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Inventario dell'Archivio.pdf (10,53 MB) - carlo romussi

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Non stupisce quindi che la prima attività di Carlo fosse quella del critico letterario.<br />

In tale veste iniziava dal 1872 la collaborazione al giornale milanese “Il Secolo”, diretto da Teodoro<br />

Moneta, con l’editore Raffaele Sonzogno cui sarebbe succeduto il fratello Edoardo.<br />

Non è qui la sede per analizzare minutamente tutta la carriera di Romussi giornalista, basti accennare<br />

al progressivo interesse verso le questioni sociali, che l’Italia unita stava portando alla ribalta e che trovavano<br />

spazio nelle colonne del giornale di cui diventò direttore nel 1896.<br />

Dalla letteratura quindi passò ad occuparsi di tematiche sociali.<br />

Mentre la posizione del giornale si portava sempre più ad affrontare il dibattito sugli scioperi, avvicinandosi<br />

al nascente movimento socialista, i suoi articoli si schieravano nettamente a favore del mondo dei<br />

lavoratori, fino ad entrare in collisione con la polizia.<br />

Fu infatti nel maggio del 1898, in coincidenza con le agitazioni popolari per il rincaro del pane e la<br />

soppressione violenta di Bava Beccaris, che venne arrestato e rinchiuso nel carcere di Alessandria con<br />

l’accusa di essere repubblicano e agitatore politico. Ma il vero motivo era la campagna antimilitarista propagandata<br />

dalle colonne del giornale, campagna che aveva suscitato il timore nella classe imprenditoriale<br />

del Paese di vedersi ridotti gli utili collegati alle nascenti avventure coloniali.<br />

Di fatto il “Secolo” venne soppresso per quattro mesi, la direzione del giornale fu assunta provvisoriamente<br />

ancora da Teodoro Moneta, e Romussi, considerato “l’uomo più combattivo e più combattuto<br />

del mondo politico milanese”, apparve nelle vesti del martire politico.<br />

La coerenza che continuò a manifestare anche in quell’occasione, il non venir meno agli impegni<br />

assunti a favore della causa degli operai, di lì a poco lo indicheranno come il naturale erede politico, nel<br />

collegio di Corteolona, dell’amico Felice Cavallotti, il “bardo della democrazia”, che nel marzo di quello<br />

stesso anno era scomparso tragicamente al suo 33° duello.<br />

Fu l’occasione per Romussi di portare il dibattito dentro le aule del Parlamento riprendendo i temi<br />

della Previdenza Sociale, allargandolo alla mutualità scolastica e alla emancipazione femminile, come<br />

appare dai contatti avuti con la nota femminista Anna Maria Mozzoni.<br />

Fedele alla stessa impostazione democratica che “Il Secolo “ aveva avuto fin dall’inizio, dava ampi spazi<br />

al dibattito politico e non trascurava il fenomeno dell’irredentismo per il quale si battè inutilmente per strappare<br />

il triestino Guglielmo Oberdan alla pena di morte nel 1882. Nell’arco del decennio di fine secolo, si<br />

schierava apertamente su posizioni anticrispine fino ad approdare successivamente all’appoggio a Giolitti.<br />

Ma non vogliamo riprendere qui la vita del giornale descritta esemplarmente da Laura Barile in “Il<br />

Secolo - 1865-1923”, bensì porre in luce come dall’Archivio ci venga proposta una lettura nuova e più<br />

completa del personaggio Romussi.<br />

Attraverso il giornale egli di fatto entrò in contatto con uomini che segnarono profondamente l’Italia<br />

postunitaria , quella Italia garibaldina nata dagli ideali dell’eroe dei due mondi, ma che non trovava una<br />

pratica applicazione in una quotidianità e in una vita politica scossa da scandali e da tensioni che rispecchiavano<br />

le difficoltà del Paese. In tale contesto nacque e si consolidò la grande amicizia con Felice Cavallotti:<br />

ne condivise lo spirito focoso,(anch’egli sostenne vertenze giudiziarie e duelli), e le lotte politiche. Fu<br />

lui a raccogliere e pubblicare le opere complete di quello che stimava sinceramente come poeta, e che<br />

aiutava generosamente ben conoscendone anche le difficoltà economiche in cui verteva.<br />

Fu un legame profondo che coinvolgeva le stesse rispettive famiglie, e che segnò la vita di entrambi: il<br />

lavoro in comune di scrittori sullo stesso giornale, i lunghi soggiorni sul Lago Maggiore, la condivisione di<br />

affetti famigliari tra gioie e lutti. Si ritrovavano tutti insieme alla rappresentazione delle opere teatrali di<br />

Cavallotti e alle animate e allegre discussioni ai caffè della Galleria, ma si sostenevano anche con calda solidarietà<br />

quando morì un bimbo in tenera età, Pierino Romussi, e all’amico scomparve la figlia Mariuccia .<br />

Con Cavallotti teneva alti i valori del garibaldinismo, non soltanto seguendo il mitico generale da vivo e<br />

poi attraverso i frequenti omaggi alla tomba a Caprera di cui riportava la notizia in cronaca, ma anche a<br />

sostegno dei reduci e a ricordo costante delle patrie battaglie.<br />

VI

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