socialia LE DOLOMITI PATRIMONIO NATURALE DELL’UMANITÀ <strong>di</strong> Romano Stanchina Il 25 giugno 2009 è stato un giorno importante per la nostra terra tra i monti: le Dolomiti hanno infatti ottenuto, a Siviglia, il riconoscimento <strong>di</strong> Patrimonio naturale dell’Umanità. Nove gruppi dolomitici precisamente determinati geograficamente e ricadenti in tre regioni e cinque province <strong>di</strong>verse (Trento, Bolzano, Belluno, Pordenone e U<strong>di</strong>ne), per una superficie totale <strong>di</strong> 231 mila ettari, sono stati infatti iscritti nella lista dei Beni naturali dell’Unesco, al termine <strong>di</strong> un’iniziativa fortemente perseguita in particolare dalla Provincia autonoma <strong>di</strong> Trento. I nove gruppi dolomitici (Pelmo-Croda da Lago, Marmolada, Pale <strong>di</strong> San Martino-San Lucano, Dolomiti Bellunesi, Dolomiti Friulane e d’Oltre Piave, Dolomiti Settentrionali, Puez-Odle, Sciliar-Catinaccio-Latemar, Bletterbach, Dolomiti <strong>di</strong> Brenta) hanno ottenuto il riconoscimento dall’organizzazione delle Nazioni unite per l’Educazione, la Scienza e la Cultura come bene seriale per la loro eccezionalità geologica e paesaggistica. Si tratta del secondo bene naturale italiano iscritto dopo l’arcipelago delle Eolie. Al riconoscimento consegue l’obbligo <strong>di</strong> una rigorosa gestione ambientale. Nell’iscrivere le Dolomiti nell’elenco il World Heritage Committee ha richiesto infatto che sia definito entro 18 mesi un chiaro programma per la gestione complessiva del Bene naturale, che stabilisca, in particolare, una strategia per un turismo sostenibile. L’Unesco ha inoltre richiesto che venga superato il problema delle <strong>di</strong>verse normative <strong>di</strong> gestione del territorio e dell’ambiente presenti nelle cinque province attraverso la creazione <strong>di</strong> un referente unico nei confronti dell’Unesco, già in<strong>di</strong>viduato dalle cinque province nella futura Fondazione “Dolomiti - Dolomiten - Dolomites - Dolomitis UNESCO”. A <strong>di</strong>re il vero la scelta della Provincia <strong>di</strong> Trento è stata quella <strong>di</strong> includere nella perimetrazione delle aree solo territori non <strong>di</strong>rettamente interessati da intensivi livelli <strong>di</strong> fruizione turistica. Il riconoscimento Unesco rappresenta a tutti gli effetti una grande occasione per il territorio dolomitico, che per la prima volta opera nel suo complesso una scelta <strong>di</strong> campo precisa in <strong>di</strong>rezione della sostenibilità dello sviluppo. Peccato che si siano dovute escludere, perché (soprattutto in Provincia <strong>di</strong> Bolzano) non ritenute sottoponibili 28 a maggiori vincoli o perché già troppo antropizzate, alcune aree dolomitiche che avrebbero meritato altrettanta tutela ed attenzione. Peccato, per quanto ci riguarda più da vicino, che tra le aree escluse fin dall’inizio <strong>di</strong>rettamente dalla Provincia vi sia anche il “nostro” Brenta Settentrionale, territorio natrualisticamente molto ricco ed assolutamente integro. La <strong>Val</strong> <strong>di</strong> <strong>Sole</strong> è comunque lambita dai territori iscritti: la “buffer zone”, cioè la fascia <strong>di</strong> rispetto, inizia infatti presso la Pietra Grande e – pur includendo solo il versante orientale della catena - segue per alcuni chilometri, fino alla Corna Rossa, il confine della <strong>Val</strong> <strong>di</strong> <strong>Sole</strong> geografica (amministrativamente si tratta, com’è noto, <strong>di</strong> territorio giu<strong>di</strong>cariese). Non pare con<strong>di</strong>visibile la scelta operata fin dall’inizio dalla Provincia <strong>di</strong> escludere il Brenta Settentrionale, in particolare il tratto <strong>di</strong> catena compreso tra la Pietra Grande e Pra’ Castron <strong>di</strong> Dimaro, caratterizzato da un ambiente <strong>di</strong> maestosa e solitaria bellezza, contrad<strong>di</strong>stinto da altissime pareti verticali come quelle della <strong>Val</strong> Centonia ed assolutamente integro anche in virtù delle limitatissime possibilità <strong>di</strong> accesso. Non ci sembra, questa porzione <strong>di</strong> Brenta, meno dolomitica e più calcarea <strong>di</strong> aree invece incluse quali il Latemar ed i territori friulani. Un’altra occasione persa per la <strong>Val</strong> <strong>di</strong> <strong>Sole</strong>? Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno possiamo scrivere che, sul piano della tutela, non sono comunque in vista rischi <strong>di</strong> compromissione dell’ambiente del Brenta solandro. Mentre dal lato economico, continuando a promuoversi come valle dolomitica, la <strong>Val</strong> <strong>di</strong> <strong>Sole</strong> potrà beneficiare appieno del ritorno <strong>di</strong> immagine dell’iniziativa. I turisti ignorano, fortunatamente, tanto i confini geografici, quanto quelli amministrativi.
Nelle prime quattro immagini il Brenta incluso dall’Unesco come patrimonio dell’umanità; nelle ultime due il Brenta escluso. Il cuore del Brenta: Tosa e Crozzon (ph. Umberto Martini). Dolomiti <strong>di</strong> Brenta: alta <strong>Val</strong> Flavona (ph. Armando Cirrincione). La <strong>Val</strong> d el Vento. 29 socialia Dolomiti <strong>di</strong> Brenta: alta <strong>Val</strong> Flavona (ph. Armando Cirrincione). Il Crozzon <strong>di</strong> Brenta in abito invernale (ph. Alberto Stanchina). Il Brenta solandro: le alte pareti della <strong>Val</strong> Centonia (ph. Alberto Stanchina).