotta contro<br />

la mafia.<br />

Vorrei invitarvi a una riflessione. Proprio perché vogliamo distinguerci<br />

dai partiti, facciamo in modo che questo sia un <strong>Congresso</strong> unitario,<br />

non “per forza”, ma nei contenuti e nelle conclusioni. In quello<br />

provinciale abbiamo fatto riferimento a una iniziativa sulle donne realizzata<br />

l’anno scorso insieme alla compagna Marisa Ombra. Per noi le<br />

donne sono importanti: le amiamo perché fanno parte delle nostre famiglie,<br />

e per il loro contributo alla Resistenza italiana. Nel manifesto del<br />

nostro <strong>Congresso</strong> potevamo raffigurare tante cose belle, ma abbiamo<br />

preferito la fotografia di una nostra compagna, staffetta partigiana a<br />

Reggio Emilia. Li abbiamo portati anche qui e li doneremo alle nostre


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compagne. Saremmo felicissimi se ognuna di loro ne portasse una<br />

copia con sé a testimonianza della nostra scelta.<br />

Qualcuno dei “grandi” storici che spesso si esibiscono in disquisizioni<br />

nei convegni ha avuto il coraggio di affermare, non molto tempo<br />

fa, che la “questione meridionale” è un’invenzione culturale di Antonio<br />

Gramsci. No, la questione meridionale esisterà finché l’Italia, unita<br />

grazie alla Resistenza, non lo sarà anche economicamente e sotto tutti<br />

i punti di vista. Finché nel Meridione il 30% dei giovani sarà disoccupato,<br />

l’unità d’Italia non sarà mai compiuta.<br />

Ieri era accanto a me il Presidente Ricci e mi ha confessato che lui<br />

ha lasciato metà del suo cuore a Portella della Ginestra. Ecco, a Portella<br />

– scusate la commozione – dopo 63 anni, abbiamo sentito il palpito dell’emozione<br />

perché la Resistenza italiana è tornata in quello storico<br />

luogo. Il compagno Ricci, mentre il giovane leggeva la sua relazione,<br />

teneva stretta la mia mano e, in quel momento, avrei voluto donare a<br />

lui la luce dei miei occhi per vedere quanto eravamo felici e contenti di<br />

avere un Presidente come lui. Continua, compagno, in qualunque<br />

ruolo, a darci la tua intelligenza e il tuo amore. Grazie.<br />

Carlo Ghezzi<br />

Presidente Fondazione Giuseppe Di Vittorio<br />

Compagni e amici,<br />

nelle ultime settimane il Nordafrica è in ebollizione: gli esiti dei sommovimenti<br />

in atto nei Paesi che si affacciano nel Mediterraneo e dell’anelito<br />

a una maggior libertà sono in larga parte imprevedibili.<br />

Occorre giungere al più presto a far tacere le armi, a soluzioni concordate<br />

che tutelino le popolazioni civili, a fare avanzare processi democratici<br />

e partecipativi.<br />

La crisi economica esplosa nel 2008 a causa di un processo di globalizzazione<br />

caotico e distorto è ancora in corso, mentre seguitano a<br />

rimanere senza risposte adeguate l’esigenza di regole, trasparenza e un<br />

corretto ruolo degli Stati, come la possibilità di costruire uno sviluppo<br />

ambientale compatibilmente accompagnato da sistemi di protezione<br />

sociale universali e solidali, rimeditati in un’idea diversa di società, di<br />

economia, di mercato.<br />

Per conseguire questi obiettivi non ci si può chiudere nel proprio<br />

Paese, serve un’Europa più forte quale soggetto politico e istituzionale<br />

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unitario. Oggi, al contrario, essa è attraversata da preoccupanti divisioni.<br />

A fronte di queste sfide tutti debbono fare la propria parte: le istituzioni<br />

internazionali e nazionali, le forze politiche, sindacali, economiche<br />

e culturali. Anche l’ANPI, che con questo <strong>Congresso</strong> riconferma la<br />

propria grande e insostituibile funzione e assume compiti nuovi nel<br />

riproporre i valori della Resistenza e della Costituzione a tutto il popolo<br />

italiano. In una società che facilmente smarrisce la propria memoria<br />

e tende in modo preoccupante all’esclusione dei più deboli e dei diversi.<br />

Troppi vorrebbero dimenticare la storia del nostro Paese, troppi tentano<br />

di riscriverla, distorcerla, falsificarla. Senza coscienza del proprio<br />

passato si mette a repentaglio il futuro, rischiando di ricadere nei drammi<br />

dai quali faticosamente si era usciti.<br />

Dobbiamo riproporre la centralità del lavoro e delle idealità per le<br />

quali donne e uomini coraggiosi si sono battuti nella grande vicenda<br />

che è stata la Resistenza, nel nostro Paese e nel nostro continente.<br />

L’ANPI, con il suo straordinario prestigio morale, continua ad avere<br />

una funzione insostituibile nella società italiana. In tale quadro sono<br />

valide le vostre proposte tese a consolidare attorno all’Associazione un<br />

ampio schieramento di forze sindacali, sociali, culturali e popolari per<br />

divenire il luogo di incontro di tutti i democratici e gli antifascisti.<br />

Deve procedere con coraggio e determinazione anche il rinnovamento<br />

e il consolidamento dell’ANPI: puntando a raggiungere e superare l’obiettivo<br />

dei 200.000 iscritti, raccogliendo soprattutto le potenzialità del<br />

Mezzogiorno.<br />

Lo scorso Primo Maggio abbiamo organizzato una grande manifestazione<br />

a Portella della Ginestra, realizzando l’incontro tra le forze<br />

dell’antifascismo, quelle impegnate contro la mafia e quelle del lavoro.<br />

Il primo articolo della nostra Costituzione pone a fondamento della<br />

Repubblica democratica il lavoro. Ma se è privato del riconoscimento<br />

della sua dignità e dei suoi diritti, non si tratta del lavoro del quale parla<br />

la nostra Carta. È un’altra cosa: lo sappia Marchionne, e non solo lui.<br />

Il Governo in carica ignora la centralità del lavoro e la sua funzione<br />

sociale. Viviamo giorni preoccupanti per la mancanza di relazioni<br />

organiche, serie e proficue tra le parti sociali maggiormente rappresentative.<br />

Vi sono, purtroppo, ministri che vogliono cambiare il Primo articolo<br />

della Costituzione e ministri che vogliono stravolgere lo Statuto<br />

dei Lavoratori. Vi sono imprenditori che propongono di scambiare le<br />

opportunità di lavoro con i diritti costituzionali. Vi sono iniziative delle<br />

destre che puntano a svuotare la partecipazione, a limitare gli spazi di


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una corretta informazione, ad attaccare i diritti fondamentali dei lavoratori<br />

e dei cittadini, a sminuire i poteri del Parlamento, a non rispettare<br />

l’autonomia e la separazione dei poteri dello Stato, a creare continuamente<br />

rotture e contrapposizioni nel Paese e, anziché favorire la<br />

convivenza civile, a incentivare comportamenti e fenomeni razzisti.<br />

Il <strong>Congresso</strong> dell’ANPI si colloca all’avvio delle celebrazioni del<br />

150° dell’Unità che il popolo italiano, nonostante il boicottaggio attuato<br />

dalle forze di governo, ha commemorato con grande partecipazione<br />

accanto al Presidente della Repubblica. La nascita della nostra nazione<br />

ha rappresentato centocinquanta anni fa un salto di qualità straordinario<br />

dell’Italia intera che entrava nell’Europa moderna.<br />

L’Unità del Paese venne realizzata dai ceti più progressisti che<br />

sconfissero i conservatori. Tuttavia fu ben chiaro chi aveva prevalso tra<br />

i vincitori: i liberali moderati sui repubblicani democratici. Il processo<br />

di Unità fu una grande rivoluzione istituzionale, sette stati che divennero<br />

uno. Dal punto di vista sociale, invece, cambiò ben poco poiché il<br />

patto tra le classi dirigenti italiane, con il contributo e la supervisione<br />

dei maggiori Paesi d’Europa, prevedeva che l’unificazione avvenisse<br />

senza modificare i rapporti sociali esistenti, in particolare nelle campagne.<br />

Lo Stato unitario venne realizzato tra grandi tensioni e notevoli<br />

contraddizioni che non possono essere sottaciute: dalla questione meridionale,<br />

esplosa e mai più risolta, al nodo delle grandi masse popolari<br />

tenute fuori dallo Stato. Furono escluse in particolare le donne alle<br />

quali il diritto di voto non venne riconosciuto fino al 2 giugno 1946.<br />

Troppi problemi irrisolti resero fragile la nostra democrazia, precipitata<br />

nella dittatura fascista dopo la conclusione del Primo conflitto mondiale.<br />

Pur consapevole dei limiti della politica post-unitaria, il movimento<br />

democratico non ha mai messo in discussione l’Unità nazionale,<br />

sempre considerata un valore. L’ANPI ne ha fatto uno dei suoi tratti<br />

distintivi e si pone oggi più che mai l’obiettivo di come salvarla dalle<br />

pesanti scosse e tensioni politiche, economiche e culturali condotte<br />

soprattutto da un governo demagogo e populista, incapace di guidare<br />

l’Italia.<br />

È con questa consapevolezza che, messa in discussione una seconda<br />

volta l’unità nazionale, precipitati per colpa del fascismo nel dramma<br />

della Seconda guerra mondiale, in un Paese occupato da eserciti<br />

stranieri contrapposti e diviso tra una monarchia poco amata, uno stato<br />

fantoccio “repubblichino”, una Sicilia governata dall’Ammini-<br />

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strazione militare americana e un Friuli in mano al Terzo Reich, il<br />

movimento operaio ha saputo svolgere pienamente la propria funzione<br />

nazionale.<br />

Sono stati gli scioperi del marzo 1943 e quelli ancor più grandiosi<br />

del ’44 a disvelare tutte le debolezze del fascismo, a impressionare la<br />

grande stampa internazionale e ad avviare la guerra di Liberazione.<br />

Lavoro e Resistenza hanno ridato all’Italia democrazia, libertà, onore e<br />

le radici della Carta Costituzionale che, nonostante i periodici attacchi,<br />

resta il riferimento fondamentale per tutti gli italiani. Il Secondo<br />

Risorgimento ha completato il Primo, riconquistando l’Unità del paese<br />

e costruendo una società partecipata e democratica fondata sui valori<br />

dell’antifascismo.<br />

La Resistenza e le lotte del lavoro hanno permesso ad Alcide De<br />

Gasperi di sedersi con dignità al tavolo della Pace a Parigi nel 1947,<br />

nonostante l’Italia fosse uno dei Paesi promotori della guerra.<br />

Resistenza e lavoro hanno consentito di eleggere democraticamente<br />

l’Assemblea Costituente attraverso una grande partecipazione popolare.<br />

Alla Germania e al Giappone, come noi sconfitti, non sono state date<br />

le stesse opportunità.<br />

Lo ricordo ancora: nella Costituzione è scritto che “L’Italia è una<br />

Repubblica democratica fondata sul lavoro”. Questo approdo è il prezzo<br />

imposto dalle masse popolari del lavoro alle classi dirigenti compromesse<br />

col fascismo: e hanno dovuto pagarlo per potersi rilegittimare.<br />

Si è così riconosciuta definitivamente al lavoro piena dignità e l’irreversibilità<br />

dei suoi diritti. Giungendo a un patto nazionale le cui radici<br />

sociali sono chiare, nette e ben visibili. Proprio per questo molti<br />

intendono rimetterlo in discussione per stravolgerlo. Bisogna difendere<br />

questi risultati e attuare pienamente la Costituzione.<br />

Come abbiamo riproposto all’ultima Festa nazionale dell’ANPI di<br />

Ancona, dobbiamo mettere un sigillo alle celebrazioni del 150°<br />

dell’Unità d’Italia con una grande manifestazione popolare promossa<br />

dall’ANPI, dal sindacato, dalle realtà sociali e culturali. Per un Paese<br />

indipendente e uno. E un’altra, a Milano – come ci ha spronato ieri<br />

Susanna Camusso – in occasione della Festa della Repubblica e, al<br />

tempo stesso, della Costituzione. La costruzione di un Paese più giusto<br />

e solidale, uno e indipendente, la difesa della nostra bella Costituzione<br />

sono per noi conquiste irrinunciabili.<br />

Per il presente e per il futuro.


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Patrizia Zocchio<br />

ANPI Monza-Brianza<br />

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Care compagne, cari compagni,<br />

negli interventi che mi hanno preceduto si è parlato spesso di giovani,<br />

di scuola, di cultura e di futuro.<br />

L’ANPI, rifacendosi ai valori della Resistenza e appellandosi alla<br />

Costituzione, è sempre scesa in piazza a difesa della scuola pubblica:<br />

laica, democratica, solidale, pacifista e antifascista. La scuola non<br />

“inculca” valori, come ha detto un mese fa il Presidente del Consiglio.<br />

Forse afferma una cosa del genere perché ha in mente una scuola privata,<br />

confessionale, che ha bisogno di indottrinare i suoi studenti. Una<br />

scuola che, nonostante la Costituzione dica chiaramente che deve<br />

essere senza oneri per lo Stato, riceve milioni di euro e non è mai toccata<br />

dai tagli inferti pesantemente a quella pubblica che è in un<br />

momento di grandissima sofferenza.<br />

La scuola italiana e i suoi insegnanti, quotidianamente, attraverso<br />

i programmi, i progetti, gli incontri, le piccole azioni interpersonali<br />

educano bambine e bambini, ragazze e ragazzi a diventare cittadine e<br />

cittadini coscienti, in possesso di un pensiero critico, capaci di collocarsi<br />

attivamente nel contesto socio-politico nel quale vivono, senza<br />

subire in maniera prona tutto ciò che viene loro propinato. Gli insegnanti<br />

sono impegnati a valorizzare nello stesso modo gli italiani e gli<br />

stranieri, gli abili e i diversamente abili. Perché non crescano cittadini<br />

disuguali, pronti a entrare nel meccanismo di ricatto illustrato da<br />

Zagrebelsky.<br />

Non dimentichiamo che l’ANPI e il Ministero della Pubblica<br />

Istruzione hanno stipulato un protocollo d’intesa che apre le porte<br />

della scuola a una collaborazione non estemporanea, sull’onda di<br />

eventi emotivi o legata a singoli insegnanti volenterosi, ma costante,<br />

programmatica, propositiva. Per tutto l’anno scolastico, non solo in<br />

occasione delle ricorrenze del 25 aprile o 27 gennaio.<br />

Dobbiamo ricordarlo a tutte le Sezioni ANPI e a tutte le scuole che<br />

non invitano i rappresentanti ANPI per il falso timore di “fare politica”.<br />

O perché qualche dirigente scolastico ottuso vieta questo tipo<br />

incontri e non permette di esporre la bandiera della Pace. Gli insegnanti<br />

a volte non protestano perché non sanno bene quello che si può<br />

o non si può fare nelle scuole.<br />

Nel rapporto intergenerazionale sono fondamentali figure credibi-<br />

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SESTA<br />

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li di adulti. I Partigiani e le Partigiane lo sono: rappresentano un<br />

modello positivo e coerente di persone che hanno fatto quello che<br />

hanno detto, che non raccontano storie, che associano a ogni fatto il<br />

loro personale esempio. Questo per i giovani vale più di tante lezioni.<br />

Gli insegnanti a scuola fanno pedagogia della Resistenza. A partire dal<br />

rapporto coi più piccoli sviluppano comportamenti democratici. Con i<br />

grandi si fanno conferenze, dibattiti, si parla di storia; con i piccoli è<br />

più difficile, bisogna agire sul fare, in un rapporto democratico costante<br />

e rispettoso, tutti i giorni.<br />

L’istruzione in questi anni è stata mercificata, le scuole sono divenute<br />

“imprese” e i nostri alunni non più utenti ma “clienti”. Questo va<br />

a giustificare i tagli imposti dal Ministro dell’economia, quando afferma<br />

che la scuola costa troppo ed è necessario risparmiare. E tutti credono<br />

che la scuola, l’istruzione, la cultura sono un costo e che per<br />

risparmiare dobbiamo tagliare. È facile, purtroppo, far credere queste<br />

cose.<br />

Non ci dimentichiamo, poi, che la scuola come agenzia educativa<br />

presente sul territorio, attraverso i ragazzi e le ragazze della scuola<br />

dell’obbligo raggiunge anche i genitori, le famiglie, gli amici. Gli<br />

utenti non sono solo gli studenti, ma anche gli adulti che li accompagnano,<br />

si informano, chiedono conto, vengono ad assistere alle iniziative<br />

e agli incontri. Per questo scuola e istruzione, come l’acqua, rappresentano<br />

un bene comune da difendere e garantire a tutti. Per questo<br />

dobbiamo scendere in piazza a difenderle.<br />

È importante che le Sezioni ANPI siano non solo presenti sul territorio,<br />

ma aperte, accoglienti per invogliare i giovani ad avvicinarsi,<br />

anche solo per chiedere informazioni o materiale illustrativo, per<br />

sedersi e fare una chiacchierata. Magari la tessera poi non la fanno, o<br />

la faranno più avanti, non ha molta importanza. Le persone devono<br />

iscriversi con convinzione non sull’entusiasmo di un momento.<br />

Per quanto riguarda le proposte, mi aspetto che vengano individuate,<br />

a livello nazionale, regionale, provinciale, delle figure in grado<br />

di “fare rete”, punti di riferimento per i giovani e tra scuole, istituzioni<br />

e associazioni. Non necessariamente con l’intento di fare antifascismo<br />

militante tutti i giorni e sempre. C’è tanto lavoro da fare, ma<br />

insieme possiamo farcela.<br />

Care compagne, cari compagni, buon lavoro a tutti.


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Ferdinando Imposimato<br />

ANPI Roma<br />

Presidente onorario aggiunto Suprema Corte di Cassazione<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

Amici e compagni,<br />

alla Costituzione nata dalla Resistenza guarda la preoccupata coscienza<br />

della nazione, in questi tempi di pericolo per la democrazia. Alla<br />

Costituzione guardarono, come strumento di difesa, i magistrati caduti<br />

nella lotta al terrorismo e alla mafia tra cui Bruno Caccia a Torino,<br />

Emilio Alessandrini e Guido Galli a Milano, Vittorio Occorsio e Mario<br />

Amato a Roma. Alla Costituzione guardano, oggi, per difendere la<br />

loro indipendenza, garanzia dei cittadini e non privilegio della<br />

Magistratura. Alla Costituzione e alla Resistenza guardano i familiari<br />

della strage dimenticata di Vallucciole, in Toscana, dove donne e bambini<br />

furono uccisi dai militari della Wehrmacht con la complicità di<br />

traditori della RSI. E ho il privilegio di difendere, anche a nome<br />

dell’ANPI, un familiare di una delle vittime davanti al Tribunale<br />

Penale di Verona dove si sta celebrando il processo.<br />

Di fronte all’attacco del governo alla Costituzione e alla democrazia,<br />

di fronte all’acuirsi della questione sociale e morale, per la carenza<br />

di prospettive di lavoro dei giovani, la risposta va cercata e trovata<br />

anzitutto nella lotta senza quartiere alla dilagante corruzione, all’evasione<br />

fiscale, alla mafia e al suo patto scellerato con la politica. Mali<br />

endemici che sottraggono ingenti risorse ai lavoratori e ai giovani. I<br />

vari scandali recenti hanno rivelato l’ignobile sfruttamento persino dei<br />

disastri nazionali, come il terremoto d’Abruzzo, per avvantaggiare<br />

mafiosi, politici e imprenditori senza scrupoli, con la protezione di<br />

leggi personali varate da un governo e da un presidente del Consiglio<br />

indegni di un Paese civile. La risposta va cercata e trovata, inoltre,<br />

nella difesa della dignità del lavoro, nella solidarietà, nella garanzia<br />

del lavoro per tutti, anche riducendo la giornata lavorativa, come è<br />

avvenuto in Francia e in Germania da oltre vent’anni.<br />

Una breve riflessione sulla guerra. Noi diamo la nostra adesione<br />

alla lotta che i movimenti di liberazione del mondo arabo stanno conducendo<br />

contro le dittature. Ma sotto il profilo della legalità internazionale,<br />

riteniamo, sommessamente, la illegittimità della guerra, ricordando<br />

che l’Art. 11 della Costituzione stabilisce che “L’Italia ripudia<br />

la guerra come strumento per la soluzione dei conflitti internazionali”<br />

e che non esistono i presupposti per ritenere legittimo l’intervento in<br />

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SECONDA<br />

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TERZA<br />

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QUARTA<br />

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QUINTA<br />

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SESTA<br />

SEDUTA<br />

Libia. La risoluzione n° 1973 del Consiglio di Sicurezza dell’ONU ha<br />

approvato solo la no fly zone, cioè il divieto per gli aerei libici di levarsi<br />

in volo e bombardare le popolazioni civili.<br />

La formula ambigua che autorizza l’uso di tutti i mezzi necessari<br />

per far rispettare l’imposizione non può significare la legittimità della<br />

guerra fatta da Francia e Gran Bretagna per il controllo delle risorse<br />

petrolifere e per ragioni di egemonia, non per la tutela dei diritti<br />

umani. C’è di più. Riteniamo che la decisione del Consiglio di<br />

Sicurezza non coincida con la volontà dell’Assemblea generale<br />

dell’ONU che deve prevalere sulle decisioni del Consiglio di<br />

Sicurezza.<br />

Inoltre l’UE, la maggior parte dei Paesi europei, è contraria alla<br />

guerra alla Libia. Sul piano politico la guerra può mettere in pericolo<br />

la pace nel mondo, innescando una serie di reazioni a catena. Siamo<br />

contrari alle guerre preventive, principale minaccia alla pace.<br />

Un’ultima considerazione vorrei dedicarla alla sorte dell’ANPI,<br />

riprendendo le belle parole di Silvano Sarti. Il patrimonio di valori e<br />

di conquiste dell’ANPI non deve morire, ma sopravvivere ai<br />

Partigiani, in nome dei Partigiani e in difesa perenne della Carta<br />

Costituzionale. Lo impone l’Art. 1 dello Statuto che prevede fra i suoi<br />

scopi primari quello di concorrere, nelle leggi e nel costume, alla<br />

piena attuazione della Costituzione italiana, frutto della guerra di<br />

Liberazione, e quello di fornire appoggio e aiuto a tutti coloro che si<br />

battono, singolarmente o in associazioni, per i valori di democrazia<br />

che sono fondamento della guerra partigiana. La sopravvivenza<br />

dell’Associazione deve essere decisa dai Partigiani fin da questo<br />

<strong>Congresso</strong>.<br />

Un’ANPI senza più i Partigiani, domani, non sarà legittimata a<br />

farlo e rischierebbe di morire, facendo venire a mancare un argine in<br />

difesa della Costituzione.<br />

Oggi, che una parte fondamentale della Costituzione – riguardo al<br />

diritto alla dignità del lavoro, alla parità tra uomini e donne, alla scuola<br />

pubblica, all’uguaglianza dei cittadini nell’accesso alle cariche elettive<br />

– è lungi dall’essere attuata e che l’attacco ad essa è ancora in atto<br />

da parte del Governo e di forze eversive, utilizzate dal governo per<br />

“stabilizzare” l’ordine pubblico e quello politico, ebbene, oggi l’esigenza<br />

di garantire la sopravvivenza dell’ANPI, principale baluardo<br />

della democrazia e della libertà contro il neofascismo dilagante, è una<br />

necessità assoluta e imprescindibile nell’interesse dell’Italia e delle<br />

nuove generazioni. Grazie


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

Aude Pacchioni<br />

ANPI Modena<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

Nel corso di questo <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> e, prima, mentre lo preparavamo,<br />

abbiamo riflettuto molto, nella nostra Provincia, sui contenuti del<br />

documento che è alla base del dibattito. È stata davvero un’intuizione<br />

interessante quella del Comitato <strong>Nazionale</strong> di preparare il dibattito con<br />

un documento. Poi, nel corso della discussione si stanno notando delle<br />

pecche ma, emendato, sarà certamente migliorato prima della fine dell’assise.<br />

Il nostro non è un <strong>Congresso</strong> soltanto sui valori della Resistenza,<br />

su ciò che ha significato, su quello che può ancora significare.<br />

L’Associazione ha voluto assumere una posizione politica autonoma<br />

molto precisa, e lo ha fatto nel precedente <strong>Congresso</strong> decidendo di<br />

aprire agli antifascisti di ogni generazione. Una decisione importante<br />

e giusta, anche se a volte ho la sensazione che lo si manifesti a parole,<br />

ma poi l’Associazione, nei fatti, resti quella della tradizione.<br />

Guardando questa Assemblea, i direttivi Provinciali e delle<br />

Sezioni, i nostri iscritti, invece, credo di poter dire che grazie all’esperienza<br />

maturata l’Associazione è realmente cambiata.<br />

Non è casuale, abbiamo lavorato bene, adesso bisogna continuare,<br />

vincendo alcune resistenze che ancora esistono. Non è scontato che<br />

questo percorso continui sull’onda del successo.<br />

Dobbiamo esserne consapevoli, perché le difficoltà ci sono. Perché<br />

abbiamo esperienze formative diverse, perché su determinati problemi<br />

la pensiamo in maniera diversa. Quindi l’amalgama è più difficile e<br />

bisogna perseverare.<br />

Nel documento esistono alcune mancanze che dobbiamo colmare.<br />

Perché la versione emendata – non solo la risoluzione finale – dovrà<br />

essere la guida per il lavoro del prossimo futuro. Non è che una volta<br />

terminato il <strong>Congresso</strong> possiamo accantonare quelle indicazioni e parlar<br />

d’altro.<br />

Ad esempio, credo che il documento debba essere emendato – e<br />

hanno fatto bene le compagne e amiche del coordinamento femminile<br />

a sottolinearlo – sul lavoro delle donne.<br />

Non è pensabile affrontare un qualsiasi argomento senza rendersi<br />

conto che la società è fatta di uomini e di donne, con una sensibilità,<br />

un modo di sentire, lavorare, operare, diversi. Parliamo del lavoro, dei<br />

servizi, degli orari.<br />

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Anche per quanto riguarda il lavoro nell’Associazione: abbiamo<br />

anziani, abbiamo uomini e donne, non possiamo continuare, come<br />

succede spesso, anche per gli impegni istituzionali, a fissare gli orari<br />

come se fossimo tutti maschi, come se il lavoro in famiglia non esistesse.<br />

Non aggiungo altro, perché lo sapete meglio di me.<br />

Seconda questione: credo che nel documento il problema della<br />

scuola sia stato affrontato in modo troppo sbrigativo. Nel dibattito è<br />

stato sottolineato parecchie volte, il tema è stato molto arricchito.<br />

Aggiungo solamente che noi non siamo né studenti, né il sindacato dei<br />

precari. Bisogna trattare il problema per la funzione che la scuola svolge<br />

nella società.<br />

Terzo. Non possiamo non dedicare una parte del documento alla<br />

lotta contro il revisionismo. Dal <strong>Congresso</strong> deve uscire una richiesta,<br />

un invito, un appello ai nostri amici storici a riprendere con vigore il<br />

dibattito e la ricerca. Non è possibile lasciare spazio a orientamenti<br />

che da “revisione storica” si trasformano in “revisione politica”. Tutti<br />

possiamo combattere questi atteggiamenti, è vero, ma meglio possono<br />

farlo gli studiosi, riportando al centro della questione la verità storica.<br />

Ancora un problema. Il lavoro dell’Associazione poggia molto<br />

sugli Istituti della Resistenza diffusi sul territorio. Dobbiamo dire in<br />

questo <strong>Congresso</strong> che quei centri vanno rafforzati e finanziati. Quando<br />

andiamo nelle scuole, noi Partigiani portiamo una testimonianza, non<br />

facciamo una lezione. Quella devono farla gli insegnanti di storia, illustrata<br />

dalla nostra personale esperienza che serve a dare vita e sostegno<br />

ai concetti.<br />

Perdonate la presunzione, ma credo che abbiamo abbandonato<br />

troppo presto l’obiettivo che la storia del Novecento fosse realmente<br />

insegnata nelle scuole.<br />

Questo compito non può essere lasciato alla volontà di qualche<br />

professore benemerito. Dobbiamo affrontare questo tema con i parlamentari<br />

che, come noi, credono nel significato della Resistenza.<br />

Per comprendere il senso di concetti come la democrazia e i diritti,<br />

il valore della Costituzione, bisogna che i nostri giovani sappiano<br />

cosa è stata la dittatura. E quanto è stato importante il balzo in avanti<br />

che il Paese ha compiuto.<br />

Credo che stiamo percorrendo la strada giusta. La nostra regola per<br />

il futuro è continuare a essere un’Associazione autonoma, nella quale<br />

si trovino a proprio agio tutti quelli che condividono i nostri obiettivi.


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

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Giorgio Fin<br />

ANPI Vicenza<br />

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Chi avesse l’occasione di passare per Vicenza – città decorata con<br />

due Medaglie d’Oro, la prima per l’insurrezione contro gli austriaci<br />

nel 1848, la seconda per la Resistenza contro il nazifascismo – vada<br />

sul piazzale di Monte Berico da cui si domina la bellissima città del<br />

Palladio, oppure percorra la strada che la attraversa sul lato nord, a<br />

ridosso della periferia, e potrà osservare il sorgere di un enorme,<br />

nuovo quartiere nel luogo che fu dell’Aeroporto Dal Molin: è la nuova<br />

base americana.<br />

Oggi, con il conflitto in Libia e i rivolgimenti in corso negli stati<br />

arabi, si capisce bene che l’interesse militare ed economico statunitense<br />

è passato dai Paesi dell’Est europeo a quelli dell’Africa settentrionale<br />

e del Medio Oriente. Per questo stanno smobilitando le basi in<br />

Germania, trasferendo tutto l’armamentario in Italia: a Vicenza. Dove,<br />

fin dal dopoguerra, esiste già un’altra grande base americana, la<br />

Ederle. Inoltre alla periferia sud-est, nella zona Longare, sui Colli<br />

Berici, vi sono altri siti recintati e presidiati dai soldati americani.<br />

Ospitano innumerevoli bunker che alloggiano armamenti sofisticati,<br />

missili e quant’altro. Qualcuno parla addirittura di testate nucleari.<br />

Vicenza è letteralmente circondata, se non occupata, da basi militari<br />

americane. Attenzione, non basi ONU o NATO: basi americane<br />

nelle quali nessuno può mettere il naso, nemmeno la polizia, poiché<br />

sono in pratica territorio in mano straniera. Ciò è avvenuto e continua<br />

ad avvenire in barba a tutte le regole urbanistiche e di rispetto ambientale,<br />

storico e artistico. Nonostante la contrarietà della maggioranza<br />

dei vicentini, cui è stato impedito persino il referendum consultivo.<br />

Nonostante la contrarietà di Enti e associazioni, oltre che di grandissimo<br />

numero di cittadini italiani. Nonostante l’opposizione di molte<br />

forze politiche. Nonostante le forti prese di posizione dell’ANPI<br />

vicentina e di quella del Veneto, supportate dall’ANPI <strong>Nazionale</strong>.<br />

Siamo di fronte a una palese violazione dell’Art. 11 della<br />

Costituzione che, nella seconda parte, prevede la possibilità che<br />

l’Italia consenta “in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni<br />

di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e<br />

la giustizia fra le Nazioni, promuove e favorisce le organizzazioni<br />

internazionali rivolte a tale scopo”. Queste basi, infatti, non servono<br />

per la pace e la giustizia, sono strumenti palesemente offensivi verso<br />

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altri popoli. Da esse partono strategie mondiali di guerra. Inoltre la<br />

sovranità territoriale, politica e militare in quelle basi è ceduta non ad<br />

organismi internazionali ma a un altro Stato, seppur amico, e in condizioni<br />

non certamente di parità, senza contropartite.<br />

L’ANPI vicentina nel suo congresso non poteva non manifestare il<br />

proprio disappunto per quanto sta avvenendo e ha chiesto con apposito<br />

Ordine del giorno che “l’ANPI nazionale vigili sul rispetto dell’Art.<br />

11 della nostra Costituzione” e si faccia promotrice di iniziative<br />

“affinché venga ridiscussa la nostra partecipazione alle missioni militari<br />

all’estero e venga svolta una conferenza per rivedere la validità<br />

delle servitù militari che tolgono ai cittadini italiani il diritto d’uso del<br />

territorio e contrastano con la Costituzione».<br />

Di non secondaria importanza è l’altro punto sollevato<br />

dall’Assemblea vicentina. Abbiamo richiesto con forza che nel<br />

“<strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> il tema del lavoro sia posto nel dibattito e nelle<br />

deliberazioni come questione centrale, fondamentale, decisiva e di<br />

attualità per i lavoratori e per le nuove generazioni, come affermato<br />

nel nostro ordinamento costituzionale».<br />

L’Art. 1, fondando sul lavoro la nostra Repubblica, stabilisce che<br />

il cittadino italiano è tale non per quello che ha, per le sue proprietà,<br />

le sue rendite o per la sua cultura, ma per quello che fa. Nel Paese reale<br />

le cose non stanno affatto così. Il cittadino che la classe dirigente ci<br />

fornisce come modello è quello che vive di rendita, furbo, che si è<br />

fatto da sé, fregando gli altri e lo Stato, che non paga le tasse, che<br />

cerca scorciatoie verso il successo e l’affermazione personale al di là<br />

dei meriti. Se lavora, invece, deve essere precario e senza diritti. Si<br />

tratta di una precarietà – e pure in Veneto la stiamo sperimentando –<br />

che non riguarda solo il lavoro dipendente, ma anche i piccoli e medi<br />

imprenditori e gli artigiani ormai spiazzati dalla globalizzazione e<br />

dalla crisi economica, i commercianti sconfitti dalla grande distribuzione<br />

e dalla caduta dei consumi. Non sono esenti nemmeno alcuni<br />

settori della libera professione.<br />

Non è solo colpa della crisi: il nostro modello, la civiltà liberista<br />

che considera il mercato come “panacea di tutti i mali”, non regge più.<br />

I ragazzi in agitazione contro i tagli alla scuola, all’università, alla<br />

ricerca – che il ministro Gelmini si ostina a chiamare riforme – hanno<br />

chiaramente affermato che in questo sistema loro non hanno futuro.<br />

Vorrei dire ancora qualcosa sulla Lega, sempre prendendo spunto<br />

dal documento del <strong>Congresso</strong> provinciale: “L’ANPI Vicentina invita il<br />

<strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> a esplicitare più chiaramente nei suoi documen-


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ti la deriva razzista e xenofoba dimostrata dalla Lega Nord nelle sue<br />

idee e nelle sue iniziative”. Sappiamo che il mondo delle camicie verdi<br />

è un insieme abbastanza complesso e spesso contraddittorio. Noi che<br />

siamo costretti per ragioni istituzionali a mantenere rapporti con gli<br />

amministratori leghisti lo constatiamo ogni giorno. Il panorama è<br />

vasto: si va da quelli convintamene antifascisti e democratici che ci<br />

appoggiano persino nelle nostre battaglie a difesa della Costituzione,<br />

ad altri chiaramente razzisti, fascisti, anzi nazisti. Come afferma il<br />

documento politico di questo <strong>Congresso</strong>, cerchiamo di distinguere l’istituzione<br />

da colui che temporaneamente la rappresenta, ma non sempre<br />

ci riusciamo. È più facile distinguere il Sindaco Tosi dal Tosi<br />

leghista, più difficile fare distinzioni con i tipi alla Borghezio, e ce ne<br />

sono molti, troppi.<br />

In ogni caso, al di là delle persone, non devono esistere mezze<br />

misure nei confronti della Lega Nord come partito o movimento: la<br />

sua politica è razzista e xenofoba e va indefessamente denunciata e<br />

combattuta in tutte le sedi, senza cedimenti. Non solo, va anche affermato<br />

con chiarezza che la Lega, nata sull’onda di Tangentopoli, contro<br />

l’illegalità, contro “Roma ladrona”, è diventata anch’essa, in larga<br />

parte, ladrona.<br />

Arzignano, una cittadina a una ventina di chilometri da Vicenza<br />

che ha fondato il proprio sviluppo sulla concia delle pelli, ne è una<br />

prova. È governata dalla Lega che copre e difende la diffusa rete di<br />

corruzione costruita per evadere le tasse. L’assioma è che siccome lo<br />

Stato è ladrone, rubare ai ladri non è peccato. Il federalismo stesso, al<br />

di là di disquisizioni più o meno dotte, è ben visto dai più soprattutto<br />

come strumento per pagare meno tasse. Padroni in casa propria, ma<br />

poi le multe per le quote latte vanno pagate dallo Stato. Questa è la<br />

Lega.<br />

Un ultimo punto rilevato dall’Assemblea Congressuale vicentina:<br />

l’Italia non ha ancora aderito alla messa al bando della tortura proposto<br />

nel 1950 dalla Convenzione Europea dei diritti dell’uomo, nel<br />

1966 dal patto dell’ONU sui diritti civili e politici e nel 1984 dalla<br />

Convenzione dell’ONU contro la tortura. L’appello al <strong>Congresso</strong><br />

<strong>Nazionale</strong> è di coinvolgere tutte le forze politiche presenti nel Paese e<br />

in Parlamento per una rapida approvazione delle norme che tutelano i<br />

cittadini da “ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque<br />

sottoposte a restrizioni di libertà”.<br />

Un cenno merita la nostra posizione sugli organismi regionali<br />

dell’ANPI. Con un apposito <strong>Congresso</strong> regionale, in Veneto sono stati<br />

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SEDUTA DI<br />

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eletti organi dirigenti i quali – per merito soprattutto del Presidente<br />

On. Franco Busetto – hanno operato anche come vero e proprio organismo<br />

politico in grado di orientare l’azione dell’ANPI nel territorio<br />

della Regione. Alla luce della nostra esperienza, la proposta formulata<br />

in proposito dal documento nazionale ci sembra inadeguata.<br />

Riteniamo che, in vista di un sempre maggior decentramento delle<br />

funzioni e di un probabile affermarsi del sistema di governo federale,<br />

le ANPI regionali debbano assumere uno specifico ruolo, non solo di<br />

coordinamento e guida per le Province, ma anche per costituire un<br />

autorevole interlocutore con gli organi di governo della Regione.<br />

Ringrazio tutti per l’attenzione, porgendo al <strong>Congresso</strong> il saluto dei<br />

1.400 iscritti vicentini.<br />

Martina Misano<br />

ANPI Valenza Po (AL)<br />

Compagne delegate, compagni delegati,<br />

ho 23 anni, sono studentessa in Lettere, democratica e antifascista.<br />

Sono cresciuta ascoltando le storie dei Partigiani che per me non erano<br />

eroi irraggiungibili, ma zie e cugini che avevano vissuto tante avventure.<br />

Mi hanno sempre raccontato con sincerità quegli avvenimenti.<br />

Erano favole con una morale. Così ho imparato a credere nei valori<br />

dell’uguaglianza, della solidarietà e della libertà.<br />

Da quando ho cominciato a vivere nel mondo degli adulti, però, mi<br />

sono accorta che la realtà non è quella limpidamente democratica, fondata<br />

sui valori della Costituzione, descritta in quelle storie. Forse<br />

dipende dal fatto che sono trascorsi molti anni dalla loro lotta e dalla<br />

Liberazione. E ho la sensazione che oggi sia necessario richiamarsi a<br />

quei valori per poter ricostruire nel Paese un tessuto di libertà, diritti e<br />

dignità.<br />

Credo nella politica ma non nei partiti di oggi: hanno deluso me e<br />

la mia generazione. Per esprimere la nostra voglia di partecipare, in<br />

tanti crediamo nella forza e nell’autonomia dell’ANPI, in grado di<br />

esercitare una funzione di coscienza critica della democrazia e della<br />

società. Condivido le tesi congressuali espresse dal documento<br />

dell’ANPI nazionale, dal Presidente Raimondo Ricci e dal nostro<br />

Presidente provinciale, Cinefra, in occasione del <strong>Congresso</strong> di<br />

Alessandria del mese scorso. Si tratta ora di realizzare concretamente,<br />

nei fatti, tali posizioni.


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SEDUTA<br />

La Sezione di Valenza lo sta facendo, ricercando una propria declinazione<br />

del concetto di “nuova stagione dell’ANPI”. In primo luogo,<br />

nell’elezione del Presidente, abbiamo chiesto un passo indietro ai partiti<br />

per garantire l’indipendenza dell’Associazione e favorire l’avvicinamento<br />

all’ANPI di tutto il fronte democratico e antifascista locale.<br />

In secondo luogo, abbiamo aperto ai giovani e alle donne sia responsabilizzandoli<br />

con incarichi di rilievo sia dedicando loro particolare<br />

attenzione nell’organizzazione delle iniziative.<br />

Abbiamo scelto di lavorare concretamente organizzando tutte le<br />

settimane banchetti per il tesseramento, per il referendum sul nucleare<br />

e l’acqua pubblica. E tramandando la tradizione antifascista della<br />

nostra Provincia attraverso il coinvolgimento delle scuole e il sostegno<br />

a ricerche sulle fonti archivistiche e sulla memoria orale. Nelle prossime<br />

settimane, poi, prenderanno il via due cicli di conferenze: uno sarà<br />

dedicato alla crisi economica e alle ricadute sociali e occupazionali sul<br />

nostro territorio, l’altro avrà come tema “Fare gli italiani - uno sguardo<br />

sui 150 anni di storia nazionale”, consisterà in una decina di lezioni<br />

tenute da intellettuali e docenti universitari e sarà destinato in particolare<br />

agli studenti delle scuole medie superiori. Si tratta di un tentativo<br />

di unire la prospettiva locale con le sue criticità e peculiarità e<br />

la prospettiva più ampia del contesto nazionale, nel quale inserire i<br />

valori dell’antifascismo e della Costituzione come faro dal quale<br />

apprendere gli strumenti e le risorse necessarie a progettare il futuro.<br />

Credo che l’ANPI per aprire la sua nuova stagione debba in particolare<br />

coinvolgere i giovani. Noi dobbiamo imparare dai ragazzi di<br />

settant’anni fa a indignarci, organizzarci e combattere per i nostri diritti.<br />

Chiedo a tutti, a chi fosse ancora indeciso, di lasciarci essere i nuovi<br />

Partigiani. “I Partigiani del terzo millennio”.<br />

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QUARTA SEDUTA<br />

Centro Congressi<br />

“Torino Incontra”<br />

sabato 26 marzo 2011<br />

ore 9.30<br />

Presiede i lavori: Chiara Gribaudo


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Paolo Padovan<br />

ANPI Gorizia<br />

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Cari compagni e cari amici,<br />

il mio intervento riguarderà le iniziative di carattere internazionale di<br />

cui la nostra organizzazione intende farsi promotrice nell’ambito delle<br />

nuove prospettive dell’Unione Europea.<br />

Più volte nei documenti dell’ANPI, sia a livello nazionale che locale,<br />

è emersa la necessità di costruire un’attiva collaborazione con analoghe<br />

associazioni combattentistiche degli altri Paesi europei. Non solo<br />

per conservare la memoria dei tragici eventi della lotta contro il nazifascismo,<br />

ma soprattutto per mantenere saldi i valori di libertà e democrazia<br />

e salvaguardare i diritti civili e la giustizia sociale in un’Europa<br />

sempre più pervasa dall’intolleranza, dalla xenofobia e da pericolose<br />

tentazioni revisionistiche.<br />

L’ANPI di Gorizia ritiene che il Friuli-Venezia Giulia e il territorio<br />

della propria Provincia, potrebbe essere una sede particolarmente adatta<br />

a ospitare iniziative a carattere internazionale per tutta una serie di<br />

motivazioni legate alla complessità della sua storia.<br />

La nostra zona è segnata dalla presenza di un confine che è stato<br />

definito “mobile” e ha visto il succedersi di diverse entità statuali:<br />

dall’Impero austro-ungarico, all’Italia, alla Germania nazista, cui fu<br />

annesso come Zona d’operazioni Litorale Adriatico. Non va poi<br />

dimenticato che Gorizia e il suo territorio, contesi dalla Jugoslavia, tornarono<br />

a far parte dell’Italia solo nel 1947 con il Trattato di Parigi<br />

(mentre Trieste entrò nel ’54). La sua popolazione, quindi, non ha partecipato<br />

al referendum costituzionale per scegliere la monarchia o la<br />

repubblica.<br />

Quello di Gorizia è un territorio caratterizzato dalla presenza di<br />

un’importante minoranza come quella slovena: un valore aggiunto da<br />

tutelare applicando fino in fondo la legge (le tessere ANPI da noi sono<br />

bilingui). Grande rilevanza ha il fatto che qui la guerra di Liberazione<br />

è stata contraddistinta dalla stretta collaborazione fra i Partigiani italiani<br />

e quelli jugoslavi, con un’impronta internazionalista più marcata che<br />

in altre parti del Paese. E dal dopoguerra ad oggi l’ANPI della nostra<br />

Provincia ha mantenuto una proficua collaborazione con le organizzazioni<br />

dei Partigiani della ex Jugoslavia, in particolare slovene e croate.<br />

Con le prime abbiamo sottoscritto, solo alcuni anni fa, un importante<br />

documento di collaborazione.<br />

Se in questo momento il revisionismo storico è imperante ovunque,<br />

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nella nostra regione è un fenomeno particolarmente accentuato, soprattutto<br />

dopo l’istituzione del Giorno del ricordo. Grazie a una legge, poco<br />

contrastata anche dalla sinistra, che volutamente mescola assieme foibe<br />

ed esodo. Due fatti che vanno ricordati, ricollegandoli nel tempo, ma<br />

che non hanno una diretta relazione fra loro come la legge sottintende.<br />

Non va dimenticato che nel Friuli-Venezia Giulia ha sede l’Istituto<br />

Silentes lòquimur che cura conferenze sulle foibe nelle scuole e nei<br />

comuni di tutta Italia divulgando una versione distorta, non contestualizzata<br />

e falsata nei numeri della tragica vicenda delle foibe. Il suo<br />

direttore è stato condannato per usurpazione di titolo e per aver diffamato<br />

alcuni Partigiani. Nonostante il suo poco edificante curriculum,<br />

però, riceve dalla Regione finanziamenti molto più cospicui di quelli<br />

destinati alle nostre quattro ANPI provinciali.<br />

In questo disinvolto uso della storia si colloca un episodio come<br />

quello verificatosi di recente a Bastia Umbra, dove il Comune ha pubblicizzato<br />

la manifestazione organizzata in occasione della Giornata del<br />

ricordo attraverso una locandina in cui compare la foto della fucilazione<br />

di civili sloveni ad opera di soldati italiani nel villaggio di Dane,<br />

durante l’occupazione italiana della provincia di Lubiana. La manipolazione<br />

di questa foto, utilizzata per rappresentare la violenza subita<br />

dalla popolazione italiana dell’ex Jugoslavia nell’immediato dopoguerra,<br />

è diventata un caso diplomatico. La sua pubblicazione, anche sul<br />

sito del ministero degli Interni, ha causato la protesta formale della<br />

Repubblica di Slovenia. Tutto ciò a dimostrazione della superficialità<br />

con cui vengono trattate questioni delicate che pesano ancora oggi<br />

come ferite aperte, sulle quali si vuole fare speculazione politica.<br />

In questa manipolazione della storia non sorprende che Gorizia –<br />

città dove si è svolta la prima grande battaglia partigiana italiana contro<br />

l'invasore tedesco dopo l'8 settembre ’43 (1.000 combattenti, la gran<br />

parte operai dei cantieri navali contro truppe corazzate tedesche) –<br />

ospiti ogni anno il raduno dei reduci della X Mas, accolti con tutti gli<br />

onori dalla giunta di centrodestra e salutati come difensori dell’italianità<br />

della Venezia Giulia. Proprio per contrastare questo falso storico e<br />

ribadire che la X Mas (come del resto tutte le FF.AA. della RSI), specializzata<br />

in azioni di repressione antipartigiana, fu una formazione<br />

collaborazionista operante sotto il diretto controllo dell'invasore tedesco<br />

che aveva annesso questi territori al Terzo Reich, l'ANPI provinciale<br />

di Gorizia ha promosso la pubblicazione di un opuscolo a carattere<br />

divulgativo che raccoglie documenti e contributi di storici. La pubblicazione,<br />

curata dal nostro Presidente onorario e componente della


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Presidenza <strong>Nazionale</strong>, sen. Silvano Bacicchi, sarà messa a disposizione<br />

di tutte le ANPI.<br />

Concludo l’intervento auspicando che l'ANPI possa farsi promotrice<br />

a livello europeo di iniziative contro il revisionismo storico e per la<br />

salvaguardia della memoria della Resistenza quale presupposto e fondamento<br />

dell’Unione Europea.<br />

Alessandro Frignoli<br />

ANPI Reggio Emilia<br />

Partigiane e partigiani di questo <strong>Congresso</strong>, per me è un onore essere<br />

qui. Prima di tutto volevo ringraziare una persona che non c’è più:<br />

Maria Cervi. È stata lei, insieme ad altre persone di Reggio Emilia, ha<br />

fare in modo che io e tanti altri potessimo essere delegati a questo<br />

<strong>Congresso</strong>. Maria – insieme a Giacomo Notari, Presidente dell’ANPI<br />

di Reggio Emilia – ha reso possibili due iniziative, nel 2003 e 2005,<br />

due Conferenze di programma sui giovani dell’ANPI, che sicuramente<br />

hanno contribuito ad avviare l’inserimento nella nostra Associazione di<br />

chi non ha fatto la Resistenza.<br />

Un’altra cosa molto importante voglio comunicare e rendere noto:<br />

l’ANPI di Reggio Emilia – a differenza della portaerei Charles De<br />

Gaulle, che anche stanotte ha mandato i suoi caccia a bombardare la<br />

Libia – nella sua semplicità e nella volontà di costruire un mondo di<br />

pace si è impegnata per costruire un asilo in Medio Oriente. Grazie alla<br />

nostra Associazione, quindi, 140 bambini palestinesi potranno avere<br />

non bombe ma libri, e la possibilità di un futuro diverso. Ho voluto precisarlo<br />

perché ieri abbiamo parlato del valore dell’indignazione.<br />

L’indignazione è un sostantivo che deve essere plurale; l’indignazione<br />

deve condurre tutte le persone, non soltanto quelle che subiscono un<br />

sopruso, a lottare per costruire un mondo diverso. Purtroppo la nostra<br />

società è pervasa da una spaventosa siccità morale e per permettere di<br />

idratare questa piaga noi dobbiamo apportare valori. L’ANPI ne custodisce<br />

uno grandissimo, che è anche l’espressione fondamentale della<br />

nostra Costituzione: il valore dell’antifascismo.<br />

Attraverso l’antifascismo militante noi possiamo costruire un’indignazione<br />

basata su valori concreti. Parlare oggi di antifascismo militante<br />

significa definire un ambito culturale di riferimento molto preciso,<br />

coerentemente con quanto contenuto nell’Art. 2 della Carta<br />

Costituzionale. Per me essere antifascisti significa garantire uguali<br />

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diritti a uomini e donne di qualsiasi nazionalità o provenienza.<br />

Antifascismo militante è riconoscere il dovere della politica di non<br />

anteporre gli interessi economici alla libertà dei cittadini. Non può più<br />

restare inapplicato il contenuto dell’Art. 41 della Costituzione: esso<br />

deve diventare elemento cardine delle condotte politiche di chi è portatore<br />

del mandato di rappresentanza sociale e politica derivatogli dall’espressione<br />

della democrazia rappresentativa. È vero, tale mandato si<br />

esercita senza vincolo, ma è vero altresì che non può prescindere dal<br />

dettato costituzionale. Ogni eletto rappresenta la Nazione, la<br />

Costituzione è la base entro la quale ognuno deve muoversi.<br />

Antifascismo militante vuol dire, tra le altre cose, pratica non violenta<br />

della politica, pretesa che i princìpi contenuti nella Carta<br />

Costituzionale siano praticati. Fino a che essi non avranno visto totale<br />

e completa attuazione non consentiremo ad alcuno di stravolgerli, a<br />

nessun titolo, in nessuna parte. Antifascismo militante non può mai<br />

essere confuso con l’uso della violenza contro un avversario politico.<br />

Bensì significa avere la capacità di essere maggioranza culturale nel<br />

Paese.<br />

Antifascismo è saper accogliere il diverso e valorizzarne le capacità,<br />

dare voce a chi voce non ha. Alla nostra organizzazione è richiesto<br />

un gesto di coraggiosa continuità: legare il valore dell’antifascismo<br />

all’idea che nessun conflitto debba essere risolto con la violenza e la<br />

guerra, coerentemente con quanto scritto nell’Art. 11. L’antifascista<br />

contemporaneo si muove sempre nella direzione della soluzione pacifica<br />

di ogni controversia, consapevole che è necessaria una grande lungimiranza<br />

politica. Ricorrendo all’isolamento di tutti quei regimi che<br />

violano i diritti umani, non allacciando con essi – per nessuna ragione<br />

– relazioni economiche e politiche. Dobbiamo lavorare perché si attuino<br />

i valori della nostra Costituzione, cercando di globalizzare l’assieme<br />

di diritti che ci guidano. È urgente lavorare affinché venga applicato<br />

il secondo comma dell’Art. 3 a tutti gli uomini e le donne.<br />

Antifascismo è impedire che venga tradita la lettera degli Art. 33 e<br />

34 sulla scuola, battendosi sempre affinché non sussistano mai ragioni<br />

economiche che giustifichino la riduzione, in qualsiasi modo e forma,<br />

del diritto alla pubblica istruzione per ogni cittadino della Repubblica,<br />

anche per i figli dei migranti non in regola con i documenti. La formazione<br />

e l’istruzione devono essere finalizzate allo sviluppo della capacità<br />

critica dei giovani e non solamente alla creazione del futuro lavoratore.<br />

Lo stesso deve valere per il diritto alla salute che deve essere<br />

garantito a tutti come inalienabile.


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Antifascismo significa non consentire che nessuna donna e nessun<br />

uomo si veda privato dei diritti di rappresentanza sul posto di lavoro,<br />

né del diritto di sciopero che il fascismo osò cancellare.<br />

Se vogliamo costruire un vero antifascismo, l’Associazione deve<br />

diventare un forte gruppo di pressione. Per fare questo occorre che<br />

nelle Sezioni e nei comitati Provinciali l’ANPI si radichi maggiormente<br />

nel territorio e divenga, come la Resistenza, un grande movimento<br />

che parte dal basso, espressione della volontà dei cittadini.<br />

Umberto Lorenzoni<br />

ANPI Treviso<br />

Nel pieno della crisi economica e sociale che il Paese sta attraversando,<br />

oggi, per la prima volta dalla sua nascita, l’Unità nazionale è<br />

minacciata di disgregazione dall’interno: i ministri della Lega Nord che<br />

fanno parte del governo della Repubblica si sono dissociati dalle celebrazioni<br />

per il 150°; i consiglieri leghisti, all’intonazione dell’Inno di<br />

Mameli, hanno abbandonato le sedute dei Consigli regionali della<br />

Lombardia e dell’Emilia-Romagna; in un Comune veneto è stato dato<br />

alle fiamme un fantoccio con le sembianze di Garibaldi, che portava al<br />

petto un cartello sul quale un cretino padano aveva scritto: “Eroe degli<br />

immondi”; un po’ ovunque le camicie verdi reagiscono a Fratelli<br />

d’Italia o allo sventolio del tricolore in modo scomposto, ribadendo in<br />

questo modo il loro rifiuto ad essere considerati italiani. Interessante<br />

sarebbe capire come riescano a conciliare questa loro legittima aspirazione<br />

a una diversa nazionalità col fatto che ben volentieri accettano i<br />

privilegi loro riservati da questa “aborrita” Repubblica Italiana.<br />

Ma la minaccia più pericolosa per l’Unità della nazione non arriva<br />

dall’atteggiamento stupido della Lega Nord che, in linea con quanto<br />

afferma nel primo articolo del suo Statuto, persegue e sogna la secessione.<br />

Il cuore del conflitto sta nello scontro, in atto da diciassette anni,<br />

fra italiani che non credono nei valori della Costituzione, non li praticano<br />

e vorrebbero cancellarli e italiani che si riconoscono nel patto fondante<br />

della Repubblica e vorrebbero vederlo pienamente realizzato.<br />

Purtroppo oggi i nemici della Costituzione sono al governo del<br />

Paese e Berlusconi, sostenuto da Bossi, si ritiene legittimato ad attaccare<br />

e distruggere le basi stesse del nostro patto democratico, senza<br />

risparmiare nessuno dei suoi valori fondanti: dalla separazione e dall’equilibrio<br />

dei poteri, posto dai Padri costituenti alla base dell’archi-<br />

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tettura della nostra Costituzione, alla laicità dello Stato; dal ruolo di<br />

garante costituzionale del Presidente della Repubblica, al potere del<br />

controllo di legalità della Magistratura, autonoma e indipendente dal<br />

potere esecutivo. Incrinare questo equilibrio equivale a disarticolare il<br />

nostro sistema democratico e aprire la strada ad avventure pericolose.<br />

Comunque dobbiamo mantenere alta la guardia, perché se anche domani<br />

dovesse scomparire Berlusconi, lo scontro con i nemici della<br />

Costituzione, nella sostanza, non cambierebbe di una virgola.<br />

Paradossalmente potrebbe allargarsi lo spazio di azione per la Lega<br />

Nord, cioè per la forza politica che identifica l’attacco alla Costituzione<br />

antifascista con la rottura dell’Unità della nazione.<br />

Questa è la vera posta in gioco che è stata chiaramente recepita<br />

dalle massicce manifestazioni popolari che si sono susseguite, nelle<br />

ultime settimane, in numerose piazze d’Italia. Qualcosa, finalmente,<br />

sembra si stia muovendo. I sondaggi elettorali non sono più tanto favorevoli<br />

a Berlusconi ed è questa la ragione per la quale l’omino di<br />

Arcore non minaccia più il ricorso a elezioni anticipate e tenta di salvare<br />

la legislatura comperando e accogliendo nella sua scuderia qualche<br />

“campione” di coerenza.<br />

Ma gli stessi sondaggi mettono in evidenza un dato negativo: oltre<br />

il 10% di elettori afferma di volersi astenere dal voto nelle prossime<br />

elezioni e un ulteriore 30% dichiara addirittura di non volersi recare<br />

alle urne. Il fatto che il 40% degli elettori rifiuti di esercitare il diritto<br />

di voto, rappresenta un segnale preoccupante per la tenuta del nostro<br />

sistema democratico.<br />

Come si è giunti a questo evidente distacco dei cittadini dalla politica?<br />

Come cercare di annullarlo? Il giorno in cui i partiti dell’opposizione<br />

sapranno porsi questo interrogativo seriamente, sarà un gran bel<br />

giorno per la nostra democrazia. Al più presto deve essere ripristinato<br />

un costante rapporto istituzioni-cittadini, perché una democrazia rappresentativa<br />

vive soltanto se innervata da una forte partecipazione<br />

popolare.<br />

Per impedire lo scivolamento del Paese verso forme di involuzione<br />

autoritaria, le forze di opposizione devono rilanciare con forza i valori<br />

dell’antifascismo. Rispetto alle aspirazioni umane, come quelle espresse<br />

dal socialismo, dal liberalismo e dal popolarismo cristiano, l’antifascismo<br />

è legato a una stagione particolare ed è stato la forma che quelle<br />

ideali aspirazioni umane hanno assunto durante il periodo della dittatura<br />

fascista. I valori dell’antifascismo devono rimanere non solo elemento<br />

di memoria collettiva e punto costante di riferimento, come


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evento fondatore della democrazia nostra e degli altri Paesi europei, ma<br />

devono diventare anche un legame culturale e politico per tutte le forze<br />

che dichiarano di riconoscersi nei valori permanenti della Resistenza e<br />

della guerra di Liberazione.<br />

Ma per mantenere questo legame, queste forze devono attenersi al<br />

rigore morale nell’esercizio delle loro funzioni istituzionali. Nessuno<br />

più di noi uomini della guerra partigiana, sente la necessità di partiti<br />

moderni e bene organizzati. Essi però rimarranno i veri pilastri della<br />

nostra democrazia solo se sapranno essere portatori di consenso e di<br />

partecipazione popolare. L’articolo 49 della Costituzione recita: “Tutti<br />

i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere<br />

con metodo democratico a determinare la politica nazionale”. La<br />

Costituzione indica, quindi, i partiti come strumenti indispensabili per<br />

superare definitivamente la secolare separazione fra Stato e classi<br />

popolari, come centri di promozione partecipativa, non li legittima<br />

come occupanti delle istituzioni.<br />

Invocare il rigore morale non è cedere a tentazioni moralistiche. La<br />

questione morale è la vera questione politica, quella della fedeltà delle<br />

istituzioni alla loro ragione storica, ai momenti che le hanno legittimate,<br />

a partire dall’antifascismo, dalla guerra partigiana di Liberazione e<br />

dalla riconquista delle libertà politiche. Il rigore morale deve rimanere<br />

sempre la stella polare per le forze democratiche. Solo così esse potranno<br />

riconquistare la fiducia dei cittadini che oggi, e questo è estremamente<br />

pericoloso per la democrazia, incominciano a considerarle non<br />

diverse dalle forze di destra.<br />

Dopo diciassette anni di Berlusconi e di berlusconismo, pochi Paesi<br />

al mondo affrontano l’attuale crisi economica in un impoverimento<br />

etico e istituzionale come quello che stiamo vivendo noi. Assistiamo a<br />

segni di decadimento sociale, si aggrava la corruzione, aumenta il disprezzo<br />

per l’uguaglianza, la libertà viene intesa come possibilità di<br />

consolidare i propri privilegi e non come strumento per assicurare diritti<br />

uguali per tutti, la laicità dello Stato è sottoposta a tensioni continue.<br />

Purtroppo, quando i legami sociali si allentano, insorgono idee secessioniste,<br />

pulsioni razziste e xenofobe, volgarità, arroganza e violenza<br />

nei rapporti fra individui e gruppi.<br />

Ci ritroviamo con un’Italia spaccata, ingabbiata in un sistema<br />

mediatico che tende a plagiare i cittadini invece di informarli correttamente.<br />

Un’Italia che, prigioniera di una visione narcisistica di se stessa,<br />

è tentata, invece di aprirsi al mondo, di chiudersi a riccio nei suoi<br />

egoismi. Un’Italia che giustamente si commuove e si indigna per l’ab-<br />

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bandono o il maltrattamento di un animale domestico, ma diventa fredda<br />

e cattiva nel negare accoglienza civile a esseri umani che fuggono<br />

disperati dalle guerre e dalle persecuzioni. Un’Italia che dimentica, con<br />

troppa facilità, l’impegno dell’Articolo 11 della Costituzione e si allontana<br />

con sussiego dal grande valore della solidarietà.<br />

Non era certo questa l’Italia per la quale si è battuta la Resistenza e<br />

tanti nostri compagni sono Caduti.<br />

Oggi il nostro impegno per rimettere in sicurezza la democrazia<br />

deve essere totale e visibile nel perseguire da subito un duplice obiettivo:<br />

primo, l’approvazione di una legge elettorale che sostituisca quella<br />

antidemocratica in vigore per le elezioni politiche, cancellando la vergogna<br />

delle liste bloccate, con le quali un ristretto numero di “mandarini”<br />

ha potuto far eleggere tutti i 945 membri del nostro Parlamento,<br />

umiliando la sovranità popolare sancita dal Primo articolo della<br />

Costituzione; secondo obiettivo, non meno importante, è l’approvazione<br />

di una legge che stabilisca l’interpretazione rigida del conflitto di<br />

interessi per chiunque si candidi a ricoprire cariche pubbliche.<br />

Compagne e compagni, in questi giorni di dibattito congressuale ho<br />

seguito con attenzione alcuni interventi di giovani, ragazze e ragazzi,<br />

che hanno aderito alla nostra Associazione, portandovi una ventata di<br />

aria nuova. Li ho sentiti affermare con orgoglio che vogliono essere<br />

giovani Partigiani. Grazie compagni per il vostro entusiasmo. E benvenuti<br />

fra noi.<br />

Oggi voi state vivendo le contraddizioni di una società, che vede<br />

aumentare le disuguaglianze sociali e pretende di poter usare impunemente,<br />

nei vostri confronti, l’atto ostile ed egoista della precarietà. Non<br />

lasciatevi ingabbiare e reagite da giovani Partigiani. Saremo al vostro<br />

fianco in questa battaglia, perché non abbiamo nessuna intenzione di<br />

ritirarci a Caprera.<br />

L’ANPI, fiera di voi, manterrà questo impegno.<br />

Mattia Stella<br />

Associazione “Salviamo la Costituzione: aggiornarla non demolirla”<br />

Buongiorno a tutti. Oggi non leggo, evidentemente. Voglio fare una<br />

sola considerazione di carattere generale, dalla quale tentare di fare<br />

alcune proposte di lavoro, operative.<br />

L’altro giorno abbiamo ascoltato la relazione del Presidente<br />

Emerito della Corte Costituzionale, Gustavo Zagrebelsky. Una relazione<br />

complessa nel tipo di articolazione del pensiero, ma molto schietta


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nell’analisi. Credo che il merito più grande della prolusione del<br />

Presidente Zagrebelsky sia l’avere fotografato in maniera chiara la crisi<br />

profonda della democrazia rappresentativa. Parla di questo anche un<br />

libro molto bello, I limiti del potere, scritto dal Prof. Alessandro Pace,<br />

uno dei maggiori costituzionalisti italiani. Dalle parole di Zagrebelsky<br />

e, più in generale, dalla riflessione di molti giuristi emerge, nell’attuale<br />

situazione politica ed etica – pubblica – del nostro Paese, una radicata<br />

crisi del costituzionalismo inteso come limite all’esercizio del<br />

potere.<br />

Nella relazione di Zagrebelsky ho percepito anche una sincera<br />

preoccupazione sulla possibilità che questa crisi delle democrazie rappresentative,<br />

soprattutto in Occidente, possa trovare uno sbocco positivo.<br />

Lo ha lasciato trasparire, senza troppa retorica, analizzando nel dettaglio<br />

alcune situazioni e alcuni passaggi, offrendoci con il ragionamento<br />

sui “giri” una lettura paradigmatica diversa rispetto a quella<br />

della “casta”.<br />

Non posso, però, sottrarmi dal pensare che esistano delle soluzioni.<br />

In primo luogo per ragioni anagrafiche, evidentemente, poi perché<br />

credo che delle possibili risposte, al fondo, ci siano. Complesse, difficili<br />

ma praticabili, con coerenza e onestà intellettuale. E parte importante<br />

di queste soluzioni si iscrivono di diritto nel corpo vivo della<br />

nostra Associazione.<br />

L’ANPI può e deve avere un ruolo chiave nel riattribuire valore alla<br />

democrazia rappresentativa. E non solo, visto che oggi si vanno affermando<br />

anche i concetti di partecipazione diretta dei cittadini e di sussidiarietà<br />

orizzontale. La funzione dell’ANPI deve essere politica, culturale<br />

e, indubbiamente, di etica pubblica.<br />

Al <strong>Congresso</strong> di Roma se ne è discusso: arriverà il momento di<br />

ricostruire. Ha detto bene il compagno Umberto Lorenzoni, intervenuto<br />

prima di me: la caduta dell’individuo Berlusconi non cancellerà i<br />

disastri degli ultimi diciassette anni. Rimarranno le macerie, residuo<br />

malsano come la radioattività delle centrali nucleari giapponesi.<br />

Rimarranno elementi viziati che hanno messo radici profonde – come<br />

ha detto Zagrebelsky – nella Costituzione materiale del Paese.<br />

Si vedono però alcuni segnali di risveglio, emotivi ma anche ragionati,<br />

ad esempio nei festeggiamenti per il 150°. Lo ha detto anche<br />

Sergio Chiamparino, e ieri ne parlavo con Carlo Ghezzi. Non è una<br />

cosa da poco, superficiale, è un fatto. Si è verificata una sorta di riappropriazione,<br />

o appropriazione per alcuni, di simboli come la bandiera,<br />

l’inno nazionale e, financo, la Costituzione repubblicana.<br />

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Venendo alla parte propositiva del mio intervento, poi, esiste il<br />

piano della pedagogia civile. La funzione che tutti noi svolgiamo quotidianamente<br />

nell’attività per l’Associazione. Quanti dei presenti in<br />

sala hanno fatto un’iniziativa in una scuola o all’università, tra il 2010<br />

e il 2011? Rispondete con un’alzata di mano! Ecco, praticamente tutti.<br />

Spesso non ce ne rendiamo conto, ma dobbiamo prendere coscienza<br />

del grande lavoro portiamo avanti. Da sei anni sto puntando molto<br />

sul tema della diffusione della Costituzione negli istituti di ogni ordine<br />

e grado e negli atenei. Vorrei prendere spunto dalle proposte della compagna<br />

Aude Pacchioni di Modena: non dobbiamo sostituirci agli insegnanti<br />

ma affiancarli; il ruolo degli Istituti Storici della Resistenza è<br />

fondamentale ma anche il nostro deve essere un lavoro di qualità.<br />

Faccio questa proposta all’Associazione: proviamo a costruire una<br />

Conferenza nazionale per raccontare le diverse esperienze e i differenti<br />

modi di lavorare con gli studenti, per incrociare le competenze e le<br />

capacità. Proviamo anche a chiedere aiuto a soggetti che possono arricchirci:<br />

giuristi, costituzionalisti, magistrati oltre, ovviamente, agli storici.<br />

Personalmente, ho difficoltà a parlare di storia, non perché non sia<br />

in grado di sapere e conoscere, ma perché a 29 anni non sono così presuntuoso<br />

da pensare di poter descrivere in maniera profonda e analitica<br />

tutti i risvolti storici delle vicende del nostro Paese.<br />

In ultimo, c’è bisogno di costruire un patto forte con i mezzi di<br />

comunicazione e informazione. Il tema è stato sfiorato, ma va sottolineato<br />

che da questo punto di vista il nostro ritardo nei confronti del berlusconismo<br />

è evidente. L’ANPI deve costruire un patto forte con il<br />

mondo dell’informazione e, più in generale, della cultura. Non soltanto<br />

attraverso i classici canali della comunicazione ma con tutti quanti<br />

coloro che oggi lavorano con le diverse modalità e maniere di informare.<br />

Consentitemi, infine, di ricordare una figura che con le sue immagini<br />

ha fornito alcune tra le più belle narrazioni della storia del nostro<br />

Paese: Mario Monicelli. La sua enorme scelta umana ha interrogato e<br />

scosso le nostre coscienze. Ma Monicelli era una di quelle persone che<br />

ha capito, tantissimo tempo fa, l’importanza della cultura veicolata<br />

attraverso i mezzi che la modernità ci offre.<br />

Grazie e buon lavoro.


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Giovanna Stanka Hrovatin<br />

ANPI Trieste<br />

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Un cordiale saluto a tutti i presenti, prisrčen pozdrav vsem prisotnim,<br />

dall’ANPI-VZPI di Trieste, nelle lingue parlate nella nostra città, nella<br />

nostra Provincia e nella nostra Regione Friuli-Venezia Giulia.<br />

Veramente, dovrei salutare anche in friulano e in tedesco per utilizzare<br />

tutte le quattro lingue secolari del nostro territorio.<br />

Gli sloveni delle tre Province di Trieste, Gorizia e Udine sono<br />

riusciti a ottenere le leggi di tutela n. 482/1999 e n. 38/2001 solo decenni<br />

dopo l’approvazione della nostra Costituzione. Queste leggi non<br />

soddisfano appieno le nostre aspettative e vengono anche disattese in<br />

molti punti.<br />

La situazione più difficile è quella della Provincia di Udine, dove<br />

operano forze che continuano a negare l’esistenza degli sloveni, tentando<br />

di intralciare l’applicazione delle leggi, continuando a mortificare<br />

gli sloveni che nel 1866 scelsero l’Italia, erede della Repubblica di<br />

Venezia di cui erano stati cittadini. Grande fu la delusione quando, solo<br />

poche settimane dopo l’inclusione nello Stato italiano, Il Giornale di<br />

Udine pubblicò un articolo dal titolo: “Questi slavi bisogna eliminarli”.<br />

Oggi continuiamo a vederci ostacolati nel pieno riconoscimento dei<br />

nostri diritti.<br />

Non è questa la strada che il nostro Paese deve perseguire: l’Italia<br />

deve riconoscere i diritti di tutti i cittadini e, al contempo, rinsaldare<br />

l’amicizia e la collaborazione con gli Stati vicini. Una tappa importante<br />

di questo percorso e già stata compiuta, a Trieste, il 13 luglio 2010,<br />

con l’incontro dei tre Presidenti – Napolitano, Türk e Josipovic – e l’omaggio<br />

al Narodni Dom nell’90° anniversario del suo incendio da parte<br />

dei fascisti, la deposizione di una corona alla stele dell’esodo e il concerto<br />

diretto dal maestro Riccardo Muti in Piazza Unità.<br />

A proposito di strumentalizzazioni e falsificazioni che, al contrario,<br />

continuano a guastare i rapporti vorrei richiamare alla vostra attenzione<br />

l’ennesimo “incidente”. Nella ricorrenza del 10 febbraio, il Comune<br />

di Bastia Umbra (Provincia di Perugia), in collaborazione con l’Unione<br />

degli istriani, ha pubblicato un manifesto che riproduce la foto della<br />

fucilazione di cinque civili, sotto il titolo “Giorno del ricordo in memoria<br />

delle vittime delle Foibe e dell’esodo giuliano-dalmata”.<br />

Dall’insieme si potrebbe evincere che si tratti di un documento della<br />

fucilazione di civili italiani ad opera di Partigiani slavi. In realtà, l’immagine<br />

è stata scattata da un fotografo delle forze di occupazione ita-<br />

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liane nella Provincia di Lubiana e ritrae un plotone di soldati italiani<br />

mentre fucilano cinque civili sloveni. La foto risale al 31 luglio 1942<br />

ed è stata ripresa nel villaggio di Dane, non lontano da Postojna<br />

(Postumia). È del tutto evidente che simili falsificazioni rendono<br />

impossibile il dialogo.<br />

Coloro che ricorrono alla falsificazione, coloro che sostengono l’equazione<br />

“infoibati perché italiani”, insistono a voler avvelenare i rapporti,<br />

incuranti della necessità di comprendere le tragedie del fascismo<br />

e della Seconda guerra mondiale. Quale lezione possiamo trasmettere<br />

alle nuove generazioni, noi Partigiani e patrioti triestini, italiani e sloveni?<br />

La maggior parte di noi ha operato e combattuto nelle formazioni<br />

partigiane di Tito. Abbiamo condiviso le stesse aspirazioni di libertà,<br />

giustizia sociale e fratellanza. Gli sloveni anche per affermare la propria<br />

dignità nazionale.<br />

Rispondiamo affermando che il nazionalismo è un veleno che si<br />

deve e si può neutralizzare. Noi lo abbiamo fatto, dimostrando che le<br />

nostre idealità condivise guidano verso la realizzazione di un mondo<br />

migliore. Per realizzarlo compiutamente e preservarlo bisogna continuare<br />

a combattere insieme alle nuove generazioni. A proposito del<br />

nazionalismo da sconfiggere consiglio la lettura del bel libro della scrittrice<br />

Barbara Allason, Memorie di un’antifascista, ambientato nella<br />

Torino degli Anni 20.<br />

Il nostro obiettivo principale, nel 150° dell’unità d’Italia – mentre<br />

al governo c’è chi desidera un Paese diviso, dove conti chi è più potente<br />

e più ricco – sarà costruire assieme a tutte le forze antifasciste<br />

un’Italia democratica e socialmente giusta, che sia la Patria civile di<br />

italiani e non, che rispetti la Costituzione e i suoi fondamentali princìpi:<br />

il lavoro, la pace, la solidarietà e la convivenza. Per questa Italia<br />

anche noi dell’ANPI-VZPI della Provincia di Trieste impegneremo<br />

tutte le nostre forze di cittadini liberi. Rafforziamo e allarghiamo, allora,<br />

la nostra Associazione per essere all’altezza del nostro compito.<br />

Mi faccio portavoce, infine, dell’appello al Presidente della<br />

Repubblica da parte dei giovani antifascisti triestini, approvato al<br />

nostro <strong>Congresso</strong> provinciale, affinché il testo della Costituzione, già<br />

presente in altre traduzioni, sia inserito sul sito del Quirinale anche in<br />

lingua slovena.


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Raffaele Mittaridonna<br />

ANPI Savona<br />

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SEDUTA<br />

Compagni delegati,<br />

l’Associazione <strong>Nazionale</strong> Partigiani d’Italia è nata con lo scopo di conservare<br />

la memoria, i valori e gli ideali incarnati dalle donne e dagli<br />

uomini che, con la loro lotta e il loro sacrificio, hanno permesso alla<br />

nostra nazione, prostrata dalla guerra e avvilita dall’oppressione fascista,<br />

di riscattarsi agli occhi dei propri figli e del mondo. L’ANPI è nata<br />

con lo scopo di rendere quella memoria, quei valori e quegli ideali<br />

imperituro patrimonio del popolo italiano, e per essere, sulla loro scorta,<br />

forza attiva e propositiva rispetto al dibattito politico e culturale del<br />

nostro Paese nei decenni a venire.<br />

Per tutti questi anni il nostro credo antifascista è stato un faro nei<br />

momenti di tempesta, la stella polare che ha permesso all’Italia di superare<br />

le pur ardue prove che è stata chiamata ad affrontare. Nella serena<br />

consapevolezza che la strada più giusta non è sempre quella più facile<br />

e nella ferma determinazione a non rinunciare all’irrinunciabile, abbiamo<br />

sempre trovato la forza per difendere quella libertà e quella democrazia<br />

lasciateci in eredità da coloro che hanno offerto le proprie forze<br />

alla causa della Resistenza.<br />

E oggi, in un momento in cui l’Italia e il mondo sono chiamati ad<br />

affrontare sfide epocali, difficili e a tratti oscure, in un momento in cui<br />

tutti noi cittadini italiani e del mondo ci affacciamo su orizzonti inediti<br />

e incerti, siamo imprescindibilmente chiamati, compagni delegati, a<br />

decidere quale posizione assumere. La Storia ci chiede di scegliere, di<br />

attribuire nuovi significati ai nostri valori e ideali comuni, di agganciarli<br />

saldamente al treno in fuga della modernità per renderli capaci di<br />

continuare a fungere da punti di riferimento per una società che troppo<br />

spesso appare disorientata, facile preda di mentalità mediocri e nuovamente<br />

oppressive.<br />

È mia ferma convinzione che il maggior pericolo che ci si presenta<br />

è quello della paura del cambiamento. Uno stato mentale distorto e<br />

viziato che instilla nelle menti un senso di timore per il progresso e<br />

conduce a guardare al “nuovo” con pregiudiziale diffidenza, vagheggiando<br />

nostalgicamente un passato falsamente idealizzato. I singoli elementi<br />

di questa nuova mediocrità ci conducono a osservare con prevaricatorio<br />

timore lo straniero che giunge nel nostro Paese in fuga dall’oppressione,<br />

dalla miseria e dalla guerra. Ci conducono a ritenere che<br />

le crisi economiche si superino se ognuno lavora per se stesso, dimen-<br />

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tico di ogni forma di solidarietà: “Ognun per sé e Dio per tutti”. Ci<br />

inducono a delegare i nostri compiti politici a un “leader” semi-divino<br />

che ci sollevi da ogni responsabilità, rinunciando alla vocazione partecipativa<br />

di ogni buon cittadino.<br />

Ebbene, ritengo che di fronte a queste insidie sia nostro preciso<br />

dovere capire fino in fondo che cosa vuol dire antifascismo oggi. In che<br />

modo questo nostro credo possa scortarci sulla strada del progresso e<br />

del cambiamento. Per me, compagni delegati, oggi l’antifascismo è<br />

sinonimo di accoglienza e fratellanza vera; è sinonimo di ascolto verso<br />

le nuove generazioni; è sinonimo di riformismo e dignità del lavoro,<br />

che deve elevare l’essere umano, non ridurlo a mero strumento, sempre<br />

precario in quanto sostituibile come un macchinario qualsiasi; è sinonimo<br />

di cittadinanza attiva e rifiuto della delega acritica.<br />

Antifascismo è per me, compagni, la serenità di tenere lo sguardo<br />

fisso sull’orizzonte, senza la paura di trovarsi in mezzo alla burrasca.<br />

Sempre consapevoli che solo affrontando le sfide future con la voglia<br />

di essere attivi nella società possiamo coltivare la speranza che Futuro<br />

coincida veramente con Progresso.<br />

Maurizio Angelini<br />

ANPI Padova<br />

Ieri sera, alla fine di una giornata di lavori molto intensa e impegnativa,<br />

ho fatto come tutti i buoni delegati quello che, una volta, i preti<br />

chiamavano esame di coscienza. Ho cercato di ripensare all’andamento<br />

e ai contenuti del giorno e devo dire – spero condividiate il mio giudizio<br />

– che mi sono ritenuto soddisfatto dal susseguirsi del ricco dibattito.<br />

Ricordando gli interventi e i volti delle persone – uomini, donne,<br />

anziani, giovani, giovanissimi – sono giunto alla conclusione che<br />

siamo sicuramente in presenza della piena attuazione di quel rinnovamento<br />

così coraggioso e difficile sul quale la nostra Associazione aveva<br />

scommesso al <strong>Congresso</strong> di Chianciano. È stata veramente una grande<br />

trasformazione, non solo sul piano formale-statutario, ma nella vita<br />

concreta di decine di migliaia di persone. Mi sembra che l’insieme<br />

degli interventi dica che la scommessa è stata largamente vinta.<br />

Cito solo due esempi ma se ne potrebbero fare tanti altri. Il primo è<br />

la presenza importante, non formale, non subordinata ma autonoma e<br />

originale delle ANPI dell’Italia meridionale. Esse ci rappresentano,


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nella sostanza, che l’inveramento, la concretizzazione, la materializzazione<br />

del nostro antifascismo sia essere in prima fila nella battaglia per<br />

la legalità e contro la criminalità organizzata.<br />

Il secondo elemento evidente del rinnovamento – senza piaggeria o<br />

paternalismo, non parlo da vecchio preside di scuola – sono stati alcuni<br />

interventi di ragazze e ragazzi che dimostrano non solo passione e<br />

attaccamento ma anche capacità di analisi, riflessione e attenzione critica.<br />

Sono cose che colpiscono e lasciano veramente soddisfatti: non<br />

hanno atteggiamenti da piccoli pionieri, da piccoli Partigiani ma da<br />

persone con la loro propria autonomia e originalità.<br />

Il problema è quali sono le conseguenze delle novità di questo<br />

<strong>Congresso</strong> sul piano della struttura dell’ANPI.<br />

Possono essere riproposti, grosso modo, con piccoli aggiustamenti,<br />

gli stessi assetti organizzativi? Il Comitato <strong>Nazionale</strong> può ancora essere<br />

composto da solo 27 persone in un’Associazione che conta ormai<br />

ben oltre centomila iscritti? Con questi numeri si fatica a realizzare la<br />

sintesi di cui abbiamo bisogno tra l’esperienza, la tradizione, la gloria<br />

dei compagni più anziani e gli elementi di irrompente novità che ricordavo.<br />

Possiamo continuare ad avere un <strong>Congresso</strong> ogni cinque anni,<br />

come da Statuto? Rispetto gli statuti, ma si possono modificare, come<br />

abbiamo peraltro già fatto. In una fase così intensa di trasformazione<br />

nazionale e internazionale, possiamo permetterci dei tempi di reazione<br />

dell’Associazione così lunghi? Cinque anni per arrivare a fare il punto,<br />

ad aggiornare la propria linea, a rinnovare il gruppo dirigente?<br />

Credo, insomma, ci sia una contraddizione evidente tra l’assetto<br />

organizzativo e i fatti nuovi, gli elementi di sviluppo, di grande innovazione<br />

e positività. Chiedo a tutti, ciascuno per la sua parte, ciascuno<br />

per la sua responsabilità, di essere generoso e lungimirante. Lo chiedo<br />

agli anziani e lo chiedo ai giovani, per realizzare una sintesi feconda,<br />

per cogliere il passaggio importante che l’Associazione sta vivendo. Ci<br />

sono tutte le condizioni per espandersi ancora, per acquisire altri iscritti,<br />

arrivano continue e spontanee richieste.<br />

Servono regolamenti e strutture che accompagnino e favoriscano<br />

questo intenso e tumultuoso sviluppo, che non siano elemento di freno,<br />

ostacolo o difficoltà. Se faremo passi avanti in questa direzione saremo<br />

non soltanto contenti del dibattito ma soddisfatti di giuste e lungimiranti<br />

decisioni.<br />

Grazie.<br />

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Bruno Solaroli<br />

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Compagni e compagne,<br />

convengo con i contenuti fondamentali e la ricchezza della nostra<br />

impostazione e discussione congressuale. In particolar modo con il passaggio<br />

del documento congressuale in cui si afferma che “l’ANPI è<br />

l’autorità morale che rappresenta e interpreta i valori di libertà, di<br />

democrazia, di eguaglianza, di dignità tipici, propri dell’antifascismo e<br />

della Resistenza e sanciti dalla Costituzione repubblicana”.<br />

Il compito che dobbiamo affrontare è urgente, alto, difficile. Quindi<br />

il problema non è tanto discutere del merito, perché mi pare che ci sia<br />

larga condivisione, quanto – come faceva notare il delegato che mi ha<br />

preceduto – il modo e la maniera di attuare questi grandi obiettivi, fornire<br />

risposte, mettere in campo un grande disegno. Occorre fare attenzione<br />

– è stato ripetuto più volte – a non proporci come sostitutivi di<br />

altri soggetti politici e sociali. Mi pare, infatti, di cogliere una tendenza,<br />

di fronte all’oggettiva difficoltà della situazione dei partiti e di altri<br />

soggetti sociali fondamentali, a cercare nell’ANPI una sponda alternativa.<br />

Non è il nostro ruolo, né d’altra parte siamo in grado di svolgerlo.<br />

Però dobbiamo essere in campo, far sentire la nostra voce, partecipare,<br />

stimolare per promuovere un movimento il più vasto possibile, per<br />

costruire – come diceva Carlo Smuraglia – un sentire comune non solo<br />

fra noi ma nel Paese.<br />

Voglio esprimere una preoccupazione che, per qualche tratto, ho sentito<br />

manifestarsi nel dibattito. Una riguarda l’autonomia dell’ANPI: è<br />

giusta, ma attenzione a non confonderla con l’isolamento, la chiusura,<br />

l’inclinazione a considerarsi l’unico soggetto in grado e in dovere di dare<br />

risposte ai gravi problemi del Paese. Da soli non bastiamo, non ce la facciamo.<br />

Serve un movimento ampio per la difesa e l’attuazione della<br />

Costituzione, adeguato alle sfide da affrontare. Se la nostra base programmatica<br />

è la Carta fondamentale, essa è patrimonio della nazione, di<br />

tutti. E noi dobbiamo allargare il quadro delle forze da impegnare.<br />

Il declino economico e sociale del Paese è tale da imporre l’arduo e<br />

difficile obiettivo di una svolta, con la creazione e l’avvio di un nuovo<br />

modello di sviluppo, di un nuovo modello sociale. In una condizione<br />

nella quale aumentano i bisogni e si riducono le risorse disponibili, il<br />

discorso è ulteriormente complicato dal degrado etico e morale. E non<br />

c’è solo il comportamento vergognoso e insopportabile del presidente<br />

del Consiglio. C’è uno scadimento complessivo della vita politica e


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anche un impoverimento dei comportamenti generali nel Paese, con la<br />

conseguenza del rinchiudersi di tanti cittadini nel privato e nel personale.<br />

Siamo in una fase nella quale paure, incertezze, cambiamenti<br />

determinano chiusura e fanno prevalere egoismi e corporativismi.<br />

Abbiamo visto emergere e manifestarsi la perdita del senso e dello<br />

spirito comunitario. Fortunatamente, le celebrazioni del 150° – e<br />

Torino lo sta dimostrando – ci danno il senso di una tensione positiva<br />

nel Paese, più elevato di quanto si potesse pensare o prevedere. Deve<br />

essere uno spunto per costruire un’ANPI all’altezza dei suoi compiti:<br />

altrimenti ci ripetiamo tra noi belle affermazioni, bei proponimenti che<br />

restano al livello di speranza, poco più di una preghiera. Sì, certo, qualche<br />

iniziativa, anche importante, come quelle che facciamo in tante<br />

parti del Paese, ma non quell’azione necessaria e forte per creare un<br />

movimento in grado di invertire la rotta, capovolgere la situazione, riaffermando<br />

una volta per tutte i princìpi fondamentali della Carta<br />

Costituzionale.<br />

C’è un problema di rinnovamento non solo delle politiche, ma<br />

anche dei gruppi dirigenti dell’ANPI. È una questione delicata, però al<br />

<strong>Congresso</strong> precedente è stata fatta la scelta di aprire ai giovani, riconfermata<br />

oggi. Questo non significa buttare via gli ultimi protagonisti<br />

della Resistenza e dell’antifascismo che, invece, vanno valorizzati e<br />

impegnati fino in fondo. Ma i Partigiani viventi si riducono, e sarà possibile<br />

avere un’ANPI ugualmente legittimata senza gli artefici di quella<br />

eroica battaglia che ha portato alla sua nascita?<br />

Deve venire un segnale. Guai se il <strong>Congresso</strong> si chiudesse senza<br />

cambiare nulla, senza mettere in campo una fase di rinnovamento<br />

anche sul piano dirigenziale. Equivarrebbe a vanificare la nuova stagione<br />

dell’ANPI che stiamo edificando. Grazie.<br />

Mario Bonifacio<br />

ANPI Venezia<br />

Inizio subito con tre proposte, senza argomentarle, vista la ristrettezza<br />

dei tempi. Sarebbe utile l’organizzazione di un convegno nazionale<br />

sullo stato di attuazione delle leggi Scelba e Mancino in merito<br />

alla XII disposizione finale della Costituzione contro il risorgere del<br />

movimento fascista e l’uso di emblemi e saluti fascisti. Seconda proposta,<br />

Sandro Pertini diceva sempre che la Resistenza doveva entrare<br />

nelle scuole e nelle caserme. Proporrei un gruppo di lavoro oltre che<br />

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per le scuole anche per introdurre la storia della Resistenza nelle caserme.<br />

Quando venne distrutta la base di Nassiriya, sui resti dei muri era<br />

visibile una bandiera di Salò. Terzo: proporrei un indirizzo di saluto al<br />

Presidente emerito della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, Partigiano<br />

e validamente in prima linea nel contrastare il revisionismo storico.<br />

Sono un Partigiano ed esule istriano, e per voi questo può sembrare<br />

un accostamento del tutto inusuale. In effetti, i miei conterranei esuli<br />

fascisti hanno avuto più visibilità, forse sono stati più bravi a mettersi<br />

in vista. Su noi partigiani italiani – diciamo “partigiani di quelle zone”,<br />

e poi esuli – ha pesato non solo il dolore per l’abbandono delle nostre<br />

terre ma anche il pesante trauma della sconfitta degli ideali di internazionalismo,<br />

di vera fratellanza tra i popoli, di decisione autonoma sulla<br />

nostra appartenenza statale.<br />

La nostra storia – quella dell’Istria – è poco nota perché è stata<br />

sovrastata e oscurata da quella di Trieste che naturalmente è ben più<br />

importante. È giusto ricordare, come è già stato fatto, l’incendio nel<br />

1920 del Narodni Dom, casa della cultura slovena a Trieste e sede<br />

anche dell’Hotel Baikan. Ma sento il dovere di rammentare che da noi,<br />

in Istria, prima del feroce genocidio culturale contro gli slavi ci fu l’accanimento<br />

dello squadrismo contro tutte le sedi democratiche italiane.<br />

Al mio paese, Pirano d’Istria, dal 1921 al 1923, fu dato alle fiamme il<br />

circolo di studi sociali, con i libri buttati in piazza e bruciati dagli squadristi;<br />

venne distrutta la sede della Camera del Lavoro e devastata la<br />

sede del Partito Socialista; il 1° maggio del 1922 – prima, quindi, dell’avvento<br />

del fascismo al potere – fu distrutta la sede del Partito<br />

Repubblicano; nel 1923 quella del Partito Popolare. Fu un accanimento<br />

contro tutti i democratici, non solamente di sinistra, e la premessa<br />

per avere mano libera nelle persecuzioni contro gli slavi. Malgrado<br />

questa spirale di violenza fascista in atto, alle elezioni politiche del<br />

1921 il mio paese diede il 48% dei voti al Partito Socialista. Il fascismo<br />

in quelle terre si mostrò con il volto antidemocratico prima ancora che<br />

con il volto dell’accanimento nazionalista contro sloveni e croati che<br />

avevano coabitato con noi in armonia e senza violenze fino alla Prima<br />

guerra mondiale.<br />

Le organizzazioni clandestine comuniste rimangono integre in<br />

quella zona pure se colpite dalla repressione. I primi tre condannati dal<br />

Tribunale speciale nella nostra regione erano proprio del mio paese e li<br />

conoscevo: uno di loro morì poi nella Risiera di San Sabba.<br />

L’antifascismo rimase efficiente e organizzato. Dopo l’8 settembre ci<br />

fu per noi il trauma non tanto delle foibe – si venne a sapere più tardi


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– quanto della dichiarazione di annessione di quelle terre alla<br />

Jugoslavia. Gli accordi che esistevano tra i partiti comunisti italiano,<br />

austriaco e sloveno prevedevano – fin dal 1934-’36, secondo i princìpi<br />

dell’Internazionale – che l’appartenenza di quelle terre doveva essere<br />

decisa con regolari plebisciti dalle popolazioni interessate. Ecco, per<br />

noi, per chi era internazionalista, per chi conosceva quegli accordi, la<br />

dichiarazione unilaterale di annessione – che non teneva conto della<br />

metà della popolazione italiana – fu la dimostrazione che Tito aveva<br />

abbandonato i princìpi dell’internazionalismo e aveva adottato quelli<br />

del suo proprio nazionalismo borghese.<br />

Ritenemmo allora di fare una resistenza autonoma, italiana, della<br />

quale si è parlato poco ed è misconosciuta. Anche la recente relazione<br />

degli storici italiani e sloveni, purtroppo, non la nomina adeguatamente.<br />

Il risultato fu che alla Liberazione, le tre cittadine dell’Istria del<br />

nord, Pirano, Isola e Capodistria, ebbero un’amministrazione retta dal<br />

CLN, composto da tutti partiti esattamente come nel resto d’Italia.<br />

Questo in quanto il Partito Comunista dell’Istria del nord era rimasto<br />

collegato al Partito Comunista Italiano e presente in questi CLN che a<br />

fine guerra, a differenza di Trieste, presero il potere delle amministrazioni<br />

locali. I CLN furono estromessi nel febbraio 1946, in previsione<br />

della campagna per l’annessione alla Jugoslavia portata avanti dalle<br />

organizzazioni di Tito.<br />

Nel 1954-’55 ci fu l’esodo di tutti, anche dei democratici, degli<br />

antifascisti, di quelli che erano stati nella Resistenza. Paolo Sema, per<br />

esempio, che fu un mio comandante, esodò nel 1950 e divenne il successore<br />

di Vittorio Vidali alla guida del Partito Comunista del territorio<br />

libero di Trieste. Nella Sezione ANPI di Mestre, vent’anni fa, su 15<br />

membri del direttivo ben 4 erano esuli istriani. Da un’importante rilevazione<br />

condotta nelle sezioni elettorali dei campi profughi istriani<br />

attorno a Trieste, risultò che i voti all’MSI erano percentualmente inferiori<br />

rispetto a quelli che assegnava Trieste città. Questo per sfatare il<br />

luogo comune degli istriani fascisti. Gli istriani non erano fascisti, avevano<br />

una tradizione rossa!<br />

Vengo al punto della relazione degli storici: un testo molto importante<br />

in quanto condiviso e in quanto raccoglie anni di lavoro dei maggiori<br />

studiosi di quella vicenda così difficile e così tragica. La Sezione<br />

ANPI di Venezia l’ha fatta stampare, a proprie spese, e l’ha distribuita<br />

a migliaia di studenti delle scuole medie superiori, dove siamo stati<br />

invitati a discutere di quei fatti.<br />

È una storia dolorosa e il Giorno del Ricordo, purtroppo, non è indi-<br />

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rizzato a incentivare una reale conoscenza degli eventi. Se leggete le<br />

conclusioni del relatore della Commissione del Senato che proponeva<br />

la costituzione di questo giornata celebrativa, sen. Stiffoni, leghista<br />

proprio del Veneto, concludeva: “Il Giorno del Ricordo deve diventare<br />

la giornata della vergogna per il comunismo italiano”. Questi erano gli<br />

scopi dell’istituzione.<br />

Si tratta di gente che non è degna neanche di nominare i comunisti.<br />

I comunisti – a cominciare dai militanti di base – hanno dato un esempio<br />

di dedizione disinteressata all’ideale, di sacrificio per un ideale. Il<br />

comportamento di tanti militanti che hanno dato tutto per i loro princìpi<br />

dovrebbe essere indicato ai giovani come un valore. Costituisce un<br />

valore per l’intera nazione e andrebbe ricordato anche in occasione dei<br />

150 anni dell’Unità d’Italia. Purtroppo oggi c’è un assordante silenzio<br />

sulla storia del Partito Comunista Italiano.<br />

Sulla relazione degli storici ci sono diverse lacune e per colmare<br />

quella che riguarda la storia del Partito Comunista nell’Istria del nord<br />

ho scritto un testo pubblicato dall’Istituto per la Storia della Resistenza<br />

di Trieste, purtroppo fuori edizione. È una storia complessa e di grande<br />

interesse che invito i giovani a studiare, approfondire, conoscere.<br />

Antonio Amoretti<br />

ANPI Napoli<br />

Buongiorno. Avrei voluto riferire al <strong>Congresso</strong> lo svolgimento e gli<br />

sviluppi del <strong>Congresso</strong> dell’ANPI provinciale di Napoli, conclusosi<br />

con l’approvazione del documento nazionale, con l’apporto di alcuni<br />

suggerimenti di modifiche e l’approvazione di alcuni ordini del giorno<br />

che avrei voluto brevemente illustrare.<br />

Qualcosa, però, mi ha fatto cambiare idea. Non parlerò del<br />

<strong>Congresso</strong>, delle tesi, dei documenti perché devo illustrare delle idee<br />

suggerite da alcuni interventi che ho ascoltato al Teatro Carignano.<br />

Innanzitutto desidero, molto garbatamente e umilmente, dissentire<br />

dall’affermazione della compagna che presiedeva la seduta secondo la<br />

quale il Sud non avrebbe avuto la sua Resistenza. Non è così. Oltre alla<br />

partecipazione dei meridionali nelle file partigiane, in Italia e all’estero,<br />

già ricordata da un rappresentante dell’ANPI Calabria, vi sono stati<br />

veri e propri episodi di Resistenza in tutto il mezzogiorno. Per non parlare<br />

poi della grande sollevazione popolare nelle 4 Giornate di Napoli,<br />

per le quali la città meritò la Medaglia d’Oro al Valor Militare.


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Lo stesso Sindaco di Napoli, Rosa Russo Jervolino, in un messaggio<br />

inviato all’Assemblea e non ancora letto, parla di “moto spontaneo”,<br />

“insurrezione spontanea”. Io che vi ho preso parte, vorrei precisare<br />

che – sì – si trattò di una rivolta spontanea; ma le 4 Giornate, iniziate<br />

il 28 settembre 1943, furono precedute, stimolate e supportate da<br />

una serie di azioni da parte dei gruppi antifascisti organizzati, attivi e<br />

anche perseguitati.<br />

Oggi si rende necessaria l’unità delle forze antifasciste poiché c’è<br />

una situazione grave che possiamo paragonare a quella del ’43.<br />

Altre due suggestioni mi hanno spinto a cambiare programma. La<br />

bellissima lectio magistralis del Prof. Zagrebelsky, con i cenni alla<br />

situazione giovanile, e soprattutto l’intervento del compagno Diego<br />

Novelli, che ha citato Stéphane Hessel, straordinario personaggio della<br />

Resistenza francese. Il compagno Hessel, Partigiano combattente ancora<br />

sulla breccia a 93 anni, ha scritto il libro Indignatevi!, rivolto particolarmente<br />

ai giovani. Propongo al nuovo organismo dirigente che<br />

uscirà dal <strong>Congresso</strong> di adottarlo come testo, munirlo di un’introduzione<br />

e distribuirlo in maniera capillare in tutte le scuole e università.<br />

Ecco un breve passaggio di questo libro: “Dico ai giovani guardatevi<br />

attorno e troverete gli argomenti che giustificano la vostra indignazione.<br />

Troverete situazioni concrete che vi indurranno a intraprendere<br />

un’azione civile risolutiva. Cercate e troverete”. E in chiusura: “A<br />

quelli e a quelle che faranno il XXI secolo diciamo con affetto creare e<br />

resistere, resistere e creare. Indignatevi!”.<br />

E io lo ripeto a tutti: indignatevi!<br />

Paolo Papotti<br />

ANPI Parma<br />

Care compagne e cari compagni,<br />

nel 2003 ho partecipato alla Conferenza che l’ANPI organizzò a<br />

Reggio Emilia per incontrare le nuove generazioni. Nel 2006, ho vissuto<br />

da “loggionista” – permettetemi il termine, essendo di Parma – il<br />

<strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> di Chianciano che ha sancito le modifiche statutarie.<br />

Sempre a Chianciano Terme, nel 2009, ho preso parte alla<br />

Conferenza che ha dato un impulso organizzativo alla “nuova stagione<br />

dell’ANPI”. Tutti strumenti che per me hanno costituito un patrimonio<br />

personale di crescita e di lavoro all’interno della nostra Associazione.<br />

Poi, nel 2008, al Museo Cervi, ho vissuto la prima Festa nazionale<br />

dell’ANPI con la sua grande varietà di contenuti e una notevolissima<br />

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spinta partecipativa. Nel 2010 è stata la volta della seconda Festa,<br />

caratterizzata dalle tante discussioni nei laboratori di studio e dagli<br />

appuntamenti culturali in programma.<br />

E poi, ancora, l’adesione dell’ANPI alla Tavola della Pace; l’iniziativa<br />

nazionale di Mirano contro il razzismo; la stupenda e commovente<br />

esperienza di Portella della Ginestra; e, nel tempo, la partecipazione<br />

a mille iniziative democratiche sulla scuola pubblica, la libertà di<br />

stampa, la dignità. Scelte politiche e azioni precise che hanno contribuito<br />

a caratterizzare con puntualità la presenza dell’ANPI sui temi<br />

dell’oggi.<br />

Tutti questi esempi per dire cosa? Ho 40 anni e farei parte della<br />

famosa “nuova generazione”. Ecco, io dico basta: sono un’antifascista<br />

iscritto all’ANPI. Se devo prendere esempio dai Partigiani – che, peraltro,<br />

hanno conquistato la libertà ben più giovani di me – la responsabilità<br />

che sento oggi è mettere a disposizione il mio tempo per lavorare<br />

su progetti ben precisi.<br />

Questa è il senso che devono assumere, secondo me, le espressioni<br />

“giovane generazione” e “nuova stagione”. Come si direbbe dalle mie<br />

parti: “Farsi su le maniche”. Mi sembra necessario cominciare a parlare<br />

di progetti. Il documento nazionale porta il titolo Le battaglie nazionali.<br />

Va bene, mi piace che ci siano battaglie nazionali. Penso però che<br />

queste battaglie non debbano rimanere sulla carta ma diventare un progetto<br />

sul quale impegnare le giovani generazioni, in contatto con i<br />

Partigiani e la loro esperienza.<br />

C’è ancora bisogno di questo scambio tra generazioni però è necessario<br />

ragionare con i giovani in termini di progetti a livello locale, provinciale<br />

e anche nazionale, perché le iniziative di cui parlavo prima<br />

hanno visto il contributo volontario di persone provenienti da tutta<br />

l’Italia. Giovani che, oltre a mettere in campo le proposte, hanno lavorato<br />

per attuarle. Mi sembra importante far divenire tutto ciò un progetto<br />

pedagogico, dove per pedagogia si intende accompagnare la crescita<br />

di una società.<br />

Penso sia necessario che l’ANPI si proponga come soggetto capace<br />

di ricostruire il senso della partecipazione nel contesto sociale. Non<br />

voglio fare analisi, ma a me pare che tutto quello che abbiamo detto sul<br />

governo delle destre si può riassumere nella volontà politica chiara di<br />

“de-istituzionalizzare” le istituzioni, vale a dire affermare che l’esperienza<br />

resistenziale e tutti i processi democratici che hanno portato alla<br />

Carta Costituzionale, oggi, non servono più.<br />

Il nostro progetto, invece, deve riportare l’antifascismo, la


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Resistenza, la Costituzione all’attenzione, all’ordine del giorno, della<br />

nostra società, per accompagnarla ancora nella sua ulteriore crescita.<br />

Costruendo un meccanismo che tenga insieme la ricca complessità di<br />

pensiero e la varietà di apporti e contributi presenti nell’ANPI, dobbiamo<br />

farci quasi educatori e rivolgerci a tutti quei settori della società<br />

citati nel documento nazionale.<br />

Parlo anche delle fasce più giovani, dei ventenni: deve entrare nelle<br />

nostre corde il fatto che per edificare una società bisogna partire dalle<br />

generazioni che vanno a scuola. Ma come ci rivolgiamo ad esse, quando<br />

persino i loro nonni sono nati dopo la guerra e, invece, il nostro pensiero<br />

di riferimento risale ancora più indietro nel tempo?<br />

È per questo che ho parlato di progetto educativo. Dobbiamo studiare<br />

formule che permettano di far recepire il messaggio e il valore<br />

che proviene dall’antifascismo, dalla Resistenza e dalla Costituzione.<br />

Purtroppo, è la mia esperienza, non è più sufficiente portare il<br />

Partigiano nelle scuole. Non me ne vogliate, è necessario, guai se non<br />

lo facessimo! Però non basta, le commemorazioni servono a poco.<br />

Bisogna rendere il nostro messaggio in grado di essere recepito dai<br />

bambini. Non il patrimonio ideale passato di un eroe lontano nel tempo,<br />

ma il messaggio sempre attuale di una persona normale che, in un<br />

momento difficile, ha compiuto la scelta più difficile. Trasformare in<br />

termini di semplicità, normalità, appunto, quello che è stato il frutto di<br />

dure e dolorose scelte interiori.<br />

Tutto il resto viene dopo: parlare del lavoro senza essere sindacato,<br />

eccetera, eccetera. Mi devo fermare perché non ho più tempo a disposizione.<br />

L’importante, ripeto, è trasformare le battaglie ideali in progetto<br />

concreto. Facciamo entrare le nuove generazioni nell’ANPI affinché<br />

possano dire: “Io ci sono e faccio questo”, “Io propongo questo, ma poi<br />

lo porto avanti”.<br />

Grazie.<br />

Alessandra Maltoni<br />

ANPI Bologna<br />

In questa splendida città, culla del Risorgimento, tra le città simbolo<br />

dell’insurrezione operaia della lotta di Liberazione, siamo qui a<br />

ricordare la Resistenza, la pagina più gloriosa del riscatto, della rinascita<br />

del popolo italiano. Tuttavia la società italiana si pone spesso con<br />

un atteggiamento indifferente se non addirittura ostile verso quella<br />

vicenda. Quel passato sembra quasi infastidire alcune coscienze perché<br />

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rievoca, col suo carico di dolore, le tante contraddizioni di un’Italia che<br />

fu, ed è ancora, troppo ambigua e non degna dei suoi figli migliori. Gli<br />

eroi, però, con la potenza del loro esempio, ci hanno proiettato, e continuano<br />

a farlo, verso un futuro di speranza e di alti ideali. L’ANPI è lì<br />

a ricordare a tutti gli italiani – anche a quelli di scarsa memoria – che<br />

la nostra Costituzione è stata scritta da tanti uomini e tante donne fucilati,<br />

torturati, impiccati, caduti davanti agli innumerevoli cippi di cui<br />

sono disseminate le nostre città e i nostri paesi.<br />

Il suo articolo più bello è lo splendido Art. 3, che racchiude in sé<br />

tutta l’umanità della Carta: quello che nel secondo comma esalta l’uguaglianza<br />

giuridica trasformandola in un dovere assoluto dello Stato e<br />

dei suoi poteri. Da quell’articolo è nato il Servizio Sanitario <strong>Nazionale</strong>,<br />

lo stato sociale, il diritto allo studio e la nostra scuola pubblica, tra le<br />

più apprezzate al mondo. Sono tutti concetti semplici eppure, con la<br />

straordinaria forza innovatrice, cambiarono il volto del nostro Paese,<br />

verso una direzione di giustizia e solidarietà scelta dal popolo italiano<br />

rinato dalla Resistenza.<br />

Qualcuno però, soprattutto tra i politici e i legislatori, oggi finge di<br />

dimenticare, di non capire. Un esempio: la riforma dell’università e la<br />

cosiddetta legge Gelmini. Gli atenei e i loro rettori, troppo spesso compiacenti,<br />

stanno riscrivendo tutti gli statuti aprendo definitivamente i<br />

consigli d’amministrazione ai privati, alle banche, alle fondazioni, ai<br />

potentati economici. I privati decideranno le sorti della nostra ricerca,<br />

della nostra didattica; diventeranno i grandi finanziatori di carriere e<br />

strategie e padroni assoluti delle scelte prese dal sistema universitario<br />

pubblico italiano. Hanno snaturato l’autonomia e il ruolo del mondo<br />

accademico e questo è contro la Costituzione. Come se non bastasse si<br />

tagliano le borse di studio, si licenziano in massa i precari, si tolgono i<br />

soldi non solo all’università ma a ogni livello e grado della scuola<br />

pubblica. Tutto questo, però, dicendo di amare la Costituzione e i suoi<br />

articoli.<br />

C’è poi il mondo del lavoro, con gli operai costretti a salire sui tetti<br />

a urlare la loro disperazione, con quel collegato che tra mille emendamenti<br />

e mille ripensamenti impone una logica di scambio tra tutele giurisdizionali<br />

e un più conciliante arbitrato.<br />

La nostra Costituzione va difesa. Da tempo avevo un’idea, una di<br />

quelle che pensi sempre che qualcuno prima o poi la realizzerà. Poi, di<br />

fronte al crescente degrado, ho raggiunto la consapevolezza che qualcosa<br />

andava fatto subito e, grazie all’insostituibile ed efficace aiuto<br />

dell’ANPI di Bologna, ho pensato di aprire una Sezione nell’ateneo


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bolognese, dove lavoro. Così ho aggregato colleghi ed amici e abbiamo<br />

inaugurato una delle prime Sezioni all’interno di un’università. Ha<br />

già registrato molte adesioni – si sono iscritti professori ordinari, associati,<br />

studenti, personale tecnico-amministrativo – e ho trovato persone<br />

entusiaste ben oltre quanto mi aspettassi. A breve ci faremo conoscere,<br />

lanceremo iniziative, progetti, intendiamo divenire interlocutori contro<br />

la riforma di cui non condividiamo né la presunta carica innovatrice né<br />

il metodo di attuazione. E per questo non escludiamo neanche di costituirci<br />

come comitato promotore per l’abrogazione della legge più incostituzionale<br />

d’Italia.<br />

L’ANPI però deve anche crescere, per attrarre mezzi e risorse. Sì,<br />

cari compagni, perché dobbiamo dare benzina alle nostre idee.<br />

Dobbiamo cercare di entrare anche nell’europrogettazione, per esempio<br />

nel mondo del monitoraggio dei bandi europei. Spesso neanche<br />

conosciamo, nelle nostre Sezioni, le possibilità reali, le potenzialità che<br />

l’Unione Europea mette a disposizione anche per valorizzare la memoria<br />

e l’antifascismo. Abbiamo bisogno di risorse, soprattutto noi che<br />

vediamo contrarre i bilanci per scelte politiche particolarmente ostili<br />

alla nostra esistenza democratica. Questo è accaduto con le finanziarie,<br />

è accaduto con la legge n° 133 dell’agosto 2008 che paventò la chiusura<br />

degli Enti inutili e tra questi inserì il Museo della Resistenza di Via<br />

Tasso.<br />

Vigileremo quindi sulla scuola e sul lavoro e sarà per noi come<br />

restituire ai nostri Caduti quello che la ferocia del nazifascismo tolse.<br />

Tantissimi dei nostri morti erano ventenni e scrissero con il loro sangue<br />

l’Art. 1 della futura Costituzione: che l’Italia doveva essere “una<br />

Repubblica fondata sul lavoro”. Ma tanti di loro – i giovani Caduti<br />

Partigiani – lavoratori non divennero mai. Scrissero per tutti noi<br />

quell’Art. 33, “la scuola è pubblica e in essa libero ne è l’insegnamento”,<br />

ma tanti di loro non ebbero figli da mandare a scuola. Enorme è il<br />

debito che l’Italia ha con quella generazione, oserei dire incolmabile.<br />

Noi vigileremo attenti, riconoscenti, immancabili a ogni singola celebrazione,<br />

perché non si scivoli nell’insidia di un’indifferente retorica.<br />

E perché la politica non sia latitante o presente solamente durante le<br />

campagne elettorali. Affinché le istituzioni sentano il dovere assoluto<br />

di promuovere la presenza dei giovani delle scolaresche nei luoghi,<br />

anche più sperduti, dove fosse caduto anche uno solo dei nostri<br />

Partigiani. Per ragioni familiari conosco bene il significato delle tragedie<br />

che promanano da quelle lapidi, conosco la sacralità di quei luoghi,<br />

quanto immutato dolore essi emanino.<br />

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Ricordo le lacrime, ormai lontane, delle madri dei Partigiani uccisi,<br />

lacrime che non si sono mai asciugate. Una di quelle donne era mia<br />

nonna che ogni anno – anziana e annichilita nel suo immenso dolore –<br />

raggiungeva quel cippo lontano sull’Appennino Marchigiano dove il<br />

figlio ventenne – commissario politico col compito di organizzare le<br />

prime forme di Resistenza – era caduto, fucilato da un plotone di nazifascisti.<br />

Quelle madri e quei padri che tanto hanno sofferto oggi non ci<br />

sono più, anche a loro va il nostro ricordo, la nostra riconoscenza.<br />

Nel 150° dell’Unità nazionale noi, in questa città simbolo, ribadiamo<br />

la scelta di non dimenticare e di proseguire sempre sulla strada di<br />

quei valori che furono dei nostri caduti e dei nostri combattenti.<br />

Viva l’Italia, viva la Resistenza e viva la pace.<br />

Rebecca Ghio<br />

Federazione degli Studenti<br />

Buongiorno a tutti. Vi ringrazio e sono onorata di essere con voi.<br />

Sono felice perché molte parole che avrei voluto dire sono già state<br />

dette. E sono emozionata perché intervenire al <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong><br />

dell’ANPI è, in qualche modo, anche qualcosa di inaspettato.<br />

Sono iscritta all’ANPI da quando avevo sedici anni e sono qui a<br />

nome della Federazione degli Studenti, della quale vi porto il saluto.<br />

Noi crediamo che quello della memoria e dell’antifascismo sia un<br />

impegno reciproco tra generazioni, per questo è iniziato con voi un percorso.<br />

Abbiamo dato l’avvio quest’estate – dopo un incontro bellissimo<br />

con Didala, Chiara e il prof. Tussi – a un progetto comune scegliendo<br />

la frase “Partigiani della conoscenza, costruttori di libertà”. Non per<br />

sostituirci a chi Partigiano lo è stato, ma per far comprendere che oggi<br />

ciò che rende liberi è il sapere e la possibilità che tutti possano accedervi.<br />

Significa garantire la possibilità ad ognuno di essere davvero<br />

libero.<br />

Il percorso è cominciato dalla presenza sul territorio, anche nei piccoli<br />

nuclei, nelle piccole città dove non esistono Sezioni, per far partecipare<br />

i ragazzi alla vita dell’ANPI. Per poi procedere alla raccolta di<br />

testimonianze da parte degli studenti, che speriamo diventino presto un<br />

lavoro più ampio e organico. Colgo l’occasione per aiutarci a realizzare<br />

un video da utilizzare come strumento all’interno delle scuole: un<br />

racconto della Resistenza nei diversi luoghi d’Italia che altrimenti i<br />

ragazzi non avrebbero occasione di conoscere.


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Il momento di crisi sociale, culturale, politica, obbliga chiunque di<br />

noi abbia a cuore la democrazia a cercare di costruire una nuova idea<br />

di Paese, di Europa e di mondo. Se è vero che – come diceva<br />

Zagrebelsky – la terza generazione si avvale della Costituzione e in<br />

qualche modo, però, la corrompe, abbiamo sicuramente bisogno<br />

dell’ANPI per trasformarla in una narrazione collettiva futura.<br />

Credo che in cambio dovete chiedere a noi giovani non solo le energie<br />

ma anche l’onestà, la fedeltà agli ideali e proposte, nuove nelle idee<br />

come negli atteggiamenti. Speriamo di essere in grado di fornirle.<br />

Mi sono chiesta perché nel 2006, a sedici anni, sia rimasta così affascinata<br />

dall’ANPI. Credo di aver capito che i racconti della resistenza<br />

siano stati per me come un grande romanzo che ha superato il tempo e<br />

lo spazio in cui è stato scritto per riempirmi e toccarmi nell’intimo della<br />

coscienza, consentendomi di percepirla per la prima volta.<br />

Ringrazio sinceramente i Partigiani che ho avuto l’onore e la fortuna<br />

di conoscere. Per l’orecchio, il pensiero e i consigli che mi hanno<br />

concesso con pazienza. Sono convinta abbiano cambiato la mia esistenza<br />

e che la illumineranno in futuro.<br />

Flavio Lotti<br />

Coordinatore Associazione “Tavola della pace”<br />

Di fronte alla guerra in atto ci si chiede: cosa dobbiamo fare?<br />

Mobilitarci per mettere fine a tutte queste guerre e violenze. Chiedere<br />

il cessate il fuoco. Difendere i diritti umani. Lottare contro tutti i dittatori<br />

e i loro regimi. Dire “no” al cinismo e all’indifferenza. Battersi<br />

contro il commercio delle armi. Esprimere la nostra solidarietà con chi<br />

sta lottando per la libertà, la giustizia e la democrazia. Offrire protezione,<br />

accoglienza e asilo ai profughi e agli sfollati. E, non ultimo,<br />

impegnarci ancora più decisamente per costruire una politica di pace e<br />

giustizia.<br />

Ci domandiamo: da dove possiamo cominciare? Cominciamo dalle<br />

nostre città, dai nostri paesi, dalle nostre scuole. Cominciamo rimettendo<br />

la pace e il mondo al centro della nostra agenda di lavoro. Il cammino<br />

non è facile, lo sappiamo, ma la strada è quella giusta. Come è<br />

giusto quello che state facendo per rinnovare il vostro impegno e la<br />

vostra organizzazione.<br />

Grazie per l’investimento che fate sui giovani, per i giovani e con i<br />

giovani. Grazie per il vostro costante e prezioso contributo di pace.<br />

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Continuiamo a camminare insieme per difendere e attuare la nostra<br />

Costituzione. Costruiamo in ogni città un comitato per la pace per<br />

riflettere, mobilitarsi contro la guerra e organizzare insieme la prossima<br />

marcia “Perugia-Assisi”, per la pace e la fratellanza tra i popoli.<br />

Facciamo in modo che tanti giovani possano ritrovarsi e progettare una<br />

vita, un Paese e un mondo migliore.<br />

Con questo spirito vi rinnovo i migliori auguri di buon lavoro.<br />

Filippo Giuffrida<br />

ANPI Belgio<br />

In questi giorni abbiamo ascoltato molte voci dell’ANPI.<br />

L’assennatezza della relazione del Presidente, la veemenza sempre giovanile<br />

dei Comandanti Rendina e Sarti, la pacata maturità degli studenti<br />

medi e dei ragazzi. Ora vorrei parlarvi di noi.<br />

Noi che abbiamo lasciato l'Italia negli Anni 30, perché non potevamo<br />

più convivere con i Fascisti, che abbiamo perso la cittadinanza italiana<br />

perché “indegni” e poi abbiamo fatto la Resistenza in Francia o in<br />

Belgio.<br />

Noi che abbiamo lasciato l'Italia negli Anni 50, per andare a scavare<br />

nelle miniere quel carbone che è stato il motore della ripresa del<br />

nostro Paese.<br />

Noi che abbiamo lasciato l'Italia negli Anni 60, per andare a lavorare<br />

nelle industrie siderurgiche o alla catena di montaggio in posti<br />

dove parlano lingue dure, come quelle che parlavano i cattivi di quando<br />

eravamo piccoli.<br />

Noi che abbiamo lasciato l’Italia negli Anni 90, e che continuiamo<br />

a partire perché con le nostre lauree, con i nostri master, non riusciamo<br />

a mantenere una famiglia e a pagare il mutuo per la casa. E allora espatriamo,<br />

come fecero i nostri padri e i nostri nonni. Lontani da questa<br />

terra che festeggia i suoi 150 anni. Ma non lontani dalla Patria. Mai<br />

lontani dall’Italia.<br />

Vorrei raccontarvi quanto siamo arrabbiati e stanchi di sentirci chiedere:<br />

“Come è possibile? Un popolo che ha inventato il diritto, ha avuto<br />

il Risorgimento, si è battuto contro tutti per creare una nazione, arabi,<br />

spagnoli, francesi, tedeschi, austriaci, come fa a essere in balìa di quell’uomo,<br />

di quel governo? Siamo stufi di doverci quasi vergognare di<br />

essere italiani.


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E vi vorrei anche raccontare come, giorno dopo giorno, nasce la<br />

consapevolezza che possiamo fare qualcosa. E, giorno dopo giorno,<br />

nascono le Sezioni ANPI all’estero: Bruxelles, Parigi, Liegi, Londra,<br />

Praga, Genk, Madrid; e poi l’Argentina; e domani la Germania, il<br />

Lussemburgo, la Svizzera. Ecco, questi siamo noi. Quelli che il 17<br />

marzo hanno cantato l’inno di Mameli davanti al Parlamento Europeo,<br />

a Trafalgar Square, sui Campi Elisi. E subito dopo hanno intonato Bella<br />

Ciao, accompagnati nel coro da passanti di tante nazionalità e lingue<br />

diverse che hanno riconosciuto la melodia e compreso il significato di<br />

quella canzone.<br />

Siamo noi: Partigiani italiani, come Ennio; figli e nipoti di<br />

Partigiani che hanno combattuto in Francia o in Belgio, come Angelo;<br />

pensionati della miniera, come Silvio; operai delle acciaierie, come<br />

Luc. Discendenti di chi allora lasciò l’Italia ed emigrati nuovi che a<br />

malincuore privano il nostro Paese del loro sapere e vanno all’estero. A<br />

fare i ricercatori, gli avvocati, i medici, a progettare palazzi, a scoprire<br />

nuove molecole perché l’Italia – questa Italia – sembra non abbia bisogno<br />

di noi.<br />

Ma a noi sta a cuore l’Italia. E abbiamo scelto di impegnarci<br />

nell’ANPI perché crediamo che “un altro Paese sia possibile”. E perché<br />

vediamo come l’Europa si sta spostando a destra.<br />

È importante ricordare che forse in Francia arriverà al ballottaggio<br />

per la Presidenza della Repubblica la figlia di chi osò affermare che le<br />

camere a gas sono un dettaglio della storia. In Estonia si organizzano<br />

marce per commemorare le SS. L’Ungheria ha votato una legge così<br />

repressiva della libertà di stampa che persino gli eurodeputati del PdL<br />

si sono indignati. In Danimarca, il Partito del popolo Danese garantisce<br />

l’appoggio esterno al governo, così come il Partito delle libertà in<br />

Olanda. In Finlandia il Partito dei Veri Finlandesi – vi giuro che non<br />

è una battuta, si chiama proprio così – è all’opposizione, ma con quasi<br />

il 17% dei voti. In Svezia il Partito degli Svedesi Democratici si aggira<br />

attorno al 6% e potrebbe crescere alle prossime elezioni. In Belgio<br />

il Vlaams Belang fa da sponda alle rivendicazioni autonomiste fiamminghe<br />

e, se si andasse a votare domani, avrebbe risultati spaventosi.<br />

Questa è l’Europa di cui parla il documento congressuale, è<br />

l’Europa che noi non vogliamo e contro la quale combattiamo ogni<br />

giorno.<br />

Per questo le ANPI all’estero sono qui oggi con i loro “invitati”, che<br />

speriamo domani possano diventare “delegati”. Per arricchire la nostra<br />

Associazione con le loro esperienze, la loro voce, i loro contatti con<br />

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l’antifascismo europeo. Perché vogliamo smettere di “difenderci” in<br />

Europa e nel mondo, vogliamo tornare a essere un esempio, vogliamo<br />

tornare a sorridere.<br />

E, semplicemente, vale per molti di noi, vogliamo poter tornare.<br />

Tornare a casa. Grazie compagne e compagni. Lasciatemelo dire senza<br />

retorica: Viva la Resistenza, viva l’Europa unita, viva l’Italia!


QUINTA SEDUTA<br />

Centro Congressi<br />

“Torino Incontra”<br />

sabato 26 marzo 2011<br />

ore 15.00<br />

Presiede i lavori:<br />

Giovanna Stanka Hrovatin


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Samuele Rago<br />

ANPI Savona<br />

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Compagni e compagne, stamattina c’è stata la riunione annunciata<br />

dei Presidenti dei Comitati provinciali per Patria indipendente. Con il<br />

nostro Presidente abbiamo assunto l’impegno di sottoscrivere l’abbonamento<br />

alla testata dell’ANPI <strong>Nazionale</strong> per le Sezioni della nostra<br />

Provincia – in tutto sono 38 – che ancora non l’avessero fatto.<br />

Riteniamo che Patria sia uno strumento importante e indispensabile<br />

nella nostra attività: se da un lato il sito web ci dà la possibilità di essere<br />

in contatto tempestivamente con tutta la comunità dell’ANPI, il<br />

mensile ci offre un contributo informativo e culturale fondamentale.<br />

Oltre alle Sezioni, cercheremo di diffondere il giornale attraverso i<br />

nostri canali di comunicazione, il trimestrale che pubblichiamo e il sito,<br />

e di estendere la campagna per sostenerlo anche alle associazioni con<br />

le quali siamo in contatto e ai partiti.<br />

Ritengo importante il rapporto con i partiti dell’arco costituzionale:<br />

e utilizzo questo termine come una volta, quando volevamo escludere<br />

il Movimento sociale. Perché costituzionali non sono i partiti che<br />

vogliono stravolgere la nostra Carta per realizzare un disegno eversivo<br />

delle istituzioni democratiche. Si diceva – anche nella relazione di<br />

Raimondo Ricci – che i compiti che stiamo svolgendo e gli obiettivi<br />

che ci siamo dati in difesa della Costituzione non possiamo realizzarli<br />

da soli.<br />

Non è certamente inedita la trasmissione della memoria della<br />

Resistenza e dell’antifascismo – da sempre svolgiamo questo ruolo –<br />

ma è nuova la funzione pedagogica nella società di re-insegnare il diritto<br />

fondamentale di cittadinanza. A riconoscerlo ed esercitarlo perché<br />

consente, appunto, di essere cittadini e non sudditi. Questo occorre per<br />

recuperare le coscienze corrotte da disvalori come l’intolleranza, la<br />

ricerca della soluzione ai propri problemi attraverso il rapporto con il<br />

principe o con il vassallo del principe. Un ruolo assolto storicamente<br />

dai partiti, per il quale oggi bisogna ricorrere al patrimonio ideale e<br />

valoriale della Resistenza e dell’antifascismo.<br />

La Resistenza, in Italia, non avrebbe portato gli stessi risultati senza<br />

il retroterra e poi la presenza attiva dei partiti nella lotta di Liberazione;<br />

nell’organizzazione delle formazioni e dei collegamenti; nelle indicazioni<br />

delle linee di azione. E non ci sarebbero stati tutti i passaggi successivi<br />

del referendum tra monarchia e repubblica, la Costituzione.<br />

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Anche negli anni successivi i partiti sono stati indispensabili per applicare<br />

i contenuti della Costituzione; per le grandi lotte che hanno permesso<br />

di realizzarne i princìpi e i valori. Del resto noi siamo una<br />

Repubblica parlamentare, basata sui partiti, e non vedo in giro alternative<br />

migliori. Il rapporto con essi, però, va sviluppato in maniera reciprocamente<br />

critica, dialettica, per costruire una realtà diversa dall’attuale.<br />

Esiste l’esigenza di una progettualità, è stato sottolineato in molti<br />

autorevoli interventi. Se vogliamo convincere i giovani che sono fondamentali<br />

per mantenere e sviluppare la democrazia nel nostro Paese,<br />

bisogna convincerli che si può edificare qualcosa di diverso dalla realtà<br />

di oggi attraverso una progettualità costruita con loro. È una funzione,<br />

però, che spetta ai partiti attraverso l’azione legislativa. La nostra<br />

opera può e deve spingerli alle loro responsabilità, con la nostra autonomia<br />

e capacità di proposta.<br />

Se noi guardiamo alla realtà di oggi siamo molto spesso scoraggiati<br />

dai partiti. Abbiamo l’elemento di entusiasmo per la nostra trasformazione<br />

e l’elemento di pessimismo nel guardare al futuro. Il nostro<br />

agire politico per ricostituire le basi fondamentali della democrazia nel<br />

nostro Paese, perciò, deve avvenire soprattutto nel rapporto con la<br />

società grazie a quella funzione pedagogica in passato svolta dai partiti,<br />

dal sindacato.<br />

Giuseppe Di Vittorio diceva: “Abbiamo insegnato ai cafoni a non<br />

togliersi più il berretto davanti al padrone”. Cioè che quello che andavano<br />

a chiedere come un favore era un diritto e come tale andava rivendicato.<br />

È questo che, purtroppo, ci troviamo a dover spiegare nuovamente<br />

alla nostra società. Grazie.<br />

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Umberto Carpi<br />

ANPI Modena<br />

Nei cinque minuti che mi sono concessi mi perdonerete se mi limiterò<br />

a enunciare tre punti. Ho ascoltato senza molta sorpresa gli interventi<br />

di alcune vecchie compagne e compagni. Ci conosciamo da anni<br />

e sappiamo tutti, più o meno, cosa diremo. Gli interventi di giovani e<br />

giovanissimi, invece, mi hanno aperto il cuore. In un certo senso, però,<br />

hanno alzato pericolosamente il livello di zucchero nel sangue: troppa<br />

melassa. “Noi siamo antifascisti”, benissimo. È giusto e doveroso per<br />

ogni cittadino ma non basta. Probabilmente i ragazzi di CasaPound


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sono d’accordo nell’assicurare l’acqua a tutti e nel condurre una battaglia<br />

anticapitalista su questo tema, anzi sono molto più duri.<br />

Dove comincia l’antifascismo? Abbiamo un’idea di cos’è il fascismo<br />

oggi? Perché i fascisti vecchi, ce n’è ancora qualcuno in giro, sono<br />

anche al governo. E qualcuno dà vita a nuove formazioni politiche trasformiste<br />

con le quali partiti della sinistra sono disponibilissimi ad<br />

allearsi per governare. Sto semplicemente fotografando la situazione.<br />

Come si declina oggi il fascismo? Non solo in Italia, ma in tutta<br />

Europa? “Siamo anti-fascisti”, nell’anti c’è qualcosa di conflittuale che<br />

non ho sentito a sufficienza. Sono lieto di sentire questi antifascisti così<br />

pieni di buoni sentimenti. Ma lasciate dire a un vecchio malvissuto<br />

come me che li vorrei un po’ più cattivi. Perché guardate che non sarà<br />

facile: l’egemonia culturale, almeno tendenzialmente, oggi ce l’hanno<br />

loro e non scherzano. E impostano analisi culturali che non hanno nulla<br />

a che vedere col fascismo che ricordiamo e abbiamo studiato e codificato<br />

nei libri, come era nel ventennio: oggi è un’altra roba, con posizioni<br />

antiglobalizzazione molto dure. Noi che diciamo, con chi stiamo?<br />

Quali sono le forze sociali a cui facciamo riferimento e in nome delle<br />

quali ci dichiariamo antifascisti?<br />

Primo punto. Compito dell’ANPI è studiare qual è il nemico contro<br />

il quale combattere. Studiare attentamente, seriamente e – vi dirò di più<br />

– rispettosamente le culture e i fenomeni fascisti e neofascisti, mettendosi<br />

anche in relazione con le altre organizzazioni antifasciste europee.<br />

Contro queste realtà dovremo combattere. E dobbiamo sapere con quali<br />

strumenti delle idee e, ce lo dirà la storia, con quali forme di lotta. Noi<br />

siamo tutti per la pace ma spesso, come i Partigiani ci hanno insegnato,<br />

per difenderla e affermarla bisogna pure sparare.<br />

Secondo punto: “Siamo giovani Partigiani”. Ci emozioniamo tutti<br />

quando vengono qui i Partigiani che hanno fatto la scelta della lotta con<br />

le armi. Ma guardate che oggi, anche dentro la sinistra – ahimè! – o nell’acqua<br />

di sinistra in cui bisogna pur nuotare – perché non la scegliamo<br />

noi quell’acqua – la teoria del Partigiano più ricorrente è quella del<br />

nazista Carl Schmitt. Una teoria che mette in discussione tutti gli statuti<br />

bellici, militari, e fa della figura del Partigiano quella che distrugge<br />

i rapporti tradizionali sostanzialmente precedenti al 1789. Lo dico<br />

sempre: “Dimmi cosa pensi del 1789 e ti dirò chi sei”, perché quello è<br />

il discrimine. Su questo terreno le ideologie neofasciste affermano cose<br />

durissime. Siamo attrezzati per rispondere? Nella parola “partigiano” è<br />

compresa la “parte”, vuol dire parteggiare. Il Partigiano parteggia,<br />

combatte duramente e ritiene che la sua parte sia quella che ha ragione<br />

173


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

e che si deve affermare come totalità. Il problema di teorizzare il<br />

Partigiano risale al 1944, in uno stupendo e dimenticato articolo di un<br />

grande liberale, Guido Dorso, sulla rivista Retusa. Il pezzo si intitolava,<br />

appunto, “Teoria del partigiano”. Se l’ANPI vorrà produrre una<br />

buona antologia di scritti sulla teoria della Resistenza, ben fatta storicamente<br />

– che sarebbe di grandissima utilità culturale – non potrebbe<br />

non partire da quell’articolo che poneva il problema a partire dai primi<br />

Partigiani nelle terre slave. Questo secondo punto che ho richiamato è<br />

un compito di studio.<br />

Il terzo punto su cui chiudo è: arrivano i giovani, i Partigiani invecchiano.<br />

Figuriamoci, cominciano a invecchiare gravemente anche quelli<br />

della mia generazione, che sono stati ben lungi dal fare in tempo a<br />

essere Partigiani: siamo vecchi della politica! Ci vogliono forze nuove,<br />

sentiamo ripetere continuamente. È vero, però i giovani la devono<br />

smettere di chiedere che gli anziani facciano posto a loro. Nessuna<br />

generazione ha mai fatto largo a chi arrivava dopo, se li devono prendere<br />

i posti, non rincorrendoli ma producendo idee, che è l’unica cosa<br />

possibile da farsi.<br />

Non è solo una questione organizzativa, la nostra è un’Associazione<br />

con grandissime potenzialità ma, allo stesso tempo, gravemente a<br />

rischio. A me piace parlar franco: ieri ho ascoltato con particolare attenzione<br />

uno degli interventi più fervidi. Era di un mio compagno e collega,<br />

insegnante di filosofia – mi pare a Milano – il quale a un certo punto<br />

ha detto: “Non siamo un partito ma dobbiamo fare come se lo fossimo”.<br />

No, “come se” vuol dire un partito. Sei mesi di tempo e siamo divisi.<br />

Teniamo ben ferma la nostra ragione storica che è la Resistenza, e<br />

ricordatevi che questo richiede intelligenza storica.<br />

Avrei altri quindici punti da proporvi, ma chiudo su questo. Siamo<br />

a Torino, nel 150°, ma vi rendete conto che il discorso più complesso<br />

sul valore dell’Unità d’Italia è stato fatto dalla chiesa cattolica? Non è<br />

una novità, perché è stato portato a compimento un discorso fatto nel<br />

centenario da Giovanni XXIII all’allora Presidente del Consiglio,<br />

Amintore Fanfani. Per la prima volta il papa disse: “L’unità d’Italia è<br />

un grande valore nel disegno storico provvidenziale”. Questo ci impone<br />

terreni nuovi di ricerca, di studio, di polemica e battaglia, se vogliamo<br />

difendere i valori della laicità. Sempre a partire dalla Resistenza,<br />

che non è un punto morto ma un punto fermo. Deve confrontarsi continuamente<br />

con le novità, ma sapendo che noi siamo quello. E non possiamo<br />

diventare altro, a prescindere dall’anagrafe degli iscritti.<br />

Grazie.<br />

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SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

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Monica Emmanuelli<br />

ANPI Pordenone<br />

QUARTA<br />

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SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

Un saluto alle Partigiane e ai Partigiani, a tutti gli antifascisti.<br />

Da molto ormai si parla positivamente dell’ANPI, della sua posizione<br />

forte e precisa, come nuova risorsa politica e non partitica del<br />

Paese; si elogia l’entrata dei giovani nell’Associazione; si esalta la giusta<br />

e condivisibile limpidezza morale dei princìpi che da sempre la<br />

orientano. Ma c’è ancora molto da fare, perché i cambiamenti hanno<br />

bisogno di tempo per essere accettati e di forza per superare gli ostacoli.<br />

Molti ragazzi si sono iscritti alla nostra Associazione, molte donne<br />

hanno iniziato a collaborare con maggiore continuità, ma spesso il<br />

legame con il passato resiste anche ai buoni propositi. Con lo Statuto<br />

del 2006, l’apertura a tutti gli antifascisti ha sinceramente rinnovato,<br />

rivitalizzato e avvicinato l’ANPI anche a nuove problematiche, con<br />

soluzioni inedite. In questo momento la transizione è molto forte e contemporaneamente<br />

delicata, perché si tratta di un reale passaggio fra<br />

generazioni. Proprio per questo è necessario rafforzare i contatti, creando<br />

anche una sorta di scuola interna all’ANPI, in cui vengano tramandati<br />

non solo i valori a cui tutti siamo legati e che ci hanno portato ad<br />

operare la scelta di aderire all’Associazione, ma anche non sottovalutata<br />

la gestione amministrativa e statutaria. Ricordo che l’ANPI ha un<br />

suo Statuto di cui ancora non ho sentito parlare con il giusto rilievo.<br />

Questi sono gli elementi cardine per la sua sempre maggiore affermazione<br />

nella società e comprendono non solo la valutazione intelligente<br />

delle risorse economiche, ma anche le interazioni con il mondo<br />

della politica e dell’associazionismo. È utile, per non dire fondamentale,<br />

essere preparati anche dal punto di vista storico, puntando sulla<br />

ricerca, sulla diffusione di pubblicazioni, collaborando con gli Istituti<br />

di storia della Resistenza, di cui anch’io faccio parte, continuando a<br />

promuovere la conoscenza della lotta di Liberazione e della Carta<br />

Costituzionale, trovando le strategie e le tecniche più allettanti per<br />

generare interesse anche in coloro che ritengono la nostra storia degna<br />

solo di essere archiviata o, peggio ancora, strumentalizzata in funzione<br />

di propaganda partitica.<br />

La conoscenza storica, basata su fondamenti e princìpi scientifici, è<br />

il mezzo che, per eccellenza, ci permette di difenderci in maniera incisiva<br />

e credibile da ogni attacco contro la Resistenza. Non dobbiamo<br />

dimenticare che difendere la lotta partigiana significa preservare, pro-<br />

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SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

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TERZA<br />

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SEDUTA<br />

SESTA<br />

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teggere, salvaguardare anche i suoi ideali democratici. Quelli di un<br />

Paese fondato sul lavoro la cui sovranità appartiene al popolo, che<br />

dovrebbe adempiere ai suoi doveri di solidarietà politica, economica e<br />

sociale per concorrere al progresso materiale e spirituale della propria<br />

nazione, come ricorda la Costituzione. Un lavoro lungo che deve essere<br />

continuo, impegnativo, di gruppo. L’antifascismo è un valore che<br />

può sopravvivere e soprattutto progredire, continuando ad essere attuale,<br />

solo con una memoria vincolata al presente, con un impegno continuo<br />

in ambito locale, in una prospettiva di collaborazione unitaria<br />

nazionale.<br />

L’attività dell’ANPI, oltre alle commemorazioni, all’edificazione di<br />

monumenti e cippi, ha il dovere di proteggere i princìpi di unità nazionale<br />

che uniscono idealmente le lotte risorgimentali a quelle partigiane.<br />

La necessità attuale è quella di creare una sinergia tra le funzioni, le esigenze<br />

pratiche e quelle intellettuali, per non rendere vani gli sforzi in<br />

cui tutti noi ci stiamo impegnando.<br />

La situazione sociale e politica italiana, ultimamente, ha posto<br />

nuova attenzione sulla condizione delle donne la cui dignità è spesso,<br />

troppo spesso calpestata. L’ANPI ha voluto distinguersi coinvolgendole<br />

sempre di più, valorizzandole, promuovendo e cercando di far conoscere<br />

la storia della Resistenza femminile, diversa per caratteristiche e<br />

dinamiche da quella maschile. L’emancipazione, oggi non ancora pienamente<br />

raggiunta, è stata conquistata con lotte fondamentali, i cui<br />

semi hanno attecchito proprio durante la guerra di Liberazione con il<br />

protagonismo vero, attivo, di donne di ogni estrazione sociale e culturale,<br />

in particolare con i Gruppi di Difesa delle donne, indispensabili<br />

per una nuova, straordinaria presa di coscienza. Vorrei ricordare, anche<br />

in base alla mia esperienza di Presidente di un’ANPI Mandamentale,<br />

che averci dato spazio non è una concessione, ma il risultato di una<br />

conquista per una parità e condivisione sul piano universale.<br />

Alle donne non è mai stato regalato nulla e i diritti ottenuti, anche<br />

sul piano costituzionale, sono l’esito di battaglie e di sacrifici.<br />

Nonostante questo tali diritti non sono ancora realizzati pienamente. A<br />

quanti di voi verrebbe in mente di far notare a un’assemblea, a una<br />

riunione, a un congresso la presenza degli uomini? Scusate la provocazione,<br />

ma il fatto che ci sia ancora l’esigenza di mettere in rilievo il<br />

valore delle donne significa che molti ostacoli sociali non sono ancora<br />

stati superati e, mi viene naturale aggiungere, nemmeno in ambienti<br />

democratici.<br />

Grazie per l’attenzione e buon lavoro a tutti.<br />

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SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

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Lidia Menapace<br />

ANPI Roma<br />

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SEDUTA<br />

Cari compagni, carissime compagne, buon pomeriggio a tutti e a<br />

tutte. Ho pronunciato una frase utilizzando due volte il linguaggio<br />

inclusivo. Non aspettatevi niente di meglio da me. Lo dirò sempre fino<br />

alla noia, sono una che rompe. Il dato materiale indica che le donne<br />

sono la maggioranza della popolazione. Ogni tanto ci viene riconosciuta<br />

una rappresentanza del 30%, prima inderogabilmente garantita a<br />

parole, poi, nei fatti, tranquillamente non rispettata. Questo significa<br />

semplicemente che molti uomini che si dichiarano in buona fede democratici,<br />

progressisti o, magari, socialisti o, addirittura, comunisti, non<br />

sono assolutamente credibili.<br />

Avevo intenzione di affrontare alcune questioni, sicuramente non<br />

avrò la possibilità di svilupparne nessuna, quindi procedo in maniera<br />

sommaria. Comincio con la questione giovanile, che potrei raccontarvi<br />

in questo modo. Siccome ho cominciato a fare la staffetta nel ’43 ho<br />

ben il diritto di avere il fiatone e quindi che passi il testimone è ovvio.<br />

È una questione di necessità storica. Ma è solo una questione anagrafica?<br />

Non se ne parla nemmeno. Se devo passare il testimone a un under<br />

35, prima voglio sapere almeno se corre nella mia stessa corsia.<br />

Altrimenti, se poi se ne va da un’altra parte? Quindi, anche passare il<br />

testimone o effettuare un ricambio generazionale è un’operazione strettamente<br />

politica. Non è puro rispetto dell’anagrafe, né opera di beneficenza.<br />

È comunque il frutto di un conflitto, che deve essere dichiarato<br />

e gestito. Possiamo stabilire le regole perché non degeneri, diventando<br />

violento, egoista, sopraffattore. Però un conflitto è, sicuramente.<br />

C’è un altro punto di cui volevo parlare e che a me preme molto.<br />

Vorrei che facessimo giungere un messaggio al Presidente della<br />

Repubblica, Giorgio Napolitano. Un messaggio anche affettuoso, nel<br />

senso che lo conosciamo bene, gli vogliamo bene e siamo contenti che<br />

sia autorevole. Però è assolutamente indispensabile che in questo<br />

momento stia rigorosamente nell’ambito delle sue prerogative. Non gli<br />

spetta dire cosa sono le Nazioni Unite, se una missione è giusta o sbagliata,<br />

se deve essere diretta dalla Nato oppure no. Perché è importante<br />

richiamarlo? Perché altrimenti lui stabilisce – anche non volendolo –<br />

dei pericolosissimi precedenti. Chi diventerà Presidente dopo di lui,<br />

anche a proposito di aspetti che non rientrano nella sua sfera di competenza,<br />

potrà sempre affermare: “Anche Napolitano, che voi stimate<br />

tanto, ha detto questo è giusto, questo è sbagliato”. Quindi è giusto<br />

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SEDUTA DI<br />

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SECONDA<br />

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richiamarlo – come si suol dire quando parlano i nonni – per il suo<br />

bene, che è meglio si trattenga, stia molto attento a quello che dice. Ha<br />

la responsabilità di non stabilire nella prassi, oltre che nel rigoroso<br />

rispetto formale delle sue prerogative, delle consuetudini che poi è<br />

impossibile sradicare perché sono più forti addirittura delle formalità.<br />

Ho ascoltato con grande interesse e attenzione Zagrebelsky, che è<br />

stato molto citato da altri perciò vuol dire che ha dato un importante<br />

contributo di teoria politica di cui avevamo sicuramente bisogno.<br />

Come, in questo momento, abbiamo tutti e tutte straordinario bisogno<br />

di ricostruire una teoria politica andata in pezzi. Tutta quella che avevamo<br />

accumulato. E non si vede all’orizzonte che abbia la dignità di<br />

essere chiamata una seppur vaga teoria politica.<br />

Cosa mi è interessato particolarmente del discorso di Zagrebelsky?<br />

Il fatto che ha distinto una società per “caste” da una società per “giri”.<br />

Le caste, infatti, appartengono a una forma storica superata chiamata<br />

feudalesimo. Quando Sergio Marchionne pensa che il conflitto sindacale<br />

possa essere organizzato come un arbitrato obbligatorio, fa un<br />

esempio assolutamente feudale. La società feudale è immobile, chi<br />

nasce servo della gleba muore tale. Eventualmente può chiamarsi lanzichenecco,<br />

perché lanzichenecco (“Landsknecht”) è esattamente<br />

“servo della gleba”, ricalcato dal tedesco all’italiano. Un concetto feudale<br />

è all’opera anche quando, per una ragazza, si parla di “jus primae<br />

noctis”. Magari mitico, o inventato, ma che sta a rappresentare l’obbligatoria<br />

subordinazione del corpo femminile alla volontà del padrone.<br />

Come vedete un bel po’ di feudalesimo ce l’abbiamo ancora in questo<br />

momento.<br />

Quando Zagrebelsky introduce la teoria del “giro” mostra che le<br />

ingiustizie possono continuare anche all’interno di un sistema democratico<br />

formalmente compiuto, persino raffinato, sottile, pieno di<br />

garanzie e contrappesi come quello italiano. Il concetto dà l’impressione<br />

di una specie di mobilità, che però è un “giro”, un eterno ritorno.<br />

Quindi è ancora una forma di immobilità, con una superficie vagamente<br />

movimentata, appena appena scalfita da qualche onda che poi torna<br />

presto indietro.<br />

Intendo, a questo punto, presentare solo una proposta. Secondo me,<br />

noi dobbiamo sempre ricordare l’Art. 11 della Costituzione. “L’Italia<br />

ripudia la guerra”, ripudiare è un verbo fortissimo. Lo sappiamo bene<br />

noi donne che siamo state ripudiate molte volte e per molto tempo. Vuol<br />

dire, proprio, “ti caccio via da me, non ne voglio più sapere”. Questa<br />

parte dell’articolo, come sapete, è stata imposta dai vincitori. C’è anche<br />

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nella Grundgesetz tedesca e sicuramente pure nella Costituzione giapponese,<br />

non so come si dice in quella lingua. Però i Padri e le poche<br />

Madri costituenti sono riusciti a fare qualcosa di più perché hanno detto<br />

che noi ripudiamo di usare lo strumento bellico nelle controversie internazionali,<br />

anche se avessimo ragione. Cioè, non siamo autorizzati a<br />

usare la forza nemmeno per far trionfare la ragione. Solo la guerra difensiva<br />

in caso fossimo invasi è permessa, altrimenti mai.<br />

Questo si combina con l’Art. 1 della Carta delle Nazioni Unite dove<br />

la guerra viene definita un crimine. Non da un collegio di tenere fanciulle<br />

o da una cerchia di filosofi utopisti. Quella Costituzione lì è firmata<br />

da cinque “uomini di ferro” che ne hanno fatte, dette e viste di<br />

tutti i colori. Si chiamavano Truman, Churchill, De Gaulle, Stalin e<br />

Mao. Pensate un po’ se potevano essere delle persone “tenerine”! No,<br />

sicuramente no, però hanno scritto: la guerra è un crimine. E siccome<br />

erano degli statisti sapevano che un crimine deve essere represso. Con<br />

che cosa? Con una polizia internazionale che andava costituita per anticipare<br />

la possibilità di controversie internazionali ingovernabili e<br />

preoccupanti, con proprie forme di addestramento, diverse da quelle di<br />

un esercito perché finalizzate ad azioni preventive. E, insieme ad essa,<br />

con la scrittura di codici, l’istituzione di tribunali. Quando cominciò la<br />

guerra fredda – solo immaginata, diciamo così, nemmeno dichiarata<br />

come tale – andò in pezzi questo disegno di una polizia, un codice, dei<br />

tribunali.<br />

E allora ogni volta che si è in presenza di una crisi internazionale<br />

importante bisogna accontentarsi della NATO, bisogna accontentarsi di<br />

questo e di quello. È ora di dire basta. L’unica cosa che va fatta è creare<br />

gli strumenti di repressione del crimine bellico che sono già previsti<br />

dalla Carta delle Nazioni Unite. Questo dobbiamo fare.<br />

Perché? Perché se non ora, quando?<br />

Ivano Tajetti<br />

ANPI Milano<br />

Buongiorno, provengo dalla Sezione ANPI Barona, in un piccolo<br />

quartiere milanese. Nel mio territorio ci sono 32 lapidi in memoria di<br />

46 Caduti e io ho l’onore di rappresentarli. E, parlando di emozioni,<br />

voglio ricordare il nome di Giovanni Pesce, il Comandante “Visone”.<br />

A me manca molto, soprattutto nella particolare situazione di Milano di<br />

cui sento il dovere di parlare. Ragionerò soprattutto della mia città, per-<br />

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ché – nel bene e anche nel male – è sempre stata un po’ l’avanguardia<br />

di quello che poi è successo nel nostro Paese.<br />

Milano è in una situazione difficile perché è una città che caccia i<br />

migranti, che butta via – uso proprio questo termine – i rom. Ora si sta<br />

passando a un’altra categoria, i disabili. La settimana scorsa, su<br />

Panorama, ho letto che i disabili sarebbero “scrocconi” per una serie di<br />

motivi… Mi ricorda tanto il nazismo che diceva che erano un costo per<br />

la società.<br />

In questa città difficile, sempre la scorsa settimana, il labaro della X<br />

Mas era in piazza della Scala e l’Rsi in Municipio, dove è stata depositata<br />

anche una proposta per una targa da dedicare alla Banda Koch, a<br />

Luisa Ferida. L’anno scorso, poi, volevano istituire una via Almirante.<br />

C’è qualcosa che non va. Ormai è storia di tutti i giorni, quotidiani<br />

tentativi di revisionismo, xenofobia, discriminazione. In una città dove<br />

il “mio” Sindaco, Letizia Moratti, è figlia di un Partigiano e quella<br />

volta lo portò anche alla manifestazione del 25 aprile, in carrozzella.<br />

Qualcuno ha citato CasaPound, ma io ho paura anche di Forza Nuova,<br />

partito che prenderà voti alle prossime elezioni.<br />

Se il 25 Aprile, in piazza Duomo, mi ritroverò un rappresentante<br />

delle istituzioni, democraticamente eletto, che appartiene a Forza<br />

Nuova, come antifascista cosa faccio? È un problema da sviluppare e<br />

approfondire perché – l’abbiamo detto e scritto – le istituzioni vanno<br />

rispettate. Ma se sono incarnate da fascisti – uso questo termine per<br />

farmi capire – come ci comportiamo? Nella mia Sezione, nel mio territorio,<br />

nella mia “riserva indiana”, questi problemi me li devo porre perché<br />

ci conviviamo quotidianamente.<br />

Appartengo all’età di mezzo: ho avuto il nonno Caduto nella<br />

Resistenza, mio padre è stato Partigiano, la mia famiglia ha la lotta di<br />

Liberazione nel dna.<br />

La mia prima tessera dell’ANPI, “ad honorem”, risale al 1975<br />

quando per i familiari dei Caduti era possibile averla. Nel 1982 partecipai<br />

al mio primo <strong>Congresso</strong> e non capii nulla ma mio papà, che mi ci<br />

aveva trascinato, disse in milanese: “ha pesciato in del cul”.<br />

Ora nell’ANPI mi impegno quotidianamente e mi sento di rappresentare<br />

– come mi disse una volta il Partigiano Introzzi – la società<br />

civile, non quella intellettuale, quella reale, la classe operaia. Ho fatto<br />

l’operaio-studente alla Borletti, ora sono agricoltore, operaio agricolo.<br />

Rimboccarsi le maniche, come diceva Papotti, per me non è un problema.<br />

Una volta, la domenica mattina, si suonava il campanello e si vendeva<br />

l’Unità. Se c’è da andare a diffondere Patria indipendente, giro<br />

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nel mio quartiere, suono ai campanelli. Se ci sono problemi da risolvere,<br />

lo faccio.<br />

Bisogna lavorare nel territorio, tutti, per poi piano piano ampliare il<br />

raggio d’azione sfruttando le possibilità della comunicazione. Sono<br />

considerato un ribelle all’ANPI provinciale, però voglio dire “apriamo<br />

le porte” ai giovani. Milano ha bisogno di coinvolgerli, spiegandogli la<br />

pericolosità del fascismo. L’ANPI deve organizzare dei corsi di formazione<br />

per le nuove generazioni.<br />

A me piace il rugby, uno sport di squadra che si gioca in 15, dove<br />

la palla si passa indietro avanzando per conquistare il territorio. Voglio<br />

stare fianco a fianco con i Partigiani, la mia famiglia, non mi piace<br />

chi sta davanti e chi sta dietro: ci passiamo la palla e conquistiamo il<br />

territorio.<br />

Ho scritto un brevissimo racconto: sta girando su internet, si intitola<br />

Lombardia, Milano. Provate a mettere il nome della vostra città,<br />

della vostra Regione e troverete sicuramente delle sintonie. Gli amici<br />

di Reggio Emilia, invece, mi permetteranno una citazione di Pierangelo<br />

Bertoli: “Con i piedi nel passato, con lo sguardo dritto, avanti nel<br />

futuro”.<br />

Renato Benedetti<br />

ANPI Treviso<br />

Il tempo è tiranno, tratterrò sinteticamente le cose che vorrei dire<br />

con la speranza di essere il più chiaro possibile, anche perché vorrei ci<br />

liberassimo da un’esposizione retorica cominciassimo a dire pane al<br />

pane e vino al vino.<br />

Ho letto con molta attenzione il documento nazionale ed è logico<br />

che osservazioni ce ne sarebbero, ma per puntualizzare non per stravolgerne<br />

il senso. Pertanto appare logico approvarlo, non fosse altro<br />

perché l’analisi evidenzia chiaramente tutto il malessere che stiamo<br />

vivendo per effetto di un governo che poco governa e molto si adopera<br />

per la difesa politico-morale e giudiziaria del suo leader, approvando<br />

leggi ad personam che sono riuscite per ora a tenerlo lontano dalla<br />

patrie galere o da altre sanzioni.<br />

Una cosa però mi ha particolarmente sorpreso nella lettura del testo:<br />

l’assoluta mancanza dell’aggettivo fascista per indicare le scelte politiche<br />

attuate dal governo nella materia legislativa riferita all’economia,<br />

al lavoro, al sociale, alla scuola, alla giustizia e alla cultura. Si parla<br />

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solo di “destra”, come se fosse un’entità avulsa dal significato politico<br />

del termine fascista. Qualcuno dovrebbe ricordarci che in Italia non<br />

abbiamo quella che tutti noi vorremmo, cioè una destra economica che<br />

avesse nel suo dna la difesa della democrazia, della Costituzione, delle<br />

libertà e dei diritti dei lavoratori. Pur con una visione diversa dalla<br />

nostra dei rapporti tra pubblico e privato, del significato da attribuire<br />

alla cultura, alla solidarietà o a termini come patto sociale.<br />

È evidente che questa destra, per come la vedo io e spero la vedete<br />

voi, è una destra fascista e reazionaria. Perché insistere su un termine<br />

generico che crea confusione all’interno dell’Associazione, caratterizzata<br />

da una sempre maggiore presenza di giovani ai quali chiediamo un<br />

atto di fede per il rilascio della la nostra tessera, quello di dichiararsi<br />

antifascisti. Perché non cerchiamo di far capire qual è l’antifascismo<br />

che richiediamo loro. Non credo sia quello dei nostri padri o dei loro<br />

nonni, il fascismo era facilmente identificabile perché dichiarato e visibile,<br />

riconoscibile dalla camicia nera, il fez, gli stivali sempre lucidi, i<br />

simboli di morte che ostentavano la natura di quella aberrante ideologia.<br />

Ma come fanno i giovani a distinguere chi è fascista oggi, se non<br />

incominciamo a dare alle parole il loro senso?<br />

Nella trasmissione televisiva Agorà dello scorso giovedì 17 marzo,<br />

condotta da Andrea Vianello e dedicata all’iniziativa editoriale de il<br />

Giornale cui sono allegati i fascicoli I Diari del Duce, c’era un giovane<br />

giornalista di quella testata che con molta arroganza si è rivolto a un<br />

professore, un nostro iscritto, dicendogli che l’ANPI è fuori tempo perché<br />

il fascismo è finito, non esiste più. Speravo in una risposta che spiegasse<br />

il nostro attuale antifascismo, che non è ovviamente quello del<br />

ventennio. Invece nulla, ci sono rimasto molto male, molto male, e<br />

allora…<br />

Basta con il buonismo ipocrita che identifica il governo come<br />

espressione del centrodestra. I suoi esponenti li etichettiamo come<br />

uomini di destra in termini quasi asessuati, o con il rispetto che dobbiamo<br />

a quelle persone che in fondo hanno anche qualcosa di buono.<br />

Impariamo a essere onesti con noi stessi e a definire fascista il governo,<br />

fascisti i suoi ministri e fascisti i sostenitori di questa melma che<br />

oggi ci rappresenta nel mondo.<br />

Come definire il comportamento odioso razzista, xenofobo, individualista<br />

che la Lega attua all’interno del governo? Forse questi quattro<br />

aggettivi non li abbiamo già letti nel Mein Kampf che poi è diventato il<br />

programma politico e ideologico del Partito Nazionalsocialista di<br />

Hitler e il testo sacro della cultura nazista? La Lega Nord è cosi vicina<br />

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a quella cultura che nei loro discorsi dichiarano il convincimento di<br />

appartenere a una razza eletta superiore, quella celtica (i nazisti si sentivano<br />

ariani), talmente diversa dalla nostra che hanno posto nel primo<br />

articolo del loro statuto “che lo scopo della Lega è la secessione<br />

dall’Italia”.<br />

Pensiamo, poi, al partito di maggioranza relativa che guida questo<br />

governo. Non è forse il partito di un piduista che apparteneva alla<br />

Loggia Massonica di quel Licio Gelli che ha scritto il famigerato<br />

“Piano di rinascita democratica”. Applicato anche nell’America Latina<br />

dei generali golpisti che hanno causato migliaia di desaparecidos, figli<br />

delle madri di Plaza de Mayo.<br />

Quel Piano è stato in parte già attuato in Italia, ad esempio laddove<br />

si auspicava l’allontanamento della Cgil dai tavoli delle trattative (vedi<br />

la questione FIAT-Marchionne) per ricondurre il sindacato alla sua<br />

“funzione naturale” di interlocutore del fenomeno produttivo, in luogo<br />

di quella illegittimamente assunta di interlocutore nelle decisioni politico-aziendali<br />

e governative. E laddove si programmava di impadronirsi<br />

dell’informazione e costituire un’agenzia per il coordinamento della<br />

stampa locale e della televisione via cavo, da estendere a tappeto per<br />

controllare la pubblica opinione. E, ancora, c’era la proposta di eliminare<br />

le festività infrasettimanali e i relativi ponti ad eccezione del 2 giugno,<br />

di Natale, Capodanno e Ferragosto. Poi c’erano altri punti che prevedevano<br />

le modifiche urgenti sulla responsabilità civile (per colpa) dei<br />

magistrati e sulla normativa per l’accesso in carriera (esami psico-attitudinali<br />

preliminari). Mi fermo altrimenti servirebbero almeno un paio<br />

d’ore per esplicitare le affinità tra l’enunciato del Piano di Rinascita di<br />

Gelli e le cose portate a termine da questo esecutivo o già annunciate<br />

per il seguito della legislatura.<br />

Forse tra noi c’è ancora qualcuno che non si senta di definire questi<br />

due partiti come il nuovo fascismo da indicare ai nostri giovani<br />

iscritti? Forse se diciamo apertamente che l’attuale è un governo fascista,<br />

come le amministrazioni regionali, provinciali e comunali del centrodestra,<br />

offendiamo qualcuno? Oppure abbiamo paura di dirlo per il<br />

timore di offendere uno di quei partiti che domani può rappresentare un<br />

alleato del centrosinistra per sconfiggere il berlusconismo? Qui io dico<br />

che con questi fascisti non vogliamo avere nulla a che fare.<br />

Spero che nel documento politico di questo <strong>Congresso</strong> vi siano<br />

delle indicazioni affinché l’ANPI, per onorare il titolo della relazione<br />

“Più forza all’antifascismo, più futuro per la democrazia”, ponesse al<br />

primo posto la preparazione antifascista delle future generazioni. Dal<br />

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momento che il futuro è più loro che nostro. Se non sapranno ben<br />

distinguere i nuovi abiti con i quali il fascismo si maschera, non saranno<br />

in grado di lottare per non cadere nelle stesse disgrazie che sporcarono<br />

l’Italia di sangue innocente.<br />

Mi auguro che a partire dalle Sezioni territoriali si cominci a parlare<br />

di questi argomenti. Non solo in termini di mera speculazione partitica,<br />

come se noi si fosse una stampella di questo o quel partito politico<br />

che si avvale anche dei nostri valori per poi magari ogni tanto<br />

dimenticarseli. Noi siamo i depositari dell’antifascismo che i vecchi<br />

Partigiani ci vogliono consegnare, noi dobbiamo garantire la continuità<br />

con i loro valori, che possiamo riassumere in una frase di Salvador<br />

Allende: “Dobbiamo costruire una società nella quale emerga, prevalga<br />

e si affermi il valore della cultura su quello del possesso e del consumo<br />

dei beni, in cui la solidarietà sociale, nel lavoro e nella vita quotidiana,<br />

prevalga sull’interesse personale o corporativo”. Ecco, l’esatto<br />

contrario del fascismo.<br />

Solo un richiamo alla nuova stagione dell’ANPI: siamo cresciuti e<br />

ovunque c’è bisogno e necessità di gruppi dirigenti capaci di rafforzare<br />

la struttura dell’Associazione. Lancio un appello parafrasando quanto<br />

detto dal Vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura<br />

quando disse che il CSM non è un ufficio di collocamento per politici<br />

trombati. Che nessuno metta gli occhi su questa Associazione che tanto<br />

onore e prestigio gode per la coerenza etica e morale fin qui perseguita<br />

e praticata.<br />

Attenzione a non portare troppi ex politici al nostro interno, correremmo<br />

il rischio di contagiare l’ANPI con le stesse malattie tipiche dei<br />

partiti. Dalla creazione delle correnti, al carrierismo, ai facili compromessi.<br />

Occhi ben aperti a vigilare, prestando la massima attenzione, poi<br />

non dite che nessuno vi aveva avvisato.<br />

Viva l’ANPI, viva la Resistenza e viva l’Italia antifascista.<br />

184<br />

Saverio Ferrari<br />

ANPI Milano<br />

Molti hanno fatto riferimento alla vicenda del convegno di Milano<br />

con i labari della X Mas. In realtà è andata ancora peggio di come è<br />

stata raccontata finora.<br />

Nel dibattito ha preso la parola un reduce della Repubblica sociale<br />

italiana, erano invitati e presenti i discendenti degli Ascari e Ufficiali


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del Regno italiano in Albania. E, come è stato ricordato, hanno parlato<br />

il Sindaco di Milano, Letizia Moratti, e il ministro della Difesa, Ignazio<br />

La Russa. Al termine, si è formato un corteo che ha reso omaggio al<br />

monumento a Vittorio Emanuele II sulle note della Marcia Reale, tra<br />

bandiere sabaude e i labari della RSI e della X Mas. Solo alcuni giorni<br />

prima la maggioranza di destra di una circoscrizione di Milano aveva<br />

votato la richiesta di porre una targa di riconoscimento all’attrice Luisa<br />

Ferida, fu fucilata insieme a Osvaldo Valenti.<br />

Perché torno su questa vicenda? Perché a Milano si voterà il 15 e<br />

16 maggio prossimi e il cartello elettorale che sta componendo il<br />

Sindaco uscente vede già presenti (accordo di ieri sera): La Destra di<br />

Storace; la Fiamma Tricolore, il cui segretario nazionale va in giro a<br />

dire di non avere elementi sufficienti per stabilire se le camere a gas<br />

siano mai esistite; alcuni esponenti di organizzazioni neofasciste nelle<br />

liste del PdL, che compaiono già sui manifesti nelle strade.<br />

Tra questi ultimi ce n’è uno autocandidato – per il momento con<br />

l’assenso del PdL – a Presidente della circoscrizione del centro storico.<br />

È soprannominato il “Barone nero” e mercoledì scorso è andato coi<br />

reduci della RSI a rendere omaggio al Cimitero monumentale ai martiri<br />

della rivoluzione fascista, davanti al mausoleo voluto da Mussolini<br />

nel 1925.<br />

Queste cose ci dicono della natura delle destre italiane, non solo di<br />

Milano: non sono di tipo conservatore, nessun paragone è possibile con<br />

le destre di altri grandi Paesi europei. Angela Merkel, in Germania, non<br />

fa alleanze con il partito neonazista NPD; in Spagna, il Partito Popolare<br />

non si allea con la Falange, omologo di Forza Nuova; per la Francia<br />

possiamo dire tutto quello che vogliamo di Sarkozy, ma non fa accordi<br />

con il Fronte <strong>Nazionale</strong> di Le Pen. È in Italia che la destra non solo fa<br />

alleanze con formazioni neofasciste e neonaziste ma addirittura ne<br />

recluta spezzoni organizzativi e ne inserisce rappresentanti nelle proprie<br />

liste. Questo ci fa dire, secondo me, che il progetto di Futuro e<br />

Libertà – seguito con un certo interesse – è fallito, in quanto marginalizzata<br />

dalla destra di governo. Come è fallita la trasformazione del<br />

MSI in Alleanza <strong>Nazionale</strong> e, più in generale, il progetto di una destra<br />

di tipo legalitario.<br />

È in atto il disegno, da parte di chi ci governa e della destra nel suo<br />

insieme, di rovesciare i valori e i filoni culturali che hanno animato la<br />

Resistenza. Attraverso rivalutazioni e legittimazioni addirittura della<br />

storia della monarchia sabauda, dimenticando le leggi razziali e la possibilità<br />

legale concessa all’ascesa del fascismo. Nel convegno di cui vi<br />

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dicevo la Moratti ha parlato di pacificazione nazionale e di patrioti da<br />

porre tutti sullo stesso piano. L’intervento non è stato improvvisato a<br />

braccio, era scritto e preparato: esiste un disegno. Siamo a un passaggio<br />

epocale nella storia del Paese. Si sta cercando di passare da una<br />

repubblica antifascista a una con tratti da regime.<br />

Abbiamo bisogno per questo di un’ANPI forte, in sintonia con le<br />

nuove generazioni, la società civile, il movimento antimafia. A<br />

Palermo, nell’anniversario delle morti di Falcone e Borsellino, si è ottenuto<br />

di non far parlare la seconda carica dello Stato alle celebrazioni<br />

perché la sua attività, pur legittima, di avvocato difensore di soggetti<br />

indagati per mafia era incompatibile con l’evento.<br />

Mi riallaccio all’intervento di Tajetti per dire che se vogliamo essere<br />

in sintonia con i giovani dobbiamo affrontare alcuni nodi. Serve un<br />

ruolo meno appiattito e più critico, un po’ meno silente rispetto a chi<br />

rappresenta le istituzioni. A Milano, in occasione di alcune celebrazioni<br />

della Resistenza, hanno parlato esponenti delle istituzioni eletti con<br />

i voti della mafia e della ’ndrangheta, come risultava da intercettazioni<br />

disposte dalla magistratura. C’è da capire come si entra in sintonia con<br />

chi vuole ricostituire dal basso una dignità per le istituzioni nate dalla<br />

Resistenza. Non possiamo deciderlo a colpi di ordini del giorno e<br />

mozioni ma attraverso una discussione critica.<br />

Abbiamo una società sempre più multiculturale e multietnica che<br />

produce insofferenza addirittura tra la nostra gente. L’antirazzismo è il<br />

terreno sul quale possiamo praticare l’antifascismo nel presente e in<br />

futuro. E difendere la memoria perché la nostra è una storia anche di<br />

leggi razziali, colonialismo e crimini di guerra.<br />

186<br />

Sandra Ranghino<br />

ANPI Vercelli<br />

Vorrei iniziare recando a tutti i presenti il saluto dei Partigiani della<br />

Provincia di Vercelli, della pianura come della Valsesia. Dei nostri<br />

Partigiani è presente Vanda, gli altri sono a casa e ci telefonano ogni<br />

sera, come padri che seguono da lontano i figli, per sapere come va il<br />

<strong>Congresso</strong> e come ce la caviamo io e Bruno Rastelli, delegato della<br />

Valsesia.<br />

L’autorità e l’autorevolezza morale di questa Assemblea, di cui<br />

sono onoratissima di far parte, loro l’hanno guadagnata sul campo. Noi<br />

ancora no, dobbiamo dimostrare di esserne degni con la coerenza e


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l’impegno, facendo in modo che le nostre parole non girino a vuoto<br />

come quelle di molta politica di oggi.<br />

Qualcuno ha detto: “Basta sfogliare l’album di famiglia”. Perché?<br />

Riguardando le foto scattate da “Baita” – il Partigiano con la Leika che<br />

ha documentato la Resistenza nei nostri luoghi – dove rivedo mio<br />

padre, il nonno giovane e coraggioso con tanti altri compagni, avverto<br />

in me sentimenti forti e positivi. Perché dovrei chiudere quell’album?<br />

Lì c’è lo spessore morale che il Paese ha perso. E io ho bisogno di<br />

guardare quelle immagini, ogni tanto.<br />

Certo non ci si può limitare alla liturgia, bisogna definire cosa significa<br />

essere antifascisti, cosa deve fare l’antifascista di oggi. E identificare<br />

le facce che assume il fascismo nel tempo.<br />

Il fascismo è stato quella “cosa” che Mussolini ha chiamato così,<br />

ma che già era stata classificato da Platone, nell’antica Grecia, come<br />

timocrazia, una forma di governo in cui la possibilità di raggiungere le<br />

alte cariche di governo e di gestire il potere è data dalla ricchezza personale.<br />

Coluccio Salutati, umanista toscano del ’400, sostiene che il<br />

governo tirannico consiste nel “mandare in rovina le leggi, nel comportarsi<br />

da superbo, nel pensare all’utile proprio, anziché al bene dei<br />

sudditi, (…) badare al massimo alla propria ricchezza”. Il fascismo di<br />

oggi è il “berlusconismo”. È il culto della personalità di Silvio<br />

Berlusconi, l’adulazione di un singolo leader vivente. Ma quest’uomo,<br />

questo sfacciato gaffeur, è il vero e unico creatore del berlusconismo?<br />

O non è forse il mascherone del fascismo di oggi?<br />

Coloro che ci governano e gli italiani che li hanno votati non amano<br />

la Resistenza. Lo sa bene chi vive in città e Province amministrate da<br />

un centrodestra che in molte realtà, non tutte per ora, chiude la porta in<br />

faccia alla causa antifascista. Da più di un decennio la politica del<br />

“nuovo” ha sfoderato tutte le sue armi per delegittimare la Resistenza,<br />

ad esempio decontestualizzando le foibe, come diceva il delegato friulano,<br />

oppure dicendo che l’Italia l’hanno liberata gli angloamericani e<br />

che i Partigiani si sparavano tra di loro. È un revisionismo in cattiva<br />

fede che rovista tra le pieghe della Resistenza per cercare il caso che si<br />

presti a essere letto come puro esercizio di violenza. Un revisionismo<br />

che vuole togliere l’autorità morale alla Resistenza per sdoganare la<br />

destra e il suo passato, per poter sfilare dietro le insegne della X Mas,<br />

per far tacere la coscienza critica di questa Assemblea e dell’ANPI. E<br />

allora potremo tuonare contro la violazione dei diritti dell’uomo, nessuno<br />

ci ascolterà. Ecco perché è importante fare cultura antirevisionista,<br />

rileggere le analisi dei resistenti che sono più che mai attuali.<br />

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Piero Calamandrei sulla scuola diceva: “La scuola di Stato deve<br />

essere una garanzia, perché non si scivoli in quello che sarebbe la fine<br />

della scuola e forse la fine della democrazia e della libertà, cioè nella<br />

scuola di partito”. La scuola della Gelmini, invece, è alla canna del gas.<br />

Sono un’insegnante, una degli ultimi di formazione sessantottina (definiti<br />

dall’attuale governo ignoranti e cattivi maestri): sto morendo per<br />

asfissia lenta e sarà la pensione a salvarmi da qui a qualche mese. Ma<br />

quanti dei miei colleghi sono in piena crisi!<br />

La gioventù è stata imbruttita con il Grande fratello, con l’Isola dei<br />

famosi, con la tv ambigua di Maurizio Costanzo e Maria De Filippi.<br />

Viene sedotta con esempi deleteri. La res publica è saccheggiata e rapinata.<br />

Valori e le regole demoliti. Si incentiva la prostituzione, e non<br />

solo quella sessuale. Berlusconi paga la minorenne Karima come paga<br />

Scilipoti e i sedicenti “Responsabili”.<br />

Il programma dell’ANPI, oggi, deve essere: vigilare e smascherare.<br />

E difendere l’autorità e l’autorevolezza morale dei Partigiani. E attaccare,<br />

perché le pallottole di oggi, gli attacchi alla Resistenza, non spengano<br />

la nostra voce.<br />

Ora e sempre, Resistenza!<br />

188<br />

Giovanni Battafarano<br />

ANPI Taranto<br />

Ho partecipato ad alcuni Congressi provinciali dell’ANPI nel<br />

Mezzogiorno. Ovunque ho trovato interesse, partecipazione, molti giovani<br />

e volontà di costruire o ricostruire l’Associazione. Bene ha fatto la<br />

Segreteria nazionale dell’ANPI a credere in questo radicamento nel<br />

Sud, che naturalmente andrà accompagnato nei prossimi mesi.<br />

In particolare, è da sottolineare l’apporto delle nuove generazioni,<br />

verso le quali va attuato un grande progetto formativo. L’ANPI può<br />

diventare un’alta scuola di formazione sui temi dell’antifascismo, della<br />

democrazia, della Costituzione, della legalità, della coesione sociale e<br />

nazionale e della laicità dello Stato.<br />

La coincidenza con i 150 anni dell’Unità nazionale permette di consolidare<br />

il nesso ideale che unisce il Risorgimento con la Resistenza,<br />

non a caso definita Secondo Risorgimento o guerra patriottica.<br />

Risorgimento, Resistenza, Costituzione sono sotto attacco da parte<br />

della Lega Nord come dei neo-borbonici. Respingere questi attacchi<br />

significa rafforzare l’identità nazionale dell’Italia democratica di oggi<br />

che si è forgiata attraverso il Risorgimento e la guerra di Liberazione.


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A Taranto abbiamo indetto un concorso per gli studenti delle scuole<br />

superiori su queste vicende storiche. I lavori migliori saranno premiati<br />

e tutti i concorrenti potranno partecipare a una visita guidata in<br />

Parlamento.<br />

Il richiamo al Risorgimento ci riporta all’attualità delle ribellioni<br />

dei popoli arabi del Nord Africa e del Medio Oriente, alle cosiddette<br />

primavere arabe. Chi centocinquanta e sessantacinque anni fa si è battuto<br />

per la libertà non può non schierarsi con l’ansia di democrazia che<br />

pervade quei popoli così vicini a noi.<br />

Emilio Ricci<br />

ANPI Roma<br />

Amici e compagni, volevo porre un problema che è stato accennato<br />

in vari interventi e, secondo me, va approfondito perché mette in discussione<br />

la sopravvivenza stessa dell’ANPI.<br />

Ho sentito parlare – a torto o a ragione, in maniera superficiale o<br />

approfondita – dello Statuto dell’ANPI e della sua riforma. È una situazione<br />

delicata perché è in atto un forte, fortissimo attacco<br />

all’Associazione Partigiani d’Italia. In particolare da parte del<br />

Ministero della Difesa e del suo attuale titolare, Ignazio La Russa, che<br />

sta cercando in tutti i modi di equiparare tutte le associazioni ex combattentistiche,<br />

con conseguente deprivazione del ruolo fondamentale<br />

dell’ANPI, attraverso il tentativo di approvazione di una serie di leggi.<br />

Sono attualmente in discussione alla Camera e al Senato tre provvedimenti:<br />

il disegno di legge “Fontana”, il disegno di legge “Barani”<br />

e, addirittura, l’istituzione di un “Ordine dei Cavalieri di Cefalonia”.<br />

Sono tre iniziative apparentemente asettiche ma che nel loro contenuto<br />

hanno un portato estremamente pericoloso.<br />

La legge “Fontana” determinerebbe di fatto la possibilità da parte di<br />

qualunque associazione ex combattentistica di fare richiesta di riconoscimento<br />

al Ministero della Difesa, ampliando il campo in maniera<br />

assolutamente esponenziale e priva di senso. In particolare, in prima<br />

linea c’è quella dei cosiddetti repubblichini di Salò che, naturalmente,<br />

non hanno mai avuto nessun riconoscimento giuridico di legittimi belligeranti,<br />

in quanto hanno svolto soltanto il ruolo di spie e repressori<br />

interni della lotta di Liberazione partigiana.<br />

Il progetto “Barani” per l’istituzione di un ”Ordine del Tricolore”,<br />

presentato a distanza di una settimana dal precedente, è l’altra mossa<br />

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per equiparare Partigiani e repubblichini. Un tentativo che avevamo già<br />

sventato due anni fa. Abbiamo acquisito il parere di illustri giuristi:<br />

Giuliano Vassalli, uno per tutti, ha spiegato in maniera emblematica il<br />

motivo per cui i repubblichini non si possono ritenere legittimi combattenti<br />

o belligeranti.<br />

Abbiamo infine un progetto di legge che istituisce un “Ordine dei<br />

Cavalieri di Cefalonia”. Sulla base di una rivisitazione della condotta<br />

dei militari nello scontro con la Wermacht si cerca di accreditare il fatto<br />

che i militari italiani non avrebbero ottemperato all’ordine tedesco di<br />

cedere le armi. Quindi che su di loro ricadrebbe la responsabilità degli<br />

eccidi di circa 5-6.000 persone.<br />

In un momento così complesso e articolato, di fronte a un’azione di<br />

revisionismo non solo storica ma legislativa, noi dobbiamo mantenere<br />

uno Statuto – modificato giustamente nel 2006 per consentire l’ingresso<br />

degli antifascisti – che garantisca tuttavia ai Partigiani, forza motrice<br />

dell’ANPI, il riconoscimento sia storico, politico, morale, intellettuale<br />

sia sotto il profilo giuridico e legislativo. Non dimentichiamo mai<br />

questo aspetto decisivo in ogni valutazione sui profili di riforma statutaria.<br />

Certamente il nostro è uno Statuto che andrà emendato, con i<br />

tempi e i modi che consente la legge, ma oggi non è soltanto un problema<br />

di norme, è un problema politico. Per prima cosa dobbiamo<br />

difendere l’ANPI formata nel 1944, con i suoi contenuti culturali, ideali,<br />

sostanziali, e poi costituita come Ente morale nel ’45, immediatamente<br />

dopo la Resistenza. Lo Statuto, pur nella sua semplicità ed<br />

essenzialità, è uno strumento che ci consente di lavorare e portare avanti<br />

una battaglia politica su vari piani. Leggiamolo con attenzione perché<br />

ho sentito dire – e mi dispiace – che molti non lo conoscono approfonditamente.<br />

Abbiamo da un lato la necessità di un regolamento e una gestione<br />

statutaria che consenta di portare avanti un dibattito come questo, pieno<br />

di idee, spinte, sollecitazioni; dall’altro quella di difenderci, in maniera<br />

estremamente decisa, da un governo che vorrebbe vederci morti.<br />

Non attraverso l’eliminazione, i pestaggi, le botte ma democraticamente,<br />

attraverso l’approvazione di leggi che metterebbero a rischio la<br />

nostra stessa esistenza. Vi invito a ragionare su questo, riflettere e prendere<br />

le vostre decisioni.<br />

E insieme allo Statuto studiamo la Costituzione. Dopo il <strong>Congresso</strong><br />

nazionale, se possibile, organizziamo una serie di incontri e attività di<br />

formazione su entrambi. Solo attraverso la difesa di queste norme ci<br />

potremo difendere e portare avanti la nostra battaglia. Grazie.<br />

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Gaspare Grassa<br />

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Dobbiamo essere orgogliosi del buon lavoro fatto in questi ultimi<br />

anni. La nostra fiducia sulle prospettive dell’ANPI consiste nella speranza<br />

che viva e si sviluppi la presenza di tanti giovani autenticamente<br />

democratici e antifascisti.<br />

Purtroppo le parole democrazia e rivoluzione, in contesti diversi,<br />

vengono talora fraintese. In passato queste parole hanno contribuito<br />

alla formazione di Paesi civili, come hanno provocato anche nuove servitù,<br />

tirannie e genocidi. Così molte speranze furono tradite. In Italia<br />

abbiamo avuto il fascismo e la dittatura di Mussolini, con le conseguenze<br />

ben note.<br />

Il regime fu sconfitto alla fine della Seconda guerra mondiale e vi<br />

ha contribuito con alto merito la Resistenza e la lotta Partigiana e, dopo<br />

l’8 settembre 1943, anche una rilevante parte dell’esercito scelse di<br />

difendere il proprio onore militare e la dignità della Patria piuttosto che<br />

collaborare con i nazifascisti.<br />

Se oggi parliamo ancora del passato regime è per rivolgerci ai giovani<br />

che, attraverso la memoria storica, sappiano affrontare il presente<br />

con consapevolezza e responsabilità per costruire un futuro migliore.<br />

Ogni generazione ha il dovere di prendere nelle proprie mani i valori<br />

per i quali lottarono e morirono i combattenti della Resistenza, di interpretarli<br />

e approfondirli alla luce del presente, delle proprie aspirazioni<br />

e degli interessi della comunità nazionale. L’ANPI fa la sua parte per<br />

aiutare la crescita di una moderna pedagogia civile, scegliendo la strategia<br />

della memoria e promuovendo la conoscenza della storia, specialmente<br />

quella del ’900, scevra da ogni revisionismo politico, strumentale<br />

ad inaccettabili omologazioni.<br />

Il dibattito congressuale ha fatto emergere la necessità di far maggiormente<br />

corrispondere la presenza e l’iniziativa dell’ANPI alla situazione<br />

politica, economica e sociale. Dobbiamo, pertanto, indicare proposte<br />

sul modo in cui tradurre questo impegno in autonomia, contando<br />

sulle proprie forze, escludendo ipotesi di supplenza rispetto alle funzioni<br />

che la nostra Costituzione assegna ai partiti. La natura di Ente<br />

Morale impegna la nostra Associazione nel precipuo compito di testimoniare<br />

e promuovere la memoria della Resistenza come fase storica<br />

fondante della democrazia italiana, ma anche di impedire ogni tentativo<br />

di riabilitazione dell’ideologia fascista (XII disposizione transitoria<br />

- 1° comma della Carta Costituzionale). In questo ruolo è compresa la<br />

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vigilanza contro il rischio dell’involuzione del sistema democratico,<br />

derivante dalla tolleranza nei confronti dei gruppi estremisti di destra e<br />

dal tentativo di cambiare la Costituzione nei suoi princìpi cardine.<br />

L’ANPI ha svolto fin qui il suo compito con grande coerenza e, nel<br />

corso degli anni, ha visto crescere la sua credibilità e il suo prestigio nel<br />

confronto con le istituzioni, con le forze politiche, sindacali e culturali<br />

del Paese. L’Associazione ha realizzato importanti e significative azioni<br />

politiche affermando così la propria autonomia culturale, un valore<br />

che contribuisce a conservare un’identità basata su una concezione unitaria<br />

dell’antifascismo. L’autonomia e l’indipendenza politica<br />

dell’ANPI devono essere vissute dagli iscritti come base non solo per<br />

preservare l’unità antifascista, ma per esercitare un’autentica funzione<br />

di coscienza critica della politica e della società.<br />

Fare dell’ANPI la casa degli antifascisti e mantenerla tale, vuol dire<br />

che l’Associazione deve conservare il suo carattere plurale sotto il profilo<br />

politico e culturale, nel rispetto della norma statutaria, avendo<br />

memoria che la vittoria sul nazifascismo fu conseguita dalle forze unitarie<br />

antifasciste di sinistra e destra, con il mutamento dello Stato da<br />

monarchia a repubblica e con la Costituzione approvata a stragrande<br />

maggioranza. La stessa idealità che favorì il processo di costruzione<br />

dell’Europa unita. Le finalità dell’ANPI permettono di accomunare gli<br />

antifascisti di ieri e di oggi che, in un contesto caratterizzato da una<br />

grave temperie politica, partecipano alla vita civile e si impegnano per<br />

attuare pienamente la Costituzione.<br />

Un impegno e un’azione politica da non confondere con l’attività<br />

programmatica di alcun partito, ma tendente semmai a stimolarli e<br />

incalzarli perché siano rispettosi dei princìpi costituzionali. L’ANPI<br />

può essere davvero il luogo e il laboratorio dove si alimenta la democrazia<br />

dal basso, la partecipazione e il dialogo fra i cittadini.<br />

Contribuendo, senza improprie sollecitazioni esterne, a ricompattare<br />

una società disgregata che dimentica i valori civili e dissipa le risorse<br />

intellettuali e scientifiche del Paese. L’ANPI è in grado di promuovere<br />

la buona politica, fatta di scelte coraggiose che impegnano la cultura<br />

del dovere civico, della trasparenza e della responsabilità. La buona<br />

politica che si occupa dei più deboli, sostiene i diritti di chi lavora, la<br />

qualità della vita, la scuola pubblica, la tutela dell’ambiente e del patrimonio<br />

culturale dell’Italia.<br />

Nella Costituzione vi sono due valori alla base del nuovo patto<br />

sociale, il lavoro e l’uguaglianza. “La Repubblica democratica è fondata<br />

sul lavoro” collega l’idea della democrazia con il lavoro perché<br />

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una società è democratica in quanto persegue il valore della solidarietà.<br />

Si tratta di valori universali e irrinunciabili. La vera uguaglianza fra<br />

i cittadini è riconoscere alle singole persone pari dignità e pari opportunità.<br />

L’ANPI continua a lottare contro il tentativo di trasformare l’identità<br />

politica e sociale della Repubblica improntata al criterio del pluralismo<br />

dei poteri e delle garanzie.<br />

Nella Costituzione sono le radici della democrazia che ci aiutano a<br />

fare il percorso virtuoso per crescere. Soprattutto i giovani, perché partecipino<br />

alla vita pubblica, come indica l’Art. 49: “Per concorrere con<br />

metodo democratico a determinare la politica nazionale”. Dimostrando<br />

di poter divenire una classe dirigente forte di un’etica civile nuova,<br />

pronta a operare con spirito di servizio nell’interesse generale.<br />

Il 150° dell’Unità deve essere vissuto come un momento di riaffermazione<br />

del valore dell’unità degli italiani e dell’amor di Patria. È difficile<br />

insegnare l’amor di Patria, ma è utile e necessario cogliere questa<br />

ricorrenza anche per riflettere su aspetti comparativi tra i sentimenti<br />

patriottici e unitari che alimentarono i protagonisti del Risorgimento e<br />

quelli analoghi sentiti dai combattenti della Resistenza e della guerra di<br />

Liberazione contro i nazifascisti.<br />

La conquista della libertà ha permesso alle generazioni del dopoguerra<br />

di concorrere con dure lotte e sacrifici allo sviluppo economico<br />

e sociale dell’Italia e alla diffusione del benessere collettivo. La bussola<br />

morale dell’ANPI ci guiderà per essere di esempio ai giovani con<br />

comportamenti onesti e rigorosi e potrà servire a progettare e realizzare<br />

il loro futuro e quello dell’Italia nel segno della pace, della giustizia<br />

sociale e delle responsabilità civili.<br />

L’antifascismo affermato dall’ANPI non è quello “archeologico”<br />

criticato da Pier Paolo Pasolini nei suoi Scritti corsari. Al contrario,<br />

poiché la parola “fascismo” evoca la prepotenza del potere, la società<br />

democratica e civile non può che opporsi e battersi perché esso non<br />

prevalga.<br />

Lionello Bertoldi<br />

ANPI Bolzano<br />

Vi saluto tutti e auguro che domani possiamo uscire felici da questo<br />

<strong>Congresso</strong> perché avremo fatto un buon lavoro.<br />

Oggi ho ascoltato un poeta e sentito critiche alla retorica. Ma noi<br />

abbiamo bisogno anche dell’arte. Mattia, giovane lettore biondo della<br />

Relazione, ha salutato sconsolato gli anziani che non ci saranno al pros-<br />

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simo congresso ANPI. Tranquillo Mattia, tutti quelli che hanno meno<br />

di 100 anni mi hanno rassicurato: ci saremo tutti e saremo severissimi<br />

nell’analizzare i frutti della nuova stagione dell’ANPI.<br />

E severissimi nel giudicare quello che sarà cambiato nel nostro<br />

Paese, speriamo in meglio. Ecco le riforme necessarie: fra cinque anni<br />

vedremo se l’ANPI, con i giovani e i meno giovani, sarà riuscito a far<br />

esplodere la partecipazione nei partiti progressisti e a riconquistare un<br />

governo degno al Paese. Questo dovremo verificare. Quindi, tranquillo<br />

Mattia, torneremo.<br />

Bando alla retorica. Lunedì 21 marzo, Lionello Bertoldi e la guizzante<br />

staffetta Partigiana Lidia Menapace hanno inaugurato, alla scuola<br />

media “Ugo Foscolo” della nostra città, la mostra Oltre quel muro,<br />

la Resistenza dentro e fuori il campo di concentramento di Bolzano.<br />

L’esposizione è stata un’occasione per avvicinare giovani e giovanissimi<br />

e far conoscere la storia del Durchgangslager Gries, il campo dove<br />

sono passati 9.500 uomini, donne e bambini. La classe 3ª E – la migliore<br />

della scuola secondo Zaccaria, un moretto alto così – l’ha visitata e<br />

alla fine abbiamo raccomandato ai ragazzini di studiare ma anche di<br />

ripetere a preside e insegnanti una frase: “Noi ci impegniamo nello studio,<br />

ma pretendiamo un futuro”. Due giorni dopo sono tornato alla<br />

scuola e accanto alla mostra c’era un cartello con scritto “Noi pretendiamo<br />

il futuro”. Ecco cosa facciamo, ecco cosa deve fare l’ANPI.<br />

Sono nato in Trentino e ho un’idea trentina della preziosità delle<br />

parole, che dobbiamo adoperare bene. Appartengo a quella metà di<br />

nuovi cittadini italiani che sono stati conquistati col fucile, ciapai col<br />

sciop, come dicono a Rovereto. Abito a Bolzano, appena al di là di<br />

Salorno, ma tutti quelli che stanno lì, tutti fino all’ultimo, parlano tedesco,<br />

hanno una cultura tedesca, hanno inventato la scuola elementare<br />

obbligatoria cento anni prima della nostra Unità. A questi italiani, noi<br />

democratici, ci siamo accostati con prudenza e rispetto.<br />

Recentemente la stampa italiana, celebrando il 150°, si è scandalizzata<br />

perché il Presidente della giunta provinciale di Bolzano, Luis<br />

Durnwalder (strano nome italiano, vero?), avrebbe dichiarato: “Come<br />

sudtirolese non ho nulla da festeggiare”. I sudtirolesi sono cittadini italiani,<br />

ciapai col sciop come noi, ma di diversa nazionalità, con il diritto<br />

al rispetto della loro lingua e della loro cultura. Noi siamo democratici,<br />

e sono fiero di appartenere alla Repubblica della Costituzione.<br />

Abbiamo saputo costruire in Alto Adige una democrazia più avanzata,<br />

che era necessaria e che chiamiamo autonomia speciale. Speciale perché<br />

ha dovuto rispondere all’esigenza irrinunciabile per i sudtirolesi, il<br />

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diritto all’autodecisione, a restare uniti alla propria Vaterland, “la terra<br />

dei padri”. I democratici italiani, lottando contro ogni nazionalismo,<br />

sono riusciti a costruire un livello di democrazia più avanzato tale da<br />

garantire ai sudtirolesi, che rinunciavano a quel sogno, di potersi autogovernare<br />

assieme agli altri cittadini italiani, rimanendo culturalmente<br />

nella loro Heimat – quanto è dolce questa parola casa – e dividendo con<br />

noi un’altra Patria, questa Italia della Costituzione.<br />

Ecco quello che intendevo suggerendo a tutti i democratici italiani<br />

di avere rispetto per le parole. L’ANPI deve fare propria questa abitudine.<br />

Ho sentito ripetere al <strong>Congresso</strong> anche il termine “fascista”. Noi<br />

dobbiamo saper distinguere! Guai se confondiamo il termine “fascista”<br />

con qualche altra cosa che lo contiene. Significherebbe che, da antifascisti,<br />

ci faremmo immediatamente molti, troppi nemici. Questo metodo<br />

lo usano già altri, quando parlano di una repubblica anticomunista,<br />

inserendo nel termine tutti i democratici.<br />

Noi distinguiamo il significato dei termini. E siamo antifascisti<br />

soprattutto perché viviamo la responsabilità delle regole, scolpite nella<br />

Costituzione. In essa al primo posto stanno i valori, di tutti. I più grandi<br />

hanno nomi femminili: pace, libertà, solidarietà, uguaglianza. Solo i<br />

diritti, che dobbiamo conquistare, hanno nomi maschili. Quando andiamo<br />

nelle scuole suggeriamo ai ragazzi, anche ai più piccoli. “Guarda<br />

alla libertà, cresci nella pace e studia perché hai diritto al futuro”.<br />

Ilio Muraca<br />

ANPI Padova<br />

Cari amici, cari compagni, sto vivendo un momento di intensa commozione<br />

e vorrei stringere forte forte a me tutti i Partigiani combattenti<br />

che sono in sala. Quanti siete? Alzate la mano, per favore. Partigiani<br />

combattenti vi tengo tutti stretti al cuore. Grazie, grazie.<br />

In questo momento non è un generale che vi parla, ma un sottotenente<br />

dei Bersaglieri appena uscito dall’Accademia di Modena che si è<br />

trovato in Jugoslavia a scegliere: o con i tedeschi o con i Partigiani. Io<br />

ho fatto la mia scelta: 15 mesi con i Partigiani di Tito. Quel ricordo,<br />

quell’esperienza, ha cambiato completamente la mia vita.<br />

Ero all’estero, in Jugoslavia, e quanto avrei voluto stare in Italia a<br />

fare il partigiano. Sono restato lì. Per 15 mesi durissimi, perché i cari<br />

compagni jugoslavi pretendevano di far scontare a noi – in particolare<br />

da me, ufficiale in servizio permanente effettivo – tutte le pene che il<br />

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fascismo aveva provocato a quella terra. Ho voluto scrivere la vicenda<br />

delle persone che furono nella mia stessa situazione. Decine di migliaia<br />

di militari italiani rimasti all’estero, abbandonati, molti di loro passati<br />

nelle file Partigiane in Corsica, Francia, Jugoslavia, Albania, Grecia,<br />

nelle isole del Dodecanneso.<br />

Poco fa parlavo proprio con alcuni che vorrebbero rievocare le<br />

vicende del Battaglione “Gramsci” in Albania. Io sono riuscito a farlo<br />

ancora in servizio, con l’aiuto, per la verità, del Ministero della Difesa<br />

che non mi ha lesinato fondi. La mia è una rievocazione storica che<br />

intende celebrare questi compagni, quasi tutti in divisa, che hanno combattuto<br />

nella Resistenza e che è giusto che ognuno di noi ricordi.<br />

Grazie.<br />

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Giorgio Madeddu<br />

ANPI Carbonia-Iglesias<br />

Compagni, sono imbarazzato nel prendere la parola dopo l’intervento<br />

del generale Muraca. All’ovazione tributata a lui si aggiunge il<br />

fatto che sono un pessimo oratore, quindi immaginate l’emozione. È la<br />

stessa che provai il 25 aprile 2006 quando Ferdinando De Leoni, a conclusione<br />

di una bella iniziativa a Iglesias, ci annunciò la decisione<br />

dell’ANPI di consentire l’adesione agli antifascisti. È la stessa dell’anno<br />

successivo quando Lino Michelini inaugurò la prima Sezione sarda<br />

della nuova stagione dell’ANPI.<br />

Il nostro territorio non è stato interessato dalla guerra di<br />

Liberazione, tuttavia noi ci sentiamo intensamente partecipi nella difesa,<br />

nel consolidamento e nella diffusione dei princìpi e dei valori che<br />

hanno animato la Resistenza e reso possibile l’affermarsi della libertà e<br />

della Costituzione repubblicana. La Provincia di Carbonia-Iglesias è<br />

quella degli eccidi di Buggerru del 1904, di Gonnesa del 1906, di<br />

Iglesias del 1920: sangue versato nelle lotte sociali maturate nello sviluppo<br />

del movimento operaio e socialista prima, e successivamente<br />

nell’antifascismo militante della prima ora. In questa vicenda storica<br />

noi troviamo l’unione ideale con la Resistenza, le radici culturali del<br />

nostro essere ANPI oggi. Ragioni che abbiamo dibattuto l’anno scorso<br />

in un convegno con il compagno Carlo Ghezzi.<br />

Il nostro dibattito congressuale si è sostanzialmente incentrato sulla<br />

tenuta dell’ordinamento e l’autonomia dei poteri dello Stato; sulle<br />

preoccupazioni per l’unità della nazione e gli esiti di questo decantato


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federalismo di cui non c’è traccia nella Costituzione; sull’indebolimento<br />

della scuola quale veicolo di diffusione dei saperi e riduzione<br />

delle disuguaglianze. Sul tema della collaborazione con gli enti locali<br />

amministrati dalla destra vi è stato un intenso dibattito che ha avanzato<br />

anche delle riserve per le quali questo <strong>Congresso</strong> avrà certamente la<br />

capacità di fornire univoca e risolutiva risposta.<br />

La nuova stagione dell’ANPI si va manifestando nei lavori congressuali.<br />

Ascoltiamo l’esposizione di una pluralità di proposte, di<br />

argomenti molto importanti e impegnativi. Però, in proposito, mi<br />

domando – se l’Associazione si dovrà occupare di ambiente, sanità,<br />

lavoro e tutte le altre tematiche enunciate in questa sala – verso quali<br />

prospettive si avvia un’ANPI così generalista. Credo necessario, invece,<br />

individuare pochi obiettivi e ragionare sulle azioni che portano al<br />

conseguimento di qualche risultato. Sappiamo bene che le nostre risorse<br />

sono scarse e che gli eventi incombono continuamente. Dobbiamo<br />

dispiegare le nostre energie in poche fondamentali tematiche: penso<br />

all’Unità nazionale, a interventi mirati per l’applicazione in senso<br />

sostanziale della Costituzione, all’antifascismo militante di cui spesso<br />

si è parlato con grande entusiasmo in sala. In questo contesto dobbiamo<br />

avvalerci degli strumenti a disposizione, compreso il nostro giornale<br />

Patria indipendente, riflettendo in maniera intelligente su come<br />

diffonderlo con una buona campagna abbonamenti.<br />

La saggezza, la lungimiranza e la fiducia che ci sono stati concessi<br />

per essere qui oggi non dovranno essere deluse. La responsabilità che i<br />

Partigiani ci affidano è grande. L’ANPI che generosamente ci stanno<br />

affidando potrà mutare per rispondere alle esigenze delle nuove fasi<br />

storiche ma dovrà rimanere – sempre e comunque – l’ANPI della<br />

Resistenza e dell’antifascismo; l’ANPI per la Costituzione; l’ANPI per<br />

la democrazia e la libertà degli italiani. Vi ringrazio.<br />

Antonio Conte<br />

ANPI Benevento<br />

Ho partecipato – come molti di voi – a tanti Congressi e non ho mai<br />

ascoltato con l’entusiasmo dell’altroieri la sintetica relazione della<br />

Commissione Verifica Poteri, perché non era una elencazione statistico-burocratica,<br />

ma conteneva un significato straordinario proiettato<br />

verso un programma politico di lunga durata. Sentire, infatti, che<br />

l’ANPI oggi è presente in tutte le province d’Italia – nei 150 anni<br />

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dall’Unità – per me significa enunciare un programma di azione, di<br />

intervento e finalmente di contributo alla realizzazione in prospettiva,<br />

nei tempi della storia, del nuovo Risorgimento, di cui questo Paese e la<br />

stessa Europa hanno bisogno.<br />

Abbiamo analizzato poco nel dibattito un concetto: quello della<br />

Resistenza come secondo Risorgimento. Di qui il dovere, quasi morale,<br />

dell’approccio critico, se è vero che fare memoria significa fare storia.<br />

Il secondo Risorgimento, che molti vorrebbero negare, è invece il<br />

fondamento da cui ripartire per il nuovo Risorgimento, di cui la difesa<br />

della Costituzione e la ricomposizione del Paese appaiono i tratti decisivi,<br />

politicamente e storicamente giustificati.<br />

Vengo da Benevento, una delle tante Province del meridione dove<br />

l’ANPI non esisteva. Oggi che ha cominciato a esistere, perché le<br />

nostre assemblee sono state così partecipate? Perché sono intervenuti<br />

giovani, militanti di partiti democratici e tanti che non si riconoscono<br />

in nessun partito. È una grande questione riecheggiata qui. Certo, non<br />

siamo un partito, ma non basta neanche il richiamo alla coscienza critica.<br />

Intendo affermare – anche se tutto è da costruire partendo dalla<br />

qualità e dalla consistenza evidente dell'immenso lavoro finora svolto<br />

– che l'ANPI è chiamato a essere soggetto politico e strumento di iniziativa,<br />

presenza, coinvolgimento e interlocuzione non estemporanea<br />

con le istituzioni, i soggetti sociali, le associazioni e con ampi settori<br />

sociali, culturali, politici della nostra società.<br />

Per svolgere questa funzione non sono ammissibili arroganza o presunzione,<br />

bensì una disponibilità che deriva dalla convinzione forte che<br />

siamo in una nuova stagione della storia, dove il nostro ruolo può costituirsi<br />

come “utilità” complessiva. Spero si comprenda che non si tratta<br />

di proclamazione ambiziosa fine a sé stessa. Le potenzialità richiamate<br />

sono legate alla storia e all’analisi del presente. In particolare, con<br />

riferimento alla condizione generale delle nostre realtà meridionali.<br />

Benevento è stato troppo a lungo un luogo del trasformismo politico,<br />

di cui la versione mastelliana è solo l'esempio più recente e noto. La<br />

nostra città è stata una enclave del papa prima dell’Unità, l’ultima a<br />

liberarsi dopo sette secoli dal dominio pontificio per iniziativa dei<br />

patrioti. Poi, dopo la Seconda guerra mondiale, ha sopportato una forte<br />

presenza monarchico-fascista, come molte realtà del Mezzogiorno.<br />

Oggi vogliamo e dobbiamo contribuire alle trasformazioni radicali che<br />

si impongono. E qui, da Benevento, il tema dell’Europa giunga non<br />

come enunciazione generica. L’antifascismo, la democrazia conquistata<br />

con la lotta nelle regioni europee – riscoperti con la forza della sto-<br />

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ria e con il bisogno insostituibile di princìpi di riferimento nelle contraddizioni<br />

e difficoltà attuali – devono entrare nella discussione sulle<br />

fondamenta dell’Europa. Non con approcci ideologici: ricordate cos’è<br />

accaduto con la tematica delle origini cristiane? Al contrario, intese al<br />

plurale, le Resistenze europee (i maquis, le Brigate Partigiane dei<br />

Balcani, la colonna Tilman e le formazioni pluraliste della Resistenza<br />

italiana) possono costituirsi idealmente e realmente a fondamento di<br />

un’Europa dei popoli che – nella drammaticità evidente e percepita – è<br />

all’ordine del giorno della storia collettiva.<br />

Secondo me, Aldo ancora una volta dice “26 per 1” ma non è più<br />

un codice cifrato come era necessario allora, nelle stagioni della montagna.<br />

Oggi si tratta di un grido di democrazia e di lotta. Il grido –<br />

appassionato ma razionale – che è risuonato anche qui e che deve tradursi<br />

in programma politico per la libertà, la dignità e una solidarietà<br />

nuova.<br />

Giovanni Baldini<br />

Netmaster del sito nazionale www.anpi.it<br />

Ci siamo lasciati a Chianciano, qualche tempo fa, con degli impegni.<br />

E vorrei aggiornarvi sul lavoro svolto da me, da Michele Urbano,<br />

che cura la parte giornalistica dei contenuti, e dalle altre persone che se<br />

ne occupano tutti i giorni: Andrea Liparoto, Gemma Bigi e praticamente<br />

tutta la Segreteria nazionale.<br />

Il sito nazionale ha ereditato un lavoro enorme fatto in più di dieci<br />

anni da Dario Venegoni, che ha passato la mano anche in quanto è<br />

diventato vicepresidente nazionale dell’ANED. Abbiamo riscritto e<br />

riorganizzato migliaia e migliaia di pagine, abbiamo creato un software<br />

apposito per la gestione e la pubblicazione di tutti i contenuti online.<br />

Se chiedete come vanno le cose, posso rispondere che vanno “alla<br />

grande”. Moltissime persone consultano il nostro sito. Quando siamo<br />

partiti, avevamo 800-1.000 mille persone che consultavano circa tre<br />

pagine in media, quindi circa 3.000 pagine al giorno. Negli ultimi mesi<br />

abbiamo raggiunto quota 1.200 persone che consultano più di tre pagine<br />

al giorno: più persone che consultano e leggono di più.<br />

Questo, forse, dipende dal fatto che affrontiamo l’attualità in<br />

maniera un po’ più contestuale, pubblichiamo tre-quattro articoli al<br />

giorno, piccoli o grandi secondo quello che succede e arriva dalle varie<br />

Sezioni. In pratica, se facciamo il conto totale, oltre un milione e mezzo<br />

di pagine all’anno.<br />

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Esistono molti modi per fare questi calcoli, questi sono numeri conservativi:<br />

dal palco ho detto un milione e mezzo; se parliamo a tu per<br />

tu posso dire due milioni perché, in realtà, il conto va fatto più verso<br />

l’alto. Diciamo che non abbiamo raddoppiato il lavoro di due anni fa,<br />

ma quasi.<br />

Un’altra cosa vorrei dirvi: la pagina più visitata del sito, a parte la<br />

prima, è quella con l’elenco delle sedi, i contatti e gli indirizzi, 5.000<br />

volte al mese. Un favore: controllate la lista e confermate se i dati sono<br />

completi e corretti. Ci cercano, facciamoci trovare.<br />

Fino a uno, due anni fa, le persone arrivavano al sito digitando sui<br />

motori di ricerca parole tipo “Resistenza” e “Partigiani”. Ora, si può<br />

vedere dalle statistiche, cercano direttamente “ANPI”. Significa che il<br />

passaggio tra Partigiani e ANPI prima lo faceva una macchina, il computer<br />

che dava questa risposta. Adesso è entrato nella testa delle persone.<br />

Significa che abbiamo fatto un grande passo avanti e siamo identificati<br />

come la Resistenza. Grazie.<br />

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Paola Montermini<br />

ANPI Parma<br />

Essere su questo palco non è un onore ma un’assunzione di impegno.<br />

Stare nei tempi e permettere di parlare al maggior numero di persone<br />

è molto importante.<br />

Secondo me la cosa importante da fare è la riflessione sui nuovi<br />

fascismi e soprattutto sui meccanismi che utilizzano per corroborarsi,<br />

svilupparsi e attecchire nella società. Si è parlato molto di testimonianze<br />

alle giovani generazioni, ma queste cose l’ANPI le porta avanti da<br />

decenni e dovremmo essere consolidati. Un punto cardine che andrebbe<br />

affrontato più in profondità è quello che riguarda immigrazione e<br />

razzismo. In un certo senso lo ha detto anche Zagrebelsky: i nuovi<br />

fascismi, le nuove egemonie si radicano quando alla base sociale ci<br />

sono un gruppo debole e uno ancora più debole.<br />

L’ANPI, in questo momento, avendo avuto la forza di estendersi in<br />

tutte le 110 province italiane, dovrebbe avere la forza per porsi alcuni<br />

interrogativi e offrire delle risposte. Molti migranti arrivano nel nostro<br />

Paese che a scuola non ci vanno già più perché hanno superato l’età<br />

della scolarizzazione, sono inconsapevoli di qualsiasi diritto, della<br />

Costituzione e, ovviamente, di tutta la storia italiana. Sarebbe fondamentale<br />

fornire a queste persone gli strumenti per non diventare schia-


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vi. La loro schiavitù, del resto, si riflette nel disagio sociale generale:<br />

nel momento in cui si ha la paura costante di perdere il lavoro, di non<br />

avere soldi, di essere ricacciati fuori è chiaro che si accetta qualsiasi<br />

compromesso pur di restare qui e avere quel pur minimo agio impensabile<br />

nei Paesi d’origine. Questa disponibilità alla schiavitù si trasforma<br />

in un arma contro tutti i lavoratori da parte di chi gestisce le aziende.<br />

Dobbiamo arrivare anche a queste fasce di più deboli per fare in<br />

modo che si ribellino a simili forme di sfruttamento e sostenerle. C’è<br />

l’esempio di Rosarno, ce ne sono tanti altri.<br />

Credo che l’ANPI nel documento nazionale dovrebbe porre l’accento<br />

sul tema dell’ambiente perché le risorse, l’acqua, saranno il<br />

petrolio del futuro e in avvenire detteranno tutti gli equilibri, anche<br />

della ricchezza e della povertà. Dobbiamo essere consapevoli di cosa<br />

significhi avere a disposizione energie riciclabili e impegnarci a sostenere<br />

la ricerca per fornire ai giovani e agli studiosi gli strumenti adeguati.<br />

Al contrario, in Italia, finora, la ricerca è stata completamente<br />

annientata.<br />

L’ultimo punto fondamentale è che l’ANPI dia un segnale assolutamente<br />

inequivocabile di opposizione all’iniziativa di guerra presa dai<br />

governi e dagli alleati. Ho sentito troppo poche voci in questo senso al<br />

<strong>Congresso</strong> e questo mi fa pensare che probabilmente non ci sia tanta<br />

condivisione su questo tema. Il rischio è di avallare questa azione di<br />

guerra. Come ho sentito fare anche da persone di sinistra, con motivazioni<br />

completamente fuori dal mondo come quella che se gli americani<br />

sono venuti ad aiutare i Partigiani, noi dobbiamo andare a sostenere<br />

gli insorti libici.<br />

Grazie.<br />

Elvio Ruffino<br />

ANPI Udine<br />

Scusandomi per lo schematismo, parlerò per punti in modo da<br />

risparmiare tempo, sperando sia chiaro il filo di ragionamento unitario.<br />

Primo punto: la valutazione del momento. L’emergenza democratica<br />

del nostro Paese rischia di precipitare ancora oltre la già drammatica<br />

situazione attuale. La sopravvivenza del governo al voto del 14<br />

dicembre, la squallida campagna acquisti dei parlamentari resa possibile<br />

dal sistema elettorale che non impone loro di sottoporsi al giudizio<br />

dei cittadini – dovendo raccogliere le preferenze o vincere in un colle-<br />

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gio sarebbe per loro problematico essere rieletti – rischia di fornire al<br />

nostro presidente del Consiglio un ristretto, ma solido, margine di maggioranza<br />

con deputati e senatori privi del minimo senso di responsabilità<br />

civile e disposti a tutto pur di ottenere i favori del capo.<br />

Potremmo così avere – e questo bisogna che lo sappiamo – l’asservimento<br />

della magistratura al potere politico (e per fortuna su questo<br />

punto il popolo sarà chiamato al referendum confermativo); la prescrizione<br />

brevissima per i reati commessi dagli incensurati; la possibilità di<br />

accentuare ancora il monopolio del potere mediatico con il bavaglio<br />

alla Rai; la proprietà in un unico soggetto di giornali e tv; norme di<br />

varia intimidazione dei procuratori e dei giudici e tante altre amenità<br />

che la fertile e spregiudicata fantasia degli avvocati, degli affaristi, dei<br />

servitori del premier può ancora inventare. Insomma, una ulteriore e<br />

drammatica fase della degenerazione del sistema democratico, formula<br />

che ha usato ieri Zagrebelsky.<br />

E allora non è più sufficiente “indignarsi”. Sono indignato per tante<br />

cose: dalla fame nel mondo al fatto che non si fa abbastanza per il surriscaldamento<br />

del pianeta, a tante altre cose. Però c’è una questione che<br />

possiamo affrontare solo noi, naturalmente assieme alle forze democratiche,<br />

ed è appunto di interrompere presto la deriva degenerativa e<br />

populista che svuota la democrazia italiana e la Costituzione. È il<br />

nostro compito specifico.<br />

Il secondo punto sono i nostri doveri. Si pone il problema dell’efficacia<br />

concreta dell’azione dell’ANPI. In tutte le Province e Regioni<br />

stiamo allargando la nostra organizzazione e aumentando la nostra<br />

forza; questo significa che strati consistenti del popolo italiano vedono<br />

in noi un’occasione, uno strumento per reagire. Ci attribuiscono una<br />

chiara consapevolezza della nostra missione e un’autorevolezza civile.<br />

Dobbiamo, però, rispondere indicando una strada precisa, contribuendo<br />

efficacemente alla mobilitazione delle coscienze e raggiungendo<br />

effettivamente dei risultati. Non possiamo limitarci a testimoniare una<br />

generica indignazione o un’astratta volontà, dobbiamo ottenere risultati<br />

politici concreti.<br />

Tanti sono i temi su cui possiamo impegnarci, ma il nostro specifico,<br />

la nostra missione è la democrazia in Italia. A quali interlocutori<br />

rivolgerci? Siamo sicuramente un’Associazione fortemente radicata<br />

nella sinistra, ma non potremo vincere queste battaglie se non parleremo<br />

a tutto il popolo italiano. D’altra parte così fecero i Partigiani: non<br />

posero discriminanti (nemmeno quella fra repubblica e monarchia).<br />

Prima di tutto bisognava battere i nazifascisti. Così dobbiamo agire<br />

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anche noi, rivolgendoci anche alla destra! Capisco che può essere antipatico,<br />

ma se i sondaggi dicono che l’80% degli italiani apprezza<br />

Napolitano e purtroppo il 40% apprezza Berlusconi, almeno un 20% ha<br />

un po’ di confusione in testa: dobbiamo fare in modo che questa contraddizione<br />

si sciolga in senso positivo con un allargamento della consapevolezza<br />

democratica. Ecco perché dobbiamo sforzarci di parlare a<br />

tutti. Stiamo attenti – come diceva Solaroli stamattina – a non chiuderci<br />

ma ad aprirci, incalzare, mettere in difficoltà i personaggi delle istituzioni<br />

che fanno le cose che qui sono state denunciate. Rivolgiamo il<br />

nostro appello a tutto l’elettorato come diceva anche il compagno del<br />

Consiglio regionale veneto (dove è stata approvata la legge per gli<br />

Istituti della Resistenza in virtù proprio di una spinta dal basso).<br />

Infine il problema della nostra Associazione. Non è scontato che<br />

riusciremo in quel che ci siamo proposti, anche se siamo già a buon<br />

punto. Trasformare un’associazione combattentistica in una grande<br />

associazione democratica è una scommessa importante che possiamo<br />

vincere. Ma non è scontato. Se ce la faremo sarà perché sapremo creare<br />

un comune sentire, diceva ieri Carlo Smuraglia. È proprio questo il<br />

punto, perché se non ci applicheremo sulla missione dell’ANPI, se non<br />

ci daremo un nuovo metodo di organizzazione e di lavoro comune, se<br />

ci abbandoneremo ognuno alle proprie particolari opinioni personali<br />

provocando divisioni, se non cercheremo di valorizzare ciò che ci unisce,<br />

potremmo fallire. E sarebbe un fallimento grave per il nostro<br />

Paese.<br />

Per questo mi sembra opportuno – scusate la retorica – chiudere<br />

dicendo: “Viva l’ANPI – ma viva nel senso proprio di questa parola –<br />

e viva la democrazia italiana nata dalla Resistenza”.<br />

Marco Fiore<br />

ANPI Latina<br />

Care amiche e amici, avere la possibilità di intervenire in questa<br />

assise mi carica di orgoglio ed emozione. Essere oggi qui non è scontato,<br />

meno che mai per chi, come me, ha l’onore e l’onere di rappresentare<br />

una Provincia dove l’ANPI è neonata. Mi scuso anticipatamente<br />

con voi se non mi lancerò in riflessioni di carattere generale sul<br />

periodo che stiamo vivendo, ma ritengo di dovervi parlare prima di<br />

tutto della realtà dalla quale provengo.<br />

Il territorio che compone la mia Provincia si trova nel sud del Lazio<br />

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al confine con la Campania. È stato troppo spesso identificato solo<br />

come il luogo dove il fascismo ha fondato la città di Littoria, l’attuale<br />

Latina, e dove ha fatto sfoggio della sua idea di architettura. Oppure<br />

come la terra in cui sono state fatte arrivare numerose famiglie del nord<br />

Italia, in particolare venete, per farle sfuggire a una condizione di<br />

povertà, dando loro la possibilità di costruire una nuova vita bonificando<br />

e coltivando la pianura pontina. A tal proposito sarebbe anche interessante<br />

sapere cosa ne pensano gli esponenti della Lega Nord.<br />

Forse la migliore descrizione è stata data da Pier Paolo Pasolini<br />

nella sua bella, cruda e veritiera poesia Terra di lavoro, dove descriveva<br />

uomini e donne il cui unico dovere nella vita era curarsi della propria<br />

terra, perché a essa erano legati. La nostra è una Provincia prettamente<br />

contadina, con la saggezza popolare di chi la terra l’ha sempre<br />

dovuta lavorare, oltre che abitare, e con non poche difficoltà, in un continuo<br />

stato di miseria. Nonostante ciò, è stata proprio questa condizione<br />

a dare sostanza al senso di collettività che ha permesso alla popolazione<br />

di adeguarsi ai tempi senza mai perdersi. E così, anche se non<br />

abbiamo vissuto l’esperienza resistenziale con la formazione di gruppi<br />

Partigiani guerreggianti sul nostro territorio, quando dopo l’8 settembre<br />

ci siamo ritrovati occupati dai nazisti le persone hanno saputo stringersi<br />

in un comune senso di appartenenza e resistenza passiva. Anche<br />

quando le città erano distrutte dai bombardamenti e la liberazione da<br />

parte degli Alleati si trasformava in un incubo, a causa delle truppe<br />

maghrebine che saccheggiavano e violentavano, c’è stata la capacità di<br />

essere ospitali, aiutarsi gli uni con gli altri, anche dando rifugio a personalità<br />

importanti come Alberto Moravia. Per non parlare dei concittadini<br />

che per vicende di vita si sono ritrovati nei campi di concentramento<br />

e di lavoro tedeschi o soldati nella campagna di Russia. O di chi<br />

la resistenza attiva l’ha fatta, nelle formazioni Partigiane, ma lontano<br />

da casa, anche qui a Torino.<br />

Oggi la “terra di lavoro” vive, come il resto del Paese, una crisi profonda<br />

che ne mina non soltanto la base economica, ma anzitutto quella<br />

morale e valoriale. La crisi che si avverte a livello planetario, da noi<br />

è endemica da molto prima dello scoppio della bolla speculativa statunitense.<br />

L’economia tradizionale è stata spazzata via dall’arrivismo<br />

speculativo e mafioso. Troppo spesso la politica risulta inerte o inefficiente.<br />

E ancora di più si dimostra collusa in ampie zone grigie con la<br />

criminalità organizzata.<br />

La Memoria è inesistente e l’unica dimensione che le persone<br />

riescono a vivere, con affanno, è quella presente. Tanto che le genera-<br />

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zioni attuali hanno difficoltà a rapportarsi e a conservare il sapere di<br />

quelle che le hanno precedute. È proprio qui che l’ANPI può agire.<br />

Tornando a riallacciare i fili spezzati tra le generazioni e ristabilendo il<br />

giusto ordine dei valori e della morale secondo quanto dettato dalla<br />

Carta Costituzionale. È anzitutto nelle scuole che c’è bisogno della<br />

nostra presenza, perché una nuova consapevolezza possa tornare a diffondersi<br />

nella società.<br />

Credo che parlandovi dei luoghi da dove provengo ho potuto anche<br />

parlarvi dell’Italia. Se ci ritroviamo oggi a festeggiare 150 anni di<br />

Unità nazionale, un motivo c’è. Penso che ci somigliamo nei pregi<br />

come nelle problematiche che siamo costretti ad affrontare. E allo stesso<br />

modo avvertiamo la necessità di stringerci in un’organizzazione che<br />

ci permetta di gettare un ponte nel futuro e solo l’ANPI ha la capacità<br />

di farlo.<br />

Auguri all’Italia e buon lavoro all’ANPI!<br />

Paola Resta<br />

ANPI Ravenna<br />

Care compagne, cari compagni, avevamo deciso di parlare di cosa<br />

vuol dire per noi essere antifascisti e spiegare perché ci siamo avvicinati<br />

all’ANPI. Abbiamo rivisto tutto il discorso, la parola “giovani” era<br />

sulla bocca di tutti, ci siamo sentiti chiamati in causa, quindi la nostra<br />

idea oggi è di portare le nostre proposte per spiegarvi l’ANPI che<br />

vogliamo.<br />

L’ANPI non dovrà mai diventare un partito: non è la sua natura, non<br />

è la sua storia e non sarà il suo futuro. Si parlerà di politica, attualità,<br />

società, cultura ma non vogliamo un partito. Alcuni di voi hanno detto<br />

che ormai è inutile sfogliare l’album di famiglia: non è così, per noi<br />

quelle storie sono importanti, ci danno il coraggio di credere che si<br />

possa costruire un’Italia migliore. Troppe volte in questo <strong>Congresso</strong> si<br />

è parlato di “rivoluzione” tra virgolette, a noi queste virgolette vanno<br />

molto strette. Oggi in Italia c’è bisogno di una rivoluzione culturale che<br />

riparta dalla scuola pubblica, dall’insegnamento dei diritti costituzionali<br />

ai più giovani.<br />

A noi piacerebbe che ogni ANPI provinciale sostenesse la cultura in<br />

tutte le sue forme; che ogni direttivo promuovesse scrittori locali, musicisti,<br />

artisti e magari riscoprisse quelle centinaia di piccoli teatri sul<br />

nostro territorio. L’ANPI è un’Associazione pluralista si è detto, bene:<br />

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anche in tutto il Mezzogiorno è presente e tante di voi hanno detto che<br />

in quelle terre la Resistenza è resistenza alla mafia. Non ci basta.<br />

Pretendiamo che sia resistenza alla mafia in tutto il territorio nazionale.<br />

È un problema che tocca tutte le nostre regioni: l’Emilia-Romagna,<br />

la Lombardia. Vogliamo che l’ANPI promuova campagne per la legalità<br />

in tutte le Province.<br />

C’è un’espressione, giustizia sociale, che è uscita dal linguaggio dei<br />

partiti, anche quelli di sinistra. L’ANPI dovrà stimolare le coscienze<br />

della società civile e dei rappresentanti della politica per ridare a tutti<br />

dignità, affinché tutti abbiano la certezza di tornare a casa al termine<br />

della giornata di lavoro, affinché i nostri anziani possano vivere dignitosamente<br />

e non sentirsi un peso per la società, affinché i nostri giovani<br />

tornino ad avere un futuro.<br />

È di estrema attualità il ripudio della guerra in ogni sua forma perché<br />

non è mai uno strumento efficace: Kosovo, Iraq, Afghanistan lo<br />

hanno insegnato. Vorremmo che l’ANPI si schierasse apertamente per<br />

la pace. Molti sostengono sia necessario l’intervento in Libia perché<br />

Gheddafi è un dittatore, non rispetta i diritti umani: è vero, lo sappiamo.<br />

Allora dobbiamo ammettere di avere sbagliato a non schierarci<br />

prima, a non aver organizzato mobilitazioni ogni volta che Gheddafi, o<br />

qualsiasi altro dittatore, ha messo piede in Italia. Noi giovani vorremmo<br />

imparare dai nostri errori e dire che la pace è l’unica strada possibile.<br />

Sabato prossimo, a Roma, ci sarà una grande manifestazione per<br />

la pace, parteciperemo e saremo orgogliosi di portare i simboli della<br />

nostra Associazione.<br />

Concludo con la certezza che un’Italia migliore sia possibile, ma<br />

dobbiamo dimostrarci più concreti, più attivi, più coraggiosi nel portare<br />

avanti i nostri valori di antifascisti.<br />

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Egidio Melè<br />

ANPI Sondrio<br />

La Provincia di Sondrio è insignita della Medaglia d’Argento al<br />

Valor Militare per la Resistenza: 140 Partigiani e 48 civili valtellinesi<br />

Caduti, dal settembre 1943 all’aprile 1945.<br />

Abbiamo svolto i sei Congressi sezionali e quello provinciale<br />

incontrando piena sintonia sostanziale con i documenti congressuali.<br />

Ho ascoltato la relazione del presidente Raimondo Ricci, la prolusione<br />

di Gustavo Zagrebelsky, che ho trovato profonda e lucidissima, e i tanti<br />

interventi dei delegati che mi hanno preceduto. Mi pare di poter dire


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che sui valori che vogliamo difendere e diffondere e sugli obbiettivi da<br />

raggiungere siamo tutti d’accordo. Così sul giudizio negativo verso<br />

l’attuale governo e il Presidente del Consiglio. Concordiamo anche sul<br />

fatto che l’ANPI non è un partito, ma che la sua politica la vuole e la<br />

deve poter sviluppare senza tentennamenti. Il problema, dunque, è<br />

saper incidere sulla realtà politica e sociale del Paese per arrestare la<br />

deriva populista e antidemocratica del centrodestra. Se è così, allora si<br />

tratta prevalentemente di un problema di natura organizzativa. Senza<br />

organizzazione le idee rimangono tali.<br />

Va detto, per onestà, che non tutti i mali del Paese sono imputabili<br />

al centrodestra, poiché molte gravi questioni preesistevano a<br />

Berlusconi: mafia, corruzione, clientelismo ed evasione fiscale. Mali<br />

che con i governi di centrodestra si sono aggravati, alimentati dalla<br />

deriva populista, dal conflitto di interessi, dall’emergere del razzismo e<br />

dalla messa in discussione dell’Unità del Paese. In sostanza, da tutto<br />

quello che abbiamo definito “emergenza democratica”. Frutto delle<br />

politiche berlusconiane e leghiste.<br />

Per prima cosa l’ANPI, ed è stato detto da molti, deve essere<br />

coscienza critica e morale, deve cioè saper stimolare i partiti democratici<br />

e antifascisti a contrastare più efficacemente queste derive e queste<br />

politiche. Più di quanto non abbiano saputo fare dall’opposizione ma<br />

anche quando sono stati maggioranza. Per esempio i partiti dovrebbero<br />

aiutarci a diffondere fra i giovani e nelle scuole la cultura civica, l’amore<br />

per la democrazia e per la nostra bella Costituzione. Per fare ciò,<br />

infatti, non possono bastare le pur numerose iniziative che le varie<br />

ANPI locali intraprendono nei confronti di qualche scolaresca qua e là.<br />

La democrazia, la libertà, la legalità, la bellezza dello stare insieme nel<br />

rispetto delle regole non possono essere lasciate alla buona volontà dei<br />

singoli, devono essere oggetto di conoscenza e di riflessione continua.<br />

Dovrebbero avere accoglienza certa e continuativa nei programmi scolastici.<br />

Se l’ANPI riuscisse a far questo avrebbe raggiunto l’obiettivo<br />

principale del suo essere Associazione di Partigiani combattenti, patrioti<br />

e antifascisti. Vedrebbe garantita anche la sua esistenza per il futuro<br />

perché darebbe a tanti, più di oggi, la possibilità di conoscere e apprezzare<br />

il sacrificio dei nostri Partigiani e la grandezza dei nostri Padri<br />

costituenti. Sarebbe garantita l’adesione più numerosa di quanti, per<br />

ragioni anagrafiche, la Resistenza non l’hanno vissuta.<br />

In una simile situazione avrebbero poco spazio le mafie, l’evasione<br />

fiscale, la corruzione. E a nessun governante sarebbe più concesso di<br />

dire che con questa Costituzione non si può governare il Paese.<br />

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Buon pomeriggio, compagne e compagni. Anch’io ringrazio per<br />

essere qui e penso sia la migliore dimostrazione di come, dallo scorso<br />

<strong>Congresso</strong>, l’ANPI sia riuscita effettivamente a iniziare questo processo<br />

di apertura, pur faticoso e rischioso.<br />

Mi viene da dire che nell’ANPI non si entra come giovani o in<br />

quanto delusi dai partiti perché c’è un vuoto di politica. Si entra soprattutto<br />

e principalmente come antifascisti. Cosa significa antifascismo?<br />

Perché sei entrato nell’ANPI? Perché ti senti antifascista? Le risposte<br />

possono essere diverse ma non possono esimerci dall’avviare una<br />

riflessione. L’antifascismo è anche passione delle lotte, delle idee nobili,<br />

l’allegria di trovarsi insieme, i momenti di solennità.<br />

A proposito delle giovani generazioni, credo che più che ai ventitrentenni<br />

sia importante rivolgerci ai ragazzini che oggi frequentano le<br />

scuole elementari e medie. Sono loro che dovranno continuare a<br />

costruire nel solco della Resistenza.<br />

Per quanto riguarda il lavoro con le scuole, è stato detto benissimo<br />

stamattina dal compagno di Parma, non basta mandare il Partigiano a<br />

raccontare. Serve veramente un lavoro pedagogico ampio, con gli insegnanti,<br />

con i genitori. Perché si ricordi la Resistenza ma anche quello<br />

che c’era prima, si ricordi cos’è stato il fascismo, la sua barbarie, le<br />

squadracce e le torture, le aggressioni coloniali, la miseria di quel<br />

sistema.<br />

E si ricordi, grazie al cielo, quello che è venuto dopo. Si ricordi che<br />

non è bastata la Costituzione perché tutto venisse concesso, ci sono<br />

volute le lotte degli Anni 50 e 60, del luglio 1960.<br />

Vengo da Bologna, una città che ha vissuto nel dopoguerra i peggiori<br />

episodi dello stragismo fascista e i tentativi di insabbiamento da<br />

parte anche dello Stato e delle istituzioni. Per questo ricordiamoci che<br />

l’autorità morale dell’ANPI sta anche nel saper continuare a lottare e a<br />

conquistare le cose quando vengono negate, da qualunque potere.<br />

Facciamo moltissima attenzione al revisionismo storico e a tutte le<br />

forme di neofascismo, molto più pervasive di quanto immaginiamo. In<br />

due modi. Uno è raccontare le storie, le biografie dei Partigiani e delle<br />

Partigiane: uomini e donne da indicare come “esemplari” alle persone<br />

che sostengono che le idee sono tutte uguali, come se quelli che hanno<br />

combattuto per la libertà e un mondo migliore non fossero esistiti. E<br />

208<br />

Abram Solomon Tezare<br />

ANPI Modena


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poi andiamo avanti con la ricerca storica, anche critica, continuando la<br />

collaborazione con gli Istituti Storici della Resistenza.<br />

Ci serve un’ANPI che cresca, siamo più di quanto crediamo.<br />

Occorre parlare alle persone che si sentono sole, abbandonate e cercano<br />

le ragioni di un nuovo antifascismo. Chi oggi ci governa e si frega<br />

le mani, si crede eterno ma non lo è. Gli antifascisti lo sanno e lavorano<br />

e lottano oggi per preparare la realtà di domani.<br />

Abbiamo festeggiato tutti insieme, qualche giorno fa, il Tricolore.<br />

Ma la nostra festa è il 25 aprile, la Festa della Liberazione. E nessuno<br />

ce la potrà toccare. Viva l’ANPI, viva la Resistenza.<br />

Marcello Basso<br />

ANPI Venezia<br />

Compagni e compagne, c’è motivo di essere preoccupati per la<br />

nostra Italia perché – come detto efficacemente da Zagrebelsky – prevale<br />

un sistema di corruzione delle coscienze e avvilimento della<br />

democrazia. Un sistema che ha invaso la vita pubblica e l’ha squalificata<br />

agli occhi dei cittadini. Raccogliamo i frutti del berlusconismo. In<br />

vent’anni Mussolini ha fascistizzato l’Italia; in vent’anni Berlusconi ha<br />

fatto valere un’egemonia sotto-culturale nella quale prevalgono veline,<br />

tronisti, iene, grandi fratelli, vip e aspiranti tali, come efficacemente ha<br />

scritto Massimiliano Panarari in un recente libro.<br />

L’egemonia culturale della sinistra ha subito un grave colpo. Penso<br />

sia necessario partire dalla comprensione di questo dato per risalire la<br />

china. In questa risalita l’ANPI deve assolutamente esserci, nella consapevolezza<br />

che i cittadini chiedono diritti e non favori, legalità e non<br />

connivenze, chiedono lo Stato di diritto e l’uguaglianza di fronte alla<br />

legge, il rispetto delle istituzioni e della dignità delle persone. L’ANPI<br />

deve contribuire a salvare la politica, nella consapevolezza che solo la<br />

politica può essere portatrice di un progetto, di un’idea del nostro futuro<br />

e in grado di gettare un ponte fra le difficoltà dell’oggi e le speranze<br />

di domani.<br />

Si è detto l’Associazione è cresciuta, è presente su tutto il territorio<br />

nazionale, c’è una straordinaria attenzione nei suoi confronti, è utile<br />

alla democrazia del Paese, può crescere ancora in quantità e qualità. E<br />

ancora, che sta celebrando il suo <strong>Congresso</strong> sulla base di un documento<br />

adeguato alla fase di evoluzione che sta vivendo, che va assolutamente<br />

favorita e non frenata. Certamente vanno create le condizioni<br />

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migliori perché tutto giunga a compimento. Con un’avvertenza, badate,<br />

non secondaria: attenzione a non snaturare l’ANPI, a non farla<br />

diventare un’altra cosa. E per non correre questo rischio penso sia<br />

necessario tenere alto l’impegno su due fronti: la Costituzione e la<br />

Memoria.<br />

La Costituzione innanzitutto. Partiamo dalla consapevolezza che<br />

non si tratta di un residuato bellico, è ancora viva, moderna, inviolabile<br />

quanto i princìpi generali che afferma. Vogliamo che essa non appartenga<br />

solo al patrimonio della sinistra ma a tutti gli italiani. La Carta ci<br />

ricorda che tutti gli uomini sono uguali: da qui deve crescere sul serio<br />

il nostro impegno contro il razzismo, che di fatto rappresenta un nuovo<br />

fascismo.<br />

L’ANPI veneziana è orgogliosa di aver organizzato, l’anno scorso,<br />

la grande manifestazione nazionale di Mirano contro il razzismo. Ma<br />

siamo qui anche per ricordare che esiste il problema Lega, che non va<br />

trascurato e che forse questo <strong>Congresso</strong> non ha sufficientemente considerato.<br />

La Lega nasce una ventina di anni fa al grido di “Roma ladrona”.<br />

Però non si è fatta scrupolo di servirsi di Roma per rafforzare il suo<br />

peso e governare l’Italia con l’obiettivo di disunirla. Vuole il federalismo,<br />

che di fatto è un guscio vuoto, una bandiera da sventolare, una<br />

sorta di pretesto. Di fatto la sua è una spinta verso chiusure egoistiche<br />

e corporative, lavora per il nazionalismo delle piccole patrie, lo stesso<br />

che ha portato alla disgregazione della Jugoslavia. Non commettiamo<br />

l’errore di sottovalutare il fenomeno leghista.<br />

Le manifestazioni per il 150° hanno, comunque, palesato l’imbarazzo<br />

di quanti predicano la secessione. Dobbiamo insistere per sconfiggere<br />

alla radice ogni tentazione di illusorio rifugio nella indifferenza.<br />

Deve farlo l’ANPI perché nella nostra Associazione c’è l’Italia, e<br />

non è poca cosa. Quell’Italia che si esprime nella cultura, nella scienza,<br />

nell’arte, nella musica, nella poesia di un intero popolo.<br />

La Costituzione ci spinge anche a stare dalla parte di quell’onda<br />

umana che in Africa sta travolgendo il mondo arabo. Per denunciare le<br />

condizioni di vita, chiedendo pane e lavoro, ma non solo, anche per<br />

reclamare la fine delle dittature. Abbiamo il dovere morale di sostenere<br />

quei movimenti. Cresciuti a una scuola sulla base della quale il conflitto<br />

avveniva tra capitale e lavoro, oggi siamo in presenza dell’inedito<br />

conflitto tra il Nord e il Sud del mondo. Un Sud povero, disperato;<br />

un Nord ricco e opulento.<br />

Per non snaturarsi, infine, l’ANPI deve continuare il suo impegno<br />

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in tema di memoria, impedendo la riscrittura della storia. Dobbiamo<br />

batterci perché la memoria diventi sempre più un dovere dello Stato,<br />

delle istituzioni, della scuola, dell’università. Memoria non come<br />

melanconico rifugio ma attuale e vitale esigenza di impegno per l’applicazione<br />

della Costituzione della Repubblica; non come eredità di<br />

odio o vendetta ma costitutiva della vita civile e politica; fortemente<br />

coniugata al presente e al futuro, in grado di diventare strumento e fondamento<br />

di una battaglia politica moderna che vogliamo chiamare con<br />

una parola altrettanto moderna: antifascismo.<br />

Rossella Montagnani Marelli<br />

ANPI Milano<br />

Cercherò di essere brevissima perché ho ascoltato persone che<br />

hanno parlato così bene, non sono brava altrettanto e soprattutto vorrei<br />

parlassero altri giovani. Si è parlato di scuola, di preparare i giovani dal<br />

punto di vista storico e far capire cos’è l’antifascismo oggi. Volevo<br />

segnalare la proposta della Sezione ANPI di Melegnano: sfruttare la<br />

cosiddetta riforma Gelmini per istituire dei corsi ecm, vale a dire dei<br />

crediti formativi, sia per gli studenti che per gli insegnanti. Mi è sembrata<br />

una bella idea ma, non conoscendo bene il mondo della scuola,<br />

suggerisco di acquisire dei pareri sulla sua praticabilità.<br />

Nella Sezione milanese della quale sono Presidente, abbiamo fatto<br />

delle riflessioni, sempre legate al discorso dei giovani, sul documento<br />

del <strong>Congresso</strong>. Ci siamo orientati sulla decisione di condividere con<br />

altre Sezioni della zona di Milano e anche della Provincia (non tantissime,<br />

ma abbastanza per creare un coordinamento) un documento sull’apertura<br />

dell’ANPI ai giovani. Non abbiamo potuto ancora farlo per<br />

ragioni di tempo, però l’orientamento è quello di non fare distinzione<br />

sui requisiti per l’iscrizione. L’unico discrimine, ovviamente, deve<br />

essere dichiararsi sinceramente antifascisti. Possono, cioè, essere<br />

ragazzi di qualunque ambiente, compreso quello dei centri sociali.<br />

Come ha sostenuto qui solo una giovane compagna di Monza, infatti,<br />

questi ragazzi sono spesso emarginati, non bene accetti nella nostra<br />

Associazione, soprattutto a Milano.<br />

La nostra e altre tre Sezioni della Zona 8, invece, insieme ad altri<br />

organismi, associazioni, partiti, sindacati, qualche anno fa hanno costituito<br />

un Comitato antifascista e la Rete Poq (Partigiani in ogni quartiere)<br />

che ha cominciato a operare con i centri sociali. Questa iniziativa ha<br />

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dato fastidio al Comitato provinciale di Milano: sembra che la parola<br />

Partigiano sia da riservare soltanto a coloro che oggi abbiamo applaudito<br />

così tanto e che effettivamente lo sono stati. Però in altri casi,<br />

anche in questo <strong>Congresso</strong>, si è ritenuto di poter chiamare Partigiani<br />

anche quelli di oggi e quelli di domani, tutti quelli che si dimostreranno<br />

sempre antifascisti.<br />

Se ne avessi avuto il tempo, avrei voluto leggervi un passaggio di<br />

un articolo scritto da Saverio Ferrari – che è intervenuto poco fa – sul<br />

quotidiano Liberazione e che parlava proprio dell’apertura dell’ANPI<br />

anche ai giovani dei centri sociali. Grazie.<br />

212<br />

Arturo Giunta<br />

ANPI Enna<br />

Compagni, compagne, grazie per avermi dato la parola, grazie di<br />

accogliere al <strong>Congresso</strong> uno dei cosiddetti giovani, proveniente per di<br />

più da una realtà piccola, forse molto più piccola di certe Sezioni delle<br />

città del Nord Italia. “Rinati” ormai da sei anni, però, riusciamo a resistere,<br />

a fare attività e iniziativa politica.<br />

Credo sia un dovere discutere del ruolo dell’ANPI e della cosiddetta<br />

nuova stagione, una necessità che viene dal fatto che c’è una nuova<br />

Italia rispetto a quando l’ANPI è stata fondata, quando alla fine della<br />

guerra i Partigiani si riunirono in Associazione. Il motivo fondamentale<br />

per cui l’ANPI deve cambiare natura, sostengo sia la rottura di fatto<br />

del “compromesso” Costituzione di cui parlava Carlo Ghezzi. Questa<br />

cesura con la storia d’Italia si esplica su molti piani. Si è passati dalla<br />

partecipazione diretta di grandi masse di popolo, di sfruttati, alla vita<br />

politica nazionale, al diffusissimo germe del disinteresse. Questa indifferenza<br />

si manifesta in molte forme ma la caratteristica comune è l’incapacità<br />

dei cittadini di fare la storia, l’aver abdicato questo ruolo.<br />

Esiste il qualunquismo di Beppe Grillo, più o meno innovativo di quello<br />

di Guglielmo Giannini. Ma ce n’è un’altra forma: l’affidamento<br />

fideistico, quello che Pierluigi Bersani ha definito “scegliere chi sceglie<br />

per me”. Il segretario del Pd, che non è il mio partito, ha individuato<br />

una formula che, oltre a piacermi, descrive un aspetto importante dell’attuale<br />

vita politica. Insomma, c’è chi crede nei profeti e non nelle<br />

proprie risorse, nella propria forza. Dobbiamo contrastare questa degenerazione<br />

dello spirito costituzionale.<br />

Si è parlato dei rapporti con la politica e di quello che è avvenuto e


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mutato rispetto al ’45. La Costituzione viene messa a repentaglio anche<br />

con provvedimenti legislativi ordinari: penso alla legge elettorale in<br />

vigore che non ci permette di scegliere i nostri rappresentanti alle<br />

Camere; penso, ovviamente, ai diritti sul lavoro messi a repentaglio;<br />

penso anche all’appropriazione privata dell’acqua e dei beni comuni.<br />

Come è stato ripetuto più volte, sono tutti attacchi alla nostra Carta<br />

quindi l’ANPI se ne deve occupare. In una autonomia non declamata<br />

ma sostanziata in proposta politica propria, discussa, emanata e, infine,<br />

diffusa all’esterno dell’Associazione.<br />

Ho provato un po’ di disagio nel leggere il documento congressuale,<br />

soprattutto dove si parla di “nuova destra”. Mi chiedo: la nuova stagione<br />

dell’ANPI con quali alleati la faremo? Il documento parla di una<br />

cosiddetta “destra democratica”: vorrei capire se Gianfranco Fini – che<br />

a Bastia Umbra ha citato Ezra Pound – può diventare un nostro alleato<br />

oppure no. Per di più è opera di uno degli uomini del suo entourage<br />

politico, Andrea Ronchi, la legge sulla privatizzazione dell’acqua.<br />

Come dice il Presidente Onorario dell’ANPI di Enna, la sua scelta<br />

di salire in montagna fu “per incoscienza”. Ingiustamente accusato di<br />

sabotaggio in una fabbrica di Reggio Emilia dove lavorava, prese quella<br />

decisione perché al primo sbaglio l’avrebbero fucilato. Ora, spesso i<br />

giovani non hanno rapporti proprio ordinati con le istituzioni, l’indignazione<br />

– oggi tanto in voga – porta anche a qualche eccesso. Ma<br />

siamo già morti se non interagiamo con loro solo perché riteniamo un<br />

po’ improprio l’uso delle parole “Partigiani del terzo millennio”.<br />

Grazie per la pazienza.<br />

Tullio Montagna<br />

ANPI Pavia<br />

Un risultato importante di questo <strong>Congresso</strong> sarà renderci tutti più<br />

consapevoli del compito enorme che ci stiamo assumendo e quindi<br />

della necessità di adeguare l’Associazione al suo svolgimento. Perché<br />

è difficilissima la situazione di degrado sociale, economico, culturale,<br />

politico: ne abbiamo parlato molto. Vorrei solo aggiungere qualcosa.<br />

Recentissimamente è stata diffusa una statistica sulla corruzione in<br />

Italia, che è aumentata del 30% rispetto all’anno scorso. C’è una questione<br />

grandissima dell’inflazione che riparte dai Paesi emergenti con<br />

un rischio enorme di ripercussione sull’aumento dei tassi sul debito<br />

pubblico, che può essere colmato, nei tentativi del governo, con un<br />

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impoverimento colossale determinato da ulteriore inflazione, la tassa<br />

sui poveri. E ogni giorno ce un problema nuovo.<br />

L’Associazione si trova a operare anche in questa congiuntura complicatissima,<br />

gli obiettivi si fanno più difficili da raggiungere. Quale<br />

ANPI, poi? L’ANPI custode e trasmettitore della memoria storica,<br />

l’ANPI difensore e attuatore della Costituzione: scusate se è poco. Se<br />

noi facciamo queste enunciazioni senza una serie di riflessioni su come<br />

ci attrezziamo per non uscire frustrati e velleitari rispetto agli obiettivi,<br />

portiamo avanti un’operazione non utile per l’Associazione. Ci sono<br />

aspetti importantissimi come il senso di appartenenza. Non è detto che<br />

sia naturalmente acquisito come quando c’erano i Partigiani: il corpo<br />

degli associati sta cambiando e cambierà sempre di più, ognuno è figlio<br />

di vissuti ed esperienze diverse. Il nostro senso di identità forse andrà<br />

ricostruito.<br />

C’è poi un problema di rendere l’Associazione molto più pronta,<br />

svelta e presente di quanto non sia. Abbiamo tante buone teste e l’abitudine<br />

a fare belle analisi, ma la politica è attività teorico-pratica. Se<br />

vogliamo essere soggetto politico non possiamo trascurare la seconda<br />

parte dell’attività. Su qualsiasi problema che ci poniamo, occorre uscire<br />

tra la gente e confrontarci sulle cose che abbiamo deciso all’interno.<br />

Questo aspetto può essere ricchissimo di possibilità, anche dal punto di<br />

vista del finanziamento e dell’acquisizione di nuovi iscritti, ma è realizzabile<br />

solo se trasformiamo un corpo significativo di associati in una<br />

percentuale molto più alta di attivisti, cioè di gente che lavora.<br />

Don Milani raccontava che, giovane sacerdote a Firenze, andava in<br />

processione – quelle enormi degli Anni 50 – e quando il prete davanti<br />

diceva “Dio, perdona quelli che non sono in processione”, lui dietro<br />

rispondeva “Dio, perdona noi che non siamo con quelli che non sono<br />

in processione”.<br />

Voglio dire che non dobbiamo parlare sempre fra noi, ben contenti<br />

che la pensiamo tutti allo stesso modo. Per carità, va bene, ma in Italia<br />

ci sono milioni di a-fascisti. I fascisti sono una cosa, poi ci sono gli<br />

antifascisti e poi gli a-fascisti, una massa enorme. La Resistenza ce lo<br />

ha insegnato.<br />

La maggior parte di noi è di sinistra. Prima del fascismo, quando è<br />

finito il biennio rosso, abbiamo perso perché pensavamo di far tutto da<br />

soli: ai reduci gli sparavamo addosso, i piccoli proprietari popolani li<br />

abbiamo buttati in braccio ai fascisti. Con la Resistenza abbiamo finalmente<br />

capito che è meglio stare insieme, tutti gli antifascisti. Non so<br />

fino a che punto questo sia compreso profondamente. Un altro della<br />

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mia generazione, Giorgio Gaber, diceva “se potessi mangiare un’idea<br />

avrei fatto la mia rivoluzione”.<br />

Ci sono delle enunciazioni nei documenti congressuali tutt’altro che<br />

acquisiti nel corpo vivo dell’Associazione. Dobbiamo andare nelle<br />

piazze, davanti alle scuole. C’è Forza Nuova lì? Ci andiamo. Si deve<br />

lavorare per rielaborare una teoria, una ridefinizione dell’arco costituzionale:<br />

quando questi che ci governano stringono patti con Forza<br />

Nuova o CasaPound, noi dobbiamo far saltare il mondo dicendo che si<br />

portano dietro i fascisti dichiarati (oltre a quelli non dichiarati che già<br />

sono moltissimi).<br />

Al di là di questo, abbiamo dei temi molto precisi sui quali siamo<br />

tutti d’accordo, come la Costituzione sotto schiaffo. Però, ripeto, bisogna<br />

uscire fuori: l’idea di cambiare l’Art. 41, per esempio, è una bufala.<br />

Basta un volantino per distruggere quest’idea che l’impresa è libera<br />

ma bisogna che non sia contro la dignità della persona.<br />

Il discorso sulla Magistratura è di una violenza spaventosa e se lo<br />

colleghiamo al bavaglio alla stampa costituisce uno degli ultimi tasselli<br />

di un regime che davvero ormai assomiglia a quello fascista. E su<br />

questo si deve dare battaglia. Poi c’è la scuola pubblica. E a proposito<br />

di quella privata: non abbiamo parlato mai nei documenti della laicità<br />

dello Stato, forse qualcosa si potrebbe dire.<br />

Sui temi sui quali siamo tutti d’accordo si tratta di costruirci i<br />

volantini, metter su il nostro banchetto, le nostre bandiere, andare in<br />

piazza, alla stazione dove passano i pendolari, davanti alla scuola, ai<br />

posti di lavoro. Farci vedere come ANPI e stabilire un contatto con gli<br />

a-fascisti, altrimenti difficilmente acquistiamo consenso e ci rendiamo<br />

visibili. Poi, certo, c’è il discorso dei media, un altro problema.<br />

Serve conciliare la sacrosanta autonomia di ogni punto operativo a<br />

tutti i livelli decisionali dell’ANPI – è da tempo che lo sostengo – con<br />

l’esigenza di avere omogeneità come Associazione. Se noi risulteremo<br />

nell’immaginario collettivo come un gruppo di sbrindellati in cui ognuno<br />

dice la sua, dilapideremmo rapidamente e sciaguratamente un patrimonio<br />

costruito con lacrime e sangue in cinquant’anni.<br />

Come si fa?<br />

Necessita essere più articolati sugli strumenti di disciplina, ma<br />

occorre anche prevenire gli errori intensificando la vita democratica<br />

interna. Facendo circolare di più le informazioni: ad esempio, abituandosi<br />

a verbalizzare le decisioni prese a tutti i livelli (Sezione,<br />

Provinciale, Regionale). Intanto servirebbe a posteriori per verificare<br />

cosa abbiamo fatto e cosa no, ma soprattutto se noi comunichiamo le<br />

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decisioni capillarmente quando qualcuno avverte elementi critici si ha<br />

il tempo di fermarsi e parlarne.<br />

Un’ulteriore questione che attiene al nuovo modo di essere<br />

dell’ANPI, nel senso della costruzione dell’identità che cercavo di<br />

spiegare, è la verifica della reciproca soddisfazione tra Associazione e<br />

nuovi iscritti, dopo che entrambe le parti si sono conosciute un po’<br />

meglio. Ce ne sono altre 250 di questioni ancora aperte, ma ne parlerò<br />

la prossima volta.<br />

216<br />

Bruna Tabarri<br />

ANPI Ravenna<br />

Carissimi amici ed amiche, partigiane e partigiani. Questo nostro<br />

<strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> avviene in un momento storico di grande difficoltà per<br />

la democrazia nel nostro Paese e per la grande tragedia nel<br />

Mediterraneo, proprio vicino a noi.<br />

In Italia gli attacchi alle istituzioni sono pesantissimi e continui:<br />

l’arroganza di questa destra al Governo va al di là di ogni immaginazione<br />

e rammenta Il caimano di Nanni Moretti. Come nel finale del<br />

film, i suoi colpi di coda lasceranno un Paese lacerato moralmente, economicamente<br />

e politicamente. Il Presidente del Consiglio dispone di un<br />

potere enorme di cui si serve per cambiare le regole a suo piacimento.<br />

E quel che appare più strano è che l’Italia (non tutti, naturalmente, ma<br />

tanti) ha accettato supinamente questa situazione. Persone comuni,<br />

intellettuali, imprenditori, professori subiscono, si adeguano alla farsa<br />

di colui che fa ridere il mondo di noi. Quest’uomo e la sua corte hanno<br />

fatto esaltare ed esasperare i lati peggiori del popolo italiano: la superficialità,<br />

l’indifferenza, il disprezzo per le regole, la corruzione.<br />

Alcuni segnali di speranza ci sono: le 10.000 persone affluite al<br />

Palasharp di Milano; il milione di donne, ma anche di uomini, che si<br />

sono ritrovati nelle piazze per la difesa della dignità della donna; il<br />

Popolo Viola che spesso fa sentire la sua voce; la manifestazione del 12<br />

marzo in difesa della Costituzione e della scuola; le grandi feste del 17<br />

marzo per i 150 anni dell’Unità d’Italia.<br />

Intanto il Mediterraneo è in fiamme. Prima la Tunisia, poi l’Egitto,<br />

ora la Libia con la guerra civile e altri focolai nel Nord Africa. La situazione<br />

è diversa in ogni nazione, ma alla base degli scontri ci sono<br />

povertà, mancanza di lavoro e futuro per i giovani, oppressione e corruzione<br />

dei regimi al potere che si sono arricchiti nel corso di decenni.


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L’Occidente, abituato a considerarli Paesi arabi moderati, sembra essere<br />

stato preso alla sprovvista, intento a proteggere i suoi vantaggi economici<br />

e con l’alibi del controllo dell’emigrazione. Improvvisamente<br />

l’Europa scopre che gli arabi, considerati incapaci di autogovernarsi<br />

democraticamente, sono invece capaci di ribellarsi, gridando in difesa<br />

dei diritti e della libertà e non in nome di Allah, come si vorrebbe far<br />

credere. Ma attenzione: da sempre con la diminuzione delle risorse alimentari<br />

e con l’aumento delle difficoltà politiche e sociali, ci sono stati<br />

flussi migratori inarrestabili (vedi quando agli inizi del ’900 tanti europei<br />

emigrarono in America).<br />

E miopi sono stati coloro che non hanno preso, né prendono seriamente<br />

in considerazione questo problema che da anni va preannunciandosi<br />

con sbarchi nel nostro Paese, più o meno costanti, di popolazioni<br />

africane e non. Ciò significa la necessità che proposte e progetti<br />

della sinistra devono tener conto della nascita di una nuova società che<br />

sia capace di tenere insieme popoli di culture, religioni, etnie diverse.<br />

Non è un problema solo di solidarietà. Non possiamo liquidarlo così.<br />

La Libia merita un discorso a parte. Gheddafi è un rais corrotto,<br />

populista e sanguinario. Eppure Italia, Francia e Regno Unito gli hanno<br />

venduto armi. Il nostro capo del governo gli ha baciato le mani come si<br />

usa tra mafiosi. Credo che oggi si debbano usare tutte le forme possibili<br />

di mediazione prima di un intervento bellico, da prendere in considerazione<br />

solo come ultima risorsa. Non possiamo, in ogni caso, rimanere<br />

indifferenti come quando si verificò il genocidio in Ruanda e<br />

l’ONU non intervenne. Le Nazioni Unite hanno la responsabilità di<br />

proteggere le popolazioni minacciate. Anche se non sappiamo ancora<br />

come evolveranno le rivolte, l’ANPI si faccia promotrice di un’iniziativa<br />

che collochi al centro della discussione la democrazia nel<br />

Mediterraneo, per la quale i popoli nordafricani si stanno battendo.<br />

Rispetto a questi due temi, gli attacchi durissimi alle istituzioni e la<br />

pace nel Mediterraneo, credo che il documento nazionale dia risposte<br />

esaurienti nei suoi riferimenti alla Costituzione e nella difesa e ricerca<br />

della pace, sempre. In generale, mi sembra un buon documento che<br />

necessita però di essere alleggerito, reso più snello e in qualche punto<br />

aggiornato. Non c’è, ad esempio, un paragrafo sulle donne, non si parla<br />

di accoglienza dei rifugiati politici, né della mafia. Le discussioni svolte<br />

nei vari Congressi permetteranno di perfezionarlo.<br />

Il <strong>Congresso</strong> di Chianciano, 5 anni fa, ha aperto ai nati dopo la guerra<br />

e ai giovani. I partigiani hanno deciso che l’ANPI doveva vivere e<br />

guardare lontano. Molti di noi si troveranno nella condizione di essere<br />

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testimoni dei testimoni. Qualcuno sostiene che non sarà più la stessa<br />

Associazione. Critiche verranno, anzi sono già arrivate. È vero, forse<br />

non sarà più la stessa ANPI. Ma i suoi princìpi, i suoi valori non moriranno<br />

mai: democrazia, libertà, uguaglianza, laicità. Perché i Partigiani<br />

hanno una cultura che viene da lontano, dal Rinascimento, dalla<br />

Rivoluzione francese, dal Risorgimento, attraverso la Prima guerra<br />

mondiale e la dittatura fino alla Resistenza e alla Costituzione.<br />

Oggi c’è un nuovo fascismo strisciante, che non propina olio di ricino,<br />

ma uccide l’informazione e la scuola, dileggia le istituzioni e la<br />

magistratura, paralizza il Parlamento. L’ANPI deve diffondere la<br />

memoria, difendere la Costituzione e far sì che venga attuata, contribuire<br />

a creare consapevolezza civile e senso di responsabilità, essere<br />

coscienza critica dei partiti antifascisti e democratici. Ognuno deve fare<br />

la sua parte, perché l’obiettivo di tutto un popolo deve essere una Patria<br />

con un governo democratico.<br />

Nel documento si ribadisce che l’ANPI non è un partito e che si<br />

aderisce non per schieramento partitico, bensì per la sua storia, la sua<br />

memoria, i valori e i princìpi. Ebbene, troppe volte si sono riversati<br />

nella nostra Associazione i “mal di pancia” e le frustrazioni tipiche di<br />

un partito. Devono rimanere confinate al loro interno, se non si vuole<br />

far morire l’ANPI. Sulla nostra autonomia non si transige: dobbiamo<br />

unire e non dividere, contribuendo ad amalgamare tutte le forze democratiche<br />

e antifasciste. Insomma, I partiti devono fare i partiti, l’ANPI<br />

è l’ANPI.<br />

218<br />

Francesco Cattaneo<br />

ANPI Lodi<br />

Quarant’anni fa, ai tempi della nostra scuola elementare e media, ci<br />

spiegavano la storia antica. In quella storia risaltava un episodio che,<br />

come spesso avviene, può essere utile ricordare ancora oggi. È la storia<br />

di Mitridate, re del Ponto. Come tutti i satrapi e i tiranni di quel<br />

tempo, e non solo, Mitridate temeva in sommo grado le congiure di<br />

palazzo, e soprattutto di essere avvelenato; per questo si era proposto<br />

di abituarsi al veleno assumendo, giorno dopo giorno, piccole quantità<br />

di arsenico. È quel fenomeno che va sotto il nome di “mitridatizzazione”:<br />

ci si avvelena piano piano da soli per non farsi avvelenare dagli altri.<br />

Ecco, a me sembra che l’area a cui facciamo riferimento, quella<br />

della sinistra, in senso lato, segua un po’ l’esempio di Mitridate: assumiamo,<br />

a piccole dosi, il veleno dell’avversario, convinti così di scam-


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parla e sopravvivere. Le cose, in politica, non vanno mai a questo<br />

modo. Succede il contrario. Il veleno ci entra nelle vene, arriva al cervello,<br />

ci fa cambiare. Allora avvengono fenomeni strani, le parole non<br />

hanno più lo stesso significato di sempre, si verifica un vero e proprio<br />

inquinamento delle parole. Credo sia necessario tornare a una regola<br />

fondamentale: alle cose devono corrispondere i nomi, ai nomi devono<br />

corrispondere le cose. La guerra è guerra, non si può chiamare pace. Il<br />

colonialismo e il neo-colonialismo non sono un sostegno alla lotta per<br />

la democrazia.<br />

Posso dire che la riflessione in questo <strong>Congresso</strong> sui bombardamenti<br />

che proseguono, proprio mentre stiamo discutendo, mi è parsa<br />

molto insufficiente? Solo accenni e rare prese di posizione. Ci stiamo<br />

forse “mitridatizzando” anche noi? Oppure è avvenuto qualcosa di inedito:<br />

tutti uniti per la guerra, senza se e senza ma. Se è così, pagheremo<br />

per questo. Il fascismo è stato prodotto della guerra, la guerra è prodotto<br />

del fascismo. In questa confusione dobbiamo tenere saldi, saldissimi<br />

i nostri principi. L’Art. 11 non può essere stiracchiato fino a fargli<br />

dire il contrario di quello che afferma: igiene delle parole, igiene della<br />

mente.<br />

Carlo Smuraglia sollecitava la condivisione di un sentire comune.<br />

La base, secondo me, non può essere che una conoscenza cercata,<br />

costruita e tramandata. Oggi la cultura antifascista nei suoi elementi<br />

fondamentali – anzitutto nella storia – non è più egemone. Occorre<br />

combattere la battaglia culturale con strumenti adeguati. Propongo che<br />

ogni Comitato provinciale dell’ANPI dia vita a un’università dell’antifascismo,<br />

che formi con continuità e organicità una coscienza comune<br />

nei dirigenti, nei quadri, nei militanti. Uso a bella posta una terminologia<br />

classica, che è più adatta a noi di quella mutuata dai master della<br />

Bocconi che oggi, appunto, costruiscono la mentalità comune dominante.<br />

Un’università dell’antifascismo non accademica, con un nome<br />

pomposo, ma nel senso medievale del termine: libero luogo per una<br />

libera critica, per una libera conoscenza di tutti. Che costruisca una narrazione<br />

critica della storia politica del Novecento, della storia sociale,<br />

della cultura.<br />

Forse è ora di tirar su la testa e rivendicare le nostre belle parole con<br />

il loro significato: chiamiamo pace la pace, guerra la guerra e, senza<br />

timore, chiamiamo sfruttamento lo sfruttamento. Diversamente rischiamo<br />

di fare la fine di Mitridate, re del Ponto, che non morì avvelenato:<br />

un congiurato gli affondò la spada nel petto.<br />

Attenti alle nostre teste.<br />

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Cari compagni, sono un Partigiano di “Giustizia e Libertà” e ho<br />

deciso, nonostante i miei quasi 87 anni, di accettare ancora l’incarico<br />

di Presidente dell’ANPI Provinciale di Bergamo, ruolo che ricopro già<br />

da 60 anni.<br />

Esporrò soltanto i punti fondamentali che propongo a coloro che<br />

sono impegnati in questi momenti per arrivare alle conclusioni del<br />

<strong>Congresso</strong>, durante il quale noi Partigiani abbiamo affrontato le attuali<br />

problematiche relative alla vita della nostra Associazione, mentre i giovani<br />

hanno risposto con precisione alle nostre sollecitazioni. L’augurio<br />

che faccio ai giovani antifascisti di oggi è che le vicende del nostro<br />

Paese non impongano loro in futuro di fare i Partigiani.<br />

Ebbene, chiedo a nome della mia delegazione che nei documenti<br />

conclusivi vengano tenuti presenti i seguenti punti.<br />

1) L’ANPI è stata fondata dai Partigiani, siamo un’Associazione<br />

autonoma che vuole continuare ad esserlo. Non dobbiamo accettare<br />

alcuna interferenza di partiti, correnti, sindacati. Siamo e dobbiamo<br />

continuare a essere l’ANPI. Ritengo opportuna la proposta di un regolamento<br />

interno, che però non comporti modifiche allo Statuto.<br />

2) Noi che abbiamo fatto la Resistenza, conquistato la libertà e la<br />

Carta Costituzionale, siamo stati riconosciuti come combattenti per la<br />

libertà, l’indipendenza e l’unità del nostro Paese. Oggi siamo minacciati<br />

da proposte di legge infami che intendono arrivare alla nostra<br />

equiparazione con le milizie nazifasciste della RSI. Tali proposte offendono<br />

le verità della Storia.<br />

3) Porto a conoscenza dell’Assemblea l’iniziativa che l’ANPI<br />

Provinciale di Bergamo sta realizzando per la ristrutturazione della<br />

“Malga Lunga”, teatro dello scontro tra i partigiani della 53ª Brigata<br />

“Garibaldi” e i fascisti della Tagliamento, nel novembre 1944. In questo<br />

luogo storico troverà posto il Museo multimediale della Resistenza bergamasca.<br />

Per il primo lotto di lavori abbiamo avuto un valido contributo<br />

in ore di lavoro dei nostri compagni e abbiamo speso centinaia di<br />

migliaia di euro, raccolti faticosamente soprattutto dalle Sezioni e dai cittadini.<br />

Adesso dobbiamo chiedere un aiuto a tutti: all’ANPI <strong>Nazionale</strong> e<br />

alle pubbliche e private istituzioni. Vogliamo portare a termine questa<br />

nostra opera: aiutateci affinché il museo possa diventare un centro di formazione<br />

storico-culturale soprattutto per le giovani generazioni.<br />

Grazie.<br />

220<br />

Salvo Parigi<br />

ANPI Bergamo


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Luigi Marino<br />

ANPI Napoli<br />

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Chiedo scusa del ritardo ma ero impegnato nei lavori della<br />

Commissione Elettorale.<br />

Stiamo assistendo a una crisi dello Stato: anche ieri è risuonata<br />

nella nostra discussione l’espressione “scontro tra le istituzioni”. No,<br />

amici e compagni, si tratta di un vero e proprio attacco unilaterale alle<br />

istituzioni repubblicane: al Presidente della Repubblica, al Parlamento,<br />

ai partiti, al sindacato, alla Magistratura e al Consiglio Superiore, alla<br />

Corte Costituzionale.<br />

Viviamo anche una crisi dei valori, ma non voglio soffermarmi a<br />

lungo sugli squallidi avvenimenti del presente. Soltanto, ricordo a me<br />

stesso che dopo la P2 si è organizzata la P3 e la P4, come scrive anche<br />

Tina Anselmi. Una profonda crisi di valori e una crisi economico-sociale<br />

sulla quale non c’è altro da aggiungere.<br />

Nel corso del dibattito si è detto anche di usare meno retorica. Di<br />

tutti i Partigiani che ho incontrato ho sempre ammirato la sobrietà, la<br />

modestia e l’umiltà. Oggi però si insulta la memoria cambiando persino<br />

la toponomastica, i nomi delle strade; si insulta quando Dell’Utri<br />

dice che bisogna riscrivere i libri scolastici di storia; si insulta quando<br />

si sostiene che bisogna “demitizzare” la Resistenza; si insulta coi libri<br />

di Giampaolo Pansa, ai quali non si è data adeguata risposta, perché<br />

quegli episodi tragici sono derivati dalle efferatezze dei repubblichini<br />

di Salò; si insulta con il tentativo di mettere sullo stesso piano le vittime<br />

e i carnefici. Abbiamo tanta memoria da far rivivere, senza<br />

retorica.<br />

Il comandante Francia lo sa, il nostro compagno Manzi sa bene che<br />

si è lottato per anni per poter dare una medaglietta – non un risarcimento<br />

– agli “schiavi di Hitler”, ai detenuti nei lager nazisti. Per non<br />

parlare poi della vicenda “armadio della vergogna”: molta documentazione<br />

non è ancora acquisibile per i caveat dei ministeri della Difesa,<br />

degli Interni e degli Esteri. In relazione a questo, basta citare il fatto che<br />

la Jugoslavia chiese l’estradizione di 1.300 criminali fascisti italiani,<br />

mai concessa perché erano cambiate le alleanze internazionali<br />

dell’Italia.<br />

Più che revisionismo, possiamo affermare che ci troviamo di fronte<br />

a un “sovversivismo storiografico”, come lo ha definito Gaetano<br />

Arfè, grande storico italiano, Partigiano in Valtellina e che considero<br />

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uno dei miei maestri. Allora niente retorica, ma una memoria ragionata<br />

dei fatti. E, oltre a questo, abbiamo da condurre una vera e propria<br />

battaglia culturale. Dopo la caduta del muro di Berlino, per intenderci,<br />

si sono offuscati i valori di uguaglianza e solidarietà, dell’interesse<br />

pubblico che deve sempre prevalere su quello privato. Quando bisogna<br />

recuperare terreno sui valori, non lo si ottiene in breve tempo. Richiede<br />

una lotta difficile e di lunga durata, che non può essere portata avanti<br />

solo dall’ANPI, contro la disinformazione, la xenofobia, l’omofobia,<br />

contro la deriva individualistica, edonistica, consumistica, contro la<br />

manipolazione delle coscienze e il modello di vita imposto dalla televisione.<br />

Oltre a quello culturale, c’è bisogno di antifascismo sociale.<br />

Provengo dal Ministero del Lavoro: lo Statuto dei lavoratori fu il risultato<br />

di un possente movimento. A quella legislazione siamo giunti dopo<br />

aspre lotte, dopo tanti sindacalisti assassinati in Sicilia, dopo Avola,<br />

tanto per citare fatti avvenuti nel Sud. Compagni, a quei tempi Vittorio<br />

Valletta guadagnava 25 volte di più rispetto a un operaio FIAT. Oggi<br />

siamo a un rapporto 1 a 500. I precari di varia natura nel nostro Paese<br />

sono sette milioni. Se la politica non affronta questi problemi chi lo<br />

farà? A questo si aggiunga la perdita di valore dei salari e delle pensioni.<br />

Tutto questo è il risultato del decantato e salvifico “mercato”.<br />

Abbiamo visto cos’è successo con la crisi economica: la Caritas calcola<br />

mezzo milione di poveri in più. Potrei continuare la lista con gli<br />

attacchi alla scuola pubblica, all’acqua pubblica. Compagni, è chiaro<br />

che l’acqua è pubblica di per sé, ma se è pubblica alla fonte deve arrivare<br />

pubblica fino al rubinetto di casa.<br />

L’ANPI, nella sua autonomia dai partiti e dai sindacati, deve condurre<br />

queste grandi battaglie per difendere la legislazione sociale italiana,<br />

costata decenni di lotta del movimento operaio. Il capitalismo<br />

non potrà mai risolvere il problema della piena occupazione o del futuro<br />

delle nuove generazioni. Questo deve essere chiaro!<br />

Difesa della Costituzione significa difesa dei princìpi e dei valori<br />

affermati nei ”rapporti etico-sociali”, nei “rapporti civili”, nei “rapporti<br />

politici”, ma anche nei “rapporti economici”, stabiliti all’Art. 41, ora<br />

sotto attacco, e agli Artt. 42 e 43. Quando andiamo a dire ai giovani che<br />

“la Repubblica è fondata sul lavoro” e loro sono disoccupati, esasperati,<br />

non sanno cosa fare, può suonare retorico se non diciamo che la difesa<br />

della Costituzione passa anche attraverso la difesa dei valori affermati<br />

al Titolo III, cioè l’attuazione di quel progetto sociale prefigurato<br />

dalla nostra Carta.<br />

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Ho sentito l’intervento del rappresentante della Comunità israelitica<br />

sulla Shoah: sei milioni di ebrei sterminati. Aggiungo anche i tre<br />

milioni e trecentomila sovietici morti nei lager nazisti, i “sottouomini<br />

slavi”. E gli omosessuali, gli zingari e tanti altri. In un numero della<br />

rivista Giano del compianto Prof. Luigi Cortesi si parlava di Olocausti,<br />

al plurale. Lo voglio ricordare anche a me stesso, per dovere verso i 25<br />

milioni di morti e i 50 milioni di feriti e invalidi dell’Unione Sovietica.<br />

L’Europa può essere un antidoto ai nuovi fascismi, ma l’Europa<br />

della Resistenza non è nata ancora. La Resistenza l’hanno fatta gli italiani,<br />

ma anche milioni di jugoslavi, greci, francesi, norvegesi e tanti<br />

altri. Abbiamo ancora un grande ruolo da svolgere.<br />

Una notazione, che mi sta veramente a cuore: Antonio Pizzinato,<br />

amico e compagno di lunga data, ha citato Genova e il luglio ’60 dicendo<br />

che avvenne “senza l’ANPI”. No, compagni, mi permetto di correggere,<br />

sicuramente “con l’ANPI”, poiché fu immediatamente costituito<br />

il Comitato Federativo della Resistenza, sulla falsariga del CLN.<br />

Quella della memoria è una battaglia che non riusciremo a vincere da<br />

soli, se non saremo in grado di intessere un rapporto con tutto l’associazionismo<br />

democratico e progressista del nostro Paese.<br />

Infine, sul coordinamento regionale ritengo si debba restare alla lettera<br />

dello Statuto. Guai se un tale coordinamento potrà essere inteso<br />

come un’istanza gerarchica superiore: ripeteremmo gli errori dei partiti,<br />

soffocando la passione e il volontariato dei compagni che operano<br />

nei Comitati provinciali.<br />

Ernesto Nassi<br />

ANPI Roma<br />

Compagni, credo che questo <strong>Congresso</strong> – ho ascoltato tutti gli interventi<br />

dalla prima seduta, tranne oggi che ero impegnato nei lavori della<br />

Commissione Regolamento e Statuto – vada considerato storico, perché<br />

vede per la prima volta nell’ANPI antifascisti e Partigiani insieme.<br />

Proprio oggi questo è un segnale fondamentale, specialmente per i<br />

giovani che siedono al fianco dei “ragazzi” della Resistenza che con la<br />

loro presenza ci ricordano quello che è stato il fascismo, il nazismo, la<br />

guerra e la lotta Partigiana. E tutti i nostri Caduti che hanno perso la<br />

vita affinché noi oggi fossimo un Paese quantomeno democratico,<br />

quantomeno libero.<br />

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Proprio per questo non possiamo pensare di celebrare un <strong>Congresso</strong><br />

rituale. Da questa assise dobbiamo uscire con delle proposte forti che<br />

raggiungano tutti i cittadini italiani e particolarmente quelli che si riconoscono<br />

nell’antifascismo e nella democrazia.<br />

Se non lo facessimo tradiremmo il sacrificio di quei ragazzi morti<br />

nella guerra di Liberazione. È nostro dovere impegnarci per portare i<br />

valori dell’ANPI e la parola dei partigiani in tutto il territorio nazionale,<br />

dove ora l’Associazione è presente grazie all’impegno dei compagni<br />

del <strong>Nazionale</strong> che, finalmente, sono riusciti a raggiungere anche<br />

il Sud.<br />

Non è sufficiente, però, aver fatto degli iscritti. Ora dobbiamo portare<br />

avanti la cultura di chi ha fatto la lotta di Liberazione e far capire<br />

a chi ha abbandonato quei valori, a chi non li ha più voluti seguire, che<br />

essi costituiscono l’unica arma di cui siamo in possesso per sconfiggere<br />

il decadimento morale e civile del nostro Paese. Non possiamo più<br />

assistere impotenti a questa situazione. Occorre reagire, e chi può farlo<br />

se non l’Associazione dei Partigiani d’Italia? Dobbiamo approntare<br />

una serie di iniziative comuni, da Udine fino a Caltanissetta, scegliendo<br />

su cosa puntare. E c’è molto da scegliere: impegniamoci sull’antifascismo<br />

che è l’anima dell’Italia democratica; sui valori della guerra<br />

di Liberazione e della lotta Partigiana; sulla Costituzione che è il nostro<br />

Vangelo, per chi crede nei valori cattolici. È fondamentale prendere l’iniziativa.<br />

Cari compagni, non possiamo più limitarci a discutere di quanto<br />

succede nel Paese, siamo la barzelletta d’Europa! Mentre venivo ho<br />

letto una dichiarazione di quell’imbecille – tale lo definisco – del ministro<br />

Bossi che dice: “Niente soldi agli immigrati, ributtiamoli fuori”. È<br />

questa l’Italia che vogliamo? Un Paese razzista, che condanna a morte<br />

dei disperati che arrivano illudendosi di trovare l’America? Non credo,<br />

perciò dobbiamo scendere in piazza, al fianco di chi lotta per i propri<br />

diritti nel mondo del lavoro, per la propria condizione sociale, di chi<br />

viene espulso da questa società. Perché ce lo hanno insegnato i<br />

Partigiani quando hanno combattuto per un’Italia diversa e hanno voluto<br />

fosse scritto nella Costituzione. Guardate, la nostra Carta è straordinaria,<br />

ha una risposta per ogni cosa.<br />

Siamo stufi di vedere questi signori – i leghisti, in modo particolare<br />

– che rispondono alle domande con il dito alzato, che non partecipano<br />

alle manifestazioni per l’Unità d’Italia, che insultano l’Inno italiano<br />

e la bandiera Tricolore, simboli dell’Unità in nome della quale migliaia<br />

di giovani antifascisti hanno lottato, per un’ Italia diversa da prima.<br />

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Ebbene, è possibile anche denunciarla questa gente, perché non rispetta<br />

la Costituzione avendo giurato di rispettarla. L’Art. 54 recita: “chi<br />

ricopre cariche pubbliche ha il dovere di rispettarle con onore e con<br />

disciplina”. Compagni, è ora di farlo, denunciamo questa gente, devono<br />

andare fuori dai piedi!<br />

A mio avviso dobbiamo tenere una grande manifestazione, il 2 giugno,<br />

caro compagno Pizzinato, non a Milano ma a Venezia, sotto casa<br />

di quella signora che espone sempre il Tricolore in occasione dei raduni<br />

leghisti. Sono di questo tipo i segnali da lanciare al Paese.<br />

Per fare ciò abbiamo necessità di due cose, che espongo molto rapidamente.<br />

Riprendere la cultura che ha animato i ragazzi che hanno fatto<br />

la guerra di Liberazione e istituire, da subito, dei corsi storici per le<br />

nostre Sezioni e i nostri iscritti. Va rilanciata la storia della guerra di<br />

Liberazione e dell’antifascismo, che ha visto migliaia di giovani lottare<br />

e morire per un’ideale.<br />

Un’altra cosa: non assistiamo in silenzio agli attacchi da parte dei<br />

fascisti. Un esempio, ci è giunta comunicazione che a Viterbo 20-30<br />

squadristi di Casa Pound sono entrati a una mostra di quadri e fotografie<br />

mandando tutto all’aria, mentre la Digos faceva finta di niente e<br />

si girava dall’altra parte. Ebbene, dobbiamo pretendere l’applicazione<br />

delle leggi Scelba e Mancino e chi non le fa rispettare – poliziotti, carabinieri,<br />

chiunque sia – va denunciato. Questo dobbiamo fare.<br />

Compagni, dobbiamo svegliarci, per riportare nel Paese la voglia di<br />

lottare contro una situazione che ci sta avvilendo, ci sta riducendo a<br />

pupazzi, va sconfitta questa cultura del pressappochismo e del vacuo.<br />

Per tornare alla agli ideali che hanno animato – torno a ripeterlo, per<br />

l’ennesima volta – i compagni che hanno fatto la guerra di Liberazione,<br />

i compagni che hanno sofferto nelle carceri, mandati al confino, torturati.<br />

Abbiamo commesso un errore mortale iniziando il <strong>Congresso</strong> il 24<br />

marzo, l’anniversario della strage delle Fosse Ardeatine. Avremmo<br />

potuto slittare di un giorno o trovare un’altra data, perché per noi quell’eccidio<br />

è l’emblema della tragedia del popolo italiano sotto l’occupazione<br />

nazifascista. La scelta probabilmente è stata fatta con superficialità.<br />

Ma noi dobbiamo sconfiggere anche la superficialità, tornando a<br />

essere come i nostri compagni della Resistenza. Perché questa è un’altra<br />

lotta di Liberazione, la tanto attesa liberazione da questa gentaglia<br />

che ci sta governando.<br />

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Ciò che sta avvenendo nell’Africa settentrionale costituisce una<br />

situazione nuova e per alcuni versi inaspettata in quel continente. E<br />

anche l’Asia esprime il tentativo di numerose nazioni di affrancarsi<br />

dalle dittature da cui sono oppresse. Le moltitudini di persone che<br />

manifestano e chiedono l’affermazione dei diritti civili, politici e sociali,<br />

evidenziano come il tema della dignità e della democrazia sia ancora<br />

oggi obiettivo decisivo per affermare l’autodeterminazione dei popoli.<br />

La loro lotta impone all’Italia e all’Europa la definizione di posizioni<br />

e di proposte di azione politica che possano sostenere per davvero<br />

l’avvio e lo sviluppo del percorso democratico in questi Paesi.<br />

Se sul versante internazionale ci troviamo di fronte a un nuovo<br />

“vento di democrazia”, su quello nazionale dobbiamo purtroppo constatare<br />

la presenza di un governo inadeguato e di un presidente del<br />

Consiglio impresentabile, in Italia e all’estero. Questione morale, conflitto<br />

di interessi, politiche che hanno ridotto spazio ai diritti individuali<br />

e collettivi, sono gli aspetti più evidenti del suo inaccettabile operato.<br />

Oltre a quelli di carattere etico, infatti, è evidente come non abbia<br />

saputo o voluto affrontare seriamente la pesante crisi economica che<br />

attanaglia l’Italia e dare una risposta positiva alla disoccupazione giovanile,<br />

che in diverse parti del Paese sfiora ormai il 30%. L’Italia ormai<br />

rischia il declino economico e sociale, oltre a quello politico.<br />

È un Paese che non merita un governo come questo, ed è per il bene<br />

dell’Italia che se ne vada al più presto. L’ANPI come si colloca in questo<br />

difficile contesto? Qual è il profilo politico che deve caratterizzare<br />

la sua azione in futuro? L’ANPI non è un partito, l’abbiamo detto tutti,<br />

e non è, non può diventare la casa del centrosinistra. In questo dibattito<br />

congressuale abbiamo definito il nostro sodalizio come<br />

un’Associazione che si propone di assumere un ruolo di memoria storica,<br />

di coscienza critica della società italiana, di garante della<br />

Costituzione e della sua piena applicazione. Sono gli aspetti, determinanti,<br />

a mio avviso, per disegnare la sua identità e connotare il suo profilo<br />

politico. Per una più chiara definizione di tali caratteristiche è però<br />

necessario gestire questa fase importante di transizione coinvolgendo<br />

nei livelli di direzione i cosiddetti antifascisti, operando per un rinnovamento<br />

dei quadri dirigenti in una logica di solidarietà intergenerazionale<br />

e di passaggio del testimone.<br />

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Ardemia Oriani<br />

ANPI Milano


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Vi sono però alcuni nodi politici che il <strong>Congresso</strong> non ha affrontato<br />

del tutto e che vanno sciolti per il futuro dell’ANPI. Cosa intendiamo<br />

per antifascismo oggi? Qual è il rapporto da tenere con le istituzioni,<br />

in particolar modo se governate dal centrodestra? I due aspetti<br />

vanno definiti in modo chiaro. Soprattutto per i giovani, che vedono<br />

nell’ANPI un forte riferimento valoriale ma talvolta interpretano l’antifascismo<br />

in una chiave esclusivamente militante e antagonista.<br />

Anziché operare per una giusta critica politica e svolgere una battaglia<br />

democratica volta a garantire l’applicazione del dettato costituzionale,<br />

essi disconoscono il ruolo delle istituzioni “non amiche” e negano, di<br />

fatto, la loro stessa esistenza.<br />

L’ANPI si deve muovere in una chiara logica di autonomia dei partiti,<br />

ma non può essere indifferente nei confronti della situazione politica<br />

nelle città e a livello nazionale. Deve lavorare per un’evoluzione<br />

democratica della società, che passa anche attraverso una riforma elettorale<br />

capace di ridare parola agli elettori nella selezione della classe<br />

dirigente del Paese. Infine, l’ANPI non può non sviluppare un dibattito<br />

al suo interno relativo al tema del federalismo. È in corso una delicata<br />

e importante riforma dello Stato con lo spostamento di poteri verso<br />

le Regioni e gli enti locali. Essa può portare, per un verso, alla definizione<br />

di uno Stato federale, basato su una chiara unità nazionale, con la<br />

certezza di diritti universali esigibili in tutte le realtà locali e con uno<br />

sviluppo positivo delle autonomie. Oppure, come vorrebbero alcune<br />

forze politiche, verso la strada della frammentazione se non addirittura<br />

della secessione.<br />

È la strada del federalismo solidale che dobbiamo scegliere, con il<br />

punto fermo della Costituzione repubblicana che abbiamo contribuito a<br />

realizzare: contro chi la vuole rimettere in discussione, dobbiamo pretendere<br />

la sua piena applicazione.<br />

Lorenzo Marconi<br />

ANPI Macerata<br />

Buonasera compagni e compagne, il 24-26 giugno 2006 gli italiani<br />

chiamati a pronunciarsi sulle modifiche alla Costituzione hanno risposto<br />

con un secco No anche grazie a una campagna referendaria condotta<br />

insieme a molti democratici e antifascisti. Si è trattato di un fatto<br />

molto importante che dovremmo valorizzare maggiormente, perché – a<br />

pochi anni da quel grande risultato – ci troviamo di fronte a un nuovo<br />

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attacco alla Costituzione, che si esercita su due terreni: attraverso proposte<br />

di modifica di articoli specifici e, al contempo, più subdolamente<br />

ma concretamente, attraverso modifiche puntuali alla legislazione<br />

ordinaria che, invece di dare attuazione al dettato costituzionale, introducono<br />

cambiamenti che lo contraddicono.<br />

In aggiunta e di nuovo, riemerge la proposta di avviare i lavori di<br />

un’Assemblea Costituente da parte di chi, evidentemente, considera la<br />

Carta vigente ormai superata e non vincolanti le modalità di revisione<br />

previste dall’Art. 138. Quando si torna a insistere sulla necessità<br />

dell’Assemblea Costituente si afferma implicitamente che l’Italia<br />

necessita di un assetto istituzionale diverso da quello scaturito dalla<br />

lotta di Liberazione e dalla Resistenza. E a poco vale il richiamo formale<br />

alla non modificabilità dei princìpi della prima parte, in quanto<br />

essi rimangono tali solo se supportati e coordinati con gli altri articoli.<br />

Penso sarebbe necessario comprendere i motivi di una tale pressione<br />

o, meglio, di questo continuo attacco alla nostra Costituzione e perché<br />

prosegua nonostante il chiaro pronunciamento popolare. Un aiuto<br />

ci può venire dal considerare le conseguenze dell’attuale congiuntura<br />

che, originatasi dalla grande crisi finanziaria internazionale, si è poi trasformata<br />

in crisi economica. Tale situazione ha costretto gli Stati a tirare<br />

fuori denaro fresco per salvare il sistema bancario e così facendo<br />

sono state sottratte risorse per il finanziamento dei servizi ai cittadini,<br />

per gli investimenti, per il pagamento del debito pubblico. Gli Stati<br />

hanno scelto di privilegiare interventi di contenimento delle spese e<br />

degli investimenti a scapito delle azioni di promozione e sviluppo dello<br />

stato sociale e degli altri interventi di attuazione del dettato costituzionale<br />

in tema di diritti (alla salute, all’istruzione, alla rimozione degli<br />

ostacoli di ordine economico e sociale che limitano di fatto la libertà e<br />

l’uguaglianza dei cittadini). Sono stati messi in discussione i diritti dei<br />

lavoratori e molto altro che non è necessario ripetere perché richiamato<br />

ampiamente negli interventi che mi hanno preceduto.<br />

A me interessa sottolineare la necessità anche per l’ANPI di capire<br />

quello che sta avvenendo, di connetterlo e leggerlo in funzione delle<br />

misure e dei cambiamenti che sempre più mettono in discussione i<br />

valori e gli orientamenti costituzionali. È un’esigenza di approfondimento<br />

che ci può permettere di comprendere meglio i meccanismi, gli<br />

orientamenti e le stesse ideologie che stanno alla base di questi interventi<br />

e pesano in modo determinante sulle scelte dei governi. Anche<br />

perché non sono solo i governi di centrodestra che adottano politiche<br />

restrittive e antipopolari ma anche quelli di centrosinistra. Abbiamo<br />

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bisogno di capire perché l’egemonia neoliberista riesce a condizionare<br />

così pesantemente le politiche dei governi sia in Italia che in Europa.<br />

Ed è sempre più urgente rispondere a una domanda fondamentale:<br />

come facciamo a difendere e dare attuazione alla Costituzione se non<br />

riusciamo a costruire strategie, orientamenti e politiche capaci di<br />

opporsi alla manomissione delle conquiste e dei progressi realizzati in<br />

tanti anni grazie al rilevante contributo dei Partigiani e dell’ANPI? C’è<br />

la necessità di interloquire con le forze politiche democratiche per<br />

sostenere e promuovere orientamenti che caparbiamente ripropongano<br />

la nostra Costituzione e i suoi contenuti e valori come la strada maestra<br />

per uscire dalla crisi.<br />

Concludo con un’osservazione. Il 17 marzo, 150° dell’Italia unita,<br />

si sono tenute cerimonie ufficiali con la deposizione di corone ai monumenti<br />

ai Caduti ed è stata data lettura del messaggio col quale il ministro<br />

della Difesa ha fatto un excursus sugli elementi caratterizzanti un<br />

secolo e mezzo della nostra storia.<br />

Ebbene, è stato omesso il riferimento alla Resistenza e alla lotta di<br />

Liberazione. Una tale mancanza non può essere accettata: si trattava di<br />

celebrazioni ufficiali alle quali eravamo presenti, chiedo che l’ANPI<br />

esprima la propria riprovazione per questo atteggiamento gravemente e<br />

intenzionalmente omissivo. Grazie.<br />

Adriano Leone<br />

ANPI Biella<br />

Siamo un po’ tutti stanchi, il tempo è poco, quindi mi concentrerò<br />

solo su un argomento.<br />

La gioventù colta che esce dalle nostre Università, che ha in tasca<br />

dottorati di ricerca e master, vive in Italia una vita grama. Viene tenuta<br />

fuori, oltre che dal mercato del lavoro, dalle Università, dal CNR e dai<br />

centri di ricerca. Simili a merce sovrabbondante, inutile, i nostri giovani<br />

laureati sono lasciati nel buio dei depositi per mancanza di mercato.<br />

Si attende da un momento all’altro che arrivi lo sviluppo e si possa metterli<br />

all’opera. Ma l’idea che si debbano attendere lo sviluppo e la crescita<br />

economica per dar lavoro ai nostri laureati, per valorizzare cultura<br />

e competenze, appartiene – con tutta evidenza – all’ambito delle non<br />

poche superstizioni che annebbiano la mente del nostro ceto politico e<br />

dirigenziale. Al contrario si imporrebbe una progettualità politica articolata<br />

di alto profilo per impedire che un’intera generazione veda del<br />

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tutto sprecata la sua formazione, le sue competenze, gli sforzi economici<br />

delle famiglie e dello Stato e la vita stessa.<br />

Se si riflette sulla collocazione che nella geografia economica internazionale<br />

e persino nell’immaginario l’Italia ha assunto come Paese<br />

delle bellezze artistiche, del paesaggio, della musica, della creatività,<br />

della cultura umanistica, una classe dirigente degna di questo nome<br />

investirebbe tutto sull’utilizzo del capitale umano che questi giovani<br />

rappresentano. E invece proprio in questa sfera i segnali di questi ultimi<br />

anni mostrano drammaticamente una totale insipienza, anzi, assistiamo<br />

a una vera e propria regressione. Nell’ultimo ventennio l’invecchiamento<br />

all’interno delle università italiane è stato impressionante.<br />

La percentuale dei docenti al di sotto dei 45 anni si è praticamente<br />

dimezzata, passando dal 60 al 32% del totale. Nel giro di 5 o 6 anni<br />

molti grandi atenei, soprattutto nelle facoltà a indirizzo umanistico,<br />

dalle quali sono usciti i nostri più illustri intellettuali del passato, saranno<br />

privi di docenti e ridotti a dimensioni insignificanti. È una situazione<br />

molto grave, mentre credo che in campo artistico-culturale ci sia<br />

grande potenzialità di lavoro per la nostra gioventù. E il nostro Paese<br />

ne avrebbe primariamente bisogno.<br />

Non colpisce tanto il balbettio ormai consueto del ceto politico –<br />

anche in altri campi, peraltro, qualunque sia la sua collocazione e lo<br />

schieramento – quanto davvero stupisce il silenzio del mondo delle<br />

imprese. Forse è la nostra ingenuità la causa dello stupore, fondato sull’illusione<br />

che gli imprenditori italiani abbiano una qualche idea sul<br />

futuro industriale dell’Italia, oltre la scadenza del prossimo mese. Ma i<br />

nostri manager, pubblici o privati, hanno occhi sufficientemente attenti<br />

per vedere quanto in altri Paesi si investe nella formazione di giovani<br />

intellettuali? Penso di sì. Sicuramente ne hanno coscienza, ma poi<br />

tornano in Italia e si inginocchiano davanti al presidente del Consiglio<br />

di un governo screditato che interpreta le relazioni tra i grandi Paesi col<br />

metodo della pacca sulla spalla, delle barzellette, dei festini allegri.<br />

Il silenzio sommesso, il brusio delle forze intellettuali, del ceto politico,<br />

del mondo imprenditoriale, dei media, del corpo accademico,<br />

appare forse il segno più inquietante di un’Italia che ha scelto consapevolmente<br />

di mettersi da parte, di star fuori dalla scena del mondo nel<br />

prossimo futuro. Ora, se queste considerazioni sull’importanza che ha<br />

la cultura nello sviluppo economico nel nostro futuro sono veritiere –<br />

come ritengo – se ne deve dedurre che un maggior compito ne deriva<br />

alle associazioni democratiche e culturali di cui l’ANPI è parte.<br />

L’Associazione affronta con questo <strong>Congresso</strong> un nodo cruciale<br />

230


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

della propria storia. Oggi siamo chiamati a disegnare il “nuovo”. Siamo<br />

di fronte a scelte importanti che potrebbero trasformare l’ANPI in presenza<br />

culturale, oltre che politica, molto importante. Ma se vale la considerazione<br />

che le grandi carenze culturali sono alla base dei ritardi<br />

dello sviluppo, anche economico, parimenti ciò vale per l’Associazione<br />

e per i nostri compiti nuovi. Questi avranno gambe solo se oltre alla<br />

richiesta di partecipazione dei cittadini si chiederà uno sforzo nostro e<br />

della classe intellettuale, della classe colta del Paese per aprire una<br />

forte discussione sui temi della democrazia.<br />

I sentimenti nobili, gli elevati stati d’animo – e la nostra storia è<br />

piena di grandi sentimenti, di slanci ideali – sono belli, ma di sola retorica<br />

si può anche morire. È necessario che partendo dal nostro interno<br />

si sviluppi dunque una seria e prolungata ricerca capace di dare senso<br />

compiuto alle espressioni “associazione aperta” e “nuova stagione”. È<br />

questione vitale riempirle di significato e completezza. Insomma, che<br />

si diano gambe, vere e forti, a ciò che ora è solo una proclamazione<br />

d’intento.<br />

È stata importante l’adesione all’ANPI di molti personaggi della<br />

cultura e vorrei ricordare che la nostra storia – dell’ANPI e della sinistra<br />

– è sempre stata caratterizzata da rapporti forti con la classe intellettuale:<br />

da Moravia a Calvino, a Fo, a Carlo Galante Garrone.<br />

Altrettanto importante è che questo dialogo, questa ricerca di dialogo,<br />

prosegua.<br />

Non potrei tornare a Biella senza parlarvi di quest’ultima cosa<br />

estremamente importante, ma molto breve. Si tratta di un’esperienza<br />

scolastica del Circolo studentesco dell’ANPI “Bowes-Miller”.<br />

Il Circolo è nato due anni fa in seguito a un lavoro degli alunni di<br />

2ª e 3ª media di Mosso, un comune del biellese. Una ricerca scolastica<br />

su due ex prigionieri di guerra che hanno combattuto con i Partigiani<br />

sulle nostre montagne: si tratta del neozelandese Frank Bowes e dell’australiano<br />

Harry Miller. Nel 1944, i due soldati sono stati fucilati con<br />

altri cinque Partigiani della 2ª brigata “Garibaldi”, proprio a Mosso. I<br />

ragazzi hanno svolto una ricerca molto approfondita che ha ottenuto,<br />

tra gli altri, il risultato di rintracciare i familiari dei due Caduti e iniziare<br />

con loro una fitta corrispondenza. Nel 2008, i ragazzi accompagnati<br />

dai loro insegnanti si sono recati in viaggio di studio in Nuova<br />

Zelanda, sulle tracce dei due militari e per incontrarne i familiari.<br />

L’anno successivo, il figlio di Frank Bowes è giunto in Italia per l’inaugurazione<br />

di una lapide alla memoria di quei Martiri. In questi due<br />

anni i ragazzi, passati alle superiori, sono rimasti in contatto tra loro e<br />

231


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

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QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SESTA<br />

SEDUTA<br />

con i progetti della loro vecchia scuola, dando vita al Circolo studentesco<br />

ANPI “Bowes-Miller” che conta l’adesione di insegnanti, 12 ex<br />

alunni, e altri 17 scolari di 2ª e 3ª media. Questo dimostra quanto la storia<br />

può essere affascinante per i ragazzi, l’importante però è che non<br />

consista in un approccio retorico e calato dall’alto, ma in un nostro<br />

accompagnamento alle loro ricerche. Grazie.<br />

232


SEDUTA CONCLUSIVA<br />

Centro Congressi<br />

“Torino Incontra”<br />

domenica 27 marzo 2011<br />

ore 9.30<br />

Presiede i lavori: Antonio Pizzinato


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

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QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SEDUTA<br />

CONCLUSIVA<br />

La sesta seduta del <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI si è<br />

aperta con la rinuncia all’intervento, per motivi di tempo, di 55 delegati<br />

che ne avevano fatto richiesta (i testi consegnati alla Presidenza sono<br />

raccolti nel presente volume, sezione Interventi e documenti depositati).<br />

I lavori sono proseguiti con l’approvazione all’unanimità del verbale<br />

della Commissione Verifica Poteri che ha dichiarato valido, a tutti gli<br />

effetti, il <strong>Congresso</strong>.<br />

Sempre all’unanimità sono state approvate, poi, la Relazione finanziaria,<br />

presentata da Carla Argenton a nome del Comitato <strong>Nazionale</strong><br />

uscente, e la Relazione del Collegio dei Revisori dei Conti (entrambi i<br />

testi sono consultabili alla sezione Documenti approvati).<br />

Successivamente, il Coordinatore della Commissione Regolamento e<br />

Statuto, Manfredo Manfredi, ha illustrato il risultato dei lavori di predisposizione<br />

di un regolamento dell’ANPI. Il testo ha affrontato i vari<br />

argomenti articolando alcune norme riguardo alle nuove iscrizioni, ai<br />

soci, alle Sezioni, ai Comitati Provinciali, al Coordinamento femminile.<br />

Su altre questioni, come i Comitati Regionali, i finanziamenti, l’anagrafe<br />

degli iscritti e l’incompatibilità, la Commissione ha demandato al<br />

Comitato <strong>Nazionale</strong> la competenza per scelte che possono comportare,<br />

in alcuni casi, la previsione di modifiche statutarie. Dopo un breve<br />

dibattito, la Presidenza dell’Assemblea ha posto in votazione la proposta<br />

di assumere l’elaborato della Commissione come base per suggerimenti<br />

e integrazioni delle ANPI Provinciali e Regionali e in vista di successiva<br />

deliberazione del Comitato <strong>Nazionale</strong> (proposta approvata con<br />

15 contrari e 11 astenuti); il testo-base della Commissione Regolamento<br />

e Statuto, in particolare, è stato approvato con 15 voti contrari e 22<br />

astenuti.<br />

A seguire, l’Assise si è soffermata sul Documento Politico finale che<br />

è stato illustrato dal Coordinatore della Commissione Politica, Carlo<br />

Smuraglia.<br />

235


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

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SEDUTA<br />

SEDUTA<br />

CONCLUSIVA<br />

La Commissione Politica del <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI<br />

ha operato con l’aiuto di un comitato ristretto che ha predisposto i lavori,<br />

avvalendosi soprattutto della collaborazione di Nazareno Re, autore<br />

di un lavoro istruttorio veramente prezioso per il quale va ringraziato.<br />

Poi, in sede plenaria, è proseguita l’elaborazione del Documento finale<br />

con la partecipazione di tutti in un clima perfetto,.<br />

La Commissione ha concluso i lavori all’unanimità, stralciando<br />

solo un punto sul quale vi era discussione e che coincide con quanto<br />

trattato dalla Commissione Regolamento. Tutto il resto, appunto, è<br />

stato deciso all’unanimità: sia ciò che è stato approvato, sia ciò che è<br />

stato respinto. La nostra proposta, se non ci sono osservazioni particolari,<br />

è di prendere atto delle decisioni della Commissione. Mi è stato<br />

chiesto, però, di chiarire preliminarmente il senso del lavoro complessivo<br />

che è uscito dalla Commissione.<br />

Il Documento Politico che avete di fronte è il testo base del<br />

Comitato <strong>Nazionale</strong> sul quale si sono svolti tutti i Congressi<br />

Provinciali, arricchito con i contributi da essi prodotti. Questo significa<br />

che quello finale non è un altro documento né, tanto meno, un documento<br />

alternativo. È semplicemente il documento fondamentale di base<br />

arricchito dalla partecipazione e dall’esperienza di tutti. Era molto<br />

importante che ciò avvenisse, proprio perché tale contributo arriva dai<br />

Congressi nei quali sono avanzate le forze nuove e hanno partecipato<br />

anche i giovani e coloro che hanno fornito novità di comunicazione e<br />

contenuto. Di tutto questo si è cercato di tenere conto per quanto possibile.<br />

La questione più rilevante – sollevata e discussa fin dall’inizio –<br />

che emerge dal documento è quella sull’identità dell’ANPI. Pur aggiornata<br />

secondo le esigenze, essa deve rimanere quella tradizionale, tenendo<br />

la barra dritta sulla nostra storia, sui contenuti della nostra attività e<br />

sulle sue finalità: antifascismo, ripudio della guerra e della violenza in<br />

ogni sua forma, sviluppo della persona umana, dei cittadini, dei lavoratori,<br />

uguaglianza di diritti, riconoscimento di pari opportunità per<br />

tutti, valorizzazione effettiva delle donne e del contributo dei giovani<br />

come patrimonio imprescindibile.<br />

Rinnovamento nella continuità, è la parola d’ordine che si unisce a<br />

quella di fedeltà ai valori della Resistenza e dell’antifascismo. Questo<br />

236<br />

Carlo Smuraglia<br />

Coordinatore Commissione Politica


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SEDUTA<br />

CONCLUSIVA<br />

è il contenuto essenziale del Documento che indica la prospettiva per il<br />

futuro. Consultando il testo distribuito, ognuno potrà verificare in quale<br />

modo sono state recepite le tantissime indicazioni pervenute. Molte<br />

erano uguali o simili e sono state accorpate, alcune sono state riscritte<br />

per essere inserite in modo da integrarsi col testo base. Oltre agli emendamenti,<br />

la Commissione ha esaminato numerosi Ordini del Giorno<br />

depositati: anch’essi sono stati approvati, respinti o assorbiti all’unanimità.<br />

* * *<br />

Dal dibattito in Aula sono emerse alcune ulteriori integrazioni, poi<br />

il testo definitivo è stato messo ai voti e approvato con 2 contrari e 2<br />

astenuti. Per altri Ordini del Giorno, invece, si è proceduto a votazioni<br />

separate per ogni singolo documento: l’OdG sulla Libia è approvato<br />

con 2 voti contrari e 4 astensioni; l’OdG sulla campagna referendaria<br />

è approvato con 1 voto contrario e un’astensione; l’OdG sui<br />

Comitati Regionali, formulato dalla Commissione Politica, è approvato<br />

con 34 voti contrari e 24 astensioni. Approvati all’unanimità gli<br />

OdG riguardanti: gli Istituti Storici della Resistenza, presentato dalla<br />

Commissione Politica; la tortura; il Progetto di legge Fontana; la<br />

targa di Voghera.<br />

Tutti i documenti politici ratificati dal <strong>Congresso</strong>, nella loro versione<br />

definitiva, sono inseriti nella sezione Documenti approvati.<br />

Il passaggio successivo dei lavori d’Aula è stato dedicato all’elezione<br />

degli organi dell’ANPI.<br />

Il Coordinatore della Commissione Elettorale, Lino Michelini, ha<br />

proposto i nuovi componenti del Collegio dei Revisori dei Conti,<br />

approvati con 2 astensioni.<br />

Marisa Ombra ha illustrato i criteri di composizione del nuovo<br />

Consiglio <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI, ridotto dai 360 componenti uscenti a<br />

circa 220, in vista della sua evoluzione da organo consultivo a strumento<br />

con maggior carattere di funzionalità e più precisi obiettivi di<br />

lavoro. Oltre ai membri del Comitato <strong>Nazionale</strong>, ne faranno parte i<br />

Presidenti dei Comitati Provinciali e Regionali, i Segretari provinciali,<br />

i Revisori dei Conti, aggiungendo a essi la presenza di ulteriori 40<br />

donne (non in funzione di quote riservate ma per garantire e assicura-<br />

237


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

SEDUTA<br />

TERZA<br />

SEDUTA<br />

QUARTA<br />

SEDUTA<br />

QUINTA<br />

SEDUTA<br />

SEDUTA<br />

CONCLUSIVA<br />

re al consesso l’apporto essenziale del punto di vista femminile) e gli<br />

invitati delle Sezioni estere. La nuova struttura è approvata con 1 voto<br />

contrario e 5 astenuti; l’elenco delle donne con 8 astensioni.<br />

Luciano Guerzoni ha proposto la conferma di Tino Casali a<br />

Presidente Onorario dell’ANPI, avvenuta per acclamazione, e la lista<br />

dei componenti della Presidenza Onoraria (approvata con 3 astensioni).<br />

Per quanto riguarda il Comitato <strong>Nazionale</strong> è stato suggerito, per<br />

una maggiore funzionalità, un allargamento da 27 a 37 membri, attraverso<br />

il meccanismo di cooptazione previsto dallo Statuto. I nominativi<br />

dei primi 27 componenti sono stati approvati dall’Assemblea con 5<br />

voti contrari e 13 astensioni; i 10 membri da cooptare nella prima<br />

riunione del Comitato <strong>Nazionale</strong>, vengono approvati con 6 voti contrari<br />

e 11 astensioni.<br />

Nella sezione Organismi dirigenti eletti, in fondo al presente volume,<br />

è riportato l’elenco completo dei nuovi componenti il Comitato<br />

<strong>Nazionale</strong>, la Presidenza Onoraria, il Collegio dei Revisori dei Conti.<br />

In conclusione di seduta è giunto il saluto a tutti i delegati del<br />

Presidente di turno dell’Assemblea e del Presidente <strong>Nazionale</strong> uscente.<br />

238<br />

Antonio Pizzinato<br />

Presidente dell’Assemblea<br />

Siamo giunti alla conclusione – care delegate e cari delegati – del<br />

<strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>, assemblea storica poiché si è svolta in coincidenza<br />

con il 150° anniversario dell’Unità d’Italia.<br />

Un’unificazione ritrovata dopo il fascismo, la guerra e l’occupazione<br />

grazie alla lotta di Liberazione. Grazie ai valori in cui hanno creduto<br />

e per i quali si sono battuti i Partigiani, le donne, le staffette, i<br />

comandanti, i combattenti della montagna, le operaie e gli operai delle<br />

fabbriche. Quei princìpi si sono tradotti non solo nella ricostruzione<br />

dell’Unità e dell’indipendenza del nostro Paese ma nella Repubblica<br />

democratica fondata sul lavoro e nella Costituzione che implementa gli<br />

ideali della Resistenza.<br />

Con la conclusione del nostro <strong>Congresso</strong>, dobbiamo far decollare la<br />

nuova stagione dell’ANPI. Con una forza rinnovata, radicata nel territorio,<br />

affinché l’Associazione divenga sempre più la casa di tutti gli<br />

antifascisti e di tutti i democratici, coscienza critica della società nel<br />

presente, difficile momento. Affinché la nuova fase dell’Unità d’Italia


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

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SEDUTA<br />

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SEDUTA<br />

CONCLUSIVA<br />

faccia vivere nuovamente i valori della Resistenza, attraverso la difesa<br />

della Carta fondamentale e, soprattutto, per la sua piena attuazione, a<br />

partire dalla battaglia sui quattro quesiti referendari.<br />

Contemporaneamente, nell’attuale realtà, dobbiamo renderci protagonisti<br />

di una battaglia per la pace e la democrazia nel mondo che sappia<br />

incarnare il dettato dell’Art. 11 della Costituzione.<br />

Due impegni segneranno, da subito, il nostro cammino dopo la<br />

svolta impressa alla nostra vita associativa su tutto il territorio nazionale:<br />

la prima tappa, la più importante, anche perché vicina alla data<br />

delle elezioni, è il prossimo 25 aprile. Rappresenterà l’apertura della<br />

nuova stagione della Resistenza.<br />

Il secondo momento sarà il 2 giugno: dallo scorso anno, infatti,<br />

l’ANPI e la Cgil hanno trasformato questa ricorrenza in una Festa della<br />

Costituzione, oltre che della Repubblica. Ciò non significa solo organizzare<br />

una manifestazione nazionale, ma dare vita a un grande movimento<br />

in tutto il Paese per far comprendere a chi è nelle istituzioni e<br />

governa che si deve lavorare per attuare pienamente la nostra Carta<br />

fondamentale e rimuovere gli ostacoli che non consentono parità di<br />

diritti e pari dignità.<br />

È con questo spirito – care delegate e delegati, cari amici e cari<br />

compagni – che devono continuare a vivere i valori della Resistenza.<br />

Oggi e sempre.<br />

Grazie per la vostra partecipazione, grazie per il contributo che<br />

darete nella nuova stagione dell’ANPI, grazie e auguri di buon lavoro.<br />

Raimondo Ricci<br />

Presidente <strong>Nazionale</strong> ANPI<br />

Un saluto fraterno a tutti voi – compagne, compagni e amici intervenuti<br />

al <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> – è con un senso di profonda emozione<br />

che desidero abbracciarvi.<br />

Credo di interpretare il pensiero di tutti coloro che sono legati<br />

all’ANPI da decenni, il nostro comune sentire, il nostro modo di stare<br />

insieme discutendo e lavorando per il raggiungimento degli obiettivi<br />

comuni, affermando che non una sola generazione ma l’intesa tra esse<br />

e tra tante persone di ogni età, permetterà di realizzare con pienezza<br />

princìpi, valori e ideali che la lotta di Liberazione nazionale ha trasferito<br />

nella Costituzione repubblicana.<br />

È con questo sentimento di commozione che vorrei salutare, augu-<br />

239


SEDUTA DI<br />

APERTURA<br />

SECONDA<br />

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SEDUTA<br />

SEDUTA<br />

CONCLUSIVA<br />

rando che l’ANPI, nel proseguire la sua attività, possa essere sempre<br />

più incisiva nell’azione per condurre l’Italia fuori dalle difficoltà e<br />

dalle secche in cui è stata condotta. Per celebrare, tutti noi, insieme,<br />

presto, il ritorno di un’autentica democrazia nella nostra Patria, obiettivo<br />

fondamentale dell’Associazione di cui siamo parte.<br />

Viva l’ANPI, viva la Patria, viva la nostra condivisione, il nostro<br />

accordo, uomini e donne, giovani e anziani, tutti insieme per la conquista<br />

dei grandi princìpi della libertà, della coesione, della giustizia,<br />

del progresso dell’Italia.<br />

240


MESSAGGI<br />

PERVENUTI AL CONGRESSO


N.d.R. - I messaggi sono pubblicati in ordine alfabetico.


L’Ambasciatore palestinese in Italia, in occasione del <strong>15°</strong><br />

<strong>Congresso</strong> nazionale, invia all’ANPI i più cordiali saluti e auguri di<br />

buon lavoro ed esprime il suo vivo apprezzamento per l’attenzione<br />

dell’Associazione nella difesa ed attuazione dei diritti universali nello<br />

spirito della Costituzione.<br />

In particolare ringrazia l’ANPI di Reggio Emilia per aver realizzato<br />

in Palestina una scuola materna che ospita 130 bambini, intestata<br />

al partigiano Giuseppe Carretti e inaugurata da qualche mese<br />

a Seilat ad Daer.<br />

Sabri Ateyeh<br />

Ambasciatore palestinese<br />

in Italia<br />

Caro Presidente,<br />

è con grande affetto che voglio salutare i partecipanti e le partecipanti<br />

al <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI. Un <strong>Congresso</strong> che si<br />

svolge in un momento particolarmente difficile per il nostro Paese e<br />

per il contesto internazionale, denso di preoccupazioni per il futuro.<br />

Penso che, tanto più di fronte al disagio e alla sfiducia crescente<br />

di tanti cittadini, l’impegno quotidiano di Arci e ANPI possa offrire<br />

un contributo prezioso per l’animazione culturale delle comunità,<br />

la ricostruzione del tessuto della partecipazione civile e delle relazioni<br />

sociali.<br />

Le esperienze dell’associazionismo sono spesso veri e propri presidi<br />

di resistenza al dilagare dell'individualismo, delle derive securitarie<br />

e razziste, dell'impoverimento culturale. Lavoriamo per contrastare<br />

ogni forma di discriminazione, promuovere la capacità di<br />

autorganizzazione delle persone, rendere realmente praticati nella<br />

vita quotidiana delle nostre comunità i princìpi della Costituzione e<br />

la democrazia.<br />

In questo senso penso che sia fondamentale il percorso che<br />

l’ANPI sta facendo per favorire l’incontro e la “contaminazione” tra<br />

generazioni diverse, tra chi ha fatto la Resistenza e chi invece può<br />

leggerla solo sui libri.<br />

L’Arci è molto interessata a questo vostro progetto. Non a caso<br />

nella nostra associazione è recentemente nata anche una Sezione<br />

ANPI dedicata alla memoria di Tom Benetollo, antifascista ma non<br />

partigiano. Pensiamo che oggi, di fronte alla crisi morale e politica<br />

243<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

244<br />

del Paese, sia tanto più importante tornare ad attingere ai valori che<br />

animarono la Resistenza. Insieme, le nostre associazioni possono<br />

fare molto per aiutare le nuove generazioni a coltivare la memoria<br />

del passato come strumento essenziale per costruire il futuro.<br />

Con questo auspicio, a nome di tutta l’Arci porgo a te e a tutti<br />

voi i più sinceri auguri di buon lavoro per il vostro <strong>Congresso</strong>.<br />

Paolo Beni<br />

Presidente <strong>Nazionale</strong> Arci<br />

Care Partigiane, cari Partigiani,<br />

Cari amici e compagni,<br />

Vi ringrazio per avermi invitato a partecipare al <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong><br />

<strong>Nazionale</strong> dell’ANPI. I valori che l’ANPI custodisce assumono ancor<br />

più rilievo nell’anno in cui celebriamo il 150° anniversario dell’Unità<br />

d’ltalia.<br />

La Resistenza è stata uno dei momenti più alti e significativi della<br />

nostra storia unitaria e noi abbiamo il dovere di trasmetterne il significato<br />

alle nuove generazioni. Libertà giustizia, uguaglianza, furono<br />

i valori che ispirarono gli uomini e le donne della Resistenza, valori<br />

che continuano a essere alla base della convivenza civile.<br />

Dobbiamo perciò impegnarci in una battaglia ideale affinché<br />

non sia consentito a nessuno di riscrivere la storia inventandone<br />

un’altra. Dobbiamo rispondere alla mistificazione di chi vorrebbe<br />

rappresentare la Resistenza come un conflitto tra fazioni e non come<br />

la lotta di un popolo per riconquistare la libertà perduta. Abbiamo<br />

dei doveri di verità verso il nostro passato ma uguali doveri li abbiamo<br />

verso il futuro della Repubblica. Dobbiamo preservare la democrazia<br />

dai germi del populismo e dell’autoritarismo che deforma il<br />

meccanismo di decisione democratica e, senza accorgercene, ci fa<br />

perdere pezzi di libertà. Viviamo un tempo complicato dove la crisi<br />

del sistema democratico rischia di sommarsi a una crisi economica e<br />

sociale drammatica. Tuttavia ai rischi che pure vediamo ben chiari<br />

davanti a noi, dobbiamo rispondere con la fiducia nel popolo italiano<br />

che non accetterà mai né la disarticolazione dell’Unità nazionale,<br />

né un’involuzione autoritaria. La nostra Stella polare rimane la<br />

Costituzione italiana che è il lascito più importante che viene dalla<br />

Resistenza a fondamento della Repubblica.<br />

Abbiamo la Costituzione, è la più bella del mondo, basta leg-


gerla per capire che è ancora molti passi avanti a noi e che siamo<br />

noi a dover correre per raggiungerla. L’art. 3 della Carta, ad esempio,<br />

esprime in maniera perfetta I’idea che avevano i Padri<br />

Costituenti di costruire un Paese nel quale I’uguaglianza fra tutti i cittadini<br />

avrebbe dovuto essere non solo formale ma sostanziale.<br />

Tuttavia questo è anche il tempo per lanciare una sfida positiva<br />

al Paese: la sfida di chi unisce e non divide, di chi tiene fermi i princìpi<br />

e abbatte gli steccati per portare in un tempo nuovo la fiaccola<br />

delle nostre idee. Oltre il ponte, è il titolo di una struggente canzone<br />

dedicata alla Resistenza, e oltre il ponte è il luogo da raggiungere<br />

per portare nel futuro I’ltalia.<br />

Buon lavoro per il <strong>Congresso</strong> e fraterni saluti.<br />

Pierluigi Bersani<br />

Segretario <strong>Nazionale</strong><br />

Partito Democratico<br />

Cari amici e compagni partigiani dell’ANPI,<br />

sono impedito a muovermi da Bologna. Ma voglio esprimere<br />

affettuosamente la solidarietà della FIAP e mia al Vostro <strong>Congresso</strong>,<br />

che è anche nostro, come riunione di tutti coloro che difendono la<br />

Costituzione per la quale abbiamo combattuto, e che reca l’impronta<br />

delle più alte voci d’Italia.<br />

L’attività dell’Associazione Partigiana continua necessaria e<br />

benemerita per ricordare a tutti gli italiani da quale patrimonio di<br />

sacrifici, di generosità, di volontà e di solidarietà ideale è nata la<br />

nostra libertà. I tempi sono oscuri, e ci chiedono di non abbassare<br />

la guardia.<br />

Auspico che il <strong>Congresso</strong> vorrà sottolineare il pericolo di un progressivo<br />

distacco delle forze oggi al governo dall’impegno di tutelare<br />

la vita delle Associazioni Partigiane, nelle quali a sessantasei anni<br />

dalla fine della guerra confluiscono nuove generazioni di giovani. I<br />

figli e i nipoti dei Partigiani saranno portatori di una memoria vitale<br />

per la nostra Repubblica.<br />

Abbimi, carissimo Presidente, con un abbraccio affettuoso.<br />

Francesco Berti Arnoaldi Veli<br />

Presidente <strong>Nazionale</strong> FIAP<br />

Federazione Italiana<br />

Associazioni Partigiane<br />

245<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

246<br />

Sono sempre vicinissimo all’ANPI e faccio quel che posso da<br />

giornalista e da ex partigiano.<br />

Giorgio Bocca<br />

Giornalista e scrittore<br />

Cari amici dell’ANPI,<br />

mi dispiace molto non poter essere fisicamente presente al Vostro<br />

<strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>, ma sappiate che il mio cuore, il mio affetto,<br />

la mia riconoscenza sono con voi in questi giorni.<br />

L’ANPI svolge un ruolo prezioso e insostituibile nel richiamarci<br />

tutti alla responsabilità della democrazia. Non si tratta solo di trasmettere,<br />

come fate da sempre con grande forza, la memoria della<br />

Resistenza, ma di ricordarci il legame inscindibile tra la memoria e<br />

l’impegno. In un frangente storico in cui la si vorrebbe cambiare o<br />

piegare a fini non democratici, la Costituzione ha bisogno più che<br />

mai del contributo di ciascuno di noi. Sono parole, le sue, incompatibili<br />

con l’adesione formale, l’indifferenza, il ripiegamento nei propri<br />

interessi, la rassegnazione.<br />

La Carta nata dalla Resistenza ci chiede oggi di continuare a<br />

resistere. Di impegnarci ogni giorno perché la dignità e la libertà di<br />

tutte le persone siano rispettate e alimentate, perché non esistano privilegi,<br />

disuguaglianze, forme di povertà materiale e culturale, di razzismo<br />

e discriminazione. Perché anche sotto la spinta di una società<br />

vigile e corresponsabile, la politica riscopra i suoi contenuti etici,<br />

torni a essere politica sobria, trasparente e volta al bene comune.<br />

Grazie di cuore allora per quello che fate. Un caro saluto da un<br />

vostro affezionato iscritto. Un forte, forte abbraccio.<br />

don Luigi Ciotti<br />

Associazione Libera<br />

Care compagne e cari compagni,<br />

come molti di voi già sanno, per motivi di salute non posso essere<br />

fisicamente presente al nostro <strong>Congresso</strong>. Non potevo però far mancare<br />

a tutti voi il mio più caro saluto e augurio di buon lavoro. Con<br />

esso vorrei proporvi alcune brevi riflessioni come contributo alla<br />

discussione.<br />

Il nostro <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> si svolge in una fase davvero molto delicata<br />

e complessa. Ci troviamo in una situazione di vuoto democratico<br />

caratterizzato da un contrasto inedito tra diverse istituzioni, una<br />

manifesta inadeguatezza della classe dirigente – sempre più incapace<br />

di avanzare proposte e screditata nel Paese e a livello interna-


zionale – una perdurante debolezza delle forze di opposizione sul<br />

piano programmatico e soprattutto nella capacità di aggregare,<br />

mobilitare, organizzare energie sociali e intellettuali, una preoccupante<br />

divisione delle organizzazioni sindacali. Un vuoto democratico,<br />

perché in questa situazione le medesime istituzioni democratiche<br />

vengono trascinate nella crisi perdendo autorevolezza e il loro ruolo<br />

di guida e di garanzia, creando appunto un vuoto pericoloso che<br />

priva i cittadini di punti di riferimento.<br />

Vuoto ancora più grave in un contesto di pesantissima crisi economica<br />

che penalizza maggiormente le fasce più deboli, e in particolare<br />

i giovani e il mezzogiorno. Vi sono rischi elevati che questo<br />

vuoto sia riempito da tentazioni autoritarie, sorrette da spinte localistiche<br />

e corporative, dalla rabbia, da un lato, di chi non ha più niente<br />

da perdere e dal tentativo, dall’altro, di difendere piccoli e grandi<br />

privilegi. Vuoto ancora più grave di fronte ai sommovimenti che<br />

agitano in queste settimane la sponda sud del Mediterraneo. Alle<br />

spinte positive all’emancipazione e alla democratizzazione si<br />

accompagnano in effetti i rischi di forti tensioni etniche e religiose<br />

che coinvolgono larghe masse di diseredati in un territorio che le<br />

grandi potenze, per ragioni strategiche ed economiche, pretendono<br />

di tenere sotto controllo.<br />

Se questo è lo scenario occorre anche per noi, per l’ANPI, uno<br />

scatto di analisi e di iniziativa. Dobbiamo tutti noi essere fieri ed<br />

orgogliosi di vedere in questi giorni sfilare per le strade del nostro<br />

Paese migliaia di giovani che sventolano la Costituzione. Quella<br />

stessa Costituzione per la quale si sono battuti, anche con il sacrificio<br />

della vita, i giovani Partigiani di allora. Questa storia, che passa<br />

per la vita di molti di noi, diventa oggi non un cimelio del passato<br />

ma la bandiera del futuro i cui contenuti i giovani sapranno arricchire<br />

con le loro esperienze e le loro speranze.<br />

Dobbiamo al contempo riconoscere che abbiamo anche grandi<br />

responsabilità perché in questo contesto come ANPI possiamo e dobbiamo<br />

svolgere un ruolo assai rilevante. Insieme alla orgogliosa difesa<br />

della memoria storica, dobbiamo e possiamo sviluppare una forte<br />

iniziativa politica proponendoci come punto di riferimento per i giovani,<br />

gli intellettuali, per tutti coloro che vogliono riempire democraticamente<br />

quel vuoto di cui parlavo prima.<br />

Per questo è necessario mettere in campo energie nuove.<br />

Dobbiamo farci carico di una vasta e coraggiosa opera di rinnovamento<br />

capace di aggregare e nominare in posizioni dirigenti forze<br />

nuove. Il compito di noi vecchi Partigiani non può che essere quello<br />

di passare al più presto il testimone a chi per ragioni anagrafiche<br />

247<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

248<br />

non lo è stato, ai Partigiani di oggi e di domani. Solo in questo modo<br />

faremo dell’ANPI un’istituzione viva, capace di rappresentare e<br />

organizzare in ogni fase storica le migliori energie del paese.<br />

Il contributo dei vecchi Partigiani – e statene certi sicuramente il<br />

mio – non verrà a mancare. Il futuro del nostro Paese ha bisogno di<br />

un ANPI forte e combattiva; l’ANPI ha bisogno che entrino in campo<br />

i Partigiani del futuro.<br />

Armando Cossutta<br />

Vice Presidente<br />

<strong>Nazionale</strong> ANPI<br />

Caro Presidente, care compagne e compagni Partigiani,<br />

cari amici, nuove leve dell’ANPI della libertà e dell’antifascismo,<br />

vi ringrazio vivamente, anche a nome del PdCI, per l’invito a partecipare<br />

al vostro <strong>Congresso</strong>, che si annuncia, per il momento in cui<br />

si svolge e per ciò che l’ANPI rappresenta per la democrazia italiana,<br />

come un evento di straordinaria importanza. Il filo con cui avete<br />

voluto giustamente collegare le celebrazioni del 150° dell’Unità<br />

d’Italia alla Vostra Assemblea, mette in evidenza quanto sia stata<br />

grande, nel tempo, la comunanza di ideali e di passione patriottica<br />

tra Risorgimento e Resistenza. Nati entrambi dal desiderio di libertà,<br />

di giustizia, di uguaglianza e, assieme al fervore di donne e di uomini<br />

d’eccezione, da moti di popolo grandi e generosi.<br />

Ed è sorte comune oggi per il Risorgimento e per la Resistenza di<br />

essere oggetto anche di attacchi infami, di travisamenti, di interpretazioni<br />

calunniose che bisogna respingere sdegnosamente in nome<br />

della verità ma che dimostrano quanto la storia di questo Paese<br />

possa essere esposta a pericoli gravi e attraversata da periodi bui e<br />

di involuzione. Sono riflussi che ci impongono il dovere di salvaguardare<br />

e di difendere costantemente le conquiste democratiche.<br />

Oggi, lo sapete bene, un pericolo, e grave, per la democrazia italiana<br />

esiste. Al di là del populismo e dei comportamenti a dir poco<br />

scomposti del presidente del Consiglio, pende sulla vita e sull’assetto<br />

della Repubblica l’attacco inaudito, lacerante che egli porta, con<br />

una maggioranza di governo raccattata, alla Costituzione.<br />

Un governo che incapace di fronteggiare i problemi della crisi<br />

economica pensa di risolvere le pesanti pendenze del premier<br />

davanti alla giustizia, scardinando il principio fondamentale dell’indipendenza<br />

della Magistratura e quello della divisione dei poteri<br />

dello Stato.<br />

E ancora un premier che dopo aver praticato la politica della


genuflessione davanti a Gheddafi passa di ora in ora a quella opposta<br />

della guerra – violando la Carta costituzionale ed esponendo a<br />

gravi rischi il territorio nazionale – poi a un ”atto di dolore” per l’amico<br />

dittatore e infine alla rivendicazione delle leve di comando dell’attacco<br />

contro di lui. Una via diversa da quella delle bombe, delle<br />

stragi, della guerra può e deve essere trovata. Di fronte a questa<br />

situazione la sola via per difendere la Costituzione è quella che voi<br />

conoscete e che ha portato al successo la Resistenza.<br />

È il richiamo alla coerenza e all’unità di tutte le forze realmente<br />

democratiche, è la creazione di un fronte e di un’ampia mobilitazione<br />

di massa che abbia obiettivo di liberare l’Italia dall’ipoteca di<br />

Berlusconi e del berlusconismo. Senza tentennamenti, tergiversazioni,<br />

pasticci e accordi cosiddetti bipartisan.<br />

Penso che tra i presìdi democratici di questo Paese da cui può<br />

venire una poderosa spinta in questa direzione, il vostro sia il più<br />

consapevole, il più generoso, il più prestigioso. E sono certo che<br />

l’Italia democratica avrà ancora una volta il vostro aiuto.<br />

Per quanto mi riguarda e riguarda direttamente il mio partito,<br />

posso dirvi che l’impegno unitario del PdCI entro la Federazione<br />

della Sinistra e nel Paese è pieno e totale. Come, nell’interesse delle<br />

classi lavoratrici e per il futuro delle giovani generazioni, è totale il<br />

nostro impegno di lotta non solo per la difesa ma per l’attuazione<br />

piena della Costituzione, sempre avversata con tutti i mezzi dalla<br />

destra.<br />

Una Costituzione che delinea non solo nei princìpi ma anche nei<br />

programmi, una società democratica avanzata e che attuata pienamente<br />

porterebbe il nostro Paese ad avere un nuovo modello di sviluppo,<br />

la piena occupazione, un’espansione dei diritti delle lavoratrici<br />

e dei lavoratori, una vera affermazione delle pari opportunità,<br />

una nuova concezione del diritto alla salute, alla sicurezza, allo studio.<br />

E porterebbe al rifiorire della scuola, dell’università, della scienza,<br />

della ricerca, delle arti.<br />

Un Paese impegnato per la pace, l’amicizia fra i popoli, nella<br />

tutela delle minoranze, contro le discriminazioni, il razzismo, la<br />

fame, la miseria. È questo l’orizzonte immediato per noi, che ci proviene<br />

dal nostro patrimonio politico e di lotta e che certamente<br />

appartiene a tante e a tanti, moltissimi di voi.<br />

Auguri di buon lavoro e di un felice risultato per questo vostro<br />

<strong>Congresso</strong> e un abbraccio.<br />

Antonino Cuffaro<br />

Presidente Partito<br />

dei Comunisti Italiani<br />

249<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


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INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

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Caro Presidente, Care delegate e delegati,<br />

in occasione dell’avvio dei lavori del vostro <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong><br />

<strong>Nazionale</strong>, mi è gradita l’occasione – a nome mio e di tutta la<br />

Federazione Italiana Volontari della Libertà, Associazione che mi<br />

onoro di presiedere – per ringraziarvi dell’invito a portare un indirizzo<br />

di saluto alle autorità, ai dirigenti e ai congressisti tutti. Lo faccio<br />

con viva cordialità, convinto della necessità che tutto il mondo<br />

Partigiano, articolato in diverse – ma non contrapposte – forme associative<br />

debba tornare ad essere ascoltato dalla società italiana.<br />

Come Presidente F.I.V.L. sono anch’io, come voi, in prima linea<br />

in questa stagione della storia italiana per far conoscere e richiamare<br />

l’importanza dell’esperienza Partigiana nella fondazione e<br />

nello sviluppo della democrazia in Italia. Per questo non posso che<br />

essere lieto del fatto che il vostro <strong>Congresso</strong>, introdotto da un importante<br />

documento politico-programmatico che ho avuto modo di leggere<br />

e apprezzare in molte sue parti, prenda oggi l’avvio sulle ali di<br />

un titolo importante e impegnativo: “Più forza all’antifascismo, più<br />

futuro per la democrazia”.<br />

L’esperienza dell’antifascismo e della lotta Partigiana, che ho<br />

sperimentato personalmente come molti di voi, sono stati, per me e<br />

per la mia generazione, lo sbocco naturale di una volontà di “liberazione”<br />

– individuale e collettiva – dall’oppressione fisica, ideologica,<br />

culturale e morale del Fascismo che, come una piovra, schiacciava<br />

la dignità del popolo italiano.<br />

Dopo sessantasei anni, la speranza di vedere, da parte degli italiani,<br />

una piena condivisione dei valori e degli ideali che la lotta<br />

Partigiana incarnò, sostenne, difese e sancì nella Carta costituzionale<br />

– scritta col sangue dei Caduti, che mai potremo dimenticare –<br />

sembra ancora destinata a rimanere insoddisfatta. Non si è ancora<br />

finito di “fare resistenza”, anche oggi.<br />

L’attuale situazione politico-istituzionale, che unisce a una diffusa<br />

situazione di incertezza e di sfiducia legata alla crisi economica un<br />

generale sconcerto per le fibrillazioni del sistema politico italiano<br />

(non aliene anche a situazioni di imbarazzo, che coinvolgono personalità<br />

di primo piano del mondo politico nazionale), ci spinge non<br />

solo a richiamare gli italiani alle proprie responsabilità, ma anche a<br />

interrogarci su quali siano le modalità più efficaci per farlo.<br />

Per l’esperienza che, dal 1948, ha contraddistinto il nostro impegno<br />

come F.I.V.L., la via maestra da seguire è quella di ripartire dal<br />

basso, dall’impegno e dalla partecipazione dei cittadini; i giovani di<br />

ieri con i giovani di oggi, i Partigiani di allora con le nuove genera-


zioni, hanno oggi il comune e reciproco impegno di “prendersi cura<br />

dell’Italia”.<br />

Con quali strumenti? Con quelli che troviamo scritti nei 139 articoli<br />

e nelle 18 disposizioni transitorie della Costituzione repubblicana;<br />

quelle norme che, nate “sui monti ventosi e nelle catacombe delle<br />

città”, per dirla con le parole della Preghiera del Ribelle di Teresio<br />

Olivelli, hanno garantito all’Italia sessantasei anni di pace, nei quali<br />

ha potuto divenire un Paese democratico, darsi istituzioni e regole<br />

certe, fondate sul rispetto e la promozione della persona umana,<br />

sulla divisione e sull’equilibrio dei poteri, sul rifiuto della violenza e<br />

del razzismo, a difesa e compimento dei diritti inalienabili dell’uomo.<br />

Oggi, tuttavia, c’è il rischio che il frutto di quella straordinaria<br />

stagione che condusse dalla Resistenza alla Costituente possa essere<br />

messo radicalmente in discussione, non già da esigenze di modernizzazione,<br />

ma da interessi particolari in cerca di vie brevi per la<br />

soddisfazione dei propri desideri: anche a discapito dell’equilibrio<br />

dei poteri, del rispetto delle istituzioni democratiche, del diritto naturale<br />

delle donne e degli uomini a essere liberi e felici.<br />

Oggi siamo chiamati, come Partigiani, a difendere quella<br />

Costituzione che nacque dalla nostra esperienza di lotta e di entusiasmo<br />

per la libertà. Ma non dobbiamo cadere nell’errore di farne<br />

un oggetto da mettere sotto tutela. La Costituzione è forma viva dello<br />

stare insieme di una nazione; è la fonte giuridica generatrice dei<br />

diritti e dei doveri, è la carta dei valori che identifica un popolo, è<br />

suscitatrice di pensiero democratico: non sminuiamo a una posizione<br />

di parte, da difendere su uno scacchiere di guerra – ancorché verbale<br />

e mediatica – ma rilanciamone la sua universalità.<br />

Non facciamo della Costituzione un monumento intangibile, ma<br />

dichiariamo con forza che essa è un corpo vivo e pensante: non<br />

immaginiamola come un cippo marmoreo, ma come un fiore da coltivare,<br />

di cui prendersi cura, da annaffiare e nutrire perché fiorisca,<br />

e porti frutto. Amiamola, perché essa ha bisogno dell’amore di tutti<br />

i cittadini, della familiarità di tutte le donne e gli uomini d’Italia che,<br />

in via di risveglio da un torpore caduto sulle menti e sui cuori delle<br />

nostre genti, oggi ci chiama a un nuovo impegno, insieme ai giovani.<br />

Vecchi e giovani Partigiani hanno, in questa stagione, il compito<br />

di difendere la Costituzione facendola amare, non per un semplicistico<br />

o malinteso amor di Patria ma per trarre, ancora una volta, le<br />

ragioni vere che ci permettono di chiamarci “popolo”, “nazione” e<br />

dunque realmente e intimamente “fratelli d’Italia” non solo nell’occasione<br />

del 17 marzo che abbiamo appena celebrato, ma ogni giorno<br />

della nostra vita.<br />

251<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


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AL CONGRESSO<br />

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Amiamo e facciamo amare la Costituzione: avremo così compiuto<br />

il miracolo democratico di riportare l’attenzione della nostra<br />

società su quanto di più bello e di più valido abbia ricevuto dai suoi<br />

Padri: il diritto a essere liberi insieme agli altri. Non si è liberi da soli,<br />

ma solo quando è libera un’intera comunità: nel rispetto, nella pace,<br />

nella condivisione dialettica di pensieri, azioni, interventi per crescere,<br />

insieme, in un futuro più giusto e più vero.<br />

Buon congresso, cari amici dell’ANPI!<br />

Comm. Guido De Carli<br />

Presidente <strong>Nazionale</strong> F.I.V.L.<br />

Federazione Italiana<br />

Volontari della Libertà<br />

Signor Presidente,<br />

cari amici e compagni della Associazione <strong>Nazionale</strong> Partigiani<br />

d’Italia,<br />

desidero inviare, a nome del partito di Italia dei Valori, la conferma<br />

dell’apprezzamento per le vostre attività e i migliori auguri per il <strong>15°</strong><br />

<strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>: “Più forza all’antifascismo, più futuro per la<br />

democrazia”.<br />

Nel corso del recente incontro, presso la vostra sede nazionale,<br />

in Roma, ho avuto occasione di ricordare, insieme con il collega<br />

Leoluca Orlando, portavoce nazionale del nostro partito, come il<br />

ricordo della Resistenza al nazifascismo sia divenuto di straordinaria<br />

attualità, e ciò a causa di ricorrenti tentativi di violare o snaturare la<br />

Carta costituzionale repubblicana, che della lotta di Liberazione<br />

costituisce il frutto più maturo.<br />

Tra i princìpi costituzionali inviolabili, vi è certamente il principio<br />

di uguaglianza, previsto dall’Art. 3 della Costituzione, che i Padri<br />

costituenti, determinarono come uguaglianza di fronte alla legge,<br />

come pari dignità sociale e come impegno della Repubblica a rimuovere<br />

ostacoli di fatto che impediscono l’uguaglianza sostanziale e il<br />

pieno svilupparsi della persona umana.<br />

Tra gli strumenti di partecipazione democratica, costituzionalmente<br />

previsti, vi è l’istituto del referendum abrogativo. Come già a<br />

vostra conoscenza, è indetto un referendum per l’abrogazione della<br />

legge sul c.d. legittimo impedimento, che conteneva una lesione formale<br />

e sostanziale dell’Art. 3 : la Corte Costituzionale ha rimosso la<br />

lesione formale, permane tuttavia la lesione sostanziale.


Insieme a quel referendum, ne sono previsti altri contro il nucleare<br />

(di straordinaria attualità) e contro la privatizzazione dell’acqua<br />

(che, essendo bene infungibile, assume dignità di diritto e riteniamo<br />

non possa essere rimesso a logiche, inevitabilmente monopolistiche,<br />

di mercato). Sul merito è legittimo, ovviamente, esprimere diverse<br />

valutazioni. Sul valore di partecipazione democratica dell’istituto<br />

referendario, invece, dovremmo tutti essere d’accordo e impegnati a<br />

difesa di un istituto costituzionalmente previsto.<br />

Come è noto, le forze politiche tutte di opposizione, ed esponenti<br />

e movimenti della società civile, hanno chiesto che tali referendum<br />

venissero fissati nella stessa data di celebrazione delle votazioni di<br />

ballottaggio nelle elezioni amministrative, in data 29 maggio 2011.<br />

Tale richiesta, oggetto di specifiche mozioni parlamentari, è stata<br />

respinta per un solo voto di differenza. Si è persa una straordinaria<br />

occasione di rilevanti economie, certamente utile nell’attuale situazione<br />

del Paese, e di promozione di partecipazione tanto alla consultazione<br />

referendaria quanto alla consultazione amministrativa.<br />

In considerazione di quanto sopra, sarebbe auspicabile che<br />

l’ANPI volesse collaborare, a livello centrale e nelle realtà provinciali,<br />

al massimo di conoscenza dei quesiti e di partecipazione da<br />

parte dei cittadini. Riteniamo si possa, in tal modo, dare conferma<br />

di fondamentali valori e princìpi costituzionali e contribuire, come fu<br />

proprio della Resistenza, ad affermare la legalità dei diritti e dei<br />

doveri, nell’interesse del presente e nell’interesse delle future generazioni.<br />

Con gratitudine per l’attenzione, inviamo un cordiale saluto unitamente<br />

ad augurio e impegno comune per un’Italia migliore.<br />

Antonio Di Pietro Leoluca Orlando<br />

Presidente <strong>Nazionale</strong> IdV Portavoce <strong>Nazionale</strong> IdV<br />

Caro Presidente, cari amici Partigiani, cari amici dell’ANPI,<br />

il dibattito parlamentare sulla crisi libica mi impedisce di assistere<br />

all’apertura del vostro <strong>Congresso</strong>. Voglio tuttavia essere idealmente<br />

con voi esprimendovi la più profonda gratitudine.<br />

Grazie per aver scelto Torino, città Medaglia d’Oro della<br />

Resistenza, la città del Generale Perotti e di Dante Nanni.<br />

Grazie per avere riunito il <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI nella<br />

nostra città nel 150° anniversario dell’Unità italiana, che ha avuto<br />

nella Resistenza e nell’antifascismo una delle sue pagine più gloriose.<br />

Grazie per l’opera di memoria e di testimonianza che l’ANPI assi-<br />

253<br />

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AL CONGRESSO<br />

254<br />

cura ogni giorno, rendendo così onore ai tanti che hanno dato la vita<br />

per la libertà e trasmettendo alle nuove generazioni valori su cui è<br />

fondata la nostra Repubblica.<br />

E grazie per l’azione quotidiana di difesa della Costituzione, fondamento<br />

insostituibile della convivenza democratica e civile del<br />

nostro Paese.<br />

Con questi sentimenti, vi trasmetto i più cari e affettuosi saluti di<br />

figlio di Partigiano combattente.<br />

Con amicizia.<br />

Piero Fassino<br />

Candidato Sindaco<br />

di Torino<br />

Carissimi amici, care compagne e cari compagni,<br />

mi dispiace molto non poter essere con voi ma la mia lunga<br />

maratona teatrale, iniziata a novembre, non è ancora finita e oggi<br />

devo essere in Umbria. Ma dato che i valori morali che condividiamo,<br />

l’antifascismo e il racconto della storia italiana, sono fra i contenuti<br />

dello spettacolo a cui sto lavorando, non mi sento poi così lontano<br />

da voi ed è davvero un po’ come se fossi lì.<br />

Sono stato a Torino, con il mio lavoro, tutta la settimana passata,<br />

durante i giorni dei festeggiamenti per i 150 anni dell’Unità d’Italia,<br />

da questa città particolarmente sentiti.<br />

Essere italiani per me ha significato sempre, non solo in questi<br />

giorni, guardare all’oggi e al domani senza mai perdere il contatto<br />

con il passato. Con la nostra Storia. Perché molti italiani ricordano.<br />

E non sono disposti a dimenticare. Perché molti italiani sanno che la<br />

sistematica distruzione della memoria storica del nostro Paese è stata<br />

e resta uno degli obiettivi più pervicacemente perseguiti negli ultimi<br />

decenni. Perché azzerare e annullare il valore della memoria significa<br />

poter dire e fare, oggi, tutto e il contrario di tutto. Anche per questo,<br />

oltre che per un senso di immensa gratitudine che ogni cittadino<br />

italiano dovrebbe provare verso questa Associazione, ho deciso<br />

tempo fa di iscrivermi, insieme a tante altre persone, all’ANPI.<br />

Gli attacchi forsennati di quest’ultimo periodo alla nostra<br />

Costituzione, alla scuola pubblica, al mondo della cultura e dell’arte,<br />

si fondano tutti, a mio avviso, sul convincimento che l’opera di<br />

demolizione della memoria sia ormai compiuta e che si possa dunque<br />

impunemente distruggere qualsiasi cosa senza eccessivi traumi.<br />

Non è così. La maggioranza del nostro Paese, che i rozzi strateghi<br />

dei mezzi di informazione tentano maldestramente di nascondere, si


sta riprendendo le piazze e le strade e sta tornando finalmente a far<br />

sentire la propria voce. E non smetterà di farla sentire. A questo, è<br />

bene che si rassegnino.<br />

Penso spesso, in questo periodo, all’ultimo scandaloso film di<br />

Pier Paolo Pasolini, in cui si immaginava come passassero il tempo<br />

– durante la Repubblica di Salò, a tempo ormai scaduto – quattro<br />

signori, chiusi in una villa, raccontandosi barzellette e dando sfogo<br />

alle loro perversioni sessuali. E mi vengono i brividi. Perché mi<br />

chiedo come mai molti continuino a trovare quel film disturbante<br />

mentre non sono affatto disturbati da ciò a cui stanno assistendo da<br />

alcuni mesi.<br />

Diceva Pasolini che la differenza fra il vecchio fascismo e il<br />

nuovo fascismo che si stava affermando era nel fatto che una volta<br />

finito il ventennio le persone ritornarono grosso modo quelle di cinquanta<br />

o di cento anni prima. Perché il regime “le aveva rese dei<br />

pagliacci, dei servi, forse in parte anche convinte, ma non le aveva<br />

toccate sul serio, nel fondo dell’anima”. Fu sufficiente disfarsi di quelle<br />

divise per ritornare ad essere gli italiani di un tempo. Il nuovo<br />

fascismo – legato alla civiltà dei consumi – si presentava invece<br />

senza divise, ma era, da un certo punto di vista, enormemente più<br />

pericoloso e pervasivo dell’altro, perché stava rubando l’anima del<br />

popolo italiano.<br />

Ora io dico che se è vero che a molti quell’anima è stata già<br />

rubata prima che se ne potessero accorgere, mentre alcuni se la<br />

sono coscientemente venduta, è vero anche che moltissime altre persone<br />

stanno resistendo a questo scempio. E non la cederanno mai.<br />

A nessun costo.<br />

Con affetto e rinnovata gratitudine per il prezioso impegno di<br />

questa Associazione.<br />

Fabrizio Gifuni<br />

Attore<br />

Ho davanti a me la nuova tessera dell’ANPI, tricolore, con la<br />

scritta: “1861-2011, 150° dell’Unità d’Italia, italiani di<br />

Costituzione”. Mi basterebbe questo per confermare la mia adesione<br />

all’Associazione che racchiude in sé, nella sua storia, la sofferenza<br />

e la lotta per riconquistare i diritti e le libertà perdute.<br />

Del resto non è certo casuale che Articolo 21, un’associazione<br />

che si occupa della libertà di informazione, si sia sempre ritrovata<br />

insieme ai Partigiani nelle battaglie per la tutela della Costituzione e<br />

dei suoi valori essenziali.<br />

255<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


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INTERVENTI<br />

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MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

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Mai come in questo momento occorre ritrovarsi sotto la bandiera<br />

tricolore e con una copia della Costituzione in mano per contrastare<br />

i tentativi di fare a pezzi la Carta fondamentale, di oscurare i<br />

poteri di controllo, di abbattere quel principio di uguaglianza sul<br />

quale si fonda la nostra Carta costituzionale.<br />

Non si tratta di difendere questo o quell’articolo, ma di preservarne<br />

lo spirito, l'essenza, quei valori universali senza i quali si esce<br />

dalla democrazia parlamentare e si entra nei regimi autoritari, fondati<br />

sul populismo e sul disprezzo della divisione dei poteri.<br />

Non a caso, anche in queste ultime settimane, Berlusconi e i suoi<br />

cortigiani hanno messo sotto tiro il Quirinale, la Corte<br />

Costituzionale, il Parlamento, la giustizia, l’informazione, la scuola<br />

pubblica, l’autonomia contrattuale, e hanno più volte annunciato la<br />

necessità di stravolgere una Costituzione “troppo sovietica”. In realtà<br />

hanno bisogno di eliminare chiunque voglia porre un argine all’espansione<br />

del fango che sta travolgendo l’Italia e che ci ha reso la<br />

vergogna d’Europa, un Paese dileggiato in tutti i carnevale del<br />

mondo.<br />

Tanti anni fa furono le Partigiane e i Partigiani a riscattare l’onore<br />

nazionale partecipando alla cacciata dei nazifascisti e alla ricostruzione<br />

etica e politica dell’Italia, ora spetta a ciascuno di noi<br />

difendere la Costituzione e promuovere, ovunque sarà possibile,<br />

vere e proprie campagne dedicate all’orgoglio costituzionale e alla<br />

legalità repubblicana.<br />

Se e quando lo vorrete Articolo 21 si mette a vostra disposizione<br />

per realizzare un vero e proprio “progetto memoria” per riportare<br />

nelle scuole, nei teatri, nei cinema, nei quartieri, nelle biblioteche,<br />

le testimonianze del passato senza le quali non sarà possibile costruire<br />

un futuro degno di essere vissuto. Dovremo farlo sino alla fine dell'incubo,<br />

sino a quando i nostri cieli non saranno stati liberati dalle<br />

orrende nubi nere che coprono il sole, dovremo farlo “senza tregua”,<br />

per riprendere uno slogan di chi, come voi, non ha mai smesso di<br />

presidiare i valori della libertà, della democrazia, dell’antifascismo.<br />

Ovviamente ci vedremo anche il prossimo 12 marzo in occasione<br />

della manifestazione nazionale per la Costituzione e che, non a<br />

caso, ci vedrà ancora insieme sotto l’immensa bandiera tricolore che<br />

aprirà il corteo.<br />

Giuseppe Giulietti<br />

Portavoce <strong>Nazionale</strong><br />

Articolo 21


Stiamo vivendo un periodo di involuzione della nostra democrazia,<br />

in cui si tende a dimenticare o calpestare i valori usciti dalla lotta<br />

contro il nazifascismo e così chiaramente espressi dalla nostra<br />

Costituzione.<br />

Si vuole riformare la Costituzione, riformare la giustizia. Ma<br />

come? Da parte di quattro servi del padrone dell’azienda Italia, che<br />

vogliono cancellare tutta quella delicata struttura di pesi e contrappesi<br />

volti a garantire imparzialità e impedire il prevalere di un potere<br />

sull’altro.<br />

In un momento così difficile tutte le forze politiche che hanno a<br />

cuore gli interessi del Paese e dei suoi cittadini devono essere unite<br />

per combattere questo strisciante attacco alla democrazia, il cui principale<br />

scopo è mettere al sicuro dai suoi tanti processi l’imputato che<br />

guida il governo. Se egli avesse un minimo di pudore dovrebbe dare<br />

le dimissioni e affrontare i giudici, fiducioso nell’imparzialità della<br />

giustizia, ben difeso dal collegio dei suoi avvocati, invece di dedicarsi<br />

alla compra di senatori e deputati.<br />

A tutte le forze sane nella politica, nella cultura, nel lavoro rivolgo<br />

l’appello a essere uniti nella difesa dei valori della democrazia,<br />

nata dalla Resistenza e dal sacrificio di tante giovani vite.<br />

Margherita Hack<br />

Scienziata<br />

Questo <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI, a Torino, è un appuntamento<br />

particolarmente importante nella storia di un’organizzazione<br />

che con il suo straordinario prestigio morale continua ad avere una<br />

funzione insostituibile nella società italiana, nel riproporre la memoria<br />

della Resistenza e I’attualità dei valori della Costituzione a tutto il<br />

popolo italiano.<br />

La Presidenza dell’Auser, a nome dei suoi iscritti e dei suoi volontari,<br />

vi augura buon lavoro mentre vi impegnate ad assumere compiti<br />

nuovi e a realizzare aperture coraggiose. Condividiamo fortemente<br />

le vostre proposte congressuali e la volontà di consolidare<br />

attorno all'Associazione <strong>Nazionale</strong> Partigiani d’Italia un ampio<br />

schieramento di forze sindacali, sociali, culturali e del mondo del<br />

volontariato per offrire alla società italiana un qualificato luogo di<br />

incontro di tutti i democratici e gli antifascisti.<br />

Anche con questo congresso I’ANPI riconferma la propria insostituibile<br />

funzione in una società che tende troppo facilmente a<br />

dimenticare la sua storia e che vede numerosi diritti collettivi e indi-<br />

257<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


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INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

258<br />

viduali messi in discussione. II <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> dell’ANPI si colloca<br />

emblematicamente anche all’avvio delle celebrazioni del 150° anniversario<br />

dell’Unita d’ltalia. L’Unita della nazione, la costruzione di un<br />

Paese inclusivo, giusto e solidale, la difesa della nostra Costituzione<br />

sono per tutti noi approdi irrinunciabili per il presente e per<br />

I’avvenire.<br />

Siamo onorati dell'invito che ci avete rivolto a partecipare al<br />

vostro <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> e cogliamo I’occasione per augurarvi<br />

nuovamente buon lavoro e per inviarvi i nostri fraterni saluti. Ai<br />

vostri lavori sarà presente la compagna della Presidenza nazionale<br />

dell’Auser, Marica Guiducci.<br />

Michele Mangano<br />

Presidente <strong>Nazionale</strong> Auser<br />

In un momento di crisi come quello che stiamo attraversando mi<br />

pare importante tenersi fedeli alle cose forti e sicure della nostra storia:<br />

la Costituzione e la memoria della Resistenza. Per questo mi<br />

sono iscritta all’ANPI che contiene nel suo corpo la memoria del<br />

nostro più nobile passato. Aderisco a tutte le vostre iniziative con<br />

entusiasmo.<br />

Dacia Maraini<br />

Scrittrice<br />

Carissimi,<br />

mi dispiace molto non aver potuto partecipare al vostro <strong>Congresso</strong><br />

<strong>Nazionale</strong>. Purtroppo la coincidenza con l’odierna udienza generale<br />

del Santo Padre della comunità della Diocesi di Terni, me lo ha<br />

impedito. Vorrei però rivolgere a voi tutto il mio personale saluto ed<br />

augurio di buon lavoro.<br />

Permettetemi anche, in questa circostanza, di ribadire alcune mie<br />

riflessioni: a 66 anni dalla Liberazione nazionale e a 41 dalla nascita<br />

della Regione occorre confermare il valore dei princìpi democratici<br />

della libertà, della giustizia sociale e della Unità nazionale ispiratori<br />

della Costituzione, e alla base dello Statuto della nostra<br />

Regione: da questi valori occorre ripartire per una nuova stagione<br />

dell’Unità nazionale ma anche della crescita e dello sviluppo. A<br />

maggior ragione in questo tempo, in cui ricorre il 150° dell’Unità<br />

nazionale.<br />

Se possiamo oggi celebrare queste ricorrenze lo dobbiamo a<br />

quanti come voi, e come l’ANPI, hanno operato e lottato perché così<br />

fosse. Penso che ogni giorno dovremmo saper rinnovare il patto di


fiducia tra le istituzioni e i cittadini per riaffermare la difesa dei valori<br />

democratici, premessa indispensabile per costruire una società più<br />

giusta, libera e moderna, pensando al futuro dei ragazzi e delle<br />

ragazze di oggi e ricordando i tanti giovani, uomini e donne, che<br />

nella lotta di Liberazione generosamente si sacrificarono anche con<br />

la loro vita per la nostra libertà e democrazia.<br />

Con affetto.<br />

Catiuscia Marini<br />

Presidente della Regione<br />

Umbria<br />

Sono purtroppo impossibilitata a partecipare al <strong>Congresso</strong>.<br />

Sentitemi con voi con lo stesso cuore e la stessa volontà di libertà e<br />

giustizia che sempre ci hanno guidato.<br />

Teresa Mattei<br />

Costituente,<br />

Presidenza Onoraria ANPI<br />

<strong>Nazionale</strong><br />

È sempre più importante essere insieme e chiamarsi ANPI. Per<br />

l’Italia.<br />

Giuliano Montaldo<br />

Regista<br />

Gentilissimi,<br />

purtroppo non potrò partecipare ai lavori dell’Assemblea ANPI per<br />

impegni istituzionali-politici in Sud Italia. Desidero rivolgervi un caloroso<br />

saluto.<br />

Per un’iniziativa che vede protagonista una delle più luminose<br />

pagine della storia italiana, l’apprezzamento che esprimo è verso il<br />

lavoro di trasmissione della memoria alle nuove generazioni che fate<br />

mirabilmente e che riuscirete a fare in futuro con l’appassionato spirito<br />

critico che accompagna questo cammino. Sono tanti i giovani<br />

che possono trovare nella storia della Resistenza il senso profondo<br />

dell’impegno culturale e politico, ancor più nel 150° anniversario<br />

dell’Unità d’Italia.<br />

Un caloroso saluto e buon lavoro.<br />

Magda Negri<br />

Senatrice<br />

Partito Democratico<br />

259<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


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MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

260<br />

In occasione del <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> dell’Associazione <strong>Nazionale</strong><br />

Partigiani d’Italia mi è gradito porvi il saluto e il ringraziamento delle<br />

ACLI e mio personale. Un ringraziamento che nel 150° anniversario<br />

dell’Unità del nostro Paese assume un significato del tutto particolare.<br />

A sancire la nascita dell’Italia come Stato unitario fu una seduta<br />

al Parlamento – il primo della storia nazionale – proprio nella città<br />

che oggi vi ospita. Di quei valori fondativi, maturati in tante lotte<br />

risorgimentali – ricordati anche dal Presidente Giorgio Napolitano<br />

nel suo discorso alle Camere il 17 marzo scorso – la Resistenza si è<br />

fatta non solo erede ed attiva mediatrice, ma protagonista della<br />

rifondazione del Paese nel secondo dopoguerra e scuola popolare<br />

di democrazia negli anni successivi fino ai nostri giorni.<br />

Auguro che il vostro <strong>Congresso</strong> possa rilanciare con efficacia la<br />

lezione della Resistenza come evento imprescindibile per l’Unità<br />

nazionale, la fedeltà alla democrazia, il patriottismo costituzionale<br />

e, in questo spirito, per la valorizzazione dei corpi intermedi e la<br />

partecipazione dei cittadini alla vita pubblica affinché tutti – donne<br />

e uomini, laici e cattolici, nord e sud – possano dare un contributo<br />

prezioso alla rinascita dell’Italia.<br />

Andrea Olivero<br />

Presidente <strong>Nazionale</strong> ACLI,<br />

portavoce Forum permanente<br />

III settore<br />

Intendo rivolgere, a nome di tutti i cittadini napoletani, il mio più<br />

caro e affettuoso saluto a tutti i partecipanti a questo <strong>Congresso</strong><br />

<strong>Nazionale</strong> dell’ANPI e in particolare all’attivissimo Comitato<br />

Provinciale di Napoli.<br />

Il <strong>Congresso</strong> di quest’anno ha un significato del tutto particolare<br />

perché si inserisce nell’ambito delle celebrazioni per i 150 anni<br />

dell’Unita d’ltalia. È proprio in questa occasione, infatti, che assume<br />

fondamentale importanza ricordare la straordinaria stagione della<br />

Resistenza e della Liberazione, grazie alla quale il Paese riuscì a<br />

riconquistare la propria libertà e la propria democrazia oscurate dal<br />

ventennio fascista.<br />

Voglia giungere dunque, proprio da Napoli, prima Città in Italia<br />

a liberarsi con un moto spontaneo e popolare dall’occupazione nazifascista,<br />

un sincero ringraziamento per la straordinaria opera di difesa<br />

dei valori fondanti della nostra Costituzione realizzata dall’ANPI


dal 1944 ad oggi, ed un grande “in bocca al lupo” per le future attività<br />

dell’Associazione.<br />

Rosa Russo Jervolino<br />

Sindaco di Napoli<br />

Egregio Presidente,<br />

nel salutarla La prego di portare il mio benvenuto a tutti i partecipanti,<br />

anche a nome della Provincia di Torino che nel 2005 è stata<br />

insignita della Medaglia d’Oro al Valore civile per il contributo offerto<br />

dal territorio e dalle sue popolazioni alla guerra di Liberazione<br />

nazionale e alla Resistenza.<br />

La vostra presenza a Torino in questi giorni di inizio delle celebrazioni<br />

per il 150° dell’Unità d’Italia è significativa dello spirito di<br />

questo anniversario che, oltre ad essere, com’è giusto che sia,<br />

momento di condivisione e di festa è, allo stesso tempo, anche occasione<br />

per riflettere sul nostro passato, considerare il presente, delineare<br />

il futuro.<br />

La vostra Associazione, da sempre, ha perseguito come suo più<br />

alto dovere morale quello di non dimenticare, perché solo tutelando<br />

e conservando l’insegnamento del passato si può considerare e valutare<br />

al meglio il presente.<br />

Se noi oggi siamo una democrazia, il cui punto centrale è la<br />

nostra Costituzione, lo dobbiamo a tutti coloro i quali si impegnarono,<br />

spesso sino al supremo sacrificio, durante la Resistenza, per far<br />

vivere noi, oggi, da uomini liberi.<br />

Ricordarli, insieme a conservare – e continuare a far conoscere<br />

alle nuove generazioni – la memoria di quei giorni di ferro e di fuoco<br />

ma radiosi e pieni di speranze è un nostro dovere sia come cittadini<br />

sia come istituzioni.<br />

Grazie per il vostro esemplare impegno di ieri, di oggi e, sono<br />

certo, di domani.<br />

Antonio Saitta<br />

Presidente della Provincia<br />

di Torino<br />

Gentile dottoressa Ferro,<br />

impegni federali già assunti non mi consentono di essere presente<br />

alla giornata inaugurale del vostro <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>. La<br />

prego, comunque, di far giungere al Comitato <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI<br />

261<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


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INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

262<br />

e agli illustri relatori i saluti più augurali di tutta la Federazione della<br />

Stampa e i miei personali.<br />

Gli italiani che hanno sacrificato la loro vita e i loro affetti partecipando<br />

come Partigiani alla guerra di Liberazione hanno scritto<br />

una delle pagine più alte e più nobili della storia unitaria della nostra<br />

nazione. Non a caso, i vostri lavori si svolgono nell’anno che celebra<br />

il 150° dell’Unità d’Italia.<br />

Una storia piena di pagine gloriose e di sacrifici di un popolo<br />

che si sentiva nazione e che aspirava all’unità, alla libertà e alla<br />

democrazia, valori perenni non facili da conquistare e che ancora<br />

oggi richiedono l’attenzione vigile e costante di tutti quegli italiani<br />

che in essi si sentivano e si sentono rappresentati. Anche per questo<br />

il vostro <strong>Congresso</strong> assume un grande significato che deve essere da<br />

tutti apprezzato.<br />

Con i migliori auguri di buon lavoro, auguri sentiti e cordiali.<br />

Franco Siddi<br />

Segretario generale<br />

Federazione <strong>Nazionale</strong><br />

della Stampa Italiana<br />

Carissimo Presidente Ricci, carissimi amici,<br />

innanzitutto grazie dell’invito al <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong><br />

dell’ANPI, al quale purtroppo non mi è possibile partecipare.<br />

Nondimeno desidero esprimere a Lei e, per il Suo cortese tramite, ai<br />

membri dell’Associazione il mio vivo apprezzamento per il costante<br />

lavoro dell’ANPI, il cui fulcro è il valore della nostra Carta<br />

Costituzionale.<br />

Celebriamo quest’anno i 150 anni dell’Unità d’Italia. L’Unità non<br />

fu un traguardo facile. Cinquant’anni dopo fu lo stesso Giuseppe<br />

Prezzolini su La Voce a descrivere un’Italia ancora priva di una<br />

coscienza nazionale “senza ideali, piegata all’interesse dei più avidi<br />

e prepotenti”. Un‘Italia siffatta non poteva che spianare la strada alla<br />

deriva nazionalistica e alla follia del nazifascismo.<br />

Fu la lotta antifascista, la Resistenza e la straordinaria ricerca<br />

dell’intesa in sede di Assemblea Costituente a condurci al recupero<br />

di valori e di ideali. L’idea di nazione, l’amor di Patria riacquistarono,<br />

così, il loro fondamento di verità e il loro senso condiviso.<br />

Fu la Costituzione, quindi, la comune Patria istituzionale, la stella<br />

polare che dal dopoguerra a oggi ha consentito di affrontare fasi<br />

anche acute e violente della vita politica del Paese, senza che venis-


se compromesso l’ordinamento democratico e i diritti fondamentali di<br />

ciascun individuo. Per questo, penso che la più autentica forma di<br />

patriottismo oggi, sia quella a difesa della nostra Costituzione.<br />

La Patria, il Tricolore possono persino diventare dei feticci ottocenteschi<br />

se non sono accompagnati da quella stessa consapevolezza<br />

dei Padri Costituenti: vivere in una democrazia basata sulla cittadinanza<br />

sociale, sul lavoro e sull’abbattimento di tutte le barriere<br />

che inibiscono eguali diritti a tutti i cittadini.<br />

Buon lavoro a tutti voi.<br />

Nichi Vendola<br />

Presidente della Regione Puglia<br />

Caro Presidente, Raimondo Ricci<br />

i Socialisti liguri porgono il loro saluto al <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong><br />

dell’ANPI, l’Associazione <strong>Nazionale</strong> dei Partigiani Italiani.<br />

Vi dobbiamo gratitudine per i valori della resistenza, dell’antifascismo,<br />

per l’azione quotidiana di memoria e testimonianza che trasmettete<br />

alle giovani generazioni, il futuro dell’Italia: sono, questi,<br />

valori condivisi dalla storia e dalla cultura socialista e lo testimoniano,<br />

in quegli anni drammatici, i molti socialisti che hanno combattuto<br />

e sono morti nella lotta di Liberazione.<br />

Da liguri non possiamo non ricordare il Partigiano, l’antifascista<br />

Sandro Pertini, ma la nostra gratitudine va a tutti coloro, e a tanti giovani,<br />

che hanno sacrificato la propria vita per la libertà su cui si<br />

fonda la nostra Repubblica e il nostro vivere civile. Con questi sentimenti,<br />

con questi valori, i socialisti proseguiranno il loro impegno<br />

nella politica e nelle istituzioni.<br />

Con l’augurio di buon lavoro ai compagni dell’ANPI di Genova,<br />

Imperia, La Spezia e Savona, delegati al <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>,<br />

giunga ai compagni dell’ANPI il nostro più sincero e affettuoso saluto.<br />

Maurizio Viaggi<br />

Segretario regionale PSI<br />

Liguria<br />

Altri saluti sono pervenuti al <strong>Congresso</strong> da:<br />

Guido Albertelli, Presidente <strong>Nazionale</strong> ANPPIA; Riccardo Nencini,<br />

Segretario <strong>Nazionale</strong> PSI; Prof. Guido Neppi Modona; Giuliano<br />

Romani, Presidente Corpo Volontari Garibaldini; Rosina Stame,<br />

Presidente <strong>Nazionale</strong> ANFIM.<br />

263<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


INTERVENTI<br />

E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI


Eletta Bertani<br />

ANPI Reggio Emilia<br />

Care compagne e compagni, amici,<br />

del tempo buio e drammatico che stiamo vivendo tutto riconferma funzione,<br />

responsabilità e ruolo dell’ANPI. Un ruolo che in questi anni<br />

l’Associazione ha saputo rinnovare e reinventare, riconfermando la<br />

grande autorevolezza e la forza dei nostri compagni Partigiani e grazie<br />

all’apertura lungimirante agli antifascisti, ai giovani, alle donne. Un<br />

ruolo che con rinnovato vigore riaffermiamo al <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>,<br />

ponendo al centro della nostra missione la difesa della democrazia<br />

repubblicana, la piena attuazione della Costituzione, la coerenza con i<br />

suoi valori e fondamenti che costituiscono la stella polare per affrontare<br />

positivamente, senza che il Paese ne sia travolto, una delle crisi più<br />

drammatiche della sua storia. Una crisi economica e sociale, ma anche<br />

delle istituzioni, delle classi dirigenti, e soprattutto etica e morale, delle<br />

coscienze. Una crisi che si consuma in uno scenario internazionale<br />

ponendoci di fronte a scelte stringenti e a drammatici interrogativi.<br />

Non ignoriamo la complessità del compito, la difficoltà di questa<br />

battaglia, essenzialmente culturale, di ricostruzione del tessuto etico e<br />

civile dell’Italia, di un nuovo sentimento nazionale. Oggi, in primo<br />

luogo, dobbiamo saper parlare direttamente al Paese, ai cittadini, interrogare<br />

le loro coscienze, provocare reazione, indignazione, assunzione<br />

di responsabilità. Ci vorrà tempo, pazienza, determinazione e intelligenza<br />

per recuperare i guasti che si sono prodotti in decenni di devastazione<br />

e ribaltamento dei valori di riferimento e di involgarimento<br />

delle relazioni sociali e tra le persone. Effetti provocati dal populismo<br />

del governo di centrodestra e da una propaganda che ha sostituito all’analisi<br />

della complessità la semplificazione degli slogan pubblicitari,<br />

alla partecipazione democratica la delega al leader. Riducendo la politica<br />

alla stregua della vendita di un prodotto, a puro commercio di voti<br />

e favori, utilizzando addirittura il corpo delle donne come merce di<br />

scambio. E giungendo ad attaccare frontalmente la Costituzione e picconare<br />

i suoi punti fondamentali: l’Art. 1 che pone il lavoro a fondamento<br />

della Repubblica; l’Art. 41 sulla libertà di impresa e i suoi limiti,<br />

vale a dire il rispetto dell’interesse generale; la funzione fondamentale<br />

della scuola pubblica; l’architettura istituzionale stessa, basata sull’equilibrio<br />

dei poteri.<br />

Ma finalmente il clima nel Paese sta cambiando. L’ANPI, assieme<br />

ad altre forze democratiche sta già da tempo lavorando per risvegliare<br />

267<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

le coscienze sopite e suscitare la partecipazione. I risultati si cominciano<br />

a vedere, si respira aria nuova, pulita, torna la voglia di esserci. Lo<br />

dimostrano i nuovi movimenti che negli ultimi mesi riempiono le piazze<br />

a difesa e riaffermazione di valori costituzionali irrinunciabili: il<br />

lavoro come fonte di dignità, il ruolo costituzionale della scuola pubblica,<br />

della cultura e della ricerca, l’autonomia della magistratura e dell’informazione,<br />

la legalità, la difesa di beni comuni essenziali come<br />

l’acqua e l’energia pulita, la dignità e i diritti delle donne. Questi movimenti<br />

non hanno bandiere di partito, coinvolgono direttamente cittadini/e<br />

che, in gruppi o associazioni, si mettono personalmente in gioco;<br />

pongono al centro dell’attenzione princìpi costituzionali fondamentali,<br />

valori più che interessi materiali. L’ANPI è sempre stata al loro fianco.<br />

Anche la grande e inaspettata partecipazione di popolo alle celebrazioni<br />

del 150° dell’Unità d’Italia segnala un bisogno profondo di valori<br />

positivi e unificanti: sentirsi una comunità, un popolo e non singoli<br />

individui, piacere di partecipare e sentirsi protagonisti.<br />

Altro elemento di forte novità è costituito dalla presenza massiccia<br />

delle donne, vere protagoniste di questi movimenti, in particolare nelle<br />

grandi manifestazioni del 13 febbraio per la propria dignità e i propri<br />

diritti, all’insegna della parola d’ordine “Se non ora quando”, e nelle<br />

tante iniziative per l’8 marzo. Di nuovo, dopo un lungo periodo di<br />

silenzio e passività, le donne sono entrate in massa nella scena pubblica<br />

come grande e potente forza collettiva e di cambiamento. Per ribadire<br />

con forza il valore delle donne italiane, che sono già e potrebbero<br />

essere ancor più una risorsa straordinaria per la democrazia e lo sviluppo<br />

umano e sostenibile del nostro Paese. Se valorizzate e sostenute<br />

e non più umiliate e sotto utilizzate. È intollerabile lo spreco di talenti,<br />

intelligenze e competenze causato dalla disoccupazione, sottoccupazione<br />

e precarietà femminile. È moralmente e socialmente inaccettabile<br />

un Paese che contrappone il lavoro alla maternità, costringendo le<br />

donne a una scelta lacerante. Le donne vogliono finalmente condividere<br />

in piena parità la responsabilità di governare la cosa pubblica e prendere<br />

decisioni. Le donne vogliono apportare al Paese che ne ha bisogno<br />

le qualità e capacità proprie del genere femminile: prendersi cura del<br />

bene comune; andare oltre il proprio io; tessere e gestire relazioni;<br />

saper fare più che parlare; tenere assieme e gestire i piani diversi del<br />

vivere quotidiano; passione e concretezza, cuore e ragione.<br />

Così le donne hanno finalmente ripreso nelle loro mani il filo tessuto<br />

dalle donne delle generazioni precedenti, con la loro partecipazione<br />

alla Resistenza, alla ricostruzione, alle grandi lotte per i diritti e per<br />

lo stato sociale. Noi donne dell’ANPI abbiamo lavorato per questo<br />

268


isveglio. A maggio 2009, nella nostra Conferenza nazionale di organizzazione,<br />

siamo state tra le prime a denunciare l’attacco ai diritti e<br />

alla dignità femminile e a stendere un appello alla ribellione delle<br />

donne. Da due anni abbiamo ricostituito e ripreso il lavoro del<br />

Coordinamento femminile nazionale, che per la malattia della nostra<br />

cara compagna Laura Polizzi “Mirka” si era purtroppo interrotto.<br />

Permettete anche a me di ricordarla con affetto e riconoscenza, a poche<br />

settimane dalla sua scomparsa. Non potevamo mandare disperso un<br />

lavoro prezioso durato anni. Avevamo il dovere morale e politico di<br />

riprendere quel filo. E ci siamo messe al lavoro.<br />

Nell’ultimo biennio abbiamo dato vita a importanti e partecipatissime<br />

iniziative, nazionali e locali. A Roma, ad esempio, abbiamo lanciato<br />

il progetto “Donne, antifascismo, democrazia”, dedicandolo alla<br />

memoria di Nilde Iotti. Eravamo presenti alla Festa nazionale<br />

dell’ANPI ad Ancona. Nella Conferenza nazionale di organizzazione<br />

abbiamo redatto un ordine del giorno con indicazioni di lavoro e obiettivi<br />

concreti che l’Associazione ha fatto proprio. Siamo state parte attiva<br />

nei Comitati promotori delle manifestazioni del 13 febbraio e dell’8<br />

marzo e oggi ci stiamo impegnando per la continuità, la crescita e l’autonomia<br />

di quel movimento.<br />

La spinta potente e la domanda politica che viene dalle donne impegna<br />

tutti, partiti, sindacati e istituzioni, a un’assunzione di responsabilità<br />

e a fornire risposte concrete. Vale anche per L’ANPI che, nel proprio<br />

<strong>Congresso</strong>, non può non assumere il tema del ruolo delle donne<br />

nella società italiana, dei loro diritti e della loro dignità, come parte<br />

integrante e costitutiva della battaglia per la Costituzione e per la<br />

democrazia. È la ragione per cui, come Coordinamento femminile<br />

nazionale, abbiamo avanzato alcune proposte che integrano e rafforzano<br />

il documento congressuale su alcuni punti fondamentali, proponendo<br />

il ruolo delle donne nella democrazia come risorsa per il Paese e<br />

come condizione della sua evoluzione e del suo sviluppo.<br />

Le proposte riguardano temi costitutivi della nostra identità, sottolineano<br />

il valore politico generale, non settoriale, delle donne<br />

nell’Associazione e nella democrazia italiana. Tali emendamenti sono<br />

stati già approvati all’unanimità in tanti Congressi di Sezione e<br />

Provinciali: siamo certe saranno accolti anche da quello nazionale, non<br />

come “concessione” alle donne ma in piena consapevolezza. Non<br />

vogliamo un’ANPI delle donne, ma la condivisione di obiettivi e battaglie<br />

di giustizia, libertà e dignità umana. Vogliamo che sempre più e<br />

in modo tangibile, anche per la composizione degli organi dirigenti a<br />

ogni livello, l’ANPI divenga un’Associazione di donne e uomini che<br />

269<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

assieme lavorano e assieme assumono responsabilità. In molte<br />

Province è un processo già partito con l’assunzione di ruoli dirigenti di<br />

primo piano da parte di donne capaci, autorevoli e appassionate, e il<br />

rafforzamento del numero di donne negli organi dirigenti locali. Può e<br />

deve avvenire lo stesso per quelli nazionali.<br />

Come non mai risulta attuale e lungimirante ciò che la Partigiana<br />

Laura Polizzi, coordinatrice nazionale delle donne dell’ANPI, ha affermato<br />

con forza nel 1993, rivolgendosi alle donne italiane e al Paese:<br />

”Cinquant’anni fa la nuova Italia ha cominciato a camminare con le<br />

donne. Oggi la nuova Italia può camminare solo se sostenuta dalla loro<br />

forza e dalla loro determinazione”.<br />

È vero per l’Italia, è vero per l’ANPI, è una sfida che dobbiamo<br />

saper raccogliere.<br />

Il <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> cade in quella che è stata definita la 3 a generazione<br />

della democrazia, ovvero quella in cui tendiamo ad abusarla, consumarla,<br />

forse estinguerla, dopo averla conquistata e difesa. Perciò il<br />

<strong>Congresso</strong>, se non altro per questa ragione, non può essere come gli<br />

altri.<br />

Per fatti sostanziali, dunque, non formali, né formalistici. I segnali<br />

ci sono tutti per dubitare della tenuta della nostra democrazia. Non<br />

voglio fare un’offesa alla vostra intelligenza ad enunciarli. Uno su tutti:<br />

stampa e mezzi d’informazione non più liberi sono un primo, importante<br />

campanello d’allarme.<br />

È questo poi il <strong>Congresso</strong> sulla tenuta dell’ANPI, sulla consapevolezza<br />

di un rinnovamento necessario nel pieno rispetto della tradizione.<br />

Siamo un’Associazione di valori, serve ora capire come garantirne la<br />

continuità in nome delle donne e degli uomini della Resistenza e dei<br />

loro insegnamenti. Perché non dimentichiamo che la possibilità di<br />

vivere da persone libere ce l’hanno data quei “ragazzi” e quelle “ragazze”,<br />

che scelsero di battersi volontariamente per una cosa giusta.<br />

Grazie, compagne e compagni Partigiani di avere combattuto, non<br />

tanto per voi stessi ma per garantirci la libertà di cui oggi godiamo.<br />

Parlando di valori, iniziamo da quello dell’uguaglianza, importantissimo<br />

perché traccia la linea di separazione tra “noi” e “loro”, quelli<br />

che non abbracciano il nostro sistema di valori. Badando bene che<br />

uguaglianza, al giorno d’oggi, non vuol dire egualitarismo. Parliamo di<br />

270<br />

Vincenzo Calò<br />

ANPI Roma


uguaglianza delle opportunità, rispettosa dei percorsi e delle aspirazioni<br />

individuali. Uguaglianza nel mondo e in Europa. Uguaglianza sociale<br />

tra i diversi gruppi e individui. Uguaglianza tra i sessi, mentre le<br />

donne restano sempre discriminate. Uguaglianza intesa come non competitività<br />

tra le generazioni, e su questo l’ANPI è all’avanguardia.<br />

Uguaglianza tra i territori, mentre si accentua la divaricazione tra le<br />

regioni ricche e quelle più in difficoltà, in Italia, in Europa, nel mondo.<br />

Uguaglianza tra i cittadini e gli immigrati. Uguaglianza in rapporto<br />

all’ambiente.<br />

Noi dell’ANPI abbiamo perfetta contezza di cosa avrebbe dovuto<br />

essere la società italiana, lo sa bene la classe politica di questo Paese,<br />

ma non abbiamo ben chiaro cosa effettivamente sia diventata. È qui che<br />

serve la politica, il nostro raccordo coi partiti, la nostra azione di indirizzo<br />

culturale, etico e morale. La crisi della politica nasce proprio dalla<br />

difficoltà, non tanto di ritrovare se stessa, quanto di ritrovare il suo<br />

popolo.<br />

Dunque serve ripartire proprio da questo. A noi dell’ANPI compete<br />

aiutare la classe politica a ritrovare la ragione del suo esistere, ovvero<br />

il popolo. Solo così la politica ritornerà ad avere un senso, e un senso<br />

avrà avuto la nostra azione. Per questo non servono leader, ma la più<br />

larga partecipazione – come fu per la Resistenza – di uomini e donne,<br />

cittadini e cittadine, lavoratori e lavoratrici, studenti, Partigiani e antifascisti.<br />

II secondo valore del quale voglio parlare è la cultura: a tutti è nota<br />

la battaglia per l’avanzamento culturale compiuta dai Partigiani.<br />

Dobbiamo perseverare, noi dobbiamo rappresentare a pieno il loro<br />

riscatto. Se qualcuno pensa che è vecchia la nostra cultura, non è così.<br />

Vecchie sono talune nostre pratiche, non il nostro pensiero. I ragazzi<br />

chiedono il sogno, diamoglielo. Ci chiedono di non essere traditi ancora<br />

una volta. Non deludiamoli. Noi siamo quelli che non li tradiranno.<br />

Il destino ci ha consegnato le chiavi della storia attraverso la<br />

Costituzione. E la storia continua, facciamo comprendere all’opinione<br />

pubblica che l’ANPI non è più soltanto l’Associazione dei Partigiani,<br />

ma con essi oggi vi sono anche gli antifascisti, quel popolo che continua<br />

a non arrendersi alle vicissitudini più indegne della storia.<br />

L’aggressività del capitale e il prevalere del concetto di “mercato”<br />

hanno determinato una mediazione al ribasso da parte di tutti noi, tanto<br />

da dover subire una concezione dei diritti sociali come costo e non<br />

come valore. Se la società si frantuma in parti, non possiamo non prendere<br />

parte, non possiamo sottrarci al confronto, allo scontro, al conflitto<br />

tra le parti. Bisogna alzare il livello del compromesso: se di questo<br />

271<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

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MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

si tratta, che sia meno squilibrato. Usiamo le armi della legalità, della<br />

giustizia, dei diritti di libertà e uguaglianza, ridando ruolo e dignità<br />

all’idea di Stato.<br />

Il terzo valore che vorrei analizzare è quello della solidarietà. Non<br />

può essere paternalista, serve che sia reale e produttiva. Serve che combatta<br />

ogni forma di egoismo. E ancora c’è la partecipazione alla comunità,<br />

non conciliabile con la privatizzazione dei valori. Il nostro ruolo è<br />

difendere chi non ha diritti, chi non è legittimato, chi è invisibile. Oggi<br />

ci ritroviamo a dover innanzitutto difendere la società, il concetto stesso<br />

di società. Va difesa la democrazia, tenuto conto che ha due grandi<br />

nemici: la miseria e l’ignoranza. Dove la miseria è tollerata e l’ignoranza<br />

non è combattuta, la democrazia è una farsa.<br />

Battiamoci contro l’idea di certi uomini di potere che si considerano<br />

come un modello da raggiungere, il non plus ultra, il traguardo che<br />

tutti gli altri non sono riusciti a tagliare. Se attaccati, rispondono di<br />

essere bersagliati dalla Magistratura e sottoposti ad attacchi ingiuriosi<br />

da parte della stampa e da gran parte dell’opinione pubblica solo perché<br />

essi rappresentano il famoso grappolo d’uva che la volpe dice che<br />

non è buono solo perché non è arrivata a coglierlo.<br />

Tutto questo non corrisponde alla verità. Non proviamo invidia nei<br />

confronti di costoro, semplicemente abbiamo un’idea diversa di una<br />

società migliore. Non siamo invidiosi di quel sistema di ricchezza, perché<br />

la storia della Resistenza ci ha insegnato che la solidarietà tra persone<br />

è il più grande patrimonio che si possa possedere e la condivisione<br />

dei valori aiuta ad essere meno soli. Non abbiamo invidia per quel<br />

sistema di potere perché la storia della Resistenza che ha insegnato che<br />

il potere porta all’autodistruzione, oltre che allo sterminio di altri esseri<br />

umani.<br />

È la stessa ragione per cui riteniamo che l’uso delle armi per risolvere<br />

i giochi di potere in Nord Africa e nel Medio Oriente non meriti<br />

d’essere sottoscritto né giustificato, va semplicemente combattuto. Non<br />

siamo invidiosi degli harem di questi uomini di potere, perché la storia<br />

della Resistenza ci ha insegnato che le donne spesso hanno messo a<br />

repentaglio la propria vita per salvarla ad altri uomini. E perciò hanno<br />

una dignità superiore agli uomini, una risorsa preziosa per la crescita<br />

sociale e culturale di tutti noi. Una donna non si compra, non si compra<br />

la sua anima, non si compra il suo corpo. Non proviamo invidia per<br />

le “proprietà” di questi uomini di potere, perché la storia della<br />

Resistenza ci ha insegnato che la libertà è il bene più prezioso.<br />

E non siamo invidiosi nemmeno dei tanti passaggi in televisione di<br />

costoro. Perché ben 10.260 minuti in dieci anni solo sulle reti RAI del<br />

272


capo del governo, sono il segno di come per imporre se stessi quando<br />

non c’è la qualità serve la quantità. La sorte di Antonio Gramsci lo insegna:<br />

fu necessario impedire a quel cervello di pensare per tentare di<br />

annientare la sua azione dirompente sulle coscienze delle persone. Non<br />

siamo invidiosi del lavoro di annullamento della dignità delle persone,<br />

perché la storia della Resistenza ci ha consegnato figure come Guido<br />

Caffagini, operaio Fiom di 54 anni, proclamato lavoratore dell’anno<br />

per aver dedicato l’intera sua vita al reparto compressori a centrifuga e<br />

alle turbine a vapore dello stabilimento FIAT di Firenze. Di lui saremo<br />

semmai invidiosi, della sua dignitosa perseveranza, dei suoi turni sfiancanti,<br />

della necessità di andare a lavorare anche con la febbre alta pur<br />

di non perdere quel maledetto posto di lavoro. Sul quale tanti suoi compagni<br />

hanno perso anche la vita per l’assenza delle più elementari<br />

norme di sicurezza. Dei suoi figli siamo invidiosi, per un padre che ha<br />

insegnato loro come solo col lavoro si conquista il rispetto e la stima<br />

degli altri. Di sua moglie siamo invidiosi, che si sente tutelata e protetta<br />

da quell’uomo, e amata, non usurpata, nei sentimenti.<br />

Di questo siamo invidiosi, non del sistema di disvalori che ha ormai<br />

pervaso il Paese. E contro cui ci saranno sempre i Partigiani, vecchi e<br />

nuovi, a combattere. Perché noi continuiamo a lottare per un altro<br />

mondo, diverso, certamente migliore. In nome delle nostre idee che,<br />

come dice una canzone, sono come le farfalle che non puoi togliergli le<br />

ali, le idee sono come le stelle che non le spengono i temporali.<br />

Per me, oggi, siamo a chiamati a far risplendere ancora la stella<br />

dell’ANPI nel firmamento della società italiana. Vecchie e nuove generazioni,<br />

per la difesa della Costituzione, per continuare a sentirci donne<br />

e uomini liberi, solidali tra noi stessi e con gli altri.<br />

Sergio Cucci<br />

ANPI Bovisio Masciago (MB)<br />

Lettera aperta all’ANPI.<br />

Quattro mesi fa alcuni lavoratori immigrati salirono su una gru a<br />

Brescia e sulla Torre della ex Carlo Erba a Milano per rivendicare il<br />

permesso di soggiorno, il diritto alla dignità, al lavoro, alla vita. Da<br />

quella vicenda è sorta la domanda su come possiamo sviluppare al<br />

meglio, concretamente, l’intervento dell’ANPI contro il razzismo dilagante.<br />

In Italia si sono sempre verificati episodi di intolleranza verso gli<br />

stranieri e i diversi (nomadi, disabili). A differenza del passato, però,<br />

273<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

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AL CONGRESSO<br />

questi episodi non solo ottengono spesso un largo consenso nella popolazione<br />

ma, di fatto, sono addirittura istituzionalizzati dai partiti di<br />

governo, Lega Nord e PdL. E nelle amministrazioni locali da loro guidate.<br />

Tali comportamenti abbietti non ottengono una risposta adeguata<br />

dell’Italia democratica.<br />

E sono il risultato di un preciso programma politico. Ricordiamo la<br />

legge Bossi-Fini (la madre della politica contro gli immigrati); l’invenzione<br />

del reato di clandestinità; i CIE (Centri di identificazione e espulsione),<br />

veri e propri luoghi di sospensione del diritto; la schedatura con<br />

le impronte digitali dei bambini rom a Milano (contro la quale ci fu una<br />

ferma risposta dei partiti e delle associazioni democratiche, ANPI in<br />

testa); i rastrellamenti dei cosiddetti clandestini; i numerosi provvedimenti<br />

per negare agli immigrati il diritto alla cittadinanza, alla residenza,<br />

alla casa, all’istruzione, alla salute.<br />

Il razzismo e l’intolleranza sono un problema quotidiano anche per<br />

i giovani immigrati. Bambini e ragazzi di colore spesso si trovano a<br />

subire provocazioni a scuola da parte dei loro coetanei “bianchi”.<br />

Anche il linguaggio comune usato per parlare degli immigrati è uno stimolo<br />

al razzismo. Basta pensare all’uso del termine “extracomunitario”.<br />

O a quando le amministrazioni locali elogiano Carabinieri e<br />

Polizia locale per avere “scovato” dei clandestini, come fossero animali<br />

molesti.<br />

Ma il razzismo non riguarda soltanto immigrati e nomadi. Nel<br />

novembre scorso tre deputati del Pd denunciarono che su alcune dispense<br />

di diritto costituzionale del Comune di Roma era scritto:<br />

“L'articolo 3 della Costituzione nella prima parte enuncia il principio di<br />

uguaglianza. Non bisogna però considerare uguali a noi persone in condizioni<br />

inferiori alle nostre (handicappati)”.<br />

Questa è la situazione generale in cui si è verificata la protesta degli<br />

immigrati di Brescia e Milano. Una lotta che ha rappresentato una grossa<br />

novità nel nostro Paese. Hanno scelto una forma di lotta estrema,<br />

molto molto dura: gli immigrati di Milano hanno vissuto sulla torre 28<br />

giorni, di cui moltissimi sotto frequenti diluvi e i primi rigori dell’inverno.<br />

Una sofferenza inaudita. La solidarietà che hanno ricevuto<br />

dall’Italia democratica è stata secondo noi insufficiente. Ci risulta che<br />

soltanto Emergency e qualche altra associazione hanno fornito aiuto e<br />

appoggio. I sindacati li hanno supportati nelle trattative con la prefettura.<br />

Poco altro.<br />

Alcune sezioni dell’ANPI di Milano, della provincia di Monza e<br />

Brianza, del comasco e del pavese hanno dato piccoli contributi, concreti<br />

e politici. Ma nulla di più. Pensiamo sia stato un errore sottovalu-<br />

274


tare questa lotta, leggerla come un episodio di umana disperazione,<br />

come ne succedono tanti. Siamo convinti essa sia stata un tentativo<br />

importante per il riconoscimento dei diritti degli immigrati e contro il<br />

razzismo. Se l’Italia democratica avesse supportato con tutti i mezzi<br />

questa lotta, dandole ben altro risalto politico e culturale, forse anche<br />

l’esito sarebbe stato diverso, almeno dal punto di vista della consapevolezza.<br />

Il <strong>Congresso</strong> deve indicare cosa vuol dire essere “coscienza critica<br />

dei partiti”. La lotta degli immigrati di via Imbonati ci induce a riflettere<br />

se non sia in certi casi opportuno impegnarci concretamente per la<br />

difesa delle condizioni di vita reali, dei lavoratori, degli immigrati, di<br />

tutti gli esclusi. Se davvero vogliamo raccogliere il testimone dei<br />

Partigiani.<br />

La lotta degli immigrati e con gli immigrati, per l’uguaglianza e<br />

contro il razzismo, merita un impegno diverso, a livello locale e nazionale.<br />

Il razzismo era uno degli elementi connotativi principali del nazifascismo.<br />

Oggi, prima ancora che a livello politico, pensiamo sia tornato<br />

a essere un’emergenza sociale e culturale. Il frutto avvelenato<br />

della globalizzazione fondata sull’accentramento delle ricchezze e<br />

sulla povertà dilagante. Il frutto di una società, italiana ma non solo,<br />

che sostituisce i valori di uguaglianza e solidarietà con l’egoismo generalizzato<br />

e l’indifferenza. Disvalori già conosciuti nel passato che<br />

hanno portato danni irreparabili e incalcolabili.<br />

Come affrontiamo questa emergenza?<br />

Oretta Iacopini<br />

ANPI La Spezia<br />

La Resistenza va concepita come partecipazione delle forze democratiche,<br />

delle masse popolari, di tutti i lavoratori, degli intellettuali e<br />

dei Partigiani, al rinnovamento del Paese. È stato un fenomeno che ha<br />

contribuito al rinnovarsi del costume civile e sociale e rappresenta un<br />

fenomeno culturale, oltre che politico, di primissimo ordine.<br />

L’ANPI deve occuparsi con maggiore impegno nel settore culturale<br />

della vita del Paese. I problemi esistenti non rappresentano soltanto<br />

un fatto tecnico e politico: sono base di partenza per la formazione del<br />

costume e delle mentalità, quindi divengono fenomeni di livello culturale.<br />

Le iniziative culturali avranno più efficacia se saranno portate<br />

avanti dalle Sezioni, poiché essendo diffuse a diretto contatto con la<br />

base rappresentano il massimo di efficacia che si può ottenere per i fini<br />

275<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

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MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

associativi, vale a dire formare delle coscienze nuove quali la<br />

Resistenza ha insegnato.<br />

Non solo, l’attività culturale permette di potersi occupare di temi<br />

poliedrici: letteratura, storia, cinema, teatro , musica, poesia… Per sviluppare<br />

tale tipo di attività si ha bisogno di collaborazione qualificata,<br />

la nostra struttura non è paragonabile a quella di un partito o di altri<br />

organismi di massa, i mezzi finanziari sono scarsi. L’attività culturale<br />

diventa un banco di prova decisivo per dimostrare che il nostro volontarismo<br />

è in grado di realizzare cose concrete, con finalità precise. Non<br />

si deve guardare all’attività culturale come del tutto secondaria o marginale,<br />

ma come permanente e continua, capace di rafforzare la nostra<br />

Associazione e la nostra politica. Per essere sempre al centro della<br />

mobilitazione democratica.<br />

L’ANPI non può farsi partito, né sostituirsi ad altri, ma stimolare le<br />

coscienze. La sua storia, la sua autorevolezza e autonomia possono<br />

segnalare pericoli e fare informazione. L’Associazione deve rimanere<br />

fedele alla sua tradizione e alla sua identità. Fondata sulla memoria, che<br />

non sia solo ricordo. Memoria che ci faccia riflettere sul perché tanti<br />

salirono ai monti con le armi, sulle ragioni che li portarono a quella<br />

scelta e a sopportare tanti sacrifici. Memoria che deve ricordarci anche<br />

gli anni del dopoguerra: i processi ai Partigiani, il governo Tambroni e<br />

Scelba (luglio 1960), le stragi, il terrorismo. Il Paese ha una memoria<br />

corta, noi dobbiamo far conoscere tutte le vicende del Paese.<br />

E, infine, prendere posizione sulle vicende storiche troppo spesso<br />

deformate, contro il revisionismo e il negazionismo.<br />

276<br />

Mario Lavrenčič<br />

ANPI Gorizia<br />

Tovarisˇice in Tovarisˇi, prinasˇam vam prisrčen pozdrav vseh slovenskih<br />

partizanov in vpisanih v Vsedrzˇavno zdruzˇenje partizanov<br />

Italije iz Gorisˇke pokrajine.<br />

Compagne e compagni, vi porto il saluto e il contributo a questo<br />

<strong>Congresso</strong> dei Partigiani e di tutti gli iscritti sloveni all’ANPI della provincia<br />

di Gorizia, cittadini italiani appartenenti alla minoranza slovena.<br />

Vi porto il saluto dal territorio dell’estremo Nord Est dove la convivenza<br />

di due popoli con lingue e culture diverse era stata sempre problematica,<br />

dove il fascismo cosiddetto “di confine” si è manifestato per<br />

primo in Italia in tutta la sua violenza, con l’orribile intento di una bonifica<br />

etnica totale nei confronti della popolazione slovena e croata resi-


dente nei territori conquistati dall’Italia dopo il trattato di Rapallo.<br />

Ma vi porto il saluto anche da una terra dove la lotta comune nella<br />

Resistenza e nella guerra di Liberazione contro il nazismo e il fascismo<br />

ha saputo costruire un legame fortissimo tra Partigiani sloveni e italiani.<br />

Un legame forte ancora oggi e determinante per la costruzione di un<br />

modello di convivenza tra la gente che abita qui.<br />

Nel settembre 1943, proprio in questa zona si formò la prima formazione<br />

Partigiana italiana, la Brigata Proletaria formata principalmente<br />

da cantierini del CRDA (Cantieri Riuniti dell’Adriatico, l’attuale<br />

Fincantieri), operai italiani e sloveni che poi parteciparono, con<br />

pesantissime perdite, alla battaglia di Gorizia contro i nazisti.<br />

Ancora oggi però, dopo tanto tempo, non è facile trovare una sintesi<br />

condivisibile della storia in queste terre, che ci ha lasciato una pesante<br />

eredità. Non è facile soprattutto perché vi sono ancora speculazioni<br />

politiche sui fatti, poiché il revisionismo storico in questa parte d’Italia<br />

è forse ancora più marcato che altrove. I reduci e i rappresentanti della<br />

X Mas possono essere liberamente accolti con tutti i crismi dell’ufficialità<br />

dall’amministrazione Comunale di Gorizia, senza indignazione<br />

o proteste di sorta se non quella dell’ANPI. D’altra parte, alcuni giorni<br />

fa, anche a Milano è successa la stessa cosa, ma a Gorizia è ormai una<br />

tradizione.<br />

Se ricordate, qualche anno fa la RAI trasmise il film Il cuore nel<br />

pozzo, commissionato dal governo di centrodestra, che suscitò tante<br />

polemiche per il modo di rappresentare la tragedia delle foibe in maniera<br />

completamente avulsa dal contesto storico. La stessa RAI ha acquistato<br />

anche un documentario prodotto dalla BBC, Fascist legacy, l’eredità<br />

fascista, che documenta i crimini di guerra commessi dai fascisti<br />

in Etiopia, Grecia, e in particolare in Jugoslavia, con oltre 200 campi di<br />

concentramento (il più conosciuto è quello di Rab-Arbe) dove morirono<br />

migliaia di internati. La RAI, in questo caso, si guarda bene dal trasmettere<br />

questo documentario per far conoscere e comprendere agli italiani<br />

la verità storica.<br />

Il nostro periodico Patria indipendente, proprio su suggerimento e<br />

sollecitazione del Comitato Provinciale di Gorizia, ha già pubblicato a<br />

suo tempo il documento sulle relazioni storiche tra la Slovenia e l’Italia<br />

nel periodo che va dal 1880 al 1956, predisposto da una commissione<br />

paritetica di studiosi e storici italiani e sloveni incaricati dai rispettivi<br />

governi. La commissione, con grande obiettività e imparzialità, è<br />

riuscita a fare una sintesi di queste relazioni tra i due popoli in quel difficile<br />

periodo. Ebbene, questo documento invece di essere divulgato è<br />

stato messo in un cassetto e mai pubblicato ufficialmente dai due Paesi.<br />

277<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

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DEPOSITATI<br />

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AL CONGRESSO


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DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

Non è successo con il centrosinistra al potere, figuriamoci con il centrodestra.<br />

Il documento dovrebbe essere pubblicato e divulgato in particolare<br />

nelle scuole per dare la possibilità ai giovani di conoscere la<br />

vera storia del confine orientale. L’ANPI di Gorizia ha già diffuso l’opuscolo<br />

per quanto possibile.<br />

In questo senso va ribadita anche la specificità delle ANPI di<br />

Gorizia, Trieste e anche Udine per il loro carattere multinazionale e per<br />

le esperienze di queste popolazioni entrate nella storia europea per il<br />

loro grande contributo alla Liberazione e soprattutto per la lunga collaborazione<br />

con le organizzazioni Partigiane della Slovenia e della<br />

Croazia. Richiamandosi alla memoria dell’antifascismo e della comune<br />

partecipazione alla Resistenza, nella quale i popoli europei hanno<br />

potuto acquisire coscienza di avere un comune destino, bisogna mantenere<br />

e intensificare i rapporti internazionali in prospettiva di un’unità<br />

politica e istituzionale più completa, democratica e progressista<br />

dell’Europa che si va costruendo<br />

C'è una preoccupante crescita dell'estrema destra che si sta rafforzando.<br />

La memoria e il monito di tutto ciò che è avvenuto in Europa<br />

nel Secondo conflitto mondiale va sempre più sbiadendo. Ma ciò che<br />

rappresenta un pericolo ancora più grande è il radicamento della destra<br />

xenofoba nelle istituzioni dei vari Paesi europei, compreso il nostro,<br />

che potrebbe rappresentare la fine dell'idea di un’Europa tollerante e<br />

aperta.<br />

È per questo che la collaborazione tra le organizzazioni Partigiane<br />

a livello internazionale deve rafforzarsi. La voce di chi ha liberato il<br />

nostro continente deve farsi nuovamente sentire e ricordare in particolare<br />

ai giovani cos’era il nazifascismo e con quali sacrifici è stata conquistata<br />

la democrazia in Europa.<br />

Care compagne e cari compagni,<br />

non ho dubbi che tutti, in questa sede, condividerete il senso di amarezza<br />

e in qualche modo di umiliazione per questa fase della nostra storia<br />

politica nazionale. Nel torbido travaglio degli ultimi mesi, c’è stato<br />

un aspetto quasi ignorato dai media, che mi ha molto colpito e, potrei<br />

aggiungere, offeso.<br />

Si tratta del modo in cui maîtresses ed escort, oggi si dice così, consideravano<br />

il Parlamento e qualche Consiglio Regionale discorrendo<br />

278<br />

Riccardo Margheriti<br />

ANPI Savona


della loro aspirazione a farne parte. Quasi si trattasse non solo di una<br />

specie di merce di scambio, ma di uno shopping, di un capriccio, di una<br />

mutevole linea di moda, di un mestiere come un altro, da prendere,<br />

sfruttare, lasciare.<br />

Quanti, come me, sono stati Parlamentari nella cosiddetta prima<br />

Repubblica – penso che in questa sede posso usare il plurale – quale<br />

fosse la nostra collocazione politica, e pur nell’asprezza del confronto,<br />

intendevamo quella funzione, di cui personalmente tuttora sento l’orgoglio<br />

e la responsabilità, come servizio alla nazione e al popolo, di cui<br />

eravamo rappresentanti e rispetto al quale ci sentivamo persino impari<br />

al mandato conferito.<br />

Oggi, mi fa molto male sentir parlare così del Parlamento, ed è<br />

insopportabile essere assimilato, nell’immaginario collettivo, a questa<br />

gente. Ormai, non è solo un problema politico, non c’entrano destra o<br />

sinistra: il discrimine è altro. È da antropologia culturale!<br />

Ecco compagni, a me sembra che non possiamo assistere inerti alla<br />

devastazione del bene comune, delle istituzioni così come riconquistate<br />

con la Resistenza e con un impianto costituzionale fra i più avanzati<br />

al mondo. Non so bene cosa proporre in proposito e se l’impianto del<br />

nostro documento congressuale è sufficiente. Credo però che quanti<br />

hanno servito in passato e servono oggi la Nazione con onestà, dignità<br />

e passione, di qualunque parte siano, debbano far sentire la loro indignazione,<br />

anche, se necessario, con atti clamorosi. Se non altro per<br />

distinguersi da quanti quella funzione manipolano, scambiano, mercificano<br />

o lo vorrebbero fare, trascinando tutto e tutti con loro.<br />

Non è un caso, cari compagni, che da almeno un ventennio il<br />

Parlamento è sottoposto ad attacchi tesi a delegittimarlo. Oggi siamo<br />

alla dissacrazione e alla considerazione dell’istituzione Parlamentare<br />

come luogo intorno al quale trafficare, magari autodefinendosi addirittura<br />

“responsabili”! È l’esito inesorabile del populismo e dell’antipolitica,<br />

da sempre anticamera di striscianti o marcate derive autoritarie.<br />

L’antiparlamentarismo dei primi decenni del secolo scorso aprì la strada<br />

al fascismo. Quello attuale, più sciatto e cinico, può comportare dissoluzione<br />

morale e politica, distacco sempre più marcato fra cittadini e<br />

politica. Per far scivolare l’Italia verso un presidenzialismo di tipo<br />

autoritario.<br />

Con la perdita di dignità e funzione del Parlamento, massima<br />

espressione democratica e unitaria del Paese, non possono che derivare,<br />

peraltro, come vediamo, regressioni localistiche, presuntuosi provincialismi,<br />

pretese separatistiche. Come insegna la politica della Lega<br />

Nord. C’è un elemento etico e civico che precede l’agire politico e gli<br />

279<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

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MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


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DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

conferisce senso: dissiparlo, come avviene oggi, significa distruggere<br />

le fondamenta della nostra democrazia. Il mercimonio intorno al<br />

Parlamento, addirittura dentro, cui stiamo assistendo è un sintomo<br />

grave di decadenza democratica sulla quale non si può tacere.<br />

L’onorevole Gerardo Bianco, in una recente lettera agli ex<br />

Parlamentari, ci ricordava l’angoscia di un uomo del Risorgimento,<br />

Luigi Settembrini, per la sua esclusione dal primo Parlamento<br />

dell’Italia unita sulla base di una discutibile incompatibilità (che all’epoca<br />

esistevano e venivano seriamente rispettate). Scriveva a un amico:<br />

“Questo colpo che io non mi aspettavo… mi addolora. Avrei rinunciato<br />

a tutto, anche al vitto e ai panni che porto indosso, per avere l’onore<br />

di sedere in Parlamento… Dopo trent’anni di dolori d’ogni maniera…<br />

Io non sospiravo che questo, e questo mi è stato tolto! (…) Non mi sono<br />

commosso a vedermi la mannaia pendermi sul collo, e mi sento stritolare<br />

il cuore a questa ripulsa…”.<br />

Compagni, questa era la passione che gli uomini del Risorgimento<br />

coltivavano verso il Parlamento, aspirazione massima della vita. Oggi,<br />

a distanza di 150 anni dall’Unità d’Italia, che abbiamo solennemente<br />

celebrato per la grande volontà del Presidente Giorgio Napolitano, al<br />

quale va il nostro più sentito grazie, quel sentimento rischia di essere<br />

completamente smarrito, sostituito dal calcolo di un ruolo da conquistare<br />

per farne mercato. È di mercoledì scorso la nomina a ministro<br />

dell’Agricoltura del capo dei “responsabili” che hanno salvato il governo<br />

Berlusconi il 14 dicembre!<br />

Indubbiamente, a tutto ciò contribuisce la pessima legge elettorale<br />

che consente ai capipartito di turno, di nominare gli eleggibili. E ai<br />

miliardari di comprarsi i Parlamentari. Che si insinui, poi, nel commercio<br />

politico anche la vendita del proprio corpo non può stupire.<br />

Se gli anniversari servono a risvegliare la memoria, è auspicabile<br />

che quello dell’Unità d’Italia possa contribuire a ricordare agli italiani<br />

che si combatté, all’epoca, per conquistare in primo luogo la<br />

Costituzione di un Parlamento come presidio di libertà e indipendenza<br />

nazionale, sintesi della volontà popolare, pur nei ristretti limiti dell’elettorato<br />

del tempo.<br />

L’ANPI, che rappresenta tutti gli antifascisti che hanno contribuito<br />

a riconquistare e difendere la libertà, la democrazia, la Costituzione e<br />

il Parlamento – fulcro fondamentale in quanto espressione della sovranità<br />

popolare – deve prendere una posizione forte e lanciare un appello<br />

ai Parlamentari, e a tutti gli eletti nei Consigli regionali, provinciali<br />

e comunali, perché assumano il dovere di reagire al degrado delle istituzioni<br />

elettive e agli inconsulti attacchi alla nostra Carta. Per quanto ci<br />

280


iguarda direttamente è un impegno cui abbiamo sempre assolto, ma<br />

che dobbiamo e possiamo rafforzare – forti della nostra indiscussa<br />

dirittura morale e politica – a partire dalle manifestazioni per i prossimi<br />

25 aprile e 2 giugno.<br />

È un’indicazione di lavoro che il <strong>Congresso</strong> dovrebbe dare a tutte<br />

le nostre Sezioni locali.<br />

Gennaro Pannozzo<br />

ANPI Lecco<br />

Vorrei ricordare una recente affermazione dell’ex Partigiano, ed ex<br />

Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi: «Stiamo vivendo<br />

in un Paese ben diverso da quello che avevano sognato i Partigiani».<br />

Il quadro politico uscito dalla Resistenza è profondamente mutato:<br />

sono venuti meno il sinonimo democrazia/antifascismo e gli ideali e<br />

l’impegno a edificare una società socialmente coesa. È esplosa la globalizzazione<br />

e il mercato lasciato senza controlli ha provocato la grande<br />

crisi in cui siamo immersi, gli Stati nazione hanno perso gran parte<br />

della loro sovranità, stanno mutando i tradizionali rapporti tra il Nord e<br />

il Sud del mondo, sono cresciute e si sono diffuse le disuguaglianze,<br />

l’economia si è finanziarizzata come se i “soldi potessero generare<br />

soldi” senza la produzione di ricchezza materiale, si fa fatica a riconoscere<br />

il lavoro quale fondamento della democrazia.<br />

Il Prof. Zagrebelsky, nel suo discorso in apertura dei lavori, ha spiegato<br />

che “la realizzazione dei princìpi e valori della Resistenza (democrazia,<br />

uguaglianza, diritti, legalità) è stata impedita dalla formazione,<br />

all’ombra della democrazia formale, di un sistema alternativo di potere,<br />

basato su “giri di potere”, cementati dal ricatto e dalla ricattabilità,<br />

che prosperano sulle disuguaglianze sociali e sulle violazioni della<br />

legalità, e alimentano i notabilati locali e il servilismo”.<br />

Il Paese in svendita com’è oggi, viene da lontano. La deriva è<br />

iniziata nella prima Repubblica all’ombra della convenctio ad escludendum<br />

e del compromesso storico. Sono stati i ritardi del Pci nel prendere<br />

le distanze dall’ideologia del superamento del capitalismo, che era<br />

stata all’origine della scissione di Livorno del 1921, l’illusione del<br />

gruppo dirigente democristiano di salvare il salvabile continuando a<br />

lucrare sull’anticomunismo, e la scelta di Bettino Craxi a favore del<br />

pentapartito a consentire l’ascesa al potere del Cavaliere. In un Paese<br />

281<br />

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da sempre tenuto insieme dal cemento dell’anticomunismo, della Dc e<br />

della Chiesa cattolica, solo la lungimiranza di un nuovo CNL avrebbe<br />

potuto consentire il superamento della crisi dei partiti e la fuoriuscita<br />

da Tangentopoli. Ma quella lezione non è servita, se per ben tre volte le<br />

forze dell’opposizione hanno avuto in mano il potere ma non hanno<br />

retto alla prova del governo. La verità è che in assenza di una destra e<br />

di una sinistra normali, non ci può essere un Paese normale. In quest’ultimo<br />

ventennio lo scontro politico non è stato tra il vecchio e il<br />

nuovo, ma tra gli eredi del vecchio pentapartito e la galassia degli eredi<br />

del comunismo e della sinistra Dc, tenuta insieme dall’antiberlusconismo<br />

ma incapace di offrire un’alternativa credibile di governo a un<br />

Paese in cui gli effetti della crisi mondiale si sommano al “disastro<br />

antropologico” interno.<br />

Esaurita l’onda lunga della Resistenza, gli orizzonti decisionali<br />

della politica a livello italiano ed europeo sono rimasti fermi, condizionati<br />

e travolti da un’opulenta mediocrità. Il nervo scoperto della<br />

democrazia italiana è quello che Vittorio Foa chiamava il “presentismo,<br />

cioè il fatto che tutto è ridotto al presente, alla paura del cambiamento”.<br />

Quando la politica resta prigioniera nelle due dimensioni del passato<br />

e del presente, muore, perché viene meno la lungimiranza necessaria<br />

per afferrare il necessario orizzonte strategico del futuro. Ed è<br />

proprio questa incapacità di leggere in tempo i mutamenti della società<br />

e del mondo, di rigenerarsi, di cercare il futuro che è stata alla base<br />

della crisi dei tradizionali partiti di massa e che oggi spiega l’assenza<br />

di una sinistra, una destra e un’Italia normali. È prevalsa e continua a<br />

prevalere l’ideologia del fare senza pensare, per cui non è più vero ciò<br />

che è vero ma quello che viene fatto apparire come vero. Cos’è in<br />

fondo il Berlusconismo, se non questo?<br />

Il documento politico-programmatico ha proposto alla discussione<br />

i tre obiettivi della nuova stagione dell’ANPI: diventare casa degli antifascisti<br />

e dei democratici; farsi coscienza critica della società e della<br />

politica; generazioni diverse che lavorino insieme. Per fare ciò dobbiamo<br />

concentraci sulle prospettive e non sul presente e sul passato. La<br />

custodia dell’eredità della Resistenza non deve ridursi alla semplice<br />

rievocazione e commemorazione, va messa in rapporto col tempo in<br />

cui viviamo per farla divenire pratica del presente e progetto per il futuro.<br />

In modo da consegnarla, affidarla, tramandarla viva e attuale alle<br />

nuove generazioni.<br />

La svolta deve fare i conti con tre ordini di problemi.<br />

282


– Un capovolgimento dell’attuale percezione dell’Associazione:<br />

cinghia di trasmissione delle sinistre e dei comunisti, quindi avversaria<br />

dei moderati; portatrice di divisione e odio, rifiutando la pacificazione<br />

per non ammettere che la Resistenza è stata anche guerra civile, difendendo<br />

la distinzione tra i morti Partigiani e quelli repubblichini; legata<br />

al mito dell’antifascismo, che non avrebbe più senso visto che il fascismo<br />

è morto oltre 65 anni fa; chiusa nel fortino di una memoria<br />

non condivisa che la maggioranza degli italiani vorrebbe lasciarsi alle<br />

spalle.<br />

– La rigenerazione della politica, senza la quale il Paese non potrà<br />

ritornare alla normalità, in un mondo profondamente mutato dove tutti<br />

dipendiamo gli uni dagli altri. Abbiamo un presente fatto di cambiamenti<br />

e siamo destinati a un futuro comune con tutti i popoli del<br />

mondo. Ma un passato di divisioni e l’insufficiente comprensione della<br />

svolta epocale in essere ci spingono verso l’autodifesa delle nostre tradizioni<br />

e dei nostri valori, verso localismi esasperati più che verso il<br />

riconoscimento reciproco. Autoritarismo e populismo stravolgono la<br />

democrazia repubblicana e mettono in discussione princìpi fondamentali<br />

della Costituzione: non se ne esce imboccando la scorciatoia perdente<br />

della “supplenza” o della cassa di risonanza della diaspora della<br />

sinistra politica e sindacale. Gli strumenti di governo delle società<br />

democratiche sono i partiti. L’antipolitica e l’astensionismo hanno portato<br />

al fiorire di altre forme dell’agire politico e a tentativi di supplenza<br />

che però non potranno risolvere nessuno dei problemi sul tappeto.<br />

Andare al cuore della crisi della politica vuol dire contribuire alla ricostruzione<br />

e alla rilegittimazione dei partiti e alla formazione di classi<br />

dirigenti in grado di rispondere agli ideali, agli interessi e alle esigenze<br />

organizzative poste dalla società complessa di oggi. Il Paese è sull’orlo<br />

di una guerra civile. La nostra proposta di un nuovo CNL, di<br />

carattere transitorio, può servire a chiudere la lunga transizione dalla<br />

guerra fredda alla normalità democratica, ma non risolve il problema<br />

della rinascita dei partiti.<br />

– L’urgenza di ricomporre la divaricazione creatasi tra<br />

Costituzione formale e materiale. Non basta dire “la Costituzione non<br />

si tocca”. La nostra Carta è figlia del suo tempo. Le rughe si vedono.<br />

Andrebbe ringiovanita, intervenendo sulla seconda parte, senza modificare<br />

la prima che invece andrebbe attuata. I punti fermi della nostra<br />

battaglia, dovrebbero essere: intangibilità della separazione dei poteri e<br />

del loro bilanciamento; rispetto della sovranità popolare, cui compete<br />

283<br />

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la scelta dei propri rappresentanti; specchiata moralità di quanti chiamati<br />

a ricoprire cariche pubbliche, con riduzione del loro numero e allineamento<br />

degli emolumenti allo standard europeo.<br />

Cosa significa diventare la casa degli antifascisti e dei democratici?<br />

– Fare fino in fondo i conti con la storia e parlare con tutti. Se non<br />

si esce dal fortino della memoria, l’ANPI rischia di fare la fine di una<br />

zattera senza timone, spinta da una parte o dall’altra dalla folla vociante<br />

dei figli della frantumazione della tradizionale area di riferimento<br />

politico della Sinistra che fu. Per sconfiggere la visione della Resistenza<br />

come guerra di fazione tra comunisti e anticomunisti occorre utilizzare<br />

lo strumento maestro della verità storica. Narrando le storie che sono in<br />

grado di ricondurre la Resistenza al calore dei corpi umani, ai desideri<br />

e ai sogni di uomini e donne avulsi da organigrammi e dogmi, lontani<br />

da chiese e chiesuole, a un capitolo essenziale nella vita delle istituzioni<br />

repubblicane e democratiche, da non rimuovere mai. La Resistenza<br />

italiana ed europea è stata guerra di Liberazione, ma anche guerra civile<br />

che, come in tutte le rivoluzioni, in alcuni territori, è proseguita anche<br />

a guerra finita. La Liberazione dal nazifascismo ha significato riconquista<br />

della libertà e dignità solo per una parte dell’Europa, non per i<br />

Paesi dell’Est, finiti sotto la dittatura del comunismo sovietico a causa<br />

dell’accordo di Yalta (cioè di precise responsabilità dell’Occidente). Le<br />

foibe, per quanto provocate dal fascismo, non hanno forse costituito –<br />

come ha affermato il Presidente Giorgio Napolitano – “un moto di odio<br />

e di furia sanguinaria che assunse i sinistri contorni della pulizia etnica”<br />

a opera dei comunisti titoini? In politica come nella storia esistono sempre<br />

ragioni e torti. Ammettere gli errori quando sono stati accertati dalla<br />

verità storica – in un confronto aperto con la società e non nel chiuso<br />

delle nostre “sacrestie” – è prova di forza, non di debolezza: serve a far<br />

prevalere meglio le nostre ragioni.<br />

– Recuperare i connotati plurimi e plurali della Resistenza, resuscitando<br />

lo spirito del CNL. L’ANPI è una delle associazioni<br />

Partigiane, la più importante. Le sue radici, prima che nella Sinistra,<br />

affondano nella Resistenza. È triste che questo venga dimenticato a<br />

destra. Ma è ancora più triste e insopportabile che lo si ignori a sinistra.<br />

Gli esami di ammissione per la partecipazione alla Festa della<br />

Liberazione, così come alla celebrazione di altre ricorrenze dedicate<br />

alla Memoria, non sono accettabili per un’Associazione con il nostro<br />

dna. La mancanza di coerenza da parte di rappresentanti delle istituzioni<br />

o di semplici militanti del centrodestra con i princìpi e valori della<br />

284


Costituzione va contrastata con la denuncia e la battaglia politica, non<br />

con provocazioni finalizzate a escluderli dalle piazze e dai luoghi dove<br />

si celebra la Memoria e si festeggia la ritrovata libertà.<br />

– Attualizzare la Memoria. Nel suo ultimo libro, I sommersi e i salvati,<br />

Primo Levi già si poneva la questione della necessità di un ripensamento,<br />

o meglio un approfondimento, non certo sulla necessità o<br />

meno di ricordare, ma sul senso da dare a questo ricordare, e su quale<br />

uso farne: la svolta da compiere consiste nel “preservare la dimensione<br />

etica della Resistenza facendola entrare nella storia per integrare la<br />

Memoria in sapere, in modo che il passato non passi, non si riduca alla<br />

mera rievocazione della sofferenza legata a una storia finita, ma si trasformi<br />

in indignazione contro ciò che non va nel presente in cui viviamo.<br />

Per definizione la storia esamina il passato, ma lo fa sempre per<br />

rispondere alle domande del presente in funzione delle scelte del futuro.<br />

Non si può fare la storia del presente, ma si può pensare storicamente<br />

il presente per leggerlo sulla base di quel che è accaduto nel passato”.<br />

Se la memoria resta rinchiusa nella sua dimensione storica locale<br />

e particolare, si smarrisce il rapporto tra il ruolo simbolico nazionale<br />

ed europeo che queste rievocazioni dovrebbero avere e quello puramente<br />

celebrativo che nasce e muore con l’evento celebrato. Senza<br />

questo collegamento si perde l’indispensabile nesso tra funzione conoscitiva<br />

(sapere perché non accada più) e funzione etica (cittadini consapevoli<br />

dei valori universali di civiltà e di cittadinanza, quindi più<br />

responsabili e migliori). Non ci sarà più un’azione di contrasto all’avanzare<br />

dell’ipertrofia della memoria e dell’indifferenza etica.<br />

Cosa vuol dire farsi coscienza critica della società e della politica?<br />

L’elenco delle criticità da affrontare è contenuto nel documento politico-programmatico.<br />

Altre se ne potrebbero aggiungere. Ma il problema,<br />

come sempre, è il “come”. Non siamo un partito e non spetta a noi<br />

offrire l’alternativa. Se però restiamo ripiegati sul presente, ingabbiati<br />

dall’antiberlusconismo invece di cercare il futuro, non riusciremo a<br />

diventare un punto di riferimento. Affronterò sinteticamente sei degli<br />

argomenti più attuali e più impegnativi.<br />

– La divaricazione tra il lavoro e la democrazia. Con la globalizzazione,<br />

gestita all’insegna del mercato che si autoregola, si è rotto il<br />

ciclo dello sviluppo virtuoso del dopoguerra, basato sull’economia<br />

sociale di mercato. Ma è finito anche l’imbroglio liberista del ciò che è<br />

buono per il capitale, è buono per tutti, subito anche dalle forze di sinistra<br />

e progressiste, in tutta Europa. Le cose non torneranno come<br />

285<br />

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prima. Che fare? La difesa dello status quo non porta da nessuna parte.<br />

Le divisioni sindacali non aiutano. Sbaglia il governo a strumentalizzarle.<br />

Sbagliamo noi a schierarci invece di costruire ponti. La ricetta è<br />

quella indicata dal Presidente Barack Obama: riduzione del debito pubblico<br />

– per non scaricarlo sulle spalle delle giovani generazioni –<br />

accompagnato da investimenti significativi in istruzione, cultura, ricerca,<br />

infrastrutture e fonti di energia rinnovabile. Vale a dire sacrifici e<br />

investimenti sul futuro. Il ministro delle Finanze tedesco, Wilhelm<br />

Schauble, ha proposto di fissare un tetto al debito nella Carta costituzionale.<br />

Perché no? “Non è accettabile un capitalismo autoreferenziale<br />

che pretende di fissarsi da solo le regole del gioco ed erigere i propri<br />

profitti quale valore assoluto per le scelte che fa. Le imprese hanno una<br />

responsabilità verso il proprio Paese”, ha affermato Obama. Ma non è<br />

neppure accettabile una narrazione ottocentesca della realtà odierna da<br />

parte sindacale! Dalle opposizioni, divise tra la difesa dell’esistente e<br />

l’evocazione del riformismo, non arrivano proposte alternative. Non<br />

basta limitarsi a predicare che vanno garantiti il diritto al lavoro e i<br />

diritti del lavoro, il problema è come coniugarli. Tanti sono ancora<br />

fermi alla lotta di classe, quando il conflitto sociale oggi è tra il mondo<br />

della produzione e quello del profitto finanziario, della speculazione e<br />

delle rendite. In una situazione di pluralismo sindacale l’unanimità non<br />

può essere il criterio di riferimento per l’approvazione delle piattaforme<br />

e degli accordi. Nella Costituzione (Artt. 39, 40, 46) è indicato<br />

come dovrebbero essere affrontati questi problemi.<br />

– Gli Stati Uniti d’Europa. Il mutamento epocale che si sta verificando<br />

obbliga a pensare in termini planetari la politica, l’economia, la<br />

demografia, l’ecologia, la salvaguardia dei patrimoni naturali, culturali,<br />

artistici e delle stesse diversità regionali. Le classi dirigenti e la politica<br />

sono ferme alla dimensione nazionale e alla sommatoria delle politiche<br />

nazionali. La Resistenza ha avuto un respiro e una dimensione<br />

europea, da cui gli esuli di Ventotene hanno tratto ispirazione per il<br />

Manifesto per un’Europa libera e unita, redatto da Altiero Spinelli nel<br />

1941. La prospettiva europea si è appannata. Tocca anche all’ANPI<br />

farsi promotrice di una campagna di informazione e di adesione tra i<br />

cittadini per gli Stati Uniti d’Europa. Insieme a tutte le forze disponibili<br />

in Italia e nel resto del continente, a cominciare dal Movimento<br />

Federalista Europeo.<br />

– Un nuovo modello di sviluppo per un economia giusta. “Alla fine<br />

della crisi le cose non ritorneranno come prima. (…) Finito l’imbroglio<br />

286


liberista, occorre ritornare a un mercato orientato alla società (…), non<br />

ci sarà una ripresa della crescita senza un ripensamento profondo del<br />

modello di sviluppo, per ritornare a un mercato orientato alla società,<br />

alle persone, invece che al consumismo esasperato di questi ultimi anni<br />

(…), dovremo abituarci a disporre di meno risorse, meno soldi in tasca,<br />

meno consumi”: è il succo del testamento di Edmondo Berselli, contenuto<br />

nel suo saggio L’economia giusta.<br />

– La Pace e la guerra. La guerra giusta è come il rischio zero nel<br />

nucleare. Ma se i diritti dei popoli sono più importanti della sovranità<br />

degli Stati, il rifiuto della guerra come strumento di risoluzione dei<br />

conflitti può giungere a tramutarsi in indifferenza verso massacri di<br />

massa e gravi violazioni dei diritti umani? La forza di polizia internazionale,<br />

evocata nella Carta dell’ONU, ancora non c’è. La cruna dell’ago<br />

è stretta ma da lì dobbiamo passare, aprendo un grande dibattito<br />

all’interno dell’Associazione e all’esterno su questi temi. Perché forse,<br />

allo stato dell’arte, ci potrebbero essere anche interventi militari comprensibili<br />

anche se non accettabili in linea di principio.<br />

– L’immigrazione. Il nostro è un Paese dalla memoria corta: dalla<br />

seconda metà dell’Ottocento alla metà del secolo scorso abbiamo avuto<br />

un’emigrazione di 39 milioni di persone. Il fenomeno non è nuovo e<br />

oggi è divenuto parte costitutiva della svolta epocale in atto.<br />

– Fermare l’autodistruzione del pianeta. Sul No al nucleare, sullo<br />

sviluppo delle fonti alternative, sullo stop alla cementificazione dei<br />

nostri territori e sul contrasto risoluto a tutte le mafie non ci possono<br />

essere tentennamenti o possibilità di mediazione.<br />

– Il futuro dell’Associazione. Siamo alla fine di un ciclo storico.<br />

Da Ente Morale di natura combattentistica dobbiamo transitare a una<br />

nuova forma associativa, quale potrebbe essere quella di un Ente<br />

Morale Onlus facente capo alla Presidenza della Repubblica. Questa<br />

scelta obbliga un riordino in materia di custodia dell’eredità della<br />

Resistenza e di trasmissione dei suoi valori e princìpi alle nuove generazioni.<br />

L’alternativa è diventare una succursale di qualcosa di sinistra.<br />

Una fine ingloriosa per la “nuova stagione”.<br />

Non credo che i Partigiani sarebbero d’accordo.<br />

287<br />

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AL CONGRESSO<br />

Amici e compagni congressisti,<br />

per me non è facile trovare e esporre argomenti in questo <strong>Congresso</strong><br />

che non siano già stati trattati e approfonditi in maniera più esaustiva,<br />

ma tenterò alcune riflessioni, partendo dai dati di fatto degli ultimi<br />

giorni.<br />

Innanzitutto la crisi del Maghreb, con epicentro la guerra in Libia<br />

con migliaia di morti – vittime quasi dimenticate di una feroce dittatura<br />

scaturita a seguito del sanguinoso passato coloniale dell’impero<br />

fascista – che sta ponendo all’Italia e, si spera, all’intera Europa il problema<br />

di relazionarsi in maniera differente alla riva sud del<br />

Mediterraneo.<br />

Siamo in presenza di una gigantesca onda migratoria di profughi,<br />

che fino all’altro ieri, anche da parte di molti Parlamentari, venivano<br />

definiti clandestini o immigrati irregolari, a sostegno della tesi sui<br />

respingimenti. Magari in acque internazionali, al largo di Lampedusa.<br />

Oggi, di fronte agli sconvolgimenti politici e alle rivolte nei loro Paesi<br />

d’origine, vanno accolti tutti poiché fuggono dalle guerre, dalla fame,<br />

dai soprusi. Prima di creare timori di infiltrazioni terroristiche, diamo<br />

loro speranze per il loro futuro, ospitandoli come esseri umani. Poi si<br />

procederà ai controlli e alle opportune verifiche. Così dovrebbe agire<br />

un’Italia diversa e in sintonia con la sua Costituzione.<br />

Ecco la grande occasione per dare dignità e onore al nostro Paese,<br />

ormai condotto allo sfacelo morale da chi ci governa. I cittadini ormai<br />

hanno davanti tutti i giorni i tanti e gravosi problemi della vita quotidiana.<br />

Poi accendendo la TV di regime non si trova nulla di tutto questo.<br />

È il paradosso di due Italie: una bivacca asserragliata nei palazzi<br />

del potere, intenta a difendere privilegi e a promuovere leggi e provvedimenti<br />

persino contro le istituzioni democratiche, l’altra è costretta a<br />

combattere ogni giorno coi problemi economici, attendendosi dalla<br />

prima risposte serie, concrete e operative. E così, mentre a Roma si discute<br />

come mettere al riparo una persona dalla giustizia e da se stesso,<br />

gli 8mila Comuni italiani vengono espropriati delle risorse a causa dei<br />

tagli imposti da un governo di destra, e costretti a eliminare i servizi<br />

essenziali per i cittadini. E si parla di federalismo!<br />

L’unico federalismo che fa bene sia al Nord che al Sud si deve basare<br />

sulla reciprocità. Un metodo di relazioni che supera la solidarietà,<br />

proprio perché diventa un rapporto paritario che arricchisce in maniera<br />

288<br />

Paolo Sironi<br />

ANPI Morbegno (SO)


duratura e coinvolgente sia chi dà, sia chi riceve. Invece ho l’impressione<br />

che il federalismo auspicato dal popolo padano, tende a mantenere<br />

le differenze fra Regioni, a vantaggio del Nord e a discapito del<br />

Sud. L’ostacolo di oggi è questo, mentre la vera sfida, la posta in gioco<br />

è un federalismo in cui tutti ricavano sviluppo reciproco, molto più che<br />

solidarietà. Il nostro Paese ha bisogno di un federalismo che non scarichi<br />

i perdenti, ma li aiuti a valorizzare le loro qualità anche in condizioni<br />

di debolezza e arretratezza.<br />

Politica e istituzioni. Lo politica italiana non può più permettersi<br />

un presidente del Consiglio che va in giro, non solo in Europa, a raccontare<br />

barzellette, a fare “cucù” o “le corna” ai capi di Stato, che propina<br />

menzogne da far rizzare i capelli in testa, che usa i suoi giornali e<br />

giornalisti, le sue televisioni e i conduttori come manganelli contro gli<br />

avversari politici. Com’è possibile parlare di politica economica-sociale,<br />

di misure contro la disoccupazione e il lavoro, di politica con la “P”<br />

maiuscola, se il rumore assordante del “bunga-bunga” sovrasta ogni<br />

voce, con un governo così pericoloso che si dovrebbe dimettere, per<br />

decenza almeno. Una decenza che, purtroppo, non appartiene al personaggio<br />

che lo guida. Un popolo onesto lo avrebbe già privato di quella<br />

investitura. Ma una maggioranza di italiani ha preferito dargli il voto<br />

per insensibilità morale, per interessi corporativi o tornaconti personali,<br />

tollerando, ammirando e applaudendo un capo di Governo presuntuoso,<br />

vanitoso, fintamente bonario. E che merita, invece, solo condanna<br />

e vergogna, soprattutto perché disprezza la Costituzione e la<br />

Magistratura. Attacca anche un galantuomo come Giorgio Napolitano.<br />

Pensando forse di prenderne il posto di Capo dello Stato? Mi chiedo se<br />

succederà anche questo!<br />

Le ragioni per chiedere le sue dimissioni sono infinite, ne cito solo<br />

un paio: l’indifferenza alle stragi in Libia – come dire “non disturbiamo<br />

Gheddafi” – e la concezione affaristica degli scambi commerciali<br />

con l’estero, portati avanti grazie alle amicizie coi tiranni dei più violenti<br />

regimi dittatoriali – Gheddafi, Mubarak, Ben Alì, Lukaschenko, e<br />

aggiungo anche Putin – e intrecciando gli interessi del Paese con quelli<br />

personali. È una vergogna che ci umilia.<br />

Di certo non pensavo che a oltre 60 anni dalla vittoriosa Resistenza,<br />

il Paese rinato dopo il fascismo, con la sua millenaria storia civile e culturale,<br />

si trovasse a essere guidato da un distinto buffone, sessualmente<br />

disturbato. Dov’è finito l’insegnamento e la levatura morale e politica<br />

di Ferruccio Parri, Alcide De Gasperi, Ezio Vanoni, Aldo Moro,<br />

Enrico Berlinguer, Sandro Pertini, Carlo Azeglio Ciampi, Oscar Luigi<br />

Scalfaro e tanti altri ancora?<br />

289<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

Moralità e politica, sono le richieste delle persone oneste al palazzo.<br />

Con l’ANPI dobbiamo rifondare l’Italia, non sono giorni facili ma<br />

noi conosciamo l’idea dell’Unità del Paese alla quale fare riferimento.<br />

Noi dell’ANPI il tricolore, oltre che sventolarlo, lo rispettiamo ogni<br />

giorno. Con i nostri valori, il nostro impegno, i nostri ideali, gli stessi<br />

sognati dai Patrioti del Risorgimento, dai Caduti delle “grande guerre”,<br />

dai martiri della Resistenza e dalla lotta di Liberazione. Sono gli stessi<br />

valori che voi Partigiani e i nostri padri ci hanno affidato e che dobbiamo<br />

trasmettere alle nuove generazioni e a tutti i giovani che vogliono<br />

raccogliere un grande patrimonio di civiltà. Con tutti voi continuo a<br />

credere che l’Italia rimarrà sana, grazie a famiglie, giovani, anziani con<br />

il senso della dignità, perché il Paese è sorto dai moti Risorgimentali e<br />

si è rafforzato nella lotta di Liberazione.<br />

Cosa accadrebbe se smettessimo di credere nella nostra Italia, proprio<br />

mentre ricorre il suo 150° compleanno?<br />

Grazie per l'ospitalità e buon proseguimento dei lavori congressuali.<br />

290<br />

Libero Traversa<br />

ANPI Milano<br />

In questo momento occorre mettere al primo posto la battaglia per<br />

la difesa e l’attuazione della Costituzione. È attaccata da più parti: c’è<br />

chi vorrebbe cambiarla tutta e chi solo in parte. C’è soprattutto chi la<br />

stravolge nella pratica, attuando una vera e propria Costituzione<br />

“altra”, rinnegandola attraverso le leggi e l’azione di governo.<br />

Il più grave è l’attacco all’Art. 41, perché riguarda la prima parte<br />

della Carta, con buona pace di quanti pensavano si potesse discutere di<br />

modifiche solo alla seconda. Gravissimo, poi, il tentativo di togliere<br />

diritti ai lavoratori, compreso quello alla rappresentanza nei luoghi di<br />

lavoro. Lo dimostra il caso FIAT e lo denuncia l’ANPI nazionale,<br />

“rischia di sovvertire lo stesso impianto democratico del Paese”.<br />

Come non essere accanto, allora, ai lavoratori della FIAT che si battono<br />

contro il ricatto padronale, per i diritti democratici sanciti dalla<br />

Costituzione, i loro e quelli degli altri?<br />

Così come non si può non essere accanto a giovani, studenti e lavoratori<br />

precari che non vedono alcuna prospettiva per il loro futuro.<br />

Bene ha fatto il Presidente della Repubblica a richiamare nel suo messaggio<br />

di fine anno il problema dei giovani. Ha affermato “che è giusto<br />

chiedere possibilità reali e uguaglianza di opportunità”. Anche se non


possono essere garantite certezze dallo Stato, bisogna ricordare che<br />

l’Art. 3 della Costituzione afferma che “è compito della Repubblica<br />

rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono<br />

il pieno sviluppo della persona umana”. Quindi non solo uguaglianza<br />

di opportunità, ma anche la rimozione degli ostacoli per la sua affermazione.<br />

L’ANPI deve guardare alle giovani leve con molta attenzione,<br />

cercando di coglierne tutta la carica positiva. Quindi: dialogo e rapporto<br />

costruttivo coi giovani e i loro movimenti, dentro e fuori le scuole<br />

e l’Università. Ma è giusto chiedere loro il pieno rispetto per l’ANPI,<br />

la sua storia, la sua autonomia e la sua linea politica.<br />

Dobbiamo riaffermare il pieno diritto alla nostra autonomia, sia dai<br />

partiti che dalle varie organizzazioni politiche e sociali presenti sul territorio.<br />

L’ANPI non deve essere trascinata alla coda di movimenti e iniziative<br />

che non rientrino nella sua linea di ancoraggio ai princìpi della<br />

democrazia e a metodi nonviolenti. Alla violenza si può ricorrere solo<br />

in caso di legittima difesa.<br />

L’ANPI non può non riconoscere le istituzioni a ogni livello, in<br />

quanto espressione della volontà popolare. Con esse deve mantenere<br />

rapporti, indipendentemente dalle forze politiche che le rappresentano.<br />

Tuttavia si deve richiedere che le istituzioni riconoscano e rispettino il<br />

ruolo dell’ANPI, onorino la Resistenza e la Costituzione antifascista.<br />

L’Associazione deve difendere la propria unità come il bene più<br />

prezioso. Guai cedere a istanze di divisione. Ogni decisione politica<br />

deve essere raggiunta tenendo conto delle diverse opinione espresse:<br />

non essendo un partito politico, l’ANPI non deve avventurarsi sul terreno<br />

delle decisioni prese a maggioranza, ma tendere a raggiungere una<br />

sintesi unitaria delle diverse opinioni.<br />

È in corso una guerra nel Mediterraneo e vi partecipa anche l’Italia.<br />

L’ANPI in tutte le crisi ha sempre preso posizione in difesa dell’Art.<br />

11. Ora non è il caso di dividerci tra favorevoli e contrari all’intervento<br />

militare, però io sono contro, come lo sono stato per il Kosovo e<br />

l’Irak. Credo possiamo essere tutti d’accordo nel chiedere che torni la<br />

pace al più presto, unitamente alla salvaguardia dei diritti umani dei<br />

popoli, che devono prevalere sugli interessi economici e politici in<br />

gioco.<br />

Mi sembra normale che la sinistra sia antifascista, ma l’antifascismo<br />

non può essere né di destra né di sinistra. Alla Resistenza hanno<br />

partecipato azionisti, socialisti, comunisti, cattolici, repubblicani e persino<br />

monarchici.<br />

Quello che non è tollerabile è che oggi ex-fascisti siedano al<br />

Governo e nelle Giunte e che neofascisti e anche neonazisti partecipi-<br />

291<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

no attivamente alla vita pubblica con manifestazioni, usufruendo di<br />

sedi, entrando in coalizioni elettorali. Ex fascisti sono ministri, sindaci<br />

e vicesindaci. Fanno parte della coalizione di centrodestra fascisti<br />

dichiarati come Storace e quelli di Forza Nuova, Fiamma Tricolore,<br />

fino a Casa Pound e Cuore Nero.<br />

C’è qualcuno, invece, che pensa di mettere sotto accusa i comunisti<br />

di ieri e di oggi, che pure hanno dato un contributo importante, se<br />

non decisivo, all’antifascismo e alla Resistenza. Nelle carceri fasciste e<br />

al confino furono spediti migliaia di comunisti, come Umberto<br />

Terracini, poi Presidente dell’Assemblea Costituente, e altri finirono<br />

uccisi, da Antonio Gramsci a Eugenio Curiel. E numerosissimi sono<br />

stati i dirigenti comunisti nella lotta Partigiana, da Luigi Longo, al<br />

nostro Arrigo Boldrini “Bulow”, a Giovanni Pesce “Visone”. È assurdo<br />

discriminare i comunisti non riconoscendoli come forza decisiva<br />

dell’antifascismo e della democrazia. A offendere i comunisti ci pensa<br />

già Berlusconi.<br />

Tra poco sono in programma le elezioni amministrative in alcune<br />

grandi città (Milano, Napoli, Torino, Bologna). L’ANPI dovrà dare il<br />

suo appoggio ai candidati e alle liste che assumano l’impegno di sostenere<br />

le sue posizioni, l’antifascismo, l’antirazzismo, la Costituzione<br />

nata dalla Resistenza.<br />

Cinque anni fa al <strong>Congresso</strong> di Chianciano abbiamo aperto la nuova<br />

stagione dell’ANPI. Da allora molta acqua è passata sotto i ponti e sono<br />

successe tante cose: terremoti, scioperi, cambi di governo. Ora siamo<br />

qui a fare un primo bilancio: nel complesso è senz’altro positivo.<br />

L’Associazione si è sviluppata e ringiovanita. Non siamo rimasti in<br />

molti di quelli che hanno fatto la Resistenza: ma l’ANPI c’è. Con le sue<br />

meravigliose tradizioni e il passato di lotte continua a essere punto di<br />

riferimento per coloro che hanno creduto e credono nella libertà e nella<br />

democrazia. Si è fatta avanti nelle Sezioni una leva di compagne e compagni<br />

provenienti da generazioni successive alla Resistenza.<br />

Adesso si tratta di consolidare la nostra Associazione, garantendo il<br />

passaggio del testimone a una nuova generazione di dirigenti, ai quali<br />

certamente non mancherà il contributo di quelli che provengono dalla<br />

storia delle Resistenza e dell’ANPI stessa.<br />

292


e p.c.<br />

Al Presidente della Repubblica,<br />

Giorgio Napolitano<br />

Presidente <strong>Nazionale</strong> ANPI,<br />

Raimondo Ricci<br />

Presidente Comitato provinciale ANPI<br />

di Firenze, Silvano Sarti<br />

Caro Presidente,<br />

il Comitato direttivo della Sezione Oltrarno dell’Associazione<br />

<strong>Nazionale</strong> Partigiani d’ltalia, fa proprio l’appello lanciato da un<br />

gruppo di soci onorari, Partigiani combattenti nella guerra di<br />

Liberazione, che hanno lottato contro il nazifascismo e contribuito<br />

a far risorgere l’Italia dalle macerie morali e materiali in cui il fascismo<br />

l’aveva ridotta.<br />

In questo momento di grave crisi internazionale, economica e<br />

sociale, che investe anche il nostro Paese, siamo molto preoccupati<br />

perché stiamo assistendo a un indecoroso conflitto istituzionale<br />

che porta a chiederci se è questa l’Italia per la quale hanno combattuto<br />

i nostri Partigiani onorari. Ci chiediamo anche: dove sono<br />

finiti i princìpi di liberta e giustizia che hanno ispirato la Resistenza<br />

al fascismo e la guerra di Liberazione al nazismo? È mai possibile<br />

che il tricolore per il quale sono state versate tante lacrime e tanto<br />

sangue sia pesantemente offeso e vilipeso da membri che fanno<br />

parte del governo italiano? Ed è tollerabile che il capo del<br />

Governo, Silvio Berlusconi, non perda occasione per delegittimare<br />

chiunque si opponga al suo operato? Com’è possibile tollerare che<br />

continui ad attaccare l’attività giudiziaria, ignorando o volendo<br />

ignorare che la Magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente?<br />

Non occorre certo, caro Presidente, continuare a illustrarLe qual<br />

è la situazione del Paese, che Lei conosce meglio di noi, e continuare<br />

a dirLe quanto sia destabilizzante la crisi politica che stiamo<br />

vivendo. Ci rivolgiamo a Lei perché riteniamo che la misura sia<br />

colma: ormai non c’è un ambito del Paese che non sia fortemente<br />

danneggiato, con grave disagio delle persone meno abbienti, e gli<br />

stessi princìpi costituzionali, indicati nella prima parte della nostra<br />

Costituzione, sono in pericolo, se passa l’idea che possono essere<br />

cambiati senza ricorrere a un’Assemblea Costituente.<br />

293<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

294<br />

Per questo motivo, Signor Presidente, ci rivolgiamo a Lei, perché<br />

solo uomini di alta statura morale e civile come Lei possono<br />

prendere in mano – nel rispetto dei princìpi e delle regole costituzionali<br />

– l’attuale situazione politica, in modo da riaffermare i valori<br />

che sono stati alla base della Resistenza, come l’amore per la<br />

Patria e la ricerca di democrazia, giustizia e libertà.<br />

ANPI Sezione Oltrarno<br />

per la Presidenza per il Comitato ad honorem<br />

Paola Borghesi Liliana Benvenuti “Angela”<br />

Alessandro Pini Marcello Citano “Sugo”<br />

Alessandro Sardelli Luigi Perruccio “Licio”<br />

Renato Pozzi “Rena”<br />

Cesare Turchini “Biondo”


DOCUMENTI<br />

APPROVATI<br />

DAL <strong>15°</strong> CONGRESSO<br />

NAZIONALE


DOCUMENTO POLITICO-PROGRAMMATICO<br />

DEL <strong>15°</strong> CONGRESSO NAZIONALE DELL’ANPI<br />

La crisi economica e sociale che il nostro Paese sta attraversando<br />

è parte di quella più generale che pervade l’intero pianeta. È<br />

necessario che la risposta avvenga in modo unitario fra tutti i Paesi<br />

che fanno parte dell’Unione Europea di cui, ricordiamo, l’Italia è<br />

stata fondatrice dopo la fine di quella epocale tragedia che fu la<br />

Seconda guerra mondiale. Anche a questo fine è quindi doverosa la<br />

promozione di una positiva unità antifascista europea resa necessaria<br />

e urgente dalla sempre più drammatica situazione dal punto di<br />

vista della crescita delle forze razziste e di estrema destra.<br />

Particolare attenzione all’Est europeo teatro di movimenti nostalgici<br />

dei passati regimi collaborazionisti dei nazisti. Fin dal 2008 l’ANPI<br />

ha evidenziato la gravità della situazione e il suo forte impatto sui<br />

lavoratori, le loro famiglie e i giovani e le donne in particolare: i più<br />

colpiti dalla disoccupazione e dai drammatici effetti del precariato<br />

che nega sicurezza e possibilità di costruirsi progetti di vita.<br />

Abbiamo posto in luce, nel contempo, l’irresponsabilità dell’attuale<br />

governo che ha minimizzato la crisi, evitando di assumere tutti i provvedimenti<br />

necessari a fronteggiarla.<br />

Favorito da queste nefaste e assenti politiche del governo, oltre<br />

che dall’utilizzo spregiudicato, cinico e irresponsabile della crisi,<br />

forte come non mai nel passato è oggi l’attacco al potere ed alla funzione<br />

costituzionale del sindacato nei luoghi di lavoro e nella società<br />

tale che si consente che contratti di lavoro di milioni di lavoratori<br />

non siano rinnovati. Si opera, da parte delle stesse destre al governo,<br />

per la divisione sindacale oltre che per favorire soluzioni alle vertenze<br />

unilaterali e non contrattate con i sindacati, talché i diritti dei<br />

lavoratori vengono ridotti quando non negati.<br />

L’ANPI e l’antifascismo, mentre denunciano tutto ciò, sono in<br />

campo a difesa della funzione del sindacato, fattore essenziale e<br />

costitutivo della democrazia repubblicana.<br />

Autoritarismo e populismo stravolgono la democrazia repubblicana<br />

Per responsabilità delle destre e della Lega Nord, in primo luogo<br />

per l’impulso di politiche governative autoritarie e populiste e con<br />

l’ausilio di una vera e propria offensiva culturale – esercitata innanzitutto<br />

attraverso il monopolio berlusconiano sull’editoria e sulla televisione<br />

privata e il controllo di gran parte di quella pubblica – anche<br />

attraverso un diffuso revisionismo storico e negazionismo la stessa<br />

297<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

298<br />

identità politica dell’Italia di Repubblica parlamentare si sta trasformando<br />

secondo un disegno volto a dar luogo ad un potere governativo<br />

autoritario prevaricatore degli altri poteri e per sottrarlo ad<br />

ogni equilibrio costituzionale a partire da quello stesso di garanzia<br />

del Presidente della Repubblica. La campagna revisionista di rivalutazione<br />

di azioni e figure del passato, di attacco alla Resistenza e<br />

alla guerra di Liberazione in parte sostenuto da alcuni mezzi di informazione,<br />

si esprime anche nei ripetuti tentativi di equiparare i repubblichini<br />

ai Partigiani, nella concessione di spazi e sedi pubbliche a<br />

forze neonaziste/neofasciste, o nella intitolazione di piazze o vie a<br />

gerarchi fascisti. Inoltre il Governo e numerosi Enti locali, tra i tanti<br />

tagli inaccettabili alle spese per la cultura, stanno lasciando degradare<br />

luoghi storici della Resistenza, come il Museo di via Tasso a<br />

Roma.<br />

A fronte di questa situazione, l’ANPI rivendica la propria natura<br />

di Associazione custode della vicenda storica attraverso la quale il<br />

nostro Paese – che ha vissuto l’esperienza autoritaria e violenta della<br />

dittatura fascista e che, per quattro dei sei anni di guerra, è stato a<br />

fianco del nazismo – ha saputo ritrovare la via di un “ritorno alla<br />

ragione” che ha consentito di mutare la propria identità passando<br />

dal totalitarismo alla democrazia. È in questa motivazione profonda<br />

che le forze antifasciste, di ogni orientamento politico e culturale, trovarono<br />

la ragione di una unità che ha consentito la realizzazione di<br />

due grandi obiettivi: il mutamento della forma istituzionale dello<br />

Stato da monarchia a Repubblica e l’elaborazione e l’approvazione,<br />

a larghissima maggioranza, della Costituzione, anche se questo sforzo<br />

non si è pienamente realizzato, non avendo il nostro Paese fatto<br />

fino in fondo i conti con il proprio passato né dato piena attuazione<br />

ai princìpi della Carta Costituzionale.<br />

Difesa e attuazione dei princìpi costituzionali<br />

Entrata in vigore il 1° gennaio del 1948, la Costituzione afferma<br />

valori, princìpi, regole e obblighi che definiscono con chiarezza la<br />

nuova identità politica e sociale della nostra Patria: il lavoro come<br />

fondamento della Repubblica; la sovranità che appartiene al popolo<br />

il quale la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione; i diritti<br />

inviolabili di ogni persona umana; l’eguaglianza e la coesione<br />

sociale che devono essere promosse dalla Repubblica attraverso la<br />

rimozione di tutti gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della<br />

persona umana e la piena partecipazione dei cittadini e dei lavoratori<br />

all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese; la


libertà dell’iniziativa economica privata che deve svolgersi senza<br />

recare danno alla libertà, alla sicurezza e alla dignità umana; il ripudio<br />

della guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri<br />

popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;<br />

il consenso alle limitazioni di sovranità necessarie, a condizione<br />

di reciprocità, per assicurare la pace e la giustizia fra le nazioni; l’uguaglianza<br />

di tutti i cittadini di fronte alla legge e il riconoscimento<br />

della parità di diritti e opportunità tra uomini e donne. Nel quadro<br />

internazionale occorre rivedere tutta l’onerosa partita delle spese<br />

militari e delle missioni all’estero e favorire il rientro delle truppe italiane<br />

dalla disastrosa guerra in Afghanistan, nella quale l’Italia era<br />

entrata con un ruolo di pace, in rispetto dell’Art. 11 Cost. ed è invece<br />

stata coinvolta direttamente nella guerra. Sono questi princìpi<br />

inderogabili che vengono posti a fondamento dell’essenza repubblicana<br />

nei primi dodici articoli della Costituzione oltre che negli articoli<br />

dal 13° al 54°, riguardanti i diritti e i doveri dei cittadini. Questi<br />

princìpi sono stati difesi, affermati, posti in essere e potenziati attraverso<br />

grandi movimenti e battaglie sociali e civili durante tutta la storia<br />

repubblicana. In questo processo di costruzione e sviluppo della<br />

vita democratica, le donne e i loro movimenti hanno potuto affermarsi<br />

come nuova grande forza di cambiamento e di rinnovamento.<br />

Inoltre la Costituzione prevede altresì le istituzioni di garanzia: dalle<br />

prerogative del Presidente della Repubblica, alla funzione della<br />

Corte Costituzionale, ai compiti della magistratura come istituzione<br />

autonoma e indipendente.<br />

Le leggi “ad personam” concepite con l’unico scopo di giovare<br />

alla tutela giudiziaria del Presidente del Consiglio; le pressioni occulte<br />

per influenzare le decisioni degli organismi di garanzia; l’improponibile<br />

richiesta di dimissioni del Presidente della Camera; il ricorso<br />

anticipato alle urne usato come minaccia; l’attacco alla magistratura<br />

come “istituzione politicizzata” portato anche a livello legislativo<br />

e con un forte tambureggiamento mediatico; gli attentati alla libertà<br />

di informazione, sono questi i più chiari segni di quel mutamento<br />

del regime democratico, incompatibile con la Costituzione, stigmatizzato<br />

da tutti i maggiori esponenti della cultura italiana.<br />

La destra si divide<br />

Negli ultimi tempi abbiamo assistito al manifestarsi, nello stesso<br />

schieramento politico del PdL, di contraddizioni che sono venute via<br />

via delineando un vero e proprio scontro politico tra una destra che<br />

sostanzialmente si riconosce nelle regole e nei princìpi della<br />

299<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

300<br />

Costituzione e quella berlusconiana e leghista che, invece, persegue<br />

il loro sovvertimento.<br />

Oggi, dunque, il problema che si prospetta con sempre maggiore<br />

evidenza nella realtà politica italiana, non è solo il contrasto dialettico<br />

tra destra e sinistra, come molti esponenti politici affermano,<br />

bensì, innanzitutto, un insanabile dissidio fra chi aggredisce l’identità<br />

democratica del nostro Paese, realizzata attraverso il dettato costituzionale,<br />

e chi tale identità tende a rispettare e a salvaguardare.<br />

Ciò non muta il giudizio di fondo sulle destre italiane, prive, con ogni<br />

evidenza, nella loro gran parte, di una reale cultura democratica e<br />

antifascista, ben diversamente dalle destre conservatrici di stampo<br />

europeo. Prova ne sono gli accordi elettorali e politici stretti con formazioni<br />

dichiaratamente neofasciste. Tale situazione rende sempre<br />

più necessaria un’intesa fra tutte le forze democratiche al fine di<br />

superare e rimuovere la china verso la quale l’Italia sta andando.<br />

Questa è la priorità assoluta alla quale deve ispirarsi – mediante<br />

concrete prese di posizione, scelte politiche e battaglie sociali e culturali<br />

– la parte più consapevole del popolo e soprattutto le giovani<br />

generazioni, nell’interesse dell’intera nostra comunità.<br />

Salvaguardare l’identità costituzionale e democratica dell’Italia<br />

Scongiurato questo pericolo, si renderà possibile ritornare a un<br />

dialettico e normale confronto di idee e di programmi nell’ambito di<br />

un ritrovato clima di rispetto e di attuazione<br />

dei princìpi costituzionali. Sarebbe invece del tutto negativo che<br />

le diversità di visioni politiche e programmatiche fra le forze in<br />

campo in una democrazia compiuta divenissero veicolo di una pericolosa<br />

deriva autoritaria.<br />

Ciò che chiediamo all’opposizione antifascista e democratica<br />

Per sventare e battere questo pericolo, l’ANPI sollecita ancora<br />

una volta l’opposizione politica e parlamentare – a partire dalle<br />

forze antifasciste – a svolgere la sua preziosa e indispensabile funzione<br />

in Parlamento e nel Paese in modo più efficace e incisivo,<br />

facendosi più consapevole della grave sfida in atto contro la democrazia,<br />

e a rendersi più vicina ai cittadini ed ai lavoratori e più capace<br />

di interpretare e rappresentare le loro impellenti necessità. Per<br />

tutto ciò occorre porre al bando le persistenti, irriducibili e laceranti<br />

divisioni foriere di impotenza politica e dar luogo a scelte di unità e<br />

collaborazione richieste in modo sempre più pressante da ampi settori<br />

dell’opinione pubblica ed innanzitutto da milioni di antifascisti e<br />

democratici.


Battaglie nazionali dell’ANPI<br />

Riforma della legge elettorale<br />

Necessaria e urgente è una riforma della legge elettorale coerente<br />

con il dettato costituzionale e in materia di diritti politici dei cittadini<br />

affinché gli elettori, fin dal prossimo Parlamento, possano scegliere<br />

con libertà i propri rappresentanti da eleggere alla Camera<br />

dei Deputati ed al Senato della Repubblica.<br />

Per la giustizia<br />

Ci battiamo per una giustizia fondata sul principio dell’uguaglianza<br />

dei cittadini di fronte alla legge e per una magistratura autonoma<br />

e indipendente sostenuta adeguatamente dallo Stato con le<br />

necessarie risorse finanziarie e organizzative, decisive per assicurare<br />

il diritto alla giustizia e alla sicurezza dei cittadini e per rendere<br />

sempre più adeguata e vincente la battaglia alla mafia ed ai poteri<br />

criminali. Basta con le leggi ad personam e con i segreti di Stato.<br />

Basta con i progetti di riforma costituzionale, diretti a stravolgere l’intera<br />

struttura e l’intero sistema della giustizia previsti dalla<br />

Costituzione. Se si attuassero quei progetti, verrebbe meno il diritto<br />

alla giustizia e sarebbero minati alla radice, non solo l’indipendenza<br />

e l’autonomia della Magistratura, ma lo stesso principio di uguaglianza.<br />

Occorrerà informare bene i cittadini sui gravi pericoli che<br />

si nascondono anche nei disegni di legge ordinaria allegati al progetto<br />

di riforma costituzionale. Insomma, ci si dovrà impegnare con<br />

forza nella difesa di uno dei fondamentali cardini della nostra democrazia,<br />

respingendo ogni tentativo di sovvertire princìpi e regole che<br />

sono stati previsti a garanzia della libertà e dei diritti dei cittadini.<br />

Si rendono inoltre necessarie riforme in materia di vivibilità delle<br />

carceri a risoluzione in particolare del non più derogabile problema<br />

dell’eccessivo sovraffollamento degli istituti penitenziari.<br />

No al razzismo, no alla xenofobia, no all’omofobia<br />

Ogni anno milioni di uomini e donne, in un mondo in cui si<br />

muore di fame e di guerre, lasciano i loro Paesi in cerca di una vita<br />

migliore laddove, per diverse ragioni, c’è bisogno di forza lavoro.<br />

Anche in Italia l’immigrazione è una grande questione nazionale da<br />

affrontare con adeguate politiche strutturali e di accoglienza e integrazione<br />

e non invece, come avviene ad opera delle destre e della<br />

Lega nord al governo con la politica dei respingimenti, con visioni di<br />

mero ordine pubblico che alimentano esasperazioni e paure, e stru-<br />

301<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

302<br />

mentalizzano per fini elettoralistici gli stessi bisogni di sicurezza dei<br />

cittadini.<br />

Si negano così i diritti degli immigrati e in particolare quelli<br />

garantiti ai rifugiati politici dalla convenzione di Ginevra, quelli stessi<br />

garantiti dalla Costituzione. Risoluta è l’opposizione dell’ANPI al<br />

razzismo, alla xenofobia e all’omofobia come dimostrato nella grande<br />

manifestazione nazionale che l’Associazione ha promosso e realizzato,<br />

su questi temi, a Mirano (VE) il 12 dicembre 2009. Per questo<br />

si rende necessario sviluppare azioni concrete al fine di eliminare<br />

le intollerabili condizioni di semi schiavitù a cui molti lavoratori<br />

immigrati sono costretti nel nostro Paese, promuovere sostanziali<br />

modifiche al sistema dei Centri di Identificazione e di Espulsione –<br />

oggi inaccettabili e da chiudere – che non garantisce il pieno rispetto<br />

dei diritti democratici e prevedere l’abolizione del reato di clandestinità.<br />

In questa battaglia politica e culturale, l’ANPI e l’antifascismo<br />

devono essere in campo quali essenziali punti di riferimento e per far<br />

pesare: la storia d’Italia quale Paese di grande emigrazione; la dura<br />

lezione delle famigerate leggi razziali del fascismo e, non di meno,<br />

la luminosa lezione che deriva dalla significativa partecipazione di<br />

tanti antifascisti stranieri alla Resistenza italiana e il contributo di<br />

tanti militari delle truppe alleate alla liberazione del Paese.<br />

L’ANPI si fa inoltre promotrice della richiesta di riconoscimento<br />

della cittadinanza italiana secondo lo ius soli, cioè sulla base del<br />

fatto di essere nati sul territorio italiano e richiede che i migranti<br />

abbiano il riconoscimento di importanti diritti di cittadinanza, a partire<br />

dal voto amministrativo.<br />

Un più forte impegno per i diritti umani universali<br />

Per i valori cui si ispira e per la sua grande tradizione di solidarietà<br />

internazionale, l’ANPI rinnova l’impegno per la pace, la democrazia<br />

e per i diritti umani universali, ancora negati e conculcati in<br />

tanti Paesi. In particolare, rinnova il sostegno e la solidarietà alle<br />

donne che in ogni parte del mondo sono in prima fila nella lotta per<br />

la democrazia e le libertà nei loro Paesi e si battono per il diritto alla<br />

vita contro guerre, violenze di ogni tipo, dittature, per contrastare<br />

regimi autoritari e per superare culture e società patriarcali.<br />

L’Unità <strong>Nazionale</strong> non si tocca<br />

L’Unità dell’Italia riconquistata dalla Resistenza è un bene irrinunciabile<br />

per il presente ed il futuro del Paese.


L’ANPI è contro il secessionismo leghista ammantato di federalismo<br />

e contro politiche governative ad esso corrive ma, al tempo stesso,<br />

esasperatamente centraliste e taglieggiatrici dei poteri locali e<br />

regionali e delle loro risorse finanziarie necessarie per le politiche<br />

sociali.<br />

Occorre sottolineare l’Art. 15 Cost. che afferma “La Repubblica<br />

è una e indivisibile.” Anche il Presidente Napolitano ha detto, in<br />

occasione del suo discorso alla Scala per il 25 Aprile 2010, che<br />

“l’Italia è chiamata a vivere come Nazione e come Stato nell’unità<br />

del suo territorio, della sua lingua e della sua storia”.<br />

Infatti, l’Unità d’Italia, di cui celebriamo il 150° anniversario, frutto<br />

del Risorgimento, è stata riconquistata dalla Resistenza antifascista.<br />

Pertanto occorre evitare che si affermi ogni forma di federalismo<br />

che comporti un secessionismo strisciante e possa creare disuguaglianze<br />

sociali e territoriali.<br />

Promuovere una nuova etica pubblica; la “questione morale”;<br />

sia regolato il conflitto d’interessi<br />

Forte è la preoccupazione per il persistere e l’acuirsi di una questione<br />

morale che investe responsabilità di governo nazionali e locali,<br />

i partiti e la politica, oltre che alte responsabilità della stessa<br />

Pubblica Amministrazione come mai nel passato era accaduto.<br />

Debellare la corruzione, renderla estranea al Parlamento, ai<br />

governi nazionali e locali, alle istituzioni, alla pubblica amministrazione,<br />

ai partiti ed alla politica, è una urgente necessità, per un’Italia<br />

pulita e più giusta nell’economia e nella vita civile. Combattere l’avvilente<br />

modello culturale che viene proposto a ragazze e ragazzi,<br />

fondato sull’uso del corpo come merce da esibire e di scambio.<br />

Promuovere una cultura che proponga una idea di sé e del proprio<br />

futuro basata sulla dignità e responsabilità personale. Liberare l’Italia<br />

dalla questione morale, contrastare con efficacia l’evasione fiscale e<br />

l’illegalità diffusa, regolare il conflitto d’interessi con norme di legge<br />

rigorose, è condizione necessaria anche per una rigenerazione e<br />

per il rinnovamento dei partiti e della politica.<br />

Dall’esito di questa battaglia dipende il futuro della democrazia<br />

e la stessa possibilità di contrastare e vincere i pericolosi orientamenti<br />

populisti, di antipolitica, di ostilità e diffidenza verso i partiti e<br />

le istituzioni e i poteri pubblici democratici, presenti in settori dell’opinione<br />

pubblica dai quali emerge lo smarrimento della nozione stessa<br />

di “bene comune” oltre che la necessità di salvaguardare e rafforzare<br />

la convivenza civile e la coesione sociale che la Costituzione<br />

invece tutela come beni irrinunciabili.<br />

303<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

304<br />

Scuola<br />

Nella visione costituzionale, la scuola pubblica, insieme al lavoro,<br />

costituisce un valore essenziale, è un presidio fondamentale per<br />

rimuovere gli ostacoli alla realizzazione della persona umana (Art.<br />

3 Cost.), per educare alla cittadinanza e per formare la coscienza<br />

civile delle nuove generazioni; coscienza che deve essere fondata<br />

sulla reintroduzione in tutti gli ordini di scuola dell’insegnamento<br />

della storia contemporanea, su una più strutturata e rigorosa conoscenza<br />

della storia dell’antifascismo e della Resistenza, fondativi<br />

della Carta Costituzionale. La scuola pubblica, l’Università, la ricerca,<br />

la cultura sono altresì un fattore essenziale dello sviluppo economico,<br />

sociale, civile e culturale del Paese. Dalla loro qualità dipende<br />

il suo stesso futuro, soprattutto in una società globale in cui il principale<br />

fattore di disuguaglianza rischia di essere la conoscenza. Va<br />

perciò contrastato con una grande battaglia civile e culturale con un<br />

investimento adeguato di idee, progetti e responsabilità, il disegno<br />

promosso dal centrodestra che umilia risorse preziose e che punta a<br />

snaturare il ruolo costituzionale della scuola pubblica attraverso vere<br />

e proprie controriforme e tagli indiscriminati.<br />

Un Paese che investe nella formazione e nella ricerca è un Paese<br />

che prepara con decisione il proprio futuro secondo modelli equi e<br />

sostenibili, dando la priorità alla ricerca di base, medica e farmaceutica,<br />

per le energie rinnovabili. Non dobbiamo dimenticare mai<br />

che il nostro futuro, la nostra vita e quella delle nostre famiglie dipende<br />

anche dall’impegno che metteremo nella tutela e nella salvaguardia<br />

dell’ambiente, oggi esposto a troppi attentati. E’ interesse della<br />

collettività garantire un ambiente il più possibile sicuro, prevenendo<br />

e combattendo i vecchi ed i nuovi rischi. Su questo terreno occorre<br />

adoperarsi per ottenere un nuovo e diverso impegno da parte delle<br />

istituzioni che ci governano.<br />

Giovani e lavoro. Sicurezza sul lavoro<br />

È agli occhi di tutti lo svilimento in atto nel lavoro, come diritto di<br />

ogni cittadino, sempre più carente e privato di tutele e diritti, oltre<br />

che di centralità e dignità. I più colpiti sono i giovani, condannati al<br />

precariato e alla disoccupazione. Uno su tre è senza lavoro. Per non<br />

parlare del fenomeno troppo diffuso degli infortuni e dei morti sul<br />

lavoro che ne fanno una rischiosa avventura nel buio e denunciano<br />

una grave inosservanza delle regole, da rispettare e far rispettare<br />

puntando sempre e comunque sulla prevenzione. Tutto ciò è in palese<br />

e profondo contrasto con la Costituzione che tanta importanza ha


conferito al lavoro da renderlo fondamento della Repubblica. Per<br />

questo si rende necessario un aggiornamento del sistema di protezioni<br />

sociali con riferimento al mutato contesto internazionale in<br />

seguito alla globalizzazione economica. Per garantire un futuro di<br />

stabilità sociale ed economica al Paese occorre attuare pienamente<br />

i princìpi costituzionali in materia di lavoro, cambiando la legislazione<br />

vigente che ha ridotto diritti e garanzie per i lavoratori. L’AN-<br />

PI fa voto, inoltre, affinché vengano riprese procedure di stabilizzazione<br />

dei lavoratori precari della PA, della scuola e degli altri comparti<br />

pubblici e privati.<br />

Infine, occorre impegnarsi a fondo per contrastare ogni ipotesi di<br />

riforma dell’Art. 41 della Costituzione. La pretesa di liberare l’impresa<br />

da ogni vincolo è assolutamente inaccettabile; semmai il<br />

richiamo, contenuto nell’Art. 41 della Costituzione, all’utilità sociale<br />

ed all’obbligo di esercitare l’iniziativa economica privata senza<br />

recare danno alla sicurezza, libertà e dignità umana, va ancora più<br />

valorizzato ed attuato. L’ANPI è impegnata a profondere tutte le<br />

energie e ad assumere tutte le iniziative necessarie perché la sola<br />

idea di modificare l’Art. 41 venga accantonata per sempre.<br />

Informazione libera e indipendente<br />

Un’informazione che racconti realmente e liberamente il Paese,<br />

senza legacci, ostacoli, censure e minacce, è oggi quasi del tutto<br />

assente. Assistiamo ad una occupazione a tutto campo dei mezzi di<br />

informazione da parte di un potere, anche di governo, che ha urgenza<br />

di coprire verità e inadempienze al fine di perpetuarsi. L’ANPI<br />

conferma il suo impegno a sostenere le battaglie a favore di una<br />

informazione libera e indipendente, presupposto cardine per una<br />

sana e robusta democrazia.<br />

Difendere, riaffermare e promuovere la dignità e i diritti delle<br />

donne<br />

Come abbiamo detto alla Conferenza nazionale di organizzazione<br />

dell’ANPI, dopo il grande contributo delle donne alla<br />

Resistenza e alle lotte democratiche dell’Italia repubblicana, ancora<br />

oggi la democrazia italiana ha bisogno della cultura, delle lotte, del<br />

punto di vista delle donne. Deve perciò essere contrastata la grave<br />

involuzione sociale, civile e culturale dell’identità stessa, della condizione<br />

e del ruolo delle donne nella vita del Paese di cui il centrodestra<br />

porta la principale responsabilità. Lavoro, scuola cultura, riconoscimento<br />

del valore sociale della maternità, possibilità di concilia-<br />

305<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

306<br />

re maternità e lavoro, battaglia contro la violenza sessuale, laicità<br />

nello Stato, costituiscono per le donne una condizione essenziale di<br />

dignità, autonomia e crescita personale. Ormai oggi nel mondo si<br />

riconosce il ruolo innovatore delle donne in ogni campo: nell’economia,<br />

neo sociale, nella cultura. Da loro dipende non solo la crescita<br />

della ricchezza materiale, ma lo sviluppo più libero, giusto, umano,<br />

sostenibile della nostra società, una più forte rinnovata democrazia.<br />

LA NOSTRA PROPOSTA<br />

L’Italia ha bisogno di fiducia e di speranza. L’unità antifascista è<br />

stata protagonista vittoriosa della Resistenza e per la conquista della<br />

Costituzione, della Repubblica e della democrazia. Può e deve essere<br />

ancora oggi per tutti i democratici, per le nuove generazioni, un<br />

esemplare stimolo per dare coraggio, fiducia a scendere in campo<br />

con una rinnovata e ampia unità al fine di salvaguardare e attuare<br />

la Costituzione.<br />

I giovani rappresentano realtà molto complesse. Dobbiamo<br />

riuscire a confrontarci con tutti, con tutte le realtà organizzate tenendo<br />

conto delle esperienze compiute sul territorio, ma anche di quelle<br />

nella scuola e nelle battaglie studentesche e – in forme loro proprie<br />

– nell’associazionismo e nel volontariato.<br />

Per questo fondamentale obbiettivo, è l’ora di una GRANDE<br />

ALLEANZA tra l’ANPI, l’associazionismo antifascista, le confederazioni<br />

sindacali e il vasto campo dell’associazionismo democratico<br />

italiano!<br />

Avanti con la “Nuova stagione dell’ANPI”<br />

Il bilancio è positivo. Importanti sono i traguardi raggiunti dopo<br />

la Conferenza nazionale di Organizzazione svoltasi a Chianciano<br />

Terme nel 2009 e nell’attuazione delle sue decisioni.<br />

Vi sono ora iscritti in tutte le 110 province italiane. Oltre che in<br />

Belgio, vi sono sezioni ANPI a Londra, in Argentina, nella<br />

Repubblica Ceca, e se ne stanno costituendo in Germania, Svizzera,<br />

a Parigi e a Madrid. Nel 2009 l’ANPI era presente solo in 81!<br />

L’Associazione è ora più nazionale, con più iscritti, più giovani e più<br />

donne. Documenti e iniziative realizzate a partire dalla Prima<br />

Conferenza nazionale delle donne dell’ANPI sono patrimonio e<br />

fanno parte integrante della politica dell’Associazione e devono<br />

coerentemente impegnarla nell’insieme. Si è attivata verso l’ANPI<br />

l’attenzione, l’iniziativa e la collaborazione di significativi settori


della cultura e dell’intellettualità oltre che delle forze politiche, democratiche<br />

e antifasciste. In 29 province del mezzogiorno si stanno<br />

costituendo i Comitati Provinciali. Più ampia, intensa e qualificata si<br />

è fatta l’iniziativa politica nazionale e locale. In particolare ciò si è<br />

evidenziato sui temi della lotta alla mafia – manifestazione nazionale<br />

a Portella della Ginestra il Primo Maggio 2010 – contro il razzismo<br />

e la xenofobia e per la pace, anche attraverso la Feste<br />

Nazionali di Gattatico (RE) e di Ancona e le tante feste locali<br />

dell’ANPI.<br />

Più intensi sono ora i rapporti di collaborazione con le associazioni<br />

dell’antifascismo, con i sindacati, in particolare CGIL, SPI-CGIL<br />

e Fondazione “G. Di Vittorio” e con l’ARCI, Libera, Articolo 21, e<br />

l’associazionismo democratico.<br />

Superiamo le inerzie e le resistenze residuali. Andiamo avanti<br />

verso nuovi traguardi: di qualificazione, consolidamento e di crescita<br />

dell’Associazione. I 150.000 iscritti al <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> del<br />

2011 sono possibili e si possono superare. Ovunque si accrescano<br />

nell’ANPI impegno e responsabilità degli antifascisti. Valorizziamo i<br />

Partigiani, i patrioti e i benemeriti ancora viventi. Abbiamo memoria<br />

degli scomparsi. In questo ambito si propone di attuare un censimento<br />

dei Partigiani viventi, in collaborazione con i Comitati<br />

Provinciali. Ciò per dar luogo ad una campagna nazionale di incontri<br />

con i Partigiani, i patrioti e i benemeriti.<br />

Crescita dell’ANPI: consolidare anche nelle nuove leve i valori e la<br />

progettualità dell’Associazione<br />

Nell’Associazione si riduce la presenza dei Partigiani. Crescono<br />

gli antifascisti che non hanno vissuto direttamente la Resistenza.<br />

Cambia la fisionomia dell’Associazione e dei suoi organi dirigenti.<br />

Si ampliano e diversificano rispetto al passato l’iniziativa e le motivazioni<br />

con le quali si aderisce all’Associazione.<br />

IL RUOLO DELL’ANPI<br />

Nella “nuova stagione” dell’ANPI va ribadito che:<br />

• L’ANPI non è un partito. Si aderisce all’ANPI non per una scelta<br />

di schieramento partitico bensì per la sua storia, per la memoria,<br />

per i valori ed i princìpi dell’antifascismo e della Resistenza che<br />

l’Associazione rappresenta e difende battendosi per il rispetto e l’attuazione<br />

della Costituzione, oltre che per i contenuti delle sue politiche<br />

e per la condivisione del suo Statuto. L’autonomia dell’ANPI,<br />

307<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

308<br />

innanzitutto da ogni partito, è condizione irrinunciabile dell’unità per<br />

un’Associazione culturalmente e politicamente pluralista quale è<br />

l’ANPI ancor più oggi, affinché possa esercitare con efficacia, credibilità,<br />

vasta partecipazione e consenso la sua funzione di “coscienza<br />

critica” della democrazia e della società; l’ANPI ripudia la violenza<br />

in qualsiasi forma si esprima e la contrasta poiché estranea al<br />

contesto democratico conquistato dall’antifascismo e dalla<br />

Resistenza e quale arma dei nemici della democrazia e della libertà.<br />

Il disagio sociale e l’impotenza politica non giustificano il ricorso<br />

alla violenza! La protesta politica e sociale va espressa attraverso l’esercizio<br />

dei diritti e nelle forme previste dalla Costituzione.<br />

• L’ANPI ritiene assai grave e preoccupante il crescere sistematico<br />

di aggressioni a giovani di sinistra nonché a cittadini di diversa<br />

etnia, religione e orientamento sessuale messi in atto da esponenti<br />

della destra neofascista.<br />

• L’ANPI rispetta e collabora con le istituzioni della Repubblica<br />

quali conquiste della Resistenza anche quando, a seguito di elezioni,<br />

sono governate da esponenti della destra. Si batte affinché chi<br />

governa transitoriamente – Comuni, Province, Regioni e lo Stato –<br />

operi in ottemperanza ai valori, ai princìpi e alle norme sancite dalla<br />

Costituzione e dall’ordinamento dello Stato. Quando ciò non avviene,<br />

lo si contrasta con le armi della democrazia distinguendo sempre<br />

le istituzioni da rispettare e difendere e con le quali collaborare,<br />

dalle politiche e dalle ideologie di chi le governa alle quali opporsi<br />

quando necessario. Si ritiene quanto sopra essenziale per contrastare<br />

e vincere orientamenti sbagliati presenti – sia pure in modo minoritario<br />

– anche nell’ANPI.<br />

• È intollerabile che forme di contestazione violenta si siano<br />

esercitate nei confronti di manifestazioni del 25 Aprile – Roma,<br />

Milano, Catania – ed anche nei confronti di dirigenti dell’ANPI e<br />

comandanti Partigiani.<br />

• L’antifascismo, la Resistenza e la Costituzione sono patrimonio<br />

di tutti gli italiani. L’ANPI è “la casa” di tutti gli antifascisti che credono<br />

nei valori della Costituzione.<br />

Nella “nuova stagione dell’ANPI” sono da confermare:<br />

l’autorevolezza politica e morale dell’Associazione e dei suoi<br />

dirigenti affinché essa continui ad essere punto di riferimento per i<br />

democratici e gli antifascisti;<br />

l’unità, il rigore, la disciplina, il rispetto e l’applicazione dello<br />

Statuto e delle regole a partire dalle procedure per le nuove iscri-


zioni e dal dovere di chi aderisce di iscriversi nella sezione del<br />

Comune, del quartiere in cui risiede o nel luogo in cui lavora o nell’università<br />

in cui studia. Questa regola ha un fondamento, prima di<br />

tutto nell’esigenza di un reale radicamento nel territorio. Va intesa,<br />

naturalmente con saggezza e buon senso. Gli organismi che usciranno<br />

dal <strong>Congresso</strong> dovranno approvare un Regolamento nazionale<br />

di attuazione dello Statuto che permetta, tra l’altro, di gestire<br />

limitate deroghe, motivate in modo trasparente. Con il tesseramento<br />

del 2011 vanno risolte o avviate a risoluzione situazioni anomale<br />

eventualmente esistenti. Vi è anche la necessità che tutto sia sempre<br />

riconducibile ad unità di intenti e di finalità, che la stessa autonomia<br />

delle sezioni sia sempre ricondotta ad un corretto rapporto con gli<br />

organismi provinciali, quanto meno ogni volta che si impegna il<br />

nome dell’ANPI e si adottano iniziative che vanno al di là dei singoli<br />

livelli territoriali;<br />

“l’attenzione che l’ANPI ha sempre riservato all’istituzione<br />

militare: al suo ruolo specifico nella compagine dello Stato e delle<br />

Pubbliche Amministrazioni e, con particolare riguardo all’attività di<br />

formazione e di educazione delle Forze Armate negli ideali della<br />

Resistenza e nei princìpi della Costituzione nei quali si è fuso il più<br />

alto patrimonio ideale del Risorgimento” (dal Documento della<br />

Conferenza <strong>Nazionale</strong> di Organizzazione - Chianciano Terme<br />

2009). In considerazione del fatto che le FF. AA. sono oggi costituite<br />

da volontari, è fondamentale che le attività di educazione e formazione<br />

siano integrate con corsi svolti da docenti di diritto costituzionale.<br />

Corrette posizioni su queste ed altre questioni, cosiddette di<br />

orientamento, sono decisive per un lineare svolgersi della vita associativa<br />

e per salvaguardare l’identità dell’ANPI e delle sue politiche<br />

ed affinché vi sia sempre ed ovunque dell’Associazione, dell’antifascismo<br />

e della Resistenza una giusta percezione da parte dell’opinione<br />

pubblica in particolare delle nuove generazioni. Nei confronti<br />

di queste ultime come Associazione operiamo affinché alla<br />

Resistenza e alla Costituzione si ispirino la loro educazione e formazione<br />

politica anche con iniziative dei Comitati Provinciali e delle<br />

Sezioni dell’ANPI.<br />

Con il <strong>Congresso</strong>, nel rinnovo degli organi dirigenti, dal livello<br />

nazionale alle sezioni, si presenta la necessità urgente – per evitare<br />

il declino purtroppo ancora in atto in alcune province e per perseguire<br />

ovunque il consolidamento, la crescita e la qualificazione<br />

309<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

310<br />

dell’Associazione – che ovunque si possa contare ancor più sull’apporto<br />

degli antifascisti, di donne e giovani accanto a quello, esperto<br />

e autorevole dei Partigiani.<br />

È questa la condizione necessaria per soddisfare l’esigenza forte<br />

di una crescita della capacità di direzione politica e di iniziativa.<br />

Sono necessari quindi: più tempestività, una più ampia gamma di<br />

temi del nostro intervento sulla politica e nella società e una più adeguata<br />

visibilità. Sono entrati e stanno entrando nell’Associazione<br />

tanti democratici e giovani. Non deludiamoli!<br />

ORGANI DIRIGENTI<br />

Per le strutture organizzative e gli organi dirigenti si confermano<br />

le proposte approvate dalla Conferenza <strong>Nazionale</strong> di Organizzazione<br />

di Chianciano Terme (2009) e successivamente adottate dal<br />

Comitato <strong>Nazionale</strong>:<br />

PRESIDENZA ONORARIA<br />

Ferma restando la Presidenza onoraria come indicata nello<br />

Statuto, si ritiene utile istituire un Comitato d’Onore composto da alte<br />

e qualificate personalità antifasciste della cultura, della politica, dell’economia,<br />

della scienza oltre che da Partigiani e antifascisti.<br />

Altrettanto si propone per i livelli provinciali e di Sezione.<br />

COMITATO NAZIONALE<br />

Si ritiene necessario aumentarne il numero dei componenti. Ciò<br />

con riferimento all’ampliamento della presenza dell’ANPI nel territorio<br />

nazionale e per consentire una più ampia rappresentanza nel<br />

massimo organo dirigente. Questa esigenza – da soddisfare senza<br />

tuttavia dare luogo ad organismi pletorici – può essere perseguita in<br />

forza del disposto del quarto comma dell’Art. 5 dello Statuto, che<br />

testualmente recita: “Il Comitato <strong>Nazionale</strong> può procedere alla cooptazione<br />

di nuovi membri, scelti tra i soci dell’ANPI, in caso di decesso<br />

o impedimento assoluto di alcuno dei propri componenti ovvero<br />

quando ciò si renda necessario per la funzionalità<br />

dell’Associazione”. Tale norma consente, con assoluta evidenza,<br />

l’aumento del numero dei componenti del Comitato <strong>Nazionale</strong> per<br />

esigenze relative appunto alla funzionalità dell’Associazione.<br />

CONSIGLIO NAZIONALE<br />

Si ritiene necessario un restringimento del numero dei suoi componenti<br />

anche per renderne più agevole, frequente e meno dispen-


diosa la convocazione e per un aumento della presenza di dirigenti<br />

effettivi dell’Associazione con attenzione oltre che ai Comitati<br />

Provinciali, alle Sezioni.<br />

STRUTTURE ORGANIZZATIVE<br />

A livello provinciale e delle Sezioni, varie sono le situazioni in<br />

atto. Vi sono Comitati Provinciali in cui la Presidenza è anche organo<br />

esecutivo e altre in cui esiste una segreteria e/o un segretario.<br />

Si propone che ovunque, per i Comitati Provinciali e le Sezioni,<br />

ci si doti di una sede autonoma e vi sia oltre al presidente almeno<br />

un segretario responsabile dell’organizzazione oltre che il responsabile<br />

dell’amministrazione (tesoriere).<br />

Sono queste necessità imprescindibili per una buona conduzione<br />

dell’Associazione e delle sue iniziative, e nondimeno per rapporti<br />

fluidi, continui e corretti tra il Centro nazionale e il territorio.<br />

LA COMUNICAZIONE<br />

Va tenuto conto che la comunicazione e i suoi presìdi (il sito – è<br />

finalmente online la nuova versione – e Patria indipendente) sono<br />

oggi per l’ANPI strumenti di comunicazione ma al tempo stesso<br />

anche pressoché i soli mezzi di organizzazione e di intervento politico.<br />

Da ciò deriva la necessità che i Comitati Provinciali e le Sezioni<br />

si dotino di un computer e di un indirizzo di posta elettronica.<br />

TESSERAMENTO<br />

Una buona gestione del tesseramento e dell’elenco degli iscritti<br />

da parte dei Comitati Provinciali e delle Sezioni è richiesta non solo<br />

da necessità di correttezza nella vita associativa, ma altresì per assicurare<br />

un carattere trasparente e democratico dell’ANPI. In questo<br />

senso, mentre sul piano nazionale sarà ripreso il lavoro per definire<br />

il progetto dell’Anagrafe <strong>Nazionale</strong> degli iscritti, a livello provinciale<br />

e di Sezione si dovrà operare in corrispondenza affinché si creino<br />

le condizioni per realizzare detto progetto.<br />

RISORSE FINANZIARIE<br />

Per evitare il rischio di paralisi nella vita associativa e nell’iniziativa,<br />

vi deve essere riflessione e impegno per il reperimento delle<br />

necessarie risorse finanziarie essendo purtroppo a rischio, tra l’altro,<br />

lo stesso esiguo contributo dello Stato, peraltro gravemente ipotecato<br />

anche dagli aumenti dei costi postali relativi alla spedizione della<br />

311<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


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INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

312<br />

nostra pubblicazione e all’ attività associativa notevolmente aumentata.<br />

In questo senso, attenzione e impegno sono richiesti per:<br />

il lancio ed il successo della Sottoscrizione <strong>Nazionale</strong> per il<br />

<strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong>;<br />

una ulteriore estensione - del tutto possibile dopo i risultati raggiunti<br />

nel 2008 (4.000 adesioni) - della destinazione del<br />

5x1000 all’ANPI da parte di iscritti e amici antifascisti e<br />

democratici;<br />

un aumento del prezzo della tessera, sia per il nazionale che<br />

per l’attività dei Comitati Provinciali e delle Sezioni;<br />

sostenere ed aumentare gli abbonamenti a “Patria indipendente”<br />

– anche come strumento di attività dei dirigenti dell’Associazione<br />

tra gli iscritti e all’esterno dell’Associazione.<br />

Per il raggiungimento di questi obbiettivi conforta, come testimonianza<br />

di possibilità, la disponibilità che si riscontra tra chi chiede<br />

di iscriversi sia per un più adeguato contributo per la tessera che per<br />

l’abbonamento a Patria indipendente.<br />

STATUTO<br />

Si propone di modificare lo Statuto limitatamente all’introduzione<br />

di norme richieste da disposizioni di legge e per definire l’età per<br />

iscriversi all’ANPI.<br />

Per altre necessità si ritiene di poter procedere attraverso la eventuale<br />

definizione di norme regolamentari.<br />

LE GIORNATE NAZIONALI<br />

25 Aprile: Festa della Liberazione. Evitare la ritualità e il declino<br />

del 25 Aprile è il nostro compito. Celebrare il 25 Aprile in tutti i<br />

Comuni e adoperarsi perché alla festa partecipino istituzioni,<br />

forze armate, scolaresche – e la giornata sia arricchita di eventi<br />

di riflessione storica e politica, sport, spettacolo – sono presupposti<br />

fondamentali affinché il 25 Aprile sia vissuto come grande<br />

festa popolare.<br />

27 Gennaio: Giornata della Memoria di tutte le vittime.<br />

9 Maggio: fine della 2ª guerra mondiale e riconquista dell’Unità<br />

d'Italia. Giornata a ricordo delle vittime del terrorismo e delle<br />

stragi.<br />

2 Giugno: Festa nazionale della Repubblica e della Costituzione<br />

a Milano.


8 settembre: armistizio e avvio della Resistenza.<br />

4 Novembre: fine della Iª guerra mondiale.<br />

10 Febbraio: Giorno del Ricordo. L’ANPI e i democratici debbono<br />

uscire dalla difensiva e non consentire che questa giornata,<br />

complici anche autorità pubbliche corrive, sia occasione per<br />

celebrazioni “dell’orgoglio fascista”, con volgari strumentalizzazioni<br />

del dramma delle foibe ed intollerabili aggressioni alla<br />

memoria dei Partigiani e della Resistenza. L’ANPI deve collaborare<br />

con le istituzioni locali, con gli istituti storici e con tutte le<br />

associazioni democratiche e antifasciste che promuovano dibattiti<br />

o momenti di confronto sugli avvenimenti che hanno coinvolto<br />

il confine nord orientale dell’Italia, partendo almeno dalla<br />

Prima guerra mondiale.<br />

21 Marzo: Giornata nazionale contro le mafie.<br />

I 150 ANNI DELL’UNITÀ D’ITALIA<br />

Proposta<br />

Far conoscere la storia. Porre in luce ciò che unisce e differenzia<br />

il Risorgimento e la Resistenza quali tappe del cammino unitario e<br />

democratico dell’Italia. Essere al fianco del Presidente della<br />

Repubblica nel difendere, come conquista irrinunciabile, l’Unità<br />

d’Italia. Sollecitare le forze politiche antifasciste e democratiche<br />

all’impegno necessario per contrastare l’indifferenza ed il sabotaggio<br />

governativo ai programmi del 150°. Stimolare all’iniziativa prefetti,<br />

Comuni, Province, Regioni, scuole e università.<br />

Autunno 2011: un grande raduno nazionale di popolo e di<br />

giovani per i 150 anni dell’Unità d’Italia contro i fautori della secessione<br />

e per una Repubblica unita e democratica.<br />

L’EUROPA<br />

Risulta decisivo estendere all’Europa – in collaborazione con<br />

l’antifascismo europeo e con il coinvolgimento e il sostegno<br />

dell’Unione Europea – il contrasto al revisionismo e la strategia della<br />

memoria della Resistenza quale presupposto e fondamento della<br />

stessa Unione Europea. L'Europa è un nostro orizzonte. Dobbiamo<br />

contrastare le derive nazionalistiche e la ricomparsa di forze neonaziste,<br />

razziste e xenofobe. Un forte impegno culturale e politico, in<br />

collaborazione con gli istituti storici, va riservato affinché le ANPI del<br />

313<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

314<br />

Mezzogiorno, nell’ambito della strategia della memoria, avviino una<br />

incisiva iniziativa sull’antifascismo che precedette la Resistenza in<br />

quei territori.<br />

In questo senso è opportuno e doveroso promuovere una grande<br />

campagna in tutto il Paese, e in particolare nel Mezzogiorno, per<br />

valorizzare e ricordare: eccidi, battaglie, proteste, movimenti, associazioni,<br />

uomini e donne che ne furono protagonisti.<br />

L’ANPI, custode della vicenda storica attraverso la quale l’Italia<br />

è riuscita a passare dal totalitarismo alla democrazia, è in campo –<br />

come coscienza critica del Paese – per ridare ai cittadini fiducia e<br />

speranza, per la difesa e la piena attuazione della Costituzione, contro<br />

la corruzione diffusa, per il diritto ad un lavoro dignitoso, contro<br />

il razzismo e la xenofobia, per la salvaguardia dell’Unità dell’Italia,<br />

per una scuola non più “fabbrica del precariato”. L’ANPI è in grado<br />

di impegnarsi positivamente per tali obbiettivi grazie alla sua “nuova<br />

stagione” con la quale l’Associazione è potuta crescere ed essere<br />

presente in tutte le 110 Province italiane. Con il <strong>Congresso</strong><br />

<strong>Nazionale</strong> di Torino del marzo 2011, l’ANPI intende confermare e<br />

approfondire impegni e prospettive anche attraverso i necessari<br />

aggiornamenti e rafforzamenti delle sue strutture organizzative, in<br />

particolare con l’inserimento negli organi dirigenti degli antifascisti<br />

che, per ragioni anagrafiche, non parteciparono alla Resistenza e<br />

che sono entrati – e continuano ad entrare – numerosi<br />

nell’Associazione grazie alla modifica statutaria apportata col<br />

<strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> del 2006.


ORDINI DEL GIORNO APPROVATI<br />

DAL <strong>15°</strong> CONGRESSO NAZIONALE DELL’ANPI<br />

OdG presentato dalla Commissione Politica<br />

La Commissione Politica considerando fondamentale la tutela e<br />

la valorizzazione delle fonti orali e scritte della nostra storia contemporanea,<br />

preso atto<br />

anche della politica governativa di ridimensionamento delle risorse<br />

finanziarie a disposizione della rete degli Istituti Storici coordinata<br />

dall’Istituto <strong>Nazionale</strong> del Movimento di Liberazione d’Italia, presieduto<br />

da Oscar Luigi Scalfaro, espressa con la riduzione dei comandi<br />

degli insegnanti,<br />

propone<br />

all’assemblea congressuale il seguente ordine del giorno:<br />

Ogni Comitato Provinciale s’impegni attraverso protocolli d’intesa<br />

e progetti in particolar modo dedicati alle scuole e alle università,<br />

come ad esempio tesi di laurea, a sviluppare rapporti continui<br />

con gli Istituti Storici della Resistenza e i Musei della Resistenza del<br />

proprio territorio poiché ritiene che se non viene tutelata e arricchita<br />

questa relazione, l’Associazione (ANPI) e la nostra società tutta<br />

saranno sempre sotto scacco dei revisionismi.<br />

OdG sul Progetto di legge Fontana<br />

La Commissione difesa della Camera (e il Ministro della Difesa<br />

in particolare) stanno proponendo una serie di leggi (Fontana e<br />

Baravi) volte a porre sotto il controllo del Ministero della Difesa tutte<br />

le Associazioni di ex combattenti senza la specifica indicazione di<br />

coloro i quali, durante la guerra di Liberazione e anche dopo, si<br />

sono riportati ai valori della Resistenza, dell’antifascismo e della difesa<br />

della Costituzione, con l’intenzione di rivalutare quali legittimi belligeranti<br />

quelli che hanno militato nella Repubblica Sociale Italiana.<br />

L’operazione di alcuni gruppi parlamentari della maggioranza è<br />

ben chiara e volta a legittimare coloro i quali hanno combattuto a<br />

fianco dei nazisti, contemporaneamente delegittimando l’alto valore<br />

morale e sociale della lotta di Liberazione contro il nazifascismo.<br />

Contro queste proposte di legge va attuata una vasta mobilita-<br />

315<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

316<br />

zione di intellettuali, giuristi, parlamentari e militanti dell’ANPI allo<br />

scopo di impedire l’approvazione di norme o criteri che delegittimino<br />

i Partigiani e affermino ambigui criteri di riappacificazione nazionale<br />

che si fondano anche su processi di revisionismo storico incompatibili<br />

con le vicende del nostro Paese.<br />

OdG - Comitati Regionali<br />

In base all’esperienza di questi anni, la funzione di coordinamento<br />

svolta anche dai Comitati Regionali è stato uno dei fattori rilevanti<br />

per l’espansione dell’ANPI. In considerazione inoltre della<br />

necessità di un corretto rapporto con l’istituzione Regione, il<br />

<strong>Congresso</strong> sollecita la costituzione dei Comitati Regionali. Il<br />

<strong>Congresso</strong> ritiene che i Comitati Regionali debbano svolgere funzioni<br />

di coordinamento e non di direzione politica. Il regolamento<br />

nazionale definirà procedure e criteri per la loro costituzione.<br />

OdG sulla Libia<br />

L’ANPI è senza esitazione dalla parte dei popoli che si liberano<br />

da quei regimi dittatoriali e oppressivi che giungono a sparare sui<br />

propri concittadini. Il Mediterraneo e il Medio Oriente possono essere<br />

all’alba di una nuova stagione. Per questo sono assai grandi le<br />

responsabilità delle organizzazioni democratiche, dei governi, degli<br />

organismi sovranazionali.<br />

Prendiamo atto della risoluzione dell’ONU per la Libia, in difesa<br />

di quel popolo, ma siamo fermamente convinti che “l’Italia ripudia la<br />

guerra come mezzo per la soluzione delle controversie internazionali”.<br />

Non si esce dalle crisi attuali e nemmeno si aiuta la costruzione<br />

di nuove realtà statuali democratiche né con la guerra dall’alto né<br />

dal basso.<br />

Devono tornare pienamente in campo la diplomazia, la politica<br />

e la cooperazione internazionale, colpevolmente assenti finora, per<br />

responsabilità dei governi UE – Italia in prima fila – che pure si erano<br />

impegnati per favorire la creazione di un’area di cooperazione economica<br />

e istituzionale. Questo processo va ripreso e messo al centro<br />

di una nuova politica nel Mediterraneo. A questa politica potranno<br />

collegarsi i nuovi gruppi dirigenti che quei Paesi e quei popoli sceglieranno<br />

in piena autonomia e libertà.


OdG sulla Campagna Referendaria<br />

Il <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> appoggia la campagna referendaria:<br />

1. contro la privatizzazione dei servizio idrico, perché l’acqua è<br />

un bene comune e non può essere privatizzata e quindi le condotte<br />

non possono essere di proprietà privata;<br />

2. contro la soprattassa sulla tariffa del servizio idrico, perché<br />

l’acqua, essendo un bene unico, assoluto e non alternativo,<br />

non può divenire fonte di profitti privati e pubblici;<br />

3. contro lo scudo processuale a favore del Presidente del<br />

Consiglio e dei Ministri, perché tutti i cittadini sono uguali di<br />

fronte alla legge, anche durante il mandato governativo;<br />

4. per la cancellazione delle norme che prevedono il ritorno del<br />

nucleare in Italia con i relativi investimenti, perché implica<br />

pericolo alla salute della presente e delle prossime generazioni<br />

e monopolio privato e di pochi dell’energia.<br />

Pertanto indica di votare SÌ ai 4 quesiti del referendum che si<br />

terrà il prossimo 12 giugno 2011.<br />

OdG contro la tortura<br />

I partecipanti al 17° <strong>Congresso</strong> Provinciale dell’ANPI di Firenze,<br />

Partigiani/e e antifascisti/e di fronte al ripetersi di episodi di violenza<br />

spesso caratterizzati da crudeltà e sadismo nei confronti di persone<br />

arrestate o sottoposte a fermo giudiziario<br />

Rilevano con preoccupazione<br />

che l’Italia, a tutt’oggi, non ha aderito al divieto di tortura proposto<br />

nel 1950 dalla Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo, nel<br />

1966 dal patto dell’ONU sui Diritti Civili e Politici e nel 1984 dalla<br />

Convenzione dell’ONU contro la tortura, nonostante siano giacenti<br />

nel Parlamento italiano, fin dal 1966, 20 proposte di Legge per l’attuazione<br />

dell’Art. 13 della nostra Costituzione, che stabilisce: “è<br />

punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte<br />

a restrizioni di libertà”;<br />

Fanno appello:<br />

a tutte le forze politiche antifasciste perché si impegnino, nel<br />

Parlamento e nel Paese, per fare entrare l’Italia nel novero dei Paesi<br />

civili, ripudiando una vergognosa tolleranza per il peggiore dei cri-<br />

317<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

318<br />

mini: la violenza esercitata con la copertura di un’autorità, su persone<br />

prive di ogni possibilità di difesa e reazione.<br />

OdG targa Voghera<br />

Il <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> dell’ANPI:<br />

ESPRIME LA PROPRIA CONDANNA per la scelta dell’apposizione<br />

da parte dell’Amministrazione Comunale di Voghera di una targa<br />

ricordo per sei rappresentanti di formazioni armate della RSI-GNR,<br />

Brigata nera, Sicherheits.<br />

Tale targa è stata posizionata – nell’ottobre 2010 – nella piazza<br />

intitolata alla Liberazione, nonché a lato del Castello visconteo, già<br />

luogo di reclusione e di passaggio per la deportazione nei campi<br />

nazisti di antifascisti, Partigiani, patrioti, cittadini ebrei vogheresi e<br />

dell’Oltrepo pavese.<br />

L’assemblea congressuale:<br />

RITIENE che la targa apposta sia un inaccettabile segno di equiparazione<br />

delle parti che si schierarono nel nostro Paese dopo l’8<br />

settembre 1943 e che il suo dettato rappresenti un subdolo tentativo<br />

di annullare la distinzione tra i carnefici e oppressori rispetto alle vittime<br />

e ai combattenti per la libertà;<br />

RICORDA che sulla targa è presente tra gli altri il nominativo di<br />

Arnaldo Romanzi, comandante della Brigata nera di Voghera,<br />

responsabile politico e militare di un reparto fascista, che:<br />

– ha attivamente partecipato ai rastrellamenti nella zona vogherese<br />

e oltrepadana, culminati nell’eccidio di Verretto del gennaio<br />

1945 dove caddero Ermanno Gabetta (Medaglia d’Oro<br />

al Valor Militare), Giovanni Mussini, Ferruccio Luini, Pietro<br />

Rota;<br />

– ha provocato, durante la fuga del 25 aprile, la morte di<br />

Franco Quarleri (anch’egli Medaglia d’Oro al Valor Militare)<br />

e di un cittadino inerme;<br />

RICORDA inoltre che altri dei nominativi elencati sulla targa<br />

appartenevano alla famigerata banda criminale Sicherheits di Alfieri<br />

e Fiorentini, che ha operato alle dirette dipendenze dei nazisti e si è<br />

distinta per la ferocia nella repressione contro i Partigiani e la popolazione<br />

civile nell’intero Oltrepo pavese in molteplici episodi, tra i<br />

quali:<br />

– le atroci torture e sevizie per i resistenti che vennero rinchiusi


nelle sue sedi a Broni (ex albergo Savoia) e nel castello di<br />

Cigognola;<br />

– nell’eccidio di Pozzol Groppo (AL) dove vengono uccisi Carlo<br />

Covini, Anna Mascherina , Alberto Piumati, Lucio Martinella,<br />

Giovanni Torlasco e Fulvio Sala;<br />

– nell’eccidio di Cascina Bella a Bressana (PV) dove vengono<br />

uccisi Natale Del Favero, Pierino Landini, Peppino Marabelli,<br />

Bordino Milanesi, Erminio Milanesi;<br />

NELL’EVIDENZIARE E RICORDARE A TUTTI che i princìpi<br />

dell’Antifascismo e della Resistenza stanno alla base della nostra<br />

Costituzione repubblicana e che il 25 Aprile di ogni anno la<br />

Repubblica ed il popolo italiano celebrano la Festa della Liberazione<br />

per ricordare e onorare tutti coloro che scelsero di combattere per<br />

liberare la Patria dall’occupante tedesco e sconfiggere il fascismo;<br />

ESPRIME la propria solidarietà e piena adesione alle iniziative<br />

promosse dal Comitato unitario “per dignità, non per odio” (che<br />

vede la presenza, oltre alle Associazioni Partigiane, di un’ampia e<br />

plurale rappresentanza di forze politiche, sindacali, associazioni e<br />

gruppi) ed INVITA le istituzioni nazionali e locali a pronunciarsi con<br />

ogni opportuno atto ufficiale contro la permanenza di quella targa<br />

in un luogo pubblico così simbolico.<br />

SOLLECITA, infine, i cittadini tutti ad adoperarsi affinché cessi l’offesa<br />

che con quell’installazione si è arrecata al ricordo delle vittime<br />

– popolazione civile, Partigiani e patrioti – e delle distruzioni provocate<br />

dai feroci rastrellamenti nazifascisti nell’Oltrepo Pavese e nei<br />

territori confinanti.<br />

319<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

320<br />

RELAZIONE FINANZIARIA<br />

A norma del nostro Statuto, questo <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> ha<br />

tra i suoi compiti anche quello di esaminare la relazione finanziaria<br />

predisposta dal Comitato <strong>Nazionale</strong> sulla base delle indicazioni e<br />

dei dati risultanti dai bilanci annuali degli esercizi 2005, 2006,<br />

2007, 2008, 2009, regolarmente e tempestivamente approvati dal<br />

Comitato <strong>Nazionale</strong> stesso, previo controllo contabile e amministrativo<br />

da parte del Collegio dei Revisori dei Conti. Questa relazione<br />

rappresenta un momento di sintesi dell’attività svolta e quindi fa<br />

parte anch’essa a pieno titolo della vita associativa di un organismo<br />

come l’ANPI.<br />

Per incarico, quindi, del Comitato <strong>Nazionale</strong> diamo lettura della<br />

presente relazione sull’andamento economico-finanziario del trascorso<br />

quinquennio.<br />

Per quanto attiene alle formalità di legge, ogni anno è stato inviato<br />

al Ministero della Difesa il rendiconto delle entrate e delle uscite<br />

giustificative del contributo statale ricevuto. Malgrado il clima di<br />

incertezza relativo alle scadenze delle leggi relative e il ritardo nell’erogazione,<br />

è indubbio che il contributo ha costituito un grosso<br />

aiuto nel quinquennio in esame dato che ha complessivamente raggiunto<br />

il 32% del totale delle entrate.<br />

Sono state sempre presentate nei termini, agli uffici della<br />

Presidenza del Consiglio dei Ministri, le domande per l’ottenimento<br />

dei contributi previsti per l’editoria dalla legge 250/90 e, dall’anno<br />

2007, sono state presentate all’Agenzia delle Entrate anche le<br />

domande per poter accedere al beneficio del 5 x mille.<br />

Passando a un’analisi delle singole e più importanti voci del<br />

bilancio, si può constatare che nel quinquennio la voce “tesseramento”<br />

ha contribuito al 35% di tutte le entrate. Il numero totale dei<br />

tesserati è passato infatti dai 94.294 del 2005 ai 105.000 del<br />

2009 e in cifre assolute si è passati dai 257.624 euro del 2005 ai<br />

283.481 euro del 2009. Quindi, mentre nel periodo 2001-2004 la<br />

media annua lorda è stata di euro 244.830, nel quinquennio 2005-<br />

2009 è stata di euro 270.420. Come appare da questi dati, le<br />

entrate per “tesseramento” rappresentano una solida fonte di finanziamento<br />

della nostra Associazione e ne dimostrano ancora, dopo<br />

65 anni di esistenza, la vitalità.<br />

Meno confortanti sono i dati rilevati relativi alla diffusione di<br />

Patria indipendente che ha costituito per quasi sessant’anni lo stru-


mento sicuramente più efficace e penetrante dell’Associazione non<br />

solo per i legami fra il Comitato <strong>Nazionale</strong> e i Comitati Provinciali<br />

ma anche per i rapporti con le istituzioni, la scuola e la società civile.<br />

I numeri dedicati alle più importanti ricorrenze del quinquennio,<br />

dalle celebrazioni del 60° della Liberazione ai tradizionali numeri<br />

speciali del 25 aprile hanno costituito negli anni una documentazione<br />

preziosa per l’elaborazione dei grandi temi di portata morale e<br />

civile.<br />

La nota negativa è rappresentata dal fatto che non tutte le ANPI<br />

Provinciali si sono impegnate o si impegnano nello stesso modo per<br />

la diffusione del periodico. Nel quinquennio la diffusione è passata<br />

da 87.600 copie del 2005 a 73.250 copie del 2009 ed è in ulteriore<br />

diminuzione. La graduale scomparsa della generazione che<br />

aveva partecipato alla Resistenza e l’avvento di internet – anche<br />

Patria è on line sul nostro sito www.anpi.it – hanno provocato una<br />

forte erosione nel numero degli abbonamenti e quindi i ricavi sono<br />

molto diminuiti, nonostante il contributo annuo di circa 15.000 euro<br />

della Presidenza del Consiglio e nonostante dal 2009 il prezzo di<br />

copertina sia stato aumentato a 3 euro. Inoltre i costi di carta, stampa<br />

e personale sono sempre più onerosi.<br />

Tutto quanto sopra esposto ha portato il peso economico che<br />

l’Associazione deve sostenere per Patria indipendente a livelli preoccupanti.<br />

Per fare fronte comunque a tutte le esigenze di Bilancio del<br />

Comitato <strong>Nazionale</strong>, ricordiamo che è importante poter contare sul<br />

regolare ritmo di riscossione dei crediti che derivano dall’invio delle<br />

tessere e di Patria indipendente ai Comitati Provinciali, dai quali è<br />

augurabile anche in futuro una sempre più stretta collaborazione.<br />

La conclusione che si può trarre è che in questo quinquennio trascorso<br />

il contributo dello Stato ha reso possibile molto di quello che<br />

è stato fatto con impegno, ma purtroppo sta assumendo sempre più<br />

carattere di precarietà e temporaneità e sarebbe un’illusione quella<br />

di credere che l’Associazione possa per il futuro sopravvivere solo<br />

con questo contributo, sempre più decurtato e sempre più incerto, e<br />

che ormai dovrebbe essere considerato integrativo e non sostitutivo<br />

della autonoma capacità di autofinanziamento dell’Associazione.<br />

Di converso le prospettive della sottoscrizione del 5 x mille sono<br />

al momento positive (da 298 firme del 2007 a 4.348 firme del<br />

2008 e a 7.076 del 2009), quindi, dopo il primo piccolo contributo<br />

del 2007, arrivato solo alla fine del 2009, contiamo molto sulla<br />

mobilitazione di tutti perché in realtà per il futuro, senza un’ampia<br />

321<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

322<br />

raccolta del 5 x mille per finanziare le specifiche finalità statutarie,<br />

e senza un tesseramento vasto e puntuale nei rendiconti, la vita<br />

dell’Associazione si ridurrebbe a ben poca cosa.<br />

Occorre dunque che il Comitato <strong>Nazionale</strong> che verrà eletto, ma<br />

anche i Comitati Provinciali eletti dai recenti Congressi, tengano sempre<br />

nella giusta considerazione e sotto controllo i fattori organizzativi<br />

e amministrativi dell’Associazione, fattori che sono il presupposto<br />

materiale ma indispensabile per rendere possibile nel tempo la difesa<br />

e la promozione dei valori e degli ideali della Resistenza e della<br />

guerra di Liberazione.<br />

Presentata da Carla Argenton<br />

a nome del Comitato <strong>Nazionale</strong> uscente<br />

(approvata all’unanimità)


RELAZIONE DEL COLLEGIO DEI REVISORI<br />

DEI CONTI<br />

Sottoponiamo alla vostra attenzione, come è nostro dovere, la<br />

relazione del Collegio dei Revisori dei conti, incaricati del controllo<br />

della gestione contabile e amministrativa dell'Associazione, come<br />

previsto dall’Art. 8 del nostro Statuto, a conclusione dell’attività svolta<br />

nel periodo successivo al 14° <strong>Congresso</strong> nel corso del quale<br />

siamo stati chiamati a questo incarico.<br />

Si tratta di argomenti che possono apparire di secondaria importanza,<br />

se paragonati all’importanza dei temi in discussione nel corso<br />

di questa assise congressuale. Riteniamo, tuttavia, che essi meritino<br />

un poco della Vostra attenzione proprio perché l’oculata gestione<br />

amministrativa, costituisce uno dei presupposti per il buon funzionamento,<br />

nel tempo, di un’Associazione come l’ANPI.<br />

Sarà, quindi, il caso di rammentare che il bilancio degli anni passati<br />

è sempre stato sottoposto, nei termini previsti dallo Statuto, al<br />

Comitato <strong>Nazionale</strong>, il quale lo ha sempre approvato. Al Ministero<br />

della Difesa, organo dello Stato cui spetta la vigilanza sull’attività<br />

della nostra Associazione, forniamo regolarmente il rendiconto delle<br />

uscite giustificative del contributo statale e una previsione delle spese<br />

da sostenere nell’anno successivo, senza che mai venisse sollevato<br />

alcun rilievo. Il contributo sempre insufficiente alle necessità, in parte<br />

sostituito, grazie anche alla fedeltà dei nostri iscritti, dal contributo<br />

del 5 x mille, che è invece aumentato. È importante sottolineare<br />

come il tesseramento, che, da sempre, rappresenta la principale<br />

fonte del nostro finanziamento, non abbia subito flessioni. Ciò ci conferma<br />

che la forza dell’ANPI non è venuta meno e che la nostra<br />

Associazione è sempre viva e vitale. Le uscite rappresentano le spese<br />

strettamente necessarie per il funzionamento dell’Associazione.<br />

I fondi disponibili, l’assenza di debiti o di passività, ci fanno fondatamente<br />

ritenere che l’Associazione sarà in grado di fare fronte<br />

anche nel futuro agli impegni che deriveranno dalla sua attività,<br />

anche se, probabilmente, le difficoltà aumenteranno a motivo della<br />

situazione economica, e del clima politico che si è venuto a determinare.<br />

Nella sua relazione, il Tesoriere vi ha illustrato le principali voci<br />

del bilancio, che ricomprende anche il bilancio della testata Patria,<br />

che malgrado l’impegno non ha ancora raggiunto l’equilibrio finanziario.<br />

A conclusione dell'attività svolta in questi anni, riteniamo, in tutta<br />

323<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

324<br />

coscienza, di poter concludere che la contabilità dell’Associazione è<br />

tenuta con semplicità, chiarezza e tempestività e per questo motivo<br />

vi invitiamo, quindi, ad approvare la relazione del tesoriere.<br />

(approvata all’unanimità)<br />

I revisori dei conti:<br />

A. Walter Podenzani (Presidente),<br />

Sauro Morigi, Mauro Socini


ORGANISMI DIRIGENTI<br />

ELETTI<br />

DAL <strong>15°</strong> CONGRESSO<br />

NAZIONALE


PRESIDENTE ONORARIO<br />

CASALI Agostino<br />

COMITATO NAZIONALE<br />

ALIDORI Fulvia<br />

ARGENTON Carla<br />

ARTIOLI Ivano<br />

BASSO Marcello<br />

BATTAFARANO Giovanni<br />

BERTANI Eletta<br />

BUSETTO Franco<br />

CARPI Umberto<br />

COSSU Piero<br />

COSSUTTA Armando<br />

FERRO Marisa<br />

GHEZZI Carlo<br />

GRIBAUDO Chiara<br />

GUERZONI Luciano<br />

HROVATIN Stanka Giovanna<br />

LIPAROTO Andrea<br />

MANELLI Gabriella<br />

MANFREDI Manfredo<br />

MARINO Luigi<br />

MENAPACE Lidia<br />

MICHELINI "William" Lino<br />

MONTAGNA Tullio<br />

MURACA Ilio<br />

NESPOLO Carla<br />

NOVELLI Diego<br />

OMBRA Marisa<br />

POLLIO SALIMBENI Alessandro<br />

RADICE Nora<br />

RENDINA Massimo<br />

RICCI Emilio<br />

RICCI Raimondo<br />

RUFFINO Elvio<br />

SACCENTI Ennio<br />

SMURAGLIA Carlo<br />

TERRANOVA Ottavio<br />

PRESIDENZA ONORARIA<br />

BACICCHI Silvano<br />

BONATTI Emilio<br />

CATTANEO Gino<br />

CESANI Annunziata<br />

MARIS Gianfranco<br />

MANTOVANI Egeo<br />

MATTEI Teresa<br />

MARTINO <strong>Atti</strong>lio Leopoldo<br />

MEONI Vittorio<br />

MORIGI Sauro<br />

ODINO Ennio<br />

PARIGI Salvatore<br />

PIZZINATO Antonio<br />

SARTI Silvano<br />

TERRADURA Walchiria<br />

VINCENTI Federico<br />

COLLEGIO DEI REVISORI<br />

DEI CONTI<br />

Effettivi:<br />

SOCINI Mauro<br />

RAVAGLIA Ornella<br />

SOLAROLI Bruno<br />

Supplenti:<br />

MARCONI Lorenzo<br />

ZANETTI Rosanna<br />

327<br />

DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO


DOCUMENTI APPROVATI ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI<br />

DEPOSITATI<br />

MESSAGGI PERVENUTI<br />

AL CONGRESSO<br />

Per quanto riguarda il Comitato <strong>Nazionale</strong> è stato approvato, per<br />

una maggiore funzionalità, un allargamento da 27 a 37 membri, attraverso<br />

il meccanismo di cooptazione previsto dallo Statuto. I nominativi<br />

dei primi 27 componenti sono stati approvati dall’Assemblea con 5 voti<br />

contrari e 13 astensioni; i 10 membri da cooptare nella prima riunione<br />

del Comitato <strong>Nazionale</strong>, vengono approvati con 6 voti contrari e 11<br />

astensioni.<br />

I loro nomi sono:<br />

328<br />

ALIDORI Fulvia MANELLI Gabriella<br />

BATTAFARANO Giovanni MARINO Luigi<br />

COSSU Piero MENAPACE Lidia<br />

GRIBAUDO Chiara RUFFINO Elvio<br />

LIPAROTO Andrea RADICE Nora


INDICE<br />

Presentazione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 5<br />

Messaggio del Presidente della Repubblica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 9<br />

Seduta di apertura . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 11<br />

Seconda seduta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 43<br />

Terza seduta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 85<br />

Quarta seduta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 137<br />

Quinta seduta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 169<br />

Seduta conclusiva . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 233<br />

Verbale Commissione Verifica Poteri . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 12<br />

Commissioni Politica, Elettorale, Regolamento e Statuto . . . . . . . . . . . . . . 44<br />

Marisa Ombra . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 13<br />

Sergio Chiamparino . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 15<br />

Diego Novelli . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 17<br />

Gerardo Agostini . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 19<br />

Susanna Camusso . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 21<br />

Massimo Rendina . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 23<br />

Gustavo Zagrebelsky . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 25<br />

Raimondo Ricci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 33<br />

Relazione politica generale . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 35<br />

INTERVENTI: Istituzioni, Associazioni, Partiti, Sindacati<br />

Tullio Levi . . . . . . . . . . . . . . . . 45<br />

Giorgio Bouchard . . . . . . . . . . 48<br />

Angelica Gatti . . . . . . . . . . . . 49<br />

Carla Cantone . . . . . . . . . . . . 54<br />

Carlo Ghezzi . . . . . . . . . . . . . 121<br />

Mattia Stella . . . . . . . . . . . . . . 146<br />

Rebecca Ghio . . . . . . . . . . . . 164<br />

Flavio Lotti . . . . . . . . . . . . . . . 165<br />

331


INTERVENTI DEI DELEGATI<br />

Gabriella Manelli . . . . . . . . . . 45<br />

Massimo Rendina . . . . . . . . . . 50<br />

Vania Bagni . . . . . . . . . . . . . . 51<br />

Sergio Dalmasso . . . . . . . . . . . 56<br />

Alessandra Scaini . . . . . . . . . . 59<br />

Mario Vallone . . . . . . . . . . . . . 60<br />

Sigfrido Cescut . . . . . . . . . . . . 62<br />

Rita De Arzich Magalhaes De Lima 66<br />

Antonio Pizzinato . . . . . . . . . . 68<br />

Mauro Pettini . . . . . . . . . . . . . 72<br />

Edvin S ˇ vab . . . . . . . . . . . . . . . 74<br />

Franco Busetto . . . . . . . . . . . . 75<br />

Pasquale Cinefra . . . . . . . . . . 77<br />

Enzo Fimiani . . . . . . . . . . . . . 78<br />

Tiziano Tussi . . . . . . . . . . . . . . 80<br />

Didala Ghilarducci . . . . . . . . . 87<br />

Giovanni Simoncelli . . . . . . . . 89<br />

Nazareno Re . . . . . . . . . . . . . 91<br />

Piero Cossu . . . . . . . . . . . . . . 94<br />

Francesca Parmigiani . . . . . . . 95<br />

Giacomo Giannello . . . . . . . . . 99<br />

Vito Antonio Leuzzi . . . . . . . . . 100<br />

Paola Castagnotto . . . . . . . . . . 103<br />

Pietrangelo Pettenò . . . . . . . . . 105<br />

Fiorella Ferrarini . . . . . . . . . . . 107<br />

Carlo Smuraglia . . . . . . . . . . . 109<br />

Bianca Braccitorsi . . . . . . . . . . 111<br />

Paola Pozzoli . . . . . . . . . . . . . 113<br />

Sandro Schmid . . . . . . . . . . . . 116<br />

Silvano Sarti . . . . . . . . . . . . . . 118<br />

Ottavio Terranova . . . . . . . . . . 120<br />

Patrizia Zocchio . . . . . . . . . . . 125<br />

Ferdinando Imposimato . . . . . . 127<br />

Aude Pacchioni . . . . . . . . . . . 129<br />

Giorgio Fin . . . . . . . . . . . . . . 131<br />

Martina Misano . . . . . . . . . . . 134<br />

Paolo Padovan . . . . . . . . . . . . 139<br />

Alessandro Frignoli . . . . . . . . . 141<br />

Umberto Lorenzoni . . . . . . . . . 143<br />

Giovanna Stanka Hrovatin . . . . 149<br />

Raffaele Mittaridonna . . . . . . . 151<br />

332<br />

Maurizio Angelini . . . . . . . . . . 152<br />

Bruno Solaroli . . . . . . . . . . . . . 154<br />

Mario Bonifacio . . . . . . . . . . . 155<br />

Antonio Amoretti . . . . . . . . . . . 158<br />

Paolo Papotti . . . . . . . . . . . . . 159<br />

Alessandra Maltoni . . . . . . . . . 161<br />

Filippo Giuffrida . . . . . . . . . . . 166<br />

Samuele Rago . . . . . . . . . . . . 171<br />

Umberto Carpi . . . . . . . . . . . . 172<br />

Monica Emmanuelli . . . . . . . . . 175<br />

Lidia Menapace . . . . . . . . . . . 177<br />

Ivano Tajetti . . . . . . . . . . . . . . 179<br />

Renato Benedetti . . . . . . . . . . . 181<br />

Saverio Ferrari . . . . . . . . . . . . 184<br />

Sandra Ranghino . . . . . . . . . . 186<br />

Giovanni Battafarano . . . . . . . 188<br />

Emilio Ricci . . . . . . . . . . . . . . 189<br />

Gaspare Grassa . . . . . . . . . . . 191<br />

Lionello Bertoldi . . . . . . . . . . . 193<br />

Ilio Muraca . . . . . . . . . . . . . . 195<br />

Giorgio Madeddu . . . . . . . . . . 196<br />

Antonio Conte . . . . . . . . . . . . 197<br />

Paola Montermini . . . . . . . . . . 200<br />

Elvio Ruffino . . . . . . . . . . . . . . 201<br />

Marco Fiore . . . . . . . . . . . . . . 203<br />

Paola Resta . . . . . . . . . . . . . . 205<br />

Egidio Melè . . . . . . . . . . . . . . 206<br />

Abram Solomon Tezare . . . . . . 208<br />

Marcello Basso . . . . . . . . . . . . 209<br />

Rossella Montagnani Marelli . . 211<br />

Arturo Giunta . . . . . . . . . . . . . 212<br />

Tullio Montagna . . . . . . . . . . . 213<br />

Bruna Tabarri . . . . . . . . . . . . . 216<br />

Francesco Cattaneo . . . . . . . . 218<br />

Salvo Parigi . . . . . . . . . . . . . . 220<br />

Luigi Marino . . . . . . . . . . . . . . 221<br />

Ernesto Nassi . . . . . . . . . . . . . 223<br />

Ardemia Oriani . . . . . . . . . . . 226<br />

Lorenzo Marconi . . . . . . . . . . . 227<br />

Adriano Leone . . . . . . . . . . . . 229


SEDUTA CONCLUSIVA<br />

Carlo Smuraglia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 236<br />

Antonio Pizzinato . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 238<br />

Raimondo Ricci . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 239<br />

MESSAGGI PERVENUTI al <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> . . . . . . . 241<br />

RELAZIONE TECNICA di Giovanni Baldini,<br />

netmaster del sito nazionale ANPI . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 199<br />

INTERVENTI E DOCUMENTI DEPOSITATI<br />

Eletta Bertani . . . . . . . . . . . . . 267<br />

Vincenzo Calò . . . . . . . . . . . . 270<br />

Sergio Cucci . . . . . . . . . . . . . 273<br />

Oretta Iacopini . . . . . . . . . . . . 275<br />

Mario Lavrenčič . . . . . . . . . . . 276<br />

Riccardo Margheriti . . . . . . . . 278<br />

Gennaro Pannozzo . . . . . . . . . 281<br />

Paolo Sironi . . . . . . . . . . . . . . 288<br />

Libero Traversa . . . . . . . . . . . . 290<br />

Lettera ANPI Oltrarno . . . . . . . 293<br />

DOCUMENTI APPROVATI dal <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong><br />

Documento Politico-programmatico . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 297<br />

Ordini del Giorno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 315<br />

Relazione finanziaria . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 320<br />

Relazione Collegio Revisori dei Conti . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 323<br />

ORGANISMI DIRIGENTI ELETTI dal <strong>15°</strong> <strong>Congresso</strong> <strong>Nazionale</strong> .327<br />

333


Grafica e impaginazione<br />

Duògrafi s.n.c.<br />

Vicolo di Valtellina,161 - 00151 Roma<br />

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Stampa<br />

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