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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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come <strong>di</strong>mostra il saggio <strong>di</strong> maritano, le opere della compagnia avevano<br />

in realtà già mutato finalità e meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> intervento nella seconda metà del<br />

settecento, secondo un modello che anche altri enti benefici citta<strong>di</strong>ni avevano<br />

adottato. Però, il fatto che tale mutamento sia giunto formalmente a compimento<br />

solo nel 1853, in seguito alla riorganizzazione complessiva dello statuto<br />

e dell’amministrazione del san <strong>Paolo</strong>, non va sottovalutato. è probabile,<br />

infatti, che il passaggio da funzioni assistenziali e <strong>di</strong> controllo sociale ad altre<br />

più squisitamente educative e formative sia avvenuto per gra<strong>di</strong>. in effetti, in<br />

età moderna, non solo per le istituzioni benefiche sanpaoline, ma anche per<br />

molti altri istituti filantropici torinesi, è spesso <strong>di</strong>fficile <strong>di</strong>stinguere l’assistenza<br />

dall’educazione. nate con finalità <strong>di</strong> sostegno e tal<strong>vol</strong>ta anche <strong>di</strong> sorveglianza,<br />

per meglio s<strong>vol</strong>gere il proprio compito, nel corso del tempo molte opere pie<br />

ricorsero anche all’istruzione e all’educazione. in questo senso, l’alfabetizzazione<br />

condotta su testi e precetti religiosi, così come i lavori donneschi,<br />

costituivano altrettanti strumenti offerti alle ospiti per <strong>di</strong>venire cristiane e<br />

citta<strong>di</strong>ne migliori, oltre che per trovare più facilmente un’occupazione. non a<br />

caso, gli enti benefici sorti prima della ri<strong>vol</strong>uzione avevano nomi come “rifugio”,<br />

“rifugino”, “ritiro”, “ricovero”, “opera”, “casa”, “conservatorio”, a conferma<br />

dei compiti <strong>di</strong> protezione e <strong>di</strong> controllo sociale che essi si proponevano<br />

<strong>di</strong> s<strong>vol</strong>gere. col tempo, però, le mansioni assistenziali si <strong>di</strong>stinsero sempre<br />

più nettamente da quelle educative e, <strong>di</strong> conseguenza, lo spettro delle attività<br />

degli enti benefici si <strong>di</strong>versificò.<br />

ciò che sembra non essere mutato dopo la ri<strong>vol</strong>uzione è la centralità<br />

riservata alla componente etica dell’educazione delle donne, specialmente <strong>di</strong><br />

quelle agiate. in realtà, anche per i maschi l’istruzione e l’educazione continuarono<br />

a essere incentrate sui doveri più che sui <strong>di</strong>ritti, nei confronti <strong>di</strong> <strong>di</strong>o,<br />

del re, della società e della famiglia. ma mentre nelle istituzioni maschili le<br />

finalità morali dell’educazione erano implicite, in quelle femminili la loro importanza<br />

continuò a essere rimarcata sin dalla denominazione: per tutto l’ottocento,<br />

con l’eccezione <strong>di</strong> quelli pubblici, gli istituti privati torinesi, quando<br />

non conservarono le denominazioni settecentesche, preferirono non definirsi<br />

mai semplicemente scuole, ma piuttosto “educatori”, nel caso <strong>di</strong> gestione laica,<br />

o “educandati”, quando erano retti da congregazioni religiose. a torino fu<br />

questo il caso del duchessa isabella, ma anche dell’opera della provvidenza,<br />

che nel corso dell’ottocento <strong>di</strong>venne, appunto, educatorio. non bisogna poi<br />

<strong>di</strong>menticare che la scuola delle opere pie <strong>di</strong> san <strong>Paolo</strong> smise il nome cinquecentesco<br />

<strong>di</strong> istituto del soccorso solo nel 1883, in occasione delle nozze del<br />

principe tommaso <strong>di</strong> savoia, duca <strong>di</strong> genova, con la principessa isabella <strong>di</strong><br />

Baviera, <strong>di</strong>venendo “educatorio duchessa isabella”.<br />

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