La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti
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Usa filastrocche, nenie, il <strong>di</strong>aletto, affastellando<br />
tante frazioni <strong>di</strong> linguaggio. <strong>Il</strong> testo<br />
possiede una forte musicalità...<br />
Ho pensato molto alla musica. C’è nel testo una<br />
babele <strong>di</strong> linguaggi che rivela lo spappolarsi<br />
dell’“Io” <strong>di</strong> Timmel nella follia. Timmel deve<br />
dunque possedere linguaggi <strong>di</strong>versi, deve parlare<br />
alto, sublime, folle, cattivo... <strong>Il</strong> <strong>di</strong>aletto è fra questi,<br />
e non ha nulla <strong>di</strong> folclorico, non è espressione<br />
calda della familiarità. È inteso come ventre della<br />
vita, quando si è messi faccia a faccia con lei. Le<br />
filastrocche – in parte riprese, in parte inventate –<br />
rappresentano il “non senso” della vita brada,<br />
fatta dall’accostamento non me<strong>di</strong>ato <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />
piani. <strong>La</strong> cultura alta cerca sempre una me<strong>di</strong>azione,<br />
usando un registro stilistico preciso... Per<br />
Timmel la vita pone un corto circuito violentissimo<br />
fra il sublime e il basso, fra la vita e la morte.<br />
È là che il <strong>di</strong>aletto, <strong>di</strong>struggendo il decoro, esprime<br />
una specie d’infanzia, oppure certe fasi estreme<br />
della vecchiaia, dove la vita si riduce all’osso,<br />
non ha più me<strong>di</strong>azioni e procede sul filo fra<br />
<strong>di</strong>pendenza e assoluta libertà.<br />
Molte “me<strong>di</strong>azioni” connotano invece il<br />
<strong>di</strong>rettore...<br />
All’inizio il <strong>di</strong>rettore era per me un espe<strong>di</strong>ente per<br />
“tenere assieme” la storia, ma è <strong>di</strong>ventato un personaggio<br />
complesso. Da un lato è l'alter ego <strong>di</strong><br />
Timmel e dunque dell’autore. Ma è anche un<br />
uomo retore, come lo siamo tutti quando – a <strong>di</strong>fferenza<br />
<strong>di</strong> Timmel che può stare silenzioso,<br />
accucciato a terra – dobbiamo “fare”, vivere nel<br />
mondo reale. C’è sempre un elemento <strong>di</strong> compro-<br />
messo retorico in tutto ciò che facciamo. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>rettore<br />
però ha anche la sua nobiltà. Attraverso <strong>di</strong><br />
lui non intendo certo irridere la critica figurativa<br />
o la psichiatria, e men che meno l’opera <strong>di</strong><br />
Basaglia che ho seguito con passione (del resto<br />
proprio assieme a Franco Basaglia, Michele<br />
Zanetti e Anita Pittoni pubblicai il Magico Taccuino<br />
<strong>di</strong> Timmel): desidero però ricordare che<br />
tutte le cose – perfino queste – hanno un lato un<br />
po’compromissorio e retorico. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>rettore dunque<br />
deve essere così: ha scadenze, responsabilità,<br />
impegni. Io stesso, mentre scrivo un libro, mi<br />
sento un po’ falso rispetto qualunque accattone<br />
che si presenta in strada senza schermi... <strong>Il</strong> <strong>di</strong>rettore<br />
non è un personaggio assoluto, è uno <strong>di</strong> noi<br />
altri.<br />
Marginalità: per Timmel una <strong>di</strong>mensione<br />
totale e drammatica. In quale misura un<br />
intellettuale può vivere la marginalità, nel<br />
confrontarsi con la realtà attuale?<br />
Ritengo che nessuno sia più al centro del mondo:<br />
anche chi vive a New York, nella Quinta Strada,<br />
che è forse il posto più importante del pianeta,<br />
per capire il mondo deve sentirsi un periferico.<br />
Così sentiva Joseph Roth. Guai però ad avere il<br />
compiacimento della marginalità, che è interessante<br />
solo se chi la vive cerca <strong>di</strong>speratamente <strong>di</strong><br />
capire la realtà e <strong>di</strong> portarsi al centro. È come il<br />
piccolo: non è che “small is beautiful”. <strong>Il</strong> piccolo<br />
non è né brutto né bello: è la nostra con<strong>di</strong>zione. <strong>Il</strong><br />
cortile dove ho giocato da bambino non era il<br />
giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Versailles, ma non per questo era per<br />
forza più bello <strong>di</strong> Versailles. <strong>Il</strong> fatto è che anche in