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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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veniva in<strong>di</strong>cata anche l’età <strong>di</strong> ammissione per le figlie «eligende», che<br />

non sarebbero dovute essere «d’età minore d’anni 12 circa, né maggiore d’anni<br />

25». solo in totale assenza, quin<strong>di</strong>, <strong>di</strong> una comprovata <strong>di</strong>scendenza, il crosa<br />

apriva anche alle «estranee, ma sotto espressa con<strong>di</strong>zione che se alcuna <strong>di</strong> mia<br />

attinenza si presenti debbano lasciarli il luogo, tale essendo la mia <strong>vol</strong>ontà» 161 .<br />

Per le figlie <strong>di</strong> legittima <strong>di</strong>scendenza il crosa prescriveva che esse fossero<br />

«mantenute per tutta la vita» e accordava alla compagnia la «facoltà – in casi<br />

particolari – <strong>di</strong> ritirarle fino alli anni 30 accordati».<br />

la congregazione si impegnava a fornire alle figlie prescelte «abiti ed<br />

utensili ed altro», e sempre per in<strong>di</strong>cazione testamentaria doveva aprire per<br />

ciascuna fanciulla un fondo per dote <strong>di</strong> 300 lire, che sarebbe rimasto <strong>di</strong> loro<br />

proprietà in caso <strong>di</strong> «matrimonio condecente, o monacazione, anche quando<br />

saranno fuori dell’opera per aver finito il tempo o per altra causa, che sia senza<br />

loro colpa». in origine i posti riservati ai <strong>di</strong>scendenti della famiglia crosa<br />

erano 16, poi ridotti a 12 ed infine a 7.<br />

oltre alla dote, le figlie «eligende» potevano contare al loro ingresso in<br />

istituto su una somma <strong>di</strong> lire 88 «a titolo <strong>di</strong> fardello». con or<strong>di</strong>nato del 21 <strong>di</strong>cembre<br />

1834, si precisò che «per usufruire, però, <strong>di</strong> tale beneficio, le fanciulle<br />

dovranno lasciare vacante per un anno il posto, onde si possa accumulare la<br />

somma necessaria a tale scopo». coloro che, invece, avessero <strong>vol</strong>uto entrare<br />

in istituto non appena nominate avrebbero dovuto, nella persona del padre o<br />

del tutore, rinunciare «nelle forme legali alla dote ed al fardello» 162 .<br />

nei verbali che riportavano le decisioni circa l’ammissione <strong>di</strong> una figlia<br />

nell’istituto, i dati che venivano raccolti riguardavano il nome della postulante,<br />

la sua data <strong>di</strong> nascita, il nome e la professione del padre e il tipo <strong>di</strong> piazza<br />

assegnata. tali in<strong>di</strong>cazioni non sempre venivano rese con la stessa completezza<br />

per tutte le figlie e non sono rari i casi in cui l’unico riferimento era<br />

costituito dal solo cognome.<br />

del periodo preso in esame, dalla restaurazione sino alla seconda<br />

guerra mon<strong>di</strong>ale, la prima domanda d’ingresso nella casa del soccorso <strong>di</strong><br />

cui si ha notizia è quella presentata dal signor giovanni allara in favore «<strong>di</strong><br />

domenico (testamento del 1776), ciprando giacinta Francesca marchesa ved. Benso <strong>di</strong> cavour<br />

(testamento del 1721), gabutti maria Francesca (testamento del 1730), Frola Francesco<br />

(testamento del 1864), razzini lucia ved. sartoris spirito (testamento del 1857), Foassa<br />

rosa ved. arpino (testamento del 1786), crosa tommaso andrea (testamento del 1751),<br />

manzini teresa eleonora (testamento del 1745), solaro <strong>di</strong> monasterolo conte ludovico (testamento<br />

del 1755) (assP, ii, EDI, Alunne, 4689).<br />

161 Ibidem.<br />

162 Ibidem.<br />

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