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La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti

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tro: una moltiplicazione <strong>di</strong> echi, <strong>di</strong> chiavi <strong>di</strong> lettura,<br />

<strong>di</strong> prospettive che rendono il testo mosso e<br />

intenso.<br />

Tali tensioni drammatiche e liriche – prosegue<br />

Calenda – sono spesso interrotte, anche in modo<br />

violento, da sciabolate <strong>di</strong> banalità, da filastrocche<br />

e nenie in <strong>di</strong>aletto (linguaggio riservato soprattutto<br />

ai matti ricoverati assieme a Timmel), da altre<br />

contaminazioni. Un duro controcanto all’espansione<br />

del senso poetico dei protagonisti: tutto ciò<br />

ci ha reso possibili decisi momenti <strong>di</strong> straniamento,<br />

ma ci ha imposto anche un sottile lavoro <strong>di</strong><br />

calibratura... Ognuno <strong>di</strong> questi tasselli d’espressione<br />

infatti deve contribuire in propria misura<br />

alla creazione <strong>di</strong> un universo <strong>di</strong> sensazioni, che<br />

ho ritenuto fondamentale peculiarità de <strong>La</strong><br />

<strong>mostra</strong>.<br />

Prezioso in questo senso è stato il lavoro <strong>di</strong><br />

Germano Mazzocchetti che ha ricreato per lo<br />

spettacolo un pathos musicale fra echi della tra<strong>di</strong>zione<br />

e accenti mitteleuropei».<br />

<strong>La</strong> <strong>di</strong>mensione della follia ha nel testo uno<br />

spazio rilevante…<br />

«I matti che circondano Timmel nei “mille giorni”<br />

sono uno sfondo tragico e dolente che a volte<br />

appare anche stranamente surreale, lieve. Ho<br />

chiesto agli attori <strong>di</strong> non pensare ai cliches della<br />

rappresentazione della follia, ma <strong>di</strong> far sentire –<br />

in ogni gesto, nella voce, nell’espressione – la<br />

paura e la profonda solitu<strong>di</strong>ne della pazzia.<br />

Un merito che va certo riconosciuto all’autore, è<br />

poi quello <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>pinto la follia <strong>di</strong> Timmel (in<br />

un teatro che ha costruito sulla pazzia gran<strong>di</strong> testi<br />

e gran<strong>di</strong> protagonisti, basti pensare al pirandelliano<br />

Enrico IV, ma anche molti stereotipi) con<br />

originalità. In tutto il testo non sentiamo mai la<br />

caratterizzazione “bassa” della follia: e nel protagonista,<br />

potremmo affermare che proprio non c’è<br />

follia (almeno secondo le convenzioni a cui siamo<br />

abituati). C’è invece una creazione poetica della<br />

follia. <strong>Il</strong> manicomio offre uno sfondo “immanente”<br />

a ogni sofferenza e paradossalmente – proprio<br />

in quel mondo <strong>di</strong> dolore e costrizione – Timmel<br />

trova una propria plausibilità, una serenità leggera<br />

che gli fa vedere bontà e pace in chi popola<br />

l’Ospedale <strong>di</strong> San Giovanni.<br />

Questa “caduta agli Inferi” <strong>di</strong> Timmel non è definibile<br />

secondo vecchi stereotipi, o secondo gli<br />

schemi della vecchia o della nuova psichiatria...<br />

sembra impossibile cogliere scientificamente le<br />

profonde complessità e le contrad<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

un’anima fervida e creatrice. Ciò alimenta<br />

un’ulteriore e affascinante opposizione, nel testo,<br />

fra la figura del protagonista e quella del <strong>di</strong>rettore<br />

del maniconio (e dell’allestimento della <strong>mostra</strong><br />

pittorica, da cui il testo prende titolo): una sorta<br />

<strong>di</strong> suo “alter ego” se vogliamo, sinceramente<br />

impegnato a ricordarlo e capirlo, ma attanagliato<br />

costantemente da un senso d’inadeguatezza, <strong>di</strong><br />

leggera incapacità, una <strong>di</strong>mensione che trascolora<br />

– nel personaggio – fra accennata ironia e malinconia.<br />

<strong>Il</strong> <strong>di</strong>rettore è uomo <strong>di</strong> forme, ama illustrare le<br />

cose, creare ossature certe, spiegare... resta <strong>di</strong>sorientato<br />

davanti alla misteriosa assolutezza <strong>di</strong><br />

Timmel, alla sua nobile rinuncia, al suo quieto<br />

annientamento. Ai <strong>di</strong>scorsi necessariamente retorici<br />

sulla realtà, proposti dal <strong>di</strong>rettore, Timmel<br />

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