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Cantarena - Altervista

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della nostra immaginazione, lo spazio del sogno, popolato quindi davvero di oggetti e<br />

soggetti, personaggi che sono improbabili, che nella realtà non esistono, che non<br />

necessariamente esistono nella realtà, quindi c’è questa scoperta di un mondo<br />

dell’immaginazione, di un mondo interiore, di un mondo estremamente affascinante che<br />

davvero esce fuori dalla nostra conoscenza soprattutto con il sogno. Allora è chiaro che<br />

questa situazione nuova si nutre anche di ricerche, di ricerche appunto sul sogno, ricerche<br />

sulla psicanalisi, quindi tutte queste discipline, però in questo momento a noi non<br />

interessano, è solo un’informazione che è necessario avere. Dicevo: guardare uno spazio in<br />

un modo diverso; allora lo spazio di un tavolo, come questa cattedra, come questo tavolo,<br />

può essere simbolico – diciamo così – della realtà; possiamo decidere di collocare degli<br />

oggetti sopra questo tavolo facendo finta che questo tavolo sia la sola nostra possibilità di<br />

dare dei confini a uno spazio esterno, che invece non riusciamo in qualche modo a<br />

delimitare, e allora noi possiamo simulare una realtà, quella che noi scegliamo, quella a cui<br />

vogliamo fare riferimento, sopra questo tavolo, che diventa quindi un tavolo di simulazione,<br />

solo un gioco, che diventa un tavolo da gioco. I tavoli da gioco per i dadaisti e per i<br />

surrealisti sono estremamente importanti. Tutti gli spazi che consentono una delimitazione e<br />

consentono di giocare con gli oggetti, creando degli spostamenti, creando dei movimenti,<br />

sono estremamente importanti. I primi artisti partono molto con il caso, cercando di vedere<br />

che cosa succede, mettere degli oggetti su un tavolo, mettere degli oggetti in un cassetto. Per<br />

esempio, il cassetto è qualcosa di molto affascinante perché ha anche delle pareti, quindi se<br />

voi tirate fuori un cassetto dalla sua normale collocazione e ve lo mettete davanti avete in<br />

fondo uno spazio che ha delle pareti, che ha dei confini; lì dentro potete creare quello che<br />

volete, potete creare la situazione che volete simulare, la situazione che volete, potete anche<br />

mettere degli oggetti in un cassetto come si fa di solito, però metterli a ragion veduta, quindi<br />

scegliere degli oggetti e disporre questi oggetti; potete disporre questi oggetti secondo un<br />

ordine dato oppure casualmente e anche lì vedere che cosa succede, potete anche disegnare<br />

quello che è successo poi, quindi mantenere la memoria di questa cosa oppure potete dare<br />

una durata a questo oggetto che avete creato e incollare gli oggetti nel cassetto. Quindi i<br />

dadaisti facevano questo lavoro, tutta una serie di queste operazioni e – in questa logica – il<br />

caso era un elemento che li affascinava moltissimo. Io trovo un oggetto per caso, lo tengo, lo<br />

conservo e lo utilizzo più tardi insieme ad altri oggetti. Posso assemblare gli oggetti. È un<br />

procedimento che è stato lasciato in eredità per esempio poi agli artisti degli anni Sessanta,<br />

agli artisti della Pop art anche, o agli artisti di Fluxus, quindi a tanti altri movimenti che<br />

sono venuti dopo il Dadaismo. Questo elemento del caso è un elemento molto affascinante.<br />

C’era per esempio un’artista americana, si chiamava Louise Nevelson, che aveva anche<br />

trovato un sistema per impegnare (lei viveva in un quartiere abbastanza degradato) quindi<br />

per impegnare i ragazzini del suo quartiere (che altrimenti perdevano il tempo tutto il giorno<br />

o si infilavano in qualche pasticcio) e quindi li incaricava per pochi spiccioli, li incaricava di<br />

andare nelle discariche a prendere degli oggetti che fossero ancora abbastanza in buone<br />

condizioni, a volte dava delle indicazioni sulle dimensioni di questi oggetti e loro portavano<br />

questi oggetti; lei li accumulava nel suo studio, li ripuliva e poi costruiva delle bacheche<br />

(sapete le bacheche da collezione, quelle bacheche che si appendono), costruiva delle<br />

bacheche che potevano essere piccole con scomparti di varie dimensioni come quelle che si<br />

vendono per le collezioni e poi si è allargata; queste bacheche sono diventate delle pareti,<br />

degli armadi, delle cose gigantesche e inseriva a caso, apparentemente a caso, ma per<br />

un’associazione di idee che era automatica, inconscia. Io prendo un oggetto e poi (tra i tanti<br />

che ho selezionato automaticamente) un altro oggetto e lo scelgo e lo metto vicino a quello;<br />

a volte li dipingeva tutti di un unico colore in modo da dare una parentela a questi oggetti,<br />

quindi erano tutti diversi, provenienti da ambiti diversi, da quotidianità diverse: un pezzo di<br />

un vecchio strumento musicale, un piccolo oggetto da cucina, un qualunque oggetto della<br />

quotidianità; li dipingeva tutti di bianco, o di rosso, o di nero, o di oro, cioè erano solo questi<br />

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