Cantarena - Altervista
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sistema di vita, al nostro agire quotidiano. Quindi c’è una paura che può essere legata ad una<br />
dimensione molto quotidiana, però è sempre la paura dell’istinto aggressivo altrui. Quindi<br />
c’è la paura del malintenzionato, c’è la paura del delinquente, del criminale; è una paura<br />
sempre che è legata all’istinto aggressivo, è la consapevolezza che gli altri hanno un istinto<br />
aggressivo e che alcuni superano un certo confine con questo istinto aggressivo. La paura<br />
legata al tema della guerra in maniera più estesa va affrontata come un sentimento che<br />
coinvolge tutti i popoli. Allora, dopo (adesso magari ci siamo persino un po’ dimenticati)<br />
ma dopo le torri gemelle, non solo in America ma anche qui, c’era una grande paura. C’era<br />
una grande paura che una cosa di questo genere potesse capitare anche a noi, o comunque è<br />
venuta meno un’idea di una sicurezza, cioè si è capito che quella famosa pace del terrore che<br />
era fondata sulla paura, sul tenere sotto controllo tutto per paura, era finita e che ci lasciava<br />
solo che cosa? La paura. Ci rimaneva questo. Quindi il concetto di paura è un concetto<br />
molto importante, no? Si ha paura in guerra, si ha paura della guerra, si ha paura in pace<br />
perché si ha paura che la pace finisca, no? Questo è un tema con il quale gli uomini si<br />
devono relazionare costantemente. Un’altra domanda<br />
[Sono costretto ad interrompere Emilia Marasco per sapere quali allievi di III B devono uscire<br />
anticipatamente. Stabilito il numero, si provvede a farli uscire dall’aula].<br />
- EM – Allora una domanda che vi faccio, che si sono sempre chiesti tutti i popoli che hanno<br />
aspirato alla pace, perché l’aspirazione alla pace è un’aspirazione costante, è se la pace<br />
mondiale sia un sogno, se sia un’utopia o se invece sia possibile. Questa forse è una<br />
domanda che potete anche … Ovviamente un surrealista potrebbe rispondere che è possibile<br />
solo se, solo se, avviene la ritualizzazione dei conflitti, cioè se i conflitti si trasformano in<br />
qualche cosa d’altro; quindi questo in realtà è una immaginazione; però se il conflitto si<br />
risolve in un gioco, si risolve sul tavolo da gioco, per esempio una partita a scacchi, allora si<br />
consuma un rito in cui c’è un vincitore e un vinto e si stabiliscono delle regole e ci sono<br />
delle conseguenze. Questa ritualizzazione corrisponde al superamento dell’idea di conflitto e<br />
questa è una possibilità ovviamente un po’ – come dire? – immaginifica, no? Un’altra<br />
considerazione che vi passo, molto importante, è questa. Nel 472 a. C., nel teatro di Dioniso<br />
ad Atene, venne rappresentata I Persiani, la tragedia di Eschilo. Gli Ateniesi avevano<br />
appena vinto i Persiani, erano i vincitori sui Persiani e si aspettavano (si aspettavano<br />
guardando quella tragedia, andando a teatro a guardare quella tragedia) di vedere raccontate<br />
le loro sofferenze, la loro fatica per arrivare alla vittoria, i loro lutti, si aspettavano questo, e<br />
invece – a sorpresa – la protagonista, la protagonista della tragedia, era la madre del nemico,<br />
la madre del nemico, e quindi nella tragedia sono rappresentati le fatiche, i lutti, il dolore del<br />
nemico. Erano gli stessi, erano gli stessi, i dolori e i lutti del vinto erano gli stessi del<br />
vincitore. In realtà questo specchiamento gli Ateniesi, questo specchiamento che avviene nel<br />
teatro, perché quando si va a teatro comunque esiste quest’identifi…, come al cinema, esiste<br />
questo specchiamento, quest’identificazione; questo specchiamento avvenne lo stesso<br />
perché comunque il nemico ci assomiglia. Questo è un altro concetto che vi chiedo di<br />
elaborare e che vi presento comunque sempre sotto forma di domanda. Quanto ci assomiglia<br />
il nemico? Quindi questa è un’altra domanda alla quale potete rispondere, cercare di<br />
rispondere, per inserire dei concetti nella vostra scacchiera. Quindi attraverso questa<br />
tragedia dei Persiani, questa tragedia di Eschilo, gli Ateniesi videro l’immagine di sé<br />
nell’immagine dell’altro, quindi nell’immagine del nemico e questo fu un grande<br />
insegnamento. Perciò questo cosa significa? Che interna ai due campi, ai due campi di<br />
battaglia, c’è la stessa lacerazione, no? Quindi che in realtà non … Infatti anche tutta la<br />
letteratura su questo tema documenta – ci dimostra – come per chi ha massacrato è<br />
insopportabile il pensiero, il ricordo, la memoria della vittoria; quindi in realtà non esiste<br />
nessuna vittoria “giusta” – no? – tra virgolette. In uno stato di guerra, in una situazione di<br />
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