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8 la <strong>Biblioteca</strong> <strong>di</strong> <strong>via</strong> <strong>Senato</strong> Milano – ottobre 2009<br />
Lettera <strong>di</strong> Gobetti a Malaparte datata 14 agosto 1925<br />
co, letta la cartolina, gli scriverà: «Caro Gobetti, mi viene<br />
rimessa la tua cartolina in data 14. Se me l’avessero data<br />
prima non ti avrei scritto la lettera <strong>di</strong> ieri, perché avrei visto<br />
che la tua posizione a mio riguardo è una posizione <strong>di</strong><br />
amicizia e <strong>di</strong> sincerità. Ma insisto nel ritenere che tu abbia<br />
<strong>di</strong> me un concetto errato. Se avessi il tipo e l’aspetto picaresco<br />
<strong>di</strong> Barilli, mi giu<strong>di</strong>cheresti più esattamente. Ma la<br />
mia aria moderna e “confortabile” inganna. Ci rivedremo<br />
più in là se le cose mi andranno bene».<br />
<br />
L’anno 1924 si rivelerà drammatico per l’Italia. In<br />
febbraio a Parigi viene assassinato Nicola Bonservizi,<br />
giornalista italiano, fondatore del giornale Italie Nouvelle<br />
come anche del primo Fascio parigino; a giugno, viene<br />
ucciso Giacomo Matteotti. Farinacci chiama Malaparte a<br />
testimoniare durante il processo per la morte del giornalista<br />
in quanto, nel 1923 a Parigi, lo scrittore aveva incontrato<br />
Bonservizi che, tra le altre cose, gli confidava timori<br />
per le minacce <strong>di</strong> morte che riceveva; in proposito gli aveva<br />
fatto leggere una lettera nella quale Amerigo Dumini<br />
lo metteva in guar<strong>di</strong>a nei confronti <strong>di</strong> Matteotti. Malaparte<br />
verrà chiamato a testimoniare anche durante il processo<br />
Matteotti del 1947.<br />
In una lettera scritta il 10 giugno Gobetti avverte<br />
l’amico che la polizia gli ha sequestrato in casa numerose<br />
lettere e documenti, oltre al numero della Rivoluzione Liberale<br />
che avrebbe dovuto uscire proprio in quel giorno;<br />
salvato per miracolo il manoscritto <strong>di</strong> Viaggio in inferno,<br />
che Gobetti vorrebbe pubblicare, lo informa che tra le<br />
lettere sequestrate ve ne sono alcune sue. «Questi meto<strong>di</strong><br />
– scrive nella lettera –, come tu puoi ben capire, danneggiano<br />
gravemente l’opera del partito e del governo fascista.<br />
Cre<strong>di</strong> che è umiliante avere a che fare con simili avversari.<br />
Anche noi preferiamo dal fascismo una condotta<br />
più intelligente perché è sempre meglio trovarsi con degli<br />
avversari sul serio. Il prefetto <strong>di</strong> Torino va <strong>di</strong>ffamando<br />
con le sue gaffes l’opera del governo, in fin dei conti è un<br />
governo italiano e se il fascismo a Torino fa ridere certo si<br />
deve in gran parte all’opera sua. Spero che tu non avrai<br />
noie, per quanto sia evidente che in tutto ciò si tenta soprattutto<br />
<strong>di</strong> giocarti un colpo mancino. Mi affretto ad avvisarti<br />
e tu ve<strong>di</strong> un po’ <strong>di</strong> far finire questo stato <strong>di</strong> cose provinciale<br />
da Messico».<br />
La risposta <strong>di</strong> Curzio non tarda; il giorno dopo infatti<br />
gli scrive: «Caro Gobetti, non tocca a me giu<strong>di</strong>care<br />
della maggiore o minore opportunità della perquisizione<br />
operata in casa tua. Il prefetto <strong>di</strong> Torino è solo, per il momento,<br />
giu<strong>di</strong>ce. Né mi interessa se hanno requisito le mie<br />
lettere. Io scrivo, caro mio, a chi mi pare e piace e non<br />
debbo certo render conto a nessun prefetto del Regno<br />
delle mie amicizie […] Ti prego […] <strong>di</strong> avvisarmi telegraficamente<br />
delle precauzioni da te prese per sottrarre definitivamente<br />
il mio manoscritto alle grinfie del prefetto<br />
che certo non deve masticar molta letteratura, se ha creduto<br />
opportuno <strong>di</strong> ficcare il naso nei miei rapporti letterari<br />
con te. Oggi vedrò forse a Roma Rossi e gli parlerò<br />
anche <strong>di</strong> queste faccende […]». Due settimane più tar<strong>di</strong>,<br />
trionfante, gli scriverà: «Caro Gobetti, sono felicissimo<br />
che il tuo prefetto Palmieri abbia pagato il fio delle sue<br />
dabbenaggini. Prosit! Aspetto sempre il tuo giu<strong>di</strong>zio sulla<br />
seconda parte del Viaggio in Inferno. Ti prego vivacemente<br />
<strong>di</strong> in<strong>via</strong>rmi subito un articolo per il settimanale politico<br />
che uscirà tra giorni (da me <strong>di</strong>retto) La Conquista dello Stato.<br />
Devi spe<strong>di</strong>rmelo subito! Sia come sia, anche tremendo.<br />
Sono in attesa <strong>di</strong> un tuo sollecito riscontro. Debbo <strong>di</strong>chiararti<br />
che il giorno stesso in cui ti avvertii per lettera, e<br />
cioè il giorno 11 giugno, mercoledì, mi recai dal generale