La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti
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Note sulla composizione<br />
delle musiche<br />
L’osteria “da Erminio” e gli echi della cultura<br />
mitteleuropea, i cori popolari e i valzer trasfigurati<br />
secondo stilemi novecenteschi… Ne <strong>La</strong><br />
<strong>mostra</strong>, la musica possiede - fin dal momento<br />
della concezione strutturale del testo – un ruolo<br />
significativo, una presenza che oltrepassa i limiti<br />
della funzione <strong>di</strong> commento.<br />
E fin dall’inizio appare naturale che essa – coerentemente<br />
all’intero dramma, costruito ed<br />
espresso attraverso un affastellarsi <strong>di</strong> brandelli <strong>di</strong><br />
ricor<strong>di</strong>, citazioni, memorie popolari, momenti lirici<br />
– si sviluppi lungo <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>rezioni.<br />
Quella ad esempio del recupero e della riproposta<br />
filologica <strong>di</strong> musiche della tra<strong>di</strong>zione triestina,<br />
citate dall’autore; quella dell’invenzione <strong>di</strong> musiche<br />
sulla falsariga delle canzoni popolari, un’operazione<br />
à la mianière de; quella infine che guarda<br />
alla tra<strong>di</strong>zione colta mitteleuropea, e a tutto un<br />
universo <strong>di</strong> forme compositive, affini al climax<br />
della Trieste fra Ottocento e Novecento, che fa da<br />
sfondo alla vicenda <strong>di</strong> Vito Timmel.<br />
Oltre alla <strong>di</strong>mensione legata alla tra<strong>di</strong>zione popolare<br />
dunque, ho proceduto nella composizione<br />
isolando alcuni contesti, no<strong>di</strong> <strong>di</strong> particolare tensione<br />
drammatica: il contesto del manicomio, ad<br />
esempio, tutto caratterizzato da una musica quasi<br />
esclusivamente ritmica, che permette ai malati <strong>di</strong><br />
scan<strong>di</strong>re alcune filastrocche. Particolarmente suggestivo<br />
nell’ambito del manicomio è il coro delle<br />
se<strong>di</strong>e: un momento originale, tutto giocato nella<br />
<strong>di</strong>mensione della surrealtà. Mi ha <strong>di</strong>vertito creare<br />
una partitura che rendesse plausibile un coro <strong>di</strong><br />
se<strong>di</strong>e, che improvvisamente si animano, si muovono<br />
e soprattutto cantano... <strong>Il</strong> loro ingresso asseconda<br />
il clima della sorpresa e ricorda certe com-<br />
<strong>di</strong> Germano Mazzocchetti<br />
posizioni degli anni Quaranta, dall’aura leggera<br />
un po’ da Trio Lescano. Gli altri interventi delle<br />
se<strong>di</strong>e sono invece costruiti come una sorta <strong>di</strong> solfeggio<br />
ritmico su un’armonia <strong>di</strong> sapore strawinskiano.<br />
Differente è il pathos dei brani che riguardano la<br />
rievocazione <strong>di</strong> Alcesti, strettamente legati alla<br />
trage<strong>di</strong>a euripidea: abbiamo scelto <strong>di</strong> trattare i<br />
cori come quelli <strong>di</strong> una trage<strong>di</strong>a greca, trasmettendo<br />
emozioni profonde. Gli interventi cantati <strong>di</strong><br />
Timmel-Herlitzka invece tendono a straniarsi da<br />
tale clima: basta pensare alla piccola romanza<br />
ironica “O viso, o corpo”, che si richiama al<br />
melodramma ottocentesco, o al Lied finale “Sì<br />
<strong>di</strong>menticar”.<br />
Dettata da questa duplicità fra musiche d’ispirazione<br />
popolare e stilemi colti, è anche la scelta<br />
degli strumenti usati: la fisarmonica e il violino,<br />
che pur essendo <strong>di</strong> derivazione popolare permettono<br />
<strong>di</strong> trascolorare facilmente nell’ambito <strong>di</strong> linguaggi<br />
musicali d’estrazione <strong>di</strong>versa.<br />
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