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La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti

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<strong>Magris</strong>, storia del pittore<br />

che attraversò la notte scura<br />

72 È un testo che viene da lontano, <strong>La</strong> Mostra.<br />

Almeno dal 1973 della pubblicazione del Magico<br />

taccuino <strong>di</strong> Vito Timmel (1886-199) morto nel<br />

manicomio <strong>di</strong> San Giovanni a Trieste. Di sicuro<br />

dall’11 settembre 1980 quando <strong>Magris</strong> alla<br />

Fondazione Cini tiene una conversazione su<br />

L’acci<strong>di</strong>a del superuomo: il viandante <strong>di</strong> Vito<br />

Timmel e il suo taccuino magico, entro un ciclo in<br />

cui affronta i temi a lui cari del Viandante, del<br />

Fuggiasco e dell’Io <strong>di</strong>viso. Un Timmel «randagio<br />

pittore nato a Vienna e venuto a completare la<br />

sua auto<strong>di</strong>struzione a Trieste» <strong>di</strong> lunga se<strong>di</strong>mentazione,<br />

richiamato in Microcosmi col suo «miscuglio<br />

<strong>di</strong> folgoranti epifanie liriche e <strong>di</strong> singulti verbali<br />

prossimi all’afasia e sbriciolati dall’amnesia,<br />

ch’egli chiamava nostalgia, desiderio <strong>di</strong> cancellare<br />

tutti i nomi e tutti i segni che irretiscono l’in<strong>di</strong>viduo<br />

nel mondo». Ed è a quelle pagine che mi vien<br />

spontaneo rinviare il lettore che voglia riassunta<br />

con rapida intensità la figura del «viandante<br />

ribelle» Timmel, un «viandante dell’anima» che<br />

nella Mostra <strong>Magris</strong> ripropone nella cangiante<br />

eppur unitaria forma <strong>di</strong> racconto e struttura teatrale<br />

e da libretto d’opera tesa a rievocarlo in un<br />

gioco <strong>di</strong> visivi piani spaziali attraverso incroci <strong>di</strong><br />

brandelli <strong>di</strong>scorsivi <strong>di</strong> amici, personale e compagni<br />

<strong>di</strong> manicomio, avventori d’osterie, voci <strong>di</strong><br />

passanti colte dal fondo, cori e semicori <strong>di</strong> persone<br />

e oggetti (le se<strong>di</strong>e) che si trovano pure a scambiarsi<br />

i ruoli: il tutto chiamato a contrapporre lo<br />

spezzato monologo <strong>di</strong> Timmel, che nel trascorrere<br />

del testo si fa via via sempre più visionario, increpandosi<br />

anche <strong>di</strong> cadenze <strong>di</strong>alettali triestine. Un<br />

contrappunto sviluppato anche su più piani temporali:<br />

appartenendo i vari personaggi in scena<br />

<strong>di</strong> Ermanno Paccagnini<br />

all’ieri dell’imme<strong>di</strong>ato postmortem del pittore,<br />

all’altrieri presentificato dello stesso Timmel,<br />

all’oggi della <strong>mostra</strong> <strong>di</strong> suoi quadri organizzata<br />

da un <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> manicomio in cui s’affaccia il<br />

Franco Basaglia prefatore anche al Magico taccuino.<br />

Figure che <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> un’altra costante <strong>di</strong><br />

<strong>Magris</strong>: l’operare creativamente su personaggi<br />

reali, come già col romanzo Un altro mare; e, qui,<br />

anche con lo scultore Marcello Mascherini e<br />

soprattutto il Cesare Sofianopulo già ricordato in<br />

Microcosmi come «pittore, poeta, traduttore <strong>di</strong><br />

Baudelaire e devoto ai tramonti sulle rive, i cui<br />

raggi inclinati a suo <strong>di</strong>re rendevano trasparenti i<br />

vestiti delle donne»: battuta che qui torna messagli<br />

<strong>di</strong>rettamente in bocca. Un operare con fedeltà<br />

– ciò che con Timmel significa appoggiarsi anche<br />

alle parole del suo “magico taccuino” (e ne è spia<br />

il «bisogna assolutamente <strong>di</strong>pendere per raggiungere<br />

l’atmosfera beata» citato in Microcosmi e<br />

riproposto nella Mostra). Ma anche con una rilettura<br />

del personaggio (in Utopia e <strong>di</strong>sincanto, scriveva<br />

<strong>di</strong> viandanza e <strong>di</strong> «esperienze <strong>di</strong> frontiera<br />

perduta o cercata» da ricostruire «nella realtà e<br />

nel cuore»). Qui: un Timmel – uomo anche del<br />

“<strong>di</strong>sincanto” – che egli appoggia e stringe a sé per<br />

riviverlo dall’interno: appropriandosene; per trasferirvisi,<br />

e per parlare in prima persona attraverso<br />

<strong>di</strong> lui. Intellettualmente, come in passato. Ma<br />

qui, nella Mostra, soprattutto emozionalmente.<br />

Una emozionalità che fa a braccio <strong>di</strong> ferro con la<br />

razionalità.<br />

Ed è tale abbraccio che carica <strong>di</strong> densità <strong>di</strong> percorsi<br />

tematici questo testo. Per raccogliere solo<br />

talune sollecitazioni: i rapporti sanità-follia e<br />

arte-follia; la follia (in passato: il suici<strong>di</strong>o) come

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