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La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti

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Colloquio su “<strong>La</strong> <strong>mostra</strong>”<br />

Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong>: [...] Come è nato questo libro?<br />

Come ricordava Daniele, nella mia ossessiva<br />

fedeltà mi sono ripetutamente accostato, negli<br />

anni passati, alla figura <strong>di</strong> Timmel, quel notevole<br />

pittore, <strong>di</strong>ciamo grosso modo liberty, nato a<br />

Vienna e morto a Trieste nel 1949 in manicomio,<br />

il quale ha scritto un geniale e delirante taccuino<br />

(trascritto, in certi casi quasi “tradotto” dalla sua<br />

viva voce da Anita Pittoni, che gli era vicina)<br />

mentre stava venendo <strong>di</strong>sgregato psichicamente,<br />

taccuino da cui ho preso qualche frammento. Mi<br />

interessava questa figura <strong>di</strong> randagio, <strong>di</strong> fuggiasco,<br />

questo “io” sempre in bilico fra il <strong>di</strong>sgregarsi<br />

e il tenersi insieme, tra il non essere più nessuno<br />

(o essere soltanto una manciata <strong>di</strong> atomi, <strong>di</strong> frantumi<br />

<strong>di</strong>sgregati che si perdono nel niente) e l’essere<br />

invece ancora una personalità forte, riottosa,<br />

caparbia. Soprattutto mi interessava e mi interessa<br />

il suo destino (un po’ come quello <strong>di</strong> Enrico<br />

Mreule, il protagonista <strong>di</strong> Un altro mare, che sono<br />

molto grato a Daniele <strong>di</strong> aver ricordato), Timmel<br />

è una <strong>di</strong> quelle personalità che cercano <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi<br />

dalla <strong>di</strong>fficoltà o talora dall’insostenibilità <strong>di</strong><br />

vivere rifugiandosi nell’apatia, in una regale e<br />

anarchica auto<strong>di</strong>struzione.<br />

Personalità troppo sensibili che cercano <strong>di</strong> spegnere<br />

questa sensibilità che li fa soffrire: come<br />

qualcuno che chiudesse gli occhi <strong>di</strong> fronte allo<br />

splendore <strong>di</strong> un mare troppo intenso, che gli<br />

ricorda come la vita dovrebbe essere e che dunque<br />

gli risulta insostenibile. Allora si chiudono gli<br />

occhi, ci si ottunde; si cerca l’apatia, la sottrazione,<br />

l’insignificanza, quasi la non esistenza, per<br />

non soffrire troppo sentendo sulla propria carne<br />

quello che si potrebbe, che si dovrebbe e si vor-<br />

<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong><br />

e Daniele Del Giu<strong>di</strong>ce<br />

rebbe essere. Rendere opaca la vita, per soffrire<br />

un po’ <strong>di</strong> meno della mancanza della vita vera.<br />

Sono esistenze, come quella <strong>di</strong> Timmel, anarchiche;<br />

l’anarchismo <strong>di</strong> chi cerca <strong>di</strong>speratamente un<br />

or<strong>di</strong>ne per venir liberato dal peso della libertà e<br />

della responsabilità. Così Timmel, assolutamente<br />

anarchico, finisce per esaltare perfino il fascismo,<br />

per vagheggiare un’infanzia in cui si è beati perché<br />

si obbe<strong>di</strong>sce, perché si è liberi dal peso delle<br />

libertà e ci si abbandona ai propri sogni. Anche il<br />

coro delle se<strong>di</strong>e nasce da questo sentimento, dal<br />

desiderio <strong>di</strong> essere una cosa: una cosa - come una<br />

se<strong>di</strong>a - anche quando la si sbatte non soffre, gli<br />

spigoli della realtà non le fanno male, come fanno<br />

male a chi vive. C’è come un desiderio <strong>di</strong> essere<br />

stati piuttosto che <strong>di</strong> essere, per soffrire <strong>di</strong> meno,<br />

cercando <strong>di</strong> amputarsi <strong>di</strong> ciò che fa soffrire <strong>di</strong><br />

più.<br />

A parte i lunghi anni in cui, <strong>di</strong> tanto in tanto,<br />

come è stato ricordato, mi sono occupato <strong>di</strong><br />

Timmel (scrivendone all’inizio degli anni Settanta<br />

sul “Corriere della Sera”, pubblicando insieme a<br />

Franco Basaglia, Anita Pittoni, e Michele Zanetti<br />

il suo Magico taccuino e scrivendone l’introduzione,<br />

facendolo apparire <strong>di</strong> scorcio pure in<br />

Microcosmi), il libro è nato da una spinta, da<br />

un’occasione precisa. Io ho sempre bisogno, in<br />

qualche modo, <strong>di</strong> qualche stimolo esterno, anche<br />

occasionale, che funga per così <strong>di</strong>re da levatrice,<br />

che porti alla superficie qualcosa che certo c’era<br />

già prima in me, ma forse magari solo oscuramente,<br />

e che altrimenti forse non sarebbe giunto<br />

all’espressione. Anche Danubio, Un altro mare,<br />

Microcosmi, o Le voci sono nati da questa mescolanza<br />

<strong>di</strong> un interesse profondo e <strong>di</strong> una causa<br />

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