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Cantarena - Altervista

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– e anche trasformare le parole in oggetti; puoi associare le parole diversamente. Duchamp<br />

crea una poesia mettendo l’alfabeto dentro un cappello e tirando fuori a caso, questo è un<br />

altro gioco; sembra un giochino, però c’è sempre questa idea del caso, molto interessante<br />

perché in fondo il caso, anche se noi cerchiamo di non pensarci, regola la nostra vita. Noi<br />

teniamo tutto sotto controllo, abbiamo una vita molto organizzata, tutto molto ben sistemato,<br />

imbachecato, collocato; quindi si va a scuola, si va a casa, ci sono altre cose, “un altro anno<br />

farò così …”, “le vacanze le farò là …”: ogni momento della nostra vita è come quella<br />

famosa bacheca della Nevelson [provengono dalle finestre rumori di clacson suonati a mo’<br />

d’emergenza] collocata in varie caselle; ciascuno di noi se vuole può fare un progetto per i<br />

prossimi due anni, cinque anni, dieci anni; non tiene conto, lo sappiamo tutti, facciamo finta<br />

di non tenerne conto che esiste il caso, e il caso può sconvolgere completamente questa<br />

nostra programmazione, questa nostra collocazione, non lo chiamiamo quasi mai, lo<br />

chiamiamo destino; se succede qualche cosa che sconvolge la nostra programmazione o le<br />

nostre convinzioni o quello che avevamo progettato, favorevolmente o sfavorevolmente, che<br />

crea un diversivo nella nostra vita, più facilmente nella nostra cultura si dice: “è il destino”,<br />

“è successo così perché si vede che era destino”, però – comunque – questo è il caso. Allora<br />

giocare con il caso è divertente, è interessante, è affascinante, ci dà – come dire? – la<br />

possibilità di pensarci, quindi di impadronircene un po’, di impadronirci o quantomeno di<br />

abituarci a questa idea del […] e allora si possono fare molti giochi nell’ambito anche di<br />

un’operazione artistica su questa idea del caso: associare parole, creare parole insieme,<br />

associare oggetti, tutto questo un po’ appunto pescandoli, sorteggiando; quindi sorteggiamo.<br />

- FZ – Sì. Bisogna dirgli, siccome<br />

- EM – Lei ha messo in un contenitore, questo è un contenitore [mostra un oggetto che non<br />

rammento cosa fosse] – giusto? – allora questo è un contenitore, è una scatola, potrebbe<br />

essere un libro? Sì, può essere un libro, io posso tirare fuori le parole; posso mettere tanti<br />

foglietti, tirarli fuori a caso, posso scrivere il racconto che amo di più suddiviso in frasi o<br />

con le frasi più interessanti e cacciarle tutte dentro ad un contenitore, posso fare questa cosa.<br />

Pensate che una volta (faccio ancora questa parentesi), una volta (l’Accademia è una<br />

Università, voi sapete che alla fine di una facoltà universitaria si fa una tesi, per concludere<br />

il lavoro di tanti anni si fa una tesi, questa tesi è una ricerca un pochino più estesa rispetto a<br />

quella che fate voi, una ricerca che magari comporta anche un anno o due di lavoro, è una<br />

ricerca scritta) un anno uno studente ha fatto una tesi un po’ dadaista o quasi di poesia visiva<br />

– potremmo dire – perché ha fatto una tesi sulla vita di un artista contemporaneo e allora che<br />

cosa ha fatto? È andato in una fabbrica di contenitori di latta e ha comprato, nuova quindi,<br />

una di quelle latte da tre chili, da cinque chili, non lo so, quelle enormi che ci sono nelle<br />

cose all’ingrosso, che contengono i pelati o la marmellata, era alta così. L’ha comprata<br />

nuova, ha costruito lui l’etichetta con scritto il titolo della tesi, i suoi nome e cognome,<br />

Accademia di Belle Arti, l’anno, eccetera: quello che si scrive di solito nella prima pagina<br />

della tesi, di questo ne ha fatto l’etichetta; poi ha preso tutti i fogli della tesi suddivisi in<br />

capitoli e in successione avevano un numero di pagina, però non li ha legati insieme, li ha<br />

presi così, li ha infilati dentro questa latta, se l’è fatta sigillare e ha consegnato la sua tesi<br />

con un apriscatole. Quindi, quando ha discusso la tesi, noi professori abbiamo aperto con<br />

l’apriscatole questa tesi, abbiamo tirato fuori questi fogli che – ovviamente – tirandoli fuori,<br />

siccome non erano legati tutti assieme, e non si potevano più tenere bene insieme, quindi<br />

abbiamo dovuto cercare i numeri …; è stato un gioco e ci siamo divertiti, però lui con questo<br />

gioco lui voleva dire tutte quelle cose che vi ho detto io stamattina. Allora lascio …<br />

- FZ –Ah, bisognava dire qualcosa su<br />

- EM – Su?<br />

- FZ – Sui contenitori, va be’, sui contenuti attraverso le parole. Va be’, magari glielo faccio<br />

scrivere dopo.<br />

- EM – Sì.<br />

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