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omane. A cavallo del crinale, sul fondo si distinguono anche le rovine di un piccolo forte romano. Tramite la fotografia aerea si sono, infine, riconosciute le tracce di un muro costruito dai Romani allo scopo di isolare gli assediati e ottenerne la capitolazione. Il muro girava tutt’attorno al Palazzo di Erode su un’area di circa mezzo km 2 . L’edificio di Erode delude, talora, per la scarsa conservazione delle vestigia, ma la fatica della salita viene ampiamente ricompensata dal panorama spettacolare e dalla suggestione che evocano le vicende di cui è stato teatro. Nei giorni sereni, puntando lo sguardo in direzione occidentale, non è difficile scorgere, oltre la valle del Giordano, la città di Gerusalemme e cogliere il riflesso dorato della cupola della moschea di Omar, sulla spianata del tempio. Verso sud invece, oltre i valloni scoscesi modellati dall’erosione fluviale, si riconosce con più facilità l’ampia depressione del Mar Morto. La presa di Macheronte: Tra gli assediati v'era un giovane di grande coraggio e assai valoroso, di nome Eleazar; questi si era distinto nelle sortite, incitando i più dei compagni a uscire dalle mura e a ostacolare il lavoro dei terrapieni, infliggendo ai romani negli scontri molte e pesanti perdite. (…) Una volta, dopo che lo scontro s'era concluso e le due parti s'erano separate, nella sprezzante sicurezza che nessun nemico avrebbe allora ripreso la lotta, egli rimase fuori delle porte e si mise a chiacchierare con i compagni che stavano sulle mura senza badare a nient'altro. Approfittando dell'occasione, un soldato dell'esercito romano, un tale Rufo oriundo dall'Egitto, mentre nessuno se l'aspettava, gli piombò addosso all'improvviso, lo afferrò con tutte le armi, e mentre lo sbigottimento paralizzava quelli che stavano a guardare mura, si affrettò a trasportarlo nel campo dei romani. Avendo il comandante dato ordine di denudarlo e, portatolo nel luogo meglio visibile da quelli che stavano nella città (cioè l’insediamento civile che anticamente sorgeva alla base della collina del Macheronte n.d.r.), di infliggergli la flagellazione, i giudei furono profondamente turbati dalla triste sorte del giovane e tutta la città proruppe in lamenti e in gemiti sproporzionati alla disgrazia di una persona sola. Al veder ciò, Basso ideò uno stratagemma contro i nemici, pensando di esasperare il loro dolore sì da costringerli a consegnare la fortezza in cambio della grazia al giovane. Comandò infatti di piantare una croce come se volesse immediatamente appendervi Eleazar, e a tale spettacolo quelli della fortezza furono presi da un'angoscia ancora più grande, gridando fra alti gemiti che quella era una disgrazia intollerabile. Nello stesso tempo Eleazar prese a supplicarli di non lasciare che egli subisse la morte più dolorosa e, insieme, di pensare alla loro salvezza cedendo alla forza e alla fortuna dei romani, dal momento che tutti quanti erano stati sottomessi. Quelli allora, impietositi dalle süe parole e cedendo alle preghiere che nella città molti facevano in suo favore, poiché apparteneva a una famiglia cospicua e assai numerosa, si lasciarono vincere dalla pietà - cosa contraria alla loro natura - e inviarono senza indugi alcuni a trattare la resa della fortezza. Flavio Giuseppe. La Guerra Giudaica. Libro VII,6. 131

1. Tempio / 2. Muro sud e stoà reale / 11. Monte degli Ulivi / 13. Valle del Cedron / 15. Città di Davide / 17. Piscina di Sile / 18. Valle del Tyropeion / 20. Città bassa / 23. Città alta / 24. Tomba di Davide? / 27. Teatro / 28. Agora /29. Palazzo di Erode / 36. Fortezza Antonia. 132

omane. A cavallo del crinale, sul fondo si distinguono anche le rovine di un<br />

piccolo forte romano. Tramite la fotografia aerea si sono, infine,<br />

riconosciute le tracce di un muro costruito dai Romani allo scopo di isolare<br />

gli assediati e ottenerne la capitolazione. Il muro girava tutt’attorno al<br />

Palazzo di Erode su un’area di circa mezzo km 2 .<br />

L’edificio di Erode delude, talora, per la scarsa conservazione delle vestigia,<br />

ma la fatica della salita viene ampiamente ricompensata dal panorama<br />

spettacolare e dalla suggestione che evocano le vicende di cui è stato teatro.<br />

Nei giorni sereni, puntando lo sguardo in direzione occidentale, non è<br />

difficile sc<strong>org</strong>ere, oltre la valle del Giordano, la città di Gerusalemme e<br />

cogliere il riflesso dorato della cupola della moschea di Omar, sulla spianata<br />

del tempio. Verso sud invece, oltre i valloni scoscesi modellati dall’erosione<br />

fluviale, si riconosce con più facilità l’ampia depressione del Mar Morto.<br />

La presa di Macheronte:<br />

Tra gli assediati v'era un giovane di grande coraggio e assai valoroso, di<br />

nome Eleazar; questi si era distinto nelle sortite, incitando i più dei<br />

compagni a uscire dalle mura e a ostacolare il lavoro dei terrapieni, infliggendo<br />

ai romani negli scontri molte e pesanti perdite. (…)<br />

Una volta, dopo che lo scontro s'era concluso e le due parti s'erano<br />

separate, nella sprezzante sicurezza che nessun nemico avrebbe allora<br />

ripreso la lotta, egli rimase fuori delle porte e si mise a chiacchierare con i<br />

compagni che stavano sulle mura senza badare a nient'altro.<br />

Approfittando dell'occasione, un soldato dell'esercito romano, un tale Rufo<br />

oriundo dall'Egitto, mentre nessuno se l'aspettava, gli piombò addosso<br />

all'improvviso, lo afferrò con tutte le armi, e mentre lo sbigottimento<br />

paralizzava quelli che stavano a guardare mura, si affrettò a trasportarlo<br />

nel campo dei romani. Avendo il comandante dato ordine di denudarlo e,<br />

portatolo nel luogo meglio visibile da quelli che stavano nella città (cioè<br />

l’insediamento civile che anticamente s<strong>org</strong>eva alla base della collina del<br />

Macheronte n.d.r.), di infliggergli la flagellazione, i giudei furono<br />

profondamente turbati dalla triste sorte del giovane e tutta la città<br />

proruppe in lamenti e in gemiti sproporzionati alla disgrazia di una<br />

persona sola. Al veder ciò, Basso ideò uno stratagemma contro i nemici,<br />

pensando di esasperare il loro dolore sì da costringerli a consegnare la<br />

fortezza in cambio della grazia al giovane.<br />

Comandò infatti di piantare una croce come se volesse immediatamente<br />

appendervi Eleazar, e a tale spettacolo quelli della fortezza furono presi da<br />

un'angoscia ancora più grande, gridando fra alti gemiti che quella era una<br />

disgrazia intollerabile. Nello stesso tempo Eleazar prese a supplicarli di<br />

non lasciare che egli subisse la morte più dolorosa e, insieme, di pensare<br />

alla loro salvezza cedendo alla forza e alla fortuna dei romani, dal<br />

momento che tutti quanti erano stati sottomessi. Quelli allora, impietositi<br />

dalle süe parole e cedendo alle preghiere che nella città molti facevano in<br />

suo favore, poiché apparteneva a una famiglia cospicua e assai numerosa,<br />

si lasciarono vincere dalla pietà - cosa contraria alla loro natura - e<br />

inviarono senza indugi alcuni a trattare la resa della fortezza.<br />

Flavio Giuseppe. La Guerra Giudaica. Libro VII,6.<br />

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