La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti
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<strong>La</strong> scrittura polifonica e inquieta <strong>di</strong> Danubio, un<br />
fluttuante mobile <strong>di</strong> parole, mi conquistava progressivamente<br />
– e con me ha conquistato tanti<br />
lettori, anche stranieri – <strong>di</strong>spiegando i suoni delle<br />
sue multiple sirene stilistiche; e trasmetteva quasi<br />
me<strong>di</strong>anicamente una dote precipua dell’autore: la<br />
capacità tecnica <strong>di</strong> orchestrare temi, personaggi,<br />
scritture come se stesse <strong>di</strong>rigendo una grande<br />
orchestra. Idea <strong>di</strong> cui devo ringraziare l’orecchio<br />
musicale <strong>di</strong> Luigi Baldacci che nel suo recente<br />
Trasferte (Rizzoli, Milano, 2001) l’ha applicata a<br />
Hector Bianciotti, narratore franco-italo-argentino.<br />
Per mio conto, da profano, quel gesto largo e<br />
imperioso dello scrivere <strong>di</strong> <strong>Magris</strong> in Danubio l’ho<br />
letto, ascoltato, vissuto come se fossi immerso nei<br />
colori e nelle sonorità <strong>di</strong> una sinfonia <strong>di</strong> Gustav<br />
Mahler.<br />
Altri libri ha scritto <strong>Magris</strong> prima e dopo Danubio<br />
fino agli ultimi titoli Microcosmi (Garzanti,<br />
Milano, 1997) e Utopia e <strong>di</strong>sincanto (Garzanti,<br />
Milano, 1999). E ha inaugurato il nuovo secolo<br />
con <strong>La</strong> <strong>mostra</strong> (Garzanti, Milano, 2001), testo<br />
singolare felicemente anomalo della genesi tripartita<br />
in quanto nasce – <strong>di</strong>etro sollecitazione <strong>di</strong> un<br />
musicista triestino, Fabio Nieder – come ipotesi <strong>di</strong><br />
un libretto d’opera, e si <strong>di</strong>stende in frastagliate<br />
pagine dal respiro ora teatrale ora narrativo, animoso<br />
e sperimentale concentrato dei temi cari<br />
all’autore.<br />
A cominciare dal fondatore storico, artistico, letterario<br />
della civiltà mitteleuropea <strong>di</strong> cui <strong>Magris</strong><br />
ha raccolto e ricomposto amorevolmente, grazie<br />
ai suoi abili strumenti <strong>di</strong> paleontologo <strong>di</strong> quella<br />
cultura, i brandelli più significativi. Un’ad<strong>di</strong>zione<br />
<strong>di</strong> perspicacia che ha reso attraente e in<strong>di</strong>spensa-<br />
bile la conoscenza della sua galleria <strong>di</strong> “uomini<br />
senza qualità”, parte irrinunciabile del mosaico<br />
letterario europeo. Per le cure affabulatrici del<br />
paleontologo, <strong>di</strong> frammento in frammento Vito<br />
Timmel <strong>di</strong>venta il protagonista <strong>di</strong> quell’oratorio<br />
laico che è <strong>La</strong> Mostra. <strong>Il</strong> percorso della ricostruzione<br />
è stato in<strong>di</strong>viduato da più d’un recensore,<br />
ma il più attento e circostanziato credo sia stato<br />
Ermanno Paccagnini (Corriere della sera, 10<br />
maggio 2001). Prima tappa 1973, pubblicazione<br />
del Magico taccuino <strong>di</strong> Vito Timmel nelle triestine<br />
E<strong>di</strong>zioni dello Zibaldone <strong>di</strong> Anita Pittoni,<br />
vestale della triestitu<strong>di</strong>ne, testi introduttivi <strong>di</strong><br />
<strong>Magris</strong>, dall’in<strong>di</strong>menticabile Basaglia (pioniere<br />
italiano dell’antipsichiatria) e <strong>di</strong> sua moglie<br />
Franca. Seconda tappa 11 settembre 1980, conferenza<br />
<strong>di</strong> <strong>Magris</strong> a Venezia, Fondazione Cini, sul<br />
tema L’acci<strong>di</strong>a del superuomo: il viandante <strong>di</strong><br />
Vito Timmel e il suo taccuino magico. Terza tappa<br />
della lunga incubazione è il 1997, con le pagine<br />
<strong>di</strong> Microcosmi in cui appare la figura <strong>di</strong> Timmel<br />
devastato dai fantasmi della follia, intriso <strong>di</strong> una<br />
<strong>di</strong>sperata poesia dell’esistenza che trova sbocco<br />
lancinante soltanto nel delirio. Infine, quarta<br />
tappa, 2001: <strong>La</strong> Mostra.<br />
Vito Timmel è un altro dei personaggi realmente<br />
vissuti che <strong>Magris</strong> ha evocato nelle sue invenzioni<br />
narrative proiettandone le <strong>di</strong>stonie esistenziali<br />
sull’orizzonte storico, intellettuale, sociale. Nato a<br />
Vienna nel 1886 “quasi scolaro <strong>di</strong> Klimt”, era<br />
rimasto precocemente vedovo. Nel suo ossessivo<br />
monologare ricorda la moglie con parole tenere e<br />
straziate, oppresso da un senso <strong>di</strong> colpa per<br />
l’“osceno scambio”: lui vive e Maria non più.<br />
Vibrano in questo epice<strong>di</strong>o intarsiato <strong>di</strong> immagini<br />
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