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Fig. 89 – Planimetrie di dettaglio della fortezza di Masada con indicazione dei principali edifici residenziali, delle cisterne e degli ambienti di servizio. catapulte che “battevano”le vecchie mura della fortezza di Erode. Gli assediati vedendo crollare le difese avevano raccolto detriti, terra e tronchi di legno con cui rimpiazzare il vecchio muro. Secondo Flavio Giuseppe gli Zeloti, vista l’impossibilità di una via di fuga, presero la decisione di suicidarsi collettivamente piuttosto che vedere le proprie mogli disonorate dai soldati romani e i figli tratti in schiavitù a Roma. Secondo Giuseppe novecentosessanta persone si diedero quindi la morte; ad essi sopravvissero solo due donne con i cinque figli che si erano nascosti in una cisterna. I Romani penetrati il mattino seguente nella fortezza, la trovarono deserta e raccolte informazioni dai pochi sopravvissuti ammirarono la nobiltà e la determinazione degli Zeloti. Alcuni tratti del racconto hanno incuriosito gli storici: perché i Romani attesero il mattino per portare a termine l’assedio (visto che il sole a quell’ora sarebbe stato loro sfavorevole?); perché portarono a termine un assedio così imponente se la fortezza era occupata semplicemente da manipoli di banditi fuggiaschi? Soprattutto, come mai più volte nelle Guerre Giudaiche si racconta di suicidi di massa (ad esempio quello di Gamala in cui Flavio Giuseppe era riuscito a salvarsi escogitando un trucco)? Il dubbio è che il racconto sia un artificio letterario o una amplificazione. Alcuni storici si chiedono come sia stato possibile che ancora tre anni dopo la caduta di Gerusalemme, fortezze così strategiche come l’Herodion e Masada potessero ancora essere in mano ai rivoltosi. L’altipiano di Masada fu scelto già dagli Asmonei per la sua inaccessibilità. Il lato più semplice da approcciare è quello occidentale, dove il dislivello tra la sommità e la base si riduce a cento metri. Qui anticamente passava la principale via d’eccesso alla fortezza, oggi visibile nella risistemazione che ne fecero i monaci che in età bizantina si sistemarono sulla spianata costruendo un piccolo monastero. Quando Erode costruì le cisterne nel cuore della rocca, fu realizzato sul lato nord un secondo sentiero che saliva a zig zag alla cosiddetta “porta della acque”, ancora riconoscibile. Sul lato est che guarda al Mar Morto, il dislivello sale a 350 m; qui si trovava il “sentiero del serpente” che sale zigzagando dal fondovalle alla sommità dove intercetta la terza porta ricavata nella cinta. Il collegamento tra la porta “del serpente” e quella “dell’acqua” fu assicurata da un sentiero di circonvallazione che corre ancora poco sotto le mura. Le tre porte di accesso 125

Fig. 90 – Ricostruzione tridimensionale del palazzo settentrionale di Masada; un chiaro esempio di eclettismo di architettura ellenistica. a cui abbiamo accennato erano dominate da una torre di avvistamento, avevano portali con doppio battente e atrio con bancali. Il perimetro totale del muro di cinta misura un chilometro e duecentonovata metri; Giuseppe ricorda che lungo di esso erano dislocate trentasette torri con scale interne mobili (lignee); di queste torri ne rimangono ancora ventisette. Al muro di cinta erano appoggiati ambienti dall’ampiezza di 6,5 m che furono reimpiegati dagli Zeloti (costruendo nuove partizioni interne, forni e dispense) come abitazioni per le diverse famiglie che si erano rifugiate a Masada. Come sempre, i tetti dovevano essere realizzati incannicciato rivestito di argilla sospeso su travature lignee; è probabile che gran parte delle coperture del tetto siano state smantellate dagli assediati per costruire il famoso muro difensivo a cui accenna Giuseppe Flavio. All’interno di uno degli ambienti della cinta è stato trovato un rogo in cui erano stati gettati abiti, ornamenti personali, scarpe e utensili; potrebbe trattarsi del rogo precedente la notte del suicidio di massa a cui accenna Giuseppe Flavio. Sul lato di nord-ovest del complesso è stato individuato un’ambiente con bancali diviso in tre navate da un piccolo colonnato. Si tratta di una vecchia stalla di età erodiana composta di atrio e aula per i cavalli, trasformata dai rivoltosi in una sinagoga. In un ambiente adiacente è stato trovato un ripostiglio in cui erano stati sacralmente sepolti alcuni scritti religiosi (in ottemperanza alla legge ebraica) – si tratta tecnicamente di una genizah – in cui si riconoscono i capitoli finali del Deuteronomio e alcune parti della profezia di Ezechia sulla Resurrezione delle ossa. Due ostraca recuperati in questo ambiente riportano, tra l’altro, il nome di Ezechia e un titolo sacerdotale. In corrispondenza della scarpata settentrionale fu costruito, da Erode, il secondo palazzo reale. Si tratta di un edificio appollaiato su un vero e proprio nido d’aquila, diviso in tre settori separati da un dislivello rispettivamente di 20 e 30 m. Alle spalle di un grande complesso di magazzini si riconosce il piano più alto, organizzato attorno ad un atrio affiancato da quattro ambienti abitativi. Una scala permetteva di raggiungere il terrazzo intermedio costituito da un salone circolare – probabilmente porticato – adiacente ad una piccola stanza. Una scala a chiocciola ricavata nel ventre della montagna permetteva di scendere fino all’edificio inferiore, raccolto attorno ad un cortile porticato in comunicazione con delle piccole terme. Le colonne erano costituite di più rocchi sovrapposti poi stuccati e dipinti ad imitazione del marmo. Le pareti dell’ambiente sono decorate con affreschi di primo stile pompeiano. In corrispondenza della scaletta che scende alle piccole terme, Tigel Yadin ebbe modo di scoprire il corpo di un uomo, di una donna e di un bambino nonché i resti di una corazza romana, punte di freccia e uno scialle. La prima interpretazione fu quella che si trattasse dei resti degli ultimi sopravvissuti alla tragica notte dell’assedio, una interpretazione oggi messa fortemente in discussione. Sulla parete della falesia situata nelle immediate vicinanze del palazzo nord si trovano alcune cisterne per la raccolta dell’acqua piovana fatte costruire da Erode e capaci di contenere, complessivamente, quarantamile metri cubi d’acqua. Già nel periodo asmoneo, per dare risposta al problema di una piovosità ridotta a quindici centimetri d’acqua annui, si erano costruite al vertice della montagna alcune cisterne che raccoglievano l’acqua piovana. 126

Fig. 90 – Ricostruzione<br />

tridimensionale del<br />

palazzo settentrionale<br />

di Masada; un chiaro<br />

esempio di eclettismo<br />

di architettura<br />

ellenistica.<br />

a cui abbiamo accennato erano<br />

dominate da una torre di avvistamento,<br />

avevano portali con doppio battente e<br />

atrio con bancali. Il perimetro totale<br />

del muro di cinta misura un chilometro<br />

e duecentonovata metri; Giuseppe<br />

ricorda che lungo di esso erano<br />

dislocate trentasette torri con scale<br />

interne mobili (lignee); di queste torri<br />

ne rimangono ancora ventisette. Al<br />

muro di cinta erano appoggiati<br />

ambienti dall’ampiezza di 6,5 m che<br />

furono reimpiegati dagli Zeloti<br />

(costruendo nuove partizioni interne,<br />

forni e dispense) come abitazioni per le<br />

diverse famiglie che si erano rifugiate a<br />

Masada. Come sempre, i tetti dovevano<br />

essere realizzati incannicciato rivestito<br />

di argilla sospeso su travature lignee; è<br />

probabile che gran parte delle<br />

coperture del tetto siano state smantellate dagli assediati per costruire il<br />

famoso muro difensivo a cui accenna Giuseppe Flavio. All’interno di uno<br />

degli ambienti della cinta è stato trovato un rogo in cui erano stati gettati<br />

abiti, ornamenti personali, scarpe e utensili; potrebbe trattarsi del rogo<br />

precedente la notte del suicidio di massa a cui accenna Giuseppe Flavio. Sul<br />

lato di nord-ovest del complesso è stato individuato un’ambiente con<br />

bancali diviso in tre navate da un piccolo colonnato. Si tratta di una vecchia<br />

stalla di età erodiana composta di atrio e aula per i cavalli, trasformata dai<br />

rivoltosi in una sinagoga. In un ambiente adiacente è stato trovato un<br />

ripostiglio in cui erano stati sacralmente sepolti alcuni scritti religiosi (in<br />

ottemperanza alla legge ebraica) – si tratta tecnicamente di una genizah –<br />

in cui si riconoscono i capitoli finali del Deuteronomio e alcune parti della<br />

profezia di Ezechia sulla Resurrezione delle ossa. Due ostraca recuperati in<br />

questo ambiente riportano, tra l’altro, il nome di Ezechia e un titolo<br />

sacerdotale.<br />

In corrispondenza della scarpata settentrionale fu costruito, da Erode, il<br />

secondo palazzo reale. Si tratta di un edificio appollaiato su un vero e<br />

proprio nido d’aquila, diviso in tre settori separati da un dislivello<br />

rispettivamente di 20 e 30 m. Alle spalle di un grande complesso di<br />

magazzini si riconosce il piano più alto, <strong>org</strong>anizzato attorno ad un atrio<br />

affiancato da quattro ambienti abitativi. Una scala permetteva di<br />

raggiungere il terrazzo intermedio costituito da un salone circolare –<br />

probabilmente porticato – adiacente ad una piccola stanza. Una scala a<br />

chiocciola ricavata nel ventre della montagna permetteva di scendere fino<br />

all’edificio inferiore, raccolto attorno ad un cortile porticato in<br />

comunicazione con delle piccole terme. Le colonne erano costituite di più<br />

rocchi sovrapposti poi stuccati e dipinti ad imitazione del marmo. Le pareti<br />

dell’ambiente sono decorate con affreschi di primo stile pompeiano. In<br />

corrispondenza della scaletta che scende alle piccole terme, Tigel Yadin ebbe<br />

modo di scoprire il corpo di un uomo, di una donna e di un bambino nonché<br />

i resti di una corazza romana, punte di freccia e uno scialle. La prima<br />

interpretazione fu quella che si trattasse dei resti degli ultimi sopravvissuti<br />

alla tragica notte dell’assedio, una interpretazione oggi messa fortemente in<br />

discussione.<br />

Sulla parete della falesia situata nelle immediate vicinanze del palazzo nord<br />

si trovano alcune cisterne per la raccolta dell’acqua piovana fatte costruire<br />

da Erode e capaci di contenere, complessivamente, quarantamile metri cubi<br />

d’acqua. Già nel periodo asmoneo, per dare risposta al problema di una<br />

piovosità ridotta a quindici centimetri d’acqua annui, si erano costruite al<br />

vertice della montagna alcune cisterne che raccoglievano l’acqua piovana.<br />

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