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vol I 685 [PDF] - Compagnia di San Paolo

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tutta la giornata era scan<strong>di</strong>ta da orari prefissati che spettava alla madre<br />

far rispettare con rigi<strong>di</strong>tà inflessibile. a tale scopo, fin dagli anni ottanta del<br />

seicento fu messo all’interno del soccorso un orologio a polvere e fu dotata<br />

la madre <strong>di</strong> un campanello, il cui suono segnava l’avvio e la conclusione<br />

<strong>di</strong> ogni attività. il giorno iniziava molto presto, tra le cinque e le sette, a seconda<br />

dei mesi; era infatti anticipato in quelli estivi e posticipato in inverno.<br />

in mezz’ora tutte dovevano essere pronte ad andare nella cappella per la<br />

consueta mezz’ora <strong>di</strong> preghiera, a cui seguiva la messa. l’abbigliamento era<br />

libero, ma le regole richiedevano che fosse modesto e senza vanità, e possiamo<br />

immaginare che il <strong>di</strong>vieto <strong>di</strong> indossare abiti che lasciassero petto e spalle<br />

scoperte, reso esplicito nelle regole delle Forzate, fosse perseguito anche nelle<br />

altre due opere. tuttavia, non si riuscì a rendere le internate immuni dalla<br />

«vanità nel vestire e negli abbigliamenti»; per ovviare al problema, nella seconda<br />

metà del settecento il conte san martino <strong>di</strong> agliè propose <strong>di</strong> stabilire<br />

l’uniformità, se non nei colori almeno nella qualità delle stoffe, e <strong>di</strong> proibire<br />

l’uso <strong>di</strong> ornamenti «che servivano soltanto alla vanità ed a nutrire il fiorire<br />

dell’ambizione» 238 . si trattava infatti <strong>di</strong> atteggiamenti giu<strong>di</strong>cati in contrasto<br />

con l’umiltà che si richiedeva alle internate, e che era riconosciuta come il<br />

requisito comportamentale più importante.<br />

assolto il dovere della preghiera si passava nel refettorio per la colazione,<br />

a cui seguivano le attività <strong>di</strong> lavoro sino all’ora <strong>di</strong> pranzo, ovvero alle<br />

un<strong>di</strong>ci nei mesi invernali e alle <strong>di</strong>eci in estate. a quel punto, tutte dovevano<br />

sospendere e lavarsi le mani, per poi accedere nel refettorio e prendere posto<br />

alle ta<strong>vol</strong>e nei luoghi assegnati dalla madre. avvenuto ciò, e fatta la debita<br />

preghiera, colei che era <strong>di</strong> turno per aiutare in cucina nella preparazione dei<br />

cibi procedeva a servire il pasto. il menù si componeva <strong>di</strong> una minestra e una<br />

pietanza «sì <strong>di</strong> mattina che <strong>di</strong> sera», un quartino <strong>di</strong> vino, pane «a petizione,<br />

quanto al pranzo ed alla cena e <strong>di</strong>scretamente misurato rispetto alla collazione<br />

e merenda». solo nelle cene del soccorso era previsto il caffè. alle Forzate,<br />

sappiamo che era privilegio della madre e della governante poter avere una<br />

pietanza in più e il formaggio. il menù variava al sabato e nei giorni <strong>di</strong> <strong>di</strong>giuno,<br />

quando si davano due pietanze al mattino e «una frugal colazione» alla sera.<br />

tutto il pasto doveva avvenire nel più rigoroso silenzio, ascoltando la compagna<br />

a cui era affidata la lettura <strong>di</strong> un libro spirituale, che consisteva nella vita<br />

<strong>di</strong> un santo o in qualche pia me<strong>di</strong>tazione. Per stimolare l’appren<strong>di</strong>mento alla<br />

lettura fra le donne delle Forzate, fu stabilito che colei che leggeva avrebbe<br />

238 assP, i, CSP, Lasciti, 91, fasc. 81/9.<br />

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