La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti
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risponde gettando i suoi “frammenti” <strong>di</strong> vita<br />
vera, fatta <strong>di</strong> storie, <strong>di</strong> flash, <strong>di</strong> sensazioni anche<br />
incomprensibili, ma vive e assolutamente reali. E<br />
mettendo a nudo l’incapacità del <strong>di</strong>rettore a capire<br />
il decadere delle sicurezze che appartiene al<br />
mondo dell’inferiorità.<br />
Interessante è infine la <strong>di</strong>alettica che si attua fra<br />
folli e sani, fra reclusi e coloro che vivono “nel<br />
mondo <strong>di</strong> fuori” – come appare evidente da alcuni<br />
scambi <strong>di</strong> battute fra Timmel e l’amico<br />
Sofianopulo: chi appare più matto? <strong>Il</strong> pittore<br />
emarginato Timmel o il <strong>di</strong>rettore? Una <strong>di</strong>alettica<br />
che vorrei si estendesse anche fra attori e pubblico».<br />
<strong>Il</strong> pubblico sarà molto coinvolto in questa<br />
messinscena, posto a <strong>di</strong>stanza minima dagli<br />
attori, quasi “immerso” in una scena concepita<br />
per lo spazio raccolto della Sala<br />
Bartoli…<br />
«C’è un’attinenza “architettonica”, <strong>di</strong> epoca e <strong>di</strong><br />
stili fra gli e<strong>di</strong>fici storici dell’Ospedale <strong>di</strong> San<br />
Giovanni e quelli della zona del Politeama<br />
<strong>Rossetti</strong>, gli stessi finestroni <strong>di</strong> Sala Bartoli... e<br />
questo fin dalle prime ipotesi <strong>di</strong> allestimento mi<br />
ha regalato interessanti suggestioni. <strong>La</strong> messinscena<br />
– per il tipo <strong>di</strong> scrittura e <strong>di</strong> struttura usate<br />
da <strong>Magris</strong> – non avrebbe potuto rifarsi a canoni<br />
realistici: richiedeva invece un forte coinvolgimento<br />
del pubblico, ritmi serrati. Sul piano degli<br />
spazi, abbiamo lavorato assieme a Pier Paolo<br />
Bisleri, che ha creato una scenografia che supera i<br />
confini dello “spazio degli attori” e avvince lo<br />
spettatore fin dalla sua entrata a teatro. Una gal-<br />
leria infatti lo introduce alle atmosfere de <strong>La</strong><br />
Mostra, fra voci e immagini che troveranno il loro<br />
pieno significato nello spettacolo. Che si svolge in<br />
una sorta <strong>di</strong> caverna platonica, uno spazio mentale<br />
nero in cui prendono forma le immagini del<br />
passato e del presente <strong>di</strong> Vito Timmel.<br />
Un universo stilizzato, in cui lo spazio del passato<br />
<strong>di</strong> Timmel (le osterie, la vita d’artista e <strong>di</strong> bambino)<br />
sfuma in quello del manicomio, in quello del<br />
presente (con gli amici che lo piangono, con il<br />
<strong>di</strong>rettore che lo ricorda). Uno spettacolo in cui lo<br />
spazio degli attori sfuma in quello degli spettatori<br />
e si apre violentemente sulla realtà.».