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quirino bezzi - Centro Studi Val di Sole

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QUIRINO BEZZI ALLA SAT<br />

Il fascino <strong>di</strong> Quirino Bezzi stava nel portare quel suo<br />

nome così risonante <strong>di</strong> storia, con semplicità tutta valligiana,<br />

come una ra<strong>di</strong>ce che affonda nelle rocce perché il<br />

vecchio larice possa poi svettare nel cielo e le sue fronde<br />

estendersi oltre i confini della terra natale.<br />

Era così anche ad incontrarlo, Quirino Bezzi: come un<br />

larice asciutto, un po’ piegato, che sa resistere alle tempeste,<br />

che si aggrappa ai graniti per crescere sotto le<br />

bufere. Il suo legno, anche tagliato, non marcisce, <strong>di</strong>venta<br />

più compatto e duro. Per questo, non per semplice<br />

memoria d’occasione, è importante ricordare Quirino<br />

Bezzi. Per la soli<strong>di</strong>tà, culturale e morale, che continua a<br />

trasmettere, anche dopo la sua morte.<br />

Piccolo <strong>di</strong> statura, ma con un profilo classico da medaglione<br />

romano, Quirino portava sempre un cappelluccio<br />

<strong>di</strong> feltro alla tirolese che sovrastava una barba risorgimentale,<br />

ottocentesca. La curava attentamente, con vezzo<br />

un po’ “demodé”, consapevole forse che quella barba<br />

era il tratto <strong>di</strong>stintivo <strong>di</strong> una sua specificità, che serviva a<br />

far capire, con orgoglio pacato, ma tutto solandro (simile<br />

in questo ai Kessler, ai Covi, ai Mengoni, ai Fantelli…)<br />

che, pur de<strong>di</strong>candosi agli altri come maestro <strong>di</strong> scuola,<br />

poeta <strong>di</strong>alettale, socio della Sat, non era poi del tutto<br />

uguale agli altri. Amava le malghe libere delle sue montagne,<br />

ma non era uomo da risalirle intruppato in un<br />

gregge. Partecipava, insegnava, viveva, ma le sue ispirazioni<br />

profonde le ricercava altrove, nella storia, nella natura,<br />

nella poesia. In un “infinito” fatto soprattutto <strong>di</strong> umiltà e<br />

<strong>di</strong> pudore come si sarebbe poi visto nelle ultime prove<br />

tragiche della sua vita familiare.<br />

A volte pareva, leggendo il suo sguardo un po’ triste (che<br />

a tratti <strong>di</strong>ventava vivo e fiammeggiante come quello <strong>di</strong> un<br />

aquilotto), che Bezzi seguisse un po’ i sentieri del gran<br />

“fiorentino”, il Machiavelli, che <strong>di</strong> giorno si mescolava alla<br />

gente, con amici <strong>di</strong> ogni livello, non <strong>di</strong>sdegnando scherzi<br />

ed osterie, ma la sera si ritirava e rivestiva i panni togati<br />

della cultura, per de<strong>di</strong>carsi al colloquio con i classici, con<br />

i gran<strong>di</strong> spiriti del passato.<br />

Quella sua barba (nessuno ne ha più sfoggiato una uguale)<br />

era così quasi un “passaporto” fra la valligianità e la<br />

classicità, un lasciapassare per potersi trasformare rimanendo<br />

interiormente libero. Sfoggiava una cor<strong>di</strong>alità<br />

da Alpino, e richiamava allo steso tempo un’intensità da<br />

cospiratore Carbonaro. Stava bene al sole dei pascoli<br />

<strong>di</strong> Franco de Battaglia<br />

7<br />

speciale Quirino Bezzi<br />

alti, ma propiziava l’incontro con gli uomini della Storia,<br />

primo fra tutti Giuseppe Mazzini, il grande padre <strong>di</strong><br />

un’Italia vista come patria <strong>di</strong> libertà, non come stato <strong>di</strong><br />

lobby e <strong>di</strong> poteri. Mazzini, quell’anticipatore ingiustamente<br />

<strong>di</strong>menticato, il vero interprete della vocazione italiana<br />

(in politica, in economia, nei rapporti sociali) verso una<br />

“terza via”, fatta <strong>di</strong> spiritualità ma laica, <strong>di</strong> giustizia sociale<br />

ma non <strong>di</strong>rigistica, <strong>di</strong> ra<strong>di</strong>ci locali ma con prospettive<br />

europee, Mazzini che insegnava ai giovani, Mazzini<br />

fondatore <strong>di</strong> cooperative, Mazzini che Marx considerava,<br />

non a caso, il suo rivale più pericoloso e temibile perché<br />

inseriva la spiritualità – e non il materialismo della lotta<br />

<strong>di</strong> classe e del potere – nella ricerca <strong>di</strong> una superiore<br />

giustizia sociale, Mazzini il federalista, Mazzini che richiamava<br />

un dovere per ogni <strong>di</strong>ritto, era il vero riferimento<br />

<strong>di</strong> Quirino Bezzi. É un vanto per tutta la cultura trentina<br />

che tanta internazionalità e generosità sia stata nutrita<br />

dalle ra<strong>di</strong>ci della <strong>Val</strong> <strong>di</strong> <strong>Sole</strong>.<br />

Quirino Bezzi era orgoglioso <strong>di</strong> portare lo stesso nome<br />

dell’eroe garibal<strong>di</strong>no della sua valle, Ergisto Bezzi, ma<br />

andava, con questo nome, oltre la storia. Lo agitava<br />

come una ban<strong>di</strong>era <strong>di</strong> libertà, non come il simbolo <strong>di</strong><br />

una fazione: perché il Risorgimento, al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> tutti i<br />

revisionismi, è stato certo un movimento minoritario,<br />

ma l’unico che abbia riscattato l’Italia (e il Trentino) dal<br />

suo servilismo (“O Francia o Spagna, purché se magna”),<br />

l’unico che abbia reagito alla viltà clericale (e non a caso<br />

fra i “nazionali” vi era don Lorenzo Guetti, il padre della<br />

Cooperazione) al connubio oppressivo fra trono e altare,<br />

fra gendarme e parroco, per cui tanti trentini, a fine<br />

Ottocento, non solo per bisogno, emigrarono dai loro<br />

paesi.<br />

Non è un caso che con questi retaggi e questi sentimenti<br />

Quirino Bezzi sia approdato quasi naturalmente alla<br />

SAT, la Società degli Alpinisti Tridentini fondata nel 1873<br />

proprio per riscattare, attraverso la conoscenza e la frequentazione<br />

del territorio, il suo servaggio, la sua colonizzazione<br />

straniera. É la sfida che ancora confronta chi<br />

va in montagna con la Sat: occupare con la propria vita<br />

e i propri ideali il territorio, perché non venga soggiogato<br />

dal mercato, perché non venga venduto e vilipeso,<br />

perché resti luogo <strong>di</strong> vita e non <strong>di</strong>venti terreno <strong>di</strong> gioco.

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