60 Vito Timmel - “Comme<strong>di</strong>a” per gentile concessione del Consorzio Culturale del Monfalconese
estano fortissime le caratterizzazioni dei singoli personaggi (s’intende della loro reale identità). Anzitutto Vito Timmel, o meglio Vittorio von Thümmel (e non c’è bisogno <strong>di</strong> Freud per spiegare perché i suoi “sogni” <strong>di</strong>pinti negli anni 1943- 44, durante il primo ricovero all’ospedale psichiatrico siano firmati con il cognome originale, scomparso in tutta la produzione precedente). Figlio <strong>di</strong> un nobile tedesco e <strong>di</strong> una contessa friulana, che a Trieste (dove la famiglia si trasferisce da Vienna, quando il piccolo Vito-Vittorio ha quattro anni) apre un’atelier <strong>di</strong> moda. Alla meningite avuta da bambino sarà attribuita anche la malattia mentale che lo porterà alla morte. <strong>Il</strong> primo matrimonio dura soltanto quattro anni, perché la moglie muore <strong>di</strong> tbc. L’unico figlio emigrerà in Cile, dove <strong>di</strong>venterà coreografo: in manicomio una delle ossessioni <strong>di</strong> Timmel è rappresentata dal desiderio <strong>di</strong> raggiungere il figlio in Sud America. <strong>La</strong> “scheda sanitaria” compilata nel novembre del 1945 al manicomio triestino (e pubblicata nel prezioso volumetto Vito Timmel, e<strong>di</strong>to nel 1985 da Na<strong>di</strong>a Bassanese) ne dà un ritratto, che non è solo sanitario: «ha condotto sempre vita sregolata; si dava al bere smodatamente; da un anno progressivo indebolimento della memoria e <strong>di</strong>so- Cesare Sofianopulo rientamento e fatti demenziali; i suoi <strong>di</strong>pinti dell’ultimo tempo hanno l’impronta dell’infantilismo; cambia rapidamente <strong>di</strong> proposito, associa molto superficialmente». Personaggio altrettanto ricco <strong>di</strong> risvolti è Cesare Sofianopulo. Figlio <strong>di</strong> un greco commerciante <strong>di</strong> “zibibe” (anche Demetrio Carciotti aveva fatto fortuna, a Trieste, con il commercio dell’uva passa, fino al punto <strong>di</strong> costruirsi il magnifico palazzo neoclassico sulle Rive) che volendo accrescere <strong>di</strong> prestigio era passato all’export-import. Un genitore così rigido aveva “accettato” che il figlio Cesare stu<strong>di</strong>asse, in Germania ed in Francia, da artista, a patto che non si piegasse al commercio “poco <strong>di</strong>gnitoso” dei suoi lavori pittorici. Evidentemente questo rigido genitore non considerava “indecoroso” che uno dei red<strong>di</strong>ti più sicuri per Cesare gli provenisse dagli affitti della sua casa in Cittavecchia, in via del Fortino, pagati dai gestori delle case <strong>di</strong> tolleranze. <strong>La</strong> fedeltà alla nazionalità greca gli darà il vantaggio <strong>di</strong> un posto sicuro alla Biennale <strong>di</strong> Venezia, nel pa<strong>di</strong>glione del Regno <strong>di</strong> Grecia, ma gli costa il mancato incarico <strong>di</strong> docente perché straniero, sia sotto l’Austria che sotto l’Italia, e il mancato matrimonio con un’insegnante triestina con la quale conviveva da anni e che, sposandolo, avrebbe perso il posto <strong>di</strong> lavoro, perché <strong>di</strong>ventata citta<strong>di</strong>na straniera. Considerava, come suo modello, anche d’eleganza, Gabriele D’Annunzio. Eleganza che gli era valso – così credeva, in un primo momento – l’applauso dei colleghi dell’Accademia <strong>di</strong> Parigi, che lo accoglie al grido <strong>di</strong> “Voilà le comte!”. Sofianopulo pensava che lo paragonassero a un 61