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La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti

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estano fortissime le caratterizzazioni dei singoli<br />

personaggi (s’intende della loro reale identità).<br />

Anzitutto Vito Timmel, o meglio Vittorio von<br />

Thümmel (e non c’è bisogno <strong>di</strong> Freud per spiegare<br />

perché i suoi “sogni” <strong>di</strong>pinti negli anni 1943-<br />

44, durante il primo ricovero all’ospedale psichiatrico<br />

siano firmati con il cognome originale,<br />

scomparso in tutta la produzione precedente).<br />

Figlio <strong>di</strong> un nobile tedesco e <strong>di</strong> una contessa friulana,<br />

che a Trieste (dove la famiglia si trasferisce<br />

da Vienna, quando il piccolo Vito-Vittorio ha<br />

quattro anni) apre un’atelier <strong>di</strong> moda. Alla<br />

meningite avuta da bambino sarà attribuita<br />

anche la malattia mentale che lo porterà alla<br />

morte. <strong>Il</strong> primo matrimonio dura soltanto quattro<br />

anni, perché la moglie muore <strong>di</strong> tbc. L’unico<br />

figlio emigrerà in Cile, dove <strong>di</strong>venterà coreografo:<br />

in manicomio una delle ossessioni <strong>di</strong> Timmel è<br />

rappresentata dal desiderio <strong>di</strong> raggiungere il<br />

figlio in Sud America.<br />

<strong>La</strong> “scheda sanitaria” compilata nel novembre<br />

del 1945 al manicomio triestino (e pubblicata nel<br />

prezioso volumetto Vito Timmel, e<strong>di</strong>to nel 1985<br />

da Na<strong>di</strong>a Bassanese) ne dà un ritratto, che non è<br />

solo sanitario: «ha condotto sempre vita sregolata;<br />

si dava al bere smodatamente; da un anno<br />

progressivo indebolimento della memoria e <strong>di</strong>so-<br />

Cesare Sofianopulo<br />

rientamento e fatti demenziali; i suoi <strong>di</strong>pinti<br />

dell’ultimo tempo hanno l’impronta dell’infantilismo;<br />

cambia rapidamente <strong>di</strong> proposito, associa<br />

molto superficialmente».<br />

Personaggio altrettanto ricco <strong>di</strong> risvolti è Cesare<br />

Sofianopulo. Figlio <strong>di</strong> un greco commerciante <strong>di</strong><br />

“zibibe” (anche Demetrio Carciotti aveva fatto<br />

fortuna, a Trieste, con il commercio dell’uva<br />

passa, fino al punto <strong>di</strong> costruirsi il magnifico<br />

palazzo neoclassico sulle Rive) che volendo accrescere<br />

<strong>di</strong> prestigio era passato all’export-import.<br />

Un genitore così rigido aveva “accettato” che il<br />

figlio Cesare stu<strong>di</strong>asse, in Germania ed in<br />

Francia, da artista, a patto che non si piegasse al<br />

commercio “poco <strong>di</strong>gnitoso” dei suoi lavori pittorici.<br />

Evidentemente questo rigido genitore non<br />

considerava “indecoroso” che uno dei red<strong>di</strong>ti più<br />

sicuri per Cesare gli provenisse dagli affitti della<br />

sua casa in Cittavecchia, in via del Fortino, pagati<br />

dai gestori delle case <strong>di</strong> tolleranze.<br />

<strong>La</strong> fedeltà alla nazionalità greca gli darà il vantaggio<br />

<strong>di</strong> un posto sicuro alla Biennale <strong>di</strong> Venezia,<br />

nel pa<strong>di</strong>glione del Regno <strong>di</strong> Grecia, ma gli costa il<br />

mancato incarico <strong>di</strong> docente perché straniero, sia<br />

sotto l’Austria che sotto l’Italia, e il mancato<br />

matrimonio con un’insegnante triestina con la<br />

quale conviveva da anni e che, sposandolo,<br />

avrebbe perso il posto <strong>di</strong> lavoro, perché <strong>di</strong>ventata<br />

citta<strong>di</strong>na straniera.<br />

Considerava, come suo modello, anche d’eleganza,<br />

Gabriele D’Annunzio. Eleganza che gli era<br />

valso – così credeva, in un primo momento –<br />

l’applauso dei colleghi dell’Accademia <strong>di</strong> Parigi,<br />

che lo accoglie al grido <strong>di</strong> “Voilà le comte!”.<br />

Sofianopulo pensava che lo paragonassero a un<br />

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