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Scarica l'edizione di Ottobre - Biblioteca di via Senato

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22 la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – ottobre 2009<br />

UN DISEGNATORE ANTICO, DI SETTANT’ANNI<br />

<br />

Gli alberi e i borghi <strong>di</strong> Minezzi,<br />

pittore dei libri e sui libri<br />

«Mi piace<br />

collegare le immagini della mia<br />

pittura alla trascrizione <strong>di</strong> un breve testo<br />

letterario. Non è desiderio <strong>di</strong> citazione,<br />

ma semplice ammissione <strong>di</strong> un debito: questa immagine<br />

ha preso visibilità dalla riflessione o dall’illuminazione<br />

suscitata da quella scrittura; oppure, in senso contrario,<br />

l’osservazione del <strong>di</strong>pinto rimanda il pensiero a incisive<br />

parole che il tempo non cancella dalla mente».<br />

Scrive così Antonio Minezzi, <strong>di</strong> sé e della sua<br />

arte, e già basterebbero queste poche righe per lasciare<br />

intendere che non si tratta del solito giovane “creativo”<br />

emergente, tutto colore e istintività (se non, peggio,<br />

provocazione e multime<strong>di</strong>alità), ma <strong>di</strong> un uomo<br />

maturo e <strong>di</strong> un pittore formato, settant’anni esatti <strong>di</strong><br />

vita alle spalle, quasi la metà dei<br />

quali passati a <strong>di</strong>pingere e quin<strong>di</strong> a<br />

esporre nelle gallerie <strong>di</strong> tutta Italia<br />

e non solo.<br />

Nipote d’arte, <strong>di</strong>segnatore e<br />

pittore da sempre – anche se lui<br />

preferisce <strong>di</strong>re che «la pittura si è<br />

de<strong>di</strong>cata a me dagli anni dei giochi»<br />

–, in realtà, Minezzi un emergente<br />

creativo non lo è mai stato,<br />

nemmeno quando giovane lo era<br />

davvero. E non semplicemente<br />

perché ha iniziato a esporre e a fare<br />

della pittura la propria vita solo<br />

quasi alla soglia dei quaranta, ma<br />

anche e soprattutto perché, proprio<br />

negli anni in cui trionfava quell’orribile<br />

deriva nichilistica e informale<br />

che ha umiliato la pittura rinne-<br />

MATTEO TOSI<br />

gando il “vero” e il “bello” come fossere accademismi<br />

stantii (e sempre, da lì in poi, anche se oggi sembra <strong>di</strong><br />

essere tornati a vedere la luce), lui ha incon<strong>di</strong>zionatamente<br />

scelto <strong>di</strong> non seguire l’onda né il mercato,<br />

omaggiando la figura e il “genere”, quasi sempre attraverso<br />

le piccole <strong>di</strong>mensioni e una sapientemente contenuta<br />

scala cromatica.<br />

L’esatto contrario <strong>di</strong> quel concettualismo estremo<br />

e <strong>di</strong> quella sud<strong>di</strong>tanza alla “sensazione” che per<br />

troppi decenni sono parsi quasi l’unica cifra <strong>di</strong>stintiva<br />

del “contemporaneo”, insomma, nonostante qualche<br />

curiosa stravaganza se la sia ben concessa anche il lui.<br />

Non solo per quella fusione poetica <strong>di</strong> testi e immagini<br />

annunciata sopra – che anzi pare perfettamente in<br />

linea con il miglior fare scapigliato<br />

o futurista –, ma perché quel rapporto<br />

intimo tra la pagina scritta e<br />

il foglio su cui <strong>di</strong>segnare, lungo il<br />

suo cammino, si è fatto così intenso<br />

e fondante da <strong>di</strong>ventare “base”,<br />

materia della sua arte. Supporto nel<br />

senso artisticamente più letterale<br />

del termine, quello <strong>di</strong> superficie su<br />

cui intervenire.<br />

Non <strong>di</strong> rado, infatti, e in alcune<br />

“stagioni” anche con altissima<br />

frequenza, i suoi oli, i suoi pastelli e<br />

Pagina miniata, olio, preparazione<br />

materica su tela e pagina<br />

da antifonario settecentesco<br />

(datato 1772) cm 60x40 (2003)

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