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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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lascia intravedere la possibilità <strong>di</strong> deroghe alla regola. si tratta <strong>di</strong> margarita<br />

linguanda, accolta in una piazza <strong>di</strong> seconda regola nel settembre 1696, e assegnataria<br />

l’anno dopo <strong>di</strong> una dote moja. in tale occasione appren<strong>di</strong>amo che<br />

il suo paese <strong>di</strong> origine era racconigi, poiché la congregazione le concesse un<br />

mese per recarvisi, al fine <strong>di</strong> procurarsi i documenti necessari per il matrimonio.<br />

nel Xviii secolo, col <strong>di</strong>ffondersi fra i benefattori del soccorso della<br />

pratica <strong>di</strong> <strong>di</strong>sporre lasciti per la fondazione <strong>di</strong> piazze, il rispetto <strong>di</strong> questo<br />

aspetto delle regole <strong>di</strong>venne sempre più <strong>di</strong>fficile, soprattutto a causa della<br />

priorità che i benefattori chiedevano fosse riconosciuta alle <strong>di</strong>scendenti della<br />

propria famiglia. alcuni documenti ci restituiscono un’opposizione iniziale<br />

da parte degli amministratori all’ammissione <strong>di</strong> alcune <strong>di</strong>scendenti crosa non<br />

torinesi. già a proposito delle sopraccitate sorelle giordano, <strong>di</strong> cocconato,<br />

il marchese <strong>di</strong> crescentino aveva invano segnalato la mancanza della provenienza<br />

torinese, oltre a quella dell’età richiesta. l’opposizione fu ancora<br />

maggiore nei confronti <strong>di</strong> Barbara Botto, quattor<strong>di</strong>cenne <strong>di</strong> sanfré, definita<br />

povera ma <strong>di</strong> onesta famiglia e orfana <strong>di</strong> padre. un or<strong>di</strong>nato del 1781 decretò<br />

la sua inammissibilità «finché altrimenti non sarà giu<strong>di</strong>cato dal senato».<br />

Barbara però fece ricorso al supremo magistrato, che le riconobbe il <strong>di</strong>ritto a<br />

essere ammessa nell’istituzione, perché il signor crosa non aveva stabilito in<br />

alcun modo che dovessero essere accettate solo le parenti native <strong>di</strong> torino 116 .<br />

tuttavia, la frequenza con cui furono ammesse <strong>di</strong>scendenti non torinesi<br />

dei testatori induce a interpretare la saltuaria opposizione degli amministratori<br />

come motivata da altri fattori più che come espressione <strong>di</strong> un genuino<br />

rispetto delle regole seicentesche; il requisito della citta<strong>di</strong>nanza era insomma<br />

rispolverato come scusa <strong>di</strong> comodo per un rifiuto non facilmente giustificabile<br />

in altro modo. tale requisito, d’altra parte, fu pure tal<strong>vol</strong>ta riven<strong>di</strong>cato dai<br />

parenti dei benefattori, nel tentativo <strong>di</strong> riservare il privilegio esclusivamente<br />

per sé. in un or<strong>di</strong>nato del maggio 1785, ad esempio, appren<strong>di</strong>amo <strong>di</strong> una lite<br />

scaturita fra le parenti forestiere e quelle della città per le piazze crosa 117 .<br />

dal censimento del 1796 appare evidente che, seppure la maggior parte<br />

delle internate restassero <strong>di</strong> provenienza torinese, l’istituzione fosse aperta<br />

anche alle non torinesi. delle 21 figlie <strong>di</strong>venute superiore, maestre e ufficiali<br />

censite, e con una permanenza che va da 12 a 50 anni, 16 risultano torinesi e<br />

5 non. mentre delle 53 educande presenti a quella data, 39 erano torinesi e 14<br />

116 assP, i, CSP, Lasciti, 91, fasc. 81/2.3 e 81/2.4.<br />

117 assP, i, Socc., Or<strong>di</strong>nati, 251, or<strong>di</strong>nato del 22 maggio 1785.<br />

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