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La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti

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L’arte del santo bevitore <strong>di</strong> Lorenzo Mondo<br />

82 Non ho mai visto un quadro <strong>di</strong> Vito Timmel. Di<br />

lui conosco soltanto quello che scrisse Clau<strong>di</strong>o<br />

<strong>Magris</strong> presentando, in Dietro le parole, un suo<br />

taccuino lirico-demenziale e richiamandolo tra i<br />

fantasmi triestini in Microcosmi. L’anima randagia<br />

<strong>di</strong> un pittore <strong>di</strong> strada e <strong>di</strong> osteria, il piccolo, annichilito<br />

superuomo che si sarebbe convertito a una<br />

metafisica inerzia, all’accettazione dello stesso<br />

manicomio in cui finirà i suoi giorni, pago <strong>di</strong> “sentirsi<br />

roteare insieme alla terra nel vuoto”, Nato a<br />

Vienna e naufrago a Trieste, Timmel sembrava<br />

finito per caso sui passi <strong>di</strong> <strong>Magris</strong>, nonostante la<br />

spruzzaglia <strong>di</strong> Mitteleuropa che si portava <strong>di</strong>etro.<br />

E tuttavia, <strong>di</strong> personaggi laterali, umbratili,<br />

<strong>Magris</strong> ha nutrito molti suoi scritti: il generale<br />

cosacco perduto in Carnia (<strong>Il</strong>lazioni su una sciabola),<br />

il servitore vissuto all’ombra <strong>di</strong> Goethe<br />

(Stadelmann), l’amico fuggiasco <strong>di</strong> Michelstaedter<br />

(Un altro mare). Ai qual si aggiunge ora, dopo un<br />

lungo rodìo, il pittore Timmel, protagonista <strong>di</strong> un<br />

testo teatrale, <strong>La</strong> Mostra, che vuole essere insieme<br />

racconto e libretto d’opera.<br />

Lo scenario si apre sul manicomio <strong>di</strong> Trieste, dove<br />

si allestisce una esposizione <strong>di</strong> pittura: mentre al<br />

camposanto viene benedetta la bara dell’autore e<br />

all’osteria viene pronunciato il suo elogio funebre(«Povero,<br />

el iera cussì bon»). È il giorno <strong>di</strong><br />

Capodanno, con sottofondo <strong>di</strong> botti e tappi <strong>di</strong><br />

champagne, che sembrano annunciare (l’ospedale<br />

psichiatrico è intitolato a San Giovanni) una piccola<br />

apocalisse o manifestazione <strong>di</strong> Timmel. Che<br />

osserva come da un inframondo, <strong>di</strong>etro un tramezzo<br />

d’aria, gli amici, il <strong>di</strong>rettore del manicomio,<br />

le comparse penose dei reclusi, la canzonacce degli<br />

avvinazzati, e parla, interloquisce, commenta<br />

inavvertito dagli altri. <strong>La</strong> prima osservazione da<br />

fare sul dramma è proprio la compresenza e<br />

l’incastro dei vari ambienti ed episo<strong>di</strong>, la caleidoscopica<br />

simultaneità degli eventi. Nell’ottica particolare<br />

<strong>di</strong> chi è sottratto ai con<strong>di</strong>zionamenti del<br />

tempo e dello spazio, alla loro futile trama.<br />

Una delle presenze più rilevate è Sofianopulo,<br />

anche lui pittore, e cattivo traduttore <strong>di</strong><br />

Baudelaire, che fino all’ultimo è stato affettuosamente<br />

vicino a Timmel. Riven<strong>di</strong>ca la nobiltà della<br />

sua arte, troppe volte avvilita dalla necessità <strong>di</strong><br />

elemosinare un bicchiere <strong>di</strong> vino. Parla volentieri<br />

per citazioni illustri che dovrebbero illuminare <strong>di</strong><br />

sbieco la figura dell’amico. E Timmel ammette <strong>di</strong><br />

aver aspirato un tempo al fare grande <strong>di</strong><br />

Michelangelo, agli ori secessionisti <strong>di</strong> Klimt, ma ha<br />

finito per rattrappire quietamente la sua arte in<br />

<strong>di</strong>segni minuscoli e infantili, in umiliati “francobolli”.<br />

Si esprime in una lingua sboccata e vituperosa,<br />

la sua affettuosa contestazione <strong>di</strong><br />

Sofianopulo solidarizza semmai con i cori <strong>di</strong>alettali<br />

<strong>di</strong> matti e inservienti, perfino con il ritmico cicaleccio<br />

delle se<strong>di</strong>e battute sul pavimento.<br />

Altro personaggio <strong>di</strong> rilievo è il <strong>di</strong>rettore dell’ospedale.<br />

Campione dell’antipsichiatria, pronuncia<br />

solenni concioni sull’emarginazione paritaria <strong>di</strong><br />

arte e follia ad opera della società borghese.<br />

Timmel dovrebbe essere la <strong>di</strong><strong>mostra</strong>zione esemplare<br />

del suo assunto. Ma lui sembra farsene beffe,<br />

afferma che ab<strong>di</strong>care è «l’unico gesto da re», esalta<br />

i suoi mille giorni <strong>di</strong> manicomio che lo hanno<br />

protetto dallo «scalpore della folla che sta intorno».<br />

Al <strong>di</strong>rettore che ama presentarsi come trafelato<br />

burattinaio dell’ospedale, <strong>mostra</strong> compresa,<br />

contrappone ironicamente la figura <strong>di</strong>stratta <strong>di</strong> un

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