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Inventario dell'Archivio.pdf (10,53 MB) - carlo romussi

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Introduzione<br />

Presentare in breve un personaggio come Carlo Romussi significa tratteggiare un lungo arco di<br />

tempo che si snoda in uno dei periodi più travagliati e insieme affascinanti della storia italiana dell’‘800<br />

fino al primo decennio del ‘900: sono gli anni che dal 1848, la “primavera dei popoli”, attraversano le guerre<br />

per l’indipendenza nazionale fino all’unità del nostro Paese, e ai problemi emersi a unificazione avvenuta.<br />

Si assiste all’avvio delle lotte politiche e sociali che trovavano una vasta eco sui giornali del tempo, alla<br />

organizzazione e alla nascita di nuovi partiti, alle prime disastrose guerre coloniali e alla crisi di fine secolo.<br />

In un rapido mutare di generazioni, subentrava un periodo apparentemente più tranquillo: era la Bèlle<br />

Epoque, segnata in Italia dall’età giolittiana dove Romussi, quasi alla fine della sua vita, vide ancora una<br />

guerra, quella di Libia.<br />

Il suo Archivio, come già è stato evidenziato, rispecchia quegli anni e sottolinea la febbrile attività che<br />

egli svolse.<br />

Per meglio comprendere il personaggio, è necessario risalire alle sue origini e alla giovinezza in cui<br />

ebbe un ruolo decisivo la stessa famiglia nella formazione del giovane Carlo.<br />

Questi aveva appena un anno quando il padre, Pietro, non esitava nel 1848, a iscriversi alla Guardia<br />

Nazionale istituita dal Governo Provvisorio Milanese, sorto dalla insurrezione delle Cinque Giornate.<br />

In quegli stessi anni anche la famiglia della futura moglie, Maria Lazzati, partecipava agli eventi con due<br />

personaggi di spicco nel mondo dei patrioti, Antonio e Osvaldo Lazzati.<br />

Li incontriamo infatti nel 1851 tra i rappresentanti dei Comitati insurrezionali del Lombardo-Veneto<br />

che, alla guida di don Enrico Tazzoli, avrebbero dovuto allargare la trama cospirativa organizzata da Mazzini<br />

e destinata alla unità e indipendenza nazionale. Antonio Lazzati, aderente quindi alla congiura mazziniana,<br />

e alla società segreta di cui Tazzoli era il capofila, venne arrestato e solo fortunosamente, per l’intervento<br />

del Generale Radetzki, si sottrasse alla condanna della pena di morte che gli fu commutata in 15<br />

anni di carcere, ma il 7 dicembre del 1852 ben 20 suoi compagni di fede salirono sul patibolo: era il sacrificio<br />

dei martiridiBelfiore, presso Mantova.<br />

La tradizione repubblicana tuttavia continuò tenacemente nella famiglia e si protrasse fino agli ultimi<br />

anni dell’‘800. Nell’Archivio, tra i corrispondenti c’è tutto il mondo mazziniano su quale si innesta quello<br />

garibaldino: da Maurizio Quadrio a Jessie White Mario a Giorgina Saffi a Benedetto Cairoli allo stesso<br />

Giuseppe Garibaldi.<br />

Ambiente, quindi, antiaustriaco, patriottico, in cui si respiravano quegli aneliti alla libertà e alla indipendenza<br />

sempre più diffusi, dopo il 1848, tra ampi strati della popolazione in Italia e in molti dei paesi<br />

europei. Qui Romussi maturò i suoi ideali e interessi, che lo avrebbero sollecitato ad occuparsi, nella<br />

maturità, dei vari aspetti della società milanese, italiana e internazionale .<br />

Nonostante gli studi al prestigioso “Collegio Ghislieri” e alla Università di Pavia, dove si laureò in<br />

Legge, fu sempre molto legato alla sua città, quella Milano che, appena uscita dalle guerre del Risorgimento,<br />

si presentava come un mondo composito, colmo di contrasti anche, ma viva intellettualmente,<br />

dove accorrevano molti giovani scrittori e si stavano facendo strada le nuove correnti letterarie della scapigliatura<br />

e del verismo. Emilio Praga, Giovanni Verga, Luigi Capuana, Matilde Serao, Edmondo De Amicis,<br />

Emilio De Marchi, Ada Negri, qui trovavano sostegno e la critica decretava il successo del teatro di<br />

Vittorio Bersezio, Giuseppe Giacosa, Paolo Ferrari, e anche di Felice Cavallotti, per citare gli scrittori più<br />

vicini al nostro.<br />

V

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