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48 la Biblioteca di via Senato Milano – ottobre 2009 I libri illustrati della Biblioteca di via Senato Durante le prime decadi del XX secolo vi fu un gran revival della xilografia su legno di filo (cioè su matrici lignee ricavate da tagli paralleli al senso di crescita dell’albero), antica tecnica rimpiazzata durante l’Ottocento dalla xilografia su legno di testa (cioè su matrici tagliate per orizzontale). La differenza grafica fra i due metodi consiste sostanzialmente nella definizione dei dettagli: il legno di testa è durissimo e quindi perfetto per l’incisione di particolari anche molto minuti, mentre il legno di filo, seguendo l’andamento delle fibre lignee, è morbido e cedevole e quindi si presta alla creazione di immagini meno dettagliate, ma di grande impatto. E di straordinario impatto è senz’altro l’opera grafica del belga Frans Masereel (1889-1972), che portò la xilografia su legno di filo a uno dei suoi massimi esiti artistici. Pacifista convinto, Masereel utilizzò il suo talento per celebrare i lati più nobili dell’umanità e condannarne i mali. Per lui l’arte doveva arrivare alla gente comune e contribuire al miglioramento della società: «Non sono abbastanza esteta da ritenermi soddisfatto di essere semplicemente un artista», disse una volta. Di conseguenza, le potenti immagini di Masereel, che spesso irridono alla borghesia ricca e arrogante (come quelle in Grotesk Film, pubblicato da J. B. Neumann nel 1921, Fig. 1), sono entrate a far parte dell’iconografia FRANS MASEREEL, CHE CORSE SUL “FILO” Il grande incisore fece la morale al mondo, in bianco e nero di Chiara Nicolini comunista, anche se l’artista negò sempre qualsivoglia lettura politica della sua opera. Il deciso contrasto tra aree bianche e aree nere tipico della xilografia su legno di filo era per Masereel il metodo migliore per rappresentare pace, umanità (Fig. 2), libertà, bellezza (Fig. 3, da Mon Pays, 1956) e i loro opposti: guerra, ingiustizia sociale, oppressione (Fig. 4), orrore. Con inesauribile creatività egli produsse migliaia di immagini caratterizzate dagli stessi stilemi (forme angolari e semplificate, prospettive sorprendenti, ritmi mutevoli) e che propongono temi ricorrenti (la metropoli, la fabbrica, il sole, ecc), ma che al tempo stesso sono tutte diverse l’una dall’altra: ogni xilografia è infatti la visualizzazione di uno specifico pensiero o sentimento dell’artista. Sebbene Masereel non abbia mai seguito alcuna corrente artistica, l’immediatezza con cui i suoi disegni suggeriscono gioia (Fig. 5), disperazione (Fig. 6), purezza (Fig. 7), sensualità (Fig. 8, da La Sirène, Paris, Pierre Vorms, 1932), oscenità (da Grotesk Film, Fig. 9), saggezza, o pazzia (Fig. 10), porta a pensare all’Espressionismo, e in particolare a George Grosz (che era amico di Masereel) e a certe scene del primo cinema muto tedesco. 1 Un collegamento tra le co-

ottobre 2009 – la Biblioteca di via Senato Milano 49 struzioni angolari e vertiginose che riempiono claustrofobicamente gli sfondi di molte delle xilografie di Masereel e Metropolis, capolavoro muto di Fritz Lang, sembrerebbe perfino ovvio, se non fosse che Metropolis uscì nel 1927, quando l’artista belga aveva già ottenuto fama internazionale con le sue rappresentazioni di alienazione urbana. 6 Frans Masereel nacque nel 1889 da una benestante famiglia fiamminga a Blankenberge, luogo di villeggiatura sulla costa belga. Tra il 1907 e il 1910 studiò alla École des Beaux-Arts di Gent e visitò Inghilterra, Germania e Tunisia. Viaggiò molto per tutta la vita, cosa che contribuì a dare alla sua opera un respiro universale. Scoprì l’arte della xilografia su legno di filo intorno al 1911, dopo essersi trasferito a Parigi. Lo scoppio della prima guerra mondiale lo portò a fuggire in Svizzera e a stabilirsi a Ginevra, dove conobbe artisti come gli scrittori Romain Rolland e Stefan Zweig, dei quali avrebbe poi illustrato alcune opere. La sua collaborazione con i periodici pacifisti La Feuille (1916-1919) e Les Tablettes (1917-1920) gli diede reputazione di interprete delle ingiustizie sociali del suo tempo. Fu tuttavia solo nel 1919, con la pubblicazione del suo primo racconto per immagini (Mon Livre d’Heures, Ginevra, Chez l’Auteur), che Masereel ottenne un successo internazionale. Immediatamente tradotto in tedesco come Mein Studendbuch (Monaco, Kurt Wolff, 2 3 4 1920) e in inglese come My Book of Hours (Chez l’auteur, 1922), il libro presenta un insieme di 167 xilografie quadrate, stampate su un lato solo di ciascuna pagina, del tutto prive di testo o didascalie. L’edizione tedesca del 1927 ha un’introduzione di Thomas Mann (che era amico di Masereel e definì Mon Livre d’Heures il suo «film preferito») e una citazione da Whitman che si adatta perfettamente alla personalità artistica di Masereel: «Attenzione! Io non faccio paternali né la carità a nessuno: quando dono, dono tutto me stesso». √ Mon Livre d’Heures ritrae la vita di un giovane uomo che va a vivere in una metropoli. All’inizio la esplora cautamente: è affascinato dalla potenza delle macchine, ma al tempo stesso si sente perso tra la folla anonima; osserva i lavoratori nelle fabbriche, guarda le finestre illuminate nella notte, si rilassa nei bar. Poi si abitua al ritmo della sua nuova vita e inizia a divertirsi: visita gallerie d’arte, incontra prostitute, va al mercato, cucina, va a ballare … fino a quando non conosce una ragazza e se ne innamora. Ma lei lo lascia e lui cade nella disperazione (Fig. 6). Dopo altre sventure, l’uomo decide di mettersi a viaggiare: Masereel lo ritrae in Africa (Fig. 4) e in Cina, accanto a popolazioni straniere e ad animali esotici. Quando finalmente fa ritorno alla metropoli, l’uomo è diverso: non ha più paura delle convezioni borghesi (Fig. 2) e si sente libero di comportarsi come vuole. Ma è ancora un uomo infelice. Alla fine del racconto lo troviamo in campagna, addormentato sotto un albero, dove la Morte lo coglie all’improvviso, 5

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struzioni angolari e vertiginose che riempiono<br />

claustrofobicamente gli sfon<strong>di</strong> <strong>di</strong><br />

molte delle xilografie <strong>di</strong> Masereel e Metropolis,<br />

capolavoro muto <strong>di</strong> Fritz Lang, sembrerebbe<br />

perfino ovvio, se non fosse che<br />

Metropolis uscì nel 1927, quando l’artista<br />

belga aveva già ottenuto fama internazionale<br />

con le sue rappresentazioni <strong>di</strong> alienazione<br />

urbana.<br />

6<br />

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Frans Masereel nacque nel 1889 da una benestante<br />

famiglia fiamminga a Blankenberge, luogo <strong>di</strong> villeggiatura<br />

sulla costa belga. Tra il 1907 e il 1910 stu<strong>di</strong>ò alla École<br />

des Beaux-Arts <strong>di</strong> Gent e visitò Inghilterra, Germania e<br />

Tunisia. Viaggiò molto per tutta la vita, cosa che contribuì<br />

a dare alla sua opera un respiro universale. Scoprì l’arte<br />

della xilografia su legno <strong>di</strong> filo intorno al 1911, dopo essersi<br />

trasferito a Parigi. Lo scoppio della prima guerra<br />

mon<strong>di</strong>ale lo portò a fuggire in Svizzera e a stabilirsi a Ginevra,<br />

dove conobbe artisti come gli scrittori Romain<br />

Rolland e Stefan Zweig, dei quali avrebbe poi illustrato<br />

alcune opere. La sua collaborazione con i perio<strong>di</strong>ci pacifisti<br />

La Feuille (1916-1919) e Les Tablettes (1917-1920) gli<br />

<strong>di</strong>ede reputazione <strong>di</strong> interprete delle ingiustizie sociali<br />

del suo tempo.<br />

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Fu tutta<strong>via</strong> solo nel 1919, con la pubblicazione del<br />

suo primo racconto per immagini (Mon Livre d’Heures,<br />

Ginevra, Chez l’Auteur), che Masereel ottenne un successo<br />

internazionale. Imme<strong>di</strong>atamente tradotto in tedesco<br />

come Mein Studendbuch (Monaco, Kurt Wolff,<br />

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1920) e in inglese come My Book of Hours<br />

(Chez l’auteur, 1922), il libro presenta<br />

un insieme <strong>di</strong> 167 xilografie quadrate,<br />

stampate su un lato solo <strong>di</strong> ciascuna pagina,<br />

del tutto prive <strong>di</strong> testo o <strong>di</strong>dascalie.<br />

L’e<strong>di</strong>zione tedesca del 1927 ha un’introduzione<br />

<strong>di</strong> Thomas Mann (che era<br />

amico <strong>di</strong> Masereel e definì Mon Livre<br />

d’Heures il suo «film preferito») e una<br />

citazione da Whitman che si adatta perfettamente<br />

alla personalità artistica <strong>di</strong><br />

Masereel: «Attenzione! Io non faccio paternali né la carità<br />

a nessuno: quando dono, dono tutto me stesso».<br />

√<br />

Mon Livre d’Heures ritrae la vita <strong>di</strong> un giovane uomo<br />

che va a vivere in una metropoli. All’inizio la esplora cautamente:<br />

è affascinato dalla potenza delle macchine, ma al<br />

tempo stesso si sente perso tra la folla anonima; osserva i<br />

lavoratori nelle fabbriche, guarda le finestre illuminate<br />

nella notte, si rilassa nei bar. Poi si abitua al ritmo della sua<br />

nuova vita e inizia a <strong>di</strong>vertirsi: visita gallerie d’arte, incontra<br />

prostitute, va al mercato, cucina, va a ballare … fino a<br />

quando non conosce una ragazza e se ne innamora. Ma lei<br />

lo lascia e lui cade nella <strong>di</strong>sperazione (Fig. 6). Dopo altre<br />

sventure, l’uomo decide <strong>di</strong> mettersi a <strong>via</strong>ggiare: Masereel<br />

lo ritrae in Africa (Fig. 4) e in Cina, accanto a popolazioni<br />

straniere e ad animali esotici. Quando finalmente fa ritorno<br />

alla metropoli, l’uomo è <strong>di</strong>verso: non ha più paura delle<br />

convezioni borghesi (Fig. 2) e si sente libero <strong>di</strong> comportarsi<br />

come vuole. Ma è ancora un uomo infelice. Alla fine<br />

del racconto lo tro<strong>via</strong>mo in campagna, addormentato<br />

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