il piacere della tavola in Toscana in Italia nel mondo - Gola gioconda

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il piacere
della tavola
in Toscana
in Italia
42 2008
€ 3,50
nel mondo edizioni Aida
Itinerario
Lunigiana

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e direttamente presso le Edizioni Aida,
via Maragliano 31a, 50144 Firenze
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Editoriale
Ecco a voi il numero estivo di
Gola gioconda: non troppo vacanziero
(anche se potete leggere di sagre, di
campi estivi e ricette per i più piccoli
e di suggerimenti per girovagare all’insegna del
gusto) perché con la solita (scarsa) serietà, ma con
la giusta competenza tocchiamo argomenti d’attualità
più o meno scottante, come le vicende che hanno
interessato il vino toscano, la spesa di frutta e
verdura a chilometri zero, l’importanza dei diversi
tipi di bicchieri nella degustazione, la rivalutazione
del cibo di strada. Insomma da leggere ce n’è, mentre
fervono già i preparativi per la prossima edizione di
deGustiBooks (alla Fortezza da Basso di Firenze, dal 23
al 26 ottobre), che chiude idealmente i festeggiamenti
per i dieci anni della nostra rivista. A proposito:
non per autocelebrarci, ma giusto per godere un po’,
guardandoci alle spalle, della strada che abbiamo
percorso, rivisitiamo attraverso le migliori copertine
questi anni volati via così veloci, augurandoci che ce
ne siano almeno altri dieci. E per l’occasione è tornata
lei, la signora Gola gioconda, quella che campeggiava
sulla copertina del primo numero della rivista;
è bella come dieci anni fa, forse ancora di più:
come le persone e i vini di qualità, con il tempo
è migliorata.
1

s o m m a r i o
Sei personaggi
4 in cerca di... sapore
7 Secondo Leo
LEONARDO ROMANELLI
9 Della forma e della sostanza
SANBRO BOSTICCO
14 Facciamola corta
CHIARA TACCONI
19 La disfida del lampredotto
LORENZO SBOLGI
23 Sapore di sagre
CINZIA COLLINI
23 Sembra ieri...
LIRIO MANGALAVITI
Speciale Quo vadis
di Cristiano Maestrini pag. 35
Gli itinerari di Gola
Una terra sospesa
di Serge Cavalieri pag. 54

60 Locali per un giorno
62 I consigli di Gola
SABINO BERARDINO
64 Bambini in vacanza
CHIARA TACCONI
67 Gola a tre w
SILVIA VIGIANI
71 Cibo tra le righe
FRANCESCA PALLECCHI
74 Appuntamenti con il gusto
DANIELA LUCIOLI
76 Prossima fermata
Montalcino
FRANCESCO CURY
79 Winelovers
CINZIA COLLINI
Gola gioconda
I piaceri della tavola
in Toscana, in Italia,
nel mondo
Trimestrale
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Direttore editoriale
Leonardo Romanelli
Direttore responsabile
Lirio Mangalaviti
Coordinamento redazionale
Chiara Tacconi
In redazione
Cinzia Collini, Maurizio Izzo,
Daniela Lucioli, Cristiano
Maestrini, Francesca Pallecchi,
Lorenzo Sbolgi, Silvia Vigiani,
Liliana Visani
Hanno collaborato
a questo numero
Sandro Bosticco, Sabino
Berardino, Francesco Cury
Copertina
Gianluca Biscalchin
Progetto grafico
Lucia Chieffo
Disegni originali
Chiara Raugei
Abbonamento annuale
(4 numeri) 12,00 euro da versare
sul c/c postale
n. 25030503, intestato a
Aida, causale del versamento
“abbonamento a 4 numeri di
Gola gioconda”
Pubblicità:
Aida srl, tel. 055 3218448
Stampa
Nuova Grafica Fiorentina,
Firenze
Aut. del Trib. di Firenze
n. 4843 del 18/12/98

Sei personaggi
in cerca di... sapore
4
Maria Grazia Mammuccini
Agricoltura in rosa
È il volto dell’Arsia toscana, l’agenzia
regionale per lo sviluppo e l’innovazione
nel settore agricolo e forestale, di cui è
amministratore dal 1995. Dal suo punto
di vista privilegiato, negli ultimi anni ha
osservato i cambiamenti del settore, maturando
la convinzione che l’agricoltura
è e sarà sempre uno dei motori trainanti
l’economia regionale; ha sottolineato a
più riprese come «le nuove tecnologie
abbiano saputo innestarsi sulle tradizioni
rurali toscane».
Lorenzo Landi
L’enologo e il vino
Non è l’enologo che fa il vino, ma il vino che fa l’enologo. Parola di
Lorenzo Landi, celebrato winemaker toscano: il vino lo fa l’azienda, il
produttore; l’enologo deve limitarsi ad aiutare, consigliare, portare le
proprie esperienze e guidare verso la scelta più giusta. «Utilizzo di vitigni
autoctoni e utilizzo di tecniche enologiche specifiche. La tecnologia? Solo
quando dà un valore aggiunto»: questa la sua ricetta.
Alessandro Corradossi
Piccoli piatti crescono
All’inizio doveva essere una vineria, una
piccola mescita, alla fine è venuto fuori un
piccolo ristorante, Vinandro, nel cuore di
Fiesole. «Pensavamo un locale da piatti
veloci e spuntini, poi la passione ci ha
preso la mano e partendo dai piatti della
tradizione creiamo menù che piacciono
molto». Alessandro è lì sempre, apre e
chiude, sforna pietanze e dolci, serve in
tavola. «D’altronde mi piace lavorare a
quello che mi piace».

Filippo Rocchi
L’emozione del vino
«Quello che conta è l’emozione che
trasmette il vino»: parola di Filippo
Rocchi, da quasi quindici anni attivissimo
nell’azienda di famiglia, la
Castelvecchio di San Casciano Val
di Pesa. «Quando nel 1994 iniziai
ad occuparmi dell’azienda con mio
padre Carlo e mia sorella Stefania
lo feci quasi per gioco, ma immediatamente
mi resi conto di aver
compiuto una scelta di vita. Un progetto
portato avanti con dedizione e
sacrificio, coinvolgendo collaboratori,
consulenti e familiari in ciò che
sto facendo. Spero di poter creare
un vino capace di comunicare agli
altri le stesse sensazioni che questo
mondo riesce a trasmettermi».
Eugenio Guarducci
Cecilia Dei
Un piatto tra le righe
La cucina è il suo mondo, che ha voluto far uscire dall’ambito dei
fornelli del suo ristorante, l’osteria La Gramola di Tavarnelle Val di
Pesa, per farlo vivere in una guida del Chianti. Il libro è Chianti cuore
di Toscana , ideato e scritto da Pauline Pruneti, al quale Cecilia ha
partecipato nella sezione ricette, mentre il marito, Massimo Marzi,
sommelier, ha curato la parte dei vini. «Nel nostro locale ricette e
modi di cottura sono quelli di un tempo, legati al territorio. Poi è
arrivata l’idea del libro: è stato divertente». E tra scrivere e preparare
una ricetta? «Non c’è dubbio – sottolinea sorridendo Cecilia – preferisco
decisamente cucinare».
Cioccolata, che passione
Da Perugia, dove è nato, a Firenze, dove è diventato
architetto, poi di nuovo a Perugia, dove,
come ama dire, è inciampato su un cioccolatino
e la sua vita è cambiata. Eugenio Guarducci nel
1994, reduce dall’Oktoberfest di Monaco di
Baviera, decide di organizzare nella sua città un
evento analogo che ha come tema il cioccolato.
Nasce così Eurochocolate, che in breve tempo diventa
la più grande manifestazione sul cibo degli
dei. Grazie a quella intuizione, Eugenio è artefice
dell’aumento esponenziale della conoscenza del
cioccolato da parte del pubblico e, con essa, del
suo consumo. E la manifestazione è diventata
un esempio più che riuscito di marketing territoriale,
a cui si ispirano e si sono ispirati aziende
e istituzioni.
5

Secondo Leo
Chi critica i critici
Il “divino Marchesi”, come veniva chiamato negli
anni novanta Gualtiero Marchesi, il primo cuoco
ristoratore italiano ad aver conquistato le tre
stelle Michelin, ha indetto una conferenza stampa per
annunciare, ora che è giunto a 78 anni, che non vuole più essere
giudicato per la sua attività di ristoratore. In una lettera aperta se la
prende, in maniera evidente,con il lavoro dei critici gastronomici: dopo
aver aperto un nuovo ristorante a Milano, il “Marchesino alla Scala”, vuole
portare avanti la sua attività senza avere quella pletora di scribacchini che,
più o meno a ragione, valutano il suo operato.
Sicuro di sé e molto egocentrico, il divino ha creato una scuola di cuochi
sopraffini, nessuno dei quali gli è rimasto legato: tutti sono andati a
cercare fortuna da soli, e sono riusciti a farla; ma quasi a nessuno Gualtiero
assegna la palma del discepolo, dimenticando spesso di citarli. A questo
aggiungiamo che i critici gastronomici li ha sopportati quando scrivevano
bene di lui, ritenendo del tutto privi di importanza i loro giudizi quando
provavano a scrivere qualcosa di negativo riguardo alla sua attività.
D’altronde, non riconosce loro capacità di critica, poiché per lui non
ha voce in capitolo chi non ha mai lavorato in una cucina; questo mi
consola, visto che sono fra i pochi che questo tipo di attività l’ho fatta e
continuo tuttora ad insegnarla. Sembra però di ascoltare un disco vecchio,
il solito ritornello del direttore d’orchestra che non sopporta stroncature
da chi non sa suonare (ogni riferimento o parallelismo a Riccardo Muti è
puramente casuale), o del pittore che non sopporta pronunciamenti sulla
sua arte da chi non sa tenere un pennello in mano. Chi non sopporta i
giudizi poco lusinghieri non si rende conto che la sua fortuna è partita
spesso da lì, da uno scout che è riuscito a sottoporlo all’attenzione del
grande pubblico. A ben vedere, però, Marchesi si conferma un ottimo
comunicatore: annuncia una cosa impossibile e siamo in tanti a scriverne,
senza che la notizia esista nella realtà. Alcuni suoi piatti, come il raviolo
aperto o il risotto con la foglia d’oro, rimangono impressi nella storia della
cucina e nella memoria di chi ha avuto la sorte di gustarli. Fra cent’anni
questo si ricorderà di lui.
Leonardo Romanelli
7

Della forma
e della sostanza
Assaggiamo e poi riassaggiamo, convinti in questo modo di
“conoscere” vino e olio, cioccolato e formaggio. Siamo un po’ presuntuosi
noi degustatori, e sottovalutiamo strumenti e circostanze, stati
emotivi e fisiologici, come se quella birra allo zenzero o quel salame
d’asino fossero indipendenti dalla temperatura, dalla luce o dal nostro
stato emozionale. La degustazione è un esperimento replicabile come
in qualsiasi altra procedura che voglia presentarsi come scienza? Il
Chianti che è adesso nel mio bicchiere, davanti alla vigna dove nasce
e magari alla presenza del produttore, darà le stesse impressioni dello
stesso Chianti davanti al maxischermo con la finale degli Europei? La
faccenda è seria, e molte fra le più grandi menti dell’umanità ci si sono
arrovellate: altro che degustazioni! Gli oggetti della nostra conoscenza
sono “là fuori” e vanno semplicemente trovati e descritti una volta
per tutte; oppure l’indagine stessa, con i suoi metodi e il suo vissuto
concreto, limita e condiziona l’impressione che ne ricaviamo? Da parte
mia, ho leggiucchiato qualcosa, come la logica di John Dewey dove i
risultati del processo congnitivo dipendono proprio dall’andazzo del
Analisi serissima dei
vari tipi di bicchieri,
ovvero quanto conta
il contenitore rispetto
al contenuto e come
ne possa modificare
la percezione
SANDRO BOSTICCO
9

10
Quando
il calice
fa la
differenza
La degustazione è stata
effettuata utilizzando i
calici forniti da Fa.Ra.,
azienda leader nel settore,
da anni partner della
nostra rivista. Amore per la
tradizione e passione per il
vetro soffiato sono i cardini
su > cui si fonda l’attività
dell’azienda, capace di
distinguersi con prodotti
creati artigianalmente.
Il vetro soffiato, arte
tramandata di padre in figli,
rende unico ogni calice
da degustazione, grazie
alla fantasia dei maestri
vetrai. (Ndr)
Rame per Retzina (Grecia)
L’attitudine di questo
contenitore al resinoso
suggerisce vini iperbarriccati
dai sentori balsamici
esagerati (tutt’altro
che rari...)
processo stesso. Mi sono spinto fino all’interpretazione del Principio
di Indetermnazione del quantista Heisemberg: a forza di spaccare
le particelle dell’atomo gli strumenti usati finiscono con limitare la
conoscenza esatta della situazione, proprio come succede a noi coi
nostri modestissimi bicchieri, forchette, nasi e bocche.
Esperimento sensoriale
Dunque anche voi durante la prossima vacanziera passeggiata in
montagna, prima della barretta energizzante al cioccolato e soprattutto
prima del grappino, tirate fuori dallo zaino qualche lettura in proposito
da centellinare a mente fresca sotto l’abete. Intanto vi riferisco
del nostro fondamentale esperimento, condotto in redazione il 15
giugno scorso allo scopo di verificare le impressioni gustative fornite
da due vini assaggiati con quattro diversi bicchieri. Ci siamo rifatti
ai principi dell’analisi sensoriale, una disciplina che cerca di mediare
con macchinose statistiche fra zio Gustavo che adora il cacio sui maccheroni
e sua moglie Petronilla che continua a sostenere che “rovina
il sugo” (naturalmente quello fatto da lei). Secondo questa disciplina
i degustatori non devono essere particolarmente bravi; devono rappresentare
il gusto medio. Essendo il sottoscritto bravissimo, abbiamo
dovuto abbassare la media includendo nel panel quattro elementi
dai gusti discutibili, e addirittura un’astemia. Abbiamo affrontato il
tormentone dell’odore residuo: quante volte capita, anche nelle degustazioni
meglio organizzate! Si sente sotto il naso, a bicchiere vuoto, un
Bicchiere da fiera
(Sonoma, USA)
Piacevole souvenir; ma
i caratteri organolettici
possono venir esaltati
dal ricordo associato (in
questo caso di una bella
californiana)
Vetro con supporto in
cuoio artigianale (Svizzera)
Pregevole fattura, ma non
c’è il gambo e poi la scirtta
lo limita allo Chardonnay;
il Nero d’Avola prenderebbe
un gusto di terrone...
Per birra d’abbazia
(Belgio)
L’atmosfera spirituale
non vi inganni: in
una coppa del genere
meglio il Brachetto
del Vin Santo!

odore di straccio bagnato; o di “organico” (latte-uovo);
o ancora più spesso di un fiori-frutta artificiale lasciato
dal detersivo o dal brillantante! Abbiamo quindi usato
uno schiavo svizzero che ha passato due ore al lavaggio
con sapone neutro. I vini sono stati un bianco e un
rosso secchi, dall’identità ignota ai degustatori. La
temperatura dei vini era quella ambiente, pure per il
bianco. L’illuminazione era diffusa e rilassante, nessun
rumore o musica di sottofondo; la stanza è stata arieggiata a lungo
con flusso filtrato. È stata minacciata la decapitazione sul posto al
primo ruttino. I bicchieri: 1) standard da degustazione, detto ISO 2)
flute 3) calice nero 4) balòn 5) calice alto a tulipano. Ha fatto la sua
comparsa anche un gottino, usato informalmente come benchmark
dai più tradizionalisti.
Iso, flûte, tulipano...
Il calice nero, in cui avevo perfidamente versato metà rosso e metà
bianco, ha dato l’impressione che si trattasse di un bianco fruttato;
è servito a mettere tutti in riga e a evitare di spararle grosse in seguito.
Esaurito così lo scherzo iniziale, ci siamo buttati verso il cuore
dell’esperimento. Ecco i risultati statistici trattati per bicchiere.
ISO: si è rivelato senza dubbio il migliore, convogliando direttamente
nelle narici il flusso aromatico che ha guadagnato in intensità durante
le sniffate. Pieno e soprattutto vivo il gusto, dotato di piacevole ro-
Alsaziano (Francia)
Starà anche
simpatico ai grünen,
ma rischierete
di trovare sentori
“erbacei” anche in
un Passito di
Pantelleria
Da the nel deserto
(Marocco)
Svasato e quindi
adatto a vini con
profumi gagliardi,
come appunto quelli
del the mentolato.
Ma dimenticatevi
il narghilè, viste le
attuali leggi sul fumo
(di qualsiasi tipo)
Tazza da cioccolato,
Francia XIX secolo
In fondo il manico
svolge bene la stessa
funzione del gambo,
e la porcellana
bianca esalta
qualsiasi colore.
Soddisfazione
assicurata per
degustatori non
convenzionali
Da Cognac, Francia
Di solito si scalda
il distillato col
palmo della mano;
perchè non fare
disinvoltamente lo
stesso col Brunello
prelevato dalla botte
in cantina?
Kylix stile attico,
Sicilia 200 AC
Peccato che stia
un esemplare
unico esposto al
museo, sarebbe
buono per giocare
a Kóttabos dopo
un Moscato di
Siracusa
11

tondità e buona persistenza (il vino raggiunge presto
il retrobocca evidenziando quel po’ di amaro e gli
eventuali tannini). Unico difetto: tende appunto a
proiettare immediatamente il liquido verso la gola,
col risultato che – nel caso venga usato a tavola – fa
venire la voglia di bere subito di nuovo (un difetto
non considerato tale dal produttore presente in veste
di degustatore...).
FLÛTE: è tutt’altra musica, di nome e di fatto. Fornisce
intensità di colore ma profumi davvero bassi,
imputabili alla scarsa superficie di scambio con l’aria.
Qualcuno nel tentativo di rimediare ha cercato di roteare
il vino nel bicchiere, proiettandolo direttamente
sui pantaloni di quello accanto e costringendo così
l’editore a un rimborso spese. Si sente poco anche in
bocca, perché il vino tende a “saltare” le zone preposte
a dolcezza e acidità (vedi la mappa sensoriale delle
papille sulla lingua, che potete disegnare anche da
soli partendo dal logo dei Rolling Stones e seguendo
il manuale dei sommelieri, a prescindere dal fatto che
Keith Richards ha bevuto troppo whisky per avere
ancora le papille).
BALON: farà anche un figurone al ristorante, ma non
evidenzia certo l’intensità colorata che si disperde alla
base a meno che non lo riempiate fin oltre metà (ma
non sta bene!). In bocca il diametro grande significa
che il vino staziona volentieri sulla punta e ai lati della
lingua, insomma va bene se volete esaltare le contemporanee
morbidezza e acidità di un grande Borgogna
bianco (ma non era per i super-rossi?).
CALICE TULIPANO: è il formato più trendi,
usato nei salotti dallo Champagne al Porto e fornito
ai giornalisti con l’inevitabile logo dell’azienda o del
consorzio nelle degustazioni ufficiali. Performa bene
con i profumi, almeno nel tipo più raccolto al bordo
com’era il nostro. Buon equilibrio generale tra morbidezza
(alcolica, glicerica o zuccherina) e freschezza
acida. Tannino a tendenza armonica. Non a caso è
una sorta di ISO dalle dimensioni raddoppiate. Il
problema è che tende a raddoppiare anche il peso,
facendone un oggetto non esattamente elegante. La
soluzione tecnica sta nell’assottigliare il cristallo, ma
in questo caso si assottiglia conseguentemente anche
il portafoglio.
And the winner is...
In conclusione: abbinando l’efficienza
organolettica alle le altre doti, i bicchieri
ISO vincono la competizione. Infatti
non solo rendono bene in degustazione
pura, ma costano pure poco, gradiscono
la lavastoviglie casalinga e si possono
portare anche al pic-nic o sull’Eurostar
sfoggiando un Sauternes dove nessuno
se lo aspetta chissapoiperchè. Non
a caso la sigla sta per “International
Standardisation Organisation”, istituto
internazionale con sede a Ginevra che
misura e certifica proprio tutto (a
proposito, quando la certificazione ISO
per i degustatori?).
Per concludere con un ritorno al
filosofico, mi viene in mente la massima
Esse est percipi, detto in volgare “le
cose sono come ci appaiono”. Nel
nostro linguaggio di poveri gastronomi
potremmo addirittura forzare un po’
verso “tutti i gusti sono gusti”. Tutt’altro
che una banalità, visto che se n’è
occupato tre secoli fa il severo George
Berkley negando l’esistenza di una realtà
indipendente dai nostri sensi. A chi gli
obiettava che in questo modo un albero
non esisterebbe quando nessuno lo sta
guardando, da buon vescovo replicò
che viene comunque osservato da Dio.
Resta da vedere se Dio gradirebbe più un
bicchiere di Picolit o uno di Lambrusco,
eventualmente lasciati su un tavolo
senza testimoni. Berkley, per la cronaca,
negli ultimi anni della sua vita si occupò
invece di esaltare le virtù medicamentose
dell’acqua di catrame, scrivendo “Queste
sono tazze che rallegrano, anche se
non inebriano...”: un motto che fu poi
applicato brillantemente al the...
13

14
Facciamola
corta
Una spesa a chilometri zero
è possibile? Tentativi,
più o meno riusciti, di
accorciare la filiera
dell’orto-frutta
CHIARA TACCONI
Filiera corta, chilometri zero, dal campo alla tavola. Slogan familiari
a chi cerca prezzi più bassi, qualità migliore e sostenibilità
ambientale nel sacchetto della spesa; o esagerando tutte e tre le
cose insieme. Tutti ne parlano, ma poi, quando devi abbandonare
la certezza del supermercato aperto fino a tardi e sempre fornito,
ci vuole organizzazione, informazione, e anche un po’ di fortuna.
E quanti chilometri dovrò fare per portare a casa un spesa a
“chilometri zero”, cioè che non abbia viaggiato per tutta Italia tra
grossisti e intermediari prima di arrivare sul banco?
Carne, pasta, latticini sembrano difficili da trovare e decido di
limitare la ricerca a frutta e verdura: con la bella stagione non
dovrebbe essere un problema trovare aziende agricole che vendono
direttamente al pubblico. Vicine, con prodotti freschi, e con un
prezzo equo, per i produttori ma anche per me. Colpo di fortuna:
il solstizio d’estate porta a Firenze il primo Mercatale.

Mercatale
Piazza del Carmine, Firenze
Distanza da casa:
15 km (?)
È il primo giorno del Mercatale di Firenze,
“il mercato a un passo dall’orto” che porta
nel centro storico i produttori agricoli. Piazza
del Carmine è occupata da due file ordinate
di stand in legno vagamente tirolesi, dove
una quarantina di aziende toscane mettono
in vendita un po’ di tutto. I banchi di ortofrutta
però sono pochi, c’è molto vino, miele,
qualche produttore caseario, quadratini di fettunta da assaggiare
e api che ronzano “sottovetro” accanto ai barattoli di millefiori.
Molti prodotti d’eccellenza, prezzi che vanno dai 4,70 euro per
un chilo di pane (bio con i semi) a 1,20 euro per un chilo di zucchine.
Quest’ultime sono vendute al banco di Cammelli, azienda
agricola di Ugnano (dalla Fi-Pi-Li uscire a Scandicci e seguire per
Badia a Settimo, www.cammelli.cc) che lavora prevalentemente
con i gruppi d’acquisto solidali (gas) e distribuisce depliant
con i prezzi degli ortaggi “a sacchetto” o “a cassetta”, tutti
davvero ottimi, e volantini che spiegano come funziona il
gas. Il loro spaccio aziendale è aperto dal lunedì al venerdì
dalle 18 e anche il sabato mattina. Qualche metro più avanti,
trovo l’unica verdura con certificazione biologica ed è di
un’azienda che produce soprattutto cinta senese (anche quella
bio). Tre cesti d’insalata 2 euro. Stefano Baldi della Poderi di
Coiano (www.poderidicoiano.it) racconta dell’avventura che
dura da oltre vent’anni, azienda a conduzione familiare,
pionieri del biologico, mugugna un po’ contro la burocrazia.
Sono a Vaglia, fanno vendita diretta in azienda e anche loro
lavorano tanto e volentieri con i gas, «che a volte sono come
le riunioni di condominio, gli dico che ho il campo pieno di
cavoli e prima che abbiano deciso quanti comprarne il cavolo
è già sfiorito», ma trovano il contatto diretto con i gruppi
molto utile, perché è un rapporto di fiducia tra persone che
si conoscono, si stimano e fanno buoni affari. Stavolta il
Mercatale coincide con la Notte bianca dell’Oltrarno. Nonostante
le rassicurazioni dei cartelli e dell’autista all’andata,
al ritorno il bus che mi dovrebbe riportare al parcheggio non
passa, trovo un passaggio in auto ma i vigili ci dirottano mille
volte in direzione opposta e la spesa alla filiera corta si trasforma
in un lunghissimo pellegrinaggio per tornare a casa.
Il Mercatale di Firenze
15

Spesa a Riomaggio: 2,90 euro
16
Podere Riomaggio
Candeli, Bagno a Ripoli
Distanza da casa: 8 km
Ho scelto il momento giusto per tentare la via dei chilometri zero
perché oltre al Mercatale fiorentino arriva proprio nel mio territorio,
Bagno a Ripoli, una iniziativa per la filiera corta. Il Comune ha
siglato un accordo con una ventina di agricoltori e commercianti
e ha sparpagliato depliant, con un bel disegno di Folon, che pubblicizzano
l’iniziativa. «Abbiamo voluto dare attenzione anche ai
più piccoli produttori – spiega il vicesindaco Alessandro
Calvelli – nella certezza di trovare prodotti magari di
nicchia ma di qualità certa». Fra le aziende agricole la
maggior parte produce olio e vino, anche biologico, e
solo tre o quattro hanno anche frutta e ortaggi. Internet
e l’agricoltura sembrano due mondi inconciliabili
e devo alzare il telefono tante volte o fare un po’ più di
“chilometri zero” per verificare cosa vendono, in che
orari e cercare la mia fornitura settimanale di frutta e
verdura. Dopo vari tentativi trovo un’azienda che vende
al pubblico due giorni a settimana.
Il podere Riomaggio è a Candeli (Via Villamagna 14b,
tel. 055 630463), a un passo dalla frequentatissima
provinciale che porta a Rosano e Pontassieve. Un casottino fra i
gelsomini è lo spaccio aziendale dove il martedì e venerdì (9-13
e 15-19) si può comprare davvero di tutto, tutto l’anno perché
hanno anche serre riscaldate. Nei 28mila metriquadri Simone
Forni, che ha studiato storia dell’arte ma ha proseguito l’attività
agricola dei genitori, coltiva un po’ di tutto, riesce a tenere i prezzi
a livello della grande distribuzione e anzi rifornisce spesso anche
il supermercato più vicino. Il biologico sembra un impegno troppo
difficile ma «riusciamo a ottenere buoni risultati con la lotta
integrata». Ogni giorno di apertura si fermano una settantina di
clienti, abituali o meno.
Azienda agricola il Rosino
Grassina, Bagno a Ripoli
Distanza da casa: 1 km
L’azienda è a solo un paio di chilometri dal centro di Grassina (via
delle Cupole 6, seguire il cartello per la Fonte della Fata Morgana,
tel. 055 642535) ma intorno vedi solo colline, campi e casali. Ora
sono in tre o quattro a lavorare nel campo e alla vendita diretta, il
capofamiglia è a un passo dagli 80 ma sempre infaticabile. Famosi

per le trecce d’aglio rosso e le patate kennedy che «non sappiamo
perché ma vengono così buone – spiega Grazia – è una nostra
specialità, ma ce le chiedono sempre». Un occhio alla luna per
semine e potature, quasi tutto viene coltivato in pieno campo con
il minimo trattamento possibile (poltiglia bordolese soprattutto).
Il difficile è difendersi da cinghiali, istrici e altri ospiti (“il capriolo
mi rovina i peschi perché ci struscia le corna”). Il giovedì al mercato
dell’Antella, venerdì mattina al mercato di Grassina, al mercato di
Novoli vendono solo le eccedenze di pere e fichi. Giovedì e sabato
vendita in azienda. La stagione si è aperta con i baccelli, e adesso
arrivano zucchine tonde e lunghe fiorentine, pomodori di vario
tipo (dal fiorentino al sammarzano), le insalate, le ciliegie, niente
albicocche per quest’anno («non ce n’è una in tutta la Toscana!»)
e molto altro. Stanno crescendo i fagiolini burrini e poi arriverà
altra frutta, le pere gentili che sono una piccola dolcissima rarità,
le mele di vario tipo comprese le “scodelline”, rosse, piccole, profumate,
l’uva da tavola e da schiacciata. E poi c’è l’olio. I prezzi
variano a seconda della stagione, sono quasi identici al mercato e
in azienda, zucchine circa 3,50 al chilo, patate 1,50.
Sul balcone, nell’orto
Distanza da casa: 2 metri
Ho quattro strisce di terra argillosa e sassosa, a
terrazzine, con un ciliegio. Ci ho piantato: quattro
pomodori, due zucchine, misticanza, tre bietole,
una zucca, erbe aromatiche varie, patate. Siccome
non c’è abbastanza sole ho piantato anche in vaso,
sul terrazzo, ancora aromatiche, carote, zucchine,
basilico, prezzemolo, pomodoro. Non ho nemmeno
un geranio, da quest’anno tutte piante
commestibili. Quando la mia amica Tanja arrivò
dalla Bielorussia guardò i giardini pieni di rose e
gelsomini e disse: «Da noi quasi nessuno coltiva
i fiori. Chi ha un pezzetto di terra ci pianta le
verdure per mangiarle». E così ho fatto. Siccome
l’orto deve esser anche biologico ho messo una compostiera, ho
fatto il macerato d’ortica da spruzzare, ho sparso cenere di legna.
Poi però bisogna comprare lo spray d’equiseto, lo stallatico, gli
attrezzi, i vasi, la recinzione, le piante o almeno i semi. Convinta
di risparmiare ho speso un capitale per un orto-bonsai che dà da
mangiare a tutte le lumache del circondario. Però quando colgo
la zucchina-mignon cresciuta accanto alla porta di casa e la butto
in pentola, i chilometri, almeno quelli, li ho risparmiati.
Spesa al Rosino: 4 euro
17

La disfida
del lampredotto
Una sfida all’ultimo morso: da un lato i tanto acclamati
hamburger di Mc Donaldl’s, dall’altro i meno global, ma non
meno apprezzati panini al lampredotto. Chi vincerà la sfida? A
livello mondiale il confronto è impari, ma in Italia il colosso made
in Usa, anche se conta tra i più giovani numerosi proseliti, deve
sudare un bel po’ per avere la meglio contro i più classici tra i cibi
di strada. La competizione in realtà non può esistere: da una parte
c’è un colosso industriale, dall’altra c’è al massimo la vitalità di tanti
artigiani del gusto che alimentano un fenomeno che affonda le radici
nell’antichità, ma di cui spesso non si comprende l’importanza. Il
lampredotto e la trippa a Firenze, i frutti di mare al sud, la piadina
in Emilia Romagna e tanti altri cibi della tradizione sono ancora
un’abitudine consolidata, ma non ancora percepita nella giusta
Il cibo di strada riscopre
le sue origini, valorizza
la sua importanza
e può contare su
un’associazione ad hoc
LORENZO SBOLGI
19

Dai frutti di mare alla piadina
20
La geografia
delle prelibatezze
da passeggio
Frutti di mare crudi pugliesi, spuntature
marchigiane alla brace (budellini di
vitello o agnello), piadina romagnola,
focacce liguri, gnocchi fritti emiliani,
castagnacci toscani, porchetta
romana, pani ca’ meusa (pane e milza)
palermitano, crepes piemontesi.
Questi alcuni degli esempi di grande
tradizione del cibo da strada italiano. A
Firenze ancor oggi i panini imbottiti di
lampredotto (nella foto) vengono venduti
per strada. A Palermo polpo bollito,
stigghiole (budella di capretto, agnello
o vitello alla brace), sfincione, sono
alimenti caratteristici offerti nei quartieri
popolari o nei mercati della città. A
Cagliari mangiare ricci di mare è un vero
e proprio rito, soprattutto maschile,
e un po’ ovunque fioriscono chioschi
all’aperto dove gustarli in piedi. In Sicilia
e Sardegna i fichi d’india sono cibo di
strada sin dal Settecento.
dimensione. Per tutelare la dignità culturale dei cibi poveri,
ovvero “di strada” e dell’artigianato necessario a produrli
(testi di ferro, argilla o materiale refrattario per produzione
di torte, piade, cialde…); per salvaguardarne la specificità
territoriale da una parte, ma anche per favorire lo scambio
e il confronto di esperienze tra i vari Paesi di tutto il
mondo è nata Streetfood, un’associazione senza
fini di lucro che dopo pochi mesi di attività sta
raccogliendo molti consensi e numerosissime
adesioni. Massimiliano Ricciarini, giornalista
di Foiano della Chiana in provincia di Arezzo,
specializzato in enogastronomia, è il presidente
nonché fondatore dell’associazione. «Dire come
è nata Streetfood non è semplice – spiega –.
Tutto è iniziato da una ricerca per un master
universitario, un impegno che mi ha fatto
capire quanto questo fenomeno sia esteso e,
al tempo stesso, quanta poca visibilità abbia
avuto fino a oggi. Da lì ho creato prima un
sito web, che porta il nome dell’associazione,
www.streetfood.it, e poi ho trovato collabo-
ratori in varie zone d’Italia, che svolgono una
loro attività professionale e dedicano una
parte del loro tempo libero a questa iniziativa;
poi abbiamo cominciato a coinvolgere
i produttori in tutta Italia. Procediamo lentamente
perché vogliamo essere certi della

qualità dei nostri affiliati, che avviciniamo e registriamo solo dopo
averne certificato i requisiti». Dai produttori del mercato Ballarò
di Palermo che offrono pane e milza, ai trippai fiorentini fino ai
venditori di gofri piemontesi, tutti chiamano per saperne di più
dell’associazione. «Come detto non c’è alcun fine dietro alla
nostra associazione, se non quello di dare visibilità e aiutare
la comunicazione di queste strutture che ogni giorno
accolgono centinaia di migliaia di clienti senza ottenere
il meritato credito». È per questo che il sito dell’associazione
censisce tutti i cibi di strada in Italia e prova
anche a raccontare quelli di tutti il mondo. «È proprio
questo il punto – continua Ricciarini – il cibo di strada
in Italia esiste da sempre, pensiamo ai pellegrini che
camminavano verso Roma, o i mercanti
che si rifocillavano lungo la strada;
e oggi ha mercato, clienti, fa muovere
anche tanta microeconomia, ma non
ha la giusta ribalta». Un colosso come
Fiat per l’anniversario del lancio della
500 ha programmato a Milano, Roma
e Palermo una kermesse a base di cibo
di strada; è quindi più che giusto inquadrare
il fenomeno del cibo povero
sotto una nuova luce. Oltre a contare
sulle proprie forze, Streetfood sta ora
pensando a un rapporto più stretto
con gli enti, come le Regioni spesso
impegnate in prima fila per la tutela
dei prodotti tipici e che in questo caso
troverebbero il partner giusto. «Abbiamo
cominciato con la Regione Toscana
– conclude Ricciarini – e abbiamo già
trovato buone risposte, naturalmente
il percorso non sarà semplice, ma non
lo era nemmeno riuscire ad affermarci
come abbiamo fatto fino ad oggi: per
questo siamo ottimisti».
Per piacere o necessità
Quando si mangiava
in piedi all’aperto
Massimiliano Ricciarini
Lo street food ha radici antiche. Sin dal tempo dei
Romani gran parte della popolazione consumava
i pasti in piedi, velocemente, sostando in locali
semi-aperti adiacenti alla strada. Di queste
strutture rimangono importanti vestigia a
Pompei. Qui le botteghe erano oltre che meta
dei viaggiatori di passaggio anche il luogo
dove i poveri si facevano riscaldare le vivande
(non sempre disponevano di fornelli a casa
loro). Pratiche popolari del genere erano però
considerate di cattivo gusto dai notabili, i quali
vedevano scadere la propria reputazione se erano
visti far colazione alla taverna, perché vivere per
la strada non era serio. Oltre alle “cauponae”
e alle “tabernae” dove i passanti compravano
o consumavano bevande fresche o vino caldo,
numerosi erano i venditori ambulanti che offrivano
pane, frittelle, salsicce, ecc. Le classi popolari
urbane conoscevano il piacere di consumare a
tavola solo il pasto serale.
21

Sapore
di sagre
Con i primi caldi torna la voglia di cenare all’aperto;
e la sagra – sì, proprio la sagra di paese, quella che teoricamente
dovrebbe permettere di gustare i prodotti legati al territorio –
prolifera e si affolla: ecco allora quella del cinghiale, del tortello e
del tartufo, ma anche quella del pinolo, della minestra di pane o
della ranocchia. Ma quanto c’è di veramente originale e genuino
in questa ondata di cibo in piazza? Alcuni pensano che sia giusto
che ogni paese abbia la propria festa, proprio per poter valorizzare
un prodotto della zona. In più i prezzi di somministrazione sono
piuttosto contenuti e comunque la sagra dà la possibilità di stare
insieme in modo semplice e genuino, senza l’imbarazzo della scelta
che molti provano al ristorante e senza quel minimo di formalismo
che un locale impone.
Le kermesse enogastronomiche
popolari e di piazza valorizzano
la tradizione e le tipicità di un
territorio? Si apra il dibattito
CINZIA COLLINI
23

24
E qui siamo alla prima delle questioni spinose: i
ristoranti risentono in modo negativo di questo
fenomeno; in altre parole, in coincidenza delle
sagre, perdono clienti.
Allora, è giusto che ce ne siano tante di sagre; o
sarebbe meglio averne “poche ma buone”? E poi,
danneggiano davvero i ristoranti; e i prezzi sono davvero
concorrenziali? Si dia inizio al processo!
La parola all’accusa:
Arturo Dori, chef del ristorante Il Cavolo Nero
di Firenze
«Cosa penso delle sagre? Credo che il problema debba essere
analizzato nei due aspetti fondamentali: quello amministrativo e
quello igienico-sanitario. Questi sono tempi di liberarizzazioni,
vedi l’equiparazione fra le licenze commerciali per esercizi pubblici
che consentono anche ai bar di effettuare praticamente le stesse
cose che, fino a poco tempo fa, erano consentite esclusivamente
ai ristoranti. In questo caso credo che il problema sia abbastanza
relativo perché sono eventi che durano pochi giorni. Di contro, la
breve durata dell’evento e la sua straordinarietà non dovrebbero però
essere giustificazioni al non scrupoloso rispetto delle regole in materia
di igiene, come la corretta applicazione della normativa Haccp».
La consulenza per l’accusa:
Claudio Chiti, presidente di Ascom Confcommercio
Nei mesi scorsi, l’Ascom Confcommercio di Grosseto ha voluto
dire la sua a proposito del fenomeno delle sagre, importanti per
la promozione del territorio, ma dannose per i ristoratori.
«Le sagre devono essere regolamentate – ha dichiarato Claudio
Chiti, presidente di Ascom Confcommercio, ai microfoni del
Tg3 Toscana – innanzitutto nella durata, perché ci sono sagre
che durano anche più di due mesi e questo non è assolutamente
concepibile. Credo che sia importante far partecipare anche
i ristoratori a questo flusso turistico che viene generato,
magari proponendo menu turistici a tema: se in una sagra
viene proposto un determinato piatto, lo può ripetere anche
il ristoratore». In sostanza, vengono richieste ai comuni e ai
ristoratori norme e collaborazione.

La parola alla difesa:
Fabrizio Baldini, presidente circolo Arci
e organizzatore della Sagra del Tartufo di Cellai,
Rignano sull’Arno (Fi)
«Le sagre sono un problema? Per quanto ci riguarda, qui si trovano
pochi piatti, buoni e semplici, e ogni sera c’è musica dal vivo. Si
cucina proprio come a casa: molti abitanti di Cellai sono impegnati
nell’organizzazione e nella gestione e soprattutto le donne,
che conoscono le ricette della tradizione, preparano i piatti come
se cucinassero per la loro famiglia. E questo permette di avere una
qualità ottima. In più i prezzi sono abbastanza contenuti. Le norme
igienico-sanitarie qui sono scrupolosamente rispettate: la struttura
che abbiamo creato per la cucina è nuova e perfettamente a norma.
Un altro aspetto importante è quello del coinvolgimento: gli
abitanti della frazione partecipano attivamente e con entusiasmo
e questo crea un “sentire comune” nei confronti della festa».
La consulenza per la difesa:
Mauro, volontario Sagra del Tartufo di Cellai
«Se la sagra è legata in modo forte al territorio e alle sue specialità,
allora ben venga. Qui a Cellai, per esempio, la sagra celebra il
tartufo scorzone, un particolare tipo di tartufo che matura nel
periodo estivo. A questo proposito, durante la sagra di quest’anno
abbiamo organizzato anche un convegno sullo scorzone in
collaborazione con l’Arsia, proprio per qualificare ancora di più la
manifestazione e sottolinearne il legame con il territorio».
25

La parola ai testimoni:
Debora, 23 anni,
studentessa
«Io sono
assolutamente
favorevole alle sagre.
Non solo perché sono
un ottimo luogo di
incontro, ma anche perché
grazie a esse si riscoprono i
sapori della cucina tradizionale
e si assaggiano piatti che
altrimenti cadrebbero nel
dimenticatoio. Le sagre
inoltre sono un simbolo della
comunità: mi piace lo spirito
di gruppo delle persone che
lavorano insieme affinché tutti
i “clienti” siano soddisfatti.
Mi piace l’idea che uomini,
donne e bambini, si ritrovino in
questo tipo di manifestazioni».
Marco, 40 anni,
pilota
«Mi piacciono le
sagre, perché se sono
organizzate bene riescono
a valorizzare un territorio,
magari esaltando la
specialità di quella zona.
La sagra insomma funziona
se è legata a un piccolo
centro, a una comunità e a
una specialità. Semmai c’è da
dire che ce ne sono troppe e
peccano spesso di mancanza
di originalità: basti pensare
per esempio a quante sono
dedicate al cinghiale».
26
Barbara, 22 anni,
studentessa
«Un paese che vive e
una tradizione che si
rinnova: questa è una
sagra. E alla base di tutto
c’è il coinvolgimento
della comunità. Quello che
mi affascina di più, in questo
genere di feste, sono i colori,
la confusione, la musica... e
naturalmente i piatti tipici
accompagnati da un buon vino.
Però non si va a una sagra
esclusivamente per mangiare:
per questo è difficile qualsiasi
paragone con i ristoranti.
Pagine e pagine di menù
vengono sostituite da una
scelta quasi obbligata; sedie,
tavoli e tovaglie si trasformano
in sgabelli e fogli di carta. Il
silenzio interrotto da qualche
risata e l’eleganza apparente
del ristorante in una sagra
diventano caos e “genuinità”.
Chi va a una sagra cerca e si
aspetta qualcosa di differente,
prima di tutto l’atmosfera:
mangiare è solo un gustoso
pretesto».
Giuliano,
32 anni,
dottore
forestale
«Sono a
favore delle
sagre, ma di
quelle di una
volta, per dirla in due parole “
‘gnoranti e unte”, con il vino
bono e i prezzi bassi. Quelle di
ora mi sembra che siano un po’
degenerate, tra l’altro in modo
direttamente proporzionale alla
vicinanza con Firenze, perché
i prezzi sono aumentati e la
qualità è diminuita. Costano
come andare in trattoria e
in genere il vino fa schifo!
Purtroppo si trovano solo
raramente alcune isole felici
dove le donnine cucinano
ancora tutto come una volta».
Sergio, 48 anni,
imprenditore
«Il mio giudizio è
complessivamente negativo.
Nella quasi totalità dei casi
(sono stato a decine di sagre,
anche se devo confessare che
ormai è qualche anno che non
ci metto più piede) si mangia
abbastanza male, in condizioni
igienico-ambientali piuttosto
precarie, a prezzi mai bassi, che
in considerazione dell’anarchia
fiscale e amministrativa che
li governa dovrebbero essere
ancor più bassi. Insomma
evasione fiscale e da tutte le
regole che solo a volte tenta
di nobilitarsi nascondendosi
dietro l’alibi del finanziamento
o del sostegno a un circolo,
a una associazione o a un
buon fine. Insomma, voglio
essere drastico: aboliamole,
anzi, vietiamole per legge;
ricominciamo da capo: solo
quelle vere, che esaltano un
prodotto o un piatto, che
interagiscono con il territorio,
che coinvolgono i produttori
e gli operatori, che rispettano
un po’ di regole avranno diritto
di esistere, magari previa
iscrizione a un albo. È troppo,
vero?».
La sentenza:
Opinioni e pareri discordanti nell’aula cartacea del tribunale
di Gola Gioconda. La giuria popolare si riunirà per deliberare…
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Partecipate numerosi!

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Dorotea il vecchio gelataio
di Castiglioncello perché
trainasse con più lena il
carretto. Con lo stesso
amore per la qualità che
contrassegnava l’artigianale
produzione di inizio secolo,
Toni Bartoletti ci ripropone
le cassatine di gelato DaiDai:
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Pernigotti sono gli unici
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1 euro presso il produttore.
Sushi alla Coop
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nipponiche, in voga negli
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anche alle Coop di Firenze,
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freschezza del prodotto e la sua
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di esperti cuochi giapponesi,
caratteristiche essenziali del
vero sushi. Prezzo indicativo
16 euro la confezione.
Riso Superfino Carnaroli Jada
Jada specialità gastronomiche www.jada.it
Coltivato nelle antiche risaie del 1500 della
Serenissima Repubblica di Venezia, presidio Slow
Food, il riso Carnaroli Jada viene lavorato in una
delle più vecchie pile da riso del mantovano,
risalente al 1640, con metodi antichi. Grazie a
tradizioni centenarie e al sapere degli avi, questo
riso mantiene intatte le sue caratteristiche
organolettiche offrendo al naso una grande
ricchezza aromatica e un’eccellente consistenza
al a
palato. Prezzo indicativo 5,80 euro al kg.

Sembra ieri...
30
Dieci anni sono davvero un bel traguardo.
Pensate a quante riviste, a quanti giornali che
riempiono le edicole nascono e muoiono nello
spazio di poco tempo; e a quante iniziative,
nonostante siano figlie di gruppi editoriali
importanti e godano di lanci e di posizioni
forti, falliscano o per scarsa remuneratività o
per stanchezza o per altro. Noi no.
1998

2000
Due lustri fa siamo partiti; poi ci i
siamo assestati, siamo cresciuti, siamo
cambiati, abbiamo seminato e anche
raccolto, senza eccessivo fragore, passo
dopo passo, conquistando visibilità e
credibilità e, scusate se pecchiamo un
po’ di presunzione, delineando un certo
stile nel modo di fare una rivista: che
tratta con allegra serietà del piacere
della tavola, della cultura del cibo e del
2001
1999

32
2003
2002
2004
vino, vi dei vizi e delle virtù di un mondo
ch che spesso si prende troppo sul serio, si
ccita
addosso, parla troppo di se stesso.
SSenza
dimenticare la straordinaria
iimportanza
economica del settore e
tenendo d’occhio quindi le implicazioni
di natura produttiva e commerciale
che regolano la vita di un grappolo
d’uva e la fortuna di uno zucchino,
abbiamo cercato sempre, non sempre
riuscendoci, di non dimenticare

2006
2005
2007
né n il bisogno e né il piacere, che
orientano o le nostre scelte in materia
ddi
alimentazione, magari insistendo –
per vocazione e per scelta – più sul
secondo che sul primo.
Di fronte a cambiamenti essenziali
nel modo di comunicare e di fare
informazione/spettacolo, proveremo
anche noi ad adeguarci. Meno carta
e più web? Vedremo: l’importante è
non cambiare né pelle, né cuore.
33

Quo vadis?
Dove va la Toscana vinicola?
Fra luci e ombre il percorso
della qualità, intrapreso da anni,
sembra essere l’unico possibile
per tutelare un patrimonio economico
e culturale di valore inestimabile
di Cristiano Maestrini
35

36
Maremma
da bere
La Terra promessa
Da terra “amara” a terra promessa. Il
Grossetano, la Maremma in particolare, era
un tempo conosciuta come zona paludosa,
habitat fertile per la malaria che colpiva
chi ci lavorava e chi ci viveva. Nei secoli gli
etruschi e poi i romani l’hanno popolata. In
seguito famiglie, quali i Medici, gli Sforza,
gli Aldobrandeschi, gli Orsini e i Lorena
sono state le prime a effettuare importanti
opere di bonifica.
Oggi la zona conosce una stagione di
grande fortuna, grazie a un territorio
splendido che coniuga paesaggi marini
e collinari di rara intensità. Primeggia
l’attività agricola e turistica, con
attenzione alla coltivazione della vite e
dell’olivo.
La vite qui ha origini antichissime. Alcuni
ritrovamenti archeologici dimostrano
che nei pressi di centri etruschi quali
Sovana, Saturnia e Scansano si coltivava
la vitis vinifera. Il quadro è completato
Vini eleganti e strutturati
che nascono in paesaggi
incantevoli, ricchi di
cultura e storia
dal ritrovamento di Settefinestre, una
villa dedita all’attività vinicola presso
Capalbio, e di fornaci, ad Albinia, in
cui si producevano anfore vinarie. Dopo
la caduta dell’impero romano, furono i
monaci benedettini a preservare la cura
della vite nel periodo medievale. Nei secoli
successivi si ebbero ulteriori sviluppi grazie
alle grandi famiglie che dominarono la
zona, con una speciale cura per il vitigno
Ansonica nei pressi di Orbetello, Argentario
e Isola del Giglio.
Nell’Ottocento numerose sono le
testimonianze relative alla viticoltura

grossetana. Il cavalier Alfonso Ademollo
ricorda le principali varietà coltivate, fra
cui “anzonache bianche e rosse, moscati,
moscatelli, alicanti, aleatiche, malvasie,
zibibbi, biancone, sangioveto, cannaiole,
procanici, lambrusche”. Il Novecento
vede il definitivo decollo della viticoltura
grossetana grazie alla nascita delle
cantine cooperative e agli investimenti
imprenditoriali di soggetti di grande
rilevanza nel mondo del vino.
Distretto e filiera
La Maremma grossetana detiene un
primato importante. La L.R. 21/2004 l’ha
riconosciuta, prima di altre aree toscane,
come Distretto Rurale. I Distretti Rurali
sono “sistemi produttivi locali caratterizzati
da identità storica e territoriale omogenea,
derivante dall’integrazione fra attività
agricole e altre attività locali, nonché dalla
produzione di beni o servizi di particolare
specificità, coerenti con le tradizioni e
le vocazioni naturali e territoriali”. La
Maremma si colloca così come laboratorio
di rilevanza nazionale ed europea per
l’implementazione di tecniche e processi
produttivi in diversi settori dell’economia
rurale, con la conduzione di progetti pilota
a livello locale. Sostenibilità e innovazione
sono gli obiettivi primari del Distretto
maremmano, per portare a compimento un
sistema territoriale di qualità.
In questa direzione restano fondamentali
i concetti di biodiversità e produzioni
locali, intese come valore aggiunto del
tessuto storico-culturale grossetano. In
tale tessuto si integra perfettamente la
filiera vitivinicola, vero punto di forza per
la valorizzazione del binomio prodottoterritorio.
L’analisi della filiera vitivinicola grossetana
fa emergere un quadro confortante e
ancora soggetto a ulteriori margini di
miglioramento: stando al censimento
del 2000, la superficie coltivata a vite
nella provincia di Grosseto ammontava
a 5821,62 ettari, interessando 6911
aziende, per lo più a conduzione familiare
o prevalentemente familiare. Dalla fine
degli anni ’90 tuttavia si è assistito a
nuovi, importantissimi investimenti sia
da parte di produttori locali che da parte
di grandi gruppi vitivinicoli toscani e
italiani, con conseguente ammodernamento
e realizzazione di nuovi impianti e nuove
superfici vitate. Un solo dato basti per
rendere il senso dell’importanza della
viticoltura nel Grossetano: dal 2000 al
2006 la Toscana ha ampliato la superficie
dedita alla coltura della vite di 5000
ettari. Di questi ben 2600 (quindi oltre
il 50%) appartengono alla provincia di
Grosseto. Ampliamento quantitativo, ma
anche qualitativo perché i nuovi impianti
sono stati realizzati tecnicamente per
garantire produzioni di alto livello. La
base ampelografica grossetana punta
attualmente sul sangiovese. Trovano
posto tuttavia altri significativi vitigni
quali ciliegiolo, alicante, aleatico,
montepulciano, merlot e cabernet. Per i
bianchi invece sono da citare soprattutto
i vitigni trebbiano, ansonica, malvasia e
vermentino.
37

38
Docg, Doc e Igt
Il sistema vitivinicolo della
Provincia di Grosseto è
formato da una Docg, sette
Doc e due Igt.
La Docg
Morellino di Scansano – Doc
dal 1978 e Docg dal 2006,
il Morellino di Scansano è sicuramente il
vino più affermato dell’area grossetana.
Ottenuto con sangiovese (almeno 85%)
e altri a bacca nera (massimo 15%), il
Morellino si produce nella fascia collinare
fra i fiumi Ombrone e Albegna, nei
comuni di Scansano, Magliano, Grosseto,
Campagnatico, Roccalbegna, Semproniano
e Manciano. Deve il suo nome al clone
autoctono del sangiovese, denominato
morellino pinzuto.
L’intervista
A colloquio con Alidiano Bargelli,
assessore allo Sviluppo rurale
della provincia di Grosseto
In un mercato sempre più
globalizzato, i vini della provincia
di Grosseto hanno saputo trovare
spazio in tutte le principali aree
nazionali e internazionali. Con quali
armi affrontate la sfida dei produttori
concorrenti e delle nuove realtà
viticole?
La riscoperta della Maremma come
territorio fortemente vocato alle produzioni
vitivinicole di qualità, il dinamismo delle
imprese locali a cui si sono affiancati gli
investimenti di grandi case viticole, un
rinnovato rapporto tra soggetti pubblici e
privati sono i punti di forza per affrontare le
sfide dei mercati internazionali. A questa
Le sette Doc
Bianco di Pitigliano – Nasce
nella suggestiva area dei
borghi medievali di Pitigliano
e Sorano, arroccati su speroni
di roccia tufacea. Si ottiene
dal trebbiano toscano (dal 50
all’80%) con aggiunta di altri
vitigni a bacca bianca.
Parrina – La Doc più piccola della
Maremma, nell’area che interessa parte del
territorio di Orbetello. Si producono quattro
tipologie: bianco (a base prevalente di
trebbiano toscano o procanico), rosato,
rosso (a base sangiovese per almeno il
70%) e rosso riserva.
Monteregio di Massa Marittima –
Denominazione recente (Doc dal 1994) in
un contesto ad alta vocazione vinicola. Si
produce in varie tipologie: rosso (almeno
Il valore della tradizione, la bellezza del presente
sfida i vini della Maremma si presentano
pronti, anche grazie al ruolo della Toscana
per ciò che riguarda la filiera viticola.
Si parla sempre più di terroir,
intendendo con questo termine il
complesso delle caratteristiche
pedologiche e organolettiche peculiari
di una certa zona vinicola. È possibile,
fra le varie Doc del Grossetano,
ravvisare un filo rosso che unisce
prodotti e produttori?
Sicuramente, oltre agli aspetti
pedoclimatici che qualificano il nostro
territorio, esiste un altro elemento
determinante per la valorizzazione delle
produzioni locali, dato dalla storia e
dalla tradizione che legano il settore
viticolo all’intero territorio provinciale.
L’obiettivo a cui lavorare coinvolgendo

80% sangiovese), rosso riserva, novello,
rosato, bianco (con il 50% almeno di
trebbiano), vermentino, vin santo, vin
santo riserva, vin santo occhio di pernice.
Ansonica Costa dell’Argentario – Prodotto
tipico del promontorio della Costa, fino a
Capalbio, e dell’Isola del Giglio. Viticoltura
eroica, caratterizzata (specie al Giglio) dal
sistema a terrazzamenti e dagli antichi
palmenti. Il vitigno è l’Ansonica per almeno
l’85%.
Montecucco – Doc recente e dalle
grandi potenzialità. L’area di produzione,
confinante con il celeberrimo Brunello
in provincia di Siena, si dimostra
particolarmente vocata alla produzione di
grandi vini. La varianti sono Montecucco
rosso (almeno 60% sangiovese) e rosso
riserva, Montecucco sangiovese (almeno
85%) e sangiovese riserva, Montecucco
anche altri soggetti interessati (università,
soprintendenza, ente turismo, ecc.) è
quello di dare una connotazione del nostro
territorio riconducibile a grandi tradizioni
storiche supportate anche da ritrovamenti
archeologici. Un valore aggiunto che i
produttori potranno trasferire alla propria
bottiglia o all’azienda con specifiche
campagne di comunicazione e marketing.
Da anni la provincia di Grosseto è
meta di viaggiatori alla ricerca di
natura, arte e buona cucina. Segno di
una strategia di promozione mirata ed
efficace. Su quali basi poggia la vostra
politica di accoglienza turistica?
La provincia di Grosseto è un territorio
ad alta vocazione ambientale. Ciò
è fondamentale per le produzioni
tradizionali di qualità e in particolare
bianco (almeno 60% trebbiano),
Montecucco vermentino.
Sovana – Nel territorio dove si produce
il Bianco di Pitigliano è riconosciuta con
decreto del 1999 anche la Doc Sovana. Il
sangiovese (presente per almeno il 50%)
è il vitigno base del Sovana rosso, mentre
per il Sovana rosso superiore possono
essere utilizzati altri vitigni come aleatico,
cabernet e merlot.
per quelle vitivinicole, profondamente
legate alla tradizione di questa zona. Il
comparto enogastronomico rappresenta
altresì uno dei segmenti turistici che
negli ultimi anni ha avuto una crescita
molto elevata. Le tre Strade del vino
e dei sapori, congiuntamente ai
Consorzi turistici, potranno – se ben
strutturate e organizzate – rappresentare
un’opportunità per accompagnare il
turista alla scoperta del Grossetano. A
tutto questo potranno aggiungersi le
produzioni artigianali, la valorizzazione
delle biodiversità, le tradizioni storiche
e culturali, con l’obiettivo che il turista
venga favorito nel suo viaggio ideale
anche da una gamma di servizi turistici
qualificati da parte delle imprese operanti
nel settore.
39

40
Capalbio – Altra Doc
recentissima, riconosciuta
con decreto del 1999. In
un contesto di immenso
valore storico e ambientale
si producono le varietà
Capalbio rosso (almeno
50% sangiovese) e
rosso riserva, Capalbio
sangiovese, Capalbio
rosato, Capalbio bianco
(almeno 50% trebbiano toscano), Capalbio
vermentino e Capalbio vin santo.
Le due Igt
Per Igt Toscano e Igt Maremma la zona di
produzione interessa l’intero territorio della
Provincia di Grosseto.
Gli strumenti attuali e futuri
per una viticoltura di qualità
Una viticoltura di qualità non si improvvisa,
è frutto del lavoro di anni e di progetti ben
determinati.
Strumento di programmazione essenziale
è il Piano Vitivinicolo Provinciale che
coinvolge la Provincia di Grosseto,
venti Comuni, Camera di Commercio,
organizzazioni professionali, Consorzi
di Tutela, Strade del Vino, cantine
cooperative e produttori. L’intento è
quello di determinare, su base triennale,
le prospettive di mercato per le varie
tipologie, con conseguente piano
produttivo in funzione, appunto, della
logica della domanda e dell’offerta.
Al Piano Provinciale si aggiungono
altri elementi di primaria rilevanza: il
rinnovamento e la realizzazione delle
superfici vitate e di nuove cantine, con
progetti finanziati grazie anche al Patto
territoriale agricolo e grazie all’utilizzo
di contratti di programma stipulati fra
aziende di varie dimensioni e il Ministero
della Attività Produttive.
Un ruolo di primo piano
lo gioca anche il piano di
ristrutturazione vigneti
della Toscana, teso ad
aiutare una coltura della
vite in stretta relazione con
le specificità del territorio
d’origine.
Numerose componenti
completano poi il mosaico
della produzione vinicola del Grossetano.
Programmi di assistenza tecnica,
attenzione all’agricoltura biologica
e alla lotta integrata, programmi di
zonazione, ricerca in favore della
biodiversità si accompagnano a misure
moderne di formazione professionale,
marketing, ospitalità enoturistica. Da
citare a tal proposito le Strade del Vino
e dei Sapori di Maremma, cui aderiscono
complessivamente circa 100 aziende
vitivinicole, 90 agriturismi, 140 strutture
ricettive e ristoranti, 20 artigiani, la
Camera di Commercio e 28 Comuni. Fra gli
altri aspetti di promozione ricordiamo la
presenza di Grosseto in progetti che vanno
dalle Strade dei sapori d’Europa, al progetto
Vini delle isole del Mediterraneo, passando
per la cooperazione internazionale delle
Strade del Vino (“Dagli Appennini alle
Ande”), il vigneto museo della Comunità
montana dell’Amiata, le fattorie didattiche,
la vetrina Toscana a tavola e, last but
not least, il ruolo del Consorzio Grosseto
Export. Una crescita a 360° organica e
ben delineata, come dimostra il successo
della recente partecipazione della Provincia
di Grosseto al Vinitaly 2008, in cui erano
presenti tutti i vini e tutte le tipologie
della zona.
Con tali requisiti Grosseto e la Maremma in
particolare si pongono senza dubbio come
il presente e il futuro del vino toscano.

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Il visconte
dimezzato
«Tirato via il lenzuolo, il corpo del visconte
apparve orrendamente mutilato. Gli mancava
un braccio e una gamba, non solo, ma tutto
quel che c’era di torace e d’addome tra quel
braccio e quella gamba era stato portato
via, polverizzato da quella cannonata presa
in pieno. Del capo restavano un occhio,
un orecchio, una guancia, mezzo naso,
mezza bocca, mezzo mento e mezza fronte:
dell’altra metà del capo c’era più solo una
pappetta. A farla breve, se n’era salvato solo
metà». Ecco come appare oggi il mondo del
vino toscano: come Medardo, il visconte
dimezzato protagonista del romanzo di
Italo Calvino. Vivo, ma dimezzato. Dal
Vinitaly in poi la cannonata ha avuto i suoi
effetti deleteri e non passa settimana che
qualche agenzia non rilanci annunciando
controlli, dichiarazioni, dimissioni e via
di questo passo. La questione è stata
ampiamente affrontata da firme e testate
ben più importanti. Ma forse merita fare
ancora qualche piccola riflessione, affinché
il lettore (e il degustatore) abbia le idee
possibilmente un po’ meno confuse.
Un approccio sistemico
Occorre una premessa metodologica:
l’approccio dev’essere globale. Il
problema infatti non riguarda una singola
denominazione, un singolo consorzio o una
singola azienda. Riguarda il mondo del vino
Ovvero: come il mondo
del vino toscano, colpito
a morte ma non morto,
può ritrovare la sua identità

toscano nel suo insieme.
E in questa globalità ci
mettiamo tutta la filiera
che va dalla produzione al
consumo, comunicazione
della stampa specializzata
inclusa.
Per un motivo molto
semplice. Esiste in logica
una implicazione denominata “a fortiori”
che può essere rimodulata più o meno così:
se succede una certa cosa a x, a maggior
ragione deve succedere a y, z e a tutti gli
altri soggetti compresi nell’implicazione.
Proviamo ad applicarla, perché forse è
così che ragionano molti consumatori: se
succedono certe cose a Montalcino, patria
di uno dei vini più famosi del mondo, a
maggior ragione succedono in tutte la
altre parti della Toscana. Tesi indimostrata
e indimostrabile? Probabilmente sì. Però
chi ha sparato la cannonata voleva che si
determinasse questo cortocircuito mentale.
Ecco perché occorre ragionare in termini di
sistema e sarebbe opportuno che il mondo
del vino toscano facesse davvero sistema nel
tutelare i propri territori.
A rischiare direttamente sono alcuni
produttori, a rischiare indirettamente, a
torto o a ragione, sono tutti gli altri, grandi
e piccoli, famosi e meno famosi. Il passo
dopo la Toscana, detto a margine, è l’Italia.
Se fanno così a Montalcino, figuriamoci in
Piemonte o in Sicilia o dove volete voi. La
perdita di credibilità può essere letale per
tutto il made in Italy vinicolo. E al tavolo
dei ristoranti di New York c’è chi preferirà
bere, tanto per dire, cileno o australiano
o argentino. Chi ha sparato cannonate su
Montalcino sapeva benissimo quale spirale
perversa può essere creata.
Velenitaly?
Che la giustizia faccia
il suo corso e punisca
chi deve essere punito
con giusta severità.
Tuttavia, ancora sentenze
definitive non ce ne sono
state e forse converrebbe
tornare ai giorni
dell’ultima kermesse veronese. Il titolo
Velenitaly, giornalisticamente d’impatto, lo
tira fuori “L’Espresso” che esce con un corpo
di articoli dedicati al malaffare italiano
nel campo alimentare. L’affaire Brunello è
impacchettato in un corpus che comprende
(sic!) il vino fatto con acidi, zuccheri e
chissà cos’altro da un signore del Nord Italia
già inquisito ai tempi del metanolo. Ancora:
c’è il pane della camorra, la mozzarella alla
diossina, ecc., ecc., ecc.
Forse qui è il caso di applicare un altro
elemento della logica: i livelli di discorso.
Un conto è tentare di fare profitto
avvelenando la gente da parte di personaggi
più o meno loschi. Un conto è aggirare un
disciplinare con uve e metodi che, di certo,
non hanno niente di deleterio per la salute.
Ma tant’è: mettere dubbi e paure alle
persone è facilissimo. Mucca pazza, aviaria,
pesci al mercurio, insalate radioattive. Si è
smesso per lungo tempo di avere gli stessi
consumi di carne, pollame, prodotti ittici,
prodotti dell’orto.
Un orologio che batte inesorabilmente
l’ora, di volta in volta, per qualcuno o
qualcosa. Non ci si riuscirà forse in pieno
con il vino, ma è in quella direzione che si
vuole spingere. Come? Confondendo le cose
agli occhi del consumatore, che compra
quando si fida e smette di farlo in caso di
dubbio.
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44
Quante volte, figlio mio?
Beh, non c’è comunque dubbio che la notizia
abbia un fondamento. Qualcuno ha disatteso
le regole del disciplinare di produzione,
regole a cui si era volontariamente
sottoposto. E il gruppo di questi “qualcuno”
pare essere piuttosto nutrito. Sarebbe
interessante indagare il caso da un
punto di vista socio-antropologico, quale
paradigma dell’incapacità italiana di essere
“disciplinati” fino in fondo. Ma non è
questa la sede e non proseguiremo oltre
nell’indagine.
Perché è successo? E da quanto tempo? E
per quante volte? Insomma il confessore
potrebbe essere eccessivamente curioso
e affondare oltremisura il coltello nella
piaga. Si sono fatte decine di ipotesi, dallo
sbaglio dei vivaisti in su. La più gettonata
recita: perché così voleva il mercato, specie
quello anglofono e nipponico. Incapaci
di apprezzare un sangiovese in purezza
è stata venduta loro una versione più
familiare ai loro gusti. Siamo del parere che
vada inserita un’altra tessera nel puzzle
e vada riformulata l’ipotesi con questa
specificazione: perché così voleva il mercato,
specie quello anglofono e nipponico, una
volta indirizzata l’opinione pubblica da parte
di certi giornalisti e certi guru che da quelle
parti fanno il bello e il cattivo tempo.
Giornalisti e guru che volevano massimizzare
almeno due variabili della stessa funzione
(aspetto che, come sanno i matematici,
risulta impossibile da ottenere): da una
parte il terroir, dall’altra il loro potente
apparato gusto-olfattivo, adatto a premiare
grandiosi blend (italiani, francesi, e così
via), ma inadatto ad apprezzare in pieno la
purezza di un vitigno come il sangiovese,
splendido ma arcigno.
Altra indagine che qui non faremo è la
seguente: come mai gli italiani sono così
propensi all’esterofilia, fino a scimmiottare
riti e comportamenti non sempre positivi?
Così, in questi anni, anche dalle nostre parti
giornalisti e guru del vino hanno apprezzato
e premiato, allineandosi al pensiero
dominante. Una volta scoppiato il caso
questa pletora di intenditori si è sfilacciata
e defilata. In qualche occasione si è data
di gomito dicendo “lo avevamo sempre
sospettato...”, in altre è stata del tutto
silente. Nessuno che abbia avuto il coraggio
di dire: “sì, ho sbagliato anche io nel dare
punteggi a certi vini...”.
Indossare il giubbotto
di salvataggio
Prima dei voli le hostess sono costrette a
una tragicomica spiegazione, mentre chi
parte tocca ferro, prega, strofina corni rossi:
come comportarsi in caso di problemi! Uscire
senza panico dalle porte d’emergenza ai lati
dell’aereo, indossare il giubbotto, soffiarci
dentro, stare calmi e cercare di salvare la
pelle con il sorriso sulle labbra.
E qui dov’è la via d’uscita (ammesso e per
niente concesso che tutti abbiano indossato
il giubbotto e ci abbiano soffiato dentro per
gonfiarlo)? Molte voci autorevoli dicono:
rispetto massimo dei disciplinari, questa è
la strada. Se tutti decidessero veramente di

seguire il disciplinare sarebbe cosa buona
e giusta. Però occorre riposizionare l’intera
filiera su binari diversi che comportano
cambiamenti radicali. Innanzitutto
maggiore coraggio da parte dei produttori,
poi maggiore trasparenza intellettuale da
parte dei comunicatori, infine maggiore
educazione da parte dei consumatori. Pura
utopia? Al momento attuale forse sì, sulla
medio-lunga distanza forse no. Chi ha
un’azienda si propone di fare fatturati e
realizzare margini sempre più rilevanti di
guadagno. Insomma non aspira alla santità,
anche se poi agire con una certa etica male
non fa. E allora se fare vini rispettando i
disciplinari risultasse più remunerativo ecco
che si potrebbe quadrare il cerchio. I guru
del vino dovrebbero adottare probabilmente
un’altra prosa per premiare il lavoro dei
vignaioli, introducendo altri parametri di
valutazione. I consumatori dovrebbero
essere maggiormente motivati nel bere
davvero bene, grazie a una maggiore
conoscenza della materia, che non si ferma
di certo ai punteggi di questa o quella
guida. Altri protagonisti del cambiamento
dovrebbero essere, ciascuno nei suoi ambiti
di competenza, enologi e risto-enotecari.
Il visconte ricucito
Altro sport nazionale
sono i partiti. È già nato,
appunto, quello del
rispetto del disciplinare.
Altri ne nasceranno a
breve, su posizioni più o
meno moderate. Di certo
il dibattito continua e la
preoccupazione aumenta.
Non sappiamo gli esiti che
avranno le indagini in corso.
Tuttavia questi partiti o partitini somigliano
molto a visconti dimezzati in lotta con se
stessi. Speriamo solo che a rimetterci non
debbano essere le centinaia di lavoratori che
operano in grandi o piccole aziende.
Alla fine auspichiamo che le cose vadano
a finire esattamente come nel romanzo
breve di Calvino. Le due metà del visconte
si sfidano a duello per amore della bella
Pamela. Duello cruento che, pur conducendo
alla sconfitta di entrambi, induce il dottore
a ricucire le due metà. «Dopo mezz’ora
riportammo in barella al castello un unico
ferito. Il Gramo e il Buono erano bendati
strettamente assieme; il dottore aveva
avuto cura di far combaciare tutti i visceri
e le arterie dell’una parte e dell’altra, e poi
con un chilometro di bende li aveva legati
così stretti che sembrava, più che un ferito,
un antico morto imbalsamato [...] alla
fine Medardo schiuse gli occhi, le labbra;
dapprincipio la sua espressione era stravolta:
aveva un occhio aggrottato e l’altro
supplice, la fronte qua corrugata e là serena,
la bocca sorrideva da un angolo e dall’altro
digrignava i denti. Poi a poco a poco ritornò
simmetrico [...] Medardo ritornò un uomo
intero, né cattivo né buono, un miscuglio
di cattiveria e bontà,
cioè apparentemente non
dissimile da quello ch’era
prima d’esser dimezzato. Ma
aveva l’esperienza dell’una
e dell’altra metà rifuse
insieme, perciò doveva
essere ben saggio».
Morale della favola: non
tutte le disgrazie vengono
per nuocere. E poco importa
in fondo se si vede la
cicatrice.
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Degustati per voi
Agricoltori del Chianti Geografico
Campo Vernino Vermentino Maremma Toscana
Igt 2007
L’ampia e qualificata gamma dei vini degli Agricoltori del
Chianti Geografico comprende anche un Vermentino di
Maremma decisamente interessante. L’analisi organolettica
evidenzia una tonalità paglierino luminosa, con bagliori verdolini.
Affascinante la trama olfattiva: si spazia da note di
frutta matura a cenni tropicali ed erbacei a cui si aggiunge
un contrappunto minerale. In bocca si apprezza la vivezza
di gusto, con buona freschezza bilanciata alla componente
alcolica. Prolungato il finale con ritorno del frutto. Si abbina
con primi e secondi a base di pesce di mare.
www.chiantigeografico.it – info@chiantigeografico.it
Carpineto
Dogajolo Toscano Igt 2007
Un vino di eccellente gradevolezza che conquista il degustatore
per caratteristiche enologiche che uniscono la forza e la passione
della gioventù con doti organolettiche che rendono adatto il Dogajolo
anche all’invecchiamento. Profondamente rubina la tonalità,
al naso si percepisce un bel paniere di frutta rossa (ciliegia matura
in primis) con contrappunti floreali e signorili note speziate (pepe
nero). Intenso e persistente al gusto, con freschezza ed elegante
trama tannica. Da provare con carni alla brace.
www.carpineto.com – info@carpineto.com
2007
Castello San Donato in Perano
Bianco Toscana Igt 2007
Particolare la tecnica con cui si ottiene questo superbo bianco,
blend di semillon e pinot bianco: crioestrazione che prevede un
congelamento delle uve in cella e successiva pressature delle uve
semiscongelate. L’analisi organolettica fa emergere un colore paglierino
vivo alla vista. Al naso si apprezzano note di frutta matura
(pesca), cenni agrumati e tropicali (dal cedro all’ananas), note
di erba fresca. Impattante al gusto con bel contrappunto alcol
freschezza e buona persistenza finale. Da gustare con secondi di
pesce alla griglia.
www.castellosandonato.it
winery@castellosandonato.it

Castelvecchio
Numero Otto Rosso Toscano Igt 2006
Una fattoria che cresce a vista d’occhio da un punto di vista qualitativo.
Castelvecchio ha trovato con successo una sua maturità stilistica,
fatta di vini che esprimono grande personalità. Otto è ottenuto da
uve canaiolo, con una maturazione che prevede, appunto, otto mesi
di barrique. Rubino concentrato è il calice con archetti fitti e regolari.
Ciliegia nera, mora, frutti di bosco i sentori che si apprezzano, cui
seguono cenni speziati e sentori di tabacco e cuoio. In bocca si dimostra
armonico con tannini ben integrati. Carni rosse e arrosti sono i
compagni d’abbinamento ideali.
www.castelvecchio.it – info@castelvecchio.it
Cecchi
La Mora Morellino di Scansano Doc 2006
La filosofia produttiva dell’azienda Cecchi, profondamente
rispettosa del terroir d’origine, si ritrova anche in questo
Morellino di Scansano, ottenuto da sangiovese (90%)
e altri vitigni a bacca rossa (10%). Vista profondamente
rubina, con archetti fitti e regolari alle pareti del calice.
Si apprezzano all’olfatto mora e soprattutto una ciliegia
nera matura, seguita da trame speziate e floreali. Valido
al gusto, con equilibrio fra le parti e armonia complessiva.
Da provare in estate con frittura di carne e grigliate.
www.cecchi.net – cecchi@cecchi.net
Cesani
Sanice Vernaccia di San Gimignano Docg 2006
Ennesima prova d’autore da parte di Cesani. Sanice 2006 è
Vernaccia importante che si presenta alla vista con un cromatismo
cangiante fra il paglierino carico e il dorato. Al naso
emergono dapprima frutta matura a pasta gialla, cui seguono
sentori di ginestra, note di miele, trame di erba di campo
estiva. Suadente al gusto con bilanciamento alcol acidità,
volume complessivo, bella nota minerale e prolungato finale
in cui ritorna un elemento fruttato che richiama la pesca. Da
bersi con piatti a base di carni bianche.
www.agriturismo-cesani.com
info@agriturismo-cesani.com
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48
Degustati per voi
Grignano
Salicaria Toscana Rosso Igt 2004
Nell’area di Rufina la Fattoria di Grignano si colloca da
tempo fra i produttori di eccellenza, capaci di trovare una
dimensione che unisce personalità e notevoli capacità
tecniche. Il Salicaria è vino di grande gradevolezza. Alla
vista si presenta con una tonalità rubino carico e al naso
fa emergere belle note fruttate di susina matura e ciliegia, a
cui si aggiungono trame speziate e più complesse di cacao
e liquirizia. Di buon volume in bocca, con equilibrio fra le
parti e notevole persistenza finale. Da provare con piatti
a base di funghi porcini.
www.fattoriadigrignano.com
info@fattoriadigrignano.com
Fattoria La Sala
Chianti Classico Docg 2006
Chi ama i grandi vini di territorio non può che apprezzare
la produzione de La Sala, fattoria a conduzione quasi
esclusivamente femminile ubicata a San Casciano Val di
Pesa. L’annata 2006 dimostra ancora tutta la forza della
gioventù. Rubina la veste, al naso fa emergere frutti rossi
(ribes e ciliegia) e intriganti note floreali. Segue una trama
di pepe bianco. Accattivante al gusto con alcol e freschezza
in dinamica contrapposizione e tannini già ben registrati.
Prolungato il finale. Da gustare con la regina dei piatti fiorentini:
la bistecca.
www.lasala.it - info@lasala.it
Petreto
Podere Sassaie Bianco Toscana Igt 2007
A pochi chilometri da Firenze sorge Petreto, fattoria nel
senso più autentico, che fa della produzione enologica il
suo fiore all’occhiello. Il Podere Sassaie è bianco armonico
e organoletticamente invitante. Alla vista appare di una
tonalità paglierina abbastanza carica, con striature dorate.
Al naso si evidenziano frutta a pasta gialla matura e sentori
di miele. Armonico al gusto con buon contrappunto alcol/
freschezza e volume d’insieme. Ritorna il frutto nel finale.
Salmone e crostacei gli abbinamenti migliori.
a.fonseca@agriconsulting.it

Le Torri
Villa San Lorenzo Igt Toscana 2006
e Meridius Igt Toscana 2005
Le Torri è ormai una realtà consolidata nel panorama
vinicolo dell’area dei Colli Fiorentini. L’ascesa qualitativa
degli ultimi anni è stata imponente. Lo testimoniano
due Igt di notevole caratura. Il Villa San Lorenzo è un
sangiovese che matura in barriques di rovere francese.
Alla vista si presenta di una bella veste rubina. Al naso
si percepiscono note
di ciliegia matura, speziatura
di pepe verde,
mammola. Equilibrato al gusto, con tannini ben calibrati e finale molto
persistente in cui ritornano i sentori di frutta.
Il Meridius è invece un blend di sangiovese e merlot con vinificazione
separate delle uve e maturazione in piccoli fusti di rovere francese.
Tonalità rubina con unghia che tende a virare sul granato. Intensi i
profumi che spaziano da amarena a susina, con netti contrappunti
floreali e speziatura di vaniglia. Armonico al gusto con tannini setosi
e prolungata scia finale. Entrambi i rossi esaltano i piatti della vera
cucina toscana, fiorentina in particolare.
www.letorri.net - info@letorri.net
Querceto di Castellina
Podalirio Merlot Toscana Igt 2005
Giusto vanto della fattoria Querceto di Castellina,
il Podalirio si conferma, anno dopo anno,
nel gotha dei vini toscani. Il 2005, ottenuto da
uve merlot, si presenta con una veste rubino
impenetrabile. Al naso emergono note di
mora matura e frutti di bosco, poi elementi
più complessi che vanno da spezie nobili a
liquirizia e tabacco dolce. Armonico al gusto,
con intensità, equilibrio alcol/acidità, tannini fusi nel frutto. Un rosso quasi da “meditazione” che
tuttavia si accompagna a primi e secondi a base di carne rossa.
www.querceto.com – info@querceto.com
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Degustati per voi
San Felice
Perolla Maremma Toscana 2006 Igt
San Felice si contraddistingue da sempre per una gamma di vini di assoluto
rilievo. Un esempio calzante è dato da questo Igt di Maremma, ottenuto da
sangiovese (50%), merlot (45%) e syrah (5%), vino di agile beva e di buon
timbro stilistico, adatto a eventi conviviali estivi. Rubino profondo il calice. Al
naso evidenzia profumi di ciliegia nera, mora e mirtillo, con contrappunti di
pepe nero e macchia mediterranea. Al gusto mostra nerbo, con dinamica
contrapposizione alcol-freschezza e tannini calibrati. Prolungato il finale. Si
abbina a primi al ragù e carni alla brace.
www.agricolasanfelice.it
info@agricolasanfelice.it
Tenuta Le Calcinaie
Vigna ai Sassi Vernaccia di San Gimignano Riserva
Docg 2005
Le Calcinaie tiene a sottolineare la sua filosofia di fondo, basata
sul pieno rispetto delle corrette pratiche enologiche in vigna e
in cantina. La retroetichetta del vino infatti ci informa che questa
Riserva è ottenuta rigorosamente da uve biologiche. L’analisi
organolettica registra un colore paglierino luminoso e bagliori
dorati. Intenso al naso con un bouquet di elementi fruttati e
floreali. Elegante al gusto con giusto dinamismo alcol/acidità e
tipica nota ammandorlata finale. Si accompagna a piatti di pesce,
ma anche con formaggi non troppo stagionati.
aziendalecalcinaie@libero.it
Triacca
La Madonnina Chianti Classico Riserva Docg 2005
Davvero convincente la prova di questo Chianti Classico Riserva
2005, ottenuto da uve sangiovese, capace di maturare diciotto
mesi in botte e di affinarsi per altri tre mesi in bottiglia. Il colore
è rubino con leggere striature granata. Giustamente intenso l’impatto
olfattivo con sentori qualitativamente fini di viola mammola,
frutta rossa, speziatura di vaniglia. Al gusto è signorile e austero,
mostrando equilibrio fra le componenti, ampiezza e persistenza
finale. Da provare con carni rosse, salumi chiantigiani e formaggi
mediamente stagionati.
www.triacca.com – lamadonnina@triacca.com

Villa del Cigliano
Suganella Rosso di Toscana Igt 2003
Cresce ogni giorno di più il numero dei convinti apprezzatori
di questa bella Fattoria di San Casciano, dotata di
cantine storiche e di uno stupendo giardino all’italiana.
Il Suganella 2003, cabernet sauvignon 50%, merlot 25%
e sangiovese 25%, trova una sua meritata collocazione
nella categoria dei Supertuscan. Rubino il colore, con
unghia virata sul granato. Intensi i profumi che rimandano
a frutta matura, vaniglia e note complesse di caffè
freddo, tabacco e cuoio. Profondo e armonico al gusto,
predilige senz’altro piatti a base di selvaggina.
www.villadelcigliano.it
info@villadelcigliano.it
Villa Travignoli
Gavignano Toscana Igt 2007
Travignoli è fattoria storica dell’area del Chianti
Rufina. Grande produttore di rossi, da qualche
anno si fa anche apprezzare per un bianco Igt
di indubbio spessore organolettico. Il Gavignano
2007 si presenta con una tonalità paglierina non
eccessivamente carica. Al naso si percepiscono
note di frutta tropicale a cui seguono sentori
agrumati e freschi contrappunti erbacei. Giustamente
equilibrato al gusto con freschezza e una
bella nota minerale. Da provare come aperitivo
con salumi e appetizer o con carni bianche in fricassea.
www.travignoli.com – info@travignoli.com
51

Mulazzo
52
In Lunigiana
si incontrano
e si fondono
i monti,
i dialetti
e le tradizioni
Una terra
sospesa
di Serge Cavalieri

All’estremità nord occidentale
della Toscana
c’è una terra sospesa fra
i monti e il mare, dal fascino antico e dalla
storia tormentata: la Lunigiana, che prende
il nome dalla colonia romana di Luni,
fondata nel 177 a.C. alla foce del fiume
Magra: una terra di passaggio, un territorio
montuoso e collinare in cui appennino
tosco-emiliano, Alpi Apuane e Monti Liguri
si incontrano e a volte si fondono, come
per secoli hanno fatto le popolazioni che
in questa zona vivevano e transitavano:
i sentieri della valle hanno visto passare
prima i Liguri e gli Apuani, i Romani e i
Celti, i pellegrini medievali diretti a Roma
da tutta Europa, e in seguito chiunque volesse
raggiungere da nord la costa toscana
o ligure.
Terra di passaggio, ma anche di tradizioni
radicate e forti, che ancora oggi restano
arroccate nei luoghi più impervi e contribuiscono
ad arricchire l’esperienza del
viaggiatore. Terra di confine, dove si parlano
dialetti fluidi, a metà tra Emilia, Liguria e
Toscana, e si cucinano piatti ugualmente
a cavallo tra le tradizioni gastronomiche
di queste zone. Terra ricca di memorie del
passato che segnano con forza il territorio:
le statue-stele, innalzate in Lunigiana dalla
tarda preistoria fino all’epoca romana,
gli gli itinerari di di gola
monumenti che esprimono una concezione
magico-religiosa dell’esistenza; i castelli
medievali, quasi tutti appartenenti ai Malaspina,
la grande famiglia investita da Carlo
Magno del possesso di gran parte della
Lunigiana e poi dilaniata da lotte intestine
a partire dalla scissione, nel 1221, del
casato in due rami (cosiddetti dello spino
secco e dello spino fiorito); le vampate
ribelli delle eresie cinquecentesche, soffocate
nel fuoco dei roghi dell’inquisizione; i
ricordi delle battaglie lungo il fronte della
Linea Gotica, che fruttarono alle provincia
di Massa Carrara e La Spezia la medaglia
d’oro al valor militare per la Resistenza.
Terra verdissima, dall’ambiente naturale
incontaminato e dagli scenari unici, che
si presta ugualmente bene al semplice
contatto con la natura, a escursioni e alla
pratica di sport impegnativi.
Tutto questo, e molto altro ancora, è la
Lunigiana, da scoprire con rispetto e attenzione,
e possibilmente con un po’ di calma.
Respirando paesaggi e profumi magici,
gustando prodotti del territorio dal sapore
antico, innaffiati dai vini dei Colli di Candia
e Lunigiana, e magari leggendo un autore
che in Lunigiana è nato e che in molte
sue opere ha cantato i miti e le storie di
questa terra, come il Maurizio Maggiani, del
coraggio del pettirosso (1995) e di Màuri
Màuri (1989).
53

I l vino
Il vino più giovane della Lunigiana è il Val
di Magra che ha ottenuto il riconoscimento
dell’igt (indicazione geografica protetta)
nel 1995. Cinque anni prima al Colli di
Luni era stata concessa la doc. Nella
zona di Luni furono gli Etruschi a coltivare
i vigneti per primi, poi lasciati alle cure
dei Romani che nei pressi dei loro celebri
insediamenti producevano il Lunense. La
produzione del Colli di Luni è a cavallo fra
Liguria e Toscana; comprende i tre comuni
di Fosdinovo, Aulla e Podenzana nella
provincia di Massa-Carrara, e ben quattordici
comuni nella provincia di La Spezia.
Il Colli di Luni Vermentino, per il 90% a base di
vermentino, è particolarmente indicato per i
crostacei, minestre, antiparti di pesce, primi
piatti a base di pesce e fritto misto di mare.
Il Bianco, che oltre che con uve di vermentino
è realizzato con trebbiano e
54
altri vitigni a bacca bianca, è indicato
per tutti i piatti della cucina ligure, antipasti
leggeri, minestre e paste al pesto,
la mesciua, il baccalà alla vicentina.
Il Rosso , con uve di sangiovese, canaiolo,
pollera nero, ciliegiolo, cabernet, è più
indicato per una cucina toscana, in particolare
minestroni, carni bianche e rosse,
grigliate, formaggi semiduri e stagionati.
Il Val di Magra Bianco, con uve di durella,
albarola, trebbiano e vermentino, va
bene con antipasti freddi, minestre di
verdure, gnocchi di patate, testaroli al
pesto, torte d’erbette e zuppe di pesce.
Il Rosso, a base di Pollera, Ciliegiolo,
Groppello e Merlot, si abbina bene con
antipasti di terra, salumi, testaroli al
ragù, spiedini di agnello e pollo arrosto.
Il Rosato, con Pollera, Ciliegiolo e Merlot,
va bene con melanzane alla parmigiana,
pasta ripiena, formaggi semiduri.

I Vini dei Colli di Candia
La coltivazione della vite sulle Colline
di Candia risale ad epoche remote. Lo
testimoniano le antiche terrazze e documenti
che ci riportano a scambi commerciali
di vino avvenuti nel 200 a.c. .
Le colline Apuane sono situate tra le alte e
aspre Alpi Apuane, il cui grigio contrasta con
il verde lussureggiante delle piane coltivate
a vite. Il riconoscimento della doc risale al
1981. La zona di produzione comprende i
Comuni di Carrara, Massa e Montignoso.
Tra i vitigni il più presente è certamente il
Vermentino bianco. Altri vitigni autoctoni
utilizzati nella produzione di vino bianco sono
Albarola, Trebbiano toscano e Malvasia. Per
la produzione del vino rosso o del vino nero
vengono utilizzati il vitigno Vermentino nero,
vitigno di esclusiva coltivazione nell’areale,
oltre al Ciliegiolo, Massaretta, Buonamico,
Barsaglina e Sangiovese.
gli gli itinerari di di gola
Strada
del Vino dei
Colli di Candia
e di Lunigiana
La Strada del Vino dei Colli di Candia
e Lunigiana opera in Provincia di Massa
Carrara e si propone come punto di
riferimento verso i propri associati,
verso gli operatori del settore turistico
enogastronomico e verso tutti gli
appassionati che desiderino scoprire
un territorio in cui la cucina e i prodotti
tipici sono parte integrante della sua
storia. La Strada del Vino dei Colli di
Candia e Lunigiana opera attraverso
la partecipazione diretta a fiere e
workshop turistici ed enogastronomici,
l’organizzazione di manifestazioni sul
territorio e all’estero, in collaborazione
con altri Enti ed Associazioni di
promozione turistica. L’Associazione
conta 110 soci divisi tra: 27 Aziende
Vitivinicole, 4 Aziende Agricole, 12
Agriturismi, 10 Alberghi, 8 Ristoranti,
3 Enoteche, 8 Imprese Artigiane, 2
Istituti Termali, 4 Consorzi Turistici,
1 Scuola Professionale, il Museo della
Vite e del Vino. A questi si devono
aggiungere Provincia di Massa Carrara,
Comunità Montana della Lunigiana,
9 Comuni, Camera di Commercio di
Massa Carrara, Federazione Provinciale
di Coltivatori Diretti, Confederazione
Italiana Agricoltori, Unione Provinciale
Agricoltori.
55

L a cucina
La Lunigiana ha una tradizione gastronomica
molto particolare e di grande
ricchezza, caratterizzata dai prodotti
tipici di qualità dell’agricoltura e dell’allevamento.
Meritano di essere citate
per prime le produzioni a base di farina
come pani, focacce e torte salate, realizzate
spesso con tecniche di cottura
arcaiche quali l’uso dei testi di terracotta
per i testaroli (da mangiare dopo averli
scottati in acqua bollente salata e conditi
con pesto o con un sugo di funghi) e i
56
Le ricette
Agnello di Zeri arrosto
Ingredienti: coscia o spalla di agnello,
spicchi d’aglio, rosmarino, lardo di
Colonnata, patate, sale e pepe.
Preparare un battuto con rosmarino, uno
o due spicchi d’aglio e lardo. Praticare
piccole incisioni nella carne ed inseritevi
il battuto preparato, salare e pepare la
carne e metterla in una teglia di rame
con poco olio. Aggiungere le patate
tagliate previamente. Cuocere nei “testi”
di ghisa della Lunigiana o nel forno
casalingo.
Testaroli
panigacci (che, solo cotti sul testo, si
mangiano in accompagnamento a salumi
o formaggi), oppure con impasti di sapore
antico dove oltre alla farina, di grano o di
farro, entrano anche le patate, la crusca
oppure la farina di castagne, come nel
pane di Regnano, in quello di Vinca e
nella marocca di Casola, o ancora con
ripieni di erbe spontanee locali, dette
“erbi”, come la torta d’erbi appunto e
la scarpazza di Sarzana. Per la farina di
castagne della Lunigiana è in corso di
riconoscimento la DOP (denominazione
d’origina protetta).
Ottimi i salumi, tra cui il biroldo delle
Apuane, ottenuto dalla lavorazione e
dalla cottura delle carni avanzate dalla
lavorazione delle parti più nobili del maiale,
con aggiunta di sangue di maiale;
la fasciata, una pancetta arrotolata dalla
consistenza morbida e dal forte profumo
di spezie; il lardo profumato di Castelnuovo
Magra e, naturalmente, quello
I Testaroli rappresentano la tipica ricetta
“povera” dei contadini di Lunigiana,
perché sono un piatto molto semplice
a base di farina, acqua e basilico.
Nonostante lo scarso numero di
ingredienti, possono risultare un piatto
difficile da preparare nella gestione delle
dosi. Ma la squisitezza di tale ricetta ben
ripaga della fatica e dei tentativi.
Mescolate mezzo chilo di farina con
sufficiente acqua per ottenere una

celeberrimo di Colonnata, che si fregia
del riconoscimento IGP. E poi i formaggi:
i pecorini delle Apuane, le ricotte di latte
di pecora massese. E non dimentichiamo
l’agnello di Zeri, una razza autoctona della
Lunigiana allevata in stato semibrado,
dal gusto intenso e dalla carne tenera e
consistente: già presidio Slow Food, è in
attesa di ottenere il riconoscimento IGP
insieme ad altre varietà di agnello del
centro Italia.
Numerosi anche i prodotti dell’orto: le cipolle,
coltivate in almeno quattro varietà
locali, i fagioli di Zeri, quelli di Bigliolo e
quelli massesi, le patate di Zeri e di Re-
crema. Aggiungete un po’ di sale ed un
cucchiaio di olio extravergine di oliva.
Riscaldare un po’ d’olio in una vaschetta
di Teflon e versare la miscela tanto da
ottenere un disco spesso 4-5 millimetri.
Cucinare bene entrambi i lati e ripetere
la procedura per la miscela intera.
Fate raffreddare i dischi, nel frattempo
potete procedere alla preparazione della
salsa. Lavate ed asciugate due mazzetti
di basilico fresco e macinate le foglie
assieme a due cucchiai di pinoli, aglio,
30 g di Parmigiano e 30 g di Pecorino.
Aggiungete una tazzina di olio extravergine
di oliva, sale e mescolate bene. Torniamo
ai dischi di pastella ormai freddi e
tagliateli in quadrati di circa 2 centimetri.
Fate bollire una pentola di acqua salata
e aggiungete i quadratini preparati
precedentemente. Scolate dopo 1-2 minuti
e servite con la salsa.
Torta d’erbi
Si prepara la pasta con farina, sale
gli gli itinerari di di gola
gnano, i funghi di Borgotaro IGP raccolti
nei dintorni di Pontremoli, e poi i prodotti
veramente rari come i “rapini” di Bergiola
Foscarino, che si possono assaggiare a
novembre nell’ormai tradizionale sagra.
Anche i dolci della Lunigiana sono interessanti:
quelli di antico retaggio quali
la spongata, la carscenta, il buccellato,
che già nel nome evocano tempi remoti
e gusti speziati e inconsueti, accanto
alle ricette più recenti, come gli squisiti
“amor” pontremolesi, cialde fragranti
farcite di crema d’uovo, ricetta segreta
di una famiglia di pasticceri, o le torte di
riso lunigianesi.
ed olio (o strutto), che deve avere la
consistenza della pasta da tagliatelle.
A parte, si fanno bollire “gli erbi”
(girasoli, costine, eccetera) con poca
acqua e sale, si scolano, si strizzano e si
ripassano in padella con un po’ d’aglio.
Si stendono due dischi di pasta
piuttosto sottile e ci si mette in mezzo
la verdura, dopodiché si cuociono sui
testi (particolari recipienti di coccio tipici
della Lunigiana) abbondantemente unti.
In mancanza dei testi si può provare
con una padella pesante, a fuoco basso,
oppure anche in forno.
57

Il suggerimento
58
Partiamo da Pontremoli, città dal cuore
medievale, dove è necessaria una visita al
Castello del Piagnaro con il Museo delle
Statue Stele e delle Chiese di Nostra Donna
e di San Francesco, con il complesso della
Santissima Annunziata. Nei suoi dintorni, la
natura e i piccoli borghi arroccati la fanno da
padrone. La valle del Verde, del Gordana e
del Giaredo, e i paesini di Vignola, Guinadi,
Bratto, Braia e il borgo di Zeri, famoso per
i suoi campi e la qualità dell’ agnello e dei
funghi porcini. Al confine con Pontremoli,
sulla parte destra della Magra, Mulazzo,
sede del Bancarelvino e del Centro Studi
Malaspiniani. Nelle vicinaze, Montereggio,
paese dei librai, il Castello di Lusuolo, i borghi
di Groppoli e di Castevoli. Continuando
la gita lungo la Statale della Cisa, arriviamo
a Filattiera, dove ai piedi del borgo antico
troviamo la Pieve di Sorano. Nel borgo di
Filattiera invece, seguendo l’antica Via Francigena,
fermiamoci ad ammirare il castello
all’entrata, la Chiesa, nell’omonimo borgo e
il Castello di San Giorgio, di cui ci rimangono
solo la torre e la chiesetta romanica. Nei
dintorni, meritano una sosta il borgo medievale
di Ponticello, le case torri di Caprio
e una visita alla Rocca Sigillina. Continuando
verso Villafranca, lungo la Via Francigena,
fermiamoci al castello di Malgrate, ancora
ben conservato e seguendo l’antico limes
bizantino di borghi fortificati, puntiamo verso
Filetto, dove all’inizio di agosto si festeggia
una rievocazione del mercato medievale e
il borgo murato si è mantenuto in uno stato
impeccabile. È anche possibile visitare il
Museo Etnografico della Lunigiana, mentre
nella vicina Virgoletta, ammiriamo i resti
dell’antico castello. Dedichiamo poi una giornata
intera ai castelli e alle ville di Bagnone
e delle sue frazioni: Castiglion del Terziere,
Treschietto, Iera, Corlaga, Corvarola. Percorrendo
la tortuosa statale della Cisa, con il
fiume Magra sulla destra, arriviamo ad Aulla,
con l’Abbazia di San Caprasio ed il Museo
di Storia Naturale della Lunigiana, ospitato
nella Fortezza della Brunella, caratterizzata
da borghi suggestivi come Caprigliola, con la
torre medievale circolare e le mura medicee,
Bigliolo, Olivola e Albiano. Oltrepassando la
Magra verso Podenzana, è indispensabile
degustare i famosi panigacci. Nella vicina
Tresana, ammiriamo la villa e i ruderi del
castello di Giovagallo, per poi passare al
Castello di Terrarossa, oggi un ostello, di
Pontebosio, di Licciana Nardi, di Bastia e di
Monti. Da Licciana, ci spostiamo a Casola in
Lunigiana, dove è possibile visitare il Museo
del Territorio e il borgo antico. Passiamo poi
alla vicina Codiponte, con la splendida pieve,
al borgo antico di Regnano e a Equi Terme,
con le grotte, le Terme, la passeggiata lungo
il Solco fino alla Tana della Volpe, luoghi
di ritrovamenti neolitici. Ci troviamo già
nel territorio di Fivizzano, con il Duomo, il
Museo della Stampa, la fontana medicea
ed il Convento degli Agostiniani. Fuori dal
centro, imperdibile la visita al borgo della
Verrucola De’ Bosi e all’imponente castello,
così come il malaspiniano Castel dell’Aquila
di Gragnola. Sempre in territorio fivizzanese,
Sassalbo, con l’Orto Botanico dei Frignoli.
Tornando indietro troviamo Vendaso, con
la Pieve di San Paolo. Arriviamo quindi a
Fosdinovo, ultima meta del nostro viaggio,
tra la fascia costiera e l’entroterra, in cui è
possibile visitare il Castello malaspiniano,
tuttora proprietà della famiglia Malaspina.
Da vedere anche la Chiesa di San Remigio,
e l’Oratorio dei Bianchi.

Dove mangiare
Antica trattoria
Pelliccia
via Garibaldi 137
tel. 0187 830577
Pontremoli
Paretola
loc. Paretola
tel. 0187 447135
Rossano di Zeri
Da Bussè
Piazza Duomo 31
tel. 0187 831371
Pontremoli
Dalla No’
Via Renella 36
tel. 0585/348113
Montignoso
Caveau del Teatro
Via del Teatro 4
tel. 0187 833328
Pontremoli
gli gli itinerari di di gola
Dove comprare
Vini
Divino
Via Acquala 14
tel. 0585 821373
Montignoso
Dolci tipici
Caffè degli Svizzeri
Piazza della
Repubblica 21
tel. 0187 830160
Pontremoli
Baldassini
Via Don Pietro
Corsini 106
tel. 0187 415506
Albiano Magra
Salumi e formaggi
Naturalmente
Lunigiana
Pala di Scorcetoli
tel. 0187 457543
Filattiera
Angella
via Garibaldi 2
tel. 0187 830161
Pontremoli
Olio e prodotti
del bosco
Coop. Il Bosco
loc. Santa Giustina
Pontremoli
Dove dormire
Locanda
di Pratomedici
via Pratomedici 13
tel. 0187 412005
Bigliolo di Aulla
La Lina
Piazza Marconi 1
tel. 0187 429069
Bagnone
Costa d’Orsola
loc. Orsola
tel. 0187 833332
Pontremoli
La Pineta
Loc. Cravilla Groppoli 50
tel. 0187 850220
Mulazzo
Da Remo
Via Cesare Battisti 57
tel. 0585 97933
Monzone
59

Colazione Colazione
60
Locali per un giorno
Ciolini
Via Bologna 178, Carmignanello di Cantagallo (PO)
tel. 0574 982101
Chiuso il lunedì, aperto dalle 5.30 alle 20
Un forno/bar/pasticceria che offre salati, panini, dolci,
caffetteria, gentilezza e sorrisi: nomi buffi (pappataccio,
castagnoli, pancastagna) e qualità hanno trovato
casa da sempre qui, accompagnati da ottimi caffè e
cappuccini.
Caffè delle Fornaci
Via Verdi 83, Sesto (FI), tel. 055 4421105
Chiuso la domenica, aperto dalle 7 alle 20
Si può cominciare bene la giornata, assaporando un
dolce col caffè o il cappuccino, o addentando un morbido
salato; l’offerta prosegue a tutte le ore e a pranzo culmina
con alcuni piatti di gran qualità.
Pranzo
Bottega dei vini
delle Langhe
Via Dronero 8, Cuneo, tel. 0171 698178
Chiuso la domenica, aperto a pranzo; giovedì, venerdì e
sabato anche la sera
Siamo nel cuore della città piemontese, e da pochi anni
una vecchia bottiglieria è diventata un piacevole luogo di
ristoro, accogliente, dove gustare i piatti della tradizione
e qualche felice esperimento: indimenticabili i ravioli
con riso e verza, sapiente la carta dei vini con ricarichi
onestissimi.
Spuntino
Cassia Vetus
Via Setteponti Levante 19, Loro Ciuffenna (AR)
tel. 055 9172116
Chiuso lunedì e martedì, in estate mercoledì
È meglio se riuscite a capitarci a pranzo o a cena (è una
buona osteria); ma se siete fuori orario, avrete comunque
la fortuna di poter assaggiare l’ottimo gelato, i vini e le
birre; e ottimi spuntini a base di salumi e formaggi. Bello
l’interno, in estate si sta fuori.
Il Pizzacchiere
Via San Miniato 2, Firenze, tel. 055 2466332
Sempre aperto (o quasi)
I locali abbondano a San Niccolò, uno dei quartieri più
belli di Firenze; in questo posto dal nome strano si mangia
alle ore più impensate; l’impasto della pizza è la base di
numerose preparazioni; ma c’è altro, come i mitici gelati
di Pizzo Calabro. Prezzi popolari.
Bacco e Arianna
Via Cesalpino 10, Arezzo, tel. 0575 299598
Chiuso lunedì, martedì e domenica sera
Un wine bar/enoteca piccolo e raccolto dove una cucina
semplice e gustosa propone piatti toscani: questa la ricetta
di un successo che non sta per ora rovinando il locale, uno
degli approdi migliori della città.

Aperitivo
Ucci
Piazza della Torre 9, Volpaia di Radda (SI)
tel. 0577 738042
Chiuso il lunedi, aperto dalle 8 alle 21
Il posto è uno di quelli dell’anima o del cuore (nella
piazza di uno dei borghi più belli della Toscana), il tramonto
è l’ora migliore per goderselo, quindi bastano un
buon bicchiere di vino (la selezione è ottima) e qualche
oliva; per il resto (cioè le altre ore del giorno) c’è tutto
(torte rustiche, piatti di salumi e formaggi, panini),
affidato alla sapiente regia di Paola.
Bellucci
Via Vittorio Emanuele II 67r, Firenze, tel. 055 473088
Orario continuato. Chiuso il sabato pomeriggio
La pasticceria rimane sempre il piatto forte dell’offerta
di questo locale nella prima periferia di Firenze, quella
non brutta, sotto il verde di villa Fabbricotti e dei parchi
dello Stibbert; da qualche mese la fantasia, la creatività
e il buon gusto di Tiziana hanno arricchito l’offerta prima
di cena, che soprattutto il giovedì si impreziosisce ancor
di più per la gioia degli aficionados.
Cena
Il Pruneto
Via della Croce 39, Impruneta (FI)
tel. 055 2314760
Sempre aperto a pranzo e a cena fino alle 1 di notte
La grande terrazza all’aperto con un centinaio di coperti,
affacciata sulle colline di Impruneta, è l’ideale
per le cene estive. Il Pruneto offre a prezzi contenuti
la possibilità di mangiare una pizza lievitata per 24 ore
o un menu di terra o anche buon pesce fresco. Pane e
pasta fatti in casa, servizio gentile, menu per bambini
e attenzione ai prodotti e ai piatti del territorio sono
altri valori aggiunti.
Volete segnalare un locale?
Scrivete a posta@golagioconda.it
Notte Notte
Fox Inn Pub
Via Ferrucci 109, Prato, 0574 592164
Chiuso il lunedì, aperto dalle 20.30 alle 2
Un misto fra il classico pub in stile scozzese e una
moderna taverna dove gustare pregevoli stuzzichini
innaffiati da ogni genere di birra, tanto ampia è l’offerta
di bionde, rosse e scure. Un locale perfetto per le sere
d’estate, vista la recente apertura di una splendida
terrazza all’aperto lontana dal traffico e di un piccolo,
romantico giardinetto interno dove trascorrere in tranquillità
piacevolissimi momenti.
Terme
Loc. Madonna Assunta, Pigna (IM), tel. 0184 241046
L’albergo che ospita il ristorante è sicuramente datato e
poco confortevole; ma la cucina fa dimenticare qualsiasi
piccolo disagio e attira gourmets attratti dai piatti
semplici e appetitosi della tradizione del Ponente Ligure,
accompagnati dal piacevole Rossese di Dolceacqua,
borgo che dista pochi chilometri da Pigna e con questo
rivaleggia in bellezza.
61

Il sushi di Porfirio
Il Porfirio Rubirosa, il cui
nome è un tributo al noto
play-boy fiorentino, è un bel
locale di fronte alla fontana
della Fortezza da Basso;
Andrea Angelini, il titolare, lo
gestisce dal 1994 e dal 2003
ha all’attivo il maestro sushi
Sato che prepara tutte le sere
finger food sushi per chi vuol
fare aperitivo o una esaustiva
degustazione per chi vuol fare
cena completa.
Il locale è noto ai fiorentini per
essere un posto da aperitivo o
un american bar da dopo-cena,
tanti non sanno che si può
cenare (sushi, ma non solo) in
un ambiente molto vivace.
Per chi ha voglia di provare
sushi ai massimi livelli di
Firenze consiglierei di optare
per il lunedì o il martedì,
serate in cui c’è tranquillità
e si può chiacchierare con
calma; nelle altre serate si
resta impigliati nella “movida”
62
I consigli di Gola
Sabino Berardino
fiorentina, la musica è a
volume più elevato, c’è più
movimento – ma il sushi è
sempre quello perché Sato
San è sempre lì (fino alle 24
circa), ed è sempre garantita
l’ottima qualità del pesce in
particolar modo. La proposta
più allettante, a mio giudizio
dall’ottimo rapporto qualità/
prezzo, è il “maxi sushisashimi”
un mega-piatto
dalla presentazione molto
scenografica che propone
tutta la scelta di pesce fresco
disponibile per la serata, a
rotazione orata, sgombro,
spigola, dentice, tonno,
gamberi, scampi, salmone,
sempre presente quest’ultimo,
probabilmente il mio preferito;
non dimenticate di chiedere
del riso in aggiunta e abbinate
liberamente con la salsa di
soia, il “pungente” wasabi (in
modica quantità che sennò le
papille ne risentiranno) e lo
zenzero marinato.
Limitata la scelta di altri piatti
– italiani ed in genere a base
di pesce – ma io ci vado per
il sushi sahsimi, pochi ma
buoni i dolci (un corretto
cheese cake, il tartufo gelato
di Pizzo Calabro, l’oramai
classico onnipresente fondant
au chocolat).
Limitata anche la scelta di
vini: si può scegliere tra
qualche valida etichetta di vino
bianco “da sushi” e la birra
giapponese; volendo si può
accompagnare il sushi anche
con il the verde. È possibile
anche richiedere un vassoio di
sushi da asporto.
Il piatto “maxi sushi-sashimi”
(più che adeguato per 2
persone) costa 39 euro.
Porfirio Rubirosa
Viale Strozzi 18 R, Firenze
Tel. 055 490965
Aperto dal lunedì al sabato,
dalle 19 a tarda notte.

64
Bambini
in vacanza
C. T.
Bar “ribassato”
e altre golosità
a Festambiente
Ecologica, allegra e affollata,
torna per il ventesimo anno
Festambiente, il festival
internazionale di ecologia e
solidarietà di Legambiente.
Dall’8 al 17 agosto potremo
vedere riuniti a Rispescia,
in Maremma, mille modi per
rendere il pianeta un po’ più
vivibile. Tantissime le cose
da vedere, provare, ascoltare,
comprare e assaggiare,
anche con i bambini. A loro
sono dedicati molti eventi
e laboratori, uno spettacolo
ogni sera e perfino un bar
su misura, con il bancone
basso, dove verranno serviti
bevande e alimenti biologici
ed equo-solidali. Potrete
visitare gli stand e partecipare
alle attività con calma
fermandovi a mangiare insieme
ai piccoli, nei ristoranti che
offrono prodotti di qualità, i
tre bio-bar, l’angolo “sapori
mediterranei” e il ristorante
Peccati di Gola. In tutti gli
spazi le stoviglie di plastica
sono sostituite da quelle
in mais completamente
biodegradabili: portatene una
usata a casa e fatela sotterrare
ai bambini in giardino, vedrete
che in poco tempo sarà
scomparsa. Informazioni su
www.festambiente.it.

Per fare l’albero
ci vuole il frutto
Ancora qualche posto
disponibile per i campi estivi
organizzati alla Casa del Popolo
di Grassina, alle porte di Firenze
(www.casadelpopolo.fi.it). I
bambini saranno seguiti da
Barbara Müller, un’educatrice
che sarebbe piaciuta a Rudolf
Steiner e che da anni aiuta i
piccoli a giocare con elementi
naturali e ad avvicinarsi al
cibo in maniera divertente fin
dalla più tenera età. Nei mesi
di luglio e agosto si terranno
cicli di due settimane dedicati
a bambini di età diverse. Ogni
anno i centri estivi hanno un
tema nuovo, e per questa estate
tutte le attività ruoteranno
attorno agli alberi e ai loro
frutti. Giochi e attività avranno
come naturale sbocco l’incontro
ravvicinato con la frutta, e
grazie alla disponibilità della
cucina i bambini potranno
preparare frullati e frappè, torte
alla frutta, pasticci con frutta
secca. Gli orari delle attività
possono essere 8.30-13 oppure
8.30-16.30, è necessaria una
tessera associativa, il costo per
due settimane è di 170 euro.
Per informazioni chiamare la
Cdp, tel. 055 642639 oppure
alle ore pasti lo spazio gioco,
tel. 320 5769879.
Biscotti
acchiappa-energia
Per colazione, spuntini e
merende, ecco una ricetta
per i biscotti fatti in casa.
Con il cambio di stagione e le
corse all’aria aperta i bambini
spendono tante energie e
l’avena, che in questa ricetta
viene usata in fiocchi, è sempre
indicata nell’alimentazione di
bambini e anziani per il suo
potere ricostituente. I biscotti
non contengono uova La ricetta
è un regalo di Maria Cristina
Palanti, chef del Biobistrot
di Firenze, appassionata di
alimentazione naturale e
autrice di un libro di ricette per
bambini.
La ricetta
Pasticcini ai fiocchi
d’avena
Ingredienti: 250 g di burro,
1 tazza di fiocchi d’avena,
1/2 tazza di uvetta, 1 tazza di
zucchero di canna, 2 tazze di
farina 00, la scorza di mezza
arancia e di mezzo limone.
Lavorate il burro a temperatura
ambiente con lo zucchero
e le scorze grattugiate. Incorporate
i fiocchi di avena e la
farina amalgamando il composto
con le mani, aggiungete
l’uvetta. Coprite l’impasto con
la pellicola e lasciate in frigo
per 20 minuti. Con il matterello
stendete la pasta fino
a raggiungere uno spessore
di 1 centimetro e tagliatela
con le formine che preferite.
Disponete i biscotti su una
teglia rivestita di carta da forno
e infornate a 160 gradi per
15 minuti circa, finché non
saranno dorati. Fateli freddare
e servite subito o conservateli
in barattoli di vetro.
65

Il blog è servito
Pare quasi brutto, oggi, non
avere un blog. Quello che un
tempo si scriveva nel diario,
più o meno segreto, più o meno
“casualmente” dimenticato
aperto, ma comunque sempre
a esclusivo uso e consumo
del diretto proprietario, oggi
è esibito con nonchalance e
incoscienza nella selva di blog
che popolano la rete.
Eppure il blog non è solo
testimonianza dei dolori dei
moderni giovani Websurfer
di mezzo mondo (quello
che, almeno, al web ha
accesso): spesso diventa
piuttosto uno strumento per
pubblicare contenuti più o
meno “di settore”, non di rado
caratterizzati da notevole
Gola a tre w
Silvia Vigiani
professionalità e competenza.
È quello che succede anche nel
mondo del cibo, dove dagli chef
alle riviste di enogastronomia
(Gola gioconda compresa!),
dagli appassionati gourmet agli
attenti consumatori, non c’è
che l’imbarazzo della scelta per
i cacciatori di blog.
La Rivista enogastronomica
per eccellenza, il Gambero
Rosso, ha un suo blog che
si chiama Social space ed
è raggiungibile all’indirizzo
http://blog.gamberorosso.
it/social/Social1.php. La
homepage del blog, va detto, recensioni di libri, riflessioni
non è visivamente il massimo: su notizie di attualità e
tre colonne, tanto spazio nuove tendenze del mondo
bianco e non si finisce più di dell’enogastronomia, oltre a
“scrollare”. Più che un blog,
peraltro, questo Social space,
gustosi L’allestimento racconti di di Taste esperienze all’interno
personali di questo
della
chef
Leopolda
tenendo fede al nome, si “itinerante”.
potrebbe definire una sorta Pierluigi Campi, chef di Ganzo
di “agorà”, che aggrega in via de’ Macci, scrive –
testi, ricette, editoriali pochino, va detto – su http://
da tutto il web sul tema chefpg.blogspot.com/ e cita
del cibo (le anteprime anche la recensione della nostra
della homepage, infatti, Tacconi al suo ristorante, così
rinviano direttamente come quella di Repubblica,
a pagine di altri siti o però diciamocelo… potrebbe
blog).
metterci un po’ più del suo.
E poi ci sono gli chef, Gran parte dei contributi non
che non rinunciano alla sono che link ad altri siti o
loro “cucina” virtuale. Chef blog; anche se poi c’è quel
Marco scrive su http://www. “Forza viola” in fondo alla
chefmarco.splinder.com/: homepage che fa perdonare
frequenti gli aggiornamenti tutto (o quasi).
e vari i contenuti. Non «Allergico al macrobiotico,
solo ricette, ma anche scettico sul sushi, stufo
67

della fusion, preferisce piatti
dallo spirito guascone. Dopo
anni dedicati alla cucina
(redazionale) ha deciso di
mettere le mani in pasta (…)»:
si presenta così Gianluca
Biscalchin (http://www.
elle.it/elle/blog/gianlucabiscalchin),
primo storico
disegnatore di Gola gioconda
(autore della copertina di
questo numero) e giornalista.
Il blog su Elle ha un paio di
mesi di vita ed è un diario di
viaggio enogastronomico fra
ristoranti e tradizioni, attualità
e cinema. Arguto e, per quanto
ancora povero di contenuti,
piacevolissimo da leggere.
Dopo quella mezz’ora che la
nostra modesta connessione
impiega per aprire la pagina
stracarica di foto e video
di Elisia Menduni (http://
qoca.typepad.com/qoca/),
riusciamo finalmente anche a
farci un’idea dei contenuti: la
giornalista che cura la sezione
enogastronomica de Il Corriere
Fiorentino propone recensioni
di ristoranti, commenti a eventi
e una simpatica classificadegustazione
di cibi di tutti i
tipi: dal cappuccino alla trippa
dei trippai fiorentini, dalla
schiacciata salata fino al junk
food, nella fattispecie, minestre
pronte, precotte, preliofilizzate
68
Fuori concorso – Il Romanelli
Fuori concorso – Quelli
di Gola
Ce l’ha anche Gola gioconda, ovviamente,
un blog (http://www.golagioconda.it/
dblog/default.asp). Lo aggiornano quando
possono (in termini tecnici si dice “a avanza tempo”) ma i contenuti,
almeno, sono vari: commenti sull’attualità e le vicissitudini dei vini
toscani, ricette, notizie curiose, consumo consapevole e, immancabili,
le recensioni dei ristoranti, anche quelli in cui si tengono le pausepranzo
della redazione.
«Amore per le frattaglie e la
convinzione che l’anima, lì,
si tocca da vicino…»: è così
che il megadirettore Leonardo
Romanelli spiega il nome del
suo blog Quinto quarto (http://
quintoquarto.san-lorenzo.
com/). Fra una ricetta fiorentinamente
verace (e vai di
animelle, lampredotto e altra
carne “povera”) e l’annuncio di una scottante inchiesta sulla ribollita
d’estate nei ristoranti fiorentini, nel blog del Romanelli vale la pena
leggere anche i commenti. C’è proprio di tutto, dal fan sfegatato al
denigratore astioso, e non manca la mamma che chiede consigli su
dove mandare a scuola (alberghiera, ça va sans dire) il “figliolo”.
e preimbustate (pare che la
migliore – o la meno peggio?
– sia la Vellutata di zucca della
Knorr).
Ma c’è chi si spinge anche
oltre il coraggioso test di Elisia
sulle minestre pronte: http://
trashfood.com/ è un blog tutto
dedicato al cibo spazzatura
(trash food, appunto) e curato
da Gianna Ferretti, che mette la
sua competenza in biochimica
e scienze dell’alimentazione
al servizio di chiunque non
abbia paura di sentirsi dire
cosa mangiamo “veramente”.
Spietatamente Gianna
smaschera additivi, aromi e
conservanti nascosti nei cibi e
lascia che il lettore si chieda
cosa possa esserci dentro ai
“salumi creativi” di Euro 2008,
sorta di mortadelline in cui
la fetta riproduce l’immagine
stilizzata di un calciatore. Da
leggere con inquietudine.
Trionfo dell’estetica, infine,
nelle pagine de Il cavoletto
di Bruxelles (http://www.
cavolettodibruxelles.it/),
dove i post-ricette hanno una
loro ragion d’essere anche e
soprattutto in funzione delle
relative immagini: una più
bella dell’altra, rappresentano
un esempio quanto mai
accattivante di quell’arte che è
diventata la fotografia di cibo,
un cibo che è sempre più da
guardare.

Alla Fortezza da Basso di Firenze
torna dal 23 al 26 ottobre
69

24 cuori e una cucina
Odori e aromi che evocano
ricordi ed emozioni… le ricette
del cuore appunto! 24 ricette
raccontate dai protagonisti
della cultura italiana per aiutare
la Fondazione Banco Alimentare,
alla quale gli autori devolvono
i loro diritti. Ognuno con la sua
storia, aneddoti e segreti del
piatto preferito. Così, mentre
Bruno Gambarotta parla della
torta di castagne che la mamma
cucinava per Pasqua, Luciana
Littizzetto conduce un’ironica
disquisizione sulla minestrina e
Claudio Magris ricorda il pollo
della signora Mayrgunther.
Una lettura piacevole per
contribuire a una buona causa
e, perché no, cimentarsi con
la preparazione delle ricette
raccontate.
A cura di Carla Sacchi Ferrero
Le ricette del cuore
Blu edizioni – 10
Cibo tra le righe
Francesca Pallecchi
Un quaderno
di ricette...
autobiografico
Un dialogo silenzioso tra
una figlia e una madre,
un rapporto filtrato dai
ricordi. Quarantatré è un
romanzo autobiografico
articolato in sette
capitoli, che prendono
ciascuno il titolo da una ricetta
di cucina. La protagonista
si rivolge alla madre, morta
più di trent’anni prima, e le
racconta la propria vita: il
colloquio immaginario è un
percorso alla ricerca di sé,
segnato appunto dalle ricette
che rappresentano gli snodi
cruciali di un’esistenza. Solo
dopo aver raggiunto l’età che
aveva la madre al momento
della morte, quarantatré anni,
la protagonista riesce a trovare
la sua strada.
Elisabetta Severina
Quarantatré
Instar libri – 12
Bicchieri da mangiare
Un’idea originale quella di
José Maréchal, chef del Café
Noir di Parigi, che propone
una veste nuova per deliziose
ricette. Niente più piatti e
vassoi, ma bicchieri monodose
semplici da preparare e facili
da mangiare, perfetti cocktail
estivi e per buffet, da proporre
come antipasto
o dessert. Inoltre
golose ricette
che mescolano
ingredienti
esotici con quelli
tradizionali e
suggeriscono
un modo allegro
e divertente
per sovrapporre colori e
consistenze diverse. Da provare
la delicatezza del caviale di
zucchine insieme alla crema
al parmigiano, oppure la
morbidezza del tiramisù ai
lamponi e pistacchi. I bicchieri
golosi sono ideali per cucinare e
ricevere gli ospiti con eleganza
e originalità, senza complicarsi
troppo la vita.
José Maréchal
Bicchieri golosi
Guido Tommasi editore
24
71

Alla ricerca
del cibo perduto
Il libro raccoglie quattro saggi
che presentano importanti
riflessioni, rafforzate dai
risultati della ricerca empirica,
sui modelli comunicativi
e narrativi contemporanei
applicati al cibo. La tesi di
partenza è quella che vede
la società odierna come
“ortoressica”, una società cioè
che impone un’attenzione
eccessiva alle regole alimentari,
alla scelta dei prodotti
enogastronomici e alle loro
caratteristiche.
Questa iper-riflessività
alimentare, unita alla
comunicazione dei mass media,
scatena preoccupazioni e
rapporti problematici sia con il
cibo che con gli altri. Dall’ansia
del corpo perfetto, al consumo
critico spinto fino all’eccesso,
dall’estetica dal food design
ai disturbi alimentari e alle
biotecnologie.
Guido Nicolosi
Lost food. Comunicazione e
cibo nella società ortoressica
Ed.it – 10
72
Anche il vino
ha un’anima
Dopo Filosofia del vino, ecco
che Massimo Donà ritorna ad
affrontare il tema del nettare
di Bacco, perché il vino è
alimento inesauribile della
riflessione filosofica, che
accoglie buona parte delle
ossessioni sociali. Partendo
dalla poesia di Baudelaire,
L’anima del vino appunto,
l’autore vuole invitarci a bere
con cognizione di causa,
possibilmente guidati da quel
senso di responsabilità che
dovrebbe in verità ispirare ogni
atto della nostra esistenza.
Ad allietare la lettura il cd
jazz Ahmbè, parte integrante
del libro, che contiene due
composizioni esplicitamente
ispirate al nettare di-vino.
Massimo Donà
L’anima del vino
Bompiani – 16
Un parco pieno
di sapori
Il libro illustra i prodotti
tipici del Parco regionale
di Migliarino-San Rossore-
Massaciuccoli e le semplici
tradizioni culinarie che nei
secoli si sono consolidate in
questa realtà complessa e
variegata. Il volume si propone
inoltre di far conoscere le
più tipiche attività del parco,
come la raccolta delle pigne,
la produzione del formaggio,
l’agricoltura e l’allevamento,
che sono state in passato la
base della sua economia. Non
solo una guida agli alimenti
genuini che compongono i
sapori di questo parco, dunque,
ma una riscoperta dei prodotti
e delle attività della cultura
più antica di questa zona.
Luca Gorreri
I sapori del parco
Felici editore – 15
Una cucina tutta
al femminile
La parola chef non ha
femminile. Ma se nessuna
donna è chef, allora tutte sono
cuoche: stellate o no, in questo
libro si raccontano alla pari
attraverso il cibo che cucinano.
Un viaggio da Modica a Fès,
da Barcellona a New York, da
Lione a Samoa nel mondo della
cucina al femminile. C’è Beth
Partridge, che cucina italiano
in un ristorante di Chicago,
sognando l’Italia dove non è
mai stata; c’è Sadja Masshour,
insegnante di francese fuggita
dall’Afghanistan che ora
cucina mantu e ashak nel suo
ristorante a Parigi. C’è Jody
Williams, che in Italia era

“l’americana” ma a New York fa
la cucina che ha imparato dalle
casalinghe italiane.
Roberta Corradin
Le cuoche che volevo
diventare. Ventuno grandi
donne in cucina
Einaudi – 12,50
Aspiranti scrittori
in cucina
Phoebe mantiene se stessa e le
proprie aspirazioni di scrittrice
lavorando come cameriera. Fin
qui niente di particolare, se non
fosse che ben presto approda
in uno dei più importanti
ristoranti di New York: il Per Se
del celebre chef Thomas Keller.
Allora dovrà fare i conti con
le rigide regole di un posto in
cui la perfezione è un obbligo
assoluto. Phoebe non solo sarà
all’altezza della situazione, ma
divenuta chef de rang riuscirà
a impressionare persino un
temibile critico gastronomico
del New York Times. Servizio
compreso accompagna il lettore
nel dietro le quinte di una realtà
prestigiosa ma dominata da mille
manie e rivalità e restituisce
baby lettori
Un gelato...
esagerato!
Prospero è un gelataio ambizioso
che vuole sbaragliare la concorrenza
mettendo in vendita i gusti più
sensazionali mai assaggiati. Per raggiungere
il suo scopo si rivolge a un
inventore che ha trovato il modo di
catturare gli odori nell’aria. Fin dove
si spingerà Prospero nella ricerca del
gelato più incredibile? I guai sono
dietro l’angolo e il divertimento anche.
Pino Pace
Prospero e l’esaggelato
Edt – 8
Piccoli gourmet
crescono
un divertente quadro dei suoi
famosi frequentatori dando
anche consigli su come evitare
di inimicarsi un cameriere: non
si sa mai!
Phoebe Damrosch
Servizio compreso
Ponte alle grazie – 14,50
Un manuale per i piccoli gourmet
con golose e divertenti ricette da
realizzare da soli o con l’aiuto dei
genitori. Dopo alcune utili spiegazioni
sui principi alimentari, il
galateo a tavola e gli strumenti del
cuoco, il libro si divide in sette
sezioni: super merende, pranzo
e cena, piatti speciali, bibite e
frullati, dolci mattacchioni e l’ultima
dedicata al bricolage per realizzare inviti, segnaposto e
cappello da chef, tutto rigorosamente fai-da-te. Ogni ricetta è
contraddistinta una una simpatica legenda che illustra il grado
di difficoltà, tempo di preparazione e cottura, e se occorra
eventualmente l’aiuto di un adulto. Non resta che divertirsi
con le mani in pasta…
Maria Cristina Palanti
Oggi cucino io. Il manuale dei piccoli cuochi
Giunti Junior – 8,90
73

Le migliori Doc
di Cortona al Tuscan
Sun Festival
Musica classica e buona cucina
costituiranno il binomio
perfetto dell’estate cortonese
sotto la regia del grande Robert
Redford. Dal 2 al 10 agosto,
i vini di Cortona saranno
protagonisti del Tuscan Sun
Festival: ogni sera i migliori
Chardonnay, Sangiovese,
Sirah o Vin Santo della Doc
cortonese verranno abbinati a
un concerto.
Quest’anno la sezione
enogastronomica del festival
avrà un programma molto
ricco: da segnalare gli
appuntamenti con il professor
Diego Zancani (che spiegherà
le origini della cucina
italiana e dei piatti tipici),
le degustazioni di formaggio,
le lezioni di cucina su come
preparare un pranzo semplice
all’istante e il “Toasting
74
Appuntamenti
con il gusto
Daniela Lucioli
Tuscany”, gli aperitivi in
musica prima del concerto di
palazzo Casali, dove tutte le
sere si degusteranno prodotti
locali come i salumi di cinta
senese. Evento clou l’8 agosto
con Robert Redford, che con
Gabriele Lavia leggerà le
poesie di Giacomo Leopardi,
con l’accompagnamento al
pianoforte da Nicola Luisotti.
Birra alla Rocca
di Piancastagnaio
Il Roccone Beer Fest 2008 sta
diventando un appuntamento
estivo sempre più conosciuto
a Piancastagnaio. Dal 24
al 27 luglio, nella Rocca
aldobrandesca, che sovrasta
la piazza principale del
paese, si festeggia la
spumeggiante bevanda a
suon di degustazioni. Alle
18.30 si aprono gli stand
gastronomici per dare il via
a merende-cene o spuntini
di mezzanotte serviti dallo
staff della contrada Castello,
organizzatrice dell’intera
festa. Le quattro serate sono
aperte a tutti, giovani e meno
giovani; i bambini possono
divertirsi in un’area attrezzata
con giochi gonfiabili, mentre i
ragazzi hanno a disposizione la
discoteca all’aperto.
Pioggia di stelle
e vino a volontà
La notte di San Lorenzo,
tipicamente dedicata
all’osservazione delle stelle
cadenti, anche quest’anno
offrirà l’ormai tradizionale
incontro con il vino. È
“Calici di stelle”, a cura del
Movimento del Turismo del
Vino, che offre agli enoturisti
assaggi dei migliori vini
delle cantine associate al
Movimento, abbinati ai

prodotti tipici nei centri
storici, nelle piazze, nelle
corti e nei castelli sparsi per
tutta Italia. Ad Arezzo sarà
il parco di Lignano a essere
allestito per questa iniziativa,
mentre nel Grossetano, a
Massa Marittima, i produttori
associati alla Strada del vino
Monteregio saranno presenti
in piazza per far assaggiare i
loro vini. Saranno organizzate
anche escursioni come quella di
Terricciola, in provincia di Pisa,
dove, dopo la cena al chiaro
di luna, una passeggiata in
collina condurrà in uno spazio
suggestivo per assistere allo
spettacolo teatrale di Spencer
Barone. Per avere informazioni
sulle varie iniziative: info@
movimentoturismovino.it.
“Medicea”: un
classico dell’estate
fiorentina
Un evento da non perdere
dell’estate fiorentina è
“Medicea”, la mostra del vino
Chianti Docg di Cerreto Guidi
giunta alla sua 35 a edizione.
Dall’11 al 20 luglio i produttori
cerretesi di vino saranno i
protagonisti di degustazioni
organizzate in paese. Tutte le
sere si potrà cenare negli stand
gastronomici con i prodotti
tipici della zona. Durante la
manifestazione sarà possibile
visitare la Villa Medicea
dalle 9 alle 19, con aperture
straordinarie dalle 21 alle 24.
La terra del farro
Il 12 e 13 luglio saranno due
giorni interamente dedicati
al farro Igp della Garfagnana,
organizzati dalla Contee del
farro in piazza del Serchio a
Sant’Anastasio (Lu).
Il programma di “Terr farr e
tradizion” è molto ricco, così
come l’itinerario gastronomico
che attraversa le aie dei
paesi di Sant’Anastasio e
Petrognola. Qui verranno
serviti aperitivi a base di
succhi di frutta miscelati con
buon vino, salumi nostrani e
formaggio con pane di farro,
insalate fredde, minestroni
e la tradizionale torta,
ovviamente tutto a base di
farro. Oltre a “passeggiate
mangerecce”, dibattiti e
manifestazioni sul tema, verrà
premiato il produttore che
coltiva la miglior qualità di
farro Igp della Garfagnana. Il
cartellone dettagliato della
festa è scaricabile dal sito web
dell’associazione Pesaco (www.
pesaco.org).
75

76
Tornano
le proposte
delle escursioni
lungo la ferrovia
alla scoperta
o alla riscoperta
dei patrimoni
enoculturali
del territorio
Binario Zero
Prossima fermata
Montalcino
Francesco Cury
Con la primavera sono riprese,
ogni sabato, da Siena le
partenze di un treno veramente
speciale. La vecchia e a lungo
dismessa arteria che dalla città
di piazza del Campo portava
nel cuore del Brunello è stata
ripristinata ad hoc. L’iniziativa
è stata chiamata “Il Treno del
Vino” e conta già un migliaio
di partecipazioni: ripercorrendo
una delle linee più affascinanti
della Toscana attraverso i
panorami esclusivi della Val
D’Orcia, patrimonio dell’Unesco,
si possono assaporare gusti
autentici e antichi sapori della
zona. Il tutto accompagnato
da degustazioni di grandi vini.
Il passeggero viene accolto a
bordo di tre carrozze arredate
e dotate di ogni comfort. Un
turismo di riflessione, non
motorizzato, piacevolmente
lento, alla riscoperta di stazioni
e caselli dimenticati da decenni.
Un’occasione quindi per visitare
posti inaccessibili altrimenti,
luoghi mai percorsi da strade
asfaltate dove i paesaggi rurali
rispecchiano visibilmente la
sapiente arte del vino, chiave di
volta del territorio tra Siena e
Montalcino e vessillo del made
in Italy.
La partenza è solitamente
prevista dal 1˚ binario della
stazione di Siena per le ore
9.10. Dopo un aperitivo
viaggiante a base di
Moscatello, tipico vino dolce
della zona, accompagnato
dai classici dolcetti della Val
d’Orcia, attraverso i borghi
di Sant’Antimo, Castello di
Argiano e il Castello della
Velina, si arriva a Torrentieri,
alla WineStation, stazione
ottocentesca ristrutturata,
nei cui locali è stato ricavato
BinarioZero, un wine bar dove
viene servito un pranzo ricco
di specialità del territorio.
Nella stessa location si trovano

la carrozza degustazione, la
carrozza emporio e WineCircus,
la cantina sperimentale di
Roberto Cipresso – Oscar del
Vino 2006 – enologo di fama
mondiale che Robert Parker,
autentico guru del panorama
enologico mondiale, non ha
esitato a definire il “Poeta del
terroir”. Questo è il luogo ideale
per capire come si produce,
affina e invecchia il vino di
qualità, secondo la particolare
e affascinante filosofia del
suo fondatore. Il Tour prevede
anche una visita alla rocca
di Montalcino e degustazioni
nelle cantine storiche del
paese. Non mancano spazi e
attività dedicate ai più piccini
ai quali è concesso un sconto
sul biglietto. Un animatore
professionista li accompagna
allegramente per tutta la durata
del viaggio. Il ritorno è previsto
per le 18.30 circa.
Dopo un iniziale
“deragliamento” del progetto,
la notte di capodanno scorso,
generato da equivoci e
scarsa comunicazione tra il
tour operator che vendeva
il pacchetto e i responsabili
dell’organizzazione, e che ha
Il treno del vino
Partenza da Siena ore 9.10
Ritorno a Siena entro le ore
18.30
Tariffe 2008: adulti 89,00 ;
ragazzi da 6 a 14 anni 59,00
; bambini da 0 a 5 anni
gratis.
Tuscany Slow Train
Partenze da Firenze SMN
al binario 2. Ritorno a Firenze
entro le ore 19.45
Tariffe 2008: adulti 97,00 ;
ragazzi da 6 a 14 anni 65,00 ;
bambini da 0 a 5 anni gratis.
portato il caso alla trasmissione
televisiva Mi manda RaiTre,
la situazione sembra essersi
ristabilita e la adesioni
non mancano. Non ci sono
sommeliers in doppio petto
e cravattino ma autentici
winelovers e grandi appassionati
del settore. Un’occasione
scanzonata e distesa, dove ogni
domanda e tutte le curiosità
sono lecite; si consiglia dunque
l’abbigliamento sportivo e il
massimo del relax. Per chi trova
difficile arrivare fino a Siena,
ecco il Tuscany Slow Train,
in partenza da Firenze fino
alla città del Palio. Durante il
viaggio viene offerto del caffè
caldo di prima mattina e in
seguito un aperitivo toscano.
Poi tour a piedi a Siena e
per il resto della giornata gli
spostamenti sono effettuati con
un mini bus, seguendo lo stesso
itinerario del treno del vino.
Per informazioni consultare il
sito www.winestation.it. Per
prenotazioni tel. 800650177.
Carrozza-emporio
77

Alla ri-scoperta
dei vini dei Medici
In occasione della
manifestazione “Di vini
profumi” a Prato, che si è
svolta all’inizio di giugno, è
stata presentata una ricerca
svolta dalla Facoltà di Agraria
di Firenze in collaborazione
con i produttori del Consorzio,
che ha individuato nella zona
di Carmignano alcuni antichi
vitigni medicei. Si tratta di
Abrostine, Bonamico, Canaiolo
bianco, Canaiolo pratense,
Colombano, Galletta rossa,
Occhio di Pernice, Vaiano e
Zappolino. Per Abrostine e
Vaiano l’Università è in attesa
dell’autorizzazione al reimpianto
che sarà sperimentato proprio
a Carmignano, ma altre varietà
di cui si sono perse le tracce
potrebbero essere “scovate”
fra i filari della Docg pratese. I
Winelovers Cinzia Collini
ricercatori Roberto Bandinelli
e Paolo Nanni, insieme ai
produttori del Consorzio
Carmignano, hanno studiato
l’ampio patrimonio vinicolo
toscano anche allo scopo di una
reintroduzione nella viticoltura
attuale.
Summer festival
in Val di Pesa
Ritorna l’appuntamento con il
Castelli del Grevepesa Summer
Festival, la manifestazione che
accende le notti chiantigiane
e le anima di eventi musicali
imperdibili. Tutti i giovedì, fino
alla fine di luglio, presso la
Pieve di Sant’Angiolo Vicolabate
(San Casciano Val di Pesa),
si alterneranno sul palco vari
musicisti italiani e stranieri che
con i loro concerti riempiranno
di note il Chianti. Per tutta la
durata dell’evento, le sale e le
cantine sotterranee della Pieve
di Sant’Angiolo ospiteranno
una collezione di opere di due
giovani artisti italiani: Niccolò
Ricci e Alessandro Michelangeli.
Insieme alla musica e all’arte
andrà in scena, ovviamente,
il vino, anzi, i vini: quelli
della Castelli del Grevepesa,
che produce nelle più vocate
zone vinicole della Toscana,
e che saranno proposti in
abbinamento ai prodotti
tipici e alla cucina contadina
chiantigiana.
Le donne amano
il vino
Una relazione del Censis,
presentata in occasione
della Settimana dei Vini, ha
immortalato un quadro che
vede le donne protagoniste
nel consumo di vino: secondo
le stime, infatti,
sarebbe di ben 3
miliardi di euro il
valore del consumo
femminile su un
totale italiano di 6,2
miliardi di euro. Le
consumatrici sono
molto attente a
quello che bevono e
cercano di scegliere
sempre in base al
loro personalissimo
gusto, creando un
particolare identikit. Se sono
giovani, sono anche colte e
bevono poco ma bene, mentre
con l’innalzarsi dell’età cresce
la loro attenzione al prezzo. Le
donne sono poco interessate
al legame fra il vino e il suo
territorio di origine ma anzi
tendono, spinte dalla curiosità,
ad essere consumatrici
“infedeli” perché sempre
attratte da nuove esperienze
anche straniere. Rispetto
ai maschi, infine, sono più
motivate dal desiderio di
conoscere, mentre meno degli
uomini sono condizionate
dall’abitudine.
79

La vita di Montalcino
Una raccolta di testimonianze
e di ritratti che si specchiano
nelle atmosfere di una casa,
nei suoni di una strada, nelle
architetture di un palazzo,
nei colori di una piazza o
negli odori di una bottega:
ecco quello che racchiude
Nonsolovigne a Montalcino,
il nuovo libro di Francesca
Colombini Cinelli, che torna
alla scrittura dopo i precedenti
successi letterari. Un libro che
vuole raccontare la vita vera
di Montalcino, fatta di piccole
cose, aneddoti e personaggi
unici. I luoghi raccontati nei
capitoli si animano di partenze
e di ritorni, di intuizioni e
di avventure, di pazienza
e di fortuna, di lavoro e di
convivenza. Di questa intrigante
galleria di uomini e di storie
Francesca Colombini è il
Cicerone, a volte disincantato,
a volte complice, ogni tanto
ironico ma sempre e comunque
partecipe, come chi parla di
cose proprie.
Vino e Vela accoppiata
vincente
Continua la collaborazione tra
Agivi (Associazione Giovani
Imprenditori Vinicoli Italiani)
e la vela, con il Panerai
Classic Yachts Challenge, che
80
anche quest’anno ospiterà
l’associazione presso il Wine
Bar nello Spazio Officine
Panerai. Il circuito è partito il
4 giugno da Antibes e ha già
toccato Porto Santo Stefano,
in provincia di Grosseto (dal 18
al 22 giugno); prossime tappe
a Port Mahon nelle Baleari
(27-30 agosto), Imperia (10-14
settembre) e infine Cannes dal
23 al 27 settembre. Quest’anno
Agivi ha deciso di proseguire
questa sinergia e di svilupparla
ulteriormente attraverso una
carta dei vini studiata per
l’occasione, selezionandoli
tra i migliori di tutta Italia,
insieme a una rappresentanza di
produttori, tra cui il Presidente
dell’Agivi Enrico Drei Donà.
Sempre grazie all’ospitalità
dello Spazio Panerai, infatti,
il Panerai Classic Yachts
Challenge nelle due precedenti
edizioni aveva dimostrato un
grande interesse per il vino di
qualità proposto da Agivi. Era
risultato che il mondo della vela
conosce il vino di qualità ed è
interessato a scoprire vitigni
nuovi e aziende emergenti
con produzioni di nicchia.
Nel 2007 le preferenze sono
andate alle “bollicine”, ai vini
bianchi fruttati del Nord Italia,
Piemonte e Friuli Venezia Giulia
in testa, e ai vitigni autoctoni
del Sud.
In Sudafrica si parla
di gusto
Il più importante festival del
gusto Sudafricano sta per
partire: dal 14 al 17 agosto, il
meglio dell’enogastronomia del
paese viene celebrato nel “Good
Food & Wine Show”, gourmet
festival diventato un importante
evento internazionale.
Per quanto riguarda la parte
gastronomica, saranno
moltissimi gli eventi e gli
chef che si riuniranno a
Durbans, sede estiva della
manifestazione. Parte integrante
della manifestazione è un
esclusivo concorso per i migliori
vini sudafricani, che ha luogo
prima dello show. Nell’ambito
della Great Wine Sale, i
visitatori del Good Food & Wine
sono invitati a degustare più
di 200 vini con la possibilità
di acquistarli a prezzi
particolarmente convenienti.
Il concorso è diretto da Robert
Joseph, fondatore del London
International Wine Challenge.
Altra iniziativa interessante
è il Concorso nazionale del
Cocktail classico, durante il
quale sarà possibile assistere
alla preparazione di cocktail
da parte dei migliori barman
del Paese, alla presenza di
giudici internazionali. Altra
manifestazione collaterale
di grande successo è la
Restaurant Week. Durante
la settimana del Festival,
nei locali che partecipano
all’iniziativa verranno offerti
menù gastronomici speciali
e abbinamenti di specialità
gastronomiche di alta qualità,
che saranno in seguito votati
dal pubblico presente.
Mantenendo lo stesso impianto
e la stessa ricchezza di
appuntamenti, il “Good Food &
Wine Show” si trasferirà poi a
Johannesburg, dove farà tappa
dal 30 ottobre al 2 novembre.