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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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san <strong>Paolo</strong>. si trattò piuttosto <strong>di</strong> una caratteristica rilevabile a livello generale<br />

e probabilmente anche <strong>di</strong> una risposta alle ingerenze regie, che estendevano<br />

sempre più il controllo dello stato sulla carità privata. inoltre, a questo carattere<br />

corporativo mostrato dalle istituzioni assistenziali si venne combinando<br />

anche una crescente <strong>vol</strong>ontà da parte dei filantropi <strong>di</strong> stringere la cerchia dei<br />

destinatari della loro azione caritativa all’ambito famigliare. il fenomeno è<br />

evidente ad esempio al soccorso, dove i benefattori fondarono in modo crescente<br />

piazze i cui criteri <strong>di</strong> ammissione davano la priorità ai relativi gruppi<br />

famigliari. tale orientamento finì per allontanare il soccorso dall’intervento<br />

<strong>di</strong> tipo assistenziale, seppure legato ad un’idea <strong>di</strong> bisogno relativo, che aveva<br />

segnato il suo operato ancora nei primi decenni del settecento. se è vero<br />

che esso non si era mai ri<strong>vol</strong>to a situazioni <strong>di</strong> assoluta in<strong>di</strong>genza, fino a quel<br />

momento aveva comunque favorito coloro che si trovavano in con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

vulnerabilità – dove la vulnerabilità era data dall’assenza della figura paterna<br />

e dalla debolezza dello status economico della famiglia. con la crescita delle<br />

piazze <strong>di</strong> fondazione privata, invece, i legami <strong>di</strong> parentela col fondatore finirono<br />

per sopraffare ogni altro requisito richiesto. le famiglie stesse, a questo<br />

punto, ebbero un ruolo cruciale nel contrastare le eventuali perplessità degli<br />

amministratori davanti ad ammissioni che risultavano prive dei requisiti<br />

stabiliti dagli statuti seicenteschi; esse percepivano ormai l’ammissione per<br />

elezione famigliare come un <strong>di</strong>ritto. anche nella vita interna le logiche delle<br />

famiglie <strong>di</strong>scendenti dai benefattori sembrano aver acquisito un peso crescente<br />

rispetto alle regole dell’istituzione. colpisce ad esempio la libertà con<br />

cui, negli ultimi decenni del settecento, le figlie entrano ed escono, anche per<br />

tempi lunghi, continuando a mantenere impegnata la loro piazza. così come<br />

colpisce la libertà con cui una piazza passava da una sorella all’altra. in queste<br />

pratiche è ormai evidente da parte <strong>di</strong> costoro un uso dell’istituzione come<br />

utenti piuttosto che come assistite. è evidente che a questo punto il soccorso<br />

non funziona più come istituto assistenziale e che è ormai avviata l’e<strong>vol</strong>uzione<br />

in educatorio. dobbiamo dunque riconoscere nella creazione delle piazze<br />

private un momento determinante nel processo che condusse alla trasformazione<br />

del soccorso da istituto assistenziale a educativo. al soccorso l’uso del<br />

termine “educande” appare ormai comunemente nei documenti dell’epoca<br />

napoleonica e la stessa municipalità, a detta dei confratelli, riconosce che si<br />

tratta <strong>di</strong> un’opera importante per l’educazione delle «figlie <strong>di</strong> maniera» 296 .<br />

296 assP, i, Socc., Or<strong>di</strong>nati, 251, or<strong>di</strong>nato del 14 aprile 1799.<br />

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