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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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conoscenza. meno attenzione, quin<strong>di</strong>, ai dati contenutistici ricavati dai testi,<br />

alle informazioni trasmesse e più appren<strong>di</strong>mento invece sul campo, secondo<br />

il celebre motto deweyano del learning by doing.<br />

come il resto delle scuole italiane, l’educatorio duchessa isabella non<br />

recepì lo spirito della ri<strong>vol</strong>uzione pedagogica in corso: l’organizzazione scolastica<br />

era fortemente strutturata e non vi era grande possibilità <strong>di</strong> promozione<br />

dell’autonomia delle allieve né dal punto <strong>di</strong> vista della scelta <strong>di</strong> un proprio<br />

percorso formativo, né rispetto alla possibilità <strong>di</strong> gestirsi responsabilmente<br />

secondo una politica <strong>di</strong> autogoverno. dalle fonti a <strong>di</strong>sposizione non emergono,<br />

infatti, racconti <strong>di</strong> lezioni avvenute «all’aria aperta», sfruttando le suggestioni<br />

e le caratteristiche del luogo in cui vivevano le studentesse, e non si<br />

registrano mo<strong>di</strong>fiche sostanziali all’impianto formativo dell’istituto, che si<br />

mantenne per lo più rigidamente definito. la stessa presenza <strong>di</strong> un co<strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />

comportamento, sancito dal regolamento dei premi e delle punizioni, è sintomatico<br />

<strong>di</strong> una concezione educativa ancora legata a retaggi del passato, basata<br />

più sull’obbe<strong>di</strong>enza che sull’intrinseca motivazione delle ragazze 243 .<br />

è opportuno osservare, però, che, soprattutto in italia, la ventata riformista<br />

sul versante dell’educazione arrivò decisamente in ritardo: solo nel secondo<br />

dopoguerra, ad esempio, le idee innovatrici <strong>di</strong> dewey si <strong>di</strong>ffusero sul<br />

territorio italiano. l’arretratezza pedagogico culturale in cui versava la scuola<br />

italiana, malgrado alcune esperienze fortemente innovatrici (montessori, Pizzigoni<br />

e salvoni) costituiva, purtroppo, una con<strong>di</strong>zione generalizzata che solo<br />

con estrema <strong>di</strong>fficoltà iniziò a mo<strong>di</strong>ficarsi. l’educatorio si trovò all’interno <strong>di</strong><br />

questo lento meccanismo <strong>di</strong> trasformazione e non fece in tempo ad accogliere<br />

le riforme pedagogiche, anche perché la sua attività educativa venne interrotta<br />

dai bombardamenti.<br />

l’importanza che l’educatorio assegnò alla cura del corpo era frutto<br />

<strong>di</strong> un’attenzione fascista tipica dell’epoca. l’interesse per il benessere psicofisico<br />

degli alunni fu, infatti, un primo elemento <strong>di</strong> rottura con il passato.<br />

numerose furono le scuole che fecero dell’educazione fisica un elemento <strong>di</strong><br />

vanto del proprio programma. non <strong>di</strong>mentichiamo, inoltre, che l’interesse al<br />

benessere fisico dei soggetti rispondeva anche ad una reale esigenza <strong>di</strong> igiene,<br />

che derivava dalla sostanziale insalubrità dei luoghi deputati ad accogliere<br />

i bambini. nel caso dell’educatorio fu evidente la continua attenzione alla<br />

ricerca <strong>di</strong> un luogo che rispondesse appieno alle esigenze delle fanciulle ospitate.<br />

non a caso si optò per il trasferimento della sede in piazza Bernini, che<br />

243 su questo tema si veda Bonetta, 1990.<br />

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