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La mostra di Claudio Magris - Il Rossetti

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<strong>La</strong> Mostra<br />

<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong><br />

<strong>di</strong>retto da Antonio Calenda


Vito Timmel - “Autoritratto”<br />

per gentile concessione del Museo Revoltella <strong>di</strong> Trieste


lo spettacolo


Conversazione con Antonio Calenda<br />

«Un testo che è libretto d’opera, e contemporaneamente<br />

comme<strong>di</strong>a surreale, dramma, e letteratura,<br />

ma una letteratura in movimento, perché la<br />

parola <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong> sulla scena <strong>di</strong>venta atto,<br />

con forza. Un testo in cui attraverso generi e linguaggi<br />

<strong>di</strong>versi, si dà voce a emozioni struggenti,<br />

come a momenti <strong>di</strong> fantasiosa ironia, e che procede<br />

per flash, tasselli <strong>di</strong> memoria, immagini, sogni,<br />

come se il tempo e lo spazio, per questo racconto,<br />

non fossero categorie plausibili... <strong>La</strong> <strong>mostra</strong> offre<br />

induzioni e spazi amplissimi per <strong>di</strong>ventare materia<br />

teatrale, e ciò nel momento della messinscena<br />

va assecondato, liberando il respiro creativo, la<br />

fantasia, la poesia».<br />

Antonio Calenda ha amato fin dalla prima lettura<br />

<strong>La</strong> <strong>mostra</strong> <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong>, testo che per il<br />

Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia è <strong>di</strong>ventato<br />

punto <strong>di</strong> partenza <strong>di</strong> un rilevante impegno produttivo,<br />

e che giunge ora al palcoscenico della<br />

Sala Bartoli.<br />

«È stato emozionante allestire <strong>La</strong> <strong>mostra</strong> – continua<br />

infatti il regista – innanzitutto perché rappresenta<br />

un incontro bellissimo e importante fra il<br />

nostro Teatro e un grande autore qual è Clau<strong>di</strong>o<br />

<strong>Magris</strong>. Poi per i talenti e le energie che abbiamo<br />

potuto comporre nella compagnia d’interpreti,<br />

che ritengo adatta a dar corpo a un progetto<br />

inconsueto come questo, e che trova due maestri<br />

<strong>di</strong> rilievo in Roberto Herlitzka e Mario<br />

Maranzana»<br />

Interpreti che l’hanno seguita lungo linee<br />

registiche che si scostano dal naturalismo e<br />

che hanno affrontato i personaggi senza<br />

rimanere rigidamente legati a percorsi razio-<br />

nali…<br />

<strong>di</strong> <strong>Il</strong>aria Lucari<br />

«In questo spettacolo, l’irrazionalità (un’irrazionalità<br />

pensata, ovviamente) è il fondamento <strong>di</strong> un<br />

sogno che ho voluto gli attori creassero e vivessero<br />

assieme al pubblico. È lo stesso autore a sottolineare<br />

come per <strong>La</strong> <strong>mostra</strong> non sia stato possibile<br />

seguire una struttura ipotattica, esprimere una<br />

consequenzialità, un mondo <strong>di</strong> pensieri organizzati<br />

secondo logica causalità. Per raccontare Vito<br />

Timmel è stato necessario invece ricorrere a una<br />

scrittura notturna, vitale, non filtrata. Proprio<br />

perché al centro del testo è l’universo interiore del<br />

protagonista, ricco d’emozioni, vibrazioni, contrad<strong>di</strong>zioni,<br />

animato <strong>di</strong> ricor<strong>di</strong>, voci, sogni, dolenze.<br />

Lo spettacolo fa propria questa <strong>di</strong>mensione e<br />

si evolve come se ci si inoltrasse nel mistero <strong>di</strong><br />

una coscienza, nella mente <strong>di</strong> Timmel, fra le luci<br />

e le ombre <strong>di</strong> un “Io” che sta precipitando nella<br />

follia».<br />

Vito Timmel è simbolo <strong>di</strong> una particolare<br />

con<strong>di</strong>zione esistenziale.<br />

«<strong>Il</strong> personaggio <strong>di</strong> Timmel ha una notevole<br />

<strong>di</strong>mensione teatrale e ci permette <strong>di</strong> portare in<br />

scena una con<strong>di</strong>zione esistenziale molto affascinante:<br />

l’incapacità <strong>di</strong> sopportare la forza dei sentimenti<br />

e delle passioni, da cui egli resta quasi<br />

accecato, a causa <strong>di</strong> un’acuita sensibilità.<br />

In effetti è <strong>di</strong> questo tema, che si sostanzia la trage<strong>di</strong>a:<br />

l’impossibilità <strong>di</strong> affrontare l’incongruenza<br />

dell’esistere (un tema che trova forti assonanze<br />

con quel filone novecentesco, che a teatro denuncia<br />

dolorosamente l’assur<strong>di</strong>tà della vita), l’inca-<br />

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pacità <strong>di</strong> resistere alle proprie inadeguatezze,<br />

come pure alle proprie potenzialità... In un estremo<br />

tentativo d’auto<strong>di</strong>fesa Timmel vorrebbe essere<br />

un oggetto – ci racconta un “coro <strong>di</strong> se<strong>di</strong>e”, che<br />

l’autore surrealmente inserisce nel testo – senza<br />

possibilità <strong>di</strong> sentire nulla, né gioia né dolore.<br />

È significativa una sua splen<strong>di</strong>da battuta: “...un<br />

punto, ecco. Io sono un punto, Io è un punto. Un<br />

punto non ha estensione, non c’è, non è niente”.<br />

Preferirebbe dunque confondersi col resto del<br />

mondo percepibile, non essere evidente, “ab<strong>di</strong>care”<br />

per non soffrire la propria limitante con<strong>di</strong>zione.<br />

E invece la coglie fino alla fine, fino all’ultimo<br />

dei suoi “mille giorni” <strong>di</strong> reclusione all’Ospedale<br />

psichiatrico <strong>di</strong> San Giovanni (paradossale suggello<br />

ad una vita anarchica e randagia): solo la<br />

morte lo libererà, facendolo cadere, <strong>di</strong>ssolvere<br />

quasi – come gli fa <strong>di</strong>re <strong>Magris</strong> – “...in tanti punti<br />

luminosi, tanti petali <strong>di</strong> un sorriso, una margherita<br />

che si sfoglia nella notte”».<br />

Eppure è profonda la capacità d’amare <strong>di</strong><br />

Timmel, che per la moglie Maria rivive sentimenti<br />

delicatissimi e un dolente senso <strong>di</strong><br />

colpa, attraverso le parole che Euripide<br />

pensò per Admeto…<br />

«Si tratta <strong>di</strong> uno dei momenti più commoventi<br />

dello spettacolo, che adombra accenti autobiografici<br />

dello stesso autore: come Admeto, Timmel<br />

evoca la sua Alcesti perduta, una donna che ha<br />

dato senso alla sua vita e al cui ricordo si appiglia<br />

con tutte le forze e con grande struggimento. Ma<br />

Timmel non è solo Admeto: se vogliamo, si riflette<br />

pure in E<strong>di</strong>po, che deve conoscere un destino che<br />

non riesce ad affrontare. E poi ci sono Damone e<br />

Pizia, Armo<strong>di</strong>o e Aristogitone: in essi è trasfigurata<br />

quell’amicizia piena che lega Timmel a Cesare<br />

Sofianopulo, a Marcello Mascherini, ad altri artisti<br />

triestini... Sono la rappresentazione <strong>di</strong> una<br />

“<strong>di</strong>sciplina del sentimento”, <strong>di</strong> una con<strong>di</strong>visione<br />

profonda delle emozioni e della vita, che il nostro<br />

tempo non conosce più (e che sulla scena, abbiamo<br />

cercato <strong>di</strong> restituire attraverso un finissimo<br />

velo <strong>di</strong> nostalgia) e allo stesso tempo <strong>di</strong> un modo<br />

<strong>di</strong> vivere la cultura – anche alta, raffinatissima –<br />

nella quoti<strong>di</strong>anità, che pure ormai abbiamo perduto.<br />

<strong>La</strong> nostra società solitaria, passiva, ha scelto<br />

altri tessuti connettivi: nel passato (e – per<br />

come la conosciamo dalle testimonianze <strong>di</strong> altri<br />

artisti importanti, Svevo, Slataper – probabilmente<br />

nella Trieste del passato, con particolare<br />

intensità) esistevano preziose “cellule” <strong>di</strong> intellettuali,<br />

che anche nelle piccole cose della vita si trovavano<br />

uniti, e sulla base <strong>di</strong> motivazioni culturali<br />

forti, fondavano certezze e legami esistenziali<br />

eterni.<br />

Non sono dunque parallelismi casuali, o peggio<br />

gratuiti, quelli che coinvolgono le figure mitologiche.<br />

<strong>Il</strong> climax culturale in cui Timmel visse e<br />

operò, era decisamente segnato dalla presenza del<br />

mito: Hoffmanstahl ne fece materia <strong>di</strong> stu<strong>di</strong>o e <strong>di</strong><br />

creazione artistica, Richard Strauss da un suo<br />

libretto – l’Elettra – trasse una delle opere più<br />

belle e innovative della musica dell’ultimo secolo...<br />

Possiamo allora essere certi che Timmel sentisse<br />

fortemente il legame con il mondo della<br />

mitologia.<br />

Admeto, Pizia, Aristogitone, Morfeo, l’Ade...<br />

Risonanze meravigliose per noi che facciamo tea-


tro: una moltiplicazione <strong>di</strong> echi, <strong>di</strong> chiavi <strong>di</strong> lettura,<br />

<strong>di</strong> prospettive che rendono il testo mosso e<br />

intenso.<br />

Tali tensioni drammatiche e liriche – prosegue<br />

Calenda – sono spesso interrotte, anche in modo<br />

violento, da sciabolate <strong>di</strong> banalità, da filastrocche<br />

e nenie in <strong>di</strong>aletto (linguaggio riservato soprattutto<br />

ai matti ricoverati assieme a Timmel), da altre<br />

contaminazioni. Un duro controcanto all’espansione<br />

del senso poetico dei protagonisti: tutto ciò<br />

ci ha reso possibili decisi momenti <strong>di</strong> straniamento,<br />

ma ci ha imposto anche un sottile lavoro <strong>di</strong><br />

calibratura... Ognuno <strong>di</strong> questi tasselli d’espressione<br />

infatti deve contribuire in propria misura<br />

alla creazione <strong>di</strong> un universo <strong>di</strong> sensazioni, che<br />

ho ritenuto fondamentale peculiarità de <strong>La</strong><br />

<strong>mostra</strong>.<br />

Prezioso in questo senso è stato il lavoro <strong>di</strong><br />

Germano Mazzocchetti che ha ricreato per lo<br />

spettacolo un pathos musicale fra echi della tra<strong>di</strong>zione<br />

e accenti mitteleuropei».<br />

<strong>La</strong> <strong>di</strong>mensione della follia ha nel testo uno<br />

spazio rilevante…<br />

«I matti che circondano Timmel nei “mille giorni”<br />

sono uno sfondo tragico e dolente che a volte<br />

appare anche stranamente surreale, lieve. Ho<br />

chiesto agli attori <strong>di</strong> non pensare ai cliches della<br />

rappresentazione della follia, ma <strong>di</strong> far sentire –<br />

in ogni gesto, nella voce, nell’espressione – la<br />

paura e la profonda solitu<strong>di</strong>ne della pazzia.<br />

Un merito che va certo riconosciuto all’autore, è<br />

poi quello <strong>di</strong> aver <strong>di</strong>pinto la follia <strong>di</strong> Timmel (in<br />

un teatro che ha costruito sulla pazzia gran<strong>di</strong> testi<br />

e gran<strong>di</strong> protagonisti, basti pensare al pirandelliano<br />

Enrico IV, ma anche molti stereotipi) con<br />

originalità. In tutto il testo non sentiamo mai la<br />

caratterizzazione “bassa” della follia: e nel protagonista,<br />

potremmo affermare che proprio non c’è<br />

follia (almeno secondo le convenzioni a cui siamo<br />

abituati). C’è invece una creazione poetica della<br />

follia. <strong>Il</strong> manicomio offre uno sfondo “immanente”<br />

a ogni sofferenza e paradossalmente – proprio<br />

in quel mondo <strong>di</strong> dolore e costrizione – Timmel<br />

trova una propria plausibilità, una serenità leggera<br />

che gli fa vedere bontà e pace in chi popola<br />

l’Ospedale <strong>di</strong> San Giovanni.<br />

Questa “caduta agli Inferi” <strong>di</strong> Timmel non è definibile<br />

secondo vecchi stereotipi, o secondo gli<br />

schemi della vecchia o della nuova psichiatria...<br />

sembra impossibile cogliere scientificamente le<br />

profonde complessità e le contrad<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

un’anima fervida e creatrice. Ciò alimenta<br />

un’ulteriore e affascinante opposizione, nel testo,<br />

fra la figura del protagonista e quella del <strong>di</strong>rettore<br />

del maniconio (e dell’allestimento della <strong>mostra</strong><br />

pittorica, da cui il testo prende titolo): una sorta<br />

<strong>di</strong> suo “alter ego” se vogliamo, sinceramente<br />

impegnato a ricordarlo e capirlo, ma attanagliato<br />

costantemente da un senso d’inadeguatezza, <strong>di</strong><br />

leggera incapacità, una <strong>di</strong>mensione che trascolora<br />

– nel personaggio – fra accennata ironia e malinconia.<br />

<strong>Il</strong> <strong>di</strong>rettore è uomo <strong>di</strong> forme, ama illustrare le<br />

cose, creare ossature certe, spiegare... resta <strong>di</strong>sorientato<br />

davanti alla misteriosa assolutezza <strong>di</strong><br />

Timmel, alla sua nobile rinuncia, al suo quieto<br />

annientamento. Ai <strong>di</strong>scorsi necessariamente retorici<br />

sulla realtà, proposti dal <strong>di</strong>rettore, Timmel<br />

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8<br />

risponde gettando i suoi “frammenti” <strong>di</strong> vita<br />

vera, fatta <strong>di</strong> storie, <strong>di</strong> flash, <strong>di</strong> sensazioni anche<br />

incomprensibili, ma vive e assolutamente reali. E<br />

mettendo a nudo l’incapacità del <strong>di</strong>rettore a capire<br />

il decadere delle sicurezze che appartiene al<br />

mondo dell’inferiorità.<br />

Interessante è infine la <strong>di</strong>alettica che si attua fra<br />

folli e sani, fra reclusi e coloro che vivono “nel<br />

mondo <strong>di</strong> fuori” – come appare evidente da alcuni<br />

scambi <strong>di</strong> battute fra Timmel e l’amico<br />

Sofianopulo: chi appare più matto? <strong>Il</strong> pittore<br />

emarginato Timmel o il <strong>di</strong>rettore? Una <strong>di</strong>alettica<br />

che vorrei si estendesse anche fra attori e pubblico».<br />

<strong>Il</strong> pubblico sarà molto coinvolto in questa<br />

messinscena, posto a <strong>di</strong>stanza minima dagli<br />

attori, quasi “immerso” in una scena concepita<br />

per lo spazio raccolto della Sala<br />

Bartoli…<br />

«C’è un’attinenza “architettonica”, <strong>di</strong> epoca e <strong>di</strong><br />

stili fra gli e<strong>di</strong>fici storici dell’Ospedale <strong>di</strong> San<br />

Giovanni e quelli della zona del Politeama<br />

<strong>Rossetti</strong>, gli stessi finestroni <strong>di</strong> Sala Bartoli... e<br />

questo fin dalle prime ipotesi <strong>di</strong> allestimento mi<br />

ha regalato interessanti suggestioni. <strong>La</strong> messinscena<br />

– per il tipo <strong>di</strong> scrittura e <strong>di</strong> struttura usate<br />

da <strong>Magris</strong> – non avrebbe potuto rifarsi a canoni<br />

realistici: richiedeva invece un forte coinvolgimento<br />

del pubblico, ritmi serrati. Sul piano degli<br />

spazi, abbiamo lavorato assieme a Pier Paolo<br />

Bisleri, che ha creato una scenografia che supera i<br />

confini dello “spazio degli attori” e avvince lo<br />

spettatore fin dalla sua entrata a teatro. Una gal-<br />

leria infatti lo introduce alle atmosfere de <strong>La</strong><br />

Mostra, fra voci e immagini che troveranno il loro<br />

pieno significato nello spettacolo. Che si svolge in<br />

una sorta <strong>di</strong> caverna platonica, uno spazio mentale<br />

nero in cui prendono forma le immagini del<br />

passato e del presente <strong>di</strong> Vito Timmel.<br />

Un universo stilizzato, in cui lo spazio del passato<br />

<strong>di</strong> Timmel (le osterie, la vita d’artista e <strong>di</strong> bambino)<br />

sfuma in quello del manicomio, in quello del<br />

presente (con gli amici che lo piangono, con il<br />

<strong>di</strong>rettore che lo ricorda). Uno spettacolo in cui lo<br />

spazio degli attori sfuma in quello degli spettatori<br />

e si apre violentemente sulla realtà.».


Conversazione con Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong><br />

Mentre alla Sala Bartoli <strong>La</strong> <strong>mostra</strong> <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o<br />

<strong>Magris</strong> sta trovando voce, fisicità, la propria<br />

<strong>di</strong>mensione scenica – “tradotto” dalla pagina al<br />

palcoscenico, dal fervido lavoro del regista<br />

Calenda, <strong>di</strong> Roberto Herlitzka, Mario Maranzana<br />

e degli attori e collaboratori dello Stabile regionale<br />

– l’autore ci regala qualche riflessione sul testo<br />

e sull’esperienza <strong>di</strong> questa messinscena, che ha<br />

seguito “da vicino” assistendo spesso alle prove.<br />

«È molto bello – commenta – veder nascere lo<br />

spettacolo, un po’ come vedere un figlio che va<br />

per la sua strada...»<br />

Per quale motivo, per raccontare la storia <strong>di</strong><br />

Timmel ha sentito necessario esprimersi in<br />

forma teatrale?<br />

<strong>Il</strong> primo motivo, forse meno rilevante, è che Fabio<br />

Nieder mi chiese <strong>di</strong> scrivere assieme un’opera su<br />

Timmel, e dunque avrei dovuto concepire <strong>La</strong><br />

<strong>mostra</strong> come un libretto d’opera. Dapprima<br />

rifiutai, poi questa figura mi rimuginava dentro e<br />

ho scritto. Però ognuno <strong>di</strong> noi è andato per la sua<br />

strada e credo che alla fine le nostre opere siano<br />

molto <strong>di</strong>verse: ci siamo reciprocamente debitori<br />

per lo scambio d’idee, d’intuizioni. Ci sono invece<br />

ragioni più profonde. Intanto credo che uno scrittore,<br />

se ha un minimo <strong>di</strong> autenticità, non scelga<br />

mai a priori: fa quello che può. Non ho scelto <strong>di</strong><br />

scrivere Danubio in quel modo, è nato così: ogni<br />

storia nasce in<strong>di</strong>ssolubilmente legata alla propria<br />

forma.<br />

Ci sono poi due tipi <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> scrittura. Un conto<br />

è quando scriviamo un articolo per il giornale,<br />

oppure per una ragione politica o morale: quando<br />

<strong>di</strong> <strong>Il</strong>aria Lucari<br />

cioè trattiamo un problema dando un giu<strong>di</strong>zio,<br />

sulla base <strong>di</strong> una visione globale, esprimendo<br />

anche quelle che sono le nostre <strong>di</strong>rette concezioni<br />

del mondo. Tutt’altro è invece se facciamo i conti<br />

con certe esperienze nostre o altrui, capaci <strong>di</strong> provocare<br />

pensieri e sentimenti che emergono senza<br />

che li controlliamo o analizziamo: non esprimiamo<br />

allora le nostre “risposte”, ma le nostre<br />

domande. <strong>Il</strong> teatro è la forma più adatta a dar<br />

voce all’elemento che chiamo “notturno”, a questo<br />

“fluire della vita” che non raccontiamo per<br />

dare un giu<strong>di</strong>zio morale, ma che “ascoltiamo”<br />

quasi e registriamo...<br />

Una scrittura più dell’anima che della<br />

mente?<br />

È una scrittura che non nasce da quanto vogliamo<br />

<strong>di</strong>re responsabilmente sul mondo. Sono piuttosto<br />

brandelli <strong>di</strong> vita, <strong>di</strong> emozioni: per me la<br />

forma teatrale è strettamente legata a questa<br />

scrittura selvaggia, meno analitica, meno ideologica,<br />

più vitale. Espressione delle inquietu<strong>di</strong>ni,<br />

delle domande che ci si pone quando si è sbattuti<br />

faccia a faccia col grado zero dell’esistenza, con la<br />

Medusa. <strong>Il</strong> teatro può testimoniare quel momento,<br />

proprio perché gli appartiene l’hic et nunc, in<br />

ogni gesto, in ogni battuta, in ogni attimo.<br />

Ha potuto seguire le <strong>di</strong>verse fasi della “genesi”<br />

dello spettacolo. Come ha vissuto questa<br />

esperienza?<br />

Mi ha molto interessato, ho seguito <strong>di</strong>verse prove,<br />

fin dall’inizio. Devo <strong>di</strong>re che mi sono sentito<br />

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12<br />

molto capito. Sono intervenuto quando mi hanno<br />

chiesto qualcosa, ma non ho sentito mai <strong>di</strong> dover<br />

spiegare.<br />

<strong>Il</strong> testo certo è mio, lo spettacolo però è un po’<br />

mio, un po’ <strong>di</strong> Calenda, <strong>di</strong> Herlitzka, <strong>di</strong><br />

Maranzana. Io agisco da autore, la messinscena è<br />

compito loro. Lo stesso mi accade con i traduttori:<br />

do qualche chiarimento, poi il lavoro è loro.<br />

Mi riconosco in pieno nell’impostazione dello<br />

spettacolo, nelle idee registiche, nel lavoro <strong>di</strong><br />

Herlitzka che sta interpretando Timmel in modo<br />

straor<strong>di</strong>nario, in quello <strong>di</strong> Maranzana, che ha<br />

colto a fondo la parte fra il fraterno e lo scurrile<br />

<strong>di</strong> Sofianopulo. Poi accade che nel corso della<br />

messinscena, si scopre sempre qualcosa <strong>di</strong> nuovo<br />

e questo è affascinante. Sono colpito dal fatto che<br />

solo per il tono con cui l’attore <strong>di</strong>ce certe cose, il<br />

lavoro acquista un ritmo, una <strong>di</strong>mensione che<br />

non solo rende giustizia al testo, ma anche gli dà<br />

senso, lo arricchisce... Mentre seguo le prove, sono<br />

portato a riandare non solo al libro, ma a qualcosa<br />

<strong>di</strong> più conturbante per me, ed è il momento in<br />

cui l’ho scritto, il vissuto che si è metabolizzato<br />

nelle pagine de <strong>La</strong> <strong>mostra</strong>. C’è allora un’emozione<br />

autentica, perché non riguarda la piccola<br />

vanità d’autore, ma l’intensità del vissuto. <strong>Il</strong> vissuto,<br />

i sentimenti a teatro possiedono una forza<br />

speciale, <strong>di</strong>ventano storia, voce, corpo, movimento...<br />

Che cosa l’ha affascinata del Timmel uomo e<br />

artista?<br />

Più d’ogni cosa mi ha colpito il fatto che Timmel<br />

vivesse così intensamente la vita da poterla trova-<br />

re insostenibile: mi ha affascinato questa sua<br />

“regale ab<strong>di</strong>cazione”. Tutto forse è nato da una<br />

frase, in cui <strong>di</strong>ce <strong>di</strong> cercare <strong>di</strong> <strong>di</strong>menticare tutto,<br />

quando invece stava <strong>di</strong>menticando per malattia:<br />

trasfigura un sintomo clinico, in un desiderio <strong>di</strong><br />

libertà...<br />

È talmente anarchico da non voler nemmeno<br />

impegnarsi nella vita, vuole essere “una cosa”.<br />

Perciò ho inserito nel testo un “coro <strong>di</strong> se<strong>di</strong>e”: a<br />

volte si desidera essere oggetti, per non soffrire,<br />

per non sentire nulla. Ecco mi colpiscono le persone<br />

che “sentono” in modo così intenso, da essere<br />

costrette a rinunciare alla vita vera. Timmel<br />

arriva a desiderare la schiavitù. Un’aspirazione<br />

incon<strong>di</strong>visibile in cui c’è però qualcosa <strong>di</strong> molto<br />

commovente: una brama <strong>di</strong> essere bambini, <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>pendere, per essere felici... Così in questo “no”<br />

alla vita reale, si sente un immenso amore per la<br />

vita. Come se per chi ha troppa sensibilità,<br />

l’unica soluzione fosse quella <strong>di</strong> ottundersi: soluzione<br />

sbagliata, ma che contiene una grande<br />

verità esistenziale.<br />

Timmel nel suo “ab<strong>di</strong>care” non è affatto apatico...<br />

<strong>La</strong> sua vitalità non è quella banale, trionfante e<br />

“muscolosa”, ma quella interiore e sempre così<br />

insi<strong>di</strong>ata, scalcagnata, minacciata da tutto, da noi<br />

stessi, dal mondo <strong>di</strong> fuori, dalla nostra debolezza<br />

fisica e psicologica... In Timmel c’è pure un che <strong>di</strong><br />

riottoso, quin<strong>di</strong> la <strong>di</strong>mensione dell’osteria,<br />

dell’amicizia. Invece non è mai rabbioso: mi<br />

incanta che cerchi fino all’ultimo <strong>di</strong> <strong>di</strong>re che tutto<br />

è bellissimo, che l’Ospedale <strong>di</strong> San Giovanni è


meglio <strong>di</strong> Vienna. Qualche volta ha durezza, protesta,<br />

ma in modo nobile, includendo se stesso fra<br />

coloro che vorrebbe criticare.<br />

Spesso usa nelle sue opere personaggi realmente<br />

esistiti: qui Timmel ma anche Sofianopulo<br />

e Mascherini, che ha conosciuto<br />

<strong>di</strong>rettamente. È più <strong>di</strong>fficile operare creativamente<br />

su figure storiche?<br />

Ho conosciuto poco Sofianopulo, Mascherini<br />

invece era un caro amico <strong>di</strong> mio padre. Più che<br />

<strong>di</strong>fficoltà ci può essere un po’ <strong>di</strong> pregiu<strong>di</strong>zio verso<br />

chi scrive <strong>di</strong> personaggi veramente esistiti. A mio<br />

parere, che si scriva <strong>di</strong> figure reali o inventate, ciò<br />

non ha alcuna attinenza col risultato finale: un<br />

libro può essere comunque bello, brutto, capolavoro...<br />

Da sempre personaggi veri popolano la letteratura<br />

e il teatro: ne hanno scritto Schiller,<br />

Manzoni, Tolstoj... Un personaggio che ha una<br />

collocazione storica pone solo alcuni limiti<br />

all’invenzione (Tomizza, ad esempio, non avrebbe<br />

potuto dare un lieto fine a Gli sposi <strong>di</strong> via <strong>Rossetti</strong><br />

perché si sa che gli sposi furono assassinati), però<br />

credo che arte sia anche conciliare libertà con<br />

limiti <strong>di</strong> genere, <strong>di</strong> forma. Ci sono personaggi che<br />

interessano molto per il complesso della loro figura<br />

nella storia, e altri che uno prende perché colpito<br />

da un dettaglio. Per esempio Sofianopulo,<br />

qui, mi interessava proprio per la combinazione<br />

positiva <strong>di</strong> creatività, fraternità, bizzarria anche<br />

gigionesca: non c’è la pretesa <strong>di</strong> raccontare tutto<br />

il personaggio.<br />

Come <strong>di</strong>ceva Svevo, la vita è originale, più <strong>di</strong> ciò<br />

che posso inventare... Basta guardare la storia <strong>di</strong><br />

Timmel, il funerale nel giorno <strong>di</strong> capodanno, la<br />

buffa e profonda amicizia con Sofianopulo: non<br />

sono mie invenzioni. Questo è il punto: la vita<br />

può permettersi quegli ar<strong>di</strong>menti d’invenzione<br />

che farebbero apparire l’autore esagerato.<br />

Alla delicata figura <strong>di</strong> Maria, prima moglie <strong>di</strong><br />

Timmel è de<strong>di</strong>cato un commovente canto<br />

d’amore espresso attraverso le parole <strong>di</strong><br />

Euripide. Perché questa citazione?<br />

È la storia <strong>di</strong> Alcesti, che muore affinché il marito<br />

viva e della colpa dell’uomo che ne approfitta.<br />

Alcesti è simbolo <strong>di</strong> tutte o molte donne, che<br />

hanno vissuto meno, affinché il loro uomo potesse<br />

vivere <strong>di</strong> più. Sento molto questa parte d’ombra...<br />

<strong>La</strong> citazione d’Euripide avviene pure per altri<br />

motivi. Dovevo raccontare una grande figura<br />

femminile, un amore immenso e contemporaneamente<br />

colpevole, perché mescolato alla debolezza<br />

struggente e anche ignobile dell’uomo. È talmente<br />

forte in ciò il richiamo ad Alcesti, che sembrava<br />

sciocco <strong>di</strong>menticarlo. Poi la citazione è anche un<br />

argine: forse temevo scrivendo, <strong>di</strong> essere travolto<br />

dall’emotività, poiché nel testo ho metaforizzato<br />

cose estremamente e violentemente personali.<br />

Infine ritengo che esistano preziose e rare versioni<br />

poetiche d’altri, che <strong>di</strong>cono sulla nostra vita più<br />

<strong>di</strong> quanto possiamo con le nostre parole: è un po’<br />

come la preghiera, per un religioso l’Ave Maria<br />

non è meno forte e personale delle sue proprie<br />

parole. <strong>Il</strong> mio scopo non è suscitare ammirazione<br />

per me scrivente, ma che il testo <strong>di</strong>ca ciò che mi<br />

sta a cuore. Meglio se una citazione mi aiuta.<br />

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14<br />

Usa filastrocche, nenie, il <strong>di</strong>aletto, affastellando<br />

tante frazioni <strong>di</strong> linguaggio. <strong>Il</strong> testo<br />

possiede una forte musicalità...<br />

Ho pensato molto alla musica. C’è nel testo una<br />

babele <strong>di</strong> linguaggi che rivela lo spappolarsi<br />

dell’“Io” <strong>di</strong> Timmel nella follia. Timmel deve<br />

dunque possedere linguaggi <strong>di</strong>versi, deve parlare<br />

alto, sublime, folle, cattivo... <strong>Il</strong> <strong>di</strong>aletto è fra questi,<br />

e non ha nulla <strong>di</strong> folclorico, non è espressione<br />

calda della familiarità. È inteso come ventre della<br />

vita, quando si è messi faccia a faccia con lei. Le<br />

filastrocche – in parte riprese, in parte inventate –<br />

rappresentano il “non senso” della vita brada,<br />

fatta dall’accostamento non me<strong>di</strong>ato <strong>di</strong> <strong>di</strong>versi<br />

piani. <strong>La</strong> cultura alta cerca sempre una me<strong>di</strong>azione,<br />

usando un registro stilistico preciso... Per<br />

Timmel la vita pone un corto circuito violentissimo<br />

fra il sublime e il basso, fra la vita e la morte.<br />

È là che il <strong>di</strong>aletto, <strong>di</strong>struggendo il decoro, esprime<br />

una specie d’infanzia, oppure certe fasi estreme<br />

della vecchiaia, dove la vita si riduce all’osso,<br />

non ha più me<strong>di</strong>azioni e procede sul filo fra<br />

<strong>di</strong>pendenza e assoluta libertà.<br />

Molte “me<strong>di</strong>azioni” connotano invece il<br />

<strong>di</strong>rettore...<br />

All’inizio il <strong>di</strong>rettore era per me un espe<strong>di</strong>ente per<br />

“tenere assieme” la storia, ma è <strong>di</strong>ventato un personaggio<br />

complesso. Da un lato è l'alter ego <strong>di</strong><br />

Timmel e dunque dell’autore. Ma è anche un<br />

uomo retore, come lo siamo tutti quando – a <strong>di</strong>fferenza<br />

<strong>di</strong> Timmel che può stare silenzioso,<br />

accucciato a terra – dobbiamo “fare”, vivere nel<br />

mondo reale. C’è sempre un elemento <strong>di</strong> compro-<br />

messo retorico in tutto ciò che facciamo. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>rettore<br />

però ha anche la sua nobiltà. Attraverso <strong>di</strong><br />

lui non intendo certo irridere la critica figurativa<br />

o la psichiatria, e men che meno l’opera <strong>di</strong><br />

Basaglia che ho seguito con passione (del resto<br />

proprio assieme a Franco Basaglia, Michele<br />

Zanetti e Anita Pittoni pubblicai il Magico Taccuino<br />

<strong>di</strong> Timmel): desidero però ricordare che<br />

tutte le cose – perfino queste – hanno un lato un<br />

po’compromissorio e retorico. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>rettore dunque<br />

deve essere così: ha scadenze, responsabilità,<br />

impegni. Io stesso, mentre scrivo un libro, mi<br />

sento un po’ falso rispetto qualunque accattone<br />

che si presenta in strada senza schermi... <strong>Il</strong> <strong>di</strong>rettore<br />

non è un personaggio assoluto, è uno <strong>di</strong> noi<br />

altri.<br />

Marginalità: per Timmel una <strong>di</strong>mensione<br />

totale e drammatica. In quale misura un<br />

intellettuale può vivere la marginalità, nel<br />

confrontarsi con la realtà attuale?<br />

Ritengo che nessuno sia più al centro del mondo:<br />

anche chi vive a New York, nella Quinta Strada,<br />

che è forse il posto più importante del pianeta,<br />

per capire il mondo deve sentirsi un periferico.<br />

Così sentiva Joseph Roth. Guai però ad avere il<br />

compiacimento della marginalità, che è interessante<br />

solo se chi la vive cerca <strong>di</strong>speratamente <strong>di</strong><br />

capire la realtà e <strong>di</strong> portarsi al centro. È come il<br />

piccolo: non è che “small is beautiful”. <strong>Il</strong> piccolo<br />

non è né brutto né bello: è la nostra con<strong>di</strong>zione. <strong>Il</strong><br />

cortile dove ho giocato da bambino non era il<br />

giar<strong>di</strong>no <strong>di</strong> Versailles, ma non per questo era per<br />

forza più bello <strong>di</strong> Versailles. <strong>Il</strong> fatto è che anche in


un piccolo cortile un bambino trova il gioco, la<br />

cultura, l’amicizia, trova cioé il grande. Trova il<br />

Mondo. Penso poi che il de<strong>di</strong>carsi a certe forme<br />

d’espressione anziché ad altri tipi <strong>di</strong> lavoro non<br />

sia <strong>di</strong> per sé garanzia <strong>di</strong> capire meglio il mondo:<br />

la marginalità rispetto alla vita, il sentirsi in<br />

<strong>di</strong>sparte, è una <strong>di</strong>sposizione umana. Timmel è un<br />

caso un po’ particolare: la sua marginalità coesiste<br />

col fatto che egli è stato un vero artista. Ma<br />

non l’ho scelto per questo. Nel testo ho dato poco<br />

spazio alla sua grandezza d’artista: m’interessa<br />

infatti non tanto la sua arte, ma il modo in cui la<br />

vive.<br />

Abbiamo infine chiesto a Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong>,<br />

un’impressione a caldo dopo la prima del 26<br />

marzo...<br />

Sono felice, e quasi turbato. A parte il mio testo,<br />

sul quale non spetta certo a me dare giu<strong>di</strong>zi, mi<br />

riconosco in pieno in questa splen<strong>di</strong>da messa in<br />

scena, che – nell’interpretazione, nelle scene,<br />

nella musica e nel ritmo musicale <strong>di</strong> tutto lo spettacolo<br />

– dà voce a tanti strati, echi, risonanze<br />

della storia che ho cercato <strong>di</strong> scrivere. L’interpretazione<br />

<strong>di</strong> Herlitzka è <strong>di</strong> una ricchezza, <strong>di</strong> una<br />

varietà, <strong>di</strong> una intensità incre<strong>di</strong>bili, perfette;<br />

Maranzana dà straor<strong>di</strong>naria, possente voce e<br />

corpo a un personaggio fondamentale e <strong>di</strong>fficile,<br />

credo, da portare in scena, nel <strong>di</strong>alogo con un<br />

interlocutore – il protagonista – che è dall’altra<br />

parte della vita; trovo molti bravi tutti gli altri, a<br />

cominciare da Marco Casazza (che interpreta un<br />

altro personaggio essenziale come il <strong>di</strong>rettore),<br />

agli altri, che spesso, anche solo con un gesto, con<br />

una battuta, con una mossa <strong>di</strong> ballo giungono al<br />

cuore.<br />

Non credo che il mio giu<strong>di</strong>zio sia parziale. È<br />

ovvio che io sia felice che Calenda abbia messo in<br />

scena con tanta maestria e poesia il mio testo, ma<br />

semmai un autore è più facilmente sospettoso,<br />

criticone, incontentabile, viziato da come ha<br />

immaginato i suoi personaggi quando li inventava<br />

sulla carta, insi<strong>di</strong>ato dal narcisismo sempre<br />

insod<strong>di</strong>sfatto. Posso esprimere liberamente la mia<br />

ammirazione perché la bellezza <strong>di</strong> una rappresentazione<br />

è una creazione a sé, che può riuscire o<br />

fallire in<strong>di</strong>pendentemente dal testo. In certi<br />

momenti, taluni gesti <strong>di</strong> Herlitzka, inflessioni <strong>di</strong><br />

15


16<br />

voce o espressioni del viso mi hanno fatto scoprire<br />

nuove sfumature, nuovi sentimenti e lati del personaggio<br />

– <strong>di</strong> un personaggio tanto <strong>di</strong>verso da me<br />

ma che ha tanto <strong>di</strong> me. È emozionante sentire le<br />

proprio parole che, dette e vissute da altri, appartengono<br />

anche a loro, s’incarnano in forme<br />

nuove, fanno la loro vita con fedeltà a chi le ha<br />

pensate la prima volta ma anche liberamente, un<br />

po’ come accade con i figli. Tanto più questo<br />

tocca il cuore, quando si tratta <strong>di</strong> un testo che,<br />

come <strong>La</strong> Mostra, è strettamente legato, pur nella<br />

totale invenzione <strong>di</strong> situazioni e figure, al profondo<br />

sentimento e vissuto <strong>di</strong> chi l’ha scritto.<br />

Sono stato fortunato e sono assai grato a tutti gli<br />

autori <strong>di</strong> questo nostro spettacolo. Cercherò <strong>di</strong><br />

rivedere lo spettacolo il più spesso possibile. Ho la<br />

sensazione <strong>di</strong> vivere un’avventura comune a tutti<br />

coloro che lo hanno realizzato, mi sento insieme a<br />

loro, parte dello stesso equipaggio, come in quei<br />

romanzi <strong>di</strong> Conrad, in cui i marinai, in ogni traversata,<br />

attraversano insieme la vita.


note dei collaboratori


Bozzetto <strong>di</strong> scena<br />

<strong>di</strong> Pier Paolo Bisleri


Note sulla scenografia e sui costumi <strong>di</strong> Pier Paolo Bisleri<br />

Lo spazio, in cui si sarebbero dovuti muovere gli<br />

attori/personaggio immaginati dall’autore, <strong>di</strong>viene<br />

per me, il luogo mentale, la stratificazione dei<br />

ricor<strong>di</strong> che accompagna il percorso drammaturgico<br />

<strong>di</strong> Timmel.<br />

Immaginare questo spazio, la collocazione tri<strong>di</strong>mensionale<br />

della scena all’interno della Sala<br />

Bartoli, luogo non convenzionale, del Politeama<br />

<strong>Rossetti</strong> <strong>di</strong> Trieste, si è <strong>di</strong><strong>mostra</strong>ta subito un’interessante<br />

sfida ed una giustissima scelta da parte<br />

del regista. Era necessario immaginare e realizzare<br />

un luogo in cui il pubblico non era solo spettatore<br />

<strong>di</strong>staccato, ma sarebbe dovuto <strong>di</strong>venire parte<br />

fondamentale e partecipe all’azione drammaturgica,<br />

con la propria presenza così vicina alla<br />

scena. Essere parte della scena.<br />

Dall’ingresso, lo spettatore, è accompagnato<br />

attraverso un corridoio museale, labirintico spazio<br />

oscuro, in cui appaiono immagini, i primi<br />

quadri <strong>di</strong> Timmel e che introduce alla sala della<br />

rappresentazione.<br />

Lo spazio è semplice, minimale. È un rettangolo<br />

nero, buio, collocato frontalmente al pubblico. È<br />

il luogo dei ricor<strong>di</strong>, la mente, lo spazio neroblunero<br />

<strong>di</strong> Timmel. Un pavimento <strong>di</strong> pietra, una zona<br />

rialzata – il palcoscenico/stanza – con le gran<strong>di</strong><br />

finestre della cella manicomiale <strong>di</strong> Timmel.<br />

<strong>La</strong> mia necessità era quella <strong>di</strong> de-strutturare i<br />

luoghi dell’azione. Ecco così, che la trattoria “da<br />

Erminio”, la stanza con il letto/macchina dello<br />

psichiatrico <strong>di</strong> San Giovanni e il Cimitero in cui<br />

viene sepolto l’Artista <strong>di</strong>vengono sculture/oggetto,<br />

rappresentano tautologicamente se stesse, sono<br />

neroblunero, come il colore amato da Timmel.<br />

Luogo mentale che, successivamente, si aprirà<br />

all’azione, per farci approdare alla realtà, con i<br />

fantasmi – Baconiani – del periodo della segregazione<br />

presso lo psichiatrico triestino.<br />

19


Note sulla composizione<br />

delle musiche<br />

L’osteria “da Erminio” e gli echi della cultura<br />

mitteleuropea, i cori popolari e i valzer trasfigurati<br />

secondo stilemi novecenteschi… Ne <strong>La</strong><br />

<strong>mostra</strong>, la musica possiede - fin dal momento<br />

della concezione strutturale del testo – un ruolo<br />

significativo, una presenza che oltrepassa i limiti<br />

della funzione <strong>di</strong> commento.<br />

E fin dall’inizio appare naturale che essa – coerentemente<br />

all’intero dramma, costruito ed<br />

espresso attraverso un affastellarsi <strong>di</strong> brandelli <strong>di</strong><br />

ricor<strong>di</strong>, citazioni, memorie popolari, momenti lirici<br />

– si sviluppi lungo <strong>di</strong>verse <strong>di</strong>rezioni.<br />

Quella ad esempio del recupero e della riproposta<br />

filologica <strong>di</strong> musiche della tra<strong>di</strong>zione triestina,<br />

citate dall’autore; quella dell’invenzione <strong>di</strong> musiche<br />

sulla falsariga delle canzoni popolari, un’operazione<br />

à la mianière de; quella infine che guarda<br />

alla tra<strong>di</strong>zione colta mitteleuropea, e a tutto un<br />

universo <strong>di</strong> forme compositive, affini al climax<br />

della Trieste fra Ottocento e Novecento, che fa da<br />

sfondo alla vicenda <strong>di</strong> Vito Timmel.<br />

Oltre alla <strong>di</strong>mensione legata alla tra<strong>di</strong>zione popolare<br />

dunque, ho proceduto nella composizione<br />

isolando alcuni contesti, no<strong>di</strong> <strong>di</strong> particolare tensione<br />

drammatica: il contesto del manicomio, ad<br />

esempio, tutto caratterizzato da una musica quasi<br />

esclusivamente ritmica, che permette ai malati <strong>di</strong><br />

scan<strong>di</strong>re alcune filastrocche. Particolarmente suggestivo<br />

nell’ambito del manicomio è il coro delle<br />

se<strong>di</strong>e: un momento originale, tutto giocato nella<br />

<strong>di</strong>mensione della surrealtà. Mi ha <strong>di</strong>vertito creare<br />

una partitura che rendesse plausibile un coro <strong>di</strong><br />

se<strong>di</strong>e, che improvvisamente si animano, si muovono<br />

e soprattutto cantano... <strong>Il</strong> loro ingresso asseconda<br />

il clima della sorpresa e ricorda certe com-<br />

<strong>di</strong> Germano Mazzocchetti<br />

posizioni degli anni Quaranta, dall’aura leggera<br />

un po’ da Trio Lescano. Gli altri interventi delle<br />

se<strong>di</strong>e sono invece costruiti come una sorta <strong>di</strong> solfeggio<br />

ritmico su un’armonia <strong>di</strong> sapore strawinskiano.<br />

Differente è il pathos dei brani che riguardano la<br />

rievocazione <strong>di</strong> Alcesti, strettamente legati alla<br />

trage<strong>di</strong>a euripidea: abbiamo scelto <strong>di</strong> trattare i<br />

cori come quelli <strong>di</strong> una trage<strong>di</strong>a greca, trasmettendo<br />

emozioni profonde. Gli interventi cantati <strong>di</strong><br />

Timmel-Herlitzka invece tendono a straniarsi da<br />

tale clima: basta pensare alla piccola romanza<br />

ironica “O viso, o corpo”, che si richiama al<br />

melodramma ottocentesco, o al Lied finale “Sì<br />

<strong>di</strong>menticar”.<br />

Dettata da questa duplicità fra musiche d’ispirazione<br />

popolare e stilemi colti, è anche la scelta<br />

degli strumenti usati: la fisarmonica e il violino,<br />

che pur essendo <strong>di</strong> derivazione popolare permettono<br />

<strong>di</strong> trascolorare facilmente nell’ambito <strong>di</strong> linguaggi<br />

musicali d’estrazione <strong>di</strong>versa.<br />

21


<strong>La</strong> Mostra<br />

fotografie <strong>di</strong> Tommaso Le Pera


<strong>di</strong>retto da Antonio Calenda<br />

Roberto Herlitzka<br />

<strong>La</strong> Mostra<br />

<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong> regia <strong>di</strong> Antonio Calenda<br />

con la partecipazione <strong>di</strong> Mario Maranzana<br />

scene e costumi Pier Paolo Bisleri musiche Germano Mazzocchetti<br />

luci Nino Napoletano suono Carlo Turetta<br />

personaggi e interpreti<br />

Direttore Marco Casazza<br />

Vito Timmel Roberto Herlitzka<br />

Sacerdote Manuel Fanni Canelles<br />

Cesare Sofianopulo Mario Maranzana<br />

Marcello Mascherini Maurizio Zacchigna<br />

Avventore Igor Pison<br />

Professor Campitelli Maurizio Soldà<br />

Professor Baroni Alessandro Mizzi<br />

Coro dei Matti<br />

Stefano Bembi, <strong>La</strong>ura Bussani, Manuel Fanni-Canelles<br />

Antonio Kozina, Alessandro Mizzi, Igor Pison, Maurizio Zacchigna<br />

Inserviente Maurizio Soldà<br />

Fisarmonica Stefano Bembi<br />

Violino Antonio Kozina<br />

Voce fuori campo e suggeritore Guido Penne<br />

Aiuto regista Roberta Torcello Assistente ai costumi Serena Boccardelli<br />

Assistente ai movimenti coreografici Luciano Pasini<br />

Direttore <strong>di</strong> scena Giuliano Gionchetti Capo macchinista Massimo Tatarella<br />

Attrezzista Flavio Dogani Capo elettricista Alessandro Macorigh<br />

Fonico Borut Vidau Sarta Benedetta Schepis<br />

Direttore d'allestimento Paolo Giovanazzi<br />

<strong>La</strong> scena è stata realizzata dal <strong>La</strong>boratorio del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia, Daco srl, Starc Enterprise<br />

Capo costruttore Giorgio Zar<strong>di</strong>ni Costruzioni in ferro Ra<strong>di</strong>voi Zobin<br />

Decorazione pittorica Flavio Dogani<br />

Elettricisti d'allestimento Massimo Carli, Roberto Starec, Antonio Di Giuseppe<br />

I costumi sono stati realizzati dalla Sartoria Arrigo srl e dal <strong>La</strong>boratorio del Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia<br />

Capo sarta Benedetta Schepis Sarta Marina Kobau<br />

Calzature Epoa Tele Peroni Trasporti Nuova Cooperativa Alfa1<br />

Riproduzione quadri Technograph foto <strong>di</strong> scena Tommaso Le Pera<br />

Si ringraziano la Fondazione Teatro Lirico “Giuseppe Ver<strong>di</strong>” e Antonio Sofianopulo<br />

prima rappresentazione Trieste, Sala Bartoli, 26 marzo 2003<br />

25


Roberto Herlitzka


il “coro dei matti”<br />

Stefano Bembi<br />

<strong>La</strong>ura Bussani<br />

Manuel<br />

Fanni Canelles<br />

Antonio Kozina<br />

Alessandro Mizzi<br />

Igor Pison<br />

Maurizio Zacchigna


da sinistra<br />

Maurizio Zacchigna<br />

Alessandro Mizzi<br />

Roberto Herlitzka<br />

Maurizio Soldà<br />

Mario Maranzana<br />

Roberto Herlitzka<br />

Mario Maranzana


<strong>La</strong>ura Bussani


Roberto Herlitzka


Roberto Herlitzka


Mario Maranzana


Maurizio Zacchigna<br />

Igor Pison


Marco Casazza


Alessandro Mizzi<br />

Roberto Herlitzka<br />

Mario Maranzana<br />

Maurizio Zacchigna


Manuel<br />

Fanni Canelles<br />

Maurizio Zacchigna<br />

Igor Pison<br />

<strong>La</strong>ura Bussani<br />

Alessandro Mizzi<br />

Stefano Bembi<br />

Antonio Kozina


Vito Timmel - “Fochi”<br />

collezione Museo Revoltella - Trieste


al <strong>di</strong> là della “finzione”:<br />

i personaggi della “Timmel & Co.”


54<br />

Vito Timmel - “il viandante”<br />

collezione privata


I cinque personaggi<br />

della “Timmel & Co.”<br />

Fino ad almeno due decenni dopo la fine della<br />

seconda guerra mon<strong>di</strong>ale, gli artisti triestini –<br />

soprattutto quelli figurativi, pittori e scultori –<br />

avevano mantenuto la tra<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> ritrovarsi in<br />

“santuari” benevolmente – e generosamente –<br />

accoglienti.<br />

L’ultimo, forse, è stata quella “spezieria” che<br />

Velic aveva aperto in via della Geppa e dove –<br />

attorno ai pochi tavoli e sulle pareti – si ritrovava<br />

quella che allora era l’ultima generazione, dei<br />

pittori Livio Rosignano e Marino Sormani e dello<br />

scultore Marino Carne. <strong>La</strong> “spezieria” aveva<br />

introdotto una caratteristica ignota a Trieste, ma<br />

largamente <strong>di</strong>ffusa in tutto il Friuli, <strong>di</strong> tenere solo<br />

vino <strong>di</strong> qualità e <strong>di</strong> aprire una bottiglia anche per<br />

servire soltanto un bicchiere (non pagato – nel<br />

caso degli artisti).<br />

Meno raffinato il panorama enologico <strong>di</strong> un’osteria,<br />

tra le due gallerie, in via Risorta, dove la personalità<br />

<strong>di</strong> maggiore spicco era quella del musicista<br />

Mario Bugamelli con i “sodali” Glauco Del<br />

Basso, pianista e critico musicale, e Fabio<br />

Todeschini, poeta, figlio dell’autore del libretto de<br />

<strong>Il</strong> trittico musicato da Antonio <strong>Il</strong>lesberg. Anche<br />

Del Basso e Bugamelli avevano scritto e musicato<br />

una “comme<strong>di</strong>a musicale” intitolata “Luluria”<br />

(c’è qualcuno che pensa <strong>di</strong> recuperare questo<br />

spartito <strong>di</strong> uno dei maggiori compositori triestini<br />

<strong>di</strong> tutti i tempi?).<br />

Ma il ritrovo più rinomato – e celebrato –<br />

nell’imme<strong>di</strong>ato primo dopoguerra era il ristorante<br />

“Venturi alla luce”, nella centralissima Piazza<br />

Goldoni (ove vi è subentrata una grande torrefazione):<br />

il “maitre” era celebre per i suoi piatti<br />

“alla fiamma” (non so con quanto senso<br />

<strong>di</strong> Guido Botteri<br />

dell’umorismo manderà tutti due i suoi figli, e<br />

collaboratori, a fare il servizio militare nei vigili<br />

del fuoco). Rimaneva aperto fino a notte inoltrata<br />

e i giornalisti che uscivano dalla tipografia <strong>di</strong> via<br />

Silvio Pellico, per un “piatto caldo” e l’ultimo<br />

bicchiere <strong>di</strong> vino vi ritrovavano i rappresentanti<br />

della più fertile stagione dell’arte figurativa, a<br />

Trieste: Nino Perizi, Federico Righi, Dino<br />

Predonzani e quello che ormai era <strong>di</strong>ventato il<br />

“guru” dell’Arte a Trieste, lo scultore Marcello<br />

Mascherini. Le altissime pareti del “Ristorante<br />

alla luna” erano tutte tappezzate o da fotografie<br />

con autografo e de<strong>di</strong>ca <strong>di</strong> cantanti lirici e attori <strong>di</strong><br />

prosa (quello <strong>di</strong> piazza Goldoni era uno dei pochi<br />

ristoranti aperti “dopoteatro”) o <strong>di</strong> opere firmate<br />

dagli artisti triestini, alcune delle quali nate proprio<br />

sulle tavole imban<strong>di</strong>te (dove è andato a finire<br />

questo patrimonio <strong>di</strong> memoria e d’arte?), a<br />

“saldo” delle consumazioni.<br />

Se nel secondo dopoguerra i “santuari” erano<br />

rappresentati da più o meno prestigiose osterie, a<br />

cavallo della prima grande guerra – come ci <strong>di</strong>ce<br />

Giani Stuparich, nel suo Trieste nei miei ricor<strong>di</strong> –<br />

gli artisti, pittori e scultori, ma anche scrittori e<br />

poeti si ritrovano al mitico “Caffè Garibal<strong>di</strong>”,<br />

aperto al pianterreno del municipio, in Piazza<br />

Grande (nel dopoguerra “dell’Unità”), per poi<br />

passare tutti al vicino “Bar Nazionale”, per collettiva<br />

solidarietà con un cameriere ingiustamente<br />

– secondo gli artisti – licenziato dal gestore. <strong>Il</strong><br />

“cenacolo” del “Caffè Garibal<strong>di</strong>” vede presenti,<br />

oltre agli Stuparich, Italo Svevo, Umberto Saba,<br />

Virgilio Giotti, Bobi Bazlen, lo scultore Ruggero<br />

Rovan (che Stuparich, nel suo volume uscito nel<br />

1948 giu<strong>di</strong>cava non adeguatamente apprezzato)<br />

55


Vito Timmel - “Disegni dal labirinto”<br />

per gentile concessione <strong>di</strong> Antonio Sofianopulo e Na<strong>di</strong>a Bassanese


e il pittore Giorgio Bolaffio. «Anche Timmel –<br />

aggiunge Stuparich – si sedeva spesso al nostro<br />

tavolo sfoderando violenti paradossi nel suo gergo<br />

scolorito e sboccato». Può essere che Timmel<br />

abbia incontrato Saba nelle sale del caffè: nel<br />

1919 si ritroveranno nello splen<strong>di</strong>do, restaurato,<br />

“Cinema Italia”, Timmel come autore della decorazione<br />

e dell’eccezionale ciclo delle “Maschere”,<br />

Saba come gestore del nuovo cinematografo,<br />

incarico che gli aveva affidato il cognato, l’impresario<br />

Wölfer-Lupi.<br />

Fino all’avvento del Fascismo gli artisti triestini<br />

avevano anche una sede “istituzionale”-corporativa,<br />

dove si ritrovavano: “<strong>Il</strong> Circolo Artistico”.<br />

Fondato nel 1884 da tutti i maggiori pittori e<br />

scultori triestini dell’epoca, ma anche dall’èlite<br />

degli architetti, dal 1891 ha sede nell’elegante e<br />

spaziosa “sala Fenice” progettata da Ruggero<br />

Berlam (che <strong>di</strong>viene anche presidente del<br />

Circolo). In quegli anni ha più <strong>di</strong> 600 soci.<br />

All’allestimento della nuova sede partecipano, tra<br />

gli altri, anche i pittori Vito Timmel e Cesare<br />

Sofianopulo, i due protagonisti della Mostra <strong>di</strong><br />

<strong>Magris</strong>, anche nella versione teatrale allestita dal<br />

Teatro Stabile <strong>di</strong> Prosa della regione Friuli-<br />

Venezia Giulia, per la regia <strong>di</strong> Tonino Calenda. Al<br />

Circolo Marcello Mascherini presenterà – ma<br />

Gian Matteo Campitelli<br />

qualche decennio dopo, nel 1925, e in altra sede<br />

– la sua prima personale.<br />

<strong>Magris</strong> configura una sorta <strong>di</strong> “sodalizio” intorno<br />

a Timmel formato oltre che da Sofianopulo (<strong>di</strong><br />

cui è storicamente assodata l’attenzione che ebbe<br />

nei confronti dell’infelice collega, specialmente<br />

negli ultimi anni della sua esistenza, dal 14 luglio<br />

del 1946, quando viene ricoverato per l’ultima<br />

volta al manicomio <strong>di</strong> San Giovanni, sino alla<br />

morte, avvenuta alle ore 9.45 del primo gennaio<br />

del 1949), anche da due altri docenti <strong>di</strong> storia<br />

dell’arte-pittori come Gian Matteo Campitelli e<br />

Renato Baroni ed un artista della nuova generazione:<br />

lo scultore Marcello Mascherini, che è nato<br />

a U<strong>di</strong>ne nel 1906 ed è più giovane degli altri<br />

quattro <strong>di</strong> 18-20 anni.<br />

Uno dei luoghi d’incontro – prima dell’internamento<br />

– è l’osteria “<strong>La</strong> Sardella”, in via Delle<br />

Vecchie Beccherie, citato da Timmel nel suo<br />

Magico taccuino, che scrive tra la metà degli anni<br />

Venti e il 1936 (e sarà pubblicato, nel 1973,<br />

dallo Zibaldone <strong>di</strong> Anita Pittoni, con saggi <strong>di</strong><br />

Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong>, dei coniugi Basaglia e <strong>di</strong> Michele<br />

Zanetti).<br />

Anche se è impensabile che alla “Sardella” abbiano<br />

mai messo piede lo “snob” Sofianopulo o il<br />

“baciapile” Campitelli, il delineato “sodalizio<br />

Timmel & Co.” ha comunque tutte le caratteristiche<br />

delle tra<strong>di</strong>zionali aggregazioni degli artisti<br />

triestini: pluralismo <strong>di</strong> culture e <strong>di</strong> identità nazionali<br />

(Timmel è un tedesco, nato a Vienna,<br />

Sofianopulo è <strong>di</strong> nazionalità e <strong>di</strong> citta<strong>di</strong>nanza<br />

greca, Campitelli è un istriano – è nato a Valle, a<br />

pochi chilometri da Pola con ascendenti<br />

dell’Italia centrale, Baroni è un trentino della Val<br />

57


58<br />

Vito Timmel - “Le tre carrozze”<br />

collezione privata


<strong>La</strong>garina e Mascherini è un friulano, che a quattro<br />

anni si trasferisce, con la famiglia, a Trieste);<br />

pluralismo <strong>di</strong> tendenza artistica (Baroni, come<br />

presidente del Circolo Artistico “assorbito”<br />

dall’“Associazione fascista delle Belle Arti” e<br />

quin<strong>di</strong> ritornato al vecchio nome, è il catalizzatore<br />

delle posizioni più conservatrici, mentre<br />

Campitelli presiede il sindacato democratico<br />

costituito dagli artisti più “progressisti”; Timmel<br />

fa parte a sé, richiamandosi piuttosto ai suoi<br />

maestri austriaci, Klimt in testa; Sofianopulo –<br />

che, come fantasia creativa potrebbe essere il più<br />

vicino al pittore nato a Vienna – non fa testo perché<br />

la famiglia gli proibisce <strong>di</strong> vendere i suoi quadri);<br />

pluralismo religioso (Sofianopulo, malgrado<br />

il suo irriverente scettiscismo fa parte della comunità<br />

religiosa greco-ortodossa, partecipando ai riti<br />

nella chiesa <strong>di</strong> via San Nicolò, che si trova vicino<br />

alla sua abitazione; Campitelli, che era partito da<br />

posizioni ateiste, approda ad un’intensa religiosità<br />

cattolica e promuove, negli anni Trenta, le<br />

prime Mostre d’arte sacra; Mascherini nel secondo<br />

dopoguerra si avvicinerà alla massoneria).<br />

Anche i percorsi formativi dei cinque hanno tutta<br />

una serie <strong>di</strong> coincidenze, che possono essere servite,<br />

se contemporanee, ad approfon<strong>di</strong>re l’amicizia<br />

e la solidarietà, artistica ed umana, e comunque a<br />

Marcello Mascherini<br />

con l’attore Ottorino Guerrini<br />

durante le prove <strong>di</strong><br />

“Assassinio nella Cattedrale”<br />

farli sentire “affini”, soprattutto per i tre quasi<br />

coetanei (Timmel è del 1886, Campitelli ha due<br />

anni meno <strong>di</strong> lui e Sofianopulo tre): Timmel frequenta,<br />

a Trieste, dal 1901 al 1905, la celebrata<br />

“Scuola per capi d’arte”, che così profonde tracce<br />

lascerà in intere generazioni <strong>di</strong> artisti e <strong>di</strong> artigiani<br />

triestini; nella stessa prestigiosa “scuola”<br />

Campitelli vi entra come allievo (probabilmente<br />

nella stessa sezione per “pittori e decoratori”,<br />

scelta da Timmel, e <strong>di</strong>retta da Eugenio<br />

Scomparini) e quin<strong>di</strong> vi ritorna come insegnante,<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>segno e <strong>di</strong> storia dell’Arte; analogo il percorso<br />

<strong>di</strong> Sofianopulo e nelle stesse aule approderà –<br />

ma ormai siamo nel 1919 – anche Mascherini.<br />

Come tutti gli artisti giuliani <strong>di</strong> quegli anni<br />

(prima cioè della caduta dell’Impero austroungarico)<br />

anche “Timmel & Co.” completano e<br />

perfezionano gli stu<strong>di</strong> nei maggiori centri culturali<br />

tedeschi, Timmel e Campitelli a Vienna,<br />

Sofianopulo a Monaco <strong>di</strong> Baviera (ma anche a<br />

Parigi), Mascherini sarà allievo <strong>di</strong> uno scultore<br />

formatosi nella capitale austriaca.<br />

<strong>La</strong> consuetu<strong>di</strong>ne artistico-professionale è altro<br />

terreno d’incontro tra i cinque: anzitutto il sindacato,<br />

retto prima da Campitelli e poi da<br />

Mascherini, che non è solo l’organo <strong>di</strong> rappresentanza<br />

corporativa, ma anche – e soprattutto –<br />

promotore ed organizzatore <strong>di</strong> mostre e rassegne<br />

collettive; Campitelli e Sofianopulo esercitano<br />

anche la critica militante, il primo per il quoti<strong>di</strong>ano<br />

promosso dal Governo Militare anglo-americano,<br />

<strong>Il</strong> Giornale Alleato, che esce a Trieste, e<br />

l’altro sulle pagine triestine del quoti<strong>di</strong>ano u<strong>di</strong>nese,<br />

Messaggero Veneto.<br />

Malgrado tutte queste “coincidenze” e affinità,<br />

59


60<br />

Vito Timmel - “Comme<strong>di</strong>a”<br />

per gentile concessione del Consorzio Culturale del Monfalconese


estano fortissime le caratterizzazioni dei singoli<br />

personaggi (s’intende della loro reale identità).<br />

Anzitutto Vito Timmel, o meglio Vittorio von<br />

Thümmel (e non c’è bisogno <strong>di</strong> Freud per spiegare<br />

perché i suoi “sogni” <strong>di</strong>pinti negli anni 1943-<br />

44, durante il primo ricovero all’ospedale psichiatrico<br />

siano firmati con il cognome originale,<br />

scomparso in tutta la produzione precedente).<br />

Figlio <strong>di</strong> un nobile tedesco e <strong>di</strong> una contessa friulana,<br />

che a Trieste (dove la famiglia si trasferisce<br />

da Vienna, quando il piccolo Vito-Vittorio ha<br />

quattro anni) apre un’atelier <strong>di</strong> moda. Alla<br />

meningite avuta da bambino sarà attribuita<br />

anche la malattia mentale che lo porterà alla<br />

morte. <strong>Il</strong> primo matrimonio dura soltanto quattro<br />

anni, perché la moglie muore <strong>di</strong> tbc. L’unico<br />

figlio emigrerà in Cile, dove <strong>di</strong>venterà coreografo:<br />

in manicomio una delle ossessioni <strong>di</strong> Timmel è<br />

rappresentata dal desiderio <strong>di</strong> raggiungere il<br />

figlio in Sud America.<br />

<strong>La</strong> “scheda sanitaria” compilata nel novembre<br />

del 1945 al manicomio triestino (e pubblicata nel<br />

prezioso volumetto Vito Timmel, e<strong>di</strong>to nel 1985<br />

da Na<strong>di</strong>a Bassanese) ne dà un ritratto, che non è<br />

solo sanitario: «ha condotto sempre vita sregolata;<br />

si dava al bere smodatamente; da un anno<br />

progressivo indebolimento della memoria e <strong>di</strong>so-<br />

Cesare Sofianopulo<br />

rientamento e fatti demenziali; i suoi <strong>di</strong>pinti<br />

dell’ultimo tempo hanno l’impronta dell’infantilismo;<br />

cambia rapidamente <strong>di</strong> proposito, associa<br />

molto superficialmente».<br />

Personaggio altrettanto ricco <strong>di</strong> risvolti è Cesare<br />

Sofianopulo. Figlio <strong>di</strong> un greco commerciante <strong>di</strong><br />

“zibibe” (anche Demetrio Carciotti aveva fatto<br />

fortuna, a Trieste, con il commercio dell’uva<br />

passa, fino al punto <strong>di</strong> costruirsi il magnifico<br />

palazzo neoclassico sulle Rive) che volendo accrescere<br />

<strong>di</strong> prestigio era passato all’export-import.<br />

Un genitore così rigido aveva “accettato” che il<br />

figlio Cesare stu<strong>di</strong>asse, in Germania ed in<br />

Francia, da artista, a patto che non si piegasse al<br />

commercio “poco <strong>di</strong>gnitoso” dei suoi lavori pittorici.<br />

Evidentemente questo rigido genitore non<br />

considerava “indecoroso” che uno dei red<strong>di</strong>ti più<br />

sicuri per Cesare gli provenisse dagli affitti della<br />

sua casa in Cittavecchia, in via del Fortino, pagati<br />

dai gestori delle case <strong>di</strong> tolleranze.<br />

<strong>La</strong> fedeltà alla nazionalità greca gli darà il vantaggio<br />

<strong>di</strong> un posto sicuro alla Biennale <strong>di</strong> Venezia,<br />

nel pa<strong>di</strong>glione del Regno <strong>di</strong> Grecia, ma gli costa il<br />

mancato incarico <strong>di</strong> docente perché straniero, sia<br />

sotto l’Austria che sotto l’Italia, e il mancato<br />

matrimonio con un’insegnante triestina con la<br />

quale conviveva da anni e che, sposandolo,<br />

avrebbe perso il posto <strong>di</strong> lavoro, perché <strong>di</strong>ventata<br />

citta<strong>di</strong>na straniera.<br />

Considerava, come suo modello, anche d’eleganza,<br />

Gabriele D’Annunzio. Eleganza che gli era<br />

valso – così credeva, in un primo momento –<br />

l’applauso dei colleghi dell’Accademia <strong>di</strong> Parigi,<br />

che lo accoglie al grido <strong>di</strong> “Voilà le comte!”.<br />

Sofianopulo pensava che lo paragonassero a un<br />

61


62<br />

Vito Timmel - “Arlecchino”<br />

per gentile concessione del Consorzio Culturale del Monfalconese


nobile, un conte appunto, mentre i suoi colleghi<br />

l’avevano definito un “con”. “Ecco el mona!” è la<br />

traduzione che lo stesso Sofianopulo dava al saluto,<br />

raccontando l’episo<strong>di</strong>o.<br />

Intelligente, raffinato e poliglotta Sofianopulo è il<br />

primo traduttore, in versi italiani, dei Fiori del<br />

male <strong>di</strong> Baudelaire e <strong>di</strong> alcuni poeti greci contemporanei.<br />

Celebri sono rimasti i bigliettini che aveva appiccato,<br />

<strong>di</strong> notte, sui muri del centro città e fatto<br />

“volantinaggio” al teatro Ver<strong>di</strong>, scritti con la sua<br />

inconfon<strong>di</strong>bile scrittura “liberty” e riferiti al<br />

generale inglese, governatore militare <strong>di</strong> Trieste:<br />

“Airey is money”.<br />

Sono questi due – Timmel e Sofianopulo – che<br />

negli ultimi tragici anni del pittore austriaco<br />

danno vita a quella che <strong>Magris</strong> definisce una<br />

“buffa e profonda amicizia”.<br />

È Sofianopulo che va a visitarlo, quasi quoti<strong>di</strong>anamente,<br />

a San Giovanni; che lo riporta al manicomio<br />

dopo un’avventurosa fuga dallo<br />

Psichiatrico; che tiene informati figlio e moglie<br />

(la seconda, sposata nel 1922); che gli porta cibi<br />

e indumenti.<br />

E Timmel contraccambia, de<strong>di</strong>candogli “con<br />

saluti cor<strong>di</strong>ali” i <strong>di</strong>segni dei suoi “sogni”.<br />

<strong>La</strong> Mostra <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong> – il libro e lo spetta-<br />

Una veduta del Teatro del Cantiere Navale<br />

Triestino <strong>di</strong> Panzano.<br />

Le tavole <strong>di</strong> Vito Timmel, che si credevano<br />

perdute, sono state ritrovate nell’autunno<br />

del 2000. Attualmente è in corso<br />

il restauro delle opere a cura del<br />

Consorzio Culturale del Monfalconese,<br />

che ne ha acquisito la proprietà<br />

colo – ha anche il merito <strong>di</strong> aver posto l’accento<br />

su questa struggevole amicizia tra due gran<strong>di</strong><br />

artisti.<br />

63


i commenti sul testo


Daniela Giovanetti


Colloquio su “<strong>La</strong> <strong>mostra</strong>”<br />

Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong>: [...] Come è nato questo libro?<br />

Come ricordava Daniele, nella mia ossessiva<br />

fedeltà mi sono ripetutamente accostato, negli<br />

anni passati, alla figura <strong>di</strong> Timmel, quel notevole<br />

pittore, <strong>di</strong>ciamo grosso modo liberty, nato a<br />

Vienna e morto a Trieste nel 1949 in manicomio,<br />

il quale ha scritto un geniale e delirante taccuino<br />

(trascritto, in certi casi quasi “tradotto” dalla sua<br />

viva voce da Anita Pittoni, che gli era vicina)<br />

mentre stava venendo <strong>di</strong>sgregato psichicamente,<br />

taccuino da cui ho preso qualche frammento. Mi<br />

interessava questa figura <strong>di</strong> randagio, <strong>di</strong> fuggiasco,<br />

questo “io” sempre in bilico fra il <strong>di</strong>sgregarsi<br />

e il tenersi insieme, tra il non essere più nessuno<br />

(o essere soltanto una manciata <strong>di</strong> atomi, <strong>di</strong> frantumi<br />

<strong>di</strong>sgregati che si perdono nel niente) e l’essere<br />

invece ancora una personalità forte, riottosa,<br />

caparbia. Soprattutto mi interessava e mi interessa<br />

il suo destino (un po’ come quello <strong>di</strong> Enrico<br />

Mreule, il protagonista <strong>di</strong> Un altro mare, che sono<br />

molto grato a Daniele <strong>di</strong> aver ricordato), Timmel<br />

è una <strong>di</strong> quelle personalità che cercano <strong>di</strong> <strong>di</strong>fendersi<br />

dalla <strong>di</strong>fficoltà o talora dall’insostenibilità <strong>di</strong><br />

vivere rifugiandosi nell’apatia, in una regale e<br />

anarchica auto<strong>di</strong>struzione.<br />

Personalità troppo sensibili che cercano <strong>di</strong> spegnere<br />

questa sensibilità che li fa soffrire: come<br />

qualcuno che chiudesse gli occhi <strong>di</strong> fronte allo<br />

splendore <strong>di</strong> un mare troppo intenso, che gli<br />

ricorda come la vita dovrebbe essere e che dunque<br />

gli risulta insostenibile. Allora si chiudono gli<br />

occhi, ci si ottunde; si cerca l’apatia, la sottrazione,<br />

l’insignificanza, quasi la non esistenza, per<br />

non soffrire troppo sentendo sulla propria carne<br />

quello che si potrebbe, che si dovrebbe e si vor-<br />

<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong><br />

e Daniele Del Giu<strong>di</strong>ce<br />

rebbe essere. Rendere opaca la vita, per soffrire<br />

un po’ <strong>di</strong> meno della mancanza della vita vera.<br />

Sono esistenze, come quella <strong>di</strong> Timmel, anarchiche;<br />

l’anarchismo <strong>di</strong> chi cerca <strong>di</strong>speratamente un<br />

or<strong>di</strong>ne per venir liberato dal peso della libertà e<br />

della responsabilità. Così Timmel, assolutamente<br />

anarchico, finisce per esaltare perfino il fascismo,<br />

per vagheggiare un’infanzia in cui si è beati perché<br />

si obbe<strong>di</strong>sce, perché si è liberi dal peso delle<br />

libertà e ci si abbandona ai propri sogni. Anche il<br />

coro delle se<strong>di</strong>e nasce da questo sentimento, dal<br />

desiderio <strong>di</strong> essere una cosa: una cosa - come una<br />

se<strong>di</strong>a - anche quando la si sbatte non soffre, gli<br />

spigoli della realtà non le fanno male, come fanno<br />

male a chi vive. C’è come un desiderio <strong>di</strong> essere<br />

stati piuttosto che <strong>di</strong> essere, per soffrire <strong>di</strong> meno,<br />

cercando <strong>di</strong> amputarsi <strong>di</strong> ciò che fa soffrire <strong>di</strong><br />

più.<br />

A parte i lunghi anni in cui, <strong>di</strong> tanto in tanto,<br />

come è stato ricordato, mi sono occupato <strong>di</strong><br />

Timmel (scrivendone all’inizio degli anni Settanta<br />

sul “Corriere della Sera”, pubblicando insieme a<br />

Franco Basaglia, Anita Pittoni, e Michele Zanetti<br />

il suo Magico taccuino e scrivendone l’introduzione,<br />

facendolo apparire <strong>di</strong> scorcio pure in<br />

Microcosmi), il libro è nato da una spinta, da<br />

un’occasione precisa. Io ho sempre bisogno, in<br />

qualche modo, <strong>di</strong> qualche stimolo esterno, anche<br />

occasionale, che funga per così <strong>di</strong>re da levatrice,<br />

che porti alla superficie qualcosa che certo c’era<br />

già prima in me, ma forse magari solo oscuramente,<br />

e che altrimenti forse non sarebbe giunto<br />

all’espressione. Anche Danubio, Un altro mare,<br />

Microcosmi, o Le voci sono nati da questa mescolanza<br />

<strong>di</strong> un interesse profondo e <strong>di</strong> una causa<br />

67


68 prossima, <strong>di</strong> un’occasione stimolante. Più <strong>di</strong> due<br />

anni fa, Fabio Nieder, musicista triestino che vive<br />

e opera fra Trieste e la Germania, dove fra l’altro<br />

la sua musica incontra un particolare successo,<br />

mi ha cercato (prima ci conoscevamo poco, credo<br />

che ci fossimo incontrati solo una volta o due brevemente)<br />

e mi ha proposto <strong>di</strong> fare insieme a lui<br />

un’opera su Timmel. Lui avrebbe scritto la musica<br />

e io il testo.<br />

Gli ho risposto subito <strong>di</strong> no; ho riba<strong>di</strong>to poco<br />

dopo il no, ma ho cominciato a pensarci, a girare<br />

dentro <strong>di</strong> me questa idea e tutto questo ha fatto<br />

emergere con violenza, dentro <strong>di</strong> me, la storia e il<br />

destino <strong>di</strong> Timmel e un particolare significato che<br />

esso mi sembrava assumere, in qualche modo,<br />

quale specchio, nonostante le enormi <strong>di</strong>ssomiglianze<br />

e antitesi, <strong>di</strong> me steso.<br />

Sono molto grato a Nieder, e non soltanto per<br />

questa spinta iniziale, ma perché nei numerosi e<br />

sempre più intensi e fraterni incontri che ho<br />

avuto con lui ho imparato molte cose; dalla<br />

nostra conversazione, dallo scambio <strong>di</strong> idee, è<br />

nata una certa tensione fantastica, una specie <strong>di</strong><br />

ribollente laboratorio creativo, senza il quale non<br />

avrei scritto questo libro. <strong>La</strong> nostra collaborazione<br />

è stata singolare, in quanto ognuno è andato<br />

per la sua strada, <strong>di</strong>versamente da ciò che succede<br />

<strong>di</strong> solito. Abitualmente, quando un musicista e<br />

uno scrittore collaborano, l’uno fa da spalla<br />

all’altro; il musicista si mette al servizio <strong>di</strong> chi<br />

scrive il testo, componendogli magari le musiche<br />

<strong>di</strong> scena, oppure, cosa ben più frequente, chi scrive<br />

il libretto si pone al servizio del musicista e gli<br />

scrive le scene o le parole <strong>di</strong> cui egli ha bisogno.<br />

Noi invece abbiamo proceduto ognuno per pro-<br />

prio conto, tanto è vero che io ho scritto questo<br />

testo e lui sta componendo un’opera, in cui utilizzerà<br />

come crederà quello che io ho scritto, traendone<br />

un libretto che potrà conservare tali e quali<br />

alcune mie battute o scene, ma mo<strong>di</strong>ficarne altre<br />

o tralasciarne altre magari per me fondamentali.<br />

Credo del resto che ogni collaborazione realmente<br />

creativa sia paritetica, un <strong>di</strong>alogo che avviene<br />

quando ci si pone, con apertura e <strong>di</strong>sponibilità al<br />

rischio, l’uno <strong>di</strong> fronte all’altro. Per quel che<br />

riguarda questa atmosfera creativa, senza la<br />

quale tante cose <strong>di</strong> questo libro non sarebbero<br />

nate, sono anche debitore a Paolo Bozzi, a Pino<br />

Roveredo (quanti incontri con Fabio Nieder e<br />

Paolo Bozzi, nelle osterie e birrerie triestine!) e a<br />

qualche amico e amica cui ho fatto leggere il testo<br />

finito e che mi hanno dato preziosi suggerimenti,<br />

soprattutto mi hanno suggerito preziosi tagli.<br />

Qualche consigliere e/o consigliera segreta è<br />

anche presente in questa sala.<br />

Ho scritto, come sempre mi succede, questo testo<br />

<strong>di</strong> getto, in modo selvaggio, senza un piano preciso,<br />

tranne l’idea generale; personaggi, scene, episo<strong>di</strong><br />

mi sono anche nati via via, mentre scrivevo,<br />

senza che mi fossero presenti prima. Ho finito<br />

questa stesura, <strong>di</strong>ciamo così selvaggia nel Natale<br />

1999, l’ho lasciata riposare per molti mesi, poi è<br />

cominciato il lavoro puntiglioso <strong>di</strong> correzione,<br />

controllo, rifinitura, potatura; un preciso lavoro<br />

razionale dopo il momento selvaggio. Finché,<br />

pochi giorni fa, è uscito il libro.<br />

Questa è la sua storia esterna. Alla scrittura del<br />

libro hanno concorso pure dei fattori curiosi,<br />

anche ambivalenti. <strong>Il</strong> destino, la vita, il modo <strong>di</strong><br />

essere, <strong>di</strong> sentire e <strong>di</strong> pensare <strong>di</strong> Timmel mi sono,


ovviamente, lontanissimi; sono anzi, sotto molti<br />

aspetti, l’opposto <strong>di</strong> me. Ma in qualche modo è<br />

stato come se avessi trovato uno specchio deforme<br />

o deformante, in cui mi sono riconosciuto e che<br />

mi ha permesso <strong>di</strong> <strong>di</strong>re certe cose che altrimenti<br />

forse non sarei riuscito a <strong>di</strong>re. Talvolta si scrivono<br />

libri che sono come la nostra fotografia; rileggendoli,<br />

uno si riconosce in essi, trova in essi ciò che<br />

egli pensa del mondo, la sua concezione e il suo<br />

sentimento della vita. Ma ci sono dei libri che si<br />

scrivono e che sono un po’ come il negativo della<br />

nostra fotografia. Libri che non <strong>di</strong>cono le nostre<br />

risposte ai problemi della vita, ma che fanno sentire<br />

intensamente le domande su quei problemi<br />

che noi ci poniamo nel nostro profondo, anche se<br />

<strong>di</strong>amo loro risposte <strong>di</strong>verse; libri che <strong>di</strong>cono non<br />

solo quello che siamo, ma quello che potremmo,<br />

vorremmo o temiamo <strong>di</strong> essere; che <strong>di</strong>cono le<br />

nostre ossessioni, cui magari non indulgiamo<br />

nella nostra vita pratica e nella elaborazione della<br />

nostra visione del mondo. Libri che esprimono<br />

una visione del mondo che non potremmo certo<br />

firmare, come se fosse la nostra, ma in cui sentiamo<br />

risuonare, magari in<strong>di</strong>rettamente, tante possibili,<br />

sognate, temute, esorcizzate o represse visioni<br />

del mondo nascoste dentro <strong>di</strong> noi. Io credo <strong>di</strong><br />

assomigliare un po’ al protagonista <strong>di</strong> Danubio e<br />

a quello <strong>di</strong> Microcosmi, vorrei assomigliare a<br />

quello del Conde, non assomiglio affatto nel mio<br />

comportamento e nei miei sentimenti (a parte<br />

l’amore per il mare) a Enrico Mreule, ma le<br />

domande che egli si pone nel suo intimo le sento<br />

fortemente, sono le mie domande, anche se le mie<br />

risposte sono ra<strong>di</strong>calmente <strong>di</strong>verse.<br />

Un altro problema è costituito dalla scrittura <strong>di</strong><br />

questo testo, che è molto <strong>di</strong>versa da quella della<br />

maggior parte delle cose che ho scritto. Forse<br />

ricorda un po’, per certi versi, Stadelmann, o<br />

ancora <strong>di</strong> più Le voci, per qualche aspetto anche<br />

Un altro mare. Ma <strong>La</strong> <strong>mostra</strong> ha una scrittura<br />

molto più violenta, dura e visionaria, spezzata, in<br />

certi momenti forse anche ardua, <strong>di</strong>fficile. Ci<br />

sono, in quello che scrivo, come due scritture. C’è<br />

quella che cerca <strong>di</strong> capire il mondo, <strong>di</strong> rendersi<br />

ragione dei suoi fenomeni, <strong>di</strong> collocare i singoli<br />

destini, anche dolorosi, sullo sfondo della totalità<br />

del mondo, e del suo significato, che dunque in<br />

qualche modo li me<strong>di</strong>a. È una scrittura avvolgente,<br />

con perio<strong>di</strong> ipotattici ben costruiti, gerarchizzati,<br />

che pongono le cose importanti nelle frasi<br />

principali e quelle secondarie nelle subor<strong>di</strong>nate,<br />

mettendo per così <strong>di</strong>re al loro posto gli aspetti del<br />

mondo. Questo è il tipo <strong>di</strong> scrittura che ho praticato<br />

<strong>di</strong> più, sia nella narrativa, sia nella saggistica;<br />

una scrittura che vuole dare senso alle cose,<br />

collocare ogni singola esperienza, anche dolorosa,<br />

in una totalità che la comprenda e che, solo per il<br />

fatto <strong>di</strong> comprenderla, può conciliarla, ovvero<br />

inquadrarla in un contesto più ampio.<br />

C’è invece la scrittura (soprattutto, ma non solo,<br />

quella teatrale) che mi sembra <strong>di</strong>a la possibilità<br />

<strong>di</strong> rendere giustizia a certe esperienze brucianti,<br />

<strong>di</strong>rette. Una sofferenza grande, anche la nostra<br />

morte, se collocata nella storia del mondo, per il<br />

solo fatto <strong>di</strong> esservi collocata, assume un senso<br />

che non sminuisce certo la sua tragicità ma in<br />

qualche modo la mitiga. Quest’altra scrittura<br />

invece cerca <strong>di</strong> non sottrarsi alla bruciante imme<strong>di</strong>atezza,<br />

<strong>di</strong> confrontarsi con l’assolutezza <strong>di</strong> certi<br />

istanti. Ci sono dei momenti, delle sofferenze, che<br />

69


70 vengono sentite come un assoluto, come un dolore<br />

terribile. Se qualcuno ci tortura con le tenaglie<br />

roventi, in quel momento non ci interessa, non<br />

può interessarci il significato del mondo, ma<br />

viviamo l’assoluto <strong>di</strong> quel dolore fisico, e altrettanto<br />

vale per certi dolori morali; talvolta, per<br />

rendere giustizia a un fenomeno, bisogna mettersi<br />

faccia a faccia con la Medusa della vita - senza<br />

trarne una filosofia né un’ideologia della catastrofe,<br />

un pessimismo compiaciuto, una retorica della<br />

negatività. Ma collocandosi appunto faccia a faccia,<br />

a <strong>di</strong>stanza zero dalla Medusa della vita.<br />

È soprattutto il teatro che sa sbattere in faccia<br />

quello che viene <strong>di</strong>rettamente fuori dalla voce, dal<br />

cuore, dal corpo, dal gesto. E allora la scrittura si<br />

fa spezzata, rotta, come se raccogliesse delle<br />

schegge, <strong>di</strong> oggetti fatti a pezzi a colpi d’ascia,<br />

frantumi d’esistenza, <strong>di</strong> sentimenti, <strong>di</strong> vite <strong>di</strong>sgregate.<br />

Non avrei saputo scrivere <strong>La</strong> <strong>mostra</strong> in una<br />

forma <strong>di</strong> scrittura <strong>di</strong>versa, perché l’ho vissuta in<br />

un certo modo dall’interno dei personaggi. Ho<br />

l’impressione come se questo libro fosse un libro<br />

scritto dopo un <strong>di</strong>luvio; come raccogliendo relitti<br />

portati dal mare sulla riva, cose bellissime e<br />

meravigliose, porcherie, frammenti [...].<br />

Daniele Del Giu<strong>di</strong>ce: [...] L’altra parte a mio<br />

avviso fortemente drammatica, fortemente violenta<br />

a cui fa riferimento Clau<strong>di</strong>o è un vero vortice,<br />

un vero gorgo che sta nel cuore del libro, dove<br />

c’è proprio una scrittura dell’essere preso con le<br />

tenaglie, dove maggiormente emerge l’essere<br />

preso con le tenaglie, dove il dolore personale<br />

scrive <strong>di</strong>rettamente e non trova più conforto in<br />

una messa in or<strong>di</strong>ne o messa in caos o messa in<br />

<strong>di</strong>sor<strong>di</strong>ne del mondo, in un pensiero filosofico.<br />

C’è proprio un punto che è il punto <strong>di</strong> maggiore<br />

violenza <strong>di</strong> questo testo ed è vero che mai Clau<strong>di</strong>o<br />

ha trattato in maniera così violenta una situazione<br />

esistenziale <strong>di</strong> dolore. È un momento che è<br />

introdotto anche questa volta dal <strong>di</strong>rettore, inteso<br />

qui come <strong>di</strong>rettore della <strong>mostra</strong>, il quale parla<br />

della crisi <strong>di</strong> Timmel che a un certo punto smette<br />

<strong>di</strong> <strong>di</strong>pingere, ma soprattutto smette <strong>di</strong> far mostre<br />

per quasi una dozzina d’anni. Non ci sarebbe<br />

niente <strong>di</strong> male in questo, fa parte del percorso; il<br />

fatto è che la deriva che ne risulta, cioè il suo<br />

vivere nelle osterie, il suo vendere schizzetti fatti<br />

nelle osterie in cambio <strong>di</strong> vino, il suo <strong>di</strong>pingere i<br />

muri delle osterie in cambio <strong>di</strong> cibo, è una deriva<br />

totalmente <strong>di</strong> abbandono, <strong>di</strong> indegnità; finché c’è<br />

un momento <strong>di</strong> riscatto, ma questo riscatto è<br />

ancora più indegno ed è un pezzo straor<strong>di</strong>nario.<br />

Accade che la moglie <strong>di</strong> Timmel muore e questa<br />

sua deriva, questa sua impotenza trova, in qualche<br />

modo, prima <strong>di</strong> tutto una nuova <strong>di</strong>gnità, nel<br />

senso che può avere un motivo [...].<br />

[...] C’è dunque un riuso dell’indegnità trasformata<br />

in una nuova <strong>di</strong>gnità per la malattia e la<br />

morte della moglie. Questo è anche un altro tratto,<br />

ma non ne parlo in senso <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione letteraria<br />

ma <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>zione esistenziale. Anche Emilio<br />

Brentani, in Senilità, è bravissimo nel misurare la<br />

propria indegnità, conoscere la propria indegnità<br />

e riutilizzarla, passare dallo stato <strong>di</strong> vergogna<br />

profonda, trovando motivi che in qualche modo<br />

la nobilitino.<br />

C’è poi, nel momento della morte della moglie,<br />

questo notevolissimo e anche qui assai catastrofi-


co, assai drammatico vortice che riguarda appunto<br />

il tema <strong>di</strong> Alcesti, della donna che va nell’Ade,<br />

prendendo su <strong>di</strong> sé questo compito e sottraendolo<br />

invece al proprio uomo.<br />

Qui c’è una coincidenza, in senso <strong>di</strong> autobiografia<br />

rovesciata; qui c’è una partecipazione <strong>di</strong> te<br />

Clau<strong>di</strong>o come narratore molto forte la cui spia,<br />

tra l’altro, è proprio l’abbandono del <strong>di</strong>aletto, il<br />

passaggio alla lingua.<br />

71


<strong>Magris</strong>, storia del pittore<br />

che attraversò la notte scura<br />

72 È un testo che viene da lontano, <strong>La</strong> Mostra.<br />

Almeno dal 1973 della pubblicazione del Magico<br />

taccuino <strong>di</strong> Vito Timmel (1886-199) morto nel<br />

manicomio <strong>di</strong> San Giovanni a Trieste. Di sicuro<br />

dall’11 settembre 1980 quando <strong>Magris</strong> alla<br />

Fondazione Cini tiene una conversazione su<br />

L’acci<strong>di</strong>a del superuomo: il viandante <strong>di</strong> Vito<br />

Timmel e il suo taccuino magico, entro un ciclo in<br />

cui affronta i temi a lui cari del Viandante, del<br />

Fuggiasco e dell’Io <strong>di</strong>viso. Un Timmel «randagio<br />

pittore nato a Vienna e venuto a completare la<br />

sua auto<strong>di</strong>struzione a Trieste» <strong>di</strong> lunga se<strong>di</strong>mentazione,<br />

richiamato in Microcosmi col suo «miscuglio<br />

<strong>di</strong> folgoranti epifanie liriche e <strong>di</strong> singulti verbali<br />

prossimi all’afasia e sbriciolati dall’amnesia,<br />

ch’egli chiamava nostalgia, desiderio <strong>di</strong> cancellare<br />

tutti i nomi e tutti i segni che irretiscono l’in<strong>di</strong>viduo<br />

nel mondo». Ed è a quelle pagine che mi vien<br />

spontaneo rinviare il lettore che voglia riassunta<br />

con rapida intensità la figura del «viandante<br />

ribelle» Timmel, un «viandante dell’anima» che<br />

nella Mostra <strong>Magris</strong> ripropone nella cangiante<br />

eppur unitaria forma <strong>di</strong> racconto e struttura teatrale<br />

e da libretto d’opera tesa a rievocarlo in un<br />

gioco <strong>di</strong> visivi piani spaziali attraverso incroci <strong>di</strong><br />

brandelli <strong>di</strong>scorsivi <strong>di</strong> amici, personale e compagni<br />

<strong>di</strong> manicomio, avventori d’osterie, voci <strong>di</strong><br />

passanti colte dal fondo, cori e semicori <strong>di</strong> persone<br />

e oggetti (le se<strong>di</strong>e) che si trovano pure a scambiarsi<br />

i ruoli: il tutto chiamato a contrapporre lo<br />

spezzato monologo <strong>di</strong> Timmel, che nel trascorrere<br />

del testo si fa via via sempre più visionario, increpandosi<br />

anche <strong>di</strong> cadenze <strong>di</strong>alettali triestine. Un<br />

contrappunto sviluppato anche su più piani temporali:<br />

appartenendo i vari personaggi in scena<br />

<strong>di</strong> Ermanno Paccagnini<br />

all’ieri dell’imme<strong>di</strong>ato postmortem del pittore,<br />

all’altrieri presentificato dello stesso Timmel,<br />

all’oggi della <strong>mostra</strong> <strong>di</strong> suoi quadri organizzata<br />

da un <strong>di</strong>rettore <strong>di</strong> manicomio in cui s’affaccia il<br />

Franco Basaglia prefatore anche al Magico taccuino.<br />

Figure che <strong>di</strong>cono <strong>di</strong> un’altra costante <strong>di</strong><br />

<strong>Magris</strong>: l’operare creativamente su personaggi<br />

reali, come già col romanzo Un altro mare; e, qui,<br />

anche con lo scultore Marcello Mascherini e<br />

soprattutto il Cesare Sofianopulo già ricordato in<br />

Microcosmi come «pittore, poeta, traduttore <strong>di</strong><br />

Baudelaire e devoto ai tramonti sulle rive, i cui<br />

raggi inclinati a suo <strong>di</strong>re rendevano trasparenti i<br />

vestiti delle donne»: battuta che qui torna messagli<br />

<strong>di</strong>rettamente in bocca. Un operare con fedeltà<br />

– ciò che con Timmel significa appoggiarsi anche<br />

alle parole del suo “magico taccuino” (e ne è spia<br />

il «bisogna assolutamente <strong>di</strong>pendere per raggiungere<br />

l’atmosfera beata» citato in Microcosmi e<br />

riproposto nella Mostra). Ma anche con una rilettura<br />

del personaggio (in Utopia e <strong>di</strong>sincanto, scriveva<br />

<strong>di</strong> viandanza e <strong>di</strong> «esperienze <strong>di</strong> frontiera<br />

perduta o cercata» da ricostruire «nella realtà e<br />

nel cuore»). Qui: un Timmel – uomo anche del<br />

“<strong>di</strong>sincanto” – che egli appoggia e stringe a sé per<br />

riviverlo dall’interno: appropriandosene; per trasferirvisi,<br />

e per parlare in prima persona attraverso<br />

<strong>di</strong> lui. Intellettualmente, come in passato. Ma<br />

qui, nella Mostra, soprattutto emozionalmente.<br />

Una emozionalità che fa a braccio <strong>di</strong> ferro con la<br />

razionalità.<br />

Ed è tale abbraccio che carica <strong>di</strong> densità <strong>di</strong> percorsi<br />

tematici questo testo. Per raccogliere solo<br />

talune sollecitazioni: i rapporti sanità-follia e<br />

arte-follia; la follia (in passato: il suici<strong>di</strong>o) come


ifugio estremo; fuga fisica e mentale; rapporto<br />

tra “nostalgie” e “desmentegar”, ricordo e rimozione;<br />

prigionia nella libertà e libertà nella prigionia;<br />

quella “responsabilità” che impregna le pagine<br />

più recenti <strong>di</strong> Utopia e <strong>di</strong>sincanto; la colpa<br />

orginaria; il male e la sua necessità. Ma pure contrapposizione<br />

tra espressività libera e senza<br />

me<strong>di</strong>azioni (Timmel) e me<strong>di</strong>azioni devianti, come<br />

quelle del <strong>di</strong>rettore-interprete o dell’amico<br />

Sofianopulo, che s’esprime soprattutto per citazioni<br />

e stilemi classicheggianti (spesso in versi)<br />

riversati pure nelle sue versioni da Baudelaire,<br />

così narcotizzando il bohème per eccellenza.<br />

Senza <strong>di</strong>menticare il linguaggio: i felicissimi<br />

incroci tra espressività ora dotte (come lingua, e<br />

come continui calchi e citazioni: <strong>di</strong> parole e<br />

forme), ora <strong>di</strong> parlato (o cantato), ora <strong>di</strong>alettali:<br />

<strong>di</strong>stribuiti per <strong>di</strong>versi stilemi tra vari personaggi e<br />

invece fusi in Timmel.<br />

Insomma: tanti i possibili percorsi <strong>di</strong> lettura. Tutti<br />

però a fare alone quasi protettivo attorno<br />

all’aspetto «più straziato e sincero». Da libro-confessione.<br />

Che ha scelto <strong>di</strong> misurarsi «con la demonicità<br />

della vita», a partire dall’aspetto più<br />

profondamente personale. Ed è questo che fa<br />

della Mostra un atto e insieme un canto d’amore:<br />

e Timmel parla anche col Cantico dei cantici (ma<br />

pure col Qohèlet), mentre altre sue espressioni mi<br />

ricordano Giotti e Marin e altre ancora passi <strong>di</strong><br />

Marisa, la moglie e fine scrittrice. Un canto –<br />

attraverso Timmel – per una moglie, Mari(s)a,<br />

che non c’è più: riletta come Alcesti, la sposa «che<br />

muore per lui», per salvarlo dalla conoscenza<br />

«dell’orrido niente». In cui si deposita un’interrogazione<br />

scarnificata e scarnificante sui propri<br />

sentimenti: a tratti da grido mistico <strong>di</strong> noche<br />

scura.<br />

Interrogazione sul <strong>di</strong>ritto a trovare una conciliazione<br />

salvifica e facilitante tra “libertà” e “necessità”<br />

(la morte d’una persona cara).<br />

Un’interrogazione al limite (ma anche oltre)<br />

d’uno straziante senso <strong>di</strong> colpa. Non tanto<br />

dell’essere stato: ossia dei sentimenti; dell’aver<br />

succhiato la vita “da quel seno che si spolpava e<br />

sfasciava”. Quanto: senso <strong>di</strong> colpa del continuare<br />

a “essere”. A “vivere”. Anche creativamente.<br />

dal “Corriere della Sera” del 10 maggio 2001<br />

73


<strong>Magris</strong>: l’oscuro<br />

riflettersi nell’“altro”<br />

74 Ra<strong>di</strong>cato nella precoce convinzione che l’unico<br />

modo <strong>di</strong> parlare <strong>di</strong> sé, della propria esperienza,<br />

consiste nel parlare degli altri raccontandoli con<br />

gli occhi della propria identità, l’impulso a scrutare<br />

negli oscuri cunicoli della Storia, attratto da<br />

in<strong>di</strong>vidui le cui vicende, non solo letterarie, meritavano<br />

<strong>di</strong> essere meglio illuminate, Clau<strong>di</strong>o<br />

<strong>Magris</strong> l’aveva già manifestato e assolto, agli inizi<br />

della sua smagliante carriera, nei saggi de<strong>di</strong>cati<br />

alla cultura mitteleuropea. Scrittori noti appena<br />

per qualche frettolosa riga <strong>di</strong> manuali accademici,<br />

o per spora<strong>di</strong>che traduzioni, nelle sue pagine<br />

hanno trovato un rilievo degno della loro complessa<br />

umanità, del loro valore estetico.<br />

Acuto storiografo della <strong>di</strong>sarmonia, stratega della<br />

<strong>di</strong>ssonanza, rabdomante <strong>di</strong> sontuose apocalissi <strong>di</strong><br />

corpi e <strong>di</strong> anime, questo fascinoso vociano postmoderno<br />

armato <strong>di</strong> Etica e <strong>di</strong> Stile si era rivelatoai<br />

suoi lettori e forse anche a se stesso – in libri<br />

felicemente ispirati. Penso soprattutto a <strong>Il</strong> mito<br />

absburgico nella letteratura austriaca moderna<br />

(Einau<strong>di</strong>, Torino 1963 e 1988) e a Lontano da<br />

dove. Joseph Roth e la tra<strong>di</strong>zione ebraico orientale<br />

(Einau<strong>di</strong>, Torino 1971), libri in cui le frontiere<br />

geografiche venivano assunte in trasparenza al<br />

dettato letterario sia come realtà antropologiche e<br />

geopolitiche sia come ferite esistenziali e storiche.<br />

<strong>La</strong> propria scrittura <strong>Magris</strong> ha saputo <strong>di</strong>agnosticarla<br />

con icastica efficaci, quel “periodare ipotattico<br />

che cerca <strong>di</strong> inseguire e <strong>di</strong> avvolgere le contrad<strong>di</strong>zioni<br />

del mondo” (Fra il Danubio e il mare,<br />

con videocassetta, Garzanti, Milano, 2001). <strong>Il</strong><br />

sinuoso andamento e la ricchezza lessicale dello<br />

stile, l’esegesi critica <strong>di</strong> intellettuali e scrittori<br />

campiti sullo sfondo storico-culturale, andavano<br />

<strong>di</strong> Enzo Golino<br />

al <strong>di</strong> là del limpido specialismo del germanista<br />

(cattedratico prima a Torino dove ha stu<strong>di</strong>ato e si<br />

è laureato, poi a Trieste dove è nato nel 1939, e in<br />

giro per le più importanti se<strong>di</strong> universitarie non<br />

solo italiane) con un piglio narrativo <strong>di</strong> cui già si<br />

poteva intuire l’ambiziosa promessa. Ernestina<br />

Pellegrini nel saggismo <strong>di</strong> <strong>Magris</strong> avvertiva la<br />

presenza <strong>di</strong> “uno scrittore in esilio imprigionato<br />

in una gabbia saggistica (...) schiacciato contro le<br />

sue frontiere intellettuali, ma che avrebbe sempre<br />

lottato perché non avvenisse una separazione<br />

ra<strong>di</strong>cale all’interno <strong>di</strong> questa “visuale doppia”.<br />

(Epica sull’acqua. L’opera letteraria <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o<br />

<strong>Magris</strong>, Moretti e Vitali, Bergamo 1997).<br />

<strong>Magris</strong> infatti aveva dato alle stampe un breve<br />

racconto <strong>Il</strong>lazioni su una sciabola (Garzanti,<br />

Milano, 1984) accolto da critiche per lo più favorevoli,<br />

poi ristampato in varie se<strong>di</strong> e<strong>di</strong>toriali. Non<br />

fui molto persuaso da questo debutto e neppure<br />

dalla successiva prova narrativa in forma <strong>di</strong><br />

romanzo, Un altro mare, pubblicato sette anni<br />

dopo sempre da Garzanti. Anche perché nel frattempo,<br />

il mio interesse per il <strong>Magris</strong> saggista era<br />

stato ulteriormente arricchito dalla lettura <strong>di</strong><br />

Danubio (Garzanti, Milano, 1986): libro senza<br />

etichette, incrocio quasi perfetto <strong>di</strong> miti e <strong>di</strong><br />

realtà, <strong>di</strong> Storia e <strong>di</strong> storie, geniale ibrido <strong>di</strong> sensazioni<br />

in<strong>di</strong>viduali e <strong>di</strong> sensibilità collettive<br />

costruito come una metafora ideale e materiale<br />

dell’esistenza sull’eterno tema del viaggio.<br />

L’acqua del fiume, testimonianza <strong>di</strong> una <strong>di</strong>ffusa<br />

“idrofilia” dell’autore, e qui onnipresente e onnicomprensivo<br />

simbolo da sviscerare secondo i dettami<br />

<strong>di</strong> una psicoanalisi degli elementi primor<strong>di</strong>ali<br />

alla Gaston Bachelard.


<strong>La</strong> scrittura polifonica e inquieta <strong>di</strong> Danubio, un<br />

fluttuante mobile <strong>di</strong> parole, mi conquistava progressivamente<br />

– e con me ha conquistato tanti<br />

lettori, anche stranieri – <strong>di</strong>spiegando i suoni delle<br />

sue multiple sirene stilistiche; e trasmetteva quasi<br />

me<strong>di</strong>anicamente una dote precipua dell’autore: la<br />

capacità tecnica <strong>di</strong> orchestrare temi, personaggi,<br />

scritture come se stesse <strong>di</strong>rigendo una grande<br />

orchestra. Idea <strong>di</strong> cui devo ringraziare l’orecchio<br />

musicale <strong>di</strong> Luigi Baldacci che nel suo recente<br />

Trasferte (Rizzoli, Milano, 2001) l’ha applicata a<br />

Hector Bianciotti, narratore franco-italo-argentino.<br />

Per mio conto, da profano, quel gesto largo e<br />

imperioso dello scrivere <strong>di</strong> <strong>Magris</strong> in Danubio l’ho<br />

letto, ascoltato, vissuto come se fossi immerso nei<br />

colori e nelle sonorità <strong>di</strong> una sinfonia <strong>di</strong> Gustav<br />

Mahler.<br />

Altri libri ha scritto <strong>Magris</strong> prima e dopo Danubio<br />

fino agli ultimi titoli Microcosmi (Garzanti,<br />

Milano, 1997) e Utopia e <strong>di</strong>sincanto (Garzanti,<br />

Milano, 1999). E ha inaugurato il nuovo secolo<br />

con <strong>La</strong> <strong>mostra</strong> (Garzanti, Milano, 2001), testo<br />

singolare felicemente anomalo della genesi tripartita<br />

in quanto nasce – <strong>di</strong>etro sollecitazione <strong>di</strong> un<br />

musicista triestino, Fabio Nieder – come ipotesi <strong>di</strong><br />

un libretto d’opera, e si <strong>di</strong>stende in frastagliate<br />

pagine dal respiro ora teatrale ora narrativo, animoso<br />

e sperimentale concentrato dei temi cari<br />

all’autore.<br />

A cominciare dal fondatore storico, artistico, letterario<br />

della civiltà mitteleuropea <strong>di</strong> cui <strong>Magris</strong><br />

ha raccolto e ricomposto amorevolmente, grazie<br />

ai suoi abili strumenti <strong>di</strong> paleontologo <strong>di</strong> quella<br />

cultura, i brandelli più significativi. Un’ad<strong>di</strong>zione<br />

<strong>di</strong> perspicacia che ha reso attraente e in<strong>di</strong>spensa-<br />

bile la conoscenza della sua galleria <strong>di</strong> “uomini<br />

senza qualità”, parte irrinunciabile del mosaico<br />

letterario europeo. Per le cure affabulatrici del<br />

paleontologo, <strong>di</strong> frammento in frammento Vito<br />

Timmel <strong>di</strong>venta il protagonista <strong>di</strong> quell’oratorio<br />

laico che è <strong>La</strong> Mostra. <strong>Il</strong> percorso della ricostruzione<br />

è stato in<strong>di</strong>viduato da più d’un recensore,<br />

ma il più attento e circostanziato credo sia stato<br />

Ermanno Paccagnini (Corriere della sera, 10<br />

maggio 2001). Prima tappa 1973, pubblicazione<br />

del Magico taccuino <strong>di</strong> Vito Timmel nelle triestine<br />

E<strong>di</strong>zioni dello Zibaldone <strong>di</strong> Anita Pittoni,<br />

vestale della triestitu<strong>di</strong>ne, testi introduttivi <strong>di</strong><br />

<strong>Magris</strong>, dall’in<strong>di</strong>menticabile Basaglia (pioniere<br />

italiano dell’antipsichiatria) e <strong>di</strong> sua moglie<br />

Franca. Seconda tappa 11 settembre 1980, conferenza<br />

<strong>di</strong> <strong>Magris</strong> a Venezia, Fondazione Cini, sul<br />

tema L’acci<strong>di</strong>a del superuomo: il viandante <strong>di</strong><br />

Vito Timmel e il suo taccuino magico. Terza tappa<br />

della lunga incubazione è il 1997, con le pagine<br />

<strong>di</strong> Microcosmi in cui appare la figura <strong>di</strong> Timmel<br />

devastato dai fantasmi della follia, intriso <strong>di</strong> una<br />

<strong>di</strong>sperata poesia dell’esistenza che trova sbocco<br />

lancinante soltanto nel delirio. Infine, quarta<br />

tappa, 2001: <strong>La</strong> Mostra.<br />

Vito Timmel è un altro dei personaggi realmente<br />

vissuti che <strong>Magris</strong> ha evocato nelle sue invenzioni<br />

narrative proiettandone le <strong>di</strong>stonie esistenziali<br />

sull’orizzonte storico, intellettuale, sociale. Nato a<br />

Vienna nel 1886 “quasi scolaro <strong>di</strong> Klimt”, era<br />

rimasto precocemente vedovo. Nel suo ossessivo<br />

monologare ricorda la moglie con parole tenere e<br />

straziate, oppresso da un senso <strong>di</strong> colpa per<br />

l’“osceno scambio”: lui vive e Maria non più.<br />

Vibrano in questo epice<strong>di</strong>o intarsiato <strong>di</strong> immagini<br />

75


76 barocche risonanze dell’analogo lutto vissuto da<br />

<strong>Magris</strong> con la scomparsa della moglie Marisa<br />

Ma<strong>di</strong>eri.<br />

“Bohémien da strapazzo”, Tmmel incarna il rifiuto<br />

degli agi borghesi, del conformismo sociale e<br />

familiare, la ribellione dell’anarchismo. Vende i<br />

suoi quadri per una cena o un calice <strong>di</strong> vino,<br />

riducendosi a patetico zimbello <strong>di</strong> osteria.Si considera<br />

un pittore finito per almeno quin<strong>di</strong>ci anni,<br />

ma nel 1941 torna ad esporre. <strong>Il</strong> <strong>di</strong>rettore del<br />

manicomio triestino dove Timmel è stato a lungo<br />

ricoverato (fino alla morte avvenuta nel 1949), si<br />

ispira alle idee <strong>di</strong> Franco Basaglia, ma appare<br />

piuttosto un suo replicante imbecille, una caricatura<br />

dell’originale. E proprio nel manicomio –<br />

improvvisandone una funzione museale – organizza<br />

la prima <strong>mostra</strong> postuma <strong>di</strong> Timmel per<br />

ricordare l’artista che invece ha voluto vivere<br />

nella <strong>di</strong>menticanza <strong>di</strong> sé. L’intreccio <strong>di</strong> almeno tre<br />

livelli temporali, la babele linguistica <strong>di</strong> voci singole<br />

e <strong>di</strong> intermezzi corali, tracciano via via e<br />

commentano la vicenda <strong>di</strong> Timmel evocando<br />

nomi, date, amicizie, versi <strong>di</strong> Baudelaire e <strong>di</strong><br />

Euripide, filastrocche e proverbi, gemme lessicali<br />

in <strong>di</strong>aletto triestino assai espressive (“infogonà”,<br />

“desmentegar”), estasi e rabbie.<br />

Artefice <strong>di</strong> questo magma eruttato da una ispirazione<br />

densa <strong>di</strong> pathos, <strong>Magris</strong> percorre il confine<br />

tra ragione e follia sul qual vive, in bilico, il suo<br />

protagonista; nutre <strong>di</strong> storie e memorie l’amalgama<br />

quasi onirico <strong>di</strong> fantasia e realtà; esplora il<br />

<strong>di</strong>fficile crinale che separa e unisce amore e<br />

morte. Lo sguardo fisso a ogni sorta <strong>di</strong> marginalità<br />

esistenziale, geografica, culturale, <strong>Magris</strong><br />

scruta com’è suo costume, per trarne in<strong>di</strong>zi e pre-<br />

sagi, quel vuoto oscuro generato dalla per<strong>di</strong>ta del<br />

centro, motore <strong>di</strong> ogni decadenza, gran<strong>di</strong>osa o<br />

infima che sia.<br />

Per<strong>di</strong>ta <strong>di</strong> cui anche Timmel patisce, vittima del<br />

lutto e della demenza, <strong>di</strong> una Storia troppo<br />

schiacciante per le sue gracili spalle, per la sua<br />

tempra evanescente. Con la strenua luci<strong>di</strong>tà che<br />

lo <strong>di</strong>stingue, <strong>Magris</strong> ha chiarito in una intervista a<br />

Franco Marcoal<strong>di</strong> la fase creativa <strong>di</strong> quest’ultimo<br />

periodo e quin<strong>di</strong> anche la fase che ha presieduto<br />

alla scrittura <strong>di</strong> <strong>La</strong> Mostra. Ho come l’impressione<br />

che per me, in questo momento, l’unica possibilità<br />

<strong>di</strong> scrivere inventando consista nel raccogliere<br />

schegge <strong>di</strong> cose fatte a pezzi con l’ascia. Si<br />

va sulla riva del mare e si vede che alcune <strong>di</strong><br />

quelle schegge sono meravigliose e altre delle porcherie.<br />

E le si mette insieme. Naturalmente sono<br />

consapevole del fatto che tutto ciò fa a pugni con<br />

un’altra parte della mia natura: morale, intellettuale,<br />

sistematica. (<strong>La</strong> Repubblica, 6 giugno<br />

2001).<br />

Natura che <strong>Magris</strong> aveva già delineato in “due<br />

componenti molto <strong>di</strong>verse, antitetiche e contrad<strong>di</strong>torie”<br />

in una lettera a Ernestina Pellegrini precisando<br />

la componente epica [...] omerica e tolstoiana:<br />

il senso, nonostante tutto, dell’unità della<br />

vita del mondo […]. E, all’opposto, il senso<br />

kafkiano, il senso del negativo, del frammento,<br />

del nulla; il desiderio <strong>di</strong> sparire, la sensazione <strong>di</strong><br />

non poter rappresentare, il silenzio, l’assenza,<br />

l’oblio”. (Epica sull’acqua).<br />

Non vorrei eccedere i simbolismi né produrre<br />

oscure glosse dov’è chiara sentenza. Comunque,<br />

non si potrà negare che persino nell’intervista che<br />

ho citato <strong>Magris</strong> senta il bisogno <strong>di</strong> parlare del


mare a proposito <strong>di</strong> un libro, <strong>La</strong> Mostra, dove il<br />

mare, sia pure incidentalmente, è <strong>di</strong> nuovo presente,<br />

evocato dal pittore Cesare Sofianopulo,<br />

amico <strong>di</strong> Timmel e autore <strong>di</strong> una brutta traduzione<br />

dei Fiori del male, da Timmel medesimo, dal<br />

coro nel suo ultimo intervento rivolto appunto a<br />

Timmel: Tu, uomo libero senza nome – Niente ha<br />

nome, miliar<strong>di</strong> <strong>di</strong> atomi senza nome, i punti non<br />

hanno nome, sei entrano nel mare, le gocce non<br />

hanno nome, grande ad<strong>di</strong>o <strong>di</strong> nessuno a nessuno….<br />

Simbolo “della prova, della sfida”, il mare per<br />

<strong>Magris</strong> “è soprattutto legato all’immagine<br />

dell’eros, dell’amore, della posizione <strong>di</strong>stesa orizzontale,<br />

in abbandono”. (Fra il Danubio e il<br />

mare). Tutto nasce dal mare, acqua in continuo<br />

movimento, e tutto ritorna al mare, immagine<br />

della vita e della morte <strong>di</strong> cui <strong>La</strong> Mostra è una<br />

serrata rappresentazione <strong>di</strong>alettica. Siamo<br />

nell’ambito largamente praticato <strong>di</strong> valori mitici<br />

accertati e co<strong>di</strong>ficati. L’ascia anche, strumento <strong>di</strong><br />

lotta e <strong>di</strong> lavoro, ha numerosi significati simbolici:<br />

usata dagli dei del cielo e della tempesta per<br />

combattere le forze nemiche: attributo <strong>di</strong> San<br />

Giuseppe in quanto falegname; gli In<strong>di</strong>ani del<br />

Nord America, <strong>di</strong>ssotterrandola, manifestavano<br />

così la decisione <strong>di</strong> entrare in guerra; deposta alla<br />

ra<strong>di</strong>ce <strong>di</strong> un albero è il simbolo del Giu<strong>di</strong>zio<br />

Universale… e il catalogo non finisce qui. L’ascia<br />

si avventa sulle cose e le riduce in frantumi <strong>di</strong><br />

<strong>Magris</strong>, una funzione che nella sua fantasia mitica<br />

potrebbe rappresentare la storia, motore <strong>di</strong><br />

creazioni e <strong>di</strong> rovine, <strong>di</strong> significato e <strong>di</strong> nonsenso,<br />

del tutto e del Nulla. Non a caso <strong>La</strong> Mostra racconta<br />

allegoricamente, con la “frantumazione <strong>di</strong><br />

tutte le forme letterarie organizzate” (Marcoal<strong>di</strong>),<br />

un punto in cui tutto è finito, l’io, la storia, il<br />

Mondo. Mai come in <strong>La</strong> Mostra, nella sua eterogenea<br />

e ancorché imperfetta drammaturgia,<br />

<strong>Magris</strong> ha filtrato in piena autonomia la lezione<br />

<strong>di</strong> Nietzsche e <strong>di</strong> Musil che da prospettive <strong>di</strong>verse<br />

enunciano l’assenza <strong>di</strong> “un soggetto unitario che<br />

possa abbracciare, selezionare e unificare il molteplice<br />

da una prospettiva superiore e dunque<br />

afferrare il modo nell’unità della frase”. Un pensiero<br />

frequente nell’opera <strong>di</strong> <strong>Magris</strong> – qui ricavato<br />

dalla sua lezione inaugurale al Collège de France,<br />

Parigi, 25 ottobre 2001 (Corriere della Sera, 26<br />

ottobre 2001) – e che scolpisce il tema dominante<br />

del libro: il naufragio dell’Io nel mare della vita,<br />

sbattuto in quello sfasciume che è la Storia. Non è<br />

dunque un paradosso il fatto che la creatività letteraria<br />

<strong>di</strong> <strong>Magris</strong>, nelle pagine non strettamente<br />

saggistiche, si esprima in modo più convincente<br />

in un testo per così <strong>di</strong>re fratturato, sparso nelle<br />

mille schegge <strong>di</strong> uno specchio rotto come <strong>La</strong><br />

Mostra, anziché in altri titoli dall’andamento narrativo<br />

e stilistico più lineare. L’occasione marcatamente<br />

letteraria <strong>di</strong> questo incontro fiorentino<br />

sollecita a non lasciare in ombra la figura del<br />

<strong>Magris</strong> politico e intellettuale, anzi intellettuale<br />

politico: definizione che non significa certamente<br />

organicità a un partito, a uno schieramento, alla<br />

politica politicante dei corridoi <strong>di</strong> Montecitorio,<br />

dei teatrini me<strong>di</strong>atici. <strong>Magris</strong> è stato in<br />

Parlamento, eletto al Senato “quale rappresentante<br />

<strong>di</strong> un movimento inventato” <strong>di</strong> cui era<br />

l’unico iscritto. Lui stesso ha raccontato la singolare<br />

vicenda (<strong>La</strong> rivista dei Libri, n.2, febbraio<br />

2000) che la <strong>di</strong>ce lunga sul suo modo <strong>di</strong> parteci-<br />

77


78 pare ai destini della cosa pubblica. <strong>Magris</strong> si è<br />

schierato, dentro e fuori l’istituzione parlamentare,<br />

sia pure lavorando in sintonia con il<br />

Centrosinistra, sempre e solo con le proprie idee,<br />

animate da spiriti liberaldemocratici, o socialdemocratici<br />

non collocabili in schemi precostituiti.<br />

E lo <strong>di</strong><strong>mostra</strong> un caso macroscopico, il suo intervento<br />

del 1975 contro l’aborto, come aveva fatto<br />

Pasolini, con argomentazioni ben <strong>di</strong>verse per<br />

finezza, grazia, intelligenza e responsabilità civile<br />

da quelle molto più rozze d’impronta talebanica<br />

manifestate da alcuni fronti politici d’allora.<br />

Altro esempio: le riflessioni sul terrorismo, la<br />

paura, il coraggio dopo l’attentato dell’11 settembre<br />

2001 alle Twin Towers le ho interpretate<br />

come un’alta lezione <strong>di</strong> neoumanesimo occidentale<br />

che deve fronteggiare i demoni da esso stesso<br />

creati. Infine, la denuncia (Corriere della sera, 30<br />

novembre 2001) che non si può essere in<strong>di</strong>fferenti<br />

al Male, così motivando l’intenzione <strong>di</strong> togliere la<br />

sua foto dalla parete del caffè triestino – il glorioso<br />

Caffè San Marco, “arca <strong>di</strong> Noè della Mitteleuropa”<br />

– dove ha passato ore e ore a scrivere i<br />

suoi articoli, i suoi libri, a parlare con gli studenti,<br />

perché il locale avrebbe ospitato un <strong>di</strong>battito a<br />

cui partecipava una ex SS della Divisione<br />

Charlemagne. Per definire l’atteggiamento <strong>di</strong><br />

<strong>Magris</strong> verso la politica ricordo volentieri un pensiero<br />

<strong>di</strong> Lionello Trilling, un intellettuale americano<br />

<strong>di</strong> tendenze liberali […] il nostro destino, bene<br />

o male, è politico. Non è quin<strong>di</strong> un destino felice,<br />

anche se può suonare eroico, ma non v’è modo <strong>di</strong><br />

sfuggirlo, e l’unico modo <strong>di</strong> sopportarlo sta<br />

nell’introdurre a forza nella nostra definizione<br />

della politica ogni attività umana ed ogni detta-<br />

glio <strong>di</strong> tutte le attività umane. Nel fare questo vi<br />

sono evidenti pericoli, ma pericoli anche maggiori<br />

vi sono nel non farlo. Se non insistiamo che la<br />

politica è immaginazione ed intelligenza sono<br />

fatti politici, e d’un genere che non gra<strong>di</strong>remo<br />

affatto”. (Lionel Trilling, <strong>La</strong> letteratura e le idee,<br />

Einau<strong>di</strong>, Torino, 1962).<br />

Si sarà capito, da questa lunga citazione, che<br />

l’idea <strong>di</strong> politica che a mio giu<strong>di</strong>zio unisce <strong>Magris</strong><br />

e Trilling non è quella che abbiamo sotto gli occhi<br />

quoti<strong>di</strong>anamente né quella praticata negli ambulacri<br />

vespeschi <strong>di</strong> Porta a porta. Del resto, analizzando<br />

il linguaggio etico-politico <strong>di</strong> <strong>Magris</strong>, risulta<br />

senz’ombra <strong>di</strong> dubbio la sua <strong>di</strong>stanza dalle formule<br />

correnti del gergo politico. E credo sarebbe<br />

d’accordo l’autore <strong>di</strong> Utopia e <strong>di</strong>sincanto<br />

(Garzanti, Milano 1999) nell’apprezzare l’opinione<br />

<strong>di</strong> V.S. Naipaul incastonata nel <strong>di</strong>scorso<br />

d’accettazione del Premio Nobel 2001 per la<br />

Letteratura: “Là dove il gergo trasforma le questioni<br />

vive in astrazioni e là dove il gergo finisce<br />

per competere con il gergo, il popolo non ha una<br />

causa. Ha soltanto nemici”. (Leggere e scrivere,<br />

Adelphi, Milano, 2002). Vorrei terminare, e chiedo<br />

licenza, con un ricordo personale che riguarda<br />

il mare, ancora il mare, amniotico protagonista<br />

delle narrazioni <strong>di</strong> <strong>Magris</strong>, culla primor<strong>di</strong>ale in<br />

cui le marginalità da lui narrate cercano <strong>di</strong> riacquistare<br />

il senso del centro perduto. Nel novembre<br />

1991 (Millelibri n.47, ora in Sottotiro, 48<br />

stroncature, Manni, Lecce 2002, pag, 26, e a<br />

pagina 189 la replica <strong>di</strong> <strong>Magris</strong> <strong>di</strong>eci anni dopo)<br />

pubblicai una severa recensione <strong>di</strong> Un altro mare<br />

e ho già detto che il romanzo non mi aveva persuaso.<br />

Per due volte nel corso dell’articolo sba-


gliai il titolo: scrissi L’altro mare. Ai redattori<br />

della rivista Millelibri il lapsus sfuggì e io stesso<br />

me ne accorsi solo quanto un giornalista del settimanale<br />

<strong>Il</strong> sabato mi accusò dell’errore dopo avermi<br />

incluso tra i cospiratori <strong>di</strong> un complotto e<strong>di</strong>toriale<br />

anti-<strong>Magris</strong>, campione della concorrenza<br />

giornalistica. Cercai <strong>di</strong> ricostruire i motivi del<br />

lapsus e trovai una plausibile spiegazione. Nel<br />

periodo in cui mi accingevo a scrivere la recensione<br />

<strong>di</strong> Un altro mare riguardavo alcuni libri <strong>di</strong><br />

<strong>Magris</strong> e tra essi L’altra ragione. Tre saggi su<br />

Hoffmann (E<strong>di</strong>zioni Stampatori, Torino 1978):<br />

questo titolo può avermi indotto a scrivere L’altro<br />

mare. Ma più ancora il lapsus può essere stato<br />

provocato dal fatto che in quel medesimo tempo<br />

leggevo e rileggevo le poesie <strong>di</strong> Emily Dickinson,<br />

la segregata del New England. Mare e fiumi non<br />

mancano nelle sue liriche: ne cito una, bellissima:<br />

«<strong>Il</strong> mio fiume corre a te -/azzurro mare, mi vorrai<br />

ricevere?/ <strong>Il</strong> mio fiume è in attesa <strong>di</strong> risposta - /Ti<br />

prego mare, accoglimi benigno! /Ti porterò<br />

ruscelli/ dai nascon<strong>di</strong>gli umbratili – Mare, ti<br />

prego – pren<strong>di</strong>mi!».<br />

Ero sicuro che <strong>Magris</strong> fosse consapevole <strong>di</strong> questa<br />

<strong>di</strong>mensione acquatica <strong>di</strong>ckinsoniana, <strong>di</strong> grande<br />

forze simbolica, anche senza averne scritto. Tanto<br />

sicuro da non cercare tra i suoi testi se vi fossero<br />

pagine su Emily. Non pensai invece che il titolo<br />

Un altro mare potesse derivare letteralmente da<br />

un testo della Dickinson, che pure avevo sotto gli<br />

occhi. E inconsapevolmente saltai l’ostacolo annidato<br />

come un fantasma nei miei an<strong>di</strong>rivieni<br />

<strong>Magris</strong>-Dickinson-<strong>Magris</strong>. Se l’ispirazione ci sia<br />

stata non lo so, e quando ho interpellato <strong>Magris</strong><br />

lui ne aveva negato recisamente l’eventualità.<br />

Peraltro, all’uscita <strong>di</strong> Un altro mare, intervistato<br />

da Giulio Nascimbeni (Corriere della sera, 15 settembre<br />

1991), <strong>Magris</strong> spiegò il significato del<br />

titolo senza alcun riferimento alla Dickinson. <strong>Il</strong><br />

mio nodo mentale <strong>di</strong> trasferì in un lapsus e arbitrariamente<br />

venne fuori L’altro mare, cioè il mare<br />

<strong>di</strong> <strong>Magris</strong>. E mi sembra d’obbligo a questo punto<br />

de<strong>di</strong>care a voi, pubblico, e a <strong>Magris</strong>, dopo aver<br />

derubato spazio a <strong>La</strong> <strong>mostra</strong> e al suo mare, i versi<br />

<strong>di</strong> Emily che sono all’origine del lapsus: “Come se<br />

il mare separandosi/svelasse un altro mare/questo<br />

un altro, ed i tre/solo il presagio fossero/d’un infinito<br />

<strong>di</strong> mari/non visitati da riva/il mare stesso al<br />

mare fosse riva – questo è l’eternità”. Sarebbe<br />

troppo cercare in questi versi tra “mari”, “presagio”,<br />

“infinito”, “eternità”, la cifra nel tappeto<br />

che <strong>di</strong>stingue la ricerca <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong>?<br />

Sarebbe una forzatura indebita allineare quelle<br />

quattro parole al lessico che scorre nel tessuto<br />

verbale dello scrittore triestino? Certamente: le<br />

parole sono <strong>di</strong> tutti, quali più e quali meno o per<br />

nulla fraterne, vanno e vengono, partono e ritornano<br />

in circuiti insondabili, mosse da ragioni<br />

spesso impren<strong>di</strong>bili. Ma quelle parole, in cui<br />

<strong>Magris</strong> riconoscerebbe un suono fraterno oltre le<br />

parole stesse, richiamano uno sguardo sul mondo<br />

– il suo – che <strong>di</strong> libro in libro costruisce un’epica<br />

laicità della finitu<strong>di</strong>ne.<br />

da “<strong>Il</strong> Piccolo” del 13 settembre 2002. <strong>Il</strong> testo è<br />

stato scritto da Enzo Golino per la presentazione<br />

de “<strong>La</strong> <strong>mostra</strong>” <strong>di</strong> <strong>Magris</strong> alla Biblioteca<br />

Comunale Centrale <strong>di</strong> Firenze.<br />

79


<strong>Magris</strong> si rivela<br />

<strong>di</strong> Cesare De Michelis<br />

abbacinante poeta del dolore<br />

80 <strong>La</strong> <strong>mostra</strong>, l’ultimo libro <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong>, è <strong>di</strong>f-<br />

ficile da descrivere: è scritto come un testo teatrale,<br />

nel senso che i personaggi parlano ciascuno in<br />

prima persona e all’autore resta lo spazio delle<br />

<strong>di</strong>dascalie, ma il lettore sente <strong>di</strong> trovarsi <strong>di</strong> fronte<br />

a qualcosa <strong>di</strong> più che a una rappresentazione,<br />

perché doppio è il tempo e il luogo in cui subito<br />

precipitiamo.<br />

Per un verso c’è un presente che si interroga su<br />

un’esperienza, forte <strong>di</strong> una sapienza intellettuale<br />

che pretende <strong>di</strong> interpretarla e persino <strong>di</strong> giu<strong>di</strong>carla,<br />

ma alla fine è costretto a riconoscere il suo<br />

patetico scacco, non senza qualche sottile ironia<br />

sulla funzione liberatrice dell’intelligenza e della<br />

cultura; per l’altro c’è un passato che riconquista<br />

a sprazzi la scena, forte soltanto <strong>di</strong> un’intrinseca<br />

vitalità, <strong>di</strong> un’insopprimibile effervescenza, <strong>di</strong><br />

una lacerante drammaticità.<br />

Persino strutturalmente il testo è compreso tra un<br />

prologo e un epilogo che stentano a contenenrne<br />

la <strong>di</strong>rompente liricità, il <strong>di</strong>sperato lamento esistenziale,<br />

l’instabile resistere sulla soglia tra<br />

nostalgia e smemoratezza, tra razionalità e follia.<br />

Protagonista del libro è il pittore triestino Vito<br />

Timmel, attivo nella prima metà del ‘900, destinato<br />

a perdersi nelle nebbie dell’auto<strong>di</strong>struzione e<br />

a precipitare nel delirio della follia.<br />

Di Timmel <strong>Magris</strong> cominciò a occuparsi una trentina<br />

<strong>di</strong> anni fa, non senza qualche <strong>di</strong>ffidenza<br />

verso il suo inarticolato sproloquiare in un<br />

Magico taccuino, allora amorosamente e<strong>di</strong>to<br />

dall’amica Anita Pittoni, che dell'interminabile<br />

dopoguerra triestino fu operosa protagonista con<br />

le sue E<strong>di</strong>zioni dello Zibaldone e uno straor<strong>di</strong>nario<br />

salotto domenicale, e poi sull’argomento il<br />

nostro tornò più volte con accenti più comprensivamente<br />

complici.<br />

Tuttavia è qui, nella Mostra che la prospettiva<br />

ra<strong>di</strong>calmente si capovolge in un’adesione pressoché<br />

totale, in una sorta <strong>di</strong> stralunata identificazione<br />

dell’autore nel personaggio, libero – il<br />

primo – finalmente <strong>di</strong> svelare la faccia ombrosa,<br />

sulfurea e lunare.<br />

Insomma, <strong>La</strong> Mostra non senza sorpresa, segna<br />

con nettezza una svolta nella scrittura <strong>di</strong> <strong>Magris</strong>,<br />

una svolta che con il senno <strong>di</strong> poi avremmo potuto<br />

intuire in certe sue pagine improvvisamente<br />

turbate, ma che sinora era sempre puntualmente<br />

evitata nel primato <strong>di</strong> una luce solare e <strong>di</strong> una<br />

sapienza magistrale.<br />

Qui la parte del <strong>di</strong>o sole tocca al patetico Direttore,<br />

che non solo pretende <strong>di</strong> or<strong>di</strong>nare le opere<br />

del pittore nell’itinerario dell’esposizione, ma persino<br />

<strong>di</strong> definirne il senso, prima <strong>di</strong> rassegnarsi ad<br />

ammettere, quando già il sipario è lì per calare,<br />

che «una <strong>mostra</strong>, una vita, spiegarla…non si<br />

può».<br />

Se l’esperienza <strong>di</strong> Timmel non è possibile raccontarla,<br />

non resta altro che lasciare a lui la parola,<br />

che assistere stupefatti al suo sproloquiare, persino<br />

rispettando gli sbalzi <strong>di</strong> tono, gli scarti linguistici,<br />

dal sublime al colloquiale, comprendendo<br />

anche il <strong>di</strong>aletto triestino quando improvvisamente<br />

<strong>di</strong>laga con la sua infantile e materna schietteza.<br />

È una maschera Timmel, che riassume i caratteri<br />

dell’artista novecentesco, al tempo stesso omnipresente<br />

e pauroso, lucido ed ebbro, gran<strong>di</strong>oso e<br />

meschino: un “<strong>di</strong>sgrazià” che o<strong>di</strong>a i bohèmien<br />

come lui, un pazzo lucido e sapiente che si strugge<br />

per la nostalgia ma vuole «desmentegar le


parole de sto porco mondo» per raggiungere<br />

finalmente una quiete para<strong>di</strong>asiaca.<br />

E <strong>Magris</strong>, finalmente ilare e folle, indossa la<br />

maschera carnescialesca del superuomo sconfitto<br />

per svelare la sua vena <strong>di</strong>onisiaca, il suo <strong>di</strong>sperato<br />

agitarsi <strong>di</strong> fronte al dolore, i suoi tormentosi sensi<br />

<strong>di</strong> colpa, il suo desiderio <strong>di</strong> esprimersi anche a<br />

costo <strong>di</strong> non riuscire a spiegare o a spiegarsi.<br />

C’è nella Mostra, liricamente espresso con dolorosa<br />

intensità, il rimpianto <strong>di</strong>sperato della moglie<br />

scomparsa, non solo evocata nei suoi tratti più<br />

luminosi – dolce, tranquilla, libera, coraggiosa,<br />

<strong>di</strong>screta, ferma, inappellabile, sorridente, intrepida,<br />

tenera… ma anche straziata dal maligno che<br />

la assale e dalla sofferenza del coniuge che le<br />

«succhia la vita!», novella Alcesti pronta a sacrificarsi<br />

al suo posto, consolandolo fino all’estremo.<br />

E con Maria/Marisa si impone lo scenario del<br />

mare, come l’unico che riassume felicità e bellezza,<br />

pienezza <strong>di</strong> vita e larghezza d’orizzonte, anche<br />

se «l’ombra intersecante» è piombata giù malefica,<br />

e «da quel giorno la vita è una mela spaccata,<br />

cicatrice che arde... piaga che brucia».<br />

Saggista e narratore, dopo questo libro <strong>Magris</strong> è<br />

soprattutto poeta, abbacinante poeta del dolore.<br />

da “<strong>Il</strong> Giornale <strong>di</strong> Vicenza” e “L’Arena” del 4<br />

luglio 2001<br />

81


L’arte del santo bevitore <strong>di</strong> Lorenzo Mondo<br />

82 Non ho mai visto un quadro <strong>di</strong> Vito Timmel. Di<br />

lui conosco soltanto quello che scrisse Clau<strong>di</strong>o<br />

<strong>Magris</strong> presentando, in Dietro le parole, un suo<br />

taccuino lirico-demenziale e richiamandolo tra i<br />

fantasmi triestini in Microcosmi. L’anima randagia<br />

<strong>di</strong> un pittore <strong>di</strong> strada e <strong>di</strong> osteria, il piccolo, annichilito<br />

superuomo che si sarebbe convertito a una<br />

metafisica inerzia, all’accettazione dello stesso<br />

manicomio in cui finirà i suoi giorni, pago <strong>di</strong> “sentirsi<br />

roteare insieme alla terra nel vuoto”, Nato a<br />

Vienna e naufrago a Trieste, Timmel sembrava<br />

finito per caso sui passi <strong>di</strong> <strong>Magris</strong>, nonostante la<br />

spruzzaglia <strong>di</strong> Mitteleuropa che si portava <strong>di</strong>etro.<br />

E tuttavia, <strong>di</strong> personaggi laterali, umbratili,<br />

<strong>Magris</strong> ha nutrito molti suoi scritti: il generale<br />

cosacco perduto in Carnia (<strong>Il</strong>lazioni su una sciabola),<br />

il servitore vissuto all’ombra <strong>di</strong> Goethe<br />

(Stadelmann), l’amico fuggiasco <strong>di</strong> Michelstaedter<br />

(Un altro mare). Ai qual si aggiunge ora, dopo un<br />

lungo rodìo, il pittore Timmel, protagonista <strong>di</strong> un<br />

testo teatrale, <strong>La</strong> Mostra, che vuole essere insieme<br />

racconto e libretto d’opera.<br />

Lo scenario si apre sul manicomio <strong>di</strong> Trieste, dove<br />

si allestisce una esposizione <strong>di</strong> pittura: mentre al<br />

camposanto viene benedetta la bara dell’autore e<br />

all’osteria viene pronunciato il suo elogio funebre(«Povero,<br />

el iera cussì bon»). È il giorno <strong>di</strong><br />

Capodanno, con sottofondo <strong>di</strong> botti e tappi <strong>di</strong><br />

champagne, che sembrano annunciare (l’ospedale<br />

psichiatrico è intitolato a San Giovanni) una piccola<br />

apocalisse o manifestazione <strong>di</strong> Timmel. Che<br />

osserva come da un inframondo, <strong>di</strong>etro un tramezzo<br />

d’aria, gli amici, il <strong>di</strong>rettore del manicomio,<br />

le comparse penose dei reclusi, la canzonacce degli<br />

avvinazzati, e parla, interloquisce, commenta<br />

inavvertito dagli altri. <strong>La</strong> prima osservazione da<br />

fare sul dramma è proprio la compresenza e<br />

l’incastro dei vari ambienti ed episo<strong>di</strong>, la caleidoscopica<br />

simultaneità degli eventi. Nell’ottica particolare<br />

<strong>di</strong> chi è sottratto ai con<strong>di</strong>zionamenti del<br />

tempo e dello spazio, alla loro futile trama.<br />

Una delle presenze più rilevate è Sofianopulo,<br />

anche lui pittore, e cattivo traduttore <strong>di</strong><br />

Baudelaire, che fino all’ultimo è stato affettuosamente<br />

vicino a Timmel. Riven<strong>di</strong>ca la nobiltà della<br />

sua arte, troppe volte avvilita dalla necessità <strong>di</strong><br />

elemosinare un bicchiere <strong>di</strong> vino. Parla volentieri<br />

per citazioni illustri che dovrebbero illuminare <strong>di</strong><br />

sbieco la figura dell’amico. E Timmel ammette <strong>di</strong><br />

aver aspirato un tempo al fare grande <strong>di</strong><br />

Michelangelo, agli ori secessionisti <strong>di</strong> Klimt, ma ha<br />

finito per rattrappire quietamente la sua arte in<br />

<strong>di</strong>segni minuscoli e infantili, in umiliati “francobolli”.<br />

Si esprime in una lingua sboccata e vituperosa,<br />

la sua affettuosa contestazione <strong>di</strong><br />

Sofianopulo solidarizza semmai con i cori <strong>di</strong>alettali<br />

<strong>di</strong> matti e inservienti, perfino con il ritmico cicaleccio<br />

delle se<strong>di</strong>e battute sul pavimento.<br />

Altro personaggio <strong>di</strong> rilievo è il <strong>di</strong>rettore dell’ospedale.<br />

Campione dell’antipsichiatria, pronuncia<br />

solenni concioni sull’emarginazione paritaria <strong>di</strong><br />

arte e follia ad opera della società borghese.<br />

Timmel dovrebbe essere la <strong>di</strong><strong>mostra</strong>zione esemplare<br />

del suo assunto. Ma lui sembra farsene beffe,<br />

afferma che ab<strong>di</strong>care è «l’unico gesto da re», esalta<br />

i suoi mille giorni <strong>di</strong> manicomio che lo hanno<br />

protetto dallo «scalpore della folla che sta intorno».<br />

Al <strong>di</strong>rettore che ama presentarsi come trafelato<br />

burattinaio dell’ospedale, <strong>mostra</strong> compresa,<br />

contrappone ironicamente la figura <strong>di</strong>stratta <strong>di</strong> un


Dio che, quando ha il raffreddore e starnutisce,<br />

espunge da sé, come bacilli, le sue creature.<br />

Nelle sue frustrazioni, che sembrano ra<strong>di</strong>carsi in<br />

un sentimento <strong>di</strong> generale insensatezza, c’è una<br />

ferita che lo tormenta, il ricordo della moglie<br />

morta. In un periodo <strong>di</strong> sterilità creativa e <strong>di</strong><br />

cupezza esistenziale, lei ha offerto la propria vita<br />

per salvarlo. Si è abbandonata docilmente alla<br />

tubercolosi per dargli linfa e allontanargli la vista<br />

“dell’orrido niente”. Come la mitica Alcesti, è<br />

<strong>di</strong>scesa nel regno delle ombre al posto <strong>di</strong> Admeto.<br />

<strong>Il</strong> libro, che precipita in un gorgo <strong>di</strong> confessione<br />

straziata, è anche e soprattutto la storia <strong>di</strong> un<br />

amore coniugale, e <strong>di</strong> un cocente rimorso (mentre<br />

nel sacrificio espiatorio viene adombrato castamente,<br />

sotto il nome <strong>di</strong> Maria, quello <strong>di</strong> Marisa, la<br />

scrittrice che è stata moglie <strong>di</strong> <strong>Magris</strong>). Timmel<br />

avverte tortuosamente la sua indegnità: <strong>di</strong> avere<br />

accettato un vampiristico patto <strong>di</strong> morte, <strong>di</strong> essersi<br />

consolato con nobili sentimenti, <strong>di</strong> avere trovato<br />

una seconda moglie che sembra ravvivare empiamente<br />

i tratti della scomparsa. Una indegnità che<br />

non risparmia alla fine lo stesso esercizio dell’arte.<br />

Nelle parole del coro “la <strong>di</strong>gnità, la grazia, l’amore<br />

senza paura” <strong>di</strong> Maria umiliano la presunta regalità<br />

dell’artista, spezzano le ali all’albatros, principe<br />

delle nubi. Quando suona per lui la tromba del<br />

Giu<strong>di</strong>zio (che è in realtà il clacson del netturbino)<br />

Timmel si sente accolto, anziché nell’Ade, nella<br />

<strong>di</strong>stesa delle costellazioni, in una miriade <strong>di</strong> punti<br />

luminosi, in cui è possibile avvertire “i petali <strong>di</strong> un<br />

sorriso, una margherita che si sfoglia nella notte”<br />

(la margherita interrogata a sorte dagli innamorati?).<br />

<strong>Il</strong> <strong>di</strong>aletto triestino, utilizzato nei <strong>di</strong>aloghi e spal-<br />

mato decisamente nelle filastrocche e cantilene<br />

(che hanno tra l’altro la funzione <strong>di</strong> un ritmico<br />

collante) aderisce coerentemente a un mondo e a<br />

una cultura, a quello che vuole essere un atteggiamento<br />

<strong>di</strong> arguto stoicismo. Aiuta a smorzare nel<br />

grottesco le pronunce troppo alte, fa da contraltare<br />

a Baudelaire, Valery, Euripide e tutti gli altri<br />

(così, a fronte della donna che dovrebbe sostituire<br />

Maria, si innalza il farnetico della reclusa che<br />

rivuole in<strong>di</strong>etro la sua vecchia bambola). I temi <strong>di</strong><br />

fondo, affidati alla figura contrastata i Timmel, e<br />

segnati da un bruciante graffio autobiografico,<br />

sono quelli che troviamo variamente nell’opera <strong>di</strong><br />

<strong>Magris</strong>: la <strong>di</strong>ssociazione dell’io, la fatalità e l<br />

responsabilità del male, il confronto tra vita e letteratura,<br />

il <strong>di</strong>sincanto sempre incalzato da una<br />

speranza più alta e sfuggente. Con in più, la sensazione<br />

vaga <strong>di</strong> uno spartiacque, <strong>di</strong> un punto <strong>di</strong><br />

non ritorno nella scrittura <strong>di</strong> <strong>Magris</strong>.<br />

da “<strong>La</strong> Stampa” del 24 maggio 2001<br />

83


Sconfitti<br />

dal demone del tempo<br />

84 <strong>La</strong> Mostra costituisce l’esempio più acuto <strong>di</strong> un<br />

bisogno fisico d’intemperanza, che attraversa tutta<br />

l’opera <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong>, non importa se saggistica,<br />

romanzesca o teatrale. Intemperanza, ossia<br />

necessità <strong>di</strong> rompere le righe, affinchè le schiere<br />

degli Argomenti e dei Documenti, possano, in libera<br />

uscita, <strong>mostra</strong>re meglio i caratteri in<strong>di</strong>viduali: i<br />

capelli bion<strong>di</strong> <strong>di</strong> Tizio, la camminata <strong>di</strong>noccolata<br />

<strong>di</strong> Caio, e così via. Pittore <strong>di</strong> civiltà, pittore <strong>di</strong> culture,<br />

<strong>Magris</strong> mi è sempre sembrato anche e<br />

soprattutto un pittore d’in<strong>di</strong>vidui, e tutta la sua<br />

saggistica impagabile mi è sempre parsa premere<br />

drammi. Nessuno meglio <strong>di</strong> lui conosce il filo sottile<br />

che separa e unisce insieme fatalità e arbitrarietà,<br />

inevitabilità e capriccio. I suoi ritratti non<br />

sono mai esempi <strong>di</strong> un certo clima culturale, bensì<br />

figure uniche, che sommate ad altre figure uniche<br />

possono dar ragione <strong>di</strong> un orientamento, <strong>di</strong> un<br />

sentimento dominante.<br />

Ne <strong>La</strong> Mostra <strong>Magris</strong> mette in scena, in una successione<br />

rapi<strong>di</strong>ssima <strong>di</strong> sequenze cinematografiche,<br />

l’esistenza <strong>di</strong> Vito Timmel, pittore triestino<br />

morto in manicomio. Dopo la sua morte, il <strong>di</strong>rettore<br />

dell’istituto allestisce una <strong>mostra</strong> con le sue<br />

opere, e mentre i quadri vengono sistemati ne illustra<br />

il senso. Sono presenti anche alcuni amici<br />

dello scomparso: lo scultore Mascherini, due professori<br />

e, soprattutto, Cesare Sofianopulo, traduttore<br />

<strong>di</strong> Baudelaire e pittore a sua volta.<br />

Ma è lo stesso Timmel a comparire, non come una<br />

madama Pace, s’intende, ma come in un film<br />

ritrovato in chissà quale archivio, che unisce spezzoni<br />

(perlopiù un b/n) <strong>di</strong> altri film, ancora più<br />

vecchi, in una giustapposizione volutamente stridente<br />

<strong>di</strong> linguaggi (dal <strong>di</strong>aletto alla lingua lettera-<br />

<strong>di</strong> Luca Doninelli<br />

ria più sofisticata).<br />

Attraverso la <strong>di</strong>scontinuità <strong>di</strong> questi frammenti si<br />

<strong>di</strong>pana la continuità della vita <strong>di</strong> questo pittore <strong>di</strong><br />

gran talento, ma governato da una forza auto<strong>di</strong>struttiva<br />

che lo condurrà, dopo tante traversie (<strong>di</strong><br />

cui la più penosa è la morte della prima moglie,<br />

Maria), all’ubriachezza, alla miseria e alla demenza.<br />

Cinema, dunque. Perché il cinema è il teatro<br />

dell’anima e del tempo, ossia della memoria. È la<br />

rappresentazione del cuore dentro il cuore. E in<br />

questa rappresentazione, lasciando stare ogni<br />

buona creanza, ogni pubblica virtù, <strong>Magris</strong> mette<br />

tutto se stesso (qui sta l’intemperanza massima),<br />

lo scrittore <strong>di</strong> successo non si vergogna <strong>di</strong> scoprirsi<br />

uguale al pittore morto in miseria, abbandonando<br />

alla pagina frasi che non potrebbero essere scritte<br />

se chi le scrive non ne conoscesse per esperienza il<br />

seno: «…me vergognavo vardandome in specio,<br />

un muso de spudarghe in boca, gnanca più me<br />

lavavo e tante volte, de sera, sentivo drento una<br />

paura enorme, nera, spaventosa, schifo e paura».<br />

<strong>Il</strong> testo de <strong>La</strong> Mostra è il più tormentato <strong>di</strong><br />

<strong>Magris</strong>. Se ne avvertono persino le cancellature, le<br />

cicatrici: la traccia <strong>di</strong> un or<strong>di</strong>ne più lineare (e più<br />

insincero), la traccia <strong>di</strong> una naturale versificazione,<br />

poi abolita, - nel passo appena citato si riconoscono<br />

quattro ottimi endecasillabi. Ma scrivere è<br />

anche cancellare.<br />

Anche il meccanismo letterario s’inceppa talora, a<br />

<strong>di</strong><strong>mostra</strong>zione della durezza del cammino: come<br />

quando “salta” il correlativo oggettivo tra Timmel<br />

e <strong>Magris</strong> a proposito della morte <strong>di</strong> Maria. Pagine<br />

splen<strong>di</strong>de e commoventi, ma che non traggono la<br />

loro materia dall’interno del testo.<br />

Quante lastre sconnesse, a malcelare morti, come


nella Venezia <strong>di</strong> Proust! Ma qui sta il fascino del<br />

testo e il coraggio del suo autore, attore e regista.<br />

Anche Baudelaire, la Bibbia ed Euripide appartengono<br />

qui, non più alla letteratura, ma al puro<br />

dramma del vivere.<br />

L’Alcesti euripidea assume qui caratteri cristologici,<br />

anche se la colpa – vero motore tematico<br />

dell’opera (perché ci auto<strong>di</strong>struggiamo? Perché<br />

siamo colpevoli) fa pensare più ad Anassimandro<br />

che al Genesi («la colpa era là, prima <strong>di</strong> tutto –<br />

fare è innocente, essere è colpa»), e lascia spazio a<br />

una redenzione solo incompiuta.<br />

Ciò che è compiuto è invece il piccolo capolavoro,<br />

centro <strong>di</strong> tensioni enormi, che ne è uscito. Autore<br />

<strong>di</strong> centinaia <strong>di</strong> pagine impeccabili, <strong>Magris</strong> avverte<br />

sempre più, anno dopo anno, il bisogno <strong>di</strong> sacrificare<br />

ogni impeccabilità affinchè il dono <strong>di</strong> sé sia<br />

totale. E la totalità <strong>di</strong> un uomo è sempre peccabile.<br />

Questo fa <strong>di</strong> lui l’unico vero maestro, forse,<br />

della nostra cultura.<br />

da “<strong>Il</strong> Giornale” del 24 maggio 2001<br />

85


Nel dramma<br />

la complessità della vita<br />

86 Pochi giorni fa, a proposito della riproposta e<strong>di</strong>toriale<br />

del teatro <strong>di</strong> Pasolini, osservavo che negli<br />

ultimi decenni l’unico contributo davvero vitale<br />

alla drammaturgia italiana è venuto dagli outsider,<br />

cioè da poeti e narratori (come Pasolini,<br />

appunto, o come Testori) che hanno affrontato e<br />

praticato il linguaggio teatrale con una sorta <strong>di</strong><br />

geniale improvvisazione “<strong>di</strong>lettantesca”, ignorando<br />

o ad<strong>di</strong>rittura <strong>di</strong>sprezzando sia i precetti del<br />

buon mestiere tra<strong>di</strong>zionale sia quelli, forse ancora<br />

più aborriti, della cosiddetta modernità.<br />

Dopo aver letto <strong>La</strong> Mostra, seconda e più sostanziosa<br />

prova drammaturgica <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong>,<br />

sarei tentato <strong>di</strong> rovesciare o, meglio, <strong>di</strong> rendere<br />

simmetrico il <strong>di</strong>scorso: se la passione teatrale <strong>di</strong><br />

alcuni gran<strong>di</strong> non-professionisti è stata una risorsa<br />

preziosa per un teatro altrimenti anemico o routinier,<br />

il teatro è – può essere – una risorsa preziosa<br />

per i gran<strong>di</strong> professionisti della parola non teatrale<br />

quando il caso o l’ispirazione li metta <strong>di</strong> fronte a<br />

una materia particolarmente densa e incandescente,<br />

una materia non del tutto riducibile, per una<br />

ragione o per l’altra, alla linearità <strong>di</strong> un racconto<br />

più o meno canonico o a una razionalità <strong>di</strong> tipo<br />

saggistico.<br />

<strong>Il</strong> caso del testo <strong>di</strong> <strong>Magris</strong> mi sembra, da questo<br />

punto <strong>di</strong> vista, para<strong>di</strong>gmatico. Con quale altro linguaggio,<br />

in quale altro spazio espressivo l’autore<br />

<strong>di</strong> Danubio e <strong>di</strong> Lontano da dove avrebbe potuto<br />

dare alla vicenda <strong>di</strong> Vito Timmel una collocazione<br />

ambientale e storica così rapso<strong>di</strong>ca e al tempo<br />

stesso così corposa, una risonanza allegorica così<br />

imme<strong>di</strong>ata, una profon<strong>di</strong>tà introspettiva (e persino,<br />

verrebbe voglia <strong>di</strong> insinuare, autobiografica)<br />

così ineluttabile? <strong>Il</strong> fatto è che il teatro è per sua<br />

<strong>di</strong> Giovanni Raboni<br />

natura un efficacissimo evidenziatore e semplificatore<br />

della complessità. Ciò che altri linguaggi<br />

devono costruire – la simultaneità effettiva <strong>di</strong><br />

tempi e luoghi <strong>di</strong>versi, l’intreccio reale (e continuamente<br />

mutevole) <strong>di</strong> fisicità e astrazione – il<br />

teatro lo fornisce, se così si può <strong>di</strong>re, gratis, per il<br />

fatto stesso <strong>di</strong> prodursi, <strong>di</strong> avere luogo; e si <strong>di</strong>rebbe<br />

quasi che a noi fruitori non occorra, per goderne,<br />

la verifica della <strong>di</strong>mensione scenica, basta<br />

averla “in memoria”, riattivarla con la fantasia.<br />

Ma è chiaro che si tratta <strong>di</strong> una gratuità ipotetica,<br />

<strong>di</strong> un “dono” che il me<strong>di</strong>atore (l’autore) deve<br />

sapersi meritare; e mi sembra che <strong>Magris</strong> <strong>di</strong>mostri,<br />

qui, <strong>di</strong> meritarselo appieno. Basti vedere con<br />

quanta precisione, nel susseguirsi e combinarsi<br />

delle scene, sia riuscito ad alternare gravità e leggerezza,<br />

toni tragici e toni svagati o grotteschi;<br />

come tutti i conti che via via vengono aperti finiscono<br />

prima o poi col tornare; come ogni richiamo<br />

o promessa tonale (dalle canzoni da osteria e dalle<br />

filastrocche infantili a Euripide, a Baudelaire)<br />

trovi a suo tempo, nel maturare della rievocazione<br />

e più ancora nell’avverarsi della partitura simbolica,<br />

un suo naturale, fatale adempimento.<br />

dal “Corriere della Sera” del 10 maggio 2001


il Teatro Stabile<br />

del Friuli-Venezia Giulia<br />

dal 1954 al 2003


Teatro Stabile<br />

del Friuli-Venezia Giulia<br />

Le produzioni dal 1954<br />

Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

Accademici Intronati <strong>di</strong> Siena Gli Ingannati 1963/64 Fulvio TOLUSSO Adriana Innocenti, Lino Savorani,<br />

Egisto Marcucci, Marisa Fabbri,<br />

Vittorio Franceschi<br />

Vittorio ALFIERI Antigone 1960/61 Giuseppe DI MARTINO Anna Miserocchi, Luciano Alberici,<br />

Ottorino Guerrini, Marisa Fabbri<br />

Antonio ANIANTE <strong>La</strong> rosa <strong>di</strong> zolfo 1958/59 Franco ENRIQUEZ Paola Borboni, Gianmaria Volontè,<br />

Cesco Ferro, Ottorino Guerrini,<br />

Enrica Corti<br />

Jean ANOUILH Leoca<strong>di</strong>a 1954/55 G. Cesare CASTELLO <strong>La</strong>ura Solari, Piero De Santis, Pietro<br />

Privitera<br />

Jean ANOUILH Antigone 1999/00 Furio BORDON Gabriele Ferzetti, Daniela Giovanetti,<br />

Anita Bartolucci, Giampiero<br />

Fortebraccio, Umberto Raho<br />

Alexey ARBUZOV Vecchio mondo 1978/79 Francesco MACEDONIO Lina Volonghi, Ferruccio De Ceresa<br />

Luca ARCHIBUGI <strong>La</strong> notte della vigilia 1995/96 Guglielmo Ferro Federico Grassi, Fulvio D’Angelo,<br />

Nicoletta Corra<strong>di</strong>, Maurizio Rapotec,<br />

Luisa Vermiglio<br />

John ARDEN <strong>La</strong> danza del serg. Musgrave 1966/67 Luciano DAMIANI Egisto Marcucci, Giampiero<br />

Becherelli, Mariangela Melato, Lino<br />

Savorani<br />

ARISTOFANE Le donne a parlamento 1963/64 Fulvio TOLUSSO Marisa Fabbri, Nicoletta Rizzi,<br />

Adriana Innocenti, Vittorio<br />

Franceschi, Lino Savorani Giorgio<br />

Valletta<br />

Jean Pierre AUMONT Incontro 1957/58 Carlo LODOVICI Ottorino Guerrini, Antonio<br />

Pierfederici, Enrica Corti<br />

Alfredo BALDUCCI I da<strong>di</strong> e l’archibugio 1959/60 Sergio VELITTI Leonardo Cortese, Pina Cei, Omero<br />

Antonutti, Carlo Bagno, Lino<br />

Savorani<br />

Alberto BASSETTI Le due sorelle 1996/97 Antonio CALENDA Clau<strong>di</strong>a Poggiani, Daniela<br />

Giovanetti<br />

Alberto BASSETTI Sopra e sotto il ponte 1996/97 Maurizio PANICI Ivana Monti, Bruno Armando<br />

Alberto BASSETTI Ma che c’entra Peter Pan? 1998/99 Antonio CALENDA Gabriele Ferzetti, Daniela Giovanetti,<br />

Riccardo Peroni<br />

Samuel BECKETT Beckett concerto 1987/88 Marco SCIACCALUGA Vittorio Franceschi<br />

Angelo BEOLCO detto Ruzante Parlamento de Ruzante... 1955/56 Gianfranco DE BOSIO Cesco Baseggio, Mario Bardella,<br />

Marisa Mantovani<br />

Angelo BEOLCO detto Ruzante Parlamento, Bilora 1971/72 Francesco MACEDONIO Gianfranco Saletta, Mimmo Lo<br />

Vecchio, Li<strong>di</strong>a Braico, Luciano<br />

D’Antoni, Orazio Bobbio<br />

Carlo BERTOLAZZI Lulù 1956/57 Fernando DE CERESA <strong>La</strong>ura Solari, Ottorino Guerrini,<br />

Cesco Ferro, Giulio Bosetti<br />

Carlo BERTOLAZZI L’egoista 1972/73 Fulvio TOLUSSO Mario Feliciani, Mimmo Lo Vecchio,<br />

AngioIa Baggi, Lino Savorani,<br />

Gianfranco Saletta<br />

Ugo BETTI <strong>Il</strong> paese delle vacanze 1954/55 Carlo LODOVICI <strong>La</strong>ura Solari, Isabella Riva, Giuseppe<br />

Caldani<br />

Ugo BETTI <strong>La</strong> fuggitiva 1955/56 Ottavio SPADARO Pietro Privitera, Marisa Mantovani,<br />

Mario Bardella, Lino Savorani,<br />

Renato Lupi, Micbele Riccar<strong>di</strong>ni<br />

91


92 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

Ugo BETTI Una bella domenica 1957/58 Sergio VELITTI Enrica Corti, Antonio Pierfederici,<br />

<strong>di</strong> settembre Carlo Bagno, Lino Troisi, Maria<br />

Grazia Francia, Marisa Bartoli, Rina<br />

Centa, Dario Mazzoli, Michele<br />

Riccar<strong>di</strong>ni<br />

Francesco Augusto BON <strong>Il</strong> matrimonio <strong>di</strong> Ludro 1955/56 Gianfranco DE BOSIO Cesco Baseggio, Lino Savorani,<br />

Isabella Riva<br />

Furio BORDON Canto e controcanto 1966/67 Giovanni POLI Mariangela Melato, Oreste Rizzini,<br />

Werner Di Donato, Edda Valente<br />

Furio BORDON (a cura <strong>di</strong>) <strong>Il</strong> mio Carso (da S. Slataper) 1968/69 Francesco MACEDONIO Franco Mezzera, Mimmo Lo Vecchio,<br />

Orazio Bobbio, Franco Jesurum, Cip<br />

Barcellini, Marianella <strong>La</strong>zlo,<br />

Giampiero Becherelli, Lino Savorani<br />

Furio BORDON (a cura <strong>di</strong>) <strong>Il</strong> maggio francese 1969/70 Furio BORDON Orazio Bobbio, Mimmo Lo Vecchio,<br />

LinoSavorani, Giorgio Valletta,<br />

Giampiero Becherelli<br />

Furio BORDON Le avventure <strong>di</strong> Fior<strong>di</strong>nando 1970/71 Francesco MACEDONIO Giorgio Valletta, Orazio Bobbio, Lino<br />

Savorani, Mimmo Lo Vecchio, Li<strong>di</strong>a<br />

Braico, Gianfranco Saletta, Saverio<br />

Moriones, Elisabetta lonino<br />

Furio BORDON (a cura <strong>di</strong>) Teatro me<strong>di</strong>oevale 1970/71 Furio BORDON Elisabetta Bonino, Orazio Bobbio,<br />

Lino Savorani, Ariella Reggio, Li<strong>di</strong>a<br />

Braico, Mimmo Lo Vecchio<br />

Furio BORDON Amico Sciacallo 1970/71 Aldo TRIONFO Giulio Bosetti, Mario Scaccia, Leda<br />

Negroni<br />

Furio BORDON (a cura <strong>di</strong>) Per l’anima in tormento 1972/73 Francesco MACEDONIO Li<strong>di</strong>a Braico, Riccardo Canali, Elvia<br />

che ci hai dato Du<strong>di</strong>ne, Franco Jesurum, Mimmo Lo<br />

Vecchio<br />

Furio BORDON (a cura <strong>di</strong>) <strong>La</strong> comme<strong>di</strong>a dell’arte 1973/74 Furio BORDON Nico Pepe, Ada Prato, Franco Però<br />

Furio BORDON (a cura <strong>di</strong>) Lezione documento:<br />

Trieste 1919-1945<br />

Estate 75 Furio BORDON Registrazione su nastro<br />

Furio BORDON (a cura <strong>di</strong>) Lontani da tutto 1975/76 Furio BORDON Mimmo Lo Vecchio, Li<strong>di</strong>a Braico,<br />

Daniele Griggio, Giorgio Valletta<br />

Furto BORDON (testo) <strong>Il</strong> viaggio incantato 1989/90 Francesco MACEDONIO Marionette <strong>di</strong> Podrecca<br />

Angelo BRANDUARDI (musiche originali)<br />

Furio BORDON In confidenza 1990/91 Furio BORDON Nicoletta Corra<strong>di</strong>, Marionette <strong>di</strong><br />

siamo marionette Podrecca<br />

Furio RORDON Oblomov (da GONCAROV) 1991/92 Furio BORDON Glauco Mauri, Tino Schirinzi,<br />

Barbara Valmorin, <strong>La</strong>ura Ferrari,<br />

Silvio Fiore, Giorgio <strong>La</strong>nza, Beatrice<br />

Visibelli, Clau<strong>di</strong>o Marchione,<br />

Nicoletta Corra<strong>di</strong><br />

Furio BORDON (a cura <strong>di</strong>) Amici devo <strong>di</strong>rvi 1992/93 Furio BORDON Roberto Sturno, Gianni De Lellis,<br />

Poesie e prose <strong>di</strong> David Maria Turoldo Stefania Barca<br />

Furio BORDON L’i<strong>di</strong>ota (da DOSTOEVSKIJ) 1993/94 Glauco MAURI Roberto Sturno, Massimo Do Rossi,<br />

Miriam Crotti, Gianni De Lellis,<br />

Elena Ghiaurov, Stefania Micheli,<br />

Amerigo Fontani, Patrizia Burul,<br />

Cesare <strong>La</strong>nzoni, Nicoletta Corra<strong>di</strong>,<br />

Giulia Monte, Matteo Chioatto


Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

Giuseppe Antonio BORGESE L’arciduca 1957/58 Franco ENRIQUEZ Ottorino Guerrini, Enrica Corti,<br />

Antonio Pierfederici, Lino Troisi,<br />

Carlo Bagno<br />

Gianni BORGNA Fin de Siècle 1999/00 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti<br />

Viaggio nella canzone italiana del Novecento<br />

Bertolt BRECHT Un uomo è un uomo 1962/63 Fulvio TOLUSSO Renzo Montagnani, Marisa Fabbri,<br />

Lino Savorani, Oreste Rizzini,<br />

Vittorio Franceschi<br />

Bertolt BRECHT L’Antigone <strong>di</strong> Sofocle 1963/64 Fulvio TOLUSSO Nicoletta Ruzi, Marisa Fabbri,<br />

Franco Mezzera, Massimo De Vita<br />

Bertolt BRECHT Baal 1985/86 Roberto GUICCIARDINI Giulio Brogi, Giancarlo Dettori,<br />

Anna Teresa Rossini, Margherita<br />

Guzzinati<br />

Alexandre BREFFORT Irma la dolce 1996/97 Antonio CALENDA Daniela Giovanetti, Fabio Camilli,<br />

Paolo Triestino, Gian<br />

Antonio CALENDA (a cura <strong>di</strong>) Rappresentazione 1997/98 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti, Giampiero<br />

della Passione Fortebraccio, Maximilian Nisi,<br />

dal Co<strong>di</strong>ce V.E. 361 della Biblioteca Nazionale <strong>di</strong> Roma, curato dalla copista Maria Jacoba Fioria Giancarlo Cortesi<br />

Andrea CALMO <strong>Il</strong> Saluzza 1961/62 Giovanni POLI Gino Cavalieri, Gina Sammarco,<br />

Marisa Fabbri, Gianni Musy, Carlo<br />

Bagno<br />

Achille CAMPANILE Un’in<strong>di</strong>menticabile serata 1996/97 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti, Stefano Galante<br />

Albert CAMUS I giusti 1966/67 Giuseppe MAFFIOLI Germana Paolieri, Mariangela<br />

Melato, Egisto Marcucci<br />

Lino CARPINTERI <strong>La</strong> pignatta 1965/66 Ugo AMODEO Oreste Rizzini, Lino Savorani, Caria<br />

e Mariano FARAGUNA (da L’AULULARIA <strong>di</strong> Plauto) Colosimo, Vittorio Francescbi<br />

Lino CARPINTERI Le maldobrie 1970/71 Francesco MACEDONIO Lino Savorani, Orazio Bobbio, Ariella<br />

e Mariano FARAGUNA Reggio, Giorgio Valletta, Mimmo Lo<br />

Vecchio, Gianfranco Saletta, Li<strong>di</strong>a<br />

Braico<br />

Lino CARPINTERI Noi delle vecchie province 1972/73 Francesco MACEDONIO Lino Savorani, Orazio Bobbio, Ariella<br />

e Mariano FARAGUNA Reggio, Giorgio Valletta, Mimmo Lo<br />

Vecchio, Gianfranco Saletta, Li<strong>di</strong>a<br />

Braico<br />

Lino CARPINTERI L’Austria era 1974/75 Francesco MACEDONIO Lino Savorani, Giorgio Valletta, Li<strong>di</strong>a<br />

e Mariano FARAGUNA un paese or<strong>di</strong>nato Braico, Riccardo Canali, Franco<br />

Jesurum, Luciano D’Antoni,<br />

Gianfranco Saletta, Ariella Reggio,<br />

Orazio Bobbio<br />

Roberto CAVOSI <strong>Il</strong> maresciallo Butterfly 1995/96 Antonio CALENDA Virginio Gazzolo, Andreja Blagojevic,<br />

Sergio Pierattini, Lucka Pockaj,<br />

Silvano Torrieri<br />

Anton CECOV <strong>Il</strong> tabacco fa male, 1954/55 Luchino VISCONTI Memo Benassi<br />

<strong>La</strong> villeggiatura, <strong>Il</strong> canto del cigno<br />

Anton CECOV Ivanov 1968/69 Orazio COSTA Giulio Bosetti, Ottavia Piccolo, Mario<br />

Pisu, Massimo De Francovich, Lino<br />

Savorani, Paola Bacci<br />

Anton CECOV Zio Vania 1970/71 Giulio BOSETTI Ferruccio De Ceresa, Paola Bacci,<br />

Mario Erpichini, Giulia <strong>La</strong>zzarini<br />

93


94 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

Dante CICOGNANI <strong>Il</strong> gatto con gli stivali 1956/57 Spiro DALLA PORTA Allievi Scuola <strong>di</strong> Recitazione e Maria<br />

Grazia Spinazzi<br />

Tonino CONTE e Aldo TRIONFO (Ve<strong>di</strong> Aldo TRIONFO)<br />

Roberto DAMIANI <strong>La</strong> vita xe fiama<br />

(da Biagio Marin)<br />

1991/92 Furio BORDON Gastone Moschin<br />

Ezio D’ERRICO L’amante in città 1954/55 Carlo LODOVICI Mimmo Lo Vecchio, Giorgio Valletta,<br />

Gianni Mantesi, <strong>La</strong>ura Solari<br />

René DE CECCATY Pallido oggetto del desiderio 2001/02 Alfredo ARIAS Pino Micol, Daniela Giovanetti,<br />

Francesca Benedetti<br />

Ghigo DE CHIARA Un capriccio 1996/97 Nino MANGANO Valeria Ciangottini, Andreja<br />

Blagojevic<br />

Salvatore DI GIACOMO Assunta Spina 1958/59 Sandro BOLCHI Lorica Corti, Gianmaria Volonté,<br />

Ottorino Guerrini, Margherita<br />

Guzzinati, Lino Savorani<br />

Feodor DOSTOEVSKIJ Delitto e castigo 1955/56 Fernando DE CRUCCIATI Lino Savorani, Giorgio Valletta, Li<strong>di</strong>a<br />

Riduzione teatrale <strong>di</strong> Gaston Baty Braico, Marisa Mantovani<br />

Mario DRSIC-DARSA I nobili ragusei 1969/70 Coita SPAIC Gianrico Tedeschi, Franco Mezziera,<br />

Giampiero Becherelli, Lino Savorani,<br />

Gianni Musy, Nicoletta Rizzi,<br />

Friedricb DÜRRENMATT Romolo il Grande 1983/84 Giovanni PAMPIGLIONE Mario Scaccia, Jerzi Stuhr, CarIa<br />

Cassola, Li<strong>di</strong>a Koslovich<br />

Massimo DURSI <strong>La</strong> giostra 1958/59 Massimo DURSI Carlo Bagno, Ottorino Guerrini,<br />

Umberto Raho, Enrica Corti,<br />

Gianmaria Volontè<br />

Tbomas S. ELIOT Assassinio nella cattedrale 1956/97 Franco ENRIQUEZ Ottorino Guerrini, Giulio Bosetti,<br />

Lino Savorani, Cesco Ferro, Lino<br />

Troisi, Marisa Mantovani<br />

ESCHILO Prometeo incatenato Estate 65 Aldo TRIONFO Franco Mezzera, Egisto Marcucci.<br />

Angela Car<strong>di</strong>le, Nicoletta Rizzi,<br />

Enrico D’Amato<br />

ESCHILO Agamennone 2000/01 Antonio CALENDA Mariano Rigillo, Piera Degli Esposti,<br />

Roberto Herlitzka, Daniela<br />

Giovanetti, Osvaldo Ruggieri,<br />

Giampiero Fortebraccio, Pino<br />

Michienzi, Giancarlo Cortesi,<br />

Alessandro Preziosi<br />

ESCHILO Coefore 2000/01 Antonio CALENDA Piera Degli Esposti, Alessandro<br />

Preziosi, Daniela Giovanetti, Osvaldo<br />

Ruggieri, Giampiero Fortebraccio,<br />

Pino Michienzi, Giancarlo Cortesi<br />

Diego FABBRI Inquisizione 1997/98 Sergio VELITTI Ottorino Guerrini, Antonio<br />

Pierfederici, Enrica Corti, Lino Troisi<br />

Diego FABBRI Processo a Gesù 1962/63 Fulvio TOLUSSO Fosco Giachetti, Marisa Fabbri,<br />

Mario Pisu, Lino Savorani, Oreste<br />

Rizzini<br />

Mariana FARAGUNA e Lino CARPINTERI (Ve<strong>di</strong> Lino CARPINTERI)<br />

Silvio FIORE <strong>La</strong> coscienza <strong>di</strong> Ulisse 1996/97 Silvio FIORE Giulio Pizzirani, Fernando Pannullo<br />

Vittorio FRANCESCHI Pinocchio minore 1963/64 Massimo de VITA Vittorio Franceschi, Sonia Gessner,<br />

Lino Savorani, Carlo Montagna,<br />

Adriana Innocenti


Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

Vittorio FRANCESCHI Gorizia 1916 1966/67 Francesco MACEDONIO Mimmo Lo Vecchio, Oreste Rizzini,<br />

Lino Savorani, Vittorio Franceschi,<br />

Nicoletta Rizzi, Alessandro Galante<br />

Garrone<br />

Vittorio FRANCESCHI Scacco pazzo 1990/91 Nanny LOY Alessandro Haber, Vittorio<br />

Franceschi, Monica Scattini<br />

Vittorio FRANCESCHI Jack lo sventratore 1992/93 Nanni GARELLA Alessandro Haber, Gianna Piaz,<br />

Mariella Valentini, Nicola Pistoia,<br />

Vittorio Franceschi<br />

Carlo Emilio GADDA <strong>Il</strong> guerriero, l’amazzone, 1996/97 Virginio GAZZOLO Virginio Gazzolo, Angela Car<strong>di</strong>le<br />

lo spirito della poesia nel verso<br />

immortale del Foscolo<br />

Dodo GAGLIARDE Ma cos’è questa crisi? 1996/97 Enrico PROTTI Dodo Gagliarde, Sara Alzetta, Livia<br />

Enrico PROTTI Bonifazi, Paolo Fagiolo, Maurizio<br />

Zacchigna<br />

Vittorio GASSMAN Anima e corpo 1996/97 Vittorio GASSMAN Vittorio Gassman, Luciano Lucignani,<br />

talk show d’ad<strong>di</strong>o Attilio Cucari, Marco Alotto,<br />

Emanuele Salce, Antonetta<br />

Capriglione<br />

Vittorio GASSMAN Bugie Sincere 1997/98 Vittorio GASSMAN Ugo Pagliai, Paola Gassman, Virgilio<br />

Zernitz, Michela Cadel, Alessandra<br />

Celi, <strong>La</strong>mberto Consani, Paolo<br />

Fagiolo, Gianluigi Fogacci, Paolo<br />

Giovannucci, Tiziano Pelanda, Enzo<br />

Saturni<br />

Giuseppe GIACOSA Tristi amori 1961/62 Sandro BOLCHI Ottorino Guerrini, Marisa Fabbri,<br />

Omero Antonutti, Carlo Bagno<br />

Silvio GIOVANINETTI Gli ipocriti 1956/57 Carlo LODOVICI Giulio Bosetti, Ottorino Guerrini,<br />

<strong>La</strong>ura Solari, Marisa Mantovani<br />

Nikolaj GOGOL L’ispettore generale 1959/60 Giacomo COLLI Leonardo Cortese, Carlo Bagno,<br />

Cesco Ferro, Pina Cei, Anna<br />

Menichetti, Omero Antonutti<br />

Carlo GOLDONI <strong>La</strong> donna <strong>di</strong> garbo 1954/55 Carlo LODOVICI <strong>La</strong>ura Solari, Luigi Almirante<br />

Carlo GOLDONI <strong>La</strong> donna <strong>di</strong> garbo 1978/79 Francesco MACEDONIO Lucilla Morlacchi, Gianni Galavotti,<br />

Carlo Montagna, Franco Mezzera<br />

Carlo GOLDONI <strong>La</strong> bottega del caffe 1956/57 Carlo LODOVICI Memo Benassi, Ottorino Guerrini,<br />

Giulio Bosetti<br />

Carlo GOLDONI <strong>La</strong> vedova scaltra 1960/61 Giovanni POLI Anna Miserocchi, Margherita<br />

Guzzinati, Giorgio Valletta, Carlo<br />

Bagno, Omero Antonutti<br />

Carlo GOLDONI Arlecchino 1961/62 Fulvio TOLUSSO Lino Savorani, Margherita<br />

servitore <strong>di</strong> due padroni Guzzinati, Omero Antonutti, Marisa<br />

Fabbri<br />

Carlo GOLDONI Arleccbino 1972/73 Fulvio TOLUSSO Lino Savorani, Giorgio Valletta,<br />

servitore <strong>di</strong> due padroni Mimmo Lo Vecchio, Gianfranco<br />

Saletta, Ariella Reggio<br />

Carlo GOLDONI <strong>Il</strong> teatro comico 1964/65 Eriprando VISCONTI Franco Mezzera, Marisa Fabbri,<br />

Nicoletta Rizzi, Egisto Marcucci,<br />

Adriana Innocenti, Vittorio<br />

Franceschi, Lino Savorani<br />

95


96 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

Carlo GOLDONI Tonin Bella grazia 1966/67 Giuseppe MAFFIOLI Lino Toffolo, Mariangela Melato,<br />

Fulvia Gasser, Lino Savorani<br />

Carlo GOLDONI <strong>Il</strong> bugiardo 1967/68 Gianfranco DE BOSIO Paola Bacci, Elisabetta Bonino, Leda<br />

Palma, Gabriele <strong>La</strong>via, Giulio<br />

Bosetti, Clau<strong>di</strong>o Cassinelli<br />

Carlo GOLDONI Le massere 1970/71 Giovanni POLI Giusy Carrara, Li<strong>di</strong>a Braico,<br />

Donatella Ceccarello, Anna Maestri,<br />

Lino Savorani, Ariella Reggio<br />

Carlo GOLDONI Sior Todero Brontolon 1975/76 Francesco MACEDONIO Corrado Gaipa, Elsa Vazzoler,<br />

Umberto D’Orsi, Marina Dolfin<br />

Carlo GOLDONI <strong>La</strong> famiglia dell’antiquario 1976/77 Furio BORDON Regina Bianchi, Michele Abruzzo,<br />

Gianni Galavotti, Anna Bonaiuto,<br />

Geppy Glejeses<br />

Carlo GOLDONI Le donne gelose 1977/78 Francesco MACEDONIO Maria Dolfin, Paolo Bonacelli,<br />

Donatella Ceccarello<br />

Carlo GOLDONI <strong>Il</strong> mondo della Luna 1982/83 Francesco MACEDONIO Marionette <strong>di</strong> Podrecca<br />

Carlo GOLDONI I Rusteghi 1985/86 Francesco MACEDONIO Giulio Brogi, Valeria Ciangottini,<br />

Anna Teresa Rossini, Margherita<br />

Guzzinati, Giampiero Becherelli,<br />

Alvise Battain, Riccardo Peroni,<br />

Barbara Cupisti<br />

Carlo GOLDONI L’Arca<strong>di</strong>a in Brenta 1985/86 Francesco MACEDONIO Marionette <strong>di</strong> Podrecca<br />

Carlo GOLDONI L’adulatore 1986/87 Giorgio PRESSBURGER Giulio Brogi, Anna Teresa Rossini,<br />

Anna Campori, Franco Angrisano,<br />

Riccardo Peroni<br />

Carlo GOZZI L ‘augellin belverde 1962/63 Giovanni POLI Renzo Montagnani, Marisa Fabbri,<br />

Oreste Rizzini, Lino Savorani<br />

Carlo COZZI Re Cervo 1965/66 Spiro DALLA PORTA Allievi Scuola <strong>di</strong> Recitazione<br />

Carlo GOZZI L’amore delle tre melarance 1984/85 Francesco MACEDONIO Marionette <strong>di</strong> Podrecca<br />

Franz GRILLPARZER Medea 1994/95 Nanni GARELLA Ottavia Piccolo, Gianni De Lellis,<br />

Dorotea Aslani<strong>di</strong>s, Graziano Piazza,<br />

Sara D’Amario, Riccardo<br />

Maranzana, Valeria D’Onofrio<br />

Clau<strong>di</strong>o GRISANCICH Alida Valli che nel<br />

Quaranta iera putela<br />

1996/97 Mario LICALSI Orazio Bobbio, Ariella Reggio<br />

Slavko GRUM Avvenimento 1971/72 Francesco MACEDONIO Franca Nuti, Gina Sammarco,<br />

nella città <strong>di</strong> Goga Gabriele <strong>La</strong>via, Franco Mezzera<br />

Dante GUARDAMAGNA Delitto e castigo 1972/73 Sandro BOLCHI Ugo Pagliai, Angiola Baggi, Lino<br />

(da DOSTOEVSKIJ) Savorani, Orazio Bobbio, Giorgio<br />

Valletta, Saverio Moriones<br />

Dante GUARDAMAGNA <strong>La</strong> breccia 1963/64 Ruggero JACOBBI Oreste Rizzini, Nicoletta Rizzi, Lino<br />

e Maria Silvia CODECASA Savorani, Franco Mezzera, Massimo<br />

De Vita, Vittorio Franceschi, Marisa<br />

Fabbri<br />

Peter HANDKE Attraverso i villaggi 1984/85 Roberto GUICCIARDINI Marisa Fabbri, Giancarlo Dettori,<br />

Giulio Brogi, Regina Bianchi, Anna<br />

Teresa Rossini


Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

Peter HANDKE L’ora in cui non sapevamo 1994/95 Giorgio PRESSBURGER Livio Bogatec, Patrizia Burul, Stojan<br />

niente l’uno dell’altro Colja, Andreina Garella, Alojz Milic,<br />

Lucka Pockaj, Riccardo Maranzana,<br />

Monica Samassa, Maurizio Soldà, e<br />

con Mariano Rigillo (voce recitante)<br />

Vaclav HAVEL L’opera dello straccione 1975/76 Fulvio TOLUSSO Corrado Gaipa, Marina Dolfin,<br />

Umberto D’Orsi<br />

Hugo von HOFFMANSTHAL <strong>La</strong> leggenda <strong>di</strong> Ognuno 1957/58 Franco ENRIQUEZ Ottorino Guerrini, Umberto Raho,<br />

Carlo Bagno, Mario Verdani, Lino<br />

Troisi, Marisa Bartoli, Li<strong>di</strong>a<br />

<strong>La</strong>gonegro, Lino Savorani, Mario<br />

Adorf<br />

Arthur HONEGGER<br />

e Paul CLAUDEL<br />

Giovanna d’Arco al rogo 1995-96 Antonio CALENDA Daniela Giovanetti, Virginio Gazzolo<br />

Odön von HORVATH Storie del bosco viennese 1977-78 Franco ENRIQUEZ Valeria Moriconi, Corrado Pani, Pina<br />

Cei, Micaela Esdra, Nestor Garay<br />

Odön von HORVATH Fräulein Pollinger 1984-85 Giorgio PRESSBURGER Daniela Mazzucato, Sandro<br />

Massimini, Franco Nebbia<br />

Bohumil HRABAL Una solitu<strong>di</strong>ne 1992-93 Giorgio PRESSBURGER Paolo Bonacelli, Patrizia Burul,<br />

troppo rumorosa Paolo Meloni, Franco Noè, Tiziano<br />

Pelan<strong>di</strong><br />

Albert HUSSON <strong>La</strong> cucina degli angeli 1954-55 Alessandro BRISSONI <strong>La</strong>ura Solari, Gianni Mantesi, Pietro<br />

Privitera<br />

Henrik IBSEN <strong>Il</strong> piccolo Eyolf 1967/68 Aldo TRIONFO Giulio Bosetti, Franca Nuti, Paola<br />

Bacci, Massimo Gridolfi<br />

Henrik IBSEN Casa <strong>di</strong> bambola 1973/74 Francesco MACEDONIO Ludovica Modugno, Carlo Montagna,<br />

Mario Maranzana, Delia Bertolucci,<br />

Franco Mezzera<br />

Eugene JONESCO Sicario senza paga 1968/69 Josè QUAGLIO Giulio Bosetti, Marina Bonfigli,<br />

Alvise Battain, Josè Quaglio<br />

Georg KAISER Davide e Golia 1957/58 Sandro BOLCHI Ottorino Guerrini, Enrica Corti,<br />

Carlo Bagno<br />

Georg KAISER <strong>Il</strong> funzionario Krehler 1979/80 Paolo MAGELLI Cecilia Polizzi, Flavio Bucci, Gianni<br />

Galavotti, Micaela Pignatelli<br />

Tullio KEZICH <strong>La</strong> coscienza <strong>di</strong> Zeno 1978/79 Franco GIRALDI Renzo Montagnani, Marina Dolfin,<br />

(da I. SVEVO) Gianni Galavotti<br />

Tullio KEZICH Bouvard e Peuchet 1982/83 Giovanni PAMPIGLIONE Mario Maranzana, Vittorio<br />

e Luigi SQUARZINA (da G. FLAUBERT) Franceschi<br />

Heinrich von KLEIST <strong>La</strong> brocca rotta 1977/78 Giorgio PRESSBURGER Paolo Bonacelli, Marina Dolfin, Lino<br />

Savorani, Franco Jesurum,<br />

Francesca Muzio<br />

Pavel KOHOUT Roulette 1976/77 Roberto GUICCIARDINI Regina Bianchi, Paolo Graziosi,<br />

Lorenza Guerrieri, Daniele Griggio<br />

Franz Xavier KROETZ Renzo e Anna 1974/75 Furio BORDON Orazio Bobbio, Ariella Reggio<br />

Eugene LABICHE <strong>La</strong> Cagnotte 1959/60 Giacomo COLLI Leonardo Cortese, Omero Antonutti,<br />

Lino Savorani, Pina Cei<br />

Stefano LAURI Hänsel e Gretel 1967/68 Ugo AMODEO Edoardo Zammarchi, Maria Pia<br />

(dai F.lli Grimm) Bellizzi, Mimmo Lo Vecchio, Mariella<br />

Terragni<br />

97


98 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

Vla<strong>di</strong>miro LISIANI Un buso in mia contrada 1969/70 Francesco MACEDONIO Li<strong>di</strong>a Braico, Ariella Reggio, Cip<br />

Barcellini, Franco Rossi, Giorgio<br />

Valletta, Giusy Carrara, Fulvia<br />

Gasser, Gianfranco Saletta<br />

Giuseppe MAFFIOLI del povaro soldato 1965/66 Giuseppe MAFFIOLI Vittorio Franceschi, Oreste Rizzini,<br />

(da RUZANTE) Nicoletta Rizzi<br />

Clau<strong>di</strong>o MAGRIS Stadelmann 1990/91 Egisto MARCUCCI Tino Schirinzi, Barbara Valmorin,<br />

Gianni De Lellis<br />

Clau<strong>di</strong>o MAGRIS <strong>La</strong> <strong>mostra</strong> 2002/03 Antonio CALENDA Roberto Herlitzka, Mario Maranzana<br />

Curzio MALAPARTE Das Kapital 1981/82 Franco GIRALDI Mario Maranzana, Vittorio<br />

Franceschi, Margherita Guzzinati<br />

Libero MAZZI Trieste con tanto amore 1968/69 Giulio BOSETTI Cesco Baseggio, Giulio Bosetti,<br />

Franca Nuti, Luigi Vannucchi<br />

Libero MAZZI Omaggio ai poeti triestini:<br />

Camber Barni<br />

1971/72 Franca Nuti, Franco Mezzera<br />

Arthur MILLER <strong>Il</strong> crogiuolo 1974/75 Sandro BOLCHI Marina Dolfin, Giorgio Valletta, Lino<br />

Troisi, Ludovica Modugno, Franco<br />

Mezzera<br />

Sergio MINIUSSI L’anno della peste 1959/60 Ugo AMODEO Dario Mazzoli, Mario Licalsi, Giorgio<br />

Valletta, Dario Penne, Franco<br />

Jesurum<br />

Sergio MINIUSSI Dialoghi con Leucò 1963/64 Aldo TRIONFO Marisa Fabbri, Egisto Marcucci,<br />

e Aldo TRIONFO (da PAVESE) Nicoletta Rizzi, Franco Mezzera,<br />

Oreste Rizzini<br />

MOLIERE Don Giovanni 1971/72 Giulio BOSETTI Giulio Bosetti, Lino Savorani, Paola<br />

Bacci, Giampiero Becherelli, Cesare<br />

Gelli<br />

Ferenc MOLNAR <strong>La</strong> leggenda <strong>di</strong> Liliom 1959/60 Leonardo CORTESE Leonardo Cortese, Anna Menichetti,<br />

Li<strong>di</strong>a <strong>La</strong>gonegro, Omero Antonutti,<br />

Pina Cei, Lino Savorani<br />

Robert MUSIL Vinzenz e l’amica 1963/64 Aldo TRIONFO Marisa Fabbri, Vittorio Franceschi,<br />

degli uomini importanti Franco Mezzera<br />

Alfred de MUSSET I capricci <strong>di</strong> Marianna 1956/57 Gianfranco DE BOSIO <strong>La</strong>ura Solari, Giulio Bosetti, Cesco<br />

Ferro, Ottorino Guerrini<br />

Aldo NICOLAI Gli asini magri 1960/61 Sandro BOLCHI Luciano Alberici, Marisa Fabbri,<br />

Anna Miserocchi, Margherita<br />

Guzzinati, Omero Antonutti, Rino<br />

Romano, Carlo Bagno<br />

Clifford ODETS <strong>La</strong> ragazza <strong>di</strong> campagna 1958/59 Franco ENRIQUEZ Gianmaria Volontè, Ottorino<br />

Guerrini, Enrica Corti<br />

John OSBORNE Motivo <strong>di</strong> scandalo 1965/66 Raffaele MAIELLO Egisto Marcucci, Nicoletta Rizzi, Lino<br />

e riflessione Savorani, Vittorio Franceschi<br />

John OSBORNE Un patriota per me 1996/97 Giancarlo COBELLI Massimo Belli<br />

Alcide PAOLINI Lezione <strong>di</strong> tiro 1973/74 Furio BORDON Giampiero Becherelli, Antonella<br />

Marchi, Stefano Lescovelli<br />

Pier Paolo PASOLINI Calderon 1979/80 Giorgio PRESSBURGER Paolo Bonacelli, Marina Dolfin,<br />

Gianni Galavotti, Francesca Muzio<br />

Pier Paolo PASOLINI I Turcs tal Friùl 1994/95 Elio DE CAPITANI Lucilla Morlacchi, Fabiano Fantini,<br />

Renato Rinal<strong>di</strong>, Giovanni Visentin


Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

John PATRICK Attimo fermati, sei bello! 1954/55 Gianfranco DE BOSIO <strong>La</strong>ura Solari, Pietro Privitera, Grazia<br />

Migneco, Gianni Mantesi<br />

Franco PERO’ Winckelmann: “Finalmente<br />

verrà la quiete”<br />

1996/97 Franco PERO’ Giulio Brogi, Massimo De Rossi<br />

Aldo PERRINI Non si dorme a Kirkwall 1955/56 Gianfranco DE BOSIO Pietro Privitera, Isabella Riva,<br />

Marisa Mantovani, Mario Bardella,<br />

Lino Savorani<br />

Harold PINTER Tra<strong>di</strong>menti 1988/89 Furio BORDON Paola Bacci, Giampiero Bianchi,<br />

Paolo Bonacelli<br />

Luigi PIRANDELLO Lumie <strong>di</strong> Sicilia 1955/56 Ottavio SPADARO Pietro Privitera, Marisa Mantovani,<br />

Isabella Riva<br />

Luigi PIRANDELLO Ma non è una cosa seria 1956/57 Carlo LODOVICI Ottorino Guerrini, Giulio Bosetti,<br />

Marisa Mantovani, Cesco Ferro, Lino<br />

Savorani<br />

Luigi PIRANDELLO Questa sera 1958/59 Franco ENRIQUEZ Paola Borboni, Gianmaria Volontè,<br />

si recita a soggetto Margherita Guzzinati<br />

Luigi PIRANDELLO Questa sera 1986/87 Giuseppe Mariano Rigillo, Paola Bacci,<br />

si recita a soggetto PATRONI GRIFFI Leopoldo Mastelloni, nella ripresa<br />

Vittorio Caprioli, Giovanni Crippa,<br />

<strong>La</strong>ura Marinoni<br />

Luigi PIRANDELLO L’imbecille-<strong>La</strong> patente 1959/60 Fulvio TOLUSSO Carlo Bagno, Dario Mazzoli, Lino<br />

<strong>La</strong> giara Savorani, Mimmo Lo Vecchio,<br />

Giorgio Valletta<br />

Luigi PIRANDELLO Sei personaggi 1960/61 Giuseppe DI MARTINO Marisa Fabbri, Anna Miserocchi,<br />

in cerca d’autore Margherita Guzzinati, Lino<br />

Savorani, Carlo Bagno<br />

Luigi PIRANDELLO Sei personaggi 1987/88 Giuseppe Vittoriti Caprioli, Mariano Rigillo,<br />

in cerca d’autore PATRONI GRIFFI <strong>Il</strong>aria Occhini, Giovanni Crippa,<br />

<strong>La</strong>ura Marinoni, Caterina Boratto<br />

Luigi PIRANDELLO Così è se vi pare 1961/62 Sandro BOLCHI Gianni Musy, Gina Sammarco, Mario<br />

Pisu, Margherita Guzzinati, Marisa<br />

Fabbri, Omero Antonutti<br />

Luigi PIRANDELLO Enrico IV 1966/67 Giuseppe MAFFIOLI Renzo Ricci, Eva Magni, Mariangela<br />

Melato<br />

Luigi PIRANDELLO Non si sa come 1969/70 Josè QUAGLIO Giulio Bosetti, Anna Maria Gherar<strong>di</strong>,<br />

Giampiero Becherelli<br />

Luigi PIRANDELLO Ciascuno a modo suo 1988/89 Giuseppe Mariano Rigillo, <strong>Il</strong>aria Occhini,<br />

PATRONI GRIFFI Giovanni Crippa, <strong>La</strong>ura<br />

Marinoni,Vittorio Caprioli<br />

Stefano PIRANDELLO <strong>La</strong> scuola dei padri 1954/55 Ottavio SPADARO Pietro Privitera, Carla Bizzarri,<br />

Gianni Mantesi<br />

PLAUTO Anfitrione 1955/56 Ottavio SPADARO Mario Mariani, Marisa Mantovani,<br />

Mario Bardella<br />

Giovanni POLI <strong>La</strong> comme<strong>di</strong>a degli Zanni 1967/68 Giovanni POLI Franco Jesurum, Mimmo Lo Vecchio,<br />

Orazio Bobbio, Giorgio Valletta,<br />

Gabriele <strong>La</strong>via, Li<strong>di</strong>a Braico, Mario<br />

Valgoi, Salvo Anselmo, Leda Palma<br />

Giovanni POLI L’alfabeto dei villani 1971/72 Giovanni POLI Aldo Bonato, Daniela Foà, Michela e<br />

Sandra Martni, Mario Zanotto<br />

99


100 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

Marco PRAGA Le vergini 1955/56 Ottavio SPADARO Mario Mariani, Mario Bardella,<br />

Marisa Mantovani, Lino Savorani<br />

Giorgio PRESSBURGER Karl Valentin Kabarett 1980/81 Giorgio PRESSBURGER Vittorio Caprioli, Gianni Galavotti,<br />

Paolo Rossi, Jole Si/vani<br />

Giorgio PRESSBURGER Eroe <strong>di</strong> scena 1985/86 Giorgio PRESSBURGER Carlo Simoni, Lea Padovani, Aldo<br />

fantasma d’amore (Moissi) Reggiani, Clau<strong>di</strong>o Gora, Li<strong>di</strong>a<br />

Kozlovich, Gian Paolo Pod<strong>di</strong>ghe<br />

Stanislawa PRZYBYZEWSKA<br />

e Andrzej WAJDA<br />

L’affare Danton 1982-83 Maciej KARPlNSKY Mario Maranzana, Vittorio Franceschi<br />

RECITAL <strong>di</strong> Paola Borboni 1958/59<br />

RECITAL <strong>di</strong> Diana Torrieri 1959/69<br />

RECITAL <strong>di</strong> Paola Borboni Fantasia in nero 1959/69<br />

RECITAL <strong>di</strong> Paola Borboni 1960/61<br />

RECITAL <strong>di</strong> Marisa Fabbri 1963/64<br />

Antonio RICCARDINI L’ultimo de carneval 1971/72 Francesco MACEDONIO Mimmo Lo Vecchio, Orazio Bobbio,<br />

Ariella Reggio, Giorgio Valletta<br />

Franco Jesurum, Luciano Virgilio,<br />

Marino Masè<br />

Renzo ROSSO <strong>Il</strong> pianeta indecente 1983/84 Roberto GUICCIARDINI Giulio Brogi, Leda Negroni, Anna<br />

Teresa Rossini<br />

William SAROYAN I giorni della vita 1956/57 Franco ENRIQUEZ Ottorino Guerrini, Marisa<br />

Mantovani, Cesco Ferro, Camillo<br />

Milli, Giulio Bosetti, Vittorio Congia,<br />

Lino Troisi<br />

Jean-Paul SARTRE Nekrassov 1969/70 Ernesto GUIDA Giulio Bosetti, Mario Pisu,<br />

Marianella <strong>La</strong>szlo, Lino Savorani,<br />

Gianni Musy<br />

Friedrich SCHILLER Intrigo e amore 1993/94 Nanni GARELIA Ottavia Piccolo, Dorotea Aslani<strong>di</strong>s,<br />

Gianni De Lellis, Graziano Piazza,<br />

Virginio Gazzolo<br />

Eric-Emmanuel SCHMITT <strong>Il</strong> visitatore 1995/96 Antonio CALENDA Turi Ferro, Kim Rossi Stuart, Sabina<br />

(traduzione: Enzo SICILIANO) Vannucchi, Sergio Tar<strong>di</strong>oli<br />

Arthur SCHNITZLER Anatol 1975/76 Roberto GUICCIARDINI Gabriele <strong>La</strong>via, Manuela<br />

Kustermann, Virgilio Zernitz<br />

Arthur SCHNITZLER Anatol 1992/93 Nanni GARELLA Roberto Sturno, Gianni De Lellis,<br />

Sara Alzetta, Monica Bucciantini,<br />

Nicoletta Corra<strong>di</strong>, Alvia Reale,<br />

Stefania Barca<br />

Arthur SCHNITZLER Casanova a Spa 1987/88 Luca de FUSCO Mariano Rigillo, Vittorio Franceschi,<br />

Anna Teresa Rossini, Giampiero<br />

Becherelli<br />

William SHAKESPEARE Molto rumore per nulla 1957/58 Franco ENRIQUEZ Enrica Corti, Antonio Pierfederici<br />

Lino Troisi, Ottorino Guerrini, Carlo<br />

Bagno<br />

William SHAKESPEARE <strong>La</strong> bisbetica domata 1958/59 Franco ENRIQUEZ Enrica Corti, Ottorino Guerrini,<br />

Carlo Bagno, Gianmaria Volontè,<br />

Lino Savorani, Cesco Ferro,<br />

Margherita Guzzinati


Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

101<br />

William SHAKESPEARE <strong>La</strong> do<strong>di</strong>cesima notte 1960/61 Giovanni POLI Carlo Bagno, Ottorino Guerrini,<br />

Marisa Fabbri, Anna Miserocchi,<br />

Margherita Guzzinati, Omero<br />

Antonutti<br />

William SHAKESPEARE Come vi garba 1964/65 Eriprando VISCONTI Marisa Fabbri, Nicoletta Rizzi,<br />

Franco Mezzera, Lino Savorani,<br />

Vittorio Franceschi<br />

William SHAKESPEARE Otello 1965/66 Beppe MENEGATTI Luigi Vannucchi, Nicoletta Rizzi,<br />

Egisto Marcucci, Vittorio Franceschi,<br />

Oreste Rizzini<br />

William SHAKESPEARE Otello 2001/02 Antonio CALENDA Michele Placido, Sergio Romano,<br />

Giancarlo Cortesi, Giorgio <strong>La</strong>nza,<br />

Rossana Mortara, Valentina Valsania<br />

William SHAKESPEARE Macbeth 1966/67 Tino BUAZZELLI Tino Buazzelli, Paola Mannoni,<br />

Egisto Marcucci<br />

William SHAKESPEARE Riccardo III 1989/90 Gabriele LAVIA Gabriele <strong>La</strong>via, Monica Guerritore,<br />

Dorotea Aslani<strong>di</strong>s, Gianni De Lellis,<br />

Barbara Valmorin, Giorgio Crisafi<br />

William SHAKESPEARE Riccardo II 1991/92 Glauco MAURI Roberio Sturno, Gianni Galavotti,<br />

Ireneo Petruzzi, Donatello Falchi<br />

William SHAKESPEARE Riccardo III 1996/97 Antonio CALENDA Franco Branciaroli, Lucilla<br />

Morlacchi, Anita Bartolucci, Giorgio<br />

Bonino, Gea Lionello, Antonio<br />

Zanoletti<br />

William SHAKESPEARE Amleto 1998/99 Antonio CALENDA Kim Rossi Stuart, Gianni Musy,<br />

Osvaldo Ruggieri, Alvia Reale,<br />

Gianfranco Varetto, Rossana<br />

Mortara<br />

George Bernard SHAW L’uomo del destino 1956/57 Gianfranco DE BOSIO <strong>La</strong>ura Solari, Giulio Bosetti, Cesco<br />

Ferro<br />

Georges SHEHADE <strong>La</strong> storia <strong>di</strong> Vasco 1962/63 Aldo TRIONFO Marisa Fabbri, Renzo Montagnani,<br />

Vittorio Franceschi, Massimo De Vita<br />

Valeria SISTO COMAR <strong>La</strong> santa calce 1965/66 Anna GRUBER Nicoletta Rizzi, Ottavio Di Donato,<br />

Giorgio Valletta, Lino Savorani,<br />

Tonino Pavan, Stella Migliore<br />

SOFOCLE Elettra Estate ’64 Fulvio TOLUSSO Marisa Fabbri, Fosco Giacchetti,<br />

Adriana Innocenti, Franco Mezzera,<br />

Egisto Marcucci, Nicoletta Rizzi,<br />

Paola Boccardo<br />

SOFOCLE E<strong>di</strong>po a Colono Estate ’66 Edmo FENOGLIO Tino Buazzelli, Roldano Lupi, Giulia<br />

<strong>La</strong>zzarini, Raul Grassilli, Paola<br />

Mannoni, Tino Bianchi, Omero<br />

Antonutti<br />

SOFOCLE E<strong>di</strong>po a Colono 1996/97 Antonio CALENDA Roberto Herlitzka, Piera Degli Esposti,<br />

scrittura rievocativa Ester Galazzi, Dodo Gagliarde,<br />

<strong>di</strong> Ruggero CAPPUCCIO Gino Monteleone, Paolo Fagiolo,<br />

Stefano Galante, Antonio Tallura,<br />

Maurizio Zacchigna<br />

SOFOCLE E<strong>di</strong>po Re 1967/68 Orazio COSTA Giulio Bosetti, Franca Nuti, Mario<br />

Valgoi, Gabriele <strong>La</strong>via


102 Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

Marko SOSIC Ballerina Ballerina 1996/97 Branko ZAVRSAN Lucka Pockaj<br />

Luigi SQUARZINA Tre quarti <strong>di</strong> lana 1961/62 Fulvio TOLUSSO Marisa Fabbri, Gianni Musy, Omem<br />

Antonutti, Mario Maranzana, Omera<br />

<strong>La</strong>zzari<br />

Luigi SQUARZINA Romagnola 1964/65 Eriprando VISCONTI Adriana Innocenti, Vittorio<br />

Franceschi, Franco Mezzera<br />

Luigi SQUARZINA e Tullio KEZICH (Ve<strong>di</strong> Tullio KEZICH)<br />

August STRINDBERG <strong>Il</strong> pellicano 1980/81 Gabriele LAVIA Gabriele <strong>La</strong>via, Lea Padovani, Carlo<br />

Simoni, Paola Pitagora<br />

Italo SVEVO Inferiorità 1955/56 Ottavio SPADARO Filippo Scelzo, Mario Bardella<br />

Italo SVEVO Un marito 1960/61 Sandro BOLCHI Luciano Alberici, Anna Miserocchi,<br />

Omero Antonutti, Marisa Fabbri,<br />

Margherita Guzzinati<br />

Italo SVEVO L’avventura <strong>di</strong> Maria 1968/69 Aldo TRIONFO Franca Nuti, Gianni Galavotti,<br />

Massimo De Francovich, Paola Bacci<br />

Italo SVEVO Terzetto spezzato 1973/74 Furio BORDON Giampiero Becherelli, Stefano<br />

Lescovelli, Antonella Marchi<br />

Italo SVEVO Caro bonbon 1990/91 Marco SCIACCALUGA Massimo De Francovich<br />

Italo SVEVO L’avventura <strong>di</strong> Maria 1995/96 Nanni GARELLA Gabriele Ferzetti, Patrizia Zappa<br />

Mulas, Gianni De Lellis, Giorgio<br />

<strong>La</strong>nza, Umberto Raho, Stefania<br />

Stefanin, Riccardo Maranzana,<br />

Barbara Trost, Daniele Bonnes<br />

Italo SVEVO Senilità 1997/98 Francesco MACEDONIO Roberto Herlitzka, Lucka Pockaj, Alvia<br />

adattamento <strong>di</strong> Alberto BASSETTI Reale<br />

John Milhngton SYNGE <strong>Il</strong> furfantello dell’ovest 1961/62 Fulvio TOLUSSO Gino Cavalieri, Gianni Musy, Carlo<br />

Bagno, Gina Sammarco, Marisa<br />

Fabbri, Omero Antonutti<br />

Carlo TERRON Avevo più stima dell’idrogeno 1959/60 Mario MARANZANA Pina Cei, Omero Antonutti, Dario<br />

Penne<br />

Charles THOMAS Jenny nel frutteto 1955/56 Ottavio SPADARO Marisa Mantovani, Mario Bardella<br />

Sergio TOFANO (Stò) Una losca congiura 1955/56 Spiro DALLA PORTA Allievi della Scuola <strong>di</strong> Recitazione<br />

ovvero Barbariccia contro Bonaventura<br />

Sergio TOFANO (Stò) L’isola dei pappagalli 1956/57 Spiro DALLA PORTA Maria Grazia Spinazzi, Cesco Ferro<br />

Sergio TOFANO (Stò) Bonaventura, 1957/58 Spiro DALLA PORTA Allievi<br />

veterinario per forza della Scuola <strong>di</strong> Recitazione<br />

Fulvio TOMIZZA Vera Verk 1962/63 Fulvio TOLUSSO Paola Borboni, Fosco Giachetti,<br />

Marisa Fabbri, Edda Valente, Renzo<br />

Montagnani, Lino Savorani<br />

Fulvio TOMIZZA <strong>La</strong> storia <strong>di</strong> Bertoldo 1968/69 Giovanni POLI Franco Mezzera, Marina Bonfigli,<br />

Alvise Battain, Lino Savorani<br />

Fulvio TOMIZZA L’idealista (da I. CANKAR) 1976/77 Francesco MACEDONIO Corrado Pani, Leda Negroni, Carlo<br />

Cattaneo, Nestor Garay<br />

Aldo TRIONFO e Sergio MINIUSSI (ve<strong>di</strong> Sergio MINIUSSI)<br />

Aldo TRIONFO Sandokan, Yanez e i tigrotti 1969/70 Aldo TRIONFO Giulio Brogi, Clau<strong>di</strong>a Giannotti,<br />

e Tonino CONTE della Malesia alla conquista Lino Savorani, Franco Mezzera,<br />

della Perla <strong>di</strong> <strong>La</strong>buan (da Salgari) Antonio Francioni, Franco Jesurum,<br />

Orazio Bobbio, Saverio Moriones,<br />

Mimmo Lo Vecchio


Autore Titolo Stagione Regia Interpreti principali<br />

Aldo TRIONFO Margherita Gautier: 1970/71 Aldo TRIONFO Valeria Moriconi, Lia Zoppelli,<br />

e Tonino CONTE la dame aux camelias (da Dumas) Gianni Agus, Ennio Balbo, Rodolfo<br />

Bal<strong>di</strong>ni<br />

David Maria TUROLDO <strong>Il</strong> martirio <strong>di</strong> Lorenzo 1965/66 Giuseppe MAFFIOLI Egisto Marcucci, Vittorio Franceschi,<br />

Enrico d’Amato<br />

Heinrich von KLEIST Anfitrione 2001/02 Shahroo KHERADMAND Roberto Herlitzka, Giorgio <strong>La</strong>nza,<br />

Rossana Mortara<br />

Franz WEDEKIND <strong>Il</strong> Marchese von Keith 1979/80 Nino MANGANO Luigi Diberti, Valeria Ciangottini,<br />

Pietro Bion<strong>di</strong>, Gianni Galavotti<br />

Tennessee WILLIAMS Zoo <strong>di</strong> vetro 1979/80 Tatiana PAVLOVA Tatiana Pavlova, Marisa Mantovani,<br />

Paolo Privitera, Mario Mariani<br />

Tennessee WILLIAMS Lo zoo <strong>di</strong> vetro 1989/90 Furio BORDON Piera Degli Esposti, Franco<br />

Castellano, Diego Ribon, Beatrice<br />

Visibelli<br />

Carl ZUCKMAYER <strong>Il</strong> capitano <strong>di</strong> Köpenik 1973/74 Sandro BOLCHI Renato Rascel, Lino Savorani, Elio<br />

Crovetto, Nino Pavese<br />

103


104<br />

Teatro Stabile<br />

del Friuli-Venezia Giulia<br />

«Teatro Copioni»: la prima collana <strong>di</strong> volumi del Teatro Stabile<br />

Del Bianco E<strong>di</strong>tore<br />

1. “<strong>Il</strong> piccolo Eyolf”<br />

<strong>di</strong> Henrik Ibsen. Versione <strong>di</strong> Gennaro Pistilli. Note <strong>di</strong> Francesco Macedonio alla regia <strong>di</strong> Aldo Trionfo<br />

2. “<strong>La</strong> storia <strong>di</strong> Bertoldo”<br />

<strong>di</strong> Fulvio Tomizza (da Giulio Cesare Croce). Note <strong>di</strong> regia <strong>di</strong> Giovanni Poll<br />

3. “<strong>Il</strong> mio Carso”<br />

4. “I nobili ragusei”<br />

<strong>di</strong> Scipio Slataper. Riduzione per le scene <strong>di</strong> Furio Bordon. Note <strong>di</strong> regia <strong>di</strong> Francesco Macedonio<br />

<strong>di</strong> Marino Darsa. Prima versione italiana <strong>di</strong> Lino Carpinteri e Mariano Faraguna<br />

5. “Sandokan Yanez e i tigrotti della Malesia alla conquista della Perla <strong>di</strong> <strong>La</strong>buan”<br />

<strong>di</strong> Aldo Trionfo e Tonino Conte (da Emilio Salgari)<br />

6. “Margherita Gautier la Dame aux camélias”<br />

<strong>di</strong> Aldo Trionfo e Tonino Conte (da Alessandro Dumas figlio).<br />

Note <strong>di</strong> Alessandro Giupponi alla regia <strong>di</strong> Aldo Trionfo<br />

7. “Don Giovanni”<br />

<strong>di</strong> Molière. Traduzione <strong>di</strong> Giulio Bosetti.<br />

8. “Amico sciacallo. Canto e controcanto”<br />

Due comme<strong>di</strong>e <strong>di</strong> Furio Bordon<br />

9. “Delitto e castigo”<br />

da Dostoevskij.<br />

Riduzione teatrale in 2 tempi <strong>di</strong> Dante Guardamagna<br />

10. “<strong>Il</strong> capitano <strong>di</strong> Köpenick”<br />

<strong>di</strong> Zuckmayer.<br />

Versione italiana <strong>di</strong> Lino Carpinteri e Mariano Faraguna<br />

I «Quaderni» pubblicati dal Teatro Stabile<br />

12. Svevo “per noi” oggi<br />

<strong>La</strong> coscienza <strong>di</strong> Zeno<br />

13. Arbuzov: la santa ingenuità del teatro<br />

Vecchio mondo<br />

14. Carlo Goldoni “Una donna <strong>di</strong> garbo”<br />

15. Georg Kaiser <strong>Il</strong> funzionario Krehler: alla ricerca dell’tiomo nuovo<br />

16. Franz Wedekind “<strong>Il</strong> marchese von Keith”<br />

17. L’uso della vita<br />

Calderon <strong>di</strong> Pasolini<br />

Le pubblicazioni


18. August Strindberg: la bellezza tragica della vita<br />

<strong>Il</strong> pellicano<br />

19. Karl Valentin “Cabaret”<br />

20. Eduardo: vita <strong>di</strong> un attore comico<br />

21. Le marionette <strong>di</strong> Vittorio Podrecca<br />

22. Curzio Malaparre “Das Kapital”<br />

23. “L’affare Danton” <strong>di</strong> Stanislava Przbyzewska<br />

24. Le marionette <strong>di</strong> Podrecca<br />

<strong>Il</strong> mondo della luna <strong>di</strong> C. Goldoni<br />

25. “Bouvard e Pouchet” <strong>di</strong> Tullio Kezich e Luigi Squarzina (da Gustave Flaubert)<br />

26. Dürrenmatt “Romolo il grande”<br />

27. “<strong>Il</strong> pianeta indecente”<br />

28. “L’amore delle tre melarance”<br />

29. “Fraulein Pollinger”<br />

30. “Attraverso i villaggi”<br />

31. “I Rusteghi” <strong>di</strong> Carlo Goldoni<br />

32. “Eroe <strong>di</strong> scena fantasma d’amore (Moissi)”<br />

33. “Baal”<br />

34. “L’adulatore”<br />

35. “Questa sera si recita a soggetto”<br />

36. “Casanova a Spa”<br />

37. “Beckett concerto”<br />

38. “Sei personaggi in cerca d’autore”<br />

39. “Ciascuno a suo modo”<br />

40. Harold Pinter “Tra<strong>di</strong>menti”<br />

41. “Riccardo III”<br />

I «Quaderni» del Teatro Stabile - Art& e Arti Grafiche Friulane<br />

42. America del ‘900<br />

Lo zoo <strong>di</strong> vetro<br />

43. “<strong>Il</strong> viaggio incantato”<br />

105


106 44. Vittorio Franceschi “Scacco pazzo”<br />

45. <strong>Il</strong> pianeta degli ultimi anni<br />

Stadelmann <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong><br />

45 bis. “Caro bonbon”<br />

dall’Epistolario e dall’Album <strong>di</strong> famiglia <strong>di</strong> Italo Svevo<br />

46. William Shakespeare “Riccardo II”<br />

47. “Oblomov” <strong>di</strong> Ivan Goncarov, adattamento teatrale <strong>di</strong> Furio Bordon<br />

48. “Jack lo sventratore”<br />

<strong>di</strong> Vittorio Franceschi<br />

49. “Una solitu<strong>di</strong>ne troppo rumorosa”<br />

<strong>di</strong> Bobumil Hrabal, versione teatrale <strong>di</strong> Giorgio Pressburger<br />

50. “Anatol”<br />

51. “L’i<strong>di</strong>ota”<br />

<strong>di</strong> Arthur Schnitzler, versione italiana <strong>di</strong> Furio Bordon<br />

<strong>di</strong> F. M. Dostoevskij, adattamento teatrale <strong>di</strong> Furio Bordon su un’ipotesi drammaturgica <strong>di</strong> Padre D. Maria Turoldo<br />

52. “Intrigo e amore”<br />

<strong>di</strong> Friedrich Schiller, traduzione <strong>di</strong> Aldo Busi<br />

53. “Medea”<br />

<strong>di</strong> Franz Grillparzer, traduzione <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong><br />

54. “L’ora in cui non sapevamo niente l’uno dell’altro”<br />

<strong>di</strong> Peter Handke, testi <strong>di</strong> Mario Brandolin, Peter Handke, Giorgio Pressburger, Sabrina Morena, Rolando Zorzi<br />

55. “I Turcs tal Friúl”<br />

<strong>di</strong> Pier Paolo Pasolini, testi <strong>di</strong> Pier Paolo Pasolini, Gianfranco Contini, Novella Cantarutti, Nico Nal<strong>di</strong>ni, Elio De<br />

Capitani<br />

56. “L’avventura <strong>di</strong> Maria”<br />

<strong>di</strong> Italo Svevo, testi <strong>di</strong> Antonio Calenda, Nanni Garella, Franca Nuti, Ruggero Rimini, Italo Svevo, Patrizia Zappa Mulas<br />

I «Quaderni» del Teatro pubblicati dal Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia<br />

57. “Anima e Corpo” (2 e<strong>di</strong>z.)<br />

<strong>di</strong> Vittorio Gassman, testi <strong>di</strong> Antonio Calenda, Roberto De Monticelli, Giacomo Gambetti, Vittorio Gassman, Maria<br />

Grazia Gregori, Rita Sala<br />

58. Gigi Proietti: un attore e il suo teatro<br />

testi <strong>di</strong> Mario Brandolin, Antonio Calenda, Roberto De Monticelli, Rita Sala<br />

59. “Un’in<strong>di</strong>menticabile serata ovvero gli asparagi e l’immortalità dell’anima”<br />

da Achille Campanile, testi <strong>di</strong> Carlo Bo, Antonio Calenda, Oreste Del Buono, Franco Quadri, Enzo Siciliano


60. “E<strong>di</strong>po a Colono”<br />

<strong>di</strong> Sofocle, scrittura rievocativa <strong>di</strong> Ruggero Cappuccio, testi <strong>di</strong> Antonio Calenda, Ruggero Cappuccio<br />

61. “Bugie Sincere”<br />

<strong>di</strong> Vittorio Gassman, testi <strong>di</strong> Vittorio Gassman, Ruggero Cappuccio, Peter Brown<br />

62. “Irma la dolce”<br />

<strong>di</strong> Alexandre Breffort - Marguerite Monnot, testi <strong>di</strong> Rita Sala, Danilo Soli, Di<strong>di</strong>er C. Deutsch<br />

63. “Senilità”<br />

da Italo Svevo, adattamento teatrale <strong>di</strong> Alberto Bassetti, testi <strong>di</strong> Italo Svevo, Alberto Bassetti, Daniele Del Giu<strong>di</strong>ce,<br />

Mario Brandolin<br />

64. “Riccardo III” <strong>di</strong> William Shakespeare, traduzione <strong>di</strong> Patrizia Valduga, testi <strong>di</strong> Mario Brandolin, Alessandro Serpieri, Giovanna<br />

65. “Amleto”<br />

Mochi, Patrizia Valduga<br />

<strong>di</strong> William Shakespeare, traduzione <strong>di</strong> Agostino Lombardo, testi <strong>di</strong> Mario Brandolin, Agostino Lombardo,<br />

Alessandro Serpieri, Roberta Gefter Wondrich, Renzo S. Crivelli, Giuseppina Restivo, Guido Botteri<br />

66. “Ma che c’entra Peter Pan?”<br />

<strong>di</strong> Alberto Bassetti<br />

67. “Rappresentazione della Passione”<br />

elaborazione drammaturgica <strong>di</strong> Antonio Calenda, testi <strong>di</strong> Odoardo Bertani, Guido De Monticelli, Angelo Mandorlo,<br />

Renzo Tian<br />

68. “Antigone” <strong>di</strong> Jean Anouilh, versione italiana <strong>di</strong> Furio Bordon, testi <strong>di</strong> Furio Bordon, Antonio Calenda, <strong>Il</strong>aria Lucari<br />

69. I Piccoli <strong>di</strong> Podrecca<br />

70. “Agamennone” e “Coefore”<br />

<strong>di</strong> Eschilo, traduzione <strong>di</strong> Manara Valgimigli, testi <strong>di</strong> Antonio Calenda, Caterina Barone, <strong>Il</strong>aria Lucari<br />

71. “<strong>La</strong> Mostra” <strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong>, testi <strong>di</strong> Guido Botteri, <strong>Il</strong>aria Lucari<br />

“Teatro/Università” - E<strong>di</strong>zioni Clueb Bologna/Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia<br />

1. “Tradurre/Interpretare Amleto”<br />

a cura <strong>di</strong> Giuseppina Restivo e Renzo S. Crivelli<br />

E<strong>di</strong>zioni speciali<br />

“<strong>Il</strong> nuovo vecchio <strong>Rossetti</strong>”<br />

a cura <strong>di</strong> Guido Botteri e Stefano Curti<br />

107


Teatro Stabile<br />

del Friuli-Venezia Giulia<br />

COEFORE<br />

<strong>di</strong> Eschilo regia <strong>di</strong> Antonio Calenda<br />

con Piera Degli Esposti, Daniela Giovanetti, Alessando Preziosi,<br />

Le produzioni 2002-2003<br />

Osvaldo Ruggieri, Giampiero Fortebraccio, Giorgio <strong>La</strong>nza, Giancarlo Cortesi<br />

in collaborazione con Istituto Nazionale del Dramma Antico Fondazione Onlus<br />

OTELLO<br />

<strong>di</strong> William Shakespeare regia <strong>di</strong> Antonio Calenda<br />

con Michele Placido, Sergio Romano<br />

PALLIDO OGGETTO DEL DESIDERIO<br />

<strong>di</strong> René De Ceccatty dal romanzo <strong>La</strong> femme et le pantin <strong>di</strong> Pierre Louÿs<br />

regia <strong>di</strong> Alfredo Arias<br />

con Pino Micol, Daniela Giovanetti, Francesca Benedetti<br />

LA MOSTRA<br />

<strong>di</strong> Clau<strong>di</strong>o <strong>Magris</strong> regia <strong>di</strong> Antonio Calenda<br />

con Roberto Herlitzka, Mario Maranzana<br />

VARIETÀ<br />

con I Piccoli <strong>di</strong> Podrecca<br />

109


Teatro Stabile<br />

del Friuli-Venezia Giulia<br />

Arnaldo NINCHI<br />

presidente<br />

Rodolfo CASTIGLIONE<br />

vicepresidente<br />

Tiziana BENUSSI<br />

Francesco MARANGON<br />

Piero MARTINUZZI<br />

Antonio PAOLETTI<br />

Rossana POLETTI<br />

consiglieri<br />

collegio dei revisori<br />

Cosimo CECERE<br />

presidente<br />

Giuseppe DI BARTOLO ZUCCARELLO<br />

Paolo MUSOLLA<br />

soci<br />

Comune <strong>di</strong> Trieste<br />

Regione Autonoma Friuli-Venezia Giulia<br />

Provincia <strong>di</strong> Gorizia<br />

Provincia <strong>di</strong> Pordenone<br />

Provincia <strong>di</strong> Trieste<br />

Provincia <strong>di</strong> U<strong>di</strong>ne<br />

Camera <strong>di</strong> Commercio Industria<br />

Artigianato e Agricoltura <strong>di</strong> Trieste<br />

Unicre<strong>di</strong>t Banca Spa Divisione CRTrieste<br />

Teatro Stabile del Friuli-Venezia Giulia<br />

Viale XX Settembre, 45<br />

34126 TRIESTE<br />

tel. 040.3593511<br />

fax 040.3593555<br />

www.ilrossetti.it<br />

e-mail info@ilrossetti.it<br />

Antonio CALENDA<br />

<strong>di</strong>rettore<br />

Sergio DOVGAN<br />

responsabile amministrazione<br />

Paolo GIOVANAZZI<br />

responsabile tecnico<br />

Stefano CURTI<br />

responsabile marketing e comunicazione<br />

Roberta TORCELLO<br />

responsabile produzione<br />

Lucia DUSSI<br />

Diego PECAR<br />

Daniela SFERCO<br />

ufficio amministrazione<br />

Massimo CARLI<br />

Flavio DOGANI<br />

Giuliano GIONCHETTI<br />

Rosaria SCHIRALDI<br />

Roberto STAREC<br />

Massimo TATARELLA<br />

Carlo TURETTA<br />

Giorgio ZARDINI<br />

Ra<strong>di</strong>voi ZOBIN<br />

ufficio tecnico<br />

Emmanuele BONNES<br />

Oriana CRESSI<br />

Monica FAVARETTO<br />

Marzia GALANTE<br />

<strong>Il</strong>aria LUCARI<br />

ufficio marketing e comunicazione<br />

Giampaolo ANDREUTTI<br />

Alida PECCHIAR<br />

ufficio produzione<br />

Ada D’ACCOLTI<br />

Bruno BOBINI<br />

ufficio segreteria<br />

L’organigramma 2002-2003<br />

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