La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti
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<strong>Magris</strong> si rivela<br />
<strong>di</strong> Cesare De Michelis<br />
abbacinante poeta del dolore<br />
80 <strong>La</strong> <strong>mostra</strong>, l’ultimo libro <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong>, è <strong>di</strong>f-<br />
ficile da descrivere: è scritto come un testo teatrale,<br />
nel senso che i personaggi parlano ciascuno in<br />
prima persona e all’autore resta lo spazio delle<br />
<strong>di</strong>dascalie, ma il lettore sente <strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong> fronte<br />
a qualcosa <strong>di</strong> più che a una rappresentazione,<br />
perché doppio è il tempo e il luogo in cui subito<br />
precipitiamo.<br />
Per un verso c’è un presente che si interroga su<br />
un’esperienza, forte <strong>di</strong> una sapienza intellettuale<br />
che pretende <strong>di</strong> interpretarla e persino <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>carla,<br />
ma alla fine è costretto a riconoscere il suo<br />
patetico scacco, non senza qualche sottile ironia<br />
sulla funzione liberatrice dell’intelligenza e della<br />
cultura; per l’altro c’è un passato che riconquista<br />
a sprazzi la scena, forte soltanto <strong>di</strong> un’intrinseca<br />
vitalità, <strong>di</strong> un’insopprimibile effervescenza, <strong>di</strong><br />
una lacerante drammaticità.<br />
Persino strutturalmente il testo è compreso tra un<br />
prologo e un epilogo che stentano a contenenrne<br />
la <strong>di</strong>rompente liricità, il <strong>di</strong>sperato lamento esistenziale,<br />
l’instabile resistere sulla soglia tra<br />
nostalgia e smemoratezza, tra razionalità e follia.<br />
Protagonista del libro è il pittore triestino Vito<br />
Timmel, attivo nella prima metà del ‘900, destinato<br />
a perdersi nelle nebbie dell’auto<strong>di</strong>struzione e<br />
a precipitare nel delirio della follia.<br />
Di Timmel <strong>Magris</strong> cominciò a occuparsi una trentina<br />
<strong>di</strong> anni fa, non senza qualche <strong>di</strong>ffidenza<br />
verso il suo inarticolato sproloquiare in un<br />
Magico taccuino, allora amorosamente e<strong>di</strong>to<br />
dall’amica Anita Pittoni, che dell'interminabile<br />
dopoguerra triestino fu operosa protagonista con<br />
le sue E<strong>di</strong>zioni dello Zibaldone e uno straor<strong>di</strong>nario<br />
salotto domenicale, e poi sull’argomento il<br />
nostro tornò più volte con accenti più comprensivamente<br />
complici.<br />
Tuttavia è qui, nella Mostra che la prospettiva<br />
ra<strong>di</strong>calmente si capovolge in un’adesione pressoché<br />
totale, in una sorta <strong>di</strong> stralunata identificazione<br />
dell’autore nel personaggio, libero – il<br />
primo – finalmente <strong>di</strong> svelare la faccia ombrosa,<br />
sulfurea e lunare.<br />
Insomma, <strong>La</strong> Mostra non senza sorpresa, segna<br />
con nettezza una svolta nella scrittura <strong>di</strong> <strong>Magris</strong>,<br />
una svolta che con il senno <strong>di</strong> poi avremmo potuto<br />
intuire in certe sue pagine improvvisamente<br />
turbate, ma che sinora era sempre puntualmente<br />
evitata nel primato <strong>di</strong> una luce solare e <strong>di</strong> una<br />
sapienza magistrale.<br />
Qui la parte del <strong>di</strong>o sole tocca al patetico Direttore,<br />
che non solo pretende <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare le opere<br />
del pittore nell’itinerario dell’esposizione, ma persino<br />
<strong>di</strong> definirne il senso, prima <strong>di</strong> rassegnarsi ad<br />
ammettere, quando già il sipario è lì per calare,<br />
che «una <strong>mostra</strong>, una vita, spiegarla…non si<br />
può».<br />
Se l’esperienza <strong>di</strong> Timmel non è possibile raccontarla,<br />
non resta altro che lasciare a lui la parola,<br />
che assistere stupefatti al suo sproloquiare, persino<br />
rispettando gli sbalzi <strong>di</strong> tono, gli scarti linguistici,<br />
dal sublime al colloquiale, comprendendo<br />
anche il <strong>di</strong>aletto triestino quando improvvisamente<br />
<strong>di</strong>laga con la sua infantile e materna schietteza.<br />
È una maschera Timmel, che riassume i caratteri<br />
dell’artista novecentesco, al tempo stesso omnipresente<br />
e pauroso, lucido ed ebbro, gran<strong>di</strong>oso e<br />
meschino: un “<strong>di</strong>sgrazià” che o<strong>di</strong>a i bohèmien<br />
come lui, un pazzo lucido e sapiente che si strugge<br />
per la nostalgia ma vuole «desmentegar le