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52 la Biblioteca di via Senato Milano – ottobre 2009 Per 108.000 sterline in monete da mezzo “penny” Il libello economico-politico di Jonatham Swift Dublino, ottobre 1724. In un opuscolo fresco di stampa, firmato «M. B.» e rivolto «A tutto il popolo d’Irlanda», i lettori potevano leggere quanto segue: Una popolazione abituata da tempo a un regime autoritario perde gradualmente il concetto stesso di libertà, finisce per considerarsi alla mercé di qualcun altro e per accettare ogni imposizione di un potere più forte quasi fosse “legittimo e vincolante”. […] Questa è l’origine di quella povertà e debolezza di carattere che può essere tipica di un intero Paese come di un singolo individuo. Così che quando Esaù tornò dai campi stremato e quasi morto di fatica, non c’è da meravigliarsi che abbia venduto la primogenitura per un piatto di minestra. Chi scriveva era Jonathan Swift e l’opuscolo era la quarta, la più famosa e “sediziosa”, delle cosiddette Drapier’s Letters che da qualche mese lo stesso, sotto lo pseudonimo di M. B., stava inviando a commercianti, bottegai e agricoltori – ma anche alla gentry e alla nobiltà – del «regno d’Irlanda» (Esaù) per metterli in guardia contro una nuova moneta (il «piatto di minestra») che l’«autoritario regime» inglese voleva imporre a tutti i costi e contro la quale lui, Swift, era sceso in campo adottando la maschera di un mercante di stoffe e scrivendo, appunto, le Lettere del Drappiere. IL DECANO, IL DRAPPIERE, L’IRLANDA Giuseppe Sertoli Questi i dati di fatto essenziali. Un paio d’anni prima un certo William Wood, «venditore di ferraglie» non nuovo a imprese del genere, aveva ottenuto da re Giorgio I l’autorizzazione a coniare per l’Irlanda, in un periodo di quattordici anni, monete di rame da mezzo penny pari a un valore complessivo di 108.000 sterline (più di un quarto della valuta allora circolante in Irlanda). Che il mercato irlandese avesse bisogno di monete di piccolo taglio per i traffici interni era fuori di dubbio, e lo stesso Swift avrebbe finito per ammetterlo. Ma ciò che suscitò le immediate proteste del Parlamento irlandese furono le modalità e i termini con cui l’autorizzazione era stata rilasciata. Intanto, l’iniziativa era stata presa all’insaputa del Parlamento di Dublino, che da tempo ma sempre invano aveva chiesto il permesso di battere moneta in proprio , come del resto si addiceva a qualunque Stato che non fosse una colonia. In secondo luogo, e soprattutto, a Wood era stato concesso di usare una lega più scadente di quella usata in Inghilterra per monete dello stesso tipo, sicché il nuovo spicciolo avrebbe avuto un valore reale notevolmente inferiore a quello nominale, con la possibile conseguenza di fenomeni inflattivi devastanti per la già precaria economia irlandese. Inoltre, poiché l’autorizzazione non prevedeva né controlli né sanzioni pena- Jonathan Swift in un’incisione ottocentesca
ottobre 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 53 Londra, in Georg Braun, Frans Hogenberg, Civitates Orbis Terrarum, 1572-1617: tavola planimetrica li, chi poteva garantire sulla correttezza dell’operato di Wood, subito sospettato di frode nel conio del primo quantitativo di monete inviato in Irlanda, e ancor più su eventuali falsificazioni da parte di terzi? Tutti questi pericoli erano stati denunciati, fra il 1722 e il 1723, dal Parlamento irlandese, che non aveva nascosto la sua contrarietà al provvedimento avviando un’indagine ufficiale e rivolgendo appelli al re perché la questione venisse riconsiderata. A ciò si erano aggiunte le prese di posizione di influenti personalità pubbliche (fra cui l’arcivescovo di Dublino William King) e non avevano tardato a vedere la luce, moltiplicandosi nei mesi seguenti in tutta l’isola – specie dopo il primo intervento di Swift (marzo 1724) –, rimostranze di corporazioni, libelli polemici, petizioni ecc. Ma senza esiti apprezzabili. L’unica cosa ottenuta da Londra era stata la nomina di una commissione che aveva fatto verificare dai funzionari della zecca (fra cui il grande Newton) peso e valore delle monete già coniate da Wood, e che alla fine ne aveva attestato la «bontà», cioè la corrispondenza ai termini previsti nell’autorizzazione regia, sancendone quindi il corso legale ed escludendo che le autorità irlandesi avessero diritto di «ostacolarne o impedirne» la circolazione. Per parte sua, come atto di buona volontà al fine di raggiungere un compromesso, Wood si era dichiarato disposto a ridurre a 40.000 sterline il valore complessivo delle monete da coniare. La proposta aveva però avuto, in Irlanda, il suono di una beffa – tanto più che in precedenza Wood aveva fatto pubblicare su giornali inglesi articoli a proprio favore nei quali, vantando gli appoggi di cui godeva presso le “alte sfere” (il primo ministro Walpole), dichiarava sprezzantemente che gli Irlandesi si sarebbero dovuti rassegnare a «ingoiare» i suoi mezzi pence. Non restava dunque che mobilitare l’opinione pubblica con una campagna stampa che invitasse al boicottaggio della «fraudolenta moneta di Wood». Questo è ciò di cui si fa carico Swift, o meglio, di cui viene incaricato. Sembra certo, infatti, che egli sia stato sollecitato a in-
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Londra, in Georg Braun, Frans Hogenberg, Civitates Orbis Terrarum, 1572-1617: tavola planimetrica<br />
li, chi poteva garantire sulla correttezza dell’operato <strong>di</strong><br />
Wood, subito sospettato <strong>di</strong> frode nel conio del primo<br />
quantitativo <strong>di</strong> monete in<strong>via</strong>to in Irlanda, e ancor più su<br />
eventuali falsificazioni da parte <strong>di</strong> terzi?<br />
Tutti questi pericoli erano stati denunciati, fra il<br />
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nascosto la sua contrarietà al provve<strong>di</strong>mento av<strong>via</strong>ndo<br />
un’indagine ufficiale e rivolgendo appelli al re perché la<br />
questione venisse riconsiderata. A ciò si erano aggiunte le<br />
prese <strong>di</strong> posizione <strong>di</strong> influenti personalità pubbliche (fra<br />
cui l’arcivescovo <strong>di</strong> Dublino William King) e non avevano<br />
tardato a vedere la luce, moltiplicandosi nei mesi seguenti<br />
in tutta l’isola – specie dopo il primo intervento <strong>di</strong><br />
Swift (marzo 1724) –, rimostranze <strong>di</strong> corporazioni, libelli<br />
polemici, petizioni ecc. Ma senza esiti apprezzabili.<br />
L’unica cosa ottenuta da Londra era stata la nomina<br />
<strong>di</strong> una commissione che aveva fatto verificare dai funzionari<br />
della zecca (fra cui il grande Newton) peso e valore<br />
delle monete già coniate da Wood, e che alla fine ne aveva<br />
attestato la «bontà», cioè la corrispondenza ai termini<br />
previsti nell’autorizzazione regia, sancendone quin<strong>di</strong> il<br />
corso legale ed escludendo che le autorità irlandesi avessero<br />
<strong>di</strong>ritto <strong>di</strong> «ostacolarne o impe<strong>di</strong>rne» la circolazione.<br />
Per parte sua, come atto <strong>di</strong> buona volontà al fine <strong>di</strong> raggiungere<br />
un compromesso, Wood si era <strong>di</strong>chiarato <strong>di</strong>sposto<br />
a ridurre a 40.000 sterline il valore complessivo delle<br />
monete da coniare. La proposta aveva però avuto, in Irlanda,<br />
il suono <strong>di</strong> una beffa – tanto più che in precedenza<br />
Wood aveva fatto pubblicare su giornali inglesi articoli a<br />
proprio favore nei quali, vantando gli appoggi <strong>di</strong> cui godeva<br />
presso le “alte sfere” (il primo ministro Walpole), <strong>di</strong>chiarava<br />
sprezzantemente che gli Irlandesi si sarebbero<br />
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Non restava dunque che mobilitare l’opinione pubblica<br />
con una campagna stampa che invitasse al boicottaggio<br />
della «fraudolenta moneta <strong>di</strong> Wood». Questo è<br />
ciò <strong>di</strong> cui si fa carico Swift, o meglio, <strong>di</strong> cui viene incaricato.<br />
Sembra certo, infatti, che egli sia stato sollecitato a in-