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Università degli Studi di Roma “La Sapienza” DOTTORATO ... - Padis

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<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> <strong>“La</strong> <strong>Sapienza”</strong><br />

<strong>DOTTORATO</strong> DI RICERCA IN BIOCHIMICA - XVII Ciclo<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biochimiche “A. Rossi Fanelli”<br />

STUDIO DEL RICONOSCIMENTO MOLECOLARE IN PROTEASI<br />

TROMBINO-SIMILI DA VELENI DI SERPENTE<br />

GIOVANNA BOUMIS<br />

Docente guida: prof. ANDREA BELLELLI<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biochimiche “A. Rossi Fanelli”<br />

<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> <strong>“La</strong> <strong>Sapienza”</strong><br />

Coor<strong>di</strong>natore: prof. PAOLO SARTI<br />

Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biochimiche “A. Rossi Fanelli”<br />

<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> <strong>“La</strong> <strong>Sapienza”</strong><br />

Docenti esaminatori:<br />

prof. MAURIZIO PACI - Dipartimento <strong>di</strong> Scienze e Tecnologie Chimiche<br />

<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> <strong>Roma</strong> “Tor Vergata”<br />

prof. GIOVANNI ANTONINI - Dipartimento <strong>di</strong> Biologia<br />

<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> “<strong>Roma</strong> Tre”<br />

prof. NAZZARENO CAPITANIO - Dipartimento <strong>di</strong> Scienze Biome<strong>di</strong>che<br />

<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> <strong>Stu<strong>di</strong></strong> <strong>di</strong> Foggia


SOMMARIO<br />

1 INTRODUZIONE 1<br />

1.1 I veleni <strong>di</strong> serpente 1<br />

1.2 Le proteasi a serina 1<br />

1.2.1. generalità 1<br />

1.2.2. specificità delle proteasi tripsino-simili 3<br />

1.3 Cenni sul sistema emostatico 4<br />

1.4 La trombina 8<br />

1.4.1. generalità 8<br />

1.4.2. struttura e meccanismi molecolari della trombina 9<br />

1.5 Il fibrinogeno 12<br />

1.5.1. generalità 12<br />

1.5.2. eterogeneità a livello molecolare 13<br />

1.5.3. conversione del fibrinogeno in fibrina 13<br />

1.5.4. meccanismo <strong>di</strong> polimerizzazione della fibrina 14<br />

1.6 Interazione tra α-trombina e fibrinogeno 15<br />

1.7 Le proteine <strong>di</strong> veleni <strong>di</strong> serpente 18<br />

1.7.1. azione sull’emostasi e utilizzo <strong>di</strong>agnostico o clinico 18<br />

1.7.2. la famiglia delle SVTLE 19<br />

1.7.3. aspetti evolutivi 20<br />

1.7.4. caratteristiche strutturali 21<br />

1.8 La contortrixobina 22<br />

1.8.1. caratteristiche strutturali 22<br />

1.8.2. caratteristiche funzionali 23<br />

2 SCOPO DELLA TESI 24<br />

3 MATERIALI E METODI 25<br />

3.1 Libreria <strong>di</strong> cDNA 25<br />

3.2 Clonaggio dei cDNA 25<br />

3.3 Espressione 26<br />

3.4 Purificazione della MBP-5TLE 26<br />

3.5 Immobilizzazione del FXa su AffiGel e taglio della proteina <strong>di</strong> fusione 26<br />

3.6 Saggi funzionali: attività su piccoli substrati sintetici 27<br />

3.7 Saggi funzionali: attività su substrati macromolecolari 27<br />

3.7.1. fibrinogeno 27<br />

3.7.2. proteina C 28<br />

3.7.3. plasminogeno 28<br />

3.8 Modello <strong>di</strong> struttura tri<strong>di</strong>mensionale 28<br />

3.9 Determinazione delle caratteristiche strutturali del gel <strong>di</strong> fibrina 28<br />

3.9.1. analisi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione elastica della luce laser 28<br />

3.9.2. coniugazione della trombina con fluoresceina isotiocianato per analisi 30<br />

in microscopia confocale<br />

3.9.3. analisi <strong>di</strong> microscopia confocale 30<br />

4 RISULTATI 31<br />

4.1 Clonaggio, espressione e caratterizzazione della 5TLE 31


Introduzione 3<br />

4.1.1. clonaggio dei cDNA per le TLE 31<br />

4.1.2. espressione 33<br />

4.1.3. saggi funzionali: piccoli substrati sintetici 34<br />

4.1.4. saggi funzionali: substrati macromolecolari 35<br />

4.1.5. taglio della proteina <strong>di</strong> fusione 35<br />

4.2 Attività della contortrixobina 37<br />

4.2.1. attività idrolitica sul fibrinogeno umano 37<br />

4.2.2. attività su altri substrati 38<br />

4.2.3. modello <strong>di</strong> struttura tri<strong>di</strong>mensionale 39<br />

4.3 <strong>Stu<strong>di</strong></strong>o della struttura del coagulo <strong>di</strong> fibrina 43<br />

5 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI 47<br />

5.1 Clonaggio, espressione e caratterizzazione della 5TLE 47<br />

5.2 Caratterizzazione e modello strutturale della contortrixobina 47<br />

5.3 Struttura dei coaguli ottenuti con enzimi <strong>di</strong>versi 51<br />

6 BIBLIOGRAFIA 54


1. INTRODUZIONE<br />

1.1. I veleni <strong>di</strong> serpente<br />

Attualmente sulla terra esistono più <strong>di</strong> 200 specie <strong>di</strong> serpenti velenosi, classificati in<br />

quattro famiglie principali: Hydrophiidae (serpenti marini), Elapidae (cobra), Viperidae<br />

(vipere e vipere dalla fossetta) e Colubridae (colubri<strong>di</strong>).<br />

Nei serpenti velenosi sono presenti, oltre alle ghiandole salivari, le ghiandole del veleno,<br />

che sintetizzano, immagazzinano e secernono, in forma attiva o come precursori, una miscela<br />

<strong>di</strong> proteine e pepti<strong>di</strong> con <strong>di</strong>fferenti strutture e funzioni, in grado <strong>di</strong> interferire con <strong>di</strong>verse<br />

attività fisiologiche.<br />

I componenti del veleno sono abbastanza simili all’interno della stessa famiglia <strong>di</strong> serpenti<br />

(ad esempio le neurotossine si trovano generalmente nei veleni <strong>di</strong> Hydrophiidae e <strong>di</strong><br />

Elapidae, mentre le tossine emorragiche e quelle mionecrotiche sono presenti per lo più nelle<br />

altre due famiglie), ma si <strong>di</strong>fferenziano da specie a specie.<br />

Sulla base della loro attività funzionale, questi composti ad azione tossica possono essere<br />

classificati in: neurotossine, citotossine, car<strong>di</strong>otossine, lectine, <strong>di</strong>sintegrine, pepti<strong>di</strong> che<br />

potenziano la bra<strong>di</strong>chinina, pepti<strong>di</strong> natriuretici, macromolecole in grado <strong>di</strong> formare complessi<br />

con alcuni fattori della coagulazione (col fattore von Willebrand, col fattore IX, col fattore X,<br />

con la glicoproteina Ib), <strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> enzimi (soprattutto proteasi a serina, metalloproteasi e<br />

fosfolipasi, ma anche proteasi a cisteina e ad aspartato, amminotransferasi, catalasi,<br />

ialuronidasi, ATPasi), ed inibitori enzimatici [1].<br />

In questo lavoro, l’attenzione sarà focalizzata sulle proteine che interagiscono con il<br />

sistema della coagulazione umana, ed in particolare sulle proteasi a serina con attività<br />

trombino-simile in<strong>di</strong>cate nella letteratura internazionale come Snake Venom Thrombin-Like<br />

Enzymes (SVTLE). Queste proteine sono interessanti sia dal punto <strong>di</strong> vista applicativo, nel<br />

campo della terapia e della <strong>di</strong>agnostica della coagulazione, sia da quello della ricerca sui<br />

meccanismi <strong>di</strong> riconoscimento molecolare.<br />

1.2. Le proteasi a serina<br />

1.2.1. Generalità<br />

Gli enzimi proteolitici vengono classificati in famiglie <strong>di</strong>verse a seconda del meccanismo<br />

catalitico che utilizzano; si <strong>di</strong>stinguono così le famiglie S, T, C, A, M, rispettivamente per<br />

serina-, treonina-, cisteina-, aspartico- e metallo-proteasi. Il meccanismo catalitico prevede in<br />

tutti i casi l’attacco nucleofilo del sito catalitico dell’enzima al legame pepti<strong>di</strong>co da scindere;<br />

nelle proteasi a serina, a treonina ed a cisteina il nucleofilo è il gruppo ossidrilico o<br />

sulfidrilico <strong>di</strong> un amminoacido dell’enzima, mentre nelle aspartico- e nelle metallo-proteasi è<br />

una molecola d’acqua attivata. Solo nelle Ser/Thr/Cys proteasi si formano quin<strong>di</strong> <strong>degli</strong><br />

interme<strong>di</strong> acilati.


2 Capitolo 1<br />

Le famiglie delle proteasi a serina sono una quarantina, raggruppate in 7 clan sulla base<br />

della loro struttura terziaria e della successione dei residui catalitici nella struttura primaria. Il<br />

loro meccanismo catalitico prevede, oltre alla serina che costituisce il nucleofilo, un donatore<br />

<strong>di</strong> protoni, che nei clan SA, SB, SC ed SH è un residuo <strong>di</strong> isti<strong>di</strong>na; per espletare l’attività<br />

enzimatica è inoltre in genere richiesto un terzo residuo, per cui si parla <strong>di</strong> triade catalitica [2];<br />

questo terzo componente, per lo più <strong>di</strong> aspartato o <strong>di</strong> asparagina, contribuisce ad ottimizzare<br />

l’orientazione dell’anello imidazolico dell’isti<strong>di</strong>na.<br />

Nel clan SA, l’or<strong>di</strong>ne della triade catalitica nella sequenza proteica è His, Asp, Ser e la<br />

struttura terziaria è costituita principalmente da foglietti β. Le proteasi <strong>di</strong> questo gruppo sono<br />

costituite da due domini con la struttura definita con il termine inglese a β−barrel, ed hanno la<br />

tasca che ospita il sito attivo all’interfaccia tra i due domini. Gli enzimi tripsino-simili<br />

appartengono alla famiglia S1 del clan SA delle proteasi a serina, che ha come capostipite la<br />

chimotripsina, la prima <strong>di</strong> cui è stato descritto il sito catalitico ed il meccanismo d’azione, nel<br />

1967 [3].<br />

In queste proteasi l’atomo <strong>di</strong> azoto <strong>di</strong> His57 (la numerazione convenzionale è quella<br />

relativa alla sequenza del chimotripsinogeno [4]) attira verso <strong>di</strong> sé l’idrogeno dell’ossidrile <strong>di</strong><br />

Ser195 (che viene in tal modo polarizzato) e nello stesso tempo Asp102 aiuta His57 ad<br />

effettuare al meglio la polarizzazione; è questa la base <strong>di</strong> partenza per un forte attacco<br />

nucleofilico sull’atomo <strong>di</strong> C del legame pepti<strong>di</strong>co che va incontro a idrolisi (pannello 1, Fig.<br />

1.1.a). Questo atomo <strong>di</strong> C (che ha inizialmente ibridazione sp 2 ) viene convertito in una forma<br />

tetraedrica nello stato <strong>di</strong> transizione del processo proteolitico. La <strong>di</strong>storsione della<br />

conformazione locale della proteasi, imposta dalla formazione dell’interme<strong>di</strong>o tetraedrico, fa<br />

sì che l’ossigeno carbonilico del legame pepti<strong>di</strong>co destinato all’idrolisi, che è ora carico<br />

negativamente (pannello 2, Fig. 1.1.a), si approfon<strong>di</strong> in un anfratto nella struttura proteica,<br />

precedentemente vuoto, chiamato cavità dell’ossianione (Fig. 1.1.b). In questa cavità<br />

l’ossianione (cioè l’interme<strong>di</strong>o caratteristico dello stato <strong>di</strong> transizione) viene stabilizzato da<br />

due interazioni a idrogeno con due gruppi NH della catena carboniosa dell’enzima, interazioni<br />

che contribuiscono ad orientare il substrato nel modo ottimale per la catalisi. L’azoto del<br />

legame pepti<strong>di</strong>co a cui è interessato l’interme<strong>di</strong>o tetraedrico accetta un atomo <strong>di</strong> idrogeno da<br />

His57, cosicché si ha l’indebolimento e la successiva rottura del legame pepti<strong>di</strong>co (pannello 3,<br />

Fig. 1.1.a). In seguito a questo evento la porzione C-terminale del substrato viene rilasciata<br />

dall’enzima, mentre l’altra porzione rimane legata in modo covalente alla proteasi,<br />

costituendo l’interme<strong>di</strong>o acilato o acil-enzima (pannello 3, Fig. 1.1.a). L’attacco nucleofilico<br />

<strong>di</strong> una molecola d’acqua catalizza la deacilazione (pannello 4, Fig. 1.1.a) dell’enzima, con il<br />

rilascio del secondo prodotto <strong>di</strong> reazione (il frammento N-terminale del substrato),<br />

ristabilendo allo stesso tempo l’assetto originario della triade catalitica (pannelli 5 e 6, Fig<br />

1.1.a) [5].


Introduzione 3<br />

(b)<br />

(a)<br />

Figura 1.1. Schema del meccanismo catalitico delle proteasi a serina (a) e stabilizzazione dello stato <strong>di</strong><br />

transizione (b).<br />

1.2.2. Specificità delle proteasi tripsino-simili<br />

Nel descrivere la specificità delle proteasi si utilizza una terminologia in cui il sito<br />

catalitico è visto fiancheggiato da un solo lato o da tutti e due i lati da subsiti <strong>di</strong> specificità,<br />

ciascuno dei quali è in grado <strong>di</strong> accogliere la catena laterale <strong>di</strong> un singolo residuo<br />

aminoaci<strong>di</strong>co. Questi subsiti sono numerati ed identificati a partire dal sito catalitico (o sito <strong>di</strong><br />

specificità primaria) con la seguente simbologia: S1, S2,…Sn, verso l’estremità N-terminale<br />

dell’enzima e S’1, S’2,…S’n verso l’estremità C-terminale. I residui del substrato che sono<br />

accolti nei siti <strong>di</strong> specificità dell’enzima sono invece numerati rispettivamente P1, P2,…Pn, e<br />

P’1, P’2…P’n.


4 Capitolo 1<br />

Il sito catalitico è dunque identificato dagli accoppiamenti tra substrato ed enzima nel modo<br />

seguente, dove + in<strong>di</strong>ca il legame da scindere:<br />

Substrato - P3 - P2 - P1 + P’1 - P’2 - P’3 -<br />

Enzima - S3 - S2 - S1 + S’1 - S’2 - S’3 -<br />

La tasca <strong>di</strong> specificità primaria S1 è altamente conservata all’interno della stessa classe <strong>di</strong><br />

proteasi: così le proteasi chimotripsino-simili presentano in S1 una fessura idrofobica che può<br />

alloggiare la catena laterale aromatica <strong>di</strong> Phe, Tyr o Trp, che costituiscono quin<strong>di</strong> l’estremità<br />

carbossilica del legame da scindere, mentre l’elastasi presenta una depressione idrofobica più<br />

ristretta, che le conferisce specificità per residui piccoli e apolari, in particolare Ala, in P1.<br />

Nelle proteasi a serina tripsino-simili il sito S1 ospita il residuo <strong>di</strong> Asp in posizione 189<br />

che forma un legame ionico con la catena laterale cationica del residuo P1 del substrato [6].<br />

La tripsina taglia quin<strong>di</strong> con grande efficacia quei substrati in cui il gruppo ammi<strong>di</strong>co segue<br />

un residuo <strong>di</strong> Arg o Lys, così come fanno la trombina e le altre proteasi a serina che<br />

intervengono nella coagulazione, tutte tripsino-simili.<br />

1.3. Cenni sul sistema emostatico<br />

L’emostasi è un complesso <strong>di</strong> reazioni biochimiche e cellulari che, pur mantenendo il<br />

sangue allo stato fluido in con<strong>di</strong>zioni fisiologiche, permette <strong>di</strong> rispondere prontamente alla<br />

per<strong>di</strong>ta ematica dovuta ad un danno vascolare, occludendo la rottura nella parete del vaso [7].<br />

In con<strong>di</strong>zioni fisiologiche la flui<strong>di</strong>tà del sangue è mantenuta grazie alla funzionalità<br />

dell’endotelio vascolare che, oltre a costituire un’efficiente barriera tra il sangue e molecole<br />

altamente reattive presenti negli strati più profon<strong>di</strong> della parete vasale, inibisce la<br />

coagulazione del sangue e l’aggregazione piastrinica, e promuove la fibrinolisi.<br />

In seguito ad un danno all’endotelio, dovuto ad azione meccanica o chimica o ad un<br />

processo infiammatorio, si ha dapprima una vasocostrizione locale (fase vascolare) che non<br />

solo riduce l’emorragia, ma, rallentando il flusso ematico, favorisce l’esposizione delle cellule<br />

e dei <strong>di</strong>versi fattori plasmatici ad una serie <strong>di</strong> componenti subendoteliali (collagene,<br />

fibronectina, vitronectina e Fattore von Willebrand, VWF) che attivano le fasi successive<br />

(fase piastrinica e fase coagulativa) stimolando la formazione <strong>di</strong> un tappo emostatico e poi <strong>di</strong><br />

un coagulo stabile; una volta che il danno vasale è stato riparato, il coagulo verrà poi <strong>di</strong>ssolto<br />

nella fase fibrinolitica.<br />

Le piastrine, interagendo tramite proteine recettrici <strong>di</strong> membrana dette integrine con il<br />

collagene subendoteliale, vengono “attivate”, favorendo ulteriormente l’aggregazione<br />

piastrinica sul punto della lesione. Questa stimolazione innesca l’attivazione <strong>di</strong> una serie <strong>di</strong><br />

vie metaboliche nelle piastrine, con il rilascio del contenuto dei granuli, in particolare ADP e<br />

serotonina, che portano, tra l’altro, all’attivazione della Fosfolipasi A2 (PLA2) e quin<strong>di</strong> alla<br />

produzione <strong>di</strong> trombossano A2 (TxA2), uno dei più potenti agonisti dell’attivazione delle<br />

piastrine, con conseguente amplificazione della risposta piastrinica. Nello stesso tempo<br />

l’endotelio libera anche sostanze antagoniste, quali la prostaciclina (PIG2) ed il monossido<br />

d’azoto (NO) che hanno azione vaso<strong>di</strong>latatoria ed inibiscono la risposta piastrinica (fig. 1.2 a).


Introduzione 5<br />

Oltre ad attivare le piastrine, il danno all’endotelio determina l’esposizione del plasma al<br />

Fattore Tissutale (TF) subendoteliale, che attiva la fase coagulativa dell’emostasi, che culmina<br />

nella conversione del fibrinogeno in fibrina e contribuisce a convertire il tappo piastrinico in<br />

un coagulo stabile (fig. 1.2 b).<br />

Figura 1.2. Risposta piastrinica al danno vascolare con attivazione, secrezione ed aggregazione dei trombociti<br />

(formazione del tappo piastrinico) (a) e stabilizzazione del coagulo con una rete <strong>di</strong> fibrina (b). Per le sigle, ve<strong>di</strong> il<br />

testo.<br />

Il TF è una proteina intrinseca <strong>di</strong> membrana che, una volta esposta nell’endotelio<br />

dannneggiato, interagisce con il Fattore VIIa. Questo fattore fa parte <strong>di</strong> un gruppo <strong>di</strong> proteine<br />

vitamina K-<strong>di</strong>pendenti insieme ad altri componenti del sistema coagulativo, come i Fattori IX<br />

e X, la protrombina, la proteina C e la proteina S. Caratteristica comune <strong>di</strong> queste proteine è<br />

una mo<strong>di</strong>ficazione post-traduzionale che avviene negli epatociti ad opera della glutammato<br />

carbossilasi e richiede vitamina K, che aggiunge un gruppo carbossilico ai residui <strong>di</strong><br />

glutammato all’estremità N-terminale, convertendoli in acido γ-carbossiglutammico (Gla). I<br />

due carbossili dei residui Gla legano ioni calcio, fondamentali per l’interazione <strong>di</strong> queste<br />

proteine con i fosfolipi<strong>di</strong> delle membrane e quin<strong>di</strong> per la loro funzionalità. Queste proteine<br />

(con l’eccezione della proteina S, che è un cofattore privo <strong>di</strong> attività enzimatica) sono<br />

zimogeni che vengono attivati da un numero limitato <strong>di</strong> tagli proteolitici in proteasi a serina<br />

ed amplificano l’attivazione delle proteine più a valle nella cascata.<br />

Il complesso TF/FVIIa, che si forma sulla superficie dei monociti o delle cellule<br />

endoteliali danneggiate, ha come substrati i Fattori IX e X, che vengono attivati a FIXa e FXa<br />

e rimangono associati ai fosfolipi<strong>di</strong> <strong>di</strong> membrana, dove interagiscono con altri cofattori: il<br />

FIXa interagisce con il FVIIIa per attivare il Fattore X a Xa, e quest’ultimo interagisce con il


6 Capitolo 1<br />

Fattore Va formando, insieme ai fosfolipi<strong>di</strong> e agli ioni calcio, il cosiddetto complesso della<br />

“protrombinasi”, che converte la protrombina (o Fattore II) in trombina (fig. 1.3).<br />

L’attivazione del Fattore IX si può avere anche attraverso un’altra via, in<strong>di</strong>pendente dal<br />

Fattore tissutale e dal Fattore VII, innescata interamente da componenti presenti nel plasma, e<br />

perciò detta “via intrinseca”. Questa via viene attivata in vitro quando il sangue entra in<br />

contatto con una superficie estranea carica negativamente, e lo zimogeno Fattore XII, o<br />

Fattore <strong>di</strong> Hageman, si autoattiva ed agisce sui suoi substrati, la precallicreina ed il FXI,<br />

convertendoli in callicreina e FXIa; il FXIa, a questo punto attiva il Fattore IX, in presenza <strong>di</strong><br />

ioni calcio ma senza l’intervento <strong>di</strong> altri fattori <strong>di</strong> membrana.(fig. 1.3) (L’attivazione da<br />

contatto del FXII è però importante soprattutto in vivo perché partecipa all’innesco della<br />

risposta infiammatoria, all’attivazione del complemento, all’attivazione del chininogeno ed<br />

alla fibrinolisi).<br />

Il Fattore Xa, che può essere attivato sia dal complesso TF/FVIIa che dal FIXa, con o<br />

senza l’intervento del TF, costituisce l’elemento cataliticamente attivo del complesso della<br />

protrombinasi, che converte la protrombina, o Fattore II, in trombina. Il processo è finemente<br />

regolato dall’azione della stessa trombina che, da un lato, attiva i cofattori VIII e V,<br />

accelerando quin<strong>di</strong> la sua stessa attivazione, e dall’altro attiva la proteina C, che invece<br />

inattiva proteoliticamente i fattori VIII e V, risultando nella modulazione negativa della<br />

produzione <strong>di</strong> trombina.<br />

La protrombina, come gli altri fattori vitamina K-<strong>di</strong>pendenti, è costituita da <strong>di</strong>versi domini<br />

strutturali: una regione N-terminale ricca <strong>di</strong> residui Gla che legano il Ca 2+ , deputata<br />

all’interazione con i fosfolipi<strong>di</strong>, una regione a cui si lega il cofattore, FVa, la regione del<br />

peptide <strong>di</strong> attivazione e il dominio catalitico. L’intervento del Fattore Xa provoca prima la<br />

rimozione proteolitica del dominio ricco <strong>di</strong> Gla ed il <strong>di</strong>stacco della (pre)-trombina dalla<br />

superficie fosfolipi<strong>di</strong>ca e poi, con un secondo taglio, l’attivazione della pre-trombina ad<br />

enzima attivo (α-trombina), costituito da due catene legate da un ponte S-S.<br />

Nella fase finale della cascata coagulativa l’α-trombina agisce sul fibrinogeno, una<br />

glicoproteina solubile ad alto peso molecolare, rimuovendo per <strong>di</strong>gestione proteolitica quattro<br />

brevi pepti<strong>di</strong>, i fibrinopepti<strong>di</strong> A e B, che essendo carichi negativamente, mantenevano il<br />

fibrinogeno in soluzione per repulsione elettrostatica; la loro rimozione trasforma il<br />

fibrinogeno in fibrina che va incontro ad un processo <strong>di</strong> aggregazione spontanea. Le fibre <strong>di</strong><br />

fibrina inglobano il tappo piastrinico e formano il coagulo. La trombina agisce inoltre sul<br />

Fattore XIII, attivandolo a FXIIIa, una transglutaminasi che forma legami crociati tra le fibre<br />

<strong>di</strong> fibrina, e in tal modo stabilizza il coagulo. I dettagli dell’interazione tra trombina e<br />

fibrinogeno e la polimerizzazione della fibrina saranno descritti più avanti.<br />

Dopo la formazione della rete <strong>di</strong> fibrina, una volta che la per<strong>di</strong>ta ematica è stata bloccata, si<br />

attiva il sistema fibrinolitico che <strong>di</strong>ssolve gradualmente il coagulo (fig. 1.3). Responsabile<br />

della rimozione del coagulo è un’altra proteasi a serina, la plasmina, che degrada il reticolo <strong>di</strong><br />

fibrina producendo frammenti solubili a più basso peso molecolare che vengono liberati nel<br />

circolo sanguigno. La plasmina è prodotta in seguito all’attivazione del plasminogeno da parte


Introduzione 7<br />

<strong>di</strong> specifici attivatori, come l’attivatore del plasminogeno <strong>di</strong> tipo tissutale (t-PA) e l’attivatore<br />

del plasminogeno <strong>di</strong> tipo urochinasi (u-PA).<br />

La <strong>di</strong>ssoluzione del coagulo permette la deposizione <strong>di</strong> nuovo collagene, la formazione <strong>di</strong><br />

tessuto fibroso e la riparazione della lesione.<br />

Altri sistemi <strong>di</strong> controllo del processo emostatico sono costituiti dall’inibizione da parte <strong>di</strong><br />

altre proteine plasmatiche (PAI-1, TAFI e PCI nella figura 1.3) e dalla presenza sulla superficie<br />

delle cellule endoteliali <strong>di</strong> trombomodulina (TM), una proteina che legandosi alla trombina ne<br />

impe<strong>di</strong>sce l’interazione col fibrinogeno mentre aumenta la sua attività sulla proteina C, con<br />

effetto anticoagulante, e <strong>di</strong> eparansolfato, che aumenta l’attività dell’AT-III.<br />

Figura 1.3. Rappresentazione schematica della cascata coagulativa e della via fibrinolitica. Sono riportate le<br />

principali interazioni ed i meccanismi <strong>di</strong> retroazione che conducono alla conversione <strong>degli</strong> zimogeni (incorniciati<br />

da rettangoli) a proteasi attive (riportate entro ovali). Le reazioni procoagulanti sono riportate in verde, quelle<br />

con inibitori <strong>di</strong> proteasi con linee nere tratteggiate, la via anticoagulante me<strong>di</strong>ata dalla proteina C in rosso. Le<br />

proteasi vitamina K-<strong>di</strong>pendenti (trombina o fattore II, fattori Xa, IXa, e VIIa, proteina C attivata) sono tutte<br />

regolate dagli ioni Na + (in giallo). Abbreviazioni: aPC, proteina C attivata; PCI, inibitore della proteina C; PL,<br />

fosfolipi<strong>di</strong>; PS, proteina S;; TF, fattore tissutale; TFPI, inibitore della via iniziata dal fattore tissutale; TM,<br />

trombomodulina; tPA, attivatore tissutale del plasminogeno; Uk, urochinasi; Sk, streptochinasi; PAI-1 inibitore<br />

dell’attivatore del plasminogeno.<br />

L’emostasi è dunque un processo molto complesso e, qualora si verifichi un danno alla<br />

parete vasale, la coagulazione viene attivata in modo esplosivo per impe<strong>di</strong>re un’eccessiva<br />

per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> sangue. Di conseguenza, se il controllo dello stimolo emostatico non è ben regolato,<br />

per uno squilibrio nel sistema <strong>di</strong> inibizione o perché aumentano i fattori procoagulanti,<br />

possono verificarsi malattie tromboemboliche.


8 Capitolo 1<br />

1.4. La trombina<br />

1.4.1. Generalità<br />

La trombina svolge un ruolo chiave in <strong>di</strong>verse tappe del processo emostatico con effetti sia<br />

procoagulanti, attivando i fattori V, VIII e XIII e la conversione del fibrinogeno in fibrina, che<br />

anticoagulanti me<strong>di</strong>ante l’attivazione della proteina C che a sua volta, insieme con la proteina<br />

S, rende inattivo il fattore Va. Oltre al suo ruolo primario nella coagulazione, la trombina ha<br />

vari importanti effetti su <strong>di</strong>verse linee cellulari a seguito del suo legame con specifici recettori<br />

[8, 9]. In particolare, induce l’aggregazione delle piastrine e stimola la loro secrezione;<br />

determina la mitogenesi nei fibroblasti e nelle cellule della linea macrofagica; si lega agli<br />

endoteli e alla matrice subendoteliale extracellulare.<br />

Nel sangue, la trombina ha un’emivita molto breve, dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> pochi minuti, a causa<br />

della rimozione da parte dell’antitrombina III, che forma un addotto inattivo con la proteasi in<br />

presenza <strong>di</strong> eparina [10].<br />

Tutte la reazioni della trombina sono influenzate dall’equilibrio tra due conformazioni:<br />

una forma detta lenta ed una detta veloce, in base alla rapi<strong>di</strong>tà con cui taglia i fibrinopepti<strong>di</strong><br />

dal fibrinogeno. La transizione tra le due conformazioni (lenta→veloce) è innescata dal<br />

legame dello ione Na + ad un sito specifico (Fig. 1.4 a), che stabilizza la forma veloce e<br />

determina un innalzamento della specificità nei confronti <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi leganti sia sintetici che<br />

fisiologici [11].<br />

La forma veloce, cioè quella che ha il Na + legato, mostra una maggiore affinità per il<br />

fibrinogeno, per i recettori cellulari, per la trombomodulina e per l’antitrombina III, mentre la<br />

forma lenta, priva <strong>di</strong> Na + , è più specifica per la proteina C [12]. Si comprende perciò<br />

facilmente come la ripartizione della trombina fra le due conformazioni rivesta grande<br />

importanza per lo stato <strong>di</strong> salute. In con<strong>di</strong>zioni fisiologiche <strong>di</strong> pH e <strong>di</strong> temperatura, la<br />

concentrazione <strong>di</strong> <strong>di</strong>ssociazione all’equilibrio <strong>degli</strong> ioni Na + è 110 mM, un valore che si<br />

avvicina molto alla concentrazione del NaCl nel sangue (145 mM). Questo fatto rende le<br />

forme veloce e lenta della trombina ugualmente popolate in vivo (in un rapporto <strong>di</strong> 3:2), ed<br />

assicura che la posizione dell’equilibrio sia collocata in modo ottimale per la sua regolazione<br />

allosterica me<strong>di</strong>ante cofattori, come la fibrina (procoagulante) e l’eparina (anticoagulante).<br />

Sia nella trombina che in altre proteasi a serina della famiglia S1, un residuo fondamentale<br />

per il legame del Na + è Tyr225. Infatti la mutazione Tyr225Pro abolisce il legame del Na + e<br />

stabilizza l’enzima nella forma lenta [13].Questo residuo riveste anche un importante<br />

significato evolutivo e funzionale: in tutte le proteasi a serina la posizione 225 è occupata<br />

unicamente da una tirosina o da una prolina, ed il residuo presente corrisponde ad una<br />

sud<strong>di</strong>visione filogenetica delle proteasi in due gran<strong>di</strong> gruppi. Gli enzimi che presentano<br />

Tyr225, come la trombina, sono presenti solo tra i vertebrati, e sono coinvolti in funzioni<br />

specializzate, come la coagulazione del sangue o il sistema del complemento; tutte queste<br />

proteasi sono regolate allostericamente dal legame del so<strong>di</strong>o. Nelle proteasi che presentano<br />

Pro225, invece, il Na + non può legarsi e la loro attività è insensibile alla concentrazione <strong>di</strong><br />

tale ione; queste proteasi, come la tripsina, hanno per lo più funzioni <strong>di</strong>gestive e sono presenti


Introduzione 9<br />

anche in organismi primitivi come gli eubatteri [13]. Anche le proteasi <strong>di</strong> serpente<br />

appartengono a questo gruppo.<br />

1.4.2. Struttura e meccanismi molecolari dell’attività della trombina<br />

La α-trombina (o semplicemente trombina) è una proteasi a serina costituita da due catene<br />

polipepti<strong>di</strong>che denominate A e B (rispettivamente <strong>di</strong> 36 e 259 residui), legate covalentemente<br />

da un ponte <strong>di</strong>solfuro [4].<br />

La catena A si trova in posizione opposta rispetto alla tasca del sito attivo sulla catena B,<br />

in posizione topologica simile al peptide <strong>di</strong> attivazione del chimotripsinogeno, ma la sua<br />

funzione è rimasta a lungo poco chiara. <strong>Stu<strong>di</strong></strong> sulla catena B isolata hanno però rivelato una<br />

marcata riduzione dell’attività proteolitica ed amidasica della proteina, e indagini recenti su<br />

mutanti naturali <strong>di</strong> protrombina con la delezione <strong>di</strong> due residui contigui <strong>di</strong> Lys nella catena A<br />

[14] hanno permesso <strong>di</strong> ipotizzare un ruolo <strong>di</strong> regolazione allosterica per questa catena non<br />

catalitica, come già osservato nell’attivatore del plasminogeno e nell’urochinasi [15].<br />

Gli epitopi (o siti <strong>di</strong> riconoscimento) funzionali dell’enzima si trovano tutti sulla catena B,<br />

che mostra il tipico arrangiamento tri<strong>di</strong>mensionale delle proteasi a serina tripsino-simili,<br />

costituito da due domini a β−barrel aventi struttura simile e <strong>di</strong>sposti in modo asimmetrico così<br />

da accomodare nell’interfaccia i residui della triade catalitica: His57, Asp102 e Ser195 (Fig.<br />

1.4).<br />

Rispetto alla tripsina ed alla chimotripsina, nella trombina sono presenti numerose inserzioni<br />

sotto forma <strong>di</strong> anse che connettono i foglietti β presenti nella catena B (Fig. 1.4).<br />

Trp215<br />

•<br />

Sito <strong>di</strong><br />

legame del<br />

Na +<br />

Sito arilico<br />

Esosito II<br />

Trp60d<br />

N<br />

Ansa <strong>di</strong> autolisi<br />

Arg75<br />

C<br />

Tyr76<br />

Esosito I<br />

(a)<br />

Figura 1.4. Struttura tri<strong>di</strong>mensionale della catena B della α-trombina umana nella sua forma veloce (a), con i<br />

residui più importanti per il riconoscimento evidenziati, e della β-tripsina bovina (b), dove sono evidenziati i<br />

residui della triade catalitica. L’ansa intorno alla Tyr76 nella trombina è topologicamente corrispondente all’ansa<br />

che lega il Ca 2+ nella tripsina.<br />

Due <strong>di</strong> queste inserzioni, l’ansa Trp60d e l’ansa <strong>di</strong> autolisi, delimitano e nello stesso<br />

tempo restringono l’accesso al sito attivo. L’ansa Trp60d definisce il margine superiore del<br />

sito attivo ed allontana il solvente da His57 e Ser195. Quest’ansa è costituita da nove residui,<br />

(b)


10 Capitolo 1<br />

da Tyr60a a Ile60i, e sporge nel solvente con la voluminosa catena laterale del Trp60d,<br />

responsabile dell’ingombro sterico che riduce l’accesso al sito attivo; è fondamentale per<br />

l’inibizione della trombina da parte dell’ATIII [16] e concorre all’interazione con il<br />

fibrinogeno [17, 18].<br />

L’ansa <strong>di</strong> autolisi, così chiamata per la sua suscettibilità al taglio proteolitico, delimita il<br />

margine inferiore dell’accesso al sito attivo. E’ costituita da nove residui, più estesa rispetto alla<br />

corrispondente regione della tripsina, per l’inserzione <strong>di</strong> cinque residui, da Ala149a a Lys149e.<br />

Oltre a queste due inserzioni, la zona <strong>di</strong> accesso al sito attivo comprende anche il residuo<br />

Glu192, la cui carica negativa gioca un ruolo determinante nel <strong>di</strong>scriminare substrati con<br />

gruppi aci<strong>di</strong> in prossimità del legame pepti<strong>di</strong>co che va incontro a idrolisi, come accade per la<br />

proteina C e per il recettore I della trombina.<br />

La specificità dell’α-trombina è simile, ma più ristretta rispetto a quella della β-tripsina.<br />

Tali restrizioni nel riconoscimento molecolare sono il risultato <strong>di</strong> a) l’occlusione parziale del<br />

sito attivo dovuta all’ansa Trp60d e alla maggiore estensione dell’ansa <strong>di</strong> autolisi, che<br />

limitano l’accesso <strong>di</strong> substrati macromolecolari, b) una maggiore selettività per i residui P3,<br />

P2, P’2 e P’3, e c) l’impiego <strong>di</strong> estese aree <strong>di</strong> interazione, dette esositi, <strong>di</strong>stanti dal sito attivo.<br />

Nella tabella 1.1 sono riportati alcuni tratti della sequenza <strong>di</strong> substrati naturali della<br />

trombina ed il punto dell’attacco proteolitico.<br />

Tabella 1.1. Siti <strong>di</strong> taglio dell’α-trombina su substrati naturali<br />

Substrato Sequenza<br />

Catena Aα del fibrinogeno FLAEGGGVR ↓ GPRVVVERH<br />

Catena Bβ del fibrinogeno NEEGFFSAR ↓ GHRPLDK<br />

Fattore XIII TVELEGVPR ↓ GVLNQQ<br />

Fattore VIII LSNNAIGPR ↓ SFSQNSRHP<br />

Fattore V RLAAALGIR ↓ SFRNSSLNQ<br />

Fattore VII RNASKPQGR ↓ IVGGKVCPK<br />

Recettore 1 della trombina ATNATLDPR ↓ SFLLRNPND<br />

Recettore 2 della trombina LAKPTLPIK ↓ TFRGAPPNS<br />

Proteina C NQGDQVDPR ↓ LIDGKMTRR<br />

Fatta eccezione per il residuo cationico (Arg o Lys) in posizione P1, l’intorno del legame<br />

tagliato sembra essere scarsamente conservato. La specificità tripsino-simile per i residui basici<br />

in P1 è conferita a questo enzima dalla presenza <strong>di</strong> Asp189 nel sito S1 che occupa il fondo della<br />

tasca <strong>di</strong> specificità primaria. Dal confronto delle catene del fibrinogeno con la proteina C<br />

emerge una netta <strong>di</strong>fferenza: la proteina C presenta Asp in P3 e P’3, mentre il fibrinogeno ha<br />

Gly o Ser in P3 ed un residuo basico (Arg) in P’3. Tutto ciò suggerisce che il sito S3 della<br />

trombina non possa essere lo stesso per i due substrati e che quando la trombina passa dallo<br />

stato procoagulante della forma veloce a quello anticoagulante della forma lenta debba aver<br />

luogo un cambiamento conformazionale in questa regione.<br />

La specificità della trombina verso i suoi substrati fisiologici <strong>di</strong> tipo procoagulante o <strong>di</strong><br />

tipo anticoagulante è regolata allostericamente dall’interazione <strong>di</strong> substrati, inibitori ed<br />

effettori macromolecolari con uno dei due siti <strong>di</strong> legame fortemente elettropositivi, esosito I


Introduzione 11<br />

ed esosito II, che si trovano in posizioni quasi opposte sulla superficie enzimatica, e con il sito<br />

arilico, o sito <strong>di</strong> legame apolare (Fig 1.4 e Tab. 1.2).<br />

Tabella 1.2. Amminoaci<strong>di</strong> che costituiscono i siti <strong>di</strong> legame al <strong>di</strong> fuori del centro catalitico dell’α-trombina.<br />

Esosito I Esosito II Sito arilico<br />

Arg35 Arg93 Leu99<br />

Lys36 Arg97 Ile174<br />

Arg67 Arg101 Trp215<br />

Lys70 Arg126<br />

Arg73 Arg165<br />

Arg75 Lys169<br />

Tyr76 Arg 173<br />

Arg77a Arg 175<br />

Lys81 Arg233<br />

Lys109 Lys235<br />

Lys110 Lys236<br />

Lys149e Lys240<br />

L’ansa che protrude verso il solvente ed è centrata intorno a Lys70 è omologa all’ansa che<br />

nella tripsina e nella chimotripsina lega il Ca 2+ [19] (Fig. 1.4) e costituisce, insieme ad altri<br />

residui, il cosiddetto Esosito I (o sito <strong>di</strong> riconoscimento per il fibrinogeno o anche ABE I da<br />

Anion Bin<strong>di</strong>ng Exosite I). Questo esosito, <strong>di</strong>stante circa 20 Å dal sito attivo, è caratterizzato da<br />

un’abbondante presenza <strong>di</strong> residui carichi positivamente (Tab. 1.2), il cui campo elettrostatico<br />

totale favorisce l’interazione dell’enzima con il fibrinogeno [20], con la fibrina I e II, con la<br />

trombomodulina [21], con do<strong>di</strong>ci residui C-terminali dell’iru<strong>di</strong>na [22] e con i recettori cellulari<br />

dell’α-trombina [23].<br />

Sul lato opposto rispetto all’esosito I, è localizzata una struttura elicoidale C-terminale,<br />

anch’essa ricca <strong>di</strong> residui carichi positivamente, che costituisce il cosiddetto Esosito II (o<br />

esosito per l’eparina o anche ABE II da Anion Bin<strong>di</strong>ng Exosite II) (fig. 1.4a). Questo è il sito<br />

responsabile dell’interazione con leganti polianionici come l’eparina [24, 25], altri<br />

glicosamminoglicani e la porzione costituita da condroitinsolfato della trombomodulina [26].<br />

Esistono infine alcuni substrati macromolecolari - come i fattori V, Va ed VIII -oltre alla<br />

glicoproteina Ibα delle piastrine ed alla botrojaracina (un inibitore purificato dal veleno <strong>di</strong><br />

Bothrops jararaca [27]) che interagiscono contemporaneamente con ambedue gli esositi.<br />

Molto importante per l’interazione con i <strong>di</strong>versi substrati è anche il cosiddetto sito arilico,<br />

in prossimità del sito attivo, costituito da residui apolari che accolgono catene laterali<br />

idrofobiche o aromatiche. Questo sito è fondamentale per l’interazione con il fibrinogeno<br />

[28].<br />

Anche l’ansa <strong>di</strong> autolisi, che si trova tra il sito <strong>di</strong> legame per il Na + e l’esosito I, è<br />

determinante per le proprietà della trombina: il taglio proteolitico della sola inserzione Ala<br />

149a-Lys149e non sembra produrre cambiamenti funzionali rilevanti, mentre la delezione<br />

dell’intera ansa da Glu146 a Lys149e produce la per<strong>di</strong>ta dell’attività sul fibrinogeno riducendo


12 Capitolo 1<br />

solo leggermente quella sulla proteina C; la trombina priva dell’ansa <strong>di</strong> autolisi risulta quin<strong>di</strong><br />

essere un enzima prettamente anticoagulante [29].<br />

1.5. Il fibrinogeno<br />

1.5.1. Generalità<br />

Il fibrinogeno è una grossa glicoproteina <strong>di</strong> circa 340 kDa prodotta dal fegato e secreta nel<br />

plasma. I primi dettagli della sua struttura sono stati forniti da osservazioni in microscopia<br />

elettronica [30] che hanno rivelato una molecola allungata, <strong>di</strong> circa 45 nm e larga 6-9 nm,<br />

costituita da due domini globulari <strong>di</strong>stali (domini D) connessi ad un dominio centrale più<br />

piccolo (dominio E) tramite due regioni allungate, che si sono poi <strong>di</strong>mostrate essere<br />

avvolgimenti <strong>di</strong> tre catene polipepti<strong>di</strong>che (fig. 1.5).<br />

Analisi biochimiche hanno <strong>di</strong>mostrato che la molecola è formata da tre paia <strong>di</strong> catene<br />

<strong>di</strong>verse (Aα2Bβ2γ2) rispettivamente <strong>di</strong> 610, 461 e 411 residui. Le tre catene sono legate tra<br />

loro da numerosi ponti <strong>di</strong>solfuro in modo tale che le sei estremità N-terminali sono unite nella<br />

regione centrale. A questo livello sporgono i brevi tratti N-terminali delle catene Aα e Bβ che<br />

costituiscono i fibrinopepti<strong>di</strong>, FpA e FpB, che vengono tagliati quando inizia il processo <strong>di</strong><br />

gelificazione.<br />

Dominio E<br />

Domini D<br />

(a)<br />

Figura 1.5. Rappresentazioni schematiche del fibrinogeno: a) modello semplificato tracciato sulla base dei dati<br />

<strong>di</strong> microscopia elettronica (immagine in alto a destra); b) dettagli strutturali (anche in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni)<br />

dedotti da stu<strong>di</strong> biochimici e biofisici. Per il significato dei simboli ve<strong>di</strong> il testo.<br />

(b)


Introduzione 13<br />

La proteina è dunque un <strong>di</strong>mero covalente con un asse binario centrale da cui le tre catene<br />

si <strong>di</strong>partono in <strong>di</strong>rezioni opposte. Le regioni globulari <strong>di</strong>stali sono costituite dalle regioni Cterminali<br />

delle catene Bβ e γ, [31] mentre le catene Aα hanno una regione C-terminale<br />

<strong>di</strong>stinta dal dominio globulare D e molto esposta ad attacchi proteolitici. Esperimenti <strong>di</strong><br />

proteolisi limitata con plasmina, tripsina ed altre proteasi hanno prodotto frammenti simili, ed<br />

hanno permesso <strong>di</strong> confermare la struttura multidominio del fibrinogeno [32].<br />

1.5.2. Eterogeneità a livello molecolare<br />

Il fibrinogeno circola nel sangue come una popolazione proteica eterogenea costituita da<br />

una varietà <strong>di</strong> molecole che <strong>di</strong>fferiscono le une dalle altre per caratteristiche più o meno<br />

importanti [33]. Sia le catene Aα che le catene γ si trovano in due forme <strong>di</strong>fferenti. Così,<br />

una piccola percentuale (1-2%) <strong>di</strong> molecole <strong>di</strong> fibrinogeno presenta un’estensione <strong>di</strong> 237<br />

amminoaci<strong>di</strong> nell’estremità C-terminale delle catene Aα (tale forma è nota come Fib420,<br />

per la sua massa molare che è appunto <strong>di</strong> 420kDa). In circa il 10% delle catene γ (dette<br />

anche γA), gli ultimi quattro residui del tratto C-terminale sono sostituiti da un peptide <strong>di</strong> 20<br />

amminoaci<strong>di</strong> e questa catena più estesa è in<strong>di</strong>cata come γ’.<br />

Per quanto riguarda le mo<strong>di</strong>ficazioni post-traduzionali, si possono ricordare: la fosforilazione<br />

(che interessa il 25% <strong>di</strong> Aα3Ser e Aα345Ser), l’ossidrilazione (che riguarda il 20% <strong>di</strong> Bβ31Pro),<br />

l’ossidazione delle metionine (la cui percentuale varia in funzione <strong>degli</strong> stress ossidativi e del<br />

fumo <strong>di</strong> sigaretta dallo 0 % al 20%) e la glicazione (specialmente in soggetti <strong>di</strong>abetici).<br />

Esistono molte forme <strong>di</strong> fibrinogeno degradate da attacchi proteolitici limitati,<br />

specialmente da parte della trombina, della plasmina, dell’elastasi leucocitaria e <strong>di</strong> varie<br />

metallo-proteasi della matrice.<br />

Le catene Aα possono essere accorciate proteoliticamente alle due estremità: nella parte<br />

N-terminale può mancare il primo residuo, una alanina, nel 10% delle catene, mentre nella<br />

zona C-terminale possono essere eliminati da 27 a 340 residui; la popolazione del fibrinogeno<br />

circolante può pertanto essere <strong>di</strong>stinta nelle forme HMW, con massa molare normale, pari a<br />

340kDa, LMW, <strong>di</strong> 305 kDa e LMW’, <strong>di</strong> 270 kDa. Nelle persone sane le tre forme <strong>di</strong><br />

fibrinogeno rappresentano il 70%, il 25% ed il 5% del totale che circola nel plasma, ma una<br />

maggiore preponderanza <strong>di</strong> forme troncate è associata a <strong>di</strong>verse patologie della coagulazione.<br />

Le catene γ possono essere parzialmente degradate nella regione C-terminale: nel 6% <strong>di</strong><br />

queste catene mancano gli ultimi 110 amminoaci<strong>di</strong>.<br />

1.5.3. Conversione del fibrinogeno a fibrina<br />

La conversione del fibrinogeno circolante nel sangue in coagulo <strong>di</strong> fibrina è dovuta alla<br />

proteolisi limitata catalizzata dalla trombina a livello dei due residui Arg-Aα16 e dei due<br />

residui Arg-Bβ14 del fibrinogeno.<br />

Questi due eventi proteolitici determinano la liberazione <strong>di</strong> due molecole <strong>di</strong> FpA e due <strong>di</strong><br />

FpB dalla regione N-terminale delle catene Aα e Bβ del fibrinogeno, la conversione del<br />

fibrinogeno in fibrina I e fibrina II e la loro polimerizzazione, secondo lo schema <strong>di</strong> reazione:


14 Capitolo 1<br />

Fibrinogeno<br />

(AαΒβγ)<br />

k3<br />

Aαβγ<br />

FpB<br />

FpA<br />

k1<br />

k p<br />

k -p<br />

Protofibrille<br />

(αΒβγ)2<br />

2 FpB<br />

Fibrina II<br />

(αβγ)2<br />

Fibre<br />

dove k1 e k2 in<strong>di</strong>cano le costanti cinetiche dei processi <strong>di</strong> liberazione dei fibrinopepti<strong>di</strong> A e B,<br />

mentre kp e k -p sono le costanti cinetiche <strong>di</strong> polimerizzazione e depolimerizzazione [34]. Le<br />

reazioni associate alle costanti k3 e k4 sono possibili, ma <strong>di</strong> gran lunga meno importanti per la<br />

liberazione <strong>di</strong> FpB rispetto alla reazione relativa alla k2, che è quella sperimentalmente<br />

predominante (ve<strong>di</strong> oltre).<br />

1.5.4. Meccanismo <strong>di</strong> polimerizzazione della fibrina<br />

Il modello cinetico <strong>di</strong> polimerizzazione in<strong>di</strong>cato nello schema precedente è confortato da<br />

numerosi dati cristallografici e biochimici [35, 36]. Si tratta <strong>di</strong> un processo altamente<br />

or<strong>di</strong>nato, che inizia con l’idrolisi del legame tra i residui Arg16 e Gly17 delle catene α, con<br />

liberazione <strong>di</strong> un peptide N-terminale <strong>di</strong> 16 amminoaci<strong>di</strong> (FpA). il monomero <strong>di</strong> fibrina I che<br />

ne risulta espone al solvente la nuova estremità amino-terminale, con sequenza Gly-Pro-Arg,<br />

che costituisce un sito <strong>di</strong> polimerizzazione al centro del dominio E, detto EA. Il dominio EA<br />

tende a combinarsi con un sito complementare <strong>di</strong> legame che si trova sulla regione C-terminale<br />

delle catene γ, nel dominio D <strong>di</strong> un altro monomero <strong>di</strong> fibrina (Da); l’associazione EA:Da ha<br />

fondamentalmente carattere elettrostatico e dà luogo alla formazione <strong>di</strong> oligomeri (protofibrille)<br />

costituiti dall’accoppiamento <strong>di</strong> due filamenti <strong>di</strong> monomeri <strong>di</strong> fibrina associati l’uno all’altro, ma<br />

sfasati <strong>di</strong> mezza molecola (Fig. 1.6) che si accresce in lunghezza fino a 10-15 monomeri Il doppio<br />

filamento della protofibrilla è rinforzato da legami crociati isopepti<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> ε-(γglutammil)lisina<br />

introdotti dal Fattore XIIIa tra le catene γ <strong>di</strong> due monomeri <strong>di</strong> fibrina I<br />

a<strong>di</strong>acenti (fig. 1.6).<br />

Da<br />

EA<br />

Fibrina I<br />

(αΒβγ)<br />

k4<br />

αβγ<br />

FpB<br />

EA:Da γ:γ<br />

γ:γ<br />

Figura 1.6. Formazione delle protofibrille <strong>di</strong> fibrina I dopo il rilascio dei FpA, con interazioni elettrostatiche<br />

EA:Da e legami crociati γ:γ .<br />

Il taglio proteolitico tra Arg14 e Gly15 dalle catene β della fibrina I nelle protofibrille,<br />

porta alla liberazione del fibrinopeptide B, <strong>di</strong> 14 residui, e converte la fibrina I in fibrina II,<br />

che espone la nuova sequenza N-terminale Gly-His-Arg-Pro (β15-18). Questa nuova estremità<br />

della catena β costituisce il sito <strong>di</strong> polimerizzazione EB che tende ad interagire con i siti<br />

k2


Introduzione 15<br />

complementari Db nella regione C-terminale delle catene β, nel dominio D della stessa<br />

protofibrilla o <strong>di</strong> protofibrille <strong>di</strong>verse, che tendono così ad interagire in senso assiale. Anche i<br />

domini C-terminali delle catene α, che nel fibrinogeno stabiliscono interazioni intramolecolari,<br />

sono coinvolte nell’interazione intermolecolari tra protofibrille in seguito al rilascio dei FpB.<br />

L’intervento del Fattore XIIIa inserisce infine ulteriori legami crociati tra i domini D <strong>di</strong><br />

protofibrille a<strong>di</strong>acenti (fig. 1.7).<br />

Fattore<br />

XIIIa<br />

Figura 1.7. Rappresentazione schematica dell’accrescimento della fibra <strong>di</strong> fibrina in seguito all’associazione<br />

assiale <strong>di</strong> protofibrille.<br />

A questo punto, se da un lato è generalmente assodato che la liberazione del FpB favorisce<br />

l’aggregazione laterale delle protofibrille e quin<strong>di</strong> l’ispessimento della fibra, il meccanismo <strong>di</strong><br />

associazione laterale tra le protofibrille è più controverso. Infatti, proteasi <strong>di</strong> veleno <strong>di</strong><br />

serpente, quali l’ancrod e la batroxobina, che sono note liberare esclusivamente i FpA,<br />

portano comunque alla formazione <strong>di</strong> coaguli <strong>di</strong> fibre, anche se <strong>di</strong>fferenti nelle loro<br />

caratteristiche fisiche da quelli ottenuti con trombina; è inoltre <strong>di</strong>mostrato che i meccanismi <strong>di</strong><br />

polimerizzazione laterale possono variare notevolmente in vitro a seconda delle con<strong>di</strong>zioni<br />

ambientali, quali pH, forza ionica, concentrazione <strong>di</strong> ioni Ca2 + , conducendo a fibre più o<br />

meno spesse.<br />

Il coagulo che si forma ha, in genere, un notevole contenuto <strong>di</strong> solvente, pari a circa l’80 %;<br />

questa elevata idratazione, è fondamentale per la funzionalità dei meccanismi <strong>di</strong> coagulazione<br />

e fibrinolisi, in quanto consente la permeabilità ad una grande varietà <strong>di</strong> agenti plasmatici,<br />

come trombina, Fattore XIIIa, plasminogeno, t-PA. la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> queste macromolecole<br />

all’interno del coagulo <strong>di</strong>pende in varia misura dalla struttura delle fibre, e quin<strong>di</strong> dalle<br />

con<strong>di</strong>zioni ambientali e dal meccanismo secondo cui esse si formano [Yang et al. PNAS<br />

2000].<br />

1.6. Interazione tra α-trombina e fibrinogeno<br />

I determinanti del riconoscimento del fibrinogeno da parte della α-trombina sono stati<br />

identificati me<strong>di</strong>ante stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> mutagenesi sito-specifica, integrati con le conoscenze fornite<br />

da varianti naturali del fibrinogeno associate a <strong>di</strong>sturbi della coagulazione e dai risultati<br />

cristallografici e <strong>di</strong> spettroscopia NMR [37, 38]. Sulla base <strong>di</strong> queste conoscenze è stato<br />

possibile costruire un modello <strong>di</strong> interazione della trombina con un tratto molto ampio del<br />

fibrinogeno, corrispondente rispettivamente ai residui 20-62 e 31-72 (la numerazione inizia<br />

dal peptide segnale) all’estremità N-terminale delle catene Aα e Bβ [28].<br />

Circa un quarto <strong>di</strong> tutta la superficie della α-trombina (35 nm 2 ) è interessata<br />

all’interazione con le catene Aα del fibrinogeno. In particolare, secondo questo modello,


16 Capitolo 1<br />

(Fig. 1.8) i residui 20-25 (considerando per la numerazione anche il peptide segnale) della<br />

catena Aα interagiscono con l’esosito II; i residui 26-38 si legano nell’intorno del sito<br />

attivo; i residui 39-48 si inseriscono nel solco <strong>di</strong> connessione tra il sito attivo e l’esosito I,<br />

ed i residui 49-57 contattano l’esosito I.<br />

27 30 34 37<br />

| | | |<br />

20-ADSGEGDFLAEGGGVR↓GPRVVE-RHQSACK-DSDWPFCSDEDWNY-62<br />

Esosito-----sito- -----solco <strong>di</strong>---esosito------<br />

--II-------attivo ---connessione----I---------<br />

31-QGVNDNEEGFF-----SAR↓GHRPLDKKREEAPSLRPALPPISGGGYR-72<br />

| | | |<br />

37 41 43 46<br />

Figura 1.8. possibile allineamento tra catene Aa e Bb e zone <strong>di</strong> interazione con la trombina umana, secondo il<br />

modello <strong>di</strong> Rose e Di Cera (2002)<br />

Analogamente, i residui N-terminali 31-39 delle catene Bβ interagiscono con l’esosito II; i<br />

residui 40-47 si legano al sito attivo; i residui 48-58 si <strong>di</strong>spongono nel solco <strong>di</strong> connessione<br />

tra il sito attivo e l’esosito I, ed i residui 59-72 contattano l’esosito I (fig. 1.8).<br />

Figura 1.9. Modello tri<strong>di</strong>mensionale dei siti <strong>di</strong> interazione tra l’α trombina umana (residui in nero) e la catena<br />

Aα (blu in A e B) e Bβ (magenta in C e D) del fibrinogeno. In A e C la struttura è orientata in modo da avere il<br />

sito attivo al centro, mentre in B e D è centrata sull’Esosito I.<br />

In verde sono rappresentati i pepti<strong>di</strong> derivati dalle strutture cristallografiche in interazione con la trombina: A):<br />

fibrinopeptide A, co<strong>di</strong>ce pdb 1BBR; B) e D): peptide C-terminale dell’iru<strong>di</strong>na, co<strong>di</strong>ce pdb 1HAH. C): peptide Nterminale<br />

LDPR del recettore trombinico sulle piastrine, co<strong>di</strong>ce pdb 1NRS.<br />

In E sono elencati i principali contatti fibrinogeno-trombina (da Rose and Di Cera 2002).


Introduzione 17<br />

Nella figura 1.9 sono riportati i contatti tra le due molecole. Oltre alla canonica coppia<br />

ionica tra i residui <strong>di</strong> Arg in P1 delle catene Aα e Bβ del fibrinogeno con Asp189 in S1, tre<br />

interazioni intorno al sito attivo sembrano rivestire particolare importanza per il legame del<br />

fibrinogeno con l’enzima:<br />

1) l’interazione idrofobica data da Aα-Phe27 in P9 e da Bβ-Phe41 con il sito arilico<br />

delineato dai residui W215, I174 e L99 della trombina è quella più rilevante;<br />

2) l’interazione idrofobica <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi residui del fibrinogeno con l’ansa 60 della trombina<br />

(Aα-Val34 in P2 e Aα-Leu28 in P6 con i residui Y60a e W60d, ed Aα-Pro37 in P2’ con<br />

W60d; per le catene Bβ i contatti simili possono essere dati da Bβ-Ala 43 in P2 e da Bβ-<br />

His46 in P2’);<br />

3) un ponte salino tra Aα-Glu30, in P6 e Arg173 dell’enzima, nell’ansa 174; secondo<br />

questo modello questo contatto è stabilito, nelle catene Bβ, dal Bβ-Glu37.<br />

Fondamentali per la specificità <strong>di</strong> interazione trombina-fibrinogeno sono poi i contatti con<br />

l’esosito I, la regione a forte carica positiva nella trombina; In questa zona il residuo<br />

fondamentale per il riconoscimento sembra essere Tyr76, che stabilisce interazioni apolari<br />

con entrambe le catene; le interazioni elettrostatiche avrebbero pertanto il ruolo <strong>di</strong> consentire<br />

il corretto orientamento dell’ansa Lys70-Glu80.<br />

La localizzazione topologica <strong>di</strong> tutte le regioni funzionalmente rilevanti sulla superficie<br />

della α-trombina è riassunta nella fig. 1.10.<br />

(a) (b)<br />

Figura 1.10. Siti <strong>di</strong> interazione della trombina. In (a) la superficie della molecola è sud<strong>di</strong>visa in regioni<br />

funzionalmente rilevanti ed in (b) i singoli residui sono mostrati nella loro localizzazione approssimata.<br />

L’orientazione della molecola è tale che un substrato pepti<strong>di</strong>co va da sinistra a destra lungo la cavità centrale in<br />

cui si trova la triade catalitica; Simboli: ▼, triade catalitica; S1-S6, subsiti <strong>di</strong> specificità N-terminali per il<br />

riconoscimento del fibrinogeno; A, sito arilico; F, esosito I; H, esosito II; G, sito <strong>di</strong> glicosilazione; S’1-S’3,<br />

subsiti <strong>di</strong> specificità C-terminali per il riconoscimento del fibrinogeno.<br />

Alcune <strong>di</strong> queste interazioni sono conservate nelle proteasi da veleno <strong>di</strong> serpente, mentre<br />

altre sono ridotte o assenti; per questo motivo possono essere ipotizzati, per queste proteasi,<br />

meccanismi <strong>di</strong> riconoscimento alternativi (ve<strong>di</strong> oltre).


18 Capitolo 1<br />

1.7. Le proteine <strong>di</strong> veleni <strong>di</strong> serpente<br />

1.7.1. Azione sull’emostasi e utilizzo <strong>di</strong>agnostico o clinico<br />

I veleni <strong>di</strong> serpente contengono una gran quantità <strong>di</strong> proteine che agiscono sull’emostasi<br />

(fig. 1.11).<br />

Figura 1.11. Rappresentazione schematica dei processi dell’emostasi e della fibrinolisi. Sono in<strong>di</strong>cati i punti in<br />

cui intervengono i fattori <strong>di</strong> attivazione (in fucsia) o <strong>di</strong> inibizione (in azzurro) da veleni <strong>di</strong> serpente.<br />

Molte <strong>di</strong> esse sono enzimi, nucleotidasi, fosfolipasi A2 (PLA2), metalloproteasi, proteasi a<br />

serina, mentre altre, come le <strong>di</strong>sintegrine o le lectine <strong>di</strong> tipo C, non hanno attività enzimatica.<br />

Alcune proteine sono poi multidominio, come molte metalloproteasi, che, oltre al dominio<br />

catalitico, possiedono anche un dominio <strong>di</strong> <strong>di</strong>sintegrina [39].<br />

In alcuni casi l’effetto delle proteine <strong>di</strong> serpente sull’emostasi è evidente: ad esempio, le<br />

nucleotidasi, idrolizzando l’ADP, sono potenti inibitori dell’aggregazione piastrinica; così<br />

come alcune PLA2, che idrolizzano i fosfolipi<strong>di</strong> cofattori dei complessi della tenasi e della<br />

protrombinasi, con effetto anticoagulante. Molte metalloproteasi e proteasi a serina degradano<br />

o attivano specificamente alcuni fattori della coagulazione o della fibrinolisi, o agiscono su<br />

proteine delle cellule endoteliali.<br />

A <strong>di</strong>fferenza dei corrispondenti componenti fisiologici del sistema emostatico dei<br />

mammiferi, gli enzimi <strong>di</strong> serpente che agiscono sull’emostasi non sono in genere influenzati<br />

dagli inibitori plasmatici. Questa caratteristica li rende particolarmente utili per lo stu<strong>di</strong>o dei<br />

meccanismi della coagulazione ed alcuni <strong>di</strong> essi vengono comunemente usati in test<br />

<strong>di</strong>agnostici [39] (tab. 1.3).


Introduzione 19<br />

Tabella 1.3. Componenti <strong>di</strong> veleni <strong>di</strong> serpenti utilizzati per lo sviluppo <strong>di</strong> test <strong>di</strong>agnostici della coagulazione.<br />

Reptilasi<br />

Ecarina<br />

test Tipo <strong>di</strong> test Proteina Attività biologica Ref.<br />

Titolazione reazione<br />

fibrinogeno-fibrina<br />

Determinazione <strong>di</strong><br />

protrombine patologiche<br />

Stypven Misurazione livelli <strong>di</strong> FX<br />

Protac Titolazione proteina C<br />

Botrocetina<br />

Diagnostica della malattia<br />

<strong>di</strong> von Willebrand<br />

Batroxobina<br />

(proteasi a serina)<br />

Ecarina<br />

(metalloproteasi)<br />

RVV-X<br />

(metalloproteasi)<br />

ACC-C<br />

(proteasi a serina)<br />

Botrocetina<br />

(lectina tipo C)<br />

Rilascio FPB dal<br />

fibrinogeno<br />

40<br />

Attivazione protrombina 41<br />

Attivazione Fattore X 42<br />

Attivazione Proteina C 43<br />

Agglutinazione piastrine in<br />

presenza <strong>di</strong> vWF<br />

Le proteasi <strong>di</strong> serpente possono essere utili anche a scopo terapeutico, specialmente nel<br />

caso <strong>di</strong> proteasi che agiscono sul fibrinogeno, come l’ancrod isolata dal veleno <strong>di</strong><br />

Calloselasma rhodostoma e la batroxobina, purificata dal veleno <strong>di</strong> Bothrops atrox. Queste<br />

due proteasi, agendo in modo <strong>di</strong>verso dalla trombina, perché tagliano solo i fibrinopepti<strong>di</strong> A,<br />

anziché entrambi i fibrinopepti<strong>di</strong> A e B dalla molecola <strong>di</strong> fibrinogeno, e non attivando il<br />

Fattore XIII, producono monomeri <strong>di</strong> fibrina che polimerizzano in modo poco stabile, e<br />

vengono facilmente rimossi dal circolo tramite il sistema reticolo-edoteliale. La loro azione si<br />

traduce, quin<strong>di</strong>, in un abbassamento del livello <strong>di</strong> fibrinogeno nel plasma, molto utile in quei<br />

pazienti che presentano iperfibrinogenemie oppure, a scopo profilattico, per aumentare la<br />

flui<strong>di</strong>tà del sangue nei pazienti a rischio <strong>di</strong> malattie tromboemboliche [45]. L’ancrod è stata<br />

utilizzata con successo come anticoagulante in alternativa all’eparina in pazienti sottoposti ad<br />

angioplastica [46]. Un effetto collaterale dell’uso <strong>di</strong> eparina è infatti una trombopatia che si<br />

associa ad uno stato <strong>di</strong> ipercoagulabilità ed induce complicazioni trombotiche, per cui la<br />

terapia con eparina deve essere sospesa. L’ancrod, per la sua rapida azione riducente la<br />

fibrinogenemia e non inducendo trombopatia come l’eparina, può costituire una valida<br />

alternativa per trattamenti brevi, ed è stata usata <strong>di</strong> recente anche nel trattamento terapeutico<br />

della trombosi cerebrale acuta [47].<br />

L’uso delle proteasi <strong>di</strong> serpente come anticoagulanti è però limitato dalle reazioni<br />

immunologiche del paziente, per cui una stessa proteasi non può essere utilizzata per tempi<br />

prolungati [48]. Trovare altre proteasi con attività fibrinogenolitica ma immunologicamente<br />

<strong>di</strong>fferenti tra loro, può essere utile in termini farmacologici ed interessante dal punto <strong>di</strong> vista<br />

della ricerca <strong>di</strong> base.<br />

1.7.2. La famiglia delle SVTLE<br />

Il primo enzima <strong>di</strong> serpente che è stato descritto interagire con la coagulazione è stato la<br />

reptilasi (che viene ora chiamata botrombina), dal veleno <strong>di</strong> Bothrops jararaca, nel 1957 [49].<br />

Da allora, secondo le classificazioni più recenti delle SVTLE del 1998 [50] sono stati isolati e<br />

caratterizzati oltre 40 enzimi trombino-simili da veleni <strong>di</strong> serpente provenienti per lo più dalla<br />

famiglia dei Viperi<strong>di</strong>, soprattutto dalla sottofamiglia dei Crotalini, (generi Agkistrodon,<br />

Bothrops, Crotalus, Trimeresurus e Lachesis), ma anche dalle sottofamiglie dei Viperini e<br />

44


20 Capitolo 1<br />

dalla famiglia dei colubri<strong>di</strong>. Il numero <strong>di</strong> proteasi trombino-simili da veleni <strong>di</strong> serpente<br />

riconosciute è stato ulteriormente incrementato negli ultimi 5 anni anche grazie a <strong>di</strong>versi<br />

lavori <strong>di</strong> clonaggio molecolare; in una recente review [51] Castro e coll. hanno cercato <strong>di</strong><br />

riunire le attuali conoscenze su questi enzimi.<br />

1.7.3. Aspetti evolutivi<br />

Le SVTLE costituiscono una famiglia <strong>di</strong> enzimi derivanti da un progenitore comune<br />

tripsino/callicreino-simile presente nelle ghiandole sottoman<strong>di</strong>bolari che avrebbero poi<br />

originato le ghiandole velenifere. Il fatto che le SVTLE, pur svolgendo funzioni trombinosimili<br />

siano derivate dalla tripsina e non dalla trombina è evidenziato anche<br />

dall’organizzazione genica: come per la tripsina e la callicreina, i geni per le SVTLE sono<br />

costituiti da 5 esoni e 4 introni; l’esone 1 co<strong>di</strong>fica per la regione non tradotta al 5’ e per il<br />

peptide segnale, mentre la proteina matura è co<strong>di</strong>ficata dagli esoni 2-5 con i residui della<br />

triade catalitica presenti su tre esoni separati [52]. L’organizzazione del gene per la<br />

protrombina è invece <strong>di</strong>fferente [Itoh et al 1988], ed anche la separazione delle famiglie <strong>di</strong><br />

enzimi regolati o meno dagli ioni so<strong>di</strong>o vede le SVTLE appartenere al gruppo della tripsina,<br />

anziché a quello della trombina.<br />

Come era stato già osservato per i geni per le fosfolipasi A2 <strong>di</strong> serpente [53], i geni per le<br />

SVTLE avrebbero subito un’evoluzione accelerata, per cui mutazioni significative si sono<br />

accumulate nella regione co<strong>di</strong>ficante del gene, mentre le regioni fiancheggianti al 5’ ed al 3’<br />

sono rimaste molto più conservate [54]. Di conseguenza il veleno dei serpenti contiene un<br />

gran numero <strong>di</strong> mRNA <strong>di</strong>fferenti che co<strong>di</strong>ficano per <strong>di</strong>verse varianti proteiche con struttura<br />

globale molto simile, in cui la topologia del sito attivo, dei ponti <strong>di</strong>solfuro e <strong>degli</strong> elementi <strong>di</strong><br />

struttura secondaria sono sovrapponibili alle proteasi tripsino/callicreino simili, ma che<br />

<strong>di</strong>fferiscono per la specificità <strong>di</strong> substrato e per l’efficienza catalitica. Questa molteplicità<br />

funzionale può aver costituito un vantaggio evolutivo per un più efficiente e rapido<br />

adattamento ai cambiamenti ambientali.<br />

E’ stata proposta [55] un’evoluzione delle proteasi <strong>di</strong> serpente in tre sottotipi enzimatici, gli<br />

enzimi coagulativi (CL), gli attivatori del plasminogeno (PA) e gli enzimi che liberano la<br />

bra<strong>di</strong>chinina dal chininogeno (KN). Gli enzimi <strong>di</strong> tipo CL meglio caratterizzati, ancrod,<br />

batroxobina e crotalasi, tagliano solo le catene Aα del fibrinogeno e sono altamente<br />

glicosilati; più della metà <strong>degli</strong> enzimi tipo KN agiscono sulle catene Aα, o Bβ, o entrambe,<br />

del fibrinogeno, ma con un effetto più debole delle proteasi CL, e hanno la proprietà<br />

callicreino-simile <strong>di</strong> tagliare il chininogeno (KN-BJ, alistasi, trimucasi), con effetto<br />

ipotensivo; infine le proteasi tipo PA, come TSV-PA e Haly-PA, attivano il plasminogeno e<br />

facilitano la <strong>di</strong>ssoluzione della fibrina. Le proteine dei sottotipi KN e PA hanno in genere un<br />

peso molecolare inferiore alle CL, perché scarsamente o affatto glicosilate. Nelle proteasi<br />

glicosilate (ancrod, acutobin), comunque, la presenza <strong>degli</strong> zuccheri sembra avere un ruolo<br />

più strutturale che funzionale [56].


Introduzione 21<br />

1.7.4. Caratteristiche strutturali<br />

Allineando tutte le sequenze note <strong>di</strong> SVTLE risulta evidente che il grado <strong>di</strong> omologia<br />

all’interno della famiglia è molto elevato e tutti i residui fondamentali per la funzionalità<br />

dell’enzima e per la stabilizzazione della struttura si trovano in posizioni conservate: i residui<br />

della triade catalitica tipica delle proteasi della classe S1, His57, Asp102 e Ser195 (riferendosi<br />

alla numerazione del chimotripsinogeno comunemente usata, [4], il residuo <strong>di</strong> aspartato in<br />

posizione 189 che costituisce il sito <strong>di</strong> specificità primaria, ed i 12 residui <strong>di</strong> cisteina che si<br />

assumono tutti impegnati a formare 6 ponti <strong>di</strong>solfuro come <strong>di</strong>mostrato sperimentalmente per<br />

la bilineobina e la contortrixobina [57, 58] ed evidenziati dalla struttura cristallografica<br />

dell’attivatore del plasminogeno dal veleno <strong>di</strong> Trimeresurus stejnejeri, TSV-PA, l’unica<br />

finora pubblicata relativa ad una proteasi a serina da veleno <strong>di</strong> serpente [59].<br />

N<br />

C<br />

Figura 1.12. Struttura tri<strong>di</strong>mensionale del TSV-PA (co<strong>di</strong>ce pdb: 1BQY). Sono evidenziati in blu i residui della<br />

triade catalitica ed in giallo i residui <strong>di</strong> cisteina che formano i ponti <strong>di</strong>solfuro.<br />

La struttura del TSV-PA (fig. 1.12) è tipicamente tripsino-simile, costituita da due βbarrel<br />

<strong>di</strong> 6 foglietti connessi da tre segmenti trans. La superficie è occupata da <strong>di</strong>verse anse e<br />

da due brevi segmenti ad α-elica. La tasca del sito attivo e i residui della triade catalitica sono<br />

<strong>di</strong>sposti all’interfaccia tra i due β-barrel. Rispetto alle proteasi <strong>di</strong> mammifero, il TSV-PA<br />

presenta un’estensione C-terminale <strong>di</strong> sette residui, tipica <strong>di</strong> tutte le SVTLE, e stabilizzata da<br />

un ponte <strong>di</strong>solfuro con l’ansa 99 situata in vicinanza del sito attivo; il ruolo <strong>di</strong> questa<br />

estensione altamente conservata non è stato finora chiarito.<br />

Tipica della struttura del TSV-PA è la presenza <strong>di</strong> un aminoacido aromatico ingombrante<br />

(Phe) in posizione 193, generalmente occupata, nella trombina, tripsina, e molte proteasi <strong>di</strong><br />

serpente, da una Gly. Questo residuo, in stretta prossimità del sito catalitico, restringe<br />

l’accesso al sito S2’ e potrebbe essere responsabile della specificità <strong>di</strong> substrato per il<br />

plasminogeno e della mancata interazione <strong>di</strong> questa venombina con altri substrati<br />

macromolecolari e con l’inibitore pancreatico della tripsina (BPTI).


22 Capitolo 1<br />

Non sono molte le informazioni strutturali sulle altre proteasi <strong>di</strong> serpente: attualmente,<br />

oltre al TSV-PA sono <strong>di</strong>sponibili nel Protein Data Bank (PDB) solo le coor<strong>di</strong>nate <strong>di</strong> altre due<br />

strutture <strong>di</strong> proteasi glicosilate dal veleno <strong>di</strong> Agkistrodon acutus (cod. 1OP0 e 1OP2), ma non<br />

sono ancora state pubblicate e <strong>di</strong>scusse [60]. Di altre SVTLE, come la acutrombina B da<br />

Agkistrodon acutus [61], la jararacussina da Bothrops jararacussu [62], e la bothrombina da<br />

Bothrops jararaca [63], si sono ottenuti cristalli, ma non sono finora stati pubblicati dati <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>ffrazione.<br />

Data la <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong> ottenere strutture dalla <strong>di</strong>ffrazione cristallografica ai raggi X, negli<br />

ultimi anni si è cercato <strong>di</strong> ottenere informazioni da modelli tri<strong>di</strong>mensionali elaborati sulla base<br />

delle <strong>di</strong>verse sequenze note e della struttura del TSV-PA, [64]. E’ stato proposto un modello<br />

per una proteasi <strong>di</strong> Bothrops jararaca, KN-BJ, che attiva il chininogeno ed il fibrinogeno, che<br />

è stata confrontata con il TSV-PA e con la callicreina porcina [65] ed ha rivelato una notevole<br />

somiglianza strutturale con l’enzima <strong>di</strong> mammifero; per due enzimi da Bothrops jararaca, la<br />

botrombina, che attiva le catene Aα del fibrinogeno, ed il PA-BJ, un attivatore delle piastrine,<br />

sono stati identificati, tramite analisi computazionali, i putativi esositi che, come in molte<br />

TLE, compresa la contortrixobina, sono più ristretti <strong>di</strong> quelli della trombina [66]. Un modello<br />

della crotalasi costruito sulle strutture della trombina, tripsina e callicreina, ha portato a<br />

suggerire un esosito alternativo per l’interazione del fibrinogeno con le proteasi <strong>di</strong> serpente, a<br />

livello <strong>di</strong> una fessura sulla superficie formata da quattro residui basici, molto conservati nelle<br />

TLE [67].<br />

1.8. La contortrixobina<br />

1.8.1. Caratteristiche strutturali<br />

La contortrixobina è una proteasi purificata nel nostro laboratorio dal veleno della vipera<br />

testa <strong>di</strong> rame Agkistrodon contortrix contortrix. Questo enzima è stato caratterizzato dal punto<br />

<strong>di</strong> vista strutturale e funzionale [58]. E’ costituito da una singola catena polipepti<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> 236<br />

residui, e presenta la struttura primaria caratteristica delle proteasi a serina da veleno <strong>di</strong><br />

serpente, con la tipica estensione C-terminale e la stretta conservazione topologica dei residui<br />

della triade catalitica e del sito <strong>di</strong> specificità primaria (Asp189). E’ stato <strong>di</strong>mostrato tramite<br />

analisi <strong>di</strong> spettrometria <strong>di</strong> massa <strong>di</strong> frammenti triptici della proteina che i do<strong>di</strong>ci residui <strong>di</strong><br />

cisteina formano sei ponti <strong>di</strong>solfuro, corrispondenti a quelli che stabilizzano la struttura del<br />

TSV-PA.<br />

Una caratteristica strutturale interessante <strong>di</strong> questo enzima, piuttosto rara tra le SVTLE, è<br />

quella <strong>di</strong> non avere siti <strong>di</strong> glicosilazione. Nelle SVTLE glicosilate, comunque, la presenza <strong>di</strong><br />

zuccheri legati sulla superficie della molecola non sembra avere particolare rilevanza<br />

funzionale, mentre può contribuire alla spiccata risposta immunitaria alle proteasi <strong>di</strong> serpente<br />

<strong>di</strong> uso terapeutico. La mancanza <strong>di</strong> carboidrati nella contortrixobina rende quin<strong>di</strong> questo<br />

enzima potenzialmente meno immunogenico <strong>di</strong> altre proteasi della stessa classe.


Introduzione 23<br />

1.8.2. Caratteristiche funzionali<br />

La funzionalità della contortrixobina non è influenzata dalla concentrazione del Na + ; come<br />

in tutte le proteasi <strong>di</strong> derivazione tripsinica, infatti, la presenza <strong>di</strong> un residuo <strong>di</strong> Pro in<br />

posizione 225 impe<strong>di</strong>sce la regolazione allosterica tipica della trombina [13].<br />

L’enzima possiede attività esterolitica ed amidolitica su substrati a basso peso molecolare,<br />

preferenzialmente su tripepti<strong>di</strong>l-ammi<strong>di</strong> che presentano Arg in P1, ed è inibita in modo<br />

competitivo dalla benzami<strong>di</strong>na, un analogo strutturale <strong>di</strong> un’arginina legata ad un anello<br />

aromatico, anche se più debolmente della tripsina, e dal DAPI (4’,6-<strong>di</strong>ami<strong>di</strong>no-2-fenilindolo),<br />

un derivato della benzami<strong>di</strong>na. Questi piccoli substrati ed inibitori sintetici si legano<br />

esclusivamente al sito attivo.<br />

La contortrixobina ha attività fibrinogenolitica, rilasciando sia il FpA che il FpB secondo<br />

un meccanismo <strong>di</strong> interazione apparentemente equivalente con entrambe le catene Aα e Bβ; è<br />

inoltre in grado <strong>di</strong> attivare il fattore V ed il fattore XIII con un’efficienza 250-500 volte<br />

minore della corrispondente azione esercitata dall’α-trombina. Nessuna attività della<br />

contortrixobina è stata invece osservata né sul fattore VIII, né sull’attivazione piastrinica.<br />

L’interazione della contortrixobina con gli inibitori macromolecolari tipici della trombina<br />

e della tripsina è piuttosto <strong>di</strong>versa rispetto agli enzimi <strong>di</strong> mammifero, in virtù delle <strong>di</strong>verse<br />

caratteristiche strutturali della venombina. La contortrixobina non è inibita dall’antitrombina<br />

III, sia in presenza che in assenza <strong>di</strong> eparina, ed è molto debole anche l’interazione con<br />

l’iru<strong>di</strong>na, che è invece un potente inibitore della trombina umana. Una certa inibizione è<br />

invece esercitata dal BPTI, un inibitore pancreatico della tripsina; l’effetto sulla<br />

contortrixobina è però molto più debole rispetto a quello esercitato sulla tripsina e simile a<br />

quello ottenuto sulla trombina.<br />

L’attività funzionale della contortrixobina è stata indagata più in profon<strong>di</strong>tà e pertanto i<br />

dettagli della sua interazione con il fibrinogeno e con altri substrati saranno descritti tra i<br />

risultati, nel capitolo 4 e <strong>di</strong>scussi sulla base <strong>di</strong> un modello tri<strong>di</strong>mensionale dell’enzima.


2. SCOPO DELLA TESI<br />

I veleni <strong>di</strong> serpente contengono un gran numero <strong>di</strong> proteine che interferiscono con il<br />

sistema della coagulazione umana; queste proteine sono interessanti sia dal punto <strong>di</strong> vista<br />

applicativo, nel campo della terapia e della <strong>di</strong>agnostica della coagulazione, sia da quello della<br />

ricerca sui meccanismi <strong>di</strong> riconoscimento molecolare. In particolare, la classe delle proteasi<br />

trombino-simili (TLE) è costituita da una famiglia <strong>di</strong> enzimi altamente omologhi, derivanti da<br />

un progenitore comune che si sono poi <strong>di</strong>fferenziati nella loro funzione per evoluzione<br />

accelerata. Queste proteasi presentano <strong>di</strong>verse funzioni trombino-simili pur avendo una<br />

struttura piuttosto <strong>di</strong>versa da quella della trombina, mancando <strong>di</strong> molte delle anse e dei<br />

determinanti strutturali implicati nel riconoscimento tra l’enzima <strong>di</strong> mammifero ed i suoi vari<br />

substrati ed inibitori. Le proteasi <strong>di</strong> serpente devono pertanto adottare strategie <strong>di</strong> interazione<br />

con le altre macromolecole <strong>di</strong>verse da quelle della trombina, ed ancora piuttosto oscure, per la<br />

scarsezza <strong>di</strong> strutture cristallografiche note.<br />

Uno <strong>degli</strong> aspetti più interessanti dal punto <strong>di</strong> vista applicativo dello stu<strong>di</strong>o delle proteasi<br />

<strong>di</strong> serpente consiste nel loro <strong>di</strong>verso meccanismo <strong>di</strong> conversione del fibrinogeno in fibrina,<br />

rispetto alla trombina, che porta a coaguli <strong>di</strong> fibrina con struttura non usuale, con importanti<br />

implicazioni fisio-patologiche nei <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ni della coagulazione e nelle malattie<br />

tromboemboliche.<br />

Lo scopo <strong>di</strong> questa tesi è consistito nella ricerca <strong>di</strong> nuovi strumenti <strong>di</strong> indagine sulle<br />

relazioni struttura-funzione nelle proteasi a serina da veleni <strong>di</strong> serpenti e sui meccanismi <strong>di</strong><br />

riconoscimento molecolare in questa classe <strong>di</strong> enzimi, e nell’analisi <strong>di</strong> alcuni aspetti del<br />

meccanismo <strong>di</strong> polimerizzazione della fibrina, per dare un contributo allo stu<strong>di</strong>o dei processi<br />

<strong>di</strong> coagulazione e fibrinolisi.<br />

Sono stati seguiti <strong>di</strong>versi approcci sperimentali: si è cercato <strong>di</strong> ottenere proteasi con<br />

caratteristiche <strong>di</strong>verse da quelle finora <strong>di</strong>sponibili, clonando dal cDNA della ghiandola<br />

salivare del serpente Agkistrodon contotrix contortrix una nuova proteasi, scelta in base alla<br />

sua interessante struttura primaria, ed è stata intrapresa la sua caratterizzazione funzionale; si<br />

è inoltre cercato <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re e <strong>di</strong> razionalizzare, con un modello <strong>di</strong> struttura<br />

tri<strong>di</strong>mensionale, le conoscenze sulla contortrixobina, una proteasi dal veleno dello stesso<br />

serpente, già caratterizzata nel nostro laboratorio; si sono, infine, analizzate alcune<br />

caratteristiche fisico-chimiche <strong>di</strong> gel <strong>di</strong> fibrina ottenuti con trombina e con enzimi <strong>di</strong> serpenti<br />

che seguono un <strong>di</strong>verso meccanismo <strong>di</strong> taglio del fibrinogeno.


3. MATERIALI E METODI<br />

3.1. Libreria <strong>di</strong> cDNA<br />

La libreria <strong>di</strong> cDNA della ghiandola velenifera <strong>di</strong> A. contortrix contortrix costruita nel<br />

fago λgt 10 in corrispondenza del sito Eco RI ci è stata fornita dal prof. Francis Markland<br />

della Southern California University, Los Angeles..<br />

Per isolare il cDNA corrispondente all’RNA messaggero per la contortrixobina potevamo<br />

<strong>di</strong>sporre della sequenza aminoaci<strong>di</strong>ca della proteina matura, e tentare <strong>di</strong> costruire <strong>degli</strong><br />

oligonucleoti<strong>di</strong> corrispondenti alle estremità N- e C-terminali della proteina, da usare come<br />

stampo per un appaiamento casuale su tutti i frammenti presenti nella library. A causa della<br />

degenerazione del co<strong>di</strong>ce genetico, però, questo approccio avrebbe costretto a sintetizzare un<br />

gran numero <strong>di</strong> oligonucleoti<strong>di</strong> degenerati da usare poi per uno screening sulla library. Nel<br />

nostro caso è stato possibile seguire una strategia più semplice e <strong>di</strong>retta che evitasse questo<br />

approccio, più lungo e laborioso. E’ riportato infatti che nei geni per le SVTLE le regioni non<br />

tradotte al 5’ e al 3’ sono altamente conservate, mentre mutazioni significative si sono<br />

accumulate nelle regioni co<strong>di</strong>ficanti, portando così, per evoluzione accelerata, ad una grande<br />

<strong>di</strong>fferenziazione funzionale dei prodotti genici. [54]. Questa caratteristica, presente anche<br />

nella famiglia genica delle fosfolipasi A2 <strong>di</strong> serpenti crotalini, è stata sfruttata per sintetizzare<br />

oligonucleoti<strong>di</strong> non degenerati, corrispondenti alle sequenze nucleoti<strong>di</strong>che delle regioni non<br />

co<strong>di</strong>ficanti al 5’ ed al 3’, da usare come primers per l’appaiamento in PCR dei frammenti<br />

corrispondenti alle TLE, usando come stampo il cDNA totale della library.<br />

3.2. Clonaggio dei cDNA<br />

Il pool <strong>di</strong> frammenti isolati per PCR è stato clonato in E. coli, per vedere quanti frammenti<br />

<strong>di</strong>versi si fossero prodotti. Per il clonaggio è stato usato il vettore pBlueScript SK+<br />

(Stratagene). Questo tipico vettore plasmi<strong>di</strong>co presenta un’origine della replicazione (ori), un<br />

gene che conferisce al batterio la resistenza all’ampicillina, ed un polylinker con <strong>di</strong>versi siti <strong>di</strong><br />

riconoscimento per enzimi <strong>di</strong> restrizione, a livello del quale viene inserito il frammento <strong>di</strong><br />

DNA esogeno da amplificare. Il polylinker è inserito in un segmento del gene lacZ <strong>di</strong> E. coli<br />

che co<strong>di</strong>fica per la β-galattosidasi, ma non ne interrompe la fase <strong>di</strong> lettura; se il plasmide si<br />

trova in un ceppo <strong>di</strong> E. coli mancante del gene lacZ che viene fatto crescere su un terreno<br />

contenente il substrato X-gal, il gene plasmi<strong>di</strong>co produrrà β-galattosidasi che idrolizza X-gal,<br />

con accumulo <strong>di</strong> un prodotto blu insolubile. Pertanto, le colonie che cresceranno su piastra<br />

con ampicillina saranno quelle che, avendo il plasmide, saranno resistenti all’ampicillina, e<br />

risulteranno blu per l’idrolisi <strong>di</strong> X-gal. Se però il plasmide presenta DNA estraneo nel<br />

polylinker, questo in genere interrompe la fase <strong>di</strong> lettura del gene lacZ, la β-galattosidasi non<br />

viene prodotta e le colonie, non potendo idrolizzare X-gal, risultano bianche. Questo permette


26 Capitolo 3<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>scriminare facilmente in base al colore le colonie <strong>di</strong> interesse, con il frammento esogeno<br />

inserito nel plasmide.<br />

Sono stati ottenuti <strong>di</strong>versi cloni positivi; per ciascuno <strong>di</strong> essi l’inserto è stato estratto dal<br />

DNA plasmi<strong>di</strong>co e sequenziato, e ne è stata quin<strong>di</strong> dedotta la sequenza aminoaci<strong>di</strong>ca.<br />

3.3. Espressione<br />

Il frammento <strong>di</strong> cDNA è stato inserito nel vettore <strong>di</strong> espressione pMal C2 (New England<br />

BioLabs).<br />

pMAL è un plasmide che permette l'espressione citoplasmatica in E. coli <strong>di</strong> prodotti <strong>di</strong><br />

fusione con la proteina maltose bin<strong>di</strong>ng protein (MBP). L'espressione della proteina <strong>di</strong> fusione<br />

è controllata dal promotore tac e dal segnale <strong>di</strong> inizio della traduzione del gene per la MBP. Il<br />

polylinker si trova a valle del gene malE che co<strong>di</strong>fica per la MBP e l’inserimento <strong>di</strong> un<br />

frammento estraneo provoca l’interruzione della continuità con il gene lacZ; quin<strong>di</strong> anche in<br />

questo caso, come per il vettore <strong>di</strong> clonaggio, è possibile <strong>di</strong>scriminare tra plasmi<strong>di</strong> che<br />

presentano un inserto (colonie bianche) e quelli che ne sono privi (colonie blu) piastrando le<br />

cellule su un terreno contenente X-gal [68].<br />

Il frammento è stato inserito a livello dei siti per EcoR1 e Sal1 del polylinker, ed è stato<br />

inserito nella sequenza del frammento anche un sito <strong>di</strong> taglio proteolitico specifico per il<br />

Fattore Xa. In questo modo viene prodotta una proteina <strong>di</strong> fusione MBP-Ile-Glu-Gly-Arg-<br />

Proteina che ha un duplice vantaggio: grazie alla presenza della MBP può essere facilmente<br />

purificata dall’estratto cellulare crudo tramite cromatografia <strong>di</strong> affinità su una colonna <strong>di</strong><br />

amilosio, e può essere poi idrolizzata specificamente dal Fattore Xa a livello del legame Arg-<br />

Proteina, producendo la proteina <strong>di</strong> interesse libera dalla MBP.<br />

Il costrutto in pMAL C2 è stato trasformato nel ceppo Origami <strong>di</strong> E. coli (Novagen), che<br />

avendo un citoplasma ossidante permette la formazione dei ponti <strong>di</strong>solfuro necessari per il<br />

corretto fol<strong>di</strong>ng della proteina.<br />

3.4. Purificazione della MBP-5TLE<br />

Le cellule batteriche raccolte per centrifugazione sono state sonicate in tampone Tris/HCl<br />

20 mM, NaCl 0,2 M, EDTA 1 mM, pH 7,4 ed il lisato cellulare è stato caricato <strong>di</strong>rettamente<br />

su una colonna <strong>di</strong> amilosio. Le proteine che interagiscono con la resina, MBP e MBP-5TLE,<br />

sono state eluite con lo stesso tampone contenente maltosio 10 mM.<br />

Infine, la MBP-5TLE è stata separata dalla MBP libera per cromatografia <strong>di</strong> affinità su<br />

Arg-Sefarosio in tampone Tris/HCl 50 mM, NaCl 30 mM pH 8.0 ed eluita con tampone<br />

acetato 50 mM, pH 4.0.<br />

La concentrazione della proteina eluita è stata determinata con il metodo colorimetrico <strong>di</strong><br />

Bradford.<br />

3.5. Immobilizzazione del FXa su AffiGel e taglio della proteina <strong>di</strong> fusione<br />

1 mg <strong>di</strong> Fattore Xa (Haematologic Technology) è stato <strong>di</strong>luito in 500 µl <strong>di</strong> tampone<br />

Hepes/NaOH 0.1M, NaCl 0.3M, pH 7.5, CaCl2 80mM ed è stato incubato con 500 µl <strong>di</strong> resina


Materiali e Meto<strong>di</strong> 27<br />

Affi Gel 10 (Bio Rad), opportunamente lavata e risospesa nello stesso tampone, per 14 ore a<br />

4°C in agitazione.<br />

Per bloccare i siti della resina che non avevano reagito con la proteina, la resina è stata<br />

lavata con tampone senza CaCl2 e risospesa in etanolammina/HCl 1M, pH 8, incubando per 1<br />

ora a 4°C.<br />

Dopo tre lavaggi in Hepes/NaOH 50 mM, NaCl 0.15 M, pH 7.5, CaCl2 5 mM la resina<br />

con l’enzima immobilizzato è stata utilizzata per tagliare la MBP-5TLE ed è stata conservata<br />

a 20°C nello stesso tampone con glicerolo al 50%.<br />

L’efficienza <strong>di</strong> legame del FXa alla resina è risultata <strong>di</strong> circa il 60%.<br />

L’attività dell’enzima immobilizzato, saggiata con un opportuno substrato cromogenico,<br />

pGlu-Gly-Arg-pNA, è risultata pari a circa il 10% <strong>di</strong> quella dell’enzima libero in soluzione.<br />

Tale attività si è mantenuta costante anche dopo <strong>di</strong>versi cicli <strong>di</strong> utilizzo della resina, con<br />

lavaggi con tampone e conservazione in tampone con 50% <strong>di</strong> glicerolo tra un ciclo e l’altro.<br />

E’ stata saggiata l’attività <strong>di</strong> taglio del FXa immobilizzato utilizzando come substrato<br />

MBP-paramiosina: 50 µl <strong>di</strong> resina risospesa in 500 µl <strong>di</strong> tampone Hepes/NaOH 50 mM, NaCl<br />

0.15 M, CaCl2 5 mM, pH 7.5, tagliano 50 µg <strong>di</strong> proteina dopo 16 ore <strong>di</strong> incubazione a<br />

temperatura ambiente.<br />

Per tagliare la proteina <strong>di</strong> fusione MBP-5TLE, 1,5 ml <strong>di</strong> proteina eluita dalla colonna <strong>di</strong><br />

amilosio sono stati incubati con 500 µl <strong>di</strong> resina per 16 ore a temperatura ambiente in<br />

Hepes/NaOH 50 mM, NaCl 0.15 M, CaCl2 5 mM, pH 7.5.<br />

3.6. Saggi funzionali: attività su piccoli substrati sintetici<br />

L’attività esterolitica della 5TLE sul substrato carbobenzossi-Lys-p-Nitrofenilestere (Z-<br />

Lys-Onp) è stata misurata in tampone fosfato 50 mM, NaCl 0,1M, pH 6,8 ed è stato seguito<br />

spettrofotometricamente il rilascio del p-Nitrofenolo a 360 nm [ε (M, 1 cm) = 4500].<br />

L’attività ammidolitica è stata determinata su tripepti<strong>di</strong>l-p-Nitroanili<strong>di</strong> (-pNA) in tampone<br />

Tris 50 mM, NaCl 0,1 M, pH 7,4 a 37°C ed è stato seguito il rilascio della p-Nitroanilina a 405<br />

nm [ε (M, 1 cm) = 9920]. I punti sperimentali sono stati elaborati con il programma <strong>di</strong> analisi non<br />

lineare Grafit (Erithacus - London, U.K.).<br />

3.7. Saggi funzionali: attività su substrati macromolecolari<br />

3.7.1. Fibrinogeno<br />

Fibrinogeno umano (Calbiochem) 1,5 - 10 µM è stato incubato con contortrixobina 80 nM<br />

o con α-trombina 0,1 nM in tampone Tris/HCl 50 mM, NaCl 0,1 M, pH 7,4, a 37°C e <strong>di</strong>viso<br />

in aliquote da 250 µl. A <strong>di</strong>versi intervalli <strong>di</strong> tempo (0, 5 min, 10 min, 30 min, 60 min, 90 min,<br />

3 ore) alla relativa aliquota sono stati aggiunti 2,5 µl <strong>di</strong> TFA ed il campione è stato congelato<br />

a –20°C.<br />

Per poter essere analizzati in HPLC, i campioni sono stati scongelati e centrifugati a 12000<br />

rpm per 20 min a 4°C per far precipitare il fibrinogeno e la trombina, mentre solo i<br />

fibrinopepti<strong>di</strong> rimanevano in soluzione e caricati (200 µl) su una colonna in fase inversa C18<br />

(Vydac 218 TP 54). Per la separazione è stato applicato un gra<strong>di</strong>ente lineare <strong>di</strong> acetonitrile al


28 Capitolo 3<br />

70% in TFA allo 0,2 %, al flusso <strong>di</strong> 0,8 ml/min. I picchi rivelati a 220 nm corrispondenti ai<br />

FpA e FpB sono stati identificati con <strong>degli</strong> standard e dall’integrazione delle aree dei picchi è<br />

state determinata la concentrazione dei pepti<strong>di</strong>, sulla base <strong>di</strong> una curva <strong>di</strong> calibrazione. I<br />

picchi minori del FpA, corrispondenti alla forma fosforilata ed a quella priva del primo<br />

residuo <strong>di</strong> Ala, erano stati identificati tramite spettrometria <strong>di</strong> massa.<br />

3.7.2. Proteina C<br />

Per determinare la potenziale attivazione della proteina C il substrato (8 µM) è stato<br />

incubato con la proteina fusa MBP-5TLE 700 nM in tampone Tris/HCl 50 mM, NaCl 0,1 M,<br />

pH 7.4, a 37°C per 24 ore ed è stata poi determinata la sequenza N-terminale delle proteine<br />

presenti nella miscela, per verificare se, oltre alle sequenze attese dell’enzima e della Proteina<br />

C, fosse presente anche l’N-terminale del frammento prodotto dall’idrolisi.<br />

L’attivazione è stata determinata anche con un saggio funzionale dell’attività idrolitica<br />

della Proteina C attivata sul substrato cromogenico specifico piro-Glu-Pro-Arg-pNA in<br />

tampone Tris/HCl 50 mM, NaCl 0,1 M, pH 7.4, a 37°C.<br />

3.7.3. Plasminogeno<br />

La potenziale attivazione del plasminogeno da parte della contortrixobina è stata<br />

determinata con l’analisi delle sequenze N-terminali delle proteine e dei frammenti presenti<br />

dopo incubazione dell’enzima (500 nM) con il substrato (10 µM) in tampone Tris/HCl 50<br />

mM, NaCl 0,1 M, pH 7.4, a 37°C per 2 ore o 20 ore. Dopo separazione per SDS-PAGE ed<br />

elettrotrasferimento su membrana PVDF, la sequenza N-terminale è stata determinata tramite<br />

degradazione <strong>di</strong> Edman con un sequenziatore automatico.<br />

3.8. Modello <strong>di</strong> struttura tri<strong>di</strong>mensionale<br />

Il modello tri<strong>di</strong>mensionale della contortrixobina è stato costruito per omologia utilizzando<br />

il software WHAT IF; la sequenza è stata allineata con il programma BLAST <strong>di</strong> EXPASY su<br />

quella dell’attivatore del plasminogeno da veleno <strong>di</strong> serpente TSV-PA (pdb: 1BQY), con la<br />

quale è risultata un’identità del 69%. Nel modello è stato inserito il FpA, assumendone le<br />

coor<strong>di</strong>nate dalla struttura del complesso tra il peptide e la trombina umana (pdb: 1FPH). Per<br />

orientare correttamente la struttura della contortrixobina rispetto al FpA si è imposta la<br />

sovrapposizione della triade catalitica della proteasi <strong>di</strong> serpente su quella dell’enzima umano<br />

legato nel complesso. La struttura è stata poi minimizzata con il programma<br />

INSIGHT/DISCOVER.<br />

3.9. Determinazione delle caratteristiche strutturali del gel <strong>di</strong> fibrina<br />

3.9.1. Analisi <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffrazione elastica della luce laser<br />

E’ stata stu<strong>di</strong>ata la struttura del gel ottenuto da fibrinogeno umano convertito in fibrina<br />

dall’idrolisi da parte della trombina umana, dell’ancrod o della contortrixobina. E’ stata<br />

utilizzata, in collaborazione con il gruppo del prof. Arcovito dell’Istituto <strong>di</strong> Fisica<br />

dell’<strong>Università</strong> Cattolica, la tecnica della <strong>di</strong>ffusione elastica della luce laser, che permette <strong>di</strong>


Materiali e Meto<strong>di</strong> 29<br />

ottenere informazioni strutturali sul gel <strong>di</strong> fibrina fra cui il <strong>di</strong>ametro me<strong>di</strong>o delle fibre, e<br />

quin<strong>di</strong> il numero me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> protofibrille per sezione <strong>di</strong> fibra, e il grado <strong>di</strong> complessità<br />

tri<strong>di</strong>mensionale dovuta alle ramificazioni delle fibre presenti nel gel.<br />

Le tecniche <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione elastica della luce (ELS) si basano sulla misura della<br />

<strong>di</strong>stribuzione angolare dell’intensità della luce <strong>di</strong>ffusa elasticamente (cioè alla stessa<br />

frequenza della luce incidente) da un campione. Secondo la teoria, la <strong>di</strong>ffusione è dovuta a<br />

fluttuazioni locali della costante <strong>di</strong>elettrica del mezzo nell’intero volume del campione. In<br />

molti casi, come nei colloi<strong>di</strong>, in sistemi <strong>di</strong> macromolecole o nei gel, queste fluttuazioni sono<br />

dovute ad altrettante fluttuazioni della densità del campione [69]. Dalla misura <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>stribuzione dell’intensità della luce <strong>di</strong>ffusa a <strong>di</strong>versi angoli, normalizzata per una serie <strong>di</strong><br />

parametri costanti che <strong>di</strong>pendono dal set sperimentale, si può ricavare il così detto “rapporto<br />

Rayleigh”, R(q) che rappresenta la potenza <strong>di</strong>ffusa dal campione per unità <strong>di</strong> angolo solido,<br />

per unità <strong>di</strong> potenza incidente e per unità <strong>di</strong> lunghezza del volume che <strong>di</strong>ffonde, ed è<br />

comunemente espresso in cm -1 .<br />

Nello stu<strong>di</strong>o del gel <strong>di</strong> fibrina ci si è basati su un modello [70] secondo il quale il gel è<br />

costituito da una serie <strong>di</strong> unità <strong>di</strong> massa (nel modello in<strong>di</strong>cate in inglese come “blobs”) <strong>di</strong><br />

grandezza ξ e <strong>di</strong>mensione frattale <strong>di</strong> massa Dm (la <strong>di</strong>mensione frattale è correlata alla<br />

complessità tri<strong>di</strong>mensionale), strettamente impacchettati a riempire l’intero volume del<br />

campione, con <strong>di</strong>stanza me<strong>di</strong>a tra i blob in<strong>di</strong>cata da ξ0. Ogni blob è un assemblaggio <strong>di</strong><br />

numerosi segmenti unitari <strong>di</strong> lunghezza l, <strong>di</strong>ametro d e densità ρ, legati testa-testa a formare<br />

lunghe fibre semiflessibili e poco ramificate.<br />

ξ<br />

ξ0<br />

gel blob<br />

Determinando con un apparecchio <strong>di</strong> Light Scattering il parametro R(q), conoscendo il<br />

valore <strong>di</strong> l si può derivare dall’equazione<br />

R(q) = K [Fib] µ l 1-Dm π Dm q -Dm<br />

il valore <strong>di</strong> µ, e definendo come µ0 il rapporto massa/lunghezza del singolo segmento (la<br />

protofibrilla), si può ricavare dal rapporto N = µ/µ0 il numero me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> protofibrille per<br />

sezione <strong>di</strong> fibra.<br />

Per le analisi è stato utilizzato fibrinogeno umano (800 nM) con trombina umana a<br />

concentrazioni in rapporto 1:10000 fino a 1:1 con il fibrinogeno (quin<strong>di</strong> da 0.08 nM a 800<br />

nM), o con ancrod (da 0.08 nM a 8 µM), o con contortrixobina (da 8 nM a 8 µM) in Tris/HCl<br />

50 mM, NaCl 100 mM, pH 7.4, a 30°.<br />

l<br />

ρ<br />

segmento<br />

d


30 Capitolo 3<br />

3.9.2. Coniugazione della trombina con fluoresceina isotiocianato per analisi in<br />

microscopia confocale<br />

1 mg <strong>di</strong> α-trombina umana (Haem-Tech) è stato <strong>di</strong>luito in 530 µl <strong>di</strong> Hepes 0.1 M pH 7.5,<br />

in presenza <strong>di</strong> benzami<strong>di</strong>na 10 mM ed è stata aggiunta Fluoresceina-isotiocianato in celite 4<br />

mg/ml. La FITC-celite è Fluoresceina isotiocianato inglobata in una sabbia <strong>di</strong> <strong>di</strong>atomee; è<br />

stata preferita alla FITC perché più solubile e perché dà una maggiore resa <strong>di</strong> legame alla<br />

proteina. Nella FITC-celite solo il 10 % del peso è costituito da FITC.<br />

I rapporti molari finali erano: trombina 50 µM, benzami<strong>di</strong>na 10 mM, FITC 1 mM..<br />

La miscela è stata incubata al buio a 4°C in agitazione per 16 ore; in queste con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

pH e temperatura ci si aspetta che solo le estremità N-terminali delle catene A e B dell’αtrombina<br />

reagiscano.<br />

Dopo centrifugazione a 10000 rpm per 5 min a 4°C, per eliminare la celite, la proteina<br />

marcata è stata purificata dal fluoroforo non reagito e dalla benzami<strong>di</strong>na tramite gel filtrazione<br />

su una colonna G25 equilibrata con Bis-Tris 20 mM pH 6.5 + PEG 6000 0.1%, il tampone più<br />

adatto per la conservazione della trombina. E’ stata ottenuta trombina marcata alla<br />

concentrazione <strong>di</strong> 12.5 µM, con un rapporto <strong>di</strong> coniugazione con la FITC me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 1,75<br />

molecole FITC per molecola <strong>di</strong> trombina. L’enzima è stato conservato in aliquote da 50 µl a<br />

-70 °C.<br />

L’attività della trombina-FITC sul fibrinogeno è stata saggiata seguendo la cinetica <strong>di</strong><br />

rilascio dei fibrinopepti<strong>di</strong> A e B tramite HPLC a fase inversa. Non è stata riscontrata alcuna<br />

<strong>di</strong>fferenza nell’attività della trombina coniugata rispetto a quella nativa.<br />

3.9.3. Analisi <strong>di</strong> microscopia confocale<br />

Le analisi sono state effettuate su gel preparati con fibrinogeno umano 3 µM e trombina 3<br />

nM (in rapporto 1:1000 con il substrato) o 30 nM (1:100) in tampone tris 50 mM, NaCl 0,1<br />

M, pH 7,4, utilizzando un microscopio Leika SP2, con un set <strong>di</strong> filtri per la fluoresceina (λex =<br />

494nm; λem = 518 nm).


4. RISULTATI<br />

4.1. Clonaggio, espressione e caratterizzazione della 5TLE<br />

4.1.1. Clonaggio dei cDNA per le TLE<br />

Per isolare i cDNA co<strong>di</strong>ficanti per le proteasi a serina ci si è basati sull’osservazione che<br />

in questa classe <strong>di</strong> geni le regioni non co<strong>di</strong>ficanti sono molto conservate, mentre le regioni<br />

co<strong>di</strong>ficanti hanno subito un meccanismo <strong>di</strong> evoluzione accelerata, con accumulo <strong>di</strong> mutazioni<br />

significative. Pertanto sono stati sintetizzati dei DNA primers corrispondenti alle regioni non<br />

tradotte conservate che sono stati utilizzati come sonde contro il cDNA totale della libreria<br />

fagica della ghiandola salivare <strong>di</strong> A. c. contortrix. I cDNA isolati sono stati quin<strong>di</strong> amplificati<br />

per PCR e sequenziati.<br />

Due delle 15 sequenze dedotte sono risultate corrispondenti a due enzimi noti del veleno<br />

<strong>di</strong> A. c. contortrix, la contortrixobina e l’attivatore della proteina C, mentre i rimanenti 13 non<br />

corrispondono a strutture pubblicate (fig 4.1).<br />

Tutti i cloni presentano un segmento identico <strong>di</strong> 24 residui all’N-terminale, corrispondente<br />

al peptide segnale (18 aa) ed al propeptide (6 aa), ed una sequenza molto simile, nella quale<br />

sono conservati in posizioni identiche i residui corrispondenti alla triade catalitica, l’aspartato<br />

nel sito <strong>di</strong> specificità primaria tipico delle proteasi tripsino-simili e le 12 cisteine tipiche dei<br />

TLE <strong>di</strong> serpente, che probabilmente formano 6 ponti <strong>di</strong>solfuro come <strong>di</strong>mostrato nella<br />

contortrixobina [58] (fig 4.1).<br />

Alcuni dei cloni isolati presentano lunghi tratti <strong>di</strong> sequenza identici a quelli <strong>di</strong> proteasi<br />

note, non solo nelle zone genericamente conservate tra tutte le SVTLE, ma anche nelle<br />

regioni in cui la variabilità tra tutte le proteasi <strong>di</strong> serpente note è maggiore (dati non mostrati).


32 Capitolo 4<br />

10 20 30 40 50 60 70<br />

| | | | | | |<br />

29 MVMIRVLANLLILQLSYAQKSSELIIGGDECNINEHRFLVALYTFRSRRFHCSGTLINQEWVLTAAHCDR<br />

32 MVMIRVLANLLILQLSYAQKSSELVVGGDECNINEHRFLALVYTNGS---LCGGTLINQEWVLTARHCDG<br />

36 MVMIRVLANLLILQLSYAQKSSELVVGGDECNINEHRFLALVYLNG----LCGGTLINQEWVLTAAHCDR<br />

38 MVLIRVLANLLILQLSYAQKSSELVVGGDECNINEHRFLALVYANGS---LCGGTLINQEWVLTARHCDG<br />

44 MVMIRVLANLLILQLSYAQKSSELVVGGDECNINEHRFLALVYANGS---LCGGTLINQEWVLTARHCDG<br />

49 MVMIRVLANLLILQLSYAQKSSELVVGGDECNINEHRFLALVYANGS---LCGGTLINQEWVLTARHCDG<br />

50 MVMIRVLANLLILQLSYAQKSSELVVGGDECNINEHRFLALVYTNGS---LCGGTLINQEWVLTARHCDG<br />

53 MVMIRVLANLLILQLSYAQKSSELVVGGDECNINEHRFLALVYANGS---LCGGTLINQEWVLTARHCDG<br />

59 MVMIRVLANLLILQLSYAQKSSELVVGGDECNINEHRFLALVYTNGS---LCGGTLINQEWVLTARHCDG<br />

60 MVLIRVLANLLILHLSYAQKSSELVIGGDECNINEHRFLALVYANGS---LCGGTLINQEWVLTARHCDR<br />

64 MVMIRVLANLLILQLSYAQKSSELVVGGDECNINEHRFLALVYANGS---LCGGTLINQEWVLTARHCDG<br />

69 MVMIRVLANLLILQLSYAQKSSELVV--DECNINEHRFLVALYDVWSGSFLCGGTLINEEWVLTAAHCNM<br />

70 MVMIRVLANLLILQLSYAQKSSELVVGGDECNINEHRFLALVYANGS---LCGGTLINQEWVLTARHCDG<br />

*<br />

80 90 100 110 120 130 140<br />

| | | | | | |<br />

29 -KYRISIGMHST-MYNEDVQHRVRKE-IFCLNRRNNIKWDKDIMLIRLNRPVRNSAHIAPHSLPSNAPSV<br />

32 GNMRIYLGVHNRKVPNKHGLRRFPKEKYFCLNTRNDTIWDKDIMLIRLNRPVRNSAHIAPLSLPSNPPSV<br />

36 KNIRIKLGMHSTNVXNEDVQTRVAKEKFFCLRSKTYTKWDKDIMLIRLKRPVNKSTHIAPLSLPSSPPSL<br />

38 GNMLILLGMHNLKVLNKDALRRFPKEKYFCLNRRNNIKWDKDIMLIRLNRPVRNSAHIAPHSLPSNAPSV<br />

44 GNMLILLGMHNLKVLNKHGLRRFPKEKYFCLNRRNNIKWDKDIMLIRLNRPVRNSAHIAPHSLPSNAPSV<br />

49 GNMLILLGMHNLKVLNKDALRRFPKEKYFCLNRRNNIKWDKDIMLIRLNRPVRNSAHIAPHSLPSNAPSV<br />

50 GNMRIYLGVHNRKVPNKHGLRRFPKEKYFCLNRRNNIKWDKDIMLIRLNRPVRNSAHIAPHSLPSNAPSV<br />

53 GNMLILLGMHNLKVLNKDALRRFPKEKYFCLNRRNNIKWDKDIMLIRLNRPVRNSAHIAPLSLPSNPPSV<br />

59 GNMRIYLGVHNRKVPNKHGLRRFPKEKYFCLNRRNNIKWDKDIMLIRLNRPVRNSAHIAPHSLPSNAPSV<br />

60 GNMLILLGMHNLKVLNKDALRRFPKEKYFCLNTRNDTIWDKDIMLIRLNRPVRNSAHIAPLSLPSNPPSV<br />

64 GNMLILLGMHNLKVLNKDALRRFPKEKFICPNKKNDEVLDKDIMLIKLDSRVSNSEHIAPLSLPSSPPSV<br />

69 SNIYIYLGMHNQSVQFDDEERRYPKEKYLFRCSKNFTKWDKDIMLIRLNKPVRNSEHIAPLSLPSSPPIV<br />

70 GNMLILLGMHNLKVLNKDALRRFPKEKYFCLNTRNDTIWDKDIMLIRLNRPVRNSAHIAPHSLPSNAPSV<br />

*<br />

150 160 170 180 190 200 210<br />

| | | | | | |<br />

29 GSVCRVMGWGAITSPNETLPDVPHCANINILDYEVCRAASKRLP--ATTLCAGILEGGKDTCGGDSGGPL<br />

32 GSVCRIMGWGTITSPNATLPDVPHCANINILDYAVCQAAYKGLA--ATTLCAGILEGGKDTCKGDSGGPL<br />

36 GSVCRVMGWGTITSPDETYPAVPHCANINLLDYSVCRAAYPQLPVRSRTLCAGILEGGKDSCKGDSGGPL<br />

38 GSVCRVMGWGAITSPNETLPDVPHCANINILDYEVCRAASKRLP--ATTLCAGILEGGKDTCGGDSGGPL<br />

44 GSVCRVMGWGAITSPNETLPDVPHCANINILDYAVCQAAYKGLA--ATTLCAGILEGGKDTCGGDSGGPL<br />

49 GSVCRVMGWGAITSPNETLPDVPHCANINILDYEVCRAASKRLP--ATTLCAGILEGGKDTCGGDSGGPL<br />

50 GSVCRVMGWGAITSPNETLPDVPHCANINILDYAVCQAAYKGLA--ATTLCAGILEGGKDTCGGDSGGPL<br />

53 GSVCRIMGWGTITSPNATLPDVPHCANINILDYAVCQAAYKGLA--ATTLCAGILEGGKDTCKGDSGGPL<br />

59 GSVCRVMGWGAITSPNETLPDVPHCANINILDYAVCQAAYKGLA--ATTLCAGILEGGKDTCKGDSGGPL<br />

60 GSVCRIMGWGTITSPNATLPDVPHCANINILDYAVCQAAYKGLA—-ATTLCAGILEGGKDTCKGDSGGPL<br />

64 GSVCHIMGWGSITPIEVTFPAVPHCANINLLDYSVCRAAYPQLPVRSRTLCAGILEGGKDSCKGDSGGPL<br />

69 GSVCRVMGWGTITSPNATLPDVPHCANINILDYAVCQAAYKGLA--ATTLCAGILEGGKDTCKGDSGGPL<br />

70 GSVCRVMGWGAITSPNETLPDVPRCVNINLFNYTVCRGVFPRLPARSRILCAGVLEGGIDTCKRDSGGPL<br />

* *<br />

220 230 240 250 260<br />

| | | | |<br />

29 ICNGQFQGILSLGGNPCAKPRKPGLYTKVFDYTDWIQSIISGNTDATCPP<br />

32 ICNGQFQGILSVGGNPCAQPRKPGIYTKVFDYTDWIQSIIAGKTDATCPP<br />

36 ICNGQFQGIVSWGGDPCAKPHVPGHYTKVFDYTDWIQGIIAGNTDATCPP<br />

38 ICNWTIQDV-SWGGDPCANLIVPGHYTKVFDYTDWIQGIIAGNTDARCPP<br />

44 ICNGQFQGIVFWGHDPCAHRVSPALYTKVFDYTDWIQGIIAGNTDARCPP<br />

49 ICNGQFQGILSLGGNPCAKPRKPGLYTKVFDYTDWIQSIIAGNTDATCPP<br />

50 ICNGQFQGIVFWGHDPCAQPREPALYTKVFDYTDWIQSIIAGNTDATCPP<br />

53 ICNGQFQGILSLGGNPCAQPRKPGVYTKVFDYTDWIQSIISGNTDATCPP<br />

59 ICNGQ---------------------------------------------<br />

60 ICNGQFQGILSVGGNPCAHPRKPGVYTKVFDYTDWIQSIISGNTDATCPP<br />

64 ICNGQFQGIVSWGGDPCAKPHVPGHYTKVFDYTDWIQGIIAGNTDATCPP<br />

69 ICNGQFQGILSVGGNPCAQPRKPGVYTKVFDYTDWIQSIISGNTDATCPP<br />

70 ICNGQFQGIVSWGPKRCAQPRKPGIYTKVFDYTDWIQSIISGNTDATCPP<br />

Figura 4.1. Allineamento delle sequenze aminoaci<strong>di</strong>che dedotte dal DNA dei 13 cloni ottenuti. Sono evidenziati<br />

in blu i residui della triade catalitica, in verde il residuo del sito <strong>di</strong> specificità primaria ed in rosso le cisteine.


Risultati 33<br />

In particolare, il clone n. 64 co<strong>di</strong>fica per una proteina matura, che verrà denominata 5TLE,<br />

la cui sequenza è un mosaico <strong>di</strong> porzioni identiche alle due proteasi note dal veleno <strong>di</strong><br />

Agkistrodon contortrix contortrix, l’attivatore della Proteina C (Acc-C) e la contortrixobina,<br />

anche in alcune regioni generalmente variabili, insieme a regioni simili, ma non identiche, ad<br />

entrambi gli enzimi (fig. 4.2).<br />

La sequenza del clone n. 64 (fig. 4.2) ci è parsa particolarmente interessante per indagare<br />

sulle relazioni tra struttura e funzione, e pertanto ne è stata intrapresa l’espressione in E. coli.<br />

10 20 30 40 50 60<br />

| | | | | |<br />

Contortrixobin VVGGDECNINEHRFLVAIFN--SNGFVCSGTLINQEWVLTAAHCDSTDFQIKLGAHSKKV<br />

Clone 64 VVGGDECNINEHRFLALVYA---NGSLCGGTLINQEWVLTARHCDGGNMLILLGMHNLKV<br />

Acc-C VIGGDECNINEHRFLALVYA---NGSLCGGTLINQEWVLTARHCDRGNMRIYLGMHNLKV<br />

70 80 90 100 110 120<br />

| | | | | |<br />

Contortrixobin LNEDEQIRNPKEKFICPNKKNDEVLDKDIMLIKLDSRVSNSEHIAPLSLPSSPPSVGSVC<br />

Clone 64 LNKDALRRFPKEKFICPNKKNDEVLDKDIMLIKLDSRVSNSEHIAPLSLPSSPPSVGSVC<br />

Acc-C LNKDALRRFPKEKYFCLNTRNDTIWDKDIMLIRLNRPVRNSAHIAPLSLPSNPPSVGSVC<br />

130 140 150 160 170 180<br />

| | | | | |<br />

Contortrixobin HIMGWGSITPIEVTFPDVPHCAYINLLDDAACQPGYPEVLPEYRTLCAGILEGGKDTCNY<br />

Clone 64 HIMGWGSITPIEVTFPAVPHCANINLLDYSVCRAAYPQLPVRSRTLCAGILEGGKDSCKG<br />

Acc-C RIMGWGTITSPNATLPDVPHCANINILDYAVCQAAYKGLA--ATTLCAGILEGGKDTCKG<br />

190 200 210 220 230<br />

| | | | |<br />

Contortrixobin DSGGPLICNGQFQGIVSYGAHPCGQSLKPGIYTKVFDYNDWIQSIIAGNTAATCPP<br />

Clone 64 DSGGPLICNGQFQGIVSWGGDPCAKPHVPGHYTKVFDYTDWIQGIIAGNTDATCPP<br />

Acc-C DSGGPLICNGQFQGILSVGGNPCAQPRKPGIYTKVFDYTDWIQSIISGNTDATCPP<br />

Figura 4.2. Allineamento della sequenza del clone n. 64 con la contortrixobina e l’Acc-C. Sono evidenziati in<br />

blu i residui identici a quelli della contortrixobina, in rosso quelli corrispondenti all’Acc-C ed in viola quelli<br />

identici in tutte e tre le sequenze. I tratti <strong>di</strong> sequenza più conservati sono in grassetto. Le regioni incorniciate<br />

sono quelle generalmente più variabili tra tutte le sequenze note <strong>di</strong> SVTLE.<br />

4.1.2. Espressione<br />

Il frammento <strong>di</strong> cDNA del clone n.64 è stato inserito nel vettore <strong>di</strong> espressione pMal-C2,<br />

che permette <strong>di</strong> ottenere proteine <strong>di</strong> fusione recanti la molecola <strong>di</strong> Maltose Bin<strong>di</strong>ng Protein<br />

all’N-terminale, ed è stato espresso nel ceppo Origami <strong>di</strong> E. coli, che viene utilizzato per<br />

avere una efficiente formazione <strong>di</strong> ponti <strong>di</strong>solfuro.<br />

La proteina <strong>di</strong> fusione tra la MBP e la proteasi <strong>di</strong> serpente, che da qui in poi verrà<br />

chiamata MBP-5TLE, è stata ottenuta in forma solubile con una resa <strong>di</strong> circa 8 mg per litro <strong>di</strong><br />

coltura, ed è stata purificata dall’estratto cellulare batterico per cromatografia <strong>di</strong> affinità su<br />

resina <strong>di</strong> amilosio insieme alla MBP batterica libera. E’ stata poi separata da quest’ultima<br />

grazie alla capacità, tipica <strong>di</strong> tutte le proteasi a serina tripsino-simili, <strong>di</strong> interagire con una<br />

resina <strong>di</strong> Arg-Sefarosio tramite il residuo <strong>di</strong> aspartato del sito S1. Tale interazione, oltre a<br />

permettere la purificazione della proteina, <strong>di</strong>mostra che l’enzima ricombinante è<br />

correttamente strutturato, almeno nella regione intorno alla tasca <strong>di</strong> specificità primaria.


34 Capitolo 4<br />

La massa molecolare della proteina, dedotta dalla sequenza aminoaci<strong>di</strong>ca, è <strong>di</strong> circa 65<br />

kDa, in accordo con la sua mobilità elettroforetica su SDS-PAGE. (fig. 4.3)<br />

97.4<br />

66.2<br />

45.0<br />

31.0<br />

21.5<br />

14.4<br />

1 2 3 4<br />

← MBP-5TLE<br />

← MBP<br />

Figura. 4.3. SDS-PAGE al 15%: 1) Marcatori <strong>di</strong> peso molecolare (KDa); 2) proteina totale eluita dalla resina <strong>di</strong><br />

amilosio; 3) frazione non legata all’Arg-Seph.; 4) frazione legata all’Arg-Seph, eluita con tampone acetato, pH<br />

4.0<br />

4.1.3. Saggi funzionali: piccoli substrati sintetici<br />

L’enzima ha mostrato attività idrolitica su esteri ed anili<strong>di</strong> a basso peso molecolare: in<br />

particolare, l’efficienza catalitica si è <strong>di</strong>mostrata maggiore sull’estere della lisina rispetto alle<br />

anili<strong>di</strong> <strong>di</strong> tripepti<strong>di</strong>, come già osservato per la contortrixobina (tab. 4.1) [58]. Tra i substrati<br />

tripepti<strong>di</strong>ci, una certa attività è stata <strong>di</strong>mostrata sui composti che presentano Arg in posizione<br />

P1 ed un residuo apolare ingombrante (Pro o ac. pipecolinico) in P2, analogamente a quanto<br />

già osservato per la trombina e la contortrixobina (Tab. 4.2) [58].<br />

Tabella 4.1. Parametri cinetici <strong>di</strong> stato stazionario per l’attività esterasica o amidasica della proteina MBP-<br />

5TLE.<br />

substrato kcat (sec -1 ) Km (µM) kcat/ Km (M -1 sec -1 )<br />

Z-Lys-ONp 0.018 55.3 322<br />

Phe-Pip-Arg-pNA 0.015 223 68<br />

Tabella 4.2. Attività amidasica relativa su tre substrati anili<strong>di</strong>ci<br />

substrato<br />

Attività<br />

relativa<br />

Phe-Pip-Arg-pNA 1<br />

Sar-Pro-Arg-pNA 0.73<br />

Tosyl-Gly-Pro-Arg-pNA 0.47


Risultati 35<br />

4.1.4. Saggi funzionali: substrati macromolecolari<br />

Come è stato già osservato nella figura 4.2, la sequenza della proteina 5TLE ha un alto<br />

grado <strong>di</strong> identità con quella della contortrixobina e dell’Acc-C. Per verificare se questa<br />

elevata omologia strutturale fosse accompagnata da una analoga somiglianza funzionale, è<br />

stata indagata la capacità della proteina fusa MBP-5TLE <strong>di</strong> interagire con i substrati<br />

macromolecolari della contortrixobina e dell’Acc-C, fibrinogeno e proteina C,<br />

rispettivamente. La proteina non sembra avere attività idrolitica su tali substrati proteici.<br />

Questa mancata interazione può essere dovuta all’ingombro sterico costituito dalla MBP, che<br />

comunque non preclude l’accesso al sito attivo per i substrati piccoli, oppure alla mancanza <strong>di</strong><br />

esositi <strong>di</strong> riconoscimento sulla superficie della proteina.<br />

4.1.5. Taglio della proteina <strong>di</strong> fusione<br />

Per indagare sulla mancata funzionalità della proteina <strong>di</strong> fusione nei confronti dei substrati<br />

macromolecolari si è cercato <strong>di</strong> separare la proteasi <strong>di</strong> serpente dalla proteina tag. Questo può<br />

essere ottenuto grazie alla presenza, tra il C-terminale della MBP e l’N-terminale della<br />

proteasi <strong>di</strong> serpente, <strong>di</strong> un breve tratto <strong>di</strong> sequenza, Ile-Glu-Gly-Arg, riconosciuto<br />

specificamente dal Fattore Xa, una delle proteasi a serina del sistema della coagulazione, che<br />

viene sfruttata in questo caso come “enzima <strong>di</strong> restrizione per polipepti<strong>di</strong>”, grazie alla sua<br />

elevatissima specificità.<br />

Il Fattore Xa è pertanto usato comunemente nel sistema <strong>di</strong> espressione pMal C2 per<br />

tagliare le proteine <strong>di</strong> fusione ed ottenere le proteine <strong>di</strong> interesse. Generalmente, per<br />

allontanare Il Fattore Xa dalla miscela dopo il taglio, si usano resine <strong>di</strong> affinità molto simili<br />

all’Arg-Sefarosio; nel nostro caso però questa procedura standard non ha avuto successo,<br />

poiché anche la proteina <strong>di</strong> serpente interagisce con la resina, con un’affinità molto simile<br />

all’enzima <strong>di</strong> restrizione. Anche la separazione per cromatografia a scambio ionico non è stata<br />

sod<strong>di</strong>sfacente, dato il punto isoelettrico simile tra le due proteasi.<br />

E’ stata pertanto seguita una strategia <strong>di</strong>versa, immobilizzando il Fattore Xa su una resina<br />

Affi-Gel, in modo da poterla utilizzare per tagliare la proteina <strong>di</strong> fusione ed eliminarla poi per<br />

centrifugazione. L’enzima immobilizzato è risultato attivo ed ha inoltre mantenuto la sua<br />

attività anche dopo <strong>di</strong>versi cicli <strong>di</strong> incubazione con il substrato.<br />

La proteina <strong>di</strong> fusione è stata quin<strong>di</strong> tagliata e le prime analisi funzionali sono state<br />

effettuate sulla miscela totale.<br />

Rispetto ai risultati ottenuti con la proteina fusa, dopo il taglio con FXa-Affi-Gel la Km<br />

dell’enzima per Phe-Pip-Arg-pNA è <strong>di</strong>minuita <strong>di</strong> quasi 7 volte, passando da 223 µM a 34.2<br />

µM, mentre la kcat non è cambiata in modo sostanziale (circa 0.015 sec -1 ), suggerendo che<br />

l’eliminazione dell’ingombro sterico costituito dalla MBP legata all’N-terminale aumenta<br />

l’affinità per il substrato, ma non l’efficienza catalitica. (tab. 4.3)


36 Capitolo 4<br />

Tabella 4.3 parametri cinetici allo stato stazionario per l’idrolisi del Phe-Pip-Arg-pNA<br />

kcat (sec -1 ) Km (µM) kcat/ Km (M -1 sec -1 )<br />

MBP-5TLE 0.015 223 67.3<br />

5TLE 0.015 34.2 438.6<br />

L’eliminazione della MBP, inoltre, riesce a conferire alla TLE tagliata la capacità <strong>di</strong><br />

convertire il fibrinogeno in fibrina, proprietà che invece manca del tutto alla proteina fusa, ed<br />

incubando fibrinogeno 5 µM con TLE 500 nM a 37° si è ottenuto un coagulo dopo circa 5<br />

ore. Ciò sta a suggerire che per l’interazione con i substrati macromolecolari la mancata<br />

attività della MBP-5TLE sia dovuta in modo preponderante all’ingombro sterico costituito<br />

dalla proteina estranea MBP.<br />

Nella figura 4.4 è riportata l’analisi all’HPLC del rilascio dei fibrinopepti<strong>di</strong>.<br />

mV<br />

50<br />

40<br />

30<br />

20<br />

10<br />

Area picchi FpA<br />

500<br />

400<br />

300<br />

200<br />

100<br />

0<br />

0 1 2 3 4 5 6<br />

tempo (ore)<br />

P-FpA<br />

0<br />

16 17 18 19 20 21 22 23 24<br />

tempo (min)<br />

FpA<br />

des-Ala<br />

zero<br />

13 min<br />

30 min<br />

1 ora<br />

2 ore<br />

3 ore<br />

5 ore<br />

con trombina<br />

Figura 4.4. Profili cromatografici della separazione in RP-HPLC dei fibrinopepti<strong>di</strong> A e B prodotti nel tempo<br />

dall’azione della 5TLE e dalla trombina. Nell’inserto è riportato l’aumento nel tempo delle aree dei tre picchi<br />

cromatografici relativi ai FpA.<br />

Come si può osservare, in seguito all’azione della 5TLE solo i picchi corrispondenti al<br />

FpA nelle sue tre forme (dovute all’eterogeneità del fibrinogeno umano, con una certa<br />

frazione <strong>di</strong> FpA fosforilati oppure troncati in Ala) aumentano nel tempo (fig. 4.4); l’enzima,<br />

quin<strong>di</strong>, taglia solo le catene α del fibrinogeno e non le β. Questa interessante caratteristica<br />

funzionale è comune ad un numero limitato <strong>di</strong> proteasi <strong>di</strong> serpente, tra cui l’ancrod e la<br />

batroxobina (ve<strong>di</strong> introduzione).<br />

Anche dopo il taglio con FXa l’enzima non ha invece mostrato attività nei confronti della<br />

proteina C, suggerendo che, per questo substrato macromolecolare, effettivamente manchino<br />

sulla superficie della TLE i determinanti strutturali per il riconoscimento.<br />

FpA<br />

FpB


Risultati 37<br />

4.2. Attività della contortrixobina<br />

4.2.1. Attività idrolitica sul fibrinogeno umano<br />

La contortrixobina attiva il fibrinogeno a fibrina rilasciando entrambi i fibrinopepti<strong>di</strong> A e<br />

B. Rispetto alla trombina, però, il meccanismo catalitico è <strong>di</strong>fferente: mentre la trombina<br />

agisce in modo sequenziale, attaccando inizialmente le catene Aα e successivamente le Bβ<br />

(paragrafo 1.5.3), la contortrixobina sembra agire su entrambe le catene in<strong>di</strong>fferentemente fin<br />

dall’inizio del processo, come evidenziato dall’analisi in HPLC dei frammenti liberati dal<br />

fibrinogeno in presenza dell’enzima <strong>di</strong> serpente a due <strong>di</strong>verse temperature (fig. 4.5, pannello<br />

a). La velocità <strong>di</strong> rilascio dei prodotti è paragonabile tra FpA e FpB a <strong>di</strong>verse concentrazioni<br />

<strong>di</strong> substrato, come si osserva nel pannello b della figura 4.5, ed i parametri cinetici <strong>di</strong> stato<br />

stazionario possono essere calcolati come due curve identiche per i due substrati.<br />

Figura 4.5: Rilascio dei fibrinopepti<strong>di</strong> dal fibrinogeno umano da parte della contortrixobina. In a) è riportata la<br />

cinetica a due <strong>di</strong>verse temperature, in presenza <strong>di</strong> fibrinogeno 5 µM e contortrixobina 80 nM; in b) è<br />

rappresentata la curva secondo Michaelis e Menten della velocità <strong>di</strong> rilascio dei FpA e FpB a <strong>di</strong>verse<br />

concentrazioni <strong>di</strong> substrato, da parte <strong>di</strong> contortrixobina 80 nM, a 37°C.<br />

I fibrinopepti<strong>di</strong> A e B si comportano come due substrati che competono tra <strong>di</strong> loro per il<br />

sito attivo dell’enzima e quin<strong>di</strong> l’affinità misurata in termini <strong>di</strong> Km è solo apparente.<br />

E<br />

(a)<br />

+ AαγβB E:AαγβB (Fp)A + αγβB + E<br />

+ AαγβB AαγβB:E (Fp)B + Aαγβ + E<br />

I valori delle costanti <strong>di</strong> Michaelis e Menten per il rilascio dei fibrinopepti<strong>di</strong> a 37°C e a 20°C<br />

sono riportati nella tabella 4.4.<br />

Tabella 4.4. Parametri catalitici apparenti <strong>di</strong> stato stazionario a due temperature per il rilascio dei fibrinopepti<strong>di</strong><br />

da parte della contortrixobina (Con<strong>di</strong>zioni sperimentali: tampone Tris 50 mM, NaCl 150 mM, pH 7,4).<br />

(b)<br />

Temperatura kcat (s -1 ) Km (µM) kcat/ Km( M -1 s -1 )<br />

37°C 0,077 12,2 6,3 x 10 3<br />

20°C 0,033 2,9 11,4 x 10 3


38 Capitolo 4<br />

La bassa efficienza catalitica della contortrixobina, se confrontata con l’attività della<br />

trombina, è sorprendente, specie se si considera che la Km è relativamente bassa e in<strong>di</strong>ca una<br />

valida interazione tra la contortrixobina ed il fibrinogeno umano. A questo proposito si<br />

possono anticipare due considerazioni che saranno più estesamente sviluppate nella<br />

<strong>di</strong>scussione. In primo luogo, i dati presentati nella tabella 4.5 (paragrafo 4.2.2) <strong>di</strong>mostrano che<br />

la contortrixobina presenta efficienze catalitiche minori <strong>di</strong> quelle della trombina anche nei<br />

confronti <strong>di</strong> substrati sintetici. In secondo luogo il confronto tra i parametri <strong>di</strong> stato<br />

stazionario dei due enzimi può essere fuorviante perché la Km e la kcat sono tra loro correlate<br />

e la rassomiglianza delle due Km potrebbe essere casuale: nella frazione<br />

che peraltro è applicabile solo in modo approssimativo alle proteasi, i contributi relativi dei<br />

termini k2 e k3 potrebbero essere molto <strong>di</strong>versi nella contortrixobina e nella trombina.<br />

4.2.2. Attività su altri substrati<br />

Nella tabella 4.5 sono stati riportati i valori dei parametri <strong>di</strong> stato stazionario per la<br />

contortrixobina e per la trombina relativamente alle catene α e β del fibrinogeno nelle stesse<br />

con<strong>di</strong>zioni sperimentali (37°C) insieme a quelli ottenuti per i due enzimi sui substrati proteici<br />

riconosciuti anche dalla contortrixobina e su piccoli substrati tripepti<strong>di</strong>ci.<br />

Tabella 4.5 Parametri cinetici <strong>di</strong> stato stazionario per la trombina e la contortrixobina su substrati proteici e su<br />

tripepti<strong>di</strong>l-anili<strong>di</strong><br />

Substrato<br />

Aα fibrinogeno<br />

(Gly-Gly-Val-Arg)<br />

Bβ fibrinogeno<br />

(Phe-Ser-Ala-Arg)<br />

Fattore V<br />

(Leu-Gly-Ile-Arg)<br />

Fattore XIII<br />

(Gly-Val-Pro-Arg)<br />

Km = k2 + k3<br />

k+1<br />

Km (µM) kcat (s -1 )<br />

α-Trombina Contortrixobina<br />

kcat/Km<br />

(M -1 s -1 ) Km (µM) kcat (s -1 )<br />

kcat/Km<br />

(M -1 s -1 )<br />

7,2 84 11,7 x 10 6 12,2 0,077 6,3 x 10 3<br />

9,7 38 3,9 x 10 6 12,2 0,077 6,3 x 10 3<br />

-- -- 9,3 x 10 6 -- -- 1,9 x 10 4<br />

-- -- 1,5 x 10 5 -- -- 6,4 x 10 2<br />

Tosil-Gly-Pro-Arg-pNA 4,2 47,8 1,1 x 10 7 18,7 2,1 1,1 x 10 5<br />

Sar-Pro-Arg-pNA 107,2 51,7 4,8 x 10 5 28,7 5,6 1,9 x 10 5<br />

Phe-Pip-Arg-pNA 1,4 31,4 2,2 x 10 7 411,2 2,8 6,8 x 10 3<br />

Tosil-Gly-Pro-Lys-pNA 40,3 21,6 5,4 x 10 5 105,2 0,1 1,3 x 10 3<br />

Dai dati riportati emerge che la venombina è oltre 1200 volte meno efficiente dell’αtrombina<br />

sul fibrinogeno, in termini <strong>di</strong> costante <strong>di</strong> specificità <strong>di</strong> secondo or<strong>di</strong>ne, ma che<br />

questo effetto è dovuto soprattutto ad una minore kcat, quin<strong>di</strong> ad una minore efficienza


Risultati 39<br />

catalitica, piuttosto che ad un effetto sulla Km, intesa come affinità per il substrato. La proteasi<br />

<strong>di</strong> serpente è attiva anche sul Fattore V e sul Fattore XIII, con un’efficienza 250-500 volte<br />

inferiore rispetto alla trombina, mentre non è attiva sulle piastrine, né sul Fattore VIII [58].<br />

Il riconoscimento molecolare tra contortrixobina e fattore V è simile, ma non uguale, a<br />

quello che si stabilisce tra trombina e fattore V, come risulta del fatto che dei tre legami<br />

pepti<strong>di</strong>ci che sono idrolizzati dalla trombina (Arg709, Arg1018 ed Arg1545) solo due sono<br />

attaccati anche dalla contortrixobina (Arg709 ed Arg1018), mentre un terzo taglio,<br />

caratteristico dalla contortrixobina e non riscontrato nel caso <strong>degli</strong> altri attivatori da veleni <strong>di</strong><br />

serpente, è operato a livello <strong>di</strong> Arg1765 (dati non mostrati).<br />

Confrontando la Km per il fibrinogeno con quella <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi substrati a basso peso<br />

molecolare che interagiscono solo con i siti S1-S3 dell’enzima si osserva che è dello stesso<br />

or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> grandezza rispetto al Tosyl-Gly-Pro-Arg-pNA ed al Sar-Pro-Arg-pNA; il Tosil-Gly-<br />

Pro-Lys-pNA, probabilmente per la presenza <strong>di</strong> Lys in P1, è poco affine ad entrambe le<br />

proteine, mentre il Phe-Pip-Arg-pNA, che è un substrato ottimo per la trombina, è invece<br />

molto poco adatto alla contortrixobina. Questa osservazione, che è coerente con la <strong>di</strong>versa<br />

origine evolutiva delle venombine (dalla tripsina, ve<strong>di</strong> introduzione) <strong>di</strong>mostra che la<br />

contortrixobina <strong>di</strong>fferisce dalla trombina non solo a livello <strong>degli</strong> esositi, che sono sufficienti a<br />

far interagire efficacemente questo substrato macromolecolare con la venombina, ma anche<br />

nell’intorno del sito attivo.<br />

Le proprietà <strong>di</strong> riconoscimento <strong>di</strong> substrati macromolecolari da parte della contortrixobina<br />

sono state ulteriormente indagate con saggi <strong>di</strong> attivazione della proteina C e del<br />

plasminogeno. Quest’ultima attività è stata saggiata, pur non essendo <strong>di</strong>rettamente una<br />

proprietà trombino-simile, perché è invece tipica <strong>di</strong> <strong>di</strong>verse proteasi <strong>di</strong> serpente, ed alcune<br />

posizioni in<strong>di</strong>viduate come cruciali per l’interazione con il substrato da parte <strong>di</strong> due attivatori<br />

del plasminogeno (DDE 96a-98 nel TSV-PA e DDD 95-97 nel tPA umano [71]) sembrano<br />

conservate nella contortrixobina, che presenta in queste posizioni la sequenza DEV. Non è<br />

stata però osservata attività su nessuno dei due substrati proteici, almeno nelle con<strong>di</strong>zioni<br />

sperimentali impiegate.<br />

Queste osservazioni rafforzano l’idea che il riconoscimento tra macromolecole non è<br />

sempre riconducibile a pochi residui critici, ma richiede invece interazioni anche in siti<br />

<strong>di</strong>stanti dal centro catalitico, e <strong>di</strong>fficilmente in<strong>di</strong>viduabili in mancanza <strong>di</strong> una struttura<br />

tri<strong>di</strong>mensionale <strong>di</strong> riferimento.<br />

Per ovviare a questa <strong>di</strong>fficoltà, si è cercato <strong>di</strong> elaborare un modello strutturale della<br />

contortrixobina, prendendo come riferimento il complesso trombina/fibrinopeptide A e<br />

modelli <strong>di</strong> complessi trombina/fibrinopeptide B, oltre a dati funzionali, attinti dalla letteratura.<br />

4.2.3. Modello <strong>di</strong> struttura tri<strong>di</strong>mensionale<br />

Interazione con il fibrinopeptide A<br />

L’interazione tra la catena Aa del fibrinogeno e l’intorno del sito attivo della trombina è<br />

abbastanza ben delineata dal complesso cristallografico con il fibrinopeptide A (co<strong>di</strong>ce pdb:<br />

1FPH) e dal modello con il peptide 20-62 [28] descritto nell’introduzione e riproposto nella


40 Capitolo 4<br />

figura 4.6. Si può osservare che il sito arilico formato dai residui W215, I174 e L99 che<br />

ospitano Phe27 in posizione P9 nel fibrinopeptide, si trova in realtà molto vicino ai subsiti S2-<br />

S3 del sito attivo della trombina; pertanto il FpA si ripiega formando un’ansa che porta i<br />

residui P4-P8 lontano dal sito attivo, a interagire con l’ansa 174, per poi riportare in esso il<br />

residuo P9.<br />

R173<br />

E30<br />

F27<br />

Figura 4.6. Struttura del complesso tra trombina, in celeste, e FpA, in arancio. Sono evidenziati in ball & stick i<br />

residui dell’enzima che giocano un ruolo importante nell’interazione: la Phe27 del FpA interagisce con il sito<br />

arilico (residui W215, I174 e L99, in verde); la Val134, in P2, con i residui Y60a e W60d (celeste); il Glu30, in<br />

P6, forma un ponte salino con Arg173 (blu). In rosso sono mostrati I residui della triade catalitica e l’Asp189 nel<br />

sito S1.<br />

Dal modello costruito per la contortrixobina in interazione con il fibrinopeptide A si<br />

evidenzia che l’alloggiamento della Phe27 del fibrinogeno in un sito apolare può essere<br />

conservato anche nella contortrixobina; infatti dei tre residui della trombina Trp215, Ile174 e<br />

Leu99, quest’ultimo è invariato, mentre gli altri due presentano mutazioni conservative<br />

(W215Y e I174V). L’interazione della Aα-Val34 con l’ansa 60 della trombina sembra essere<br />

invece completamente persa nella contortrixobina; in questa proteasi infatti, come del resto<br />

nella tripsina e nelle altre proteasi <strong>di</strong> serpente, quest’ansa è del tutto assente. Infine,<br />

l’interazione elettrostatica tra Aα-Glu30 e Arg173 dell’enzima è impossibile nella<br />

contortrixobina per la sostituzione dell’Arg in questa posizione con un residuo acido <strong>di</strong> Glu<br />

(fig. 4.7).<br />

V34


Risultati 41<br />

E173<br />

V174<br />

Y215<br />

Figura 4.7. Modello per la contortrixobina, in grigio, in complesso con il FpA, in arancio.<br />

I residui evidenziati in verde costituiscono l’equivalente del sito arilico della trombina. L’ansa-60 e’ assente. In<br />

blu, il residuo Glu173 sostituisce Arg173 della trombina. In rosso sono mostrati I residui della triade catalitica e<br />

l’Asp189 nel sito S1.<br />

Interazioni con il fibrinopeptide B<br />

Per l’interazione tra la trombina e il fibrinopeptide B non sono <strong>di</strong>sponibili strutture<br />

cristallografiche ed i fibrinopepti<strong>di</strong> A e B presentano una sequenza piuttosto <strong>di</strong>versa, quin<strong>di</strong><br />

l’alloggiamento del FpB nell’intorno del sito attivo della trombina è meno chiaro: se infatti è<br />

stato proposto un modello <strong>di</strong> interazione per il peptide 31-72 della catena Bβ [28], come<br />

descritto nell’introduzione, sembrano possibili anche allineamenti ed interazioni alternative.<br />

Di seguito sono riportati tre possibili allineamenti tra FpA e FpB, che descrivono tre<br />

<strong>di</strong>versi tipi <strong>di</strong> interazione attesa tra FpB e trombina:<br />

FPA: 20- ADSGEGDFLAEGGGVR -35<br />

1) FPB: 31- QGVNDNEEGFF-----SAR -44<br />

FPA: 20- ADSGEGDFLAEGGGVR -35<br />

2) FPB: 31- QGVNDNEEGFF----SAR -44<br />

FPA: 20- ADSGEGDFLAEGGGVR -35<br />

3) FPB: 31- QGVNDNEEGFFSAR -44<br />

Il primo modello è quello proposto da Rose e Di Cera [28], con la Phe41 in P4, allineata<br />

con la posizione P9 del FpA, che interagisce con il sito acrilico; il secondo è simile al primo,<br />

ma è la Phe40 in P5 ad alloggiarsi sito arilico; il terzo allineamento mantiene ugualmente<br />

questa interazione ed il fibrinopeptide B forma un’ansa, come nel caso del FpA. L’interazione<br />

idrofobica tra il residuo in P2 del FpA con l’ansa 60 sembra persa per il FpB in tutti e tre i<br />

modelli, così come il ponte salino della posizione P6; Tuttavia, nel terzo modello, che<br />

conserva l’ansa presente nel FpA, il residuo Glu38 in P7 può arrivare a stabilire un ponte<br />

salino con Arg173 della trombina a seguito <strong>di</strong> un piccolo riarrangiamento della catena<br />

carboniosa. I tre modelli sono rappresentati nella figura 4.8.


42 Capitolo 4<br />

I174<br />

L99<br />

W215<br />

Figura 4.8. I modelli per i complessi trombina-FpB, costruiti sulla base <strong>degli</strong> allineamenti 1, 2 e 3, e mostrati in<br />

blu, fucsia e viola, rispettivamente, possono tutti accomodare una Phe nel sito arilico, in corrispondenza della<br />

regione occupata, nel FpA (in arancio), dalla Phe27. La struttura del complesso trombina-FpA e il modello del<br />

complesso trombina-FpB, basato sull’allineamento 3, presentano entrambi un’ansa sui residui P4-P8 e sono<br />

mostrati con una rappresentazione a nastro.<br />

Modello <strong>di</strong> interazione a livello dell’Esosito I<br />

L’esosito I, o esosito <strong>di</strong> riconoscimento del fibrinogeno, <strong>di</strong>sta circa 20 Å dal sito attivo; è<br />

una regione ricca <strong>di</strong> residui basici ed idrofobici, elencati nella tabella 1.2 e riportati nella<br />

tabella 4,6, che nella trombina interagisce con l’iru<strong>di</strong>na e con la regione del fibrinogeno 14-22<br />

residui oltre il sito <strong>di</strong> taglio (fig. 1.8), oltre che con la trombomodulina ed i recettori cellulari<br />

della trombina. Nella contortrixobina solo quattro <strong>degli</strong> 11 residui basici sono conservati e la<br />

Tyr76, che stabilizza l’interazione con i substrati (ve<strong>di</strong> anche fig. 1.9) non è presente.<br />

Tabella 4.6. Aminoaci<strong>di</strong> che formano l’esosito I nella trombina e residui corrispondenti nella contortrixobina.<br />

Trombina contortrixobina<br />

Arg35<br />

Lys36<br />

Arg67 Lys67<br />

Lys70<br />

Arg73 Lys73<br />

Arg75 Lys74<br />

Tyr76<br />

Arg77a<br />

Lys81 Arg83<br />

Lys109<br />

Lys110<br />

Lys149e<br />

La mancata interazione con la trombomodulina e con i recettori sulle piastrine, e la minore<br />

sensibilità all’inibizione da parte dell’iru<strong>di</strong>na sono in accordo con la più debole carica<br />

elettrostatica della contortrixobina in questa regione. Per la contortrixobina, d’altra parte, è<br />

possibile ipotizzare il coinvolgimento <strong>di</strong> una regione superficiale carica positivamente poco


Risultati 43<br />

<strong>di</strong>stante dall’esosito I, per l’interazione con il fibrinogeno; in questa zona, evidenziata<br />

all’interno del cerchio nella figura 4.9, sono infatti esposti i residui <strong>di</strong> Lys85, Lys87 e Lys107,<br />

che potrebbero svolgere tale ruolo, come già proposto per Arg60f, Lys85, Lys87 e Arg107<br />

della crotalasi [67].<br />

Figura 4.9. a) rappresentazione dell’Esosito I nella trombina. L’orientamento della molecola è lo stesso della<br />

figura 1.4.a. Sono evidenziati in magenta i residui basici ed in blu la Tyr76 che interagiscono con l’iru<strong>di</strong>na<br />

(marrone), ed in rosso la triade catalitica. b) rappresentazione della regione corrispondente all’esosito I nella<br />

contortrixobina: in blu sono rappresentati i quattro residui basici; la Tyr 76 è assente. In marrone è rappresentata<br />

l’iru<strong>di</strong>na, nella stessa posizione rispetto al pannello a). Nel cerchio in viola sono evidenziati i tre residui basici<br />

della putativa estensione dell’esosito.<br />

4.3. <strong>Stu<strong>di</strong></strong>o della struttura del coagulo <strong>di</strong> fibrina<br />

E’ stata stu<strong>di</strong>ata la struttura del gel ottenuto da fibrinogeno umano con trombina umana o<br />

con ancrod o con contortrixobina in <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> rapporti molari tra substrato ed<br />

enzima. E’ stata utilizzata la tecnica <strong>di</strong> <strong>di</strong>ffusione elastica della luce laser, che permette <strong>di</strong><br />

(a)<br />

(b)


44 Capitolo 4<br />

ottenere informazioni sul <strong>di</strong>ametro delle fibre, e quin<strong>di</strong> sul numero <strong>di</strong> protofibrille per fibra<br />

(ve<strong>di</strong> paragrafo 3.9.1).<br />

Protofibrille per sezione <strong>di</strong> fibra<br />

100<br />

10<br />

Trombina<br />

Ancrod<br />

Contortrixobina<br />

1E-4 1E-3 0.01 0.1 1 10<br />

[Enzima]/[Fibrinogeno]<br />

Figura 4.10. Dipendenza del numero <strong>di</strong> protofibrille per fibra in funzione del rapporto enzima/fibrinogeno per la<br />

trombina, la contortrixobina e l’ancrod. La concentrazione <strong>di</strong> fibrinogeno è costante e pari a 800 nM. Le attività<br />

specifiche <strong>degli</strong> enzimi sono: 3,4 U/µmole per la contortrixobina; 33,3 U/µmole per l’ancrod e 64 U/µmole per<br />

la trombina. I dettagli sono descritti nel paragrafo 3.9.1.<br />

Dai risultati riportati in figura 4.10 è emerso che, a parità <strong>di</strong> concentrazione <strong>di</strong><br />

fibrinogeno, il <strong>di</strong>ametro delle fibre <strong>di</strong>pende dalla concentrazione e dal tipo <strong>di</strong> enzima: con le<br />

due proteasi <strong>di</strong> serpente vengono prodotte fibre più sottili all’aumentare della concentrazione<br />

<strong>di</strong> enzima. Nel caso della trombina, invece, la variazione del numero <strong>di</strong> protofibrille per fibra<br />

in funzione della concentrazione <strong>di</strong> enzima segue un andamento apparentemente parabolico,<br />

raggiungendo un valore minimo <strong>di</strong> 20 protofibrille per sezione <strong>di</strong> fibra quando il rapporto<br />

molare enzima:fibrinogeno è pari a 1:100; aumentando la concentrazione <strong>di</strong> trombina fino ad<br />

un rapporto 1:1 il <strong>di</strong>ametro delle fibre aumenta <strong>di</strong> nuovo.<br />

Questi dati suggeriscono che l’accrescimento equatoriale della fibra <strong>di</strong>penda dal<br />

meccanismo con cui il fibrinogeno è attivato a fibrina monomerica.<br />

Nel caso della trombina il processo è noto avvenire in due tappe: nella prima si ha il<br />

rilascio dei FpA, con produzione <strong>di</strong> monomeri <strong>di</strong> fibrina che aggregano in modo testa-testa; la<br />

seconda tappa, molto più lenta in assenza <strong>di</strong> ioni calcio, prevede il taglio dei FpB e<br />

l’associazione delle protofibrille sul piano equatoriale, ispessendo la fibra. I monomeri des-<br />

FpA sono tanto più abbondanti quanto maggiore è la concentrazione dell’enzima, e questo<br />

favorisce la formazione <strong>di</strong> un maggior numero <strong>di</strong> centri <strong>di</strong> nucleazione, a sua volta seguita<br />

dalla produzione <strong>di</strong> un maggior numero <strong>di</strong> fibre più sottili. Questo è quanto avviene in<br />

con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> rapporti trombina:fibrinogeno inferiori ad 1:100 ed anche in presenza <strong>di</strong> Ancrod,<br />

che taglia dal fibrinogeno solo i FpA. Aumentando la concentrazione della trombina oltre il


Risultati 45<br />

rapporto 1:100 con il fibrinogeno, la maggiore concentrazione <strong>di</strong> monomeri des-FpA già<br />

aggregati favorisce, anche in assenza <strong>di</strong> calcio, l’interazione tra enzima e substrato, quin<strong>di</strong><br />

anche il rilascio dei FpB avviene più velocemente, vengono scoperti i siti <strong>di</strong> interazione<br />

laterale sulla molecola e questo potrebbe favorire l’ispessimento della fibra. Nel caso<br />

dell’ancrod non vi è rilascio dei FpB, quin<strong>di</strong> ci si può attendere che l’aggregazione laterale e<br />

l’ispessimento della fibra risultino meno efficienti, in buon accordo con i dati sperimentali.<br />

Quando invece il fibrinogeno è tagliato dalla contortrixobina, i dati sulle cinetiche <strong>di</strong><br />

rilascio dei fibrinopepti<strong>di</strong> ottenuti finora suggeriscono che questo enzima non segua un<br />

processo sequenziale, ma che entrambe le catene possano essere riconosciute e tagliate in<br />

modo casuale ed alla stessa velocità. In questo caso l’aggregazione dei monomeri <strong>di</strong> fibrina<br />

sarebbe più <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata, e per questo motivo, pur tagliando i FpB, ed anche a concentrazioni<br />

elevate <strong>di</strong> enzima, il processo <strong>di</strong> ispessimento equatoriale sarebbe sfavorito.<br />

Un modello quantitativo, ancorché semplificato, dell’effetto della concentrazione <strong>di</strong><br />

enzima sulla struttura del coagulo sarà presentato nella <strong>di</strong>scussione.<br />

Per verificare se l’aumento <strong>di</strong> spessore delle fibre a concentrazioni elevate <strong>di</strong> trombina<br />

fosse un processo dovuto in modo specifico all’attività enzimatica e non ad un generico<br />

“effetto affollamento” che potesse favorire l’interazione tra monomeri <strong>di</strong> fibrina, sono state<br />

effettuate prove <strong>di</strong> polimerizzazione con trombina e fibrinogeno in con<strong>di</strong>zioni tali da avere<br />

trombina cataliticamente attiva alla concentrazione pari al rapporto 1:100 con il substrato (la<br />

con<strong>di</strong>zione che produce fibre sottili) ed aumentando la pressione colloido-osmotica me<strong>di</strong>ante<br />

aggiunta <strong>di</strong> molecole non cataliticamente attive, come trombina inattivata irreversibilmente<br />

con pefabloc, oppure albumina, fino ad un rapporto molare finale <strong>di</strong> 1:2 con il fibrinogeno.<br />

L’osservazione che il <strong>di</strong>ametro delle fibre in queste con<strong>di</strong>zioni non è maggiore rispetto al<br />

valore <strong>di</strong> circa 20 protofibrille/fibra in<strong>di</strong>ca che l’effetto delle alte concentrazioni enzimatiche<br />

è specifico e non può essere spiegato dall’effetto <strong>di</strong> affollamento molecolare.<br />

Tutti i risultati finora descritti sul processo <strong>di</strong> polimerizzazione sono ricavati da un<br />

modello matematico che interpreta i dati <strong>di</strong> scattering della luce del coagulo <strong>di</strong> fibrina; una<br />

prova più <strong>di</strong>retta della vali<strong>di</strong>tà delle ipotesi si può avere osservando in microscopia confocale<br />

la localizzazione della trombina all’interno del coagulo in formazione. A questo scopo la<br />

trombina è stata coniugata con la fluoresceina-isotiocianato e sono state effettuate<br />

osservazioni in <strong>di</strong>verse con<strong>di</strong>zioni sperimentali <strong>di</strong> rapporto trombina-FITC:fibrinogeno. Ne è<br />

emerso che la trombina si trova effettivamente associata alle fibre, mentre le molecole libere<br />

nel mezzo sono in quantità trascurabile; inoltre è facilmente osservabile il <strong>di</strong>verso spessore<br />

delle fibre in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong>verse (fig. 4.11).


46 Capitolo 4<br />

Figura 4.11. Analisi <strong>di</strong> microscopia confocale <strong>di</strong> gel <strong>di</strong> fibrina ottenuti incubando fibrinogeno 3 µM con<br />

trombina 30 nM (pannelli in alto) o 3 nM (pannelli in basso) in tampone Tris 50 mM, NaCl 0,1 M, pH 7,4. Le tre<br />

immagini <strong>di</strong> ogni con<strong>di</strong>zione sono riferite rispettivamente al segnale ottenuto in fluorescenza, (assegnando un<br />

colore arbitrario al segnale), in trasmissione, e alla sovrapposizione dei due.


5 DISCUSSIONE E CONCLUSIONI<br />

5.1. Clonaggio, espressione e caratterizzazione della 5TLE<br />

E’ stata ottenuta una nuova proteasi dal veleno <strong>di</strong> Agkistrodon contortrix contortrix in<br />

forma solubile da E. coli. Questo è già <strong>di</strong> per sé un risultato positivo, in quanto sono riportati<br />

<strong>di</strong>versi dati <strong>di</strong> proteasi <strong>di</strong> serpente espresse in E. coli come tali o con una coda <strong>di</strong> His, ma si<br />

ritrovano in genere nei corpi inclusi, anziché nel citoplasma batterico [72, 73] e il loro<br />

refol<strong>di</strong>ng in vitro è molto <strong>di</strong>fficoltoso, per la presenza dei numerosi ponti <strong>di</strong>solfuro; questo<br />

problema è stato superato in questo caso grazie all’espressione della proteina in forma fusa<br />

con la MBP, nel ceppo Origami del batterio.<br />

La proteina MBP-5TLE è correttamente strutturata intorno al sito attivo ed alla tasca <strong>di</strong><br />

specificità primaria, come è <strong>di</strong>mostrato dalla sua interazione con l’Arg-Sefarosio e<br />

dall’attività idrolitica su piccoli substrati sintetici.<br />

L’omologia <strong>di</strong> sequenza della 5TLE con la contortrixobina e con l’attivatore della proteina<br />

C non corrisponde però ad una omologa specificità <strong>di</strong> substrato macromolecolare: la nuova<br />

proteasi non attiva la proteina C e taglia il fibrinogeno sulle catene Aα; potrebbe quin<strong>di</strong><br />

trattarsi <strong>di</strong> una proteasi con caratteristiche nuove, in accordo con l’ipotesi <strong>di</strong> evoluzione<br />

accelerata <strong>di</strong> questa famiglia <strong>di</strong> enzimi.<br />

C'è comunque da osservare che la proteina dopo il taglio dalla MBP risulta poco stabile e<br />

tende a precipitare. Questo potrebbe <strong>di</strong>pendere da un fol<strong>di</strong>ng non perfetto della 5TLE,<br />

nonostante la buona solubilità della proteina fusa alla MBP. In<strong>di</strong>cazioni in tal senso<br />

potrebbero aversi utilizzando un costrutto <strong>di</strong>verso oppure esprimendo la proteina in cellule<br />

eucariotiche, come è stato fatto <strong>di</strong> recente per la batroxobina, espressa in Pichia pastoris [74].<br />

5.2. Caratterizzazione e modello strutturale della contortrixobina<br />

Dai risultati esposti in questa tesi emerge che, secondo la classificazione usata per le<br />

proteasi trombino-simili da veleni <strong>di</strong> serpente, la contortrixobina è una venombina AB, in<br />

quanto rilascia entrambi i fibrinopepti<strong>di</strong> dalla molecola <strong>di</strong> fibrinogeno. Questo contrasta con<br />

quanto affermato in base ai risultati ottenuti in precedenza nel nostro laboratorio [58],<br />

secondo cui questo enzima avrebbe una preferenza per il rilascio dei FpB rispetto ai FpA. Va<br />

però notato che in quell’occasione, con l’apparato sperimentale <strong>di</strong>sponibile, i picchi<br />

cromatografici ottenuti all’HPLC fornivano una sottostima della quantità <strong>di</strong> FpA totale, in<br />

quanto non era possibile osservare <strong>di</strong>stintamente le specie fosforilata e des-Ala, che erano<br />

pertanto trascurate nel calcolo dell’integrazione delle aree.<br />

Inoltre, le con<strong>di</strong>zioni sperimentali <strong>di</strong> tampone e temperatura <strong>di</strong>fferivano da quelle adottate<br />

in questo lavoro e poiché è noto che l’attività sul fibrinogeno è <strong>di</strong>pendente da fattori<br />

ambientali (temperatura e eventualmente ioni Ca 2+ ), i <strong>di</strong>versi risultati possono essere dovuti<br />

anche ad altri fattori.


48 Capitolo 5<br />

È noto che tra le p-nitroanili<strong>di</strong>, quelle che si comportano come migliori substrati della<br />

trombina hanno una prolina in posizione P2 [75]; analogamente, si sono rivelati buoni<br />

substrati per la contortrixobina le tripepti<strong>di</strong>l-anili<strong>di</strong> che possiedono un residuo apolare<br />

ingombrante nella stessa posizione. È interessante notare che la sostituzione della tosil-glicina<br />

con la metil-glicina (sarcosina) in posizione P3 non riduce la specificità dell’enzima, come<br />

avviene per la trombina. Questa evidenza sperimentale implica che, in contrasto con la<br />

proteasi umana, la venombina non ha bisogno <strong>di</strong> sostituenti aromatici ingombranti in<br />

posizione P3 per ottimizzare l’interazione catalitica con i substrati, e dunque che il subsito S3<br />

della contortrixobina deve essere strutturalmente <strong>di</strong>verso da quello della trombina. La bassa<br />

attività della venombina in confronto alla trombina è prevalentemente da correlarsi alla bassa<br />

kcat; poiché la contortrixobina è poco attiva su substrati a basso peso molecolare sui quali la<br />

trombina mostra notevole attività si può concludere che l’enzima <strong>di</strong> serpente è<br />

intrinsecamente meno efficiente della trombina.<br />

La relazione tra Km e kcat merita in questo confronto una <strong>di</strong>scussione approfon<strong>di</strong>ta: come si<br />

vede dalla tabella 4.5, i due enzimi hanno Km molto simili per gli stessi substrati, seppure con<br />

alcune eccezioni connesse con la <strong>di</strong>versa specificità in P3, già <strong>di</strong>scusse. Se si assume, almeno<br />

provvisoriamente, che le Km riflettano le Ks, cioè le affinità per i substrati, si può stimare che<br />

le energie <strong>di</strong> legame apparenti per il complesso enzima-substrato sono dell’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong><br />

∆G0 = -RT ln K = -7,2 kcal/mole.<br />

Questo valore è evidentemente molto basso per un substrato <strong>di</strong> natura pepti<strong>di</strong>ca, che forma<br />

interazioni deboli multiple con i residui del sito catalitico. La ragione della bassa energia <strong>di</strong><br />

legame è da ricercarsi nella deformazione imposta al substrato nel complesso <strong>di</strong> Michaelis,<br />

deformazione che indebolisce il legame forte sul quale la proteasi esercita la sua attività<br />

idrolitica. In tal senso si può ritenere che la somiglianza tra le Km della contortrixobina e della<br />

trombina sia casuale e non <strong>di</strong>a in<strong>di</strong>cazioni sul meccanismo <strong>di</strong> riconoscimento molecolare tra<br />

enzima e substrato. Infatti, il nostro ragionamento suggerisce che la trombina, con<br />

un’efficienza catalitica da 10 a 1000 volte maggiore della contortrixobina (si vedano i valori<br />

<strong>di</strong> kcat riportati nella tabella 4.5), formi un maggior numero <strong>di</strong> legami deboli con il substrato,<br />

la cui energia libera è utilizzata per <strong>di</strong>storcere la struttura in maggior misura che nella<br />

contortrixobina e <strong>di</strong> conseguenza per consentire un più rapido atto catalitico.<br />

Non va inoltre <strong>di</strong>menticato che il meccanismo catalitico delle proteasi a serina è<br />

complesso e coinvolge un interme<strong>di</strong>o enzima-prodotto covalente (l’acil-enzima) la cui idrolisi<br />

contribuisce in maggiore o minor misura a determinare la kcat. Questo fatto complica<br />

ulteriormente il confronto tra trombina e contortrixobina, perché queste potrebbero <strong>di</strong>fferire<br />

per eventi successivi all’idrolisi del substrato, che non si riflettono sul meccanismo <strong>di</strong><br />

interazione col substrato. Ulteriori stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> cinetica rapida me<strong>di</strong>ante stopped-flow sono<br />

attualmente in corso per chiarire il meccanismo catalitico della contortrixobina ed i suoi<br />

passaggi limitanti.<br />

Alcune proprietà funzionali della contortrixobina possono trovare una spiegazione dalle<br />

caratteristiche strutturali dell’enzima. La scarsa inibizione da parte del BPTI, ad esempio,<br />

potrebbe essere dovuta al restringimento dell’accesso al sito attivo da parte della Tyr193 della


Discussione e conclusioni 49<br />

contortrixobina; questa posizione è occupata nel TSV-PA da una Phe, mentre nella trombina,<br />

nella tripsina e in molte proteasi <strong>di</strong> serpente da una Gly. La presenza <strong>di</strong> un residuo<br />

ingombrante in questa posizione è considerata la causa della mancata sensibilità del TSV-PA<br />

al BPTI, poiché la mutazione Phe193Gly aumenta molto l’inibizione [71]. La scarsa<br />

inibizione della contortrixobina da parte del BPTI è simile a quella osservata per la trombina:<br />

in questo caso sembra essere la presenza dell’ansa 60, assente nelle proteasi <strong>di</strong> serpente, ad<br />

intralciare l’accesso dell’inibitore al sito attivo [4].<br />

Anche la <strong>di</strong>versa interazione della contortrixobina con il Fattore V, rispetto alla trombina,<br />

può essere spiegata sulla base <strong>di</strong> alcune evidenze strutturali. Il Fattore V interagisce con la<br />

trombina a livello <strong>di</strong> entrambi gli Esositi I e II, siti fortemente carichi positivamente. Come è<br />

stato già osservato (Tab. 4.6) l’esosito I nella contortrixobina è fortemente ridotto, e l’esosito<br />

II, oltre a mancare <strong>di</strong> molti dei residui implicati nel legame con i substrati della trombina,<br />

nelle proteasi <strong>di</strong> serpente è oltretutto coperto dall’estensione C-terminale tipica <strong>di</strong> questi<br />

enzimi (confrontare le figure 1.4.a e 1.12), che può spiegare anche l’insensibilità della<br />

contortrixobina all’eparina, il più importante ligando dell’esosito II della trombina. Queste<br />

evidenze suggeriscono la possibilità <strong>di</strong> una <strong>di</strong>fferente geometria <strong>di</strong> associazione tra fattore V e<br />

contortrixobina rispetto a quella che si instaura con l’enzima umano.<br />

Per quanto riguarda l’interazione della contortrixobina con il fibrinogeno, l’osservazione<br />

del modello descritto nel paragrafo 4.2.3 in confronto alla trombina è <strong>di</strong> grande aiuto.<br />

L’importanza del ponte salino tra Arg173 della trombina e Glu30 del fibrinogeno è stata<br />

evidenziata anche da Stubbs e coll. [38] dall’osservazione della struttura cristallografica del<br />

complesso trombina/FpA e la mutazione Arg173Glu nella contortrixobina potrebbe essere <strong>di</strong><br />

grande rilievo nella <strong>di</strong>storsione della catena del substrato.<br />

La sostituzione del Trp215 nella trombina in Phe nella contortrixobina è, in senso lato, <strong>di</strong><br />

tipo conservativo, ma è da notare che questo residuo ha un ruolo fondamentale nel<br />

riconoscimento, trovandosi sul fondo del subsito S4 e che il Trp ha un ingombro maggiore <strong>di</strong><br />

Phe, quin<strong>di</strong> il sito S4 potrebbe essere troppo ristretto nella contortrixobina. Inoltre è<br />

importante notare che il residuo Trp215 è conservato in quasi tutte le proteasi <strong>di</strong> serpente che<br />

tagliano il fibrinogeno, mentre è mutato in Arg nell’ancrod, che taglia solo FpA, nella<br />

flavoxobina (in Tyr) e in venombine che hanno <strong>di</strong>versa specificità, come acc-C (in Val), PAbj<br />

e rvv-V (in Gly) (per l’allineamento delle proteasi <strong>di</strong> serpenti, si veda la ref. 58).<br />

L’osservazione del modello costruito per la contortrixobina suggerisce alcune possibili<br />

mutazioni sito-specifiche che potrebbero portare ad un aumento <strong>di</strong> attività della venombina;<br />

inoltre, sia tramite le stesse mutazioni che operando sulle molecole dei fibrinopepti<strong>di</strong>, con la<br />

costruzione <strong>di</strong> opportune chimere FpA/FpB, si potrebbe chiarire l’interazione della trombina<br />

con il fibrinopeptide B, per cui ad oggi sono <strong>di</strong>sponibili solo ipotesi, non supportate da dati<br />

strutturali.<br />

Mutazione E173R:<br />

Ammesso che l’interazione del FpA col sito attivo della contortrixobina sia analoga a<br />

quella osservata per la trombina, l’interazione tra Glu30 del fibrinogeno e Glu173 della


50 Capitolo 5<br />

venombina dovrebbe essere piuttosto sfavorita e la mutazione E173R dovrebbe invece<br />

ripristinare una situazione più favorevole.<br />

Questa mutazione può anche aiutare a <strong>di</strong>scriminare tra i possibili allineamenti (o modelli<br />

<strong>di</strong> interazione) per il FpB, che vale la pena riproporre, per maggiore chiarezza.<br />

FPA: 20- ADSGEGDFLAEGGGVR -35<br />

1) FPB: 31- QGVNDNEEGFF-----SAR -44<br />

FPA: 20- ADSGEGDFLAEGGGVR -35<br />

2) FPB: 31- QGVNDNEEGFF----SAR -44<br />

FPA: 20- ADSGEGDFLAEGGGVR -35<br />

3) FPB: 31- QGVNDNEEGFFSAR -44<br />

In particolare, se vale l’allineamento 1, proposto da Rose & Di Cera (o l’analogo<br />

allineamento 2), la mutazione E173R non dovrebbe avere alcun effetto sul riconoscimento del<br />

FpB da parte della contortrixobina. Il FpB, infatti, secondo questo allineamento, mancherebbe<br />

dell’ansa che interagisce, oltre 15 Å al <strong>di</strong> sopra del sito attivo, con l’ansa-174. Al contrario, se<br />

vale l’allineamento 3, la mutazione E173R potrebbe avere un effetto favorevole sul<br />

riconoscimento del FpB, per la possibile interazione tra E38, in P7, e residuo 173, come<br />

ipotizzato per la trombina.<br />

Mutazioni nel sito arilico:<br />

V174I<br />

La contortrixobina dovrebbe accomodare facilmente la mutazione V174I, che d’altra parte<br />

dovrebbe portare ad una ottimizzazione dell’interazione tra una Phe dei substrati (F27 in FpA,<br />

F40/41 in FpB) e il sito arilico, analogamente a quanto avviene nella trombina.<br />

Y215W+ I227F(L/V)<br />

Data la posizione strategica occupata dal residuo 215, sul fondo del sottosito S4, e il fatto<br />

che un triptofano sia largamente conservato anche nelle SV-TLE, sarebbe interessante testare<br />

l’effetto della mutazione Y215W sull’affinità della contortrixobina per il Fg.<br />

La mutazione precedente dovrebbe probabilmente essere associata ad una mutazione nella<br />

posizione 227, dove la trombina presenta una Phe, e la contortixobina una Ile. Il modello<br />

tri<strong>di</strong>mensionale della contortrixobina mostra infatti che la Ile227 occupa parte dello spazio<br />

necessario per accomodare un Trp in 215, nella orientazione trombino-simile, in luogo <strong>di</strong> una<br />

Y. E’ interessante notare come in effetti, in tutte le sequenze <strong>di</strong> proteine omologhe analizzate,<br />

la coppia W215/I227 non è mai osservata. Un W in 215 è invece generalmente associato ad<br />

una L o ad una V in 227 o, in un certo numero <strong>di</strong> casi, che comprendono la trombina ma<br />

anche alcune SV-TLE, ad una F227 (in qualche caso anche H o S). L’anello aromatico <strong>di</strong> tale<br />

Phe potrebbe interagire con quello del W215, orientandolo opportunamente per il<br />

riconoscimento del fibrinogeno.


Discussione e conclusioni 51<br />

Costruzione <strong>di</strong> pepti<strong>di</strong> chimerici FpA/FpB<br />

Il modello <strong>di</strong> interazione con il fibrinopeptide B proposto da Rose & Di Cera [28]<br />

(allineamento 1), può essere testato agendo sul substrato e in particolare costruendo un<br />

peptide chimera FPA/FPB <strong>di</strong> sequenza:<br />

QGVNDNEEGFFLAEGGSAR<br />

Se infatti il modello <strong>di</strong> interazione FpB-trombina è quello descritto dall’allineamento 1, e<br />

se tale modello può essere esteso alla contortrixobina, tale peptide-chimera dovrà essere<br />

agevolmente accomodato dalla contortrixobina nel suo sito <strong>di</strong> legame. Infatti, i residui LAEGG<br />

del FpA formerebbero un’ansa, assente nel FpB, che punta fuori dal sito attivo, non<br />

interferendo col corretto riconoscimento del FpB con quest’ultimo.<br />

Il riconoscimento <strong>di</strong> tale substrato chimerico da parte della contortrixobina potrebbe<br />

quin<strong>di</strong> fornire un’in<strong>di</strong>cazione piuttosto chiara che il modello proposto da Rose & Di Cera vale<br />

per l’interazione FpB- contortrixobina, e nello stesso tempo costituirebbe una conferma<br />

in<strong>di</strong>retta della vali<strong>di</strong>tà <strong>di</strong> tale modello per l’interazione FpB-trombina.<br />

5.3. Struttura dei coaguli ottenuti con enzimi <strong>di</strong>versi<br />

L’interpretazione quantitativa dei risultati presentati nella figura 4.10 è complessa e, per<br />

ora, incompleta. Il ramo <strong>di</strong>scendente della parabola che descrive la relazione tra spessore<br />

me<strong>di</strong>o della fibra e concentrazione <strong>di</strong> trombina è confrontabile con l’intera curva ottenuta per<br />

ancrod e contortrixobina e può essere descritto in termini <strong>di</strong> un equilibrio eterogeneo<br />

richiedente un processo <strong>di</strong> nucleazione. Infatti, un modello dell’evento semplificato, ma<br />

capace <strong>di</strong> descrivere la relazione tra <strong>di</strong>ametro della fibra e concentrazione <strong>di</strong> enzima è il<br />

seguente: l’enzima produce monomeri <strong>di</strong> fibrinogeno attivato a flusso costante, in misura<br />

<strong>di</strong>rettamente proporzionale alla sua concentrazione. I monomeri si accumulano in soluzione e<br />

vanno incontro ad un processo <strong>di</strong> polimerizzazione reversibile finché si forma un nucleo <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>mensione tale che la sua <strong>di</strong>ssociazione sia irreversibile; a questo punto, piuttosto che<br />

ulteriore nucleazione, si osserva prevalentemente la deposizione <strong>di</strong> ulteriori monomeri attivati<br />

sui nuclei già formati, e l’accrescimento dei nuclei stessi. La concentrazione dell’enzima e la<br />

sua efficienza catalitica determinano il flusso <strong>di</strong> monomero e conseguentemente la quantità <strong>di</strong><br />

centri <strong>di</strong> nucleazione; più questi sono numerosi, più sottili sono le fibre formate: infatti la<br />

concentrazione del fibrinogeno nell’esperimento è costante ed i monomeri attivati si<br />

<strong>di</strong>stribuiscono tra i centri <strong>di</strong> nucleazione formati.<br />

Per <strong>di</strong>mostrare questa relazione è stata eseguita una serie <strong>di</strong> simulazioni al computer,<br />

utilizzando il seguente sistema <strong>di</strong> equazioni cinetiche:<br />

1) E + Fg E : Fg<br />

2) E : Fg ⎯→ E + Fib<br />

3) 2 Fib Fib2<br />

4) Fib2 + Fib Fib3<br />

5) Fib3 + Fib ⎯→ Cog<br />

6) 2 Fib2 ⎯→ Cog<br />

7) Fib2 + Fib3 ⎯→ Cog<br />

8) Fib + Cog ⎯→ Cog<br />

9) Fib2 + Cog ⎯→ Cog<br />

10) Fib3 + Cog ⎯→ Cog


52 Capitolo 5<br />

In questo modello le equazioni 1 e 2 descrivono il processo <strong>di</strong> attivazione del fibrinogeno,<br />

le equazioni 3 e 4 la formazione <strong>di</strong> aggregati iniziali <strong>di</strong> fibrina, solubili e reversibili, le<br />

equazioni 5 – 7 la nucleazione con formazione dell’iniziale coagulo insolubile e irreversibile e<br />

infine le equazioni 8 – 10 l’accrescimento dei centri <strong>di</strong> nucleazione.<br />

Questo modello, basato su stu<strong>di</strong> già effettuati su altre proteine che danno precipitazione<br />

or<strong>di</strong>nata, quali l’emoglobina S [76], la tubulina e gli immunocomplessi, è sovrasemplificato,<br />

in quanto sia il processo <strong>di</strong> <strong>di</strong>gestione del fibrinogeno che quello <strong>di</strong> aggregazione della fibrina<br />

sono assai più complessi ed il nucleo irreversibile ha <strong>di</strong>mensioni molto maggiori <strong>di</strong> quelle<br />

ipotizzate (circa 40 molecole contro le 4 qui utilizzate). Per semplificare ulteriormente il<br />

modello si è usata una sola costante per descrivere l’aggregazione della fibrina (reazioni 3 –<br />

10) ed una sola per descrivere la <strong>di</strong>ssociazione <strong>degli</strong> aggregati solubili (reazioni 3 e 4).<br />

I risultati <strong>di</strong> alcune delle simulazioni effettuate sono riportati nella figura 5.1 e <strong>di</strong>mostrano,<br />

come atteso, che il braccio <strong>di</strong>scendente del grafico dei punti sperimentali è compatibile con un<br />

semplice modello <strong>di</strong> nucleazione eterogenea.<br />

[monomeri / polimero insolubile]<br />

80<br />

60<br />

40<br />

20<br />

0<br />

10 -9 10 -8 10 -7 10 -6<br />

[enzima]<br />

Figura 5.1. Simulazione <strong>di</strong> un modello <strong>di</strong> nucleazione eterogenea, secondo le equazioni riportate nel testo<br />

Le <strong>di</strong>fferenze osservate tra trombina, contortrixobina e ancrod possono essere ascritte a<br />

due fattori non mutuamente esclusivi: i) la minore attività della contortrixobina rispetto alla<br />

trombina e all’ancrod e ii) il <strong>di</strong>verso meccanismo <strong>di</strong> attivazione del fibrinogeno rispetto<br />

all’or<strong>di</strong>ne <strong>di</strong> idrolisi dei FpA e FpB.<br />

Per ciò che attiene al primo fattore, si può considerare che la trombina è circa 1000 volte<br />

più attiva della contortrixobina, in termini <strong>di</strong> kcat, e pertanto è atteso uno spostamento verso<br />

destra della curva della venombina <strong>di</strong> 3 unità su scala logaritmica, abbastanza coerente con<br />

l’osservato; per contro le kcat della trombina e dell’ancrod sulle catene Aα sono<br />

rispettivamente 84 s -1 e 12 s -1 .<br />

Riguardo al secondo fattore, occorre riconoscere che i dati <strong>di</strong>sponibili in letteratura non<br />

consentono <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re l’effetto del taglio contemporaneo dei FpA e FpB operato dalla<br />

contortrixobina sulla struttura del coagulo e sull’efficienza della enucleazione, mentre è noto<br />

che il taglio selettivo dei FpA prima dei FpB con<strong>di</strong>ziona la struttura del coagulo prodotto<br />

dalla trombina, come descritto nell’introduzione.<br />

Il braccio ascendente osservato per la curva della trombina nella fig. 4.10 è un risultato<br />

“non banale” dei nostri esperimenti, e per ora non trova un’interpretazione sod<strong>di</strong>sfacente. E’


Discussione e conclusioni 53<br />

un risultato riproducibile, ma questo non esclude il rischio che sia in parte dovuto ad un<br />

artefatto e legato ad una <strong>di</strong>versa struttura del coagulo formato in queste con<strong>di</strong>zioni<br />

sperimentali. In effetti non può essere riprodotto o simulato con modelli <strong>di</strong> nucleazione<br />

eterogenea semplice e suggerisce un cambiamento nella struttura del coagulo che stiamo<br />

indagando me<strong>di</strong>ante esperimenti <strong>di</strong> microscopia elettronica e a forza atomica.<br />

Un’ipotesi è che la <strong>di</strong>pendenza inversa della <strong>di</strong>mensione della fibra dalla concentrazione<br />

della trombina possa essere dovuta ad un rapido aumento della ramificazione delle fibre che,<br />

anziché accrescersi prevalentemente in una <strong>di</strong>rezione, si accrescerebbero anche me<strong>di</strong>ante<br />

ramificazioni multiple.<br />

I risultati qui riportati possono essere importanti nello stu<strong>di</strong>o dell’approccio terapeutico<br />

alla <strong>di</strong>ssoluzione dei coaguli: se infatti è <strong>di</strong>ffusamente accettato che i coaguli costituiti da fibre<br />

sottili sono lisati più <strong>di</strong>fficilmente <strong>di</strong> quelli con fibre spesse, è importante considerare che<br />

fibre <strong>di</strong> uguale sezione possono essere prodotte, in situazioni fisio-patologiche, anche in<br />

con<strong>di</strong>zioni molto <strong>di</strong>verse.<br />

Aspetti applicativi:<br />

Livelli elevati <strong>di</strong> numerosi fattori della coagulazione – dal fibrinogeno al Fattore XI, dal<br />

Fattore VIII alla protrombina – sono stati correlati con un aumentato rischio <strong>di</strong> trombosi. In<br />

particolare è stata descritta una mutazione del gene per la protrombina che sfocia in<br />

un’elevata concentrazione plasmatica <strong>di</strong> questo proenzima [77]. A sua volta è stato <strong>di</strong>mostrato<br />

che questo alto livello iniziale influenza numerosi parametri della generazione della trombina,<br />

compresa la velocità iniziale e la quantità totale <strong>di</strong> trombina che si forma [78].<br />

Tutto ciò però non suggerisce, <strong>di</strong> per sé, un meccanismo biochimico <strong>di</strong>retto per spiegare<br />

l’aumentato rischio <strong>di</strong> trombosi. La trombina infatti partecipa sia al processo della<br />

coagulazione che a quello anticoagulante [12]. I risultati riportati in questa tesi aprono una<br />

visione nuova e concreta: la possibilità <strong>di</strong> spiegare l’incremento della malattia<br />

tromboembolica con una struttura ben precisa del coagulo, che qui si <strong>di</strong>ostra <strong>di</strong>pendere dal<br />

rapporto tra molecole <strong>di</strong> trombina e <strong>di</strong> fibrinogeno. Questa osservazione è in linea con i dati <strong>di</strong><br />

letteratura. Infatti, stu<strong>di</strong> in vitro hanno <strong>di</strong>mostrato che coaguli molto compatti, formati da fibre<br />

sottili <strong>di</strong> fibrina, possiedono un’elevata resistenza alla fibrinolisi. Ed inoltre [79], coaguli<br />

anomali prodotti da pazienti con fibrinogeno mutato o da pazienti con mieloma multiplo sono<br />

ritenuti responsabili della loro resistenza in vivo alla fibrinolisi e della maggiore tendenza alla<br />

trombosi osservata in questi soggetti: si ipotizza sulla base dei risultati ottenuti in questa tesi<br />

che una simile situazione può nascere nei pazienti con elevati livelli <strong>di</strong> protrombina.<br />

Pertanto, come prospettiva <strong>di</strong> lavoro sperimentale, mirato al prosieguo <strong>di</strong> questa tesi, c’è<br />

lo stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> coaguli preparati con plasma <strong>di</strong> vari pazienti al fine <strong>di</strong> verificare la relazione – per<br />

ora solo epidemiologica – tra elevata concentrazione <strong>di</strong> protrombina, struttura della porzione<br />

fibrinica del coagulo e trombosi.


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