La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti
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I cinque personaggi<br />
della “Timmel & Co.”<br />
Fino ad almeno due decenni dopo la fine della<br />
seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, gli artisti triestini –<br />
soprattutto quelli figurativi, pittori e scultori –<br />
avevano mantenuto la tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ritrovarsi in<br />
“santuari” benevolmente – e generosamente –<br />
accoglienti.<br />
L’ultimo, forse, è stata quella “spezieria” che<br />
Velic aveva aperto in via della Geppa e dove –<br />
attorno ai pochi tavoli e sulle pareti – si ritrovava<br />
quella che allora era l’ultima generazione, dei<br />
pittori Livio Rosignano e Marino Sormani e dello<br />
scultore Marino Carne. <strong>La</strong> “spezieria” aveva<br />
introdotto una caratteristica ignota a Trieste, ma<br />
largamente <strong>di</strong>ffusa in tutto il Friuli, <strong>di</strong> tenere solo<br />
vino <strong>di</strong> qualità e <strong>di</strong> aprire una bottiglia anche per<br />
servire soltanto un bicchiere (non pagato – nel<br />
caso degli artisti).<br />
Meno raffinato il panorama enologico <strong>di</strong> un’osteria,<br />
tra le due gallerie, in via Risorta, dove la personalità<br />
<strong>di</strong> maggiore spicco era quella del musicista<br />
Mario Bugamelli con i “sodali” Glauco Del<br />
Basso, pianista e critico musicale, e Fabio<br />
Todeschini, poeta, figlio dell’autore del libretto de<br />
<strong>Il</strong> trittico musicato da Antonio <strong>Il</strong>lesberg. Anche<br />
Del Basso e Bugamelli avevano scritto e musicato<br />
una “comme<strong>di</strong>a musicale” intitolata “Luluria”<br />
(c’è qualcuno che pensa <strong>di</strong> recuperare questo<br />
spartito <strong>di</strong> uno dei maggiori compositori triestini<br />
<strong>di</strong> tutti i tempi?).<br />
Ma il ritrovo più rinomato – e celebrato –<br />
nell’imme<strong>di</strong>ato primo dopoguerra era il ristorante<br />
“Venturi alla luce”, nella centralissima Piazza<br />
Goldoni (ove vi è subentrata una grande torrefazione):<br />
il “maitre” era celebre per i suoi piatti<br />
“alla fiamma” (non so con quanto senso<br />
<strong>di</strong> Guido Botteri<br />
dell’umorismo manderà tutti due i suoi figli, e<br />
collaboratori, a fare il servizio militare nei vigili<br />
del fuoco). Rimaneva aperto fino a notte inoltrata<br />
e i giornalisti che uscivano dalla tipografia <strong>di</strong> via<br />
Silvio Pellico, per un “piatto caldo” e l’ultimo<br />
bicchiere <strong>di</strong> vino vi ritrovavano i rappresentanti<br />
della più fertile stagione dell’arte figurativa, a<br />
Trieste: Nino Perizi, Federico Righi, Dino<br />
Predonzani e quello che ormai era <strong>di</strong>ventato il<br />
“guru” dell’Arte a Trieste, lo scultore Marcello<br />
Mascherini. Le altissime pareti del “Ristorante<br />
alla luna” erano tutte tappezzate o da fotografie<br />
con autografo e de<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> cantanti lirici e attori <strong>di</strong><br />
prosa (quello <strong>di</strong> piazza Goldoni era uno dei pochi<br />
ristoranti aperti “dopoteatro”) o <strong>di</strong> opere firmate<br />
dagli artisti triestini, alcune delle quali nate proprio<br />
sulle tavole imban<strong>di</strong>te (dove è andato a finire<br />
questo patrimonio <strong>di</strong> memoria e d’arte?), a<br />
“saldo” delle consumazioni.<br />
Se nel secondo dopoguerra i “santuari” erano<br />
rappresentati da più o meno prestigiose osterie, a<br />
cavallo della prima grande guerra – come ci <strong>di</strong>ce<br />
Giani Stuparich, nel suo Trieste nei miei ricor<strong>di</strong> –<br />
gli artisti, pittori e scultori, ma anche scrittori e<br />
poeti si ritrovano al mitico “Caffè Garibal<strong>di</strong>”,<br />
aperto al pianterreno del municipio, in Piazza<br />
Grande (nel dopoguerra “dell’Unità”), per poi<br />
passare tutti al vicino “Bar Nazionale”, per collettiva<br />
solidarietà con un cameriere ingiustamente<br />
– secondo gli artisti – licenziato dal gestore. <strong>Il</strong><br />
“cenacolo” del “Caffè Garibal<strong>di</strong>” vede presenti,<br />
oltre agli Stuparich, Italo Svevo, Umberto Saba,<br />
Virgilio Giotti, Bobi Bazlen, lo scultore Ruggero<br />
Rovan (che Stuparich, nel suo volume uscito nel<br />
1948 giu<strong>di</strong>cava non adeguatamente apprezzato)<br />
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