quirino bezzi - Centro Studi Val di Sole

ANNO XXXVII - 2009 APRILE-GIUGNO n. 2
Direttore responsabile: Alberto Mosca - Autorizzazione Tribunale di Trento n° 173 del 10.03.1973 - Spedizione in abbonamento postale - 70% D.C.B. di Trento - Taxe Percue - Tassa Riscossa Malé (TN) - C.C.P. 15926389
Centro Studi
per la Val di Sole
Notiziario
del Centro Studi
per la Val di Sole

SOMMARIO
editoriale
3 Quirino Bezzi, la Val
di Alberto Mosca
speciale Quirino Bezzi
4 Quirino Bezzi: il divulgatore della cultura
solandra
di Salvatore Ferrari
7 Quirino Bezzi alla Sat
di Franco de Battaglia
10 Quirino Bezzi, collaboratore di “Studi Trentini
di Scienze Storiche”
di Maria Garbari
13 Ricordo di Quirino Bezzi
di Sergio Benvenuti
15 Bezzi, direttore di “ Strenna Trentina”
di Gino Valentini
17 Quirino Bezzi: una vita fatta di democrazia in
azione
di Vincenzo Bonmassar
19 Quirino Bezzi, una vita per la cultura e la
poesia
di Elio Fox
21 In memoria di Quirino Bezzi
di Carlo Alberto Mastrelli
23 Bezzi e la chiesa di S.Maria Maddalena di
Cusiano: uno scritto inedito del 1939
attività del centro studi
26 Una nuova personalità giuridica
di Federica Costanzi
studi sulla val di sole
27 Un abete di 6.600 anni nelle torbiere del Tonale
socialia
28 Le Dolomiti patrimonio naturale dell’umanità
di Romano Stanchina
30 Buon compleanno al progetto giovani Val di
Sole
di Mirco Postinghel
32 Grano, Lino e Lana
di Federica Costanzi
34 Dal fondo Redi, due immagini di Malé del 1899
di Lorena Stablum
36 L’istituto comprensivo “ Bassa Val di Sole” si
apre all’Europa
di Anna Panizza
38 In un libro 50 anni di Apt e la storia del turismo
in Val di Sole
di Romano Stanchina
40 “Una chiesa per l’Abruzzo”
di Udalrico Fantelli
REALIZZAZIONE GRAFICA E STAMPA:
ag. nitida immagine - cles
CENTRO STUDI PER LA VAL DI SOLE
38027 Malé - c/o Teatro Comunale
(venerdì ore 17.00 - 19.00)
Tel. e fax 0463.903085
c.c.p. 15926389
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Quota sociale euro 20,00
NUMERO SOCI 2100 - TIRATURA COPIE n. 2250
MUSEO DELLA CIVILTÀ SOLANDRA
Malé - Via Trento (ex Pretura) - direttore Federica Costanzi
MUSEO DELLA GUERRA BIANCA
Peio Paese - direttore Maurizio Vicenzi
BIBLIOTECA STORICA
Terzolas - palazzo della “Torraccia”
In copertina:
Quirino Bezzi sul palco commemora Giovanni Ciccolini
davanti alla sua casa natale nel 1976, in occasione delle
celebrazioni per il centenario della nascita dello storico di
Terzolas. (Archivio Silvia Casna Covi).
DIRETTORE RESPONSABILE
Alberto Mosca
albertomosca@albertomosca.it
COMITATO DI REDAZIONE
Rinaldo Delpero
Salvatore Ferrari
Mariapia Malanotti
Anna Panizza
Renato Pellegrini
Onorina Stablum
Romano Stanchina
Fortunato Turrini
HANNO COLLABORATO
Franco de Battaglia
Sergio Benvenuti
Vincenzo Bonmassar
Federica Costanzi
Udalrico Fantelli
Elio Fox
Maria Garbari
Carlo Alberto Mastrelli
Elisa Podetti
Mirco Postinghel
Lorena Stablum
Gino Valentini

Già dalla copertina, cari lettori, avrete intuito che questo
numero de “La Val” si presenta particolare. Esso infatti è
dedicato per la maggior parte a commemorare, a vent’anni
dalla sua scomparsa, Quirino Bezzi, fondatore del Centro
Studi e di questa rivista, che diresse dalla sua fondazione
fino alla morte, nel 1989. Già nello scorso numero
abbiamo avuto modo, per mezzo della nostra presidente,
di ricordare Bezzi. Un filo che riallacciamo in queste pagine,
proponendovi un percorso credo assai interessante:
andare a riscoprire la vita e l’instancabile opera di Bezzi
attraverso le voci autorevoli di personaggi della cultura
trentina che lo hanno conosciuto e a vario titolo ne hanno
condiviso progetti e battaglie.
Crediamo infatti che una personalità complessa mille
sfaccettature come quella del Bezzi insegnante, giornalista,
alpinista, divulgatore, mazziniano, poeta, capace di
raccontare la Val di Sole sotto innumerevoli aspetti e in
vari contesti, possa essere efficacemente resa solo attraverso
una sorta di emulazione del suo modo di agire:
uscendo dagli spazi stretti della valle, aprendosi ai centri
di cultura attivi nella nostra provincia, guardando insomma
il mondo, liberando le idee da quei ceppi che sono
i confini. I personaggi che ritroverete nelle prossime
pagine ci offriranno spunti di riflessione, aneddoti, piccole
scoperte, aiutandoci a raccontare una personalità
di primissimo piano nella storia della cultura solandra e
trentina del secondo Novecento. Perciò nella copertina,
abbiamo scelto un’immagine che riteniamo particolarmente
significativa: Bezzi interviene a ricordare, nel
1976 a Terzolas, un altro grandissimo solandro, Giovanni
Ciccolini, di cui pure quest’anno ricorre un importante
anniversario: 60 anni dalla morte. Così, idealmente, abbiamo
riunito lo storico e il divulgatore, la storia della
cultura e la sua diffusione nella nostra valle. Inoltre nei
prossimi numeri per tutto il 2009 continueremo, attraverso
altri contributi, a ricordare la figura e l’opera di
Quirino Bezzi. Come pure ci occuperemo degli altri importanti
anniversari che caratterizzano quest’anno.
Ma ora vorrei spendere qualche riga per provare a tratteggiare
il Bezzi che mi sta più a cuore, ovvero il giornalista:
a partire ovviamente dalla sua creatura “La Val”, ma senza
dimenticare che tanti altri giornali ebbero in Bezzi un eccezionale
direttore; esperienze che ci saranno presentate
nelle prossime pagine. Il Bezzi giornalista era una naturale
proiezione del Bezzi uomo e il giornale assunse presto il
QUIRINO BEZZI, LA VAL
di Alberto Mosca
3
editoriale
carattere del suo direttore, come peraltro accade spesso.
E allora, dopo gli esordi, ecco un giornale da battaglia, che
si confronta con politica e istituzioni in modo dialettico,
senza timori e senza sconti, senza pericolose e infettanti
commistioni di interessi. Un giornale che vive attivamente
il dibattito pubblico, portando una voce chiara e spesso
controcorrente. “La Val” nasce nel 1973: rapidamente si fa
forte, portando tra i Solandri una voce libera, umile, ispirata,
carica di amore per la valle. Tutte virtù proprie di Bezzi.
Ripercorriamo alcune di queste battaglie civili: negli anni
Settanta con la necessità di “dare rapida attuazione al piano
comprensoriale”, l’attenzione al modo di costruire in
valle (lezioni non sempre tenute in debito conto nemmeno
oggi). E poi la coscienza dei cambiamenti in atto: “La Val”
diventa così fino alla fine degli anni Ottanta una tribuna
dalla quale il Centro non manca di caratterizzare una vocazione
all’intervento, non solamente in campo strettamente
culturale ma in generale sull’attualità della valle, sempre
e “ancora in tema di partecipazione”, per dirla con Italo
Covi, eccezionale compagno d’avventura e sorta di alterego
di Bezzi.
Dai temi politico-amministrativi a quelli sanitari, socioeconomici,
viari e scolastici, di pianificazione territoriale e
culturali, la parola d’ordine è partecipazione, da affiancare
all’attività ordinaria, fatta di pubblicazioni, convegni e conferenze
su storia, arte, emigrazione, dialetto, premiazioni
di tesi. Sempre aperti all’esterno, come con Italia Nostra,
nel momento di analizzare, e siamo nel 1978, “costi e ricavi
degli insediamenti in quota”. Si comincia a tirare le prime
somme sullo sviluppo turistico nato un decennio prima
e gli argomenti di maggiore interesse sono l’urbanistica e
lo sviluppo edilizio. Il notiziario vive per trattare problemi
locali, ma certo non in ottica localistica. Fino a che Bezzi se
ne va, ricordando “vent’anni ricchi di fermenti e realizzazioni
culturali, un’evoluzione valligiana non solo materiale,
ma anche culturale nei più svariati settori”. Con l’addio di
Bezzi al giornale e alla vita, il notiziario cambia: la vena di dibattito
rimane, ma magari meno assidua e “combattente”
sul fronte dell’attualità; non manca l’approfondimento, ma
il raggio d’azione si limita, concentrandosi su pochi temi e
affrontati da punti di vista più generali. “La Val” risente di
un cambiamento nel rapporto tra Centro Studi e istituzioni
politico-amministrative della valle: meno dialettico, più
organico ad un comune contesto complessivo. Insomma
inizia un’altra storia.

speciale Quirino Bezzi
QUIRINO BEZZI:
IL DIVULGATORE DELLA CULTURA SOLANDRA
di Salvatore Ferrari
Per cinquant’anni Quirino Bezzi ha
scritto articoli, saggi, libri, poesie sulla
Val di Sole. Ha raccolto testimonianze
orali e scritte, ha rievocato piccole e
grandi storie di paesi e di uomini illustri,
ha radunato racconti e leggende, ha trascritto
voci dialettali, toponimi e proverbi,
ha pubblicato antiche e moderne
descrizioni della sua terra d’origine, ha
documentato i vecchi mestieri e le tradizioni
popolari in via d’estinzione, ha
organizzato iniziative culturali, ha promosso
convegni, ha gestito rifugi in alta
montagna, ha denunciato gli “scempi paesaggistici”
compiuti “nel nome del progresso” 1 e ha difeso
il patrimonio culturale locale. Lo ha fatto in veste di
cittadino solandro, di maestro elementare, di alpinista, di
scrittore, di antifascista, di socio, animatore e presidente
di associazioni culturali, di pubblicista - talvolta si firmava
con lo pseudonimo Raeticus - e di direttore di periodici,
di consigliere scientifico di istituti museali, di ispettore
onorario per la conservazione dei monumenti e le antichità,
di “ultimo uomo del Risorgimento trentino”. E’
stato certamente un protagonista del “secolo breve” 2 in
Val di Sole (nato nel 1914 poco dopo lo scoppio della
Grande Guerra e morto nel 1989 poco prima della caduta
del Muro di Berlino) e il principale divulgatore della
cultura solandra nel Novecento.
Come giustamente ha scritto Elisabetta Postal subito
dopo la sua morte, “le sue pubblicazioni erano destinate
a stimolare l’interesse anche dei meno preparati, dei non
studiosi, di quella gran fetta di popolazione che al saggio
storico o letterario si avvicina – se si avvicina – con timore
o diffidenza”. 3
Tra i primi scritti d’argomento solandro c’è una relazione
dattiloscritta del primo gennaio 1939 4 – inviata
1 Q.B., Il cemento ha contaminato il dolce paesaggio solandro, in “L’Adige”, 4
febbraio 1976, p. 13.
2 Definizione ripresa dal titolo (nella traduzione italiana di Brunello Lotti,
Milano 1995) del volume di Eric J. Hobsbawn (Age of extremis: the short
twentieth century 1914-1991).
3 E. Postal, Bibliografia di Quirino Bezzi, in “Bollettino del Museo del Risorgimento
e della Lotta per la Libertà”, XXXVIII (1989), n. 1 (nuova serie), pp.
123-127, in particolare p. 123.
4 La relazione si conserva presso l’Archivio della Soprintendenza per i Beni
Architettonici di Trento (faldone Cusiano).
4
all’allora Soprintendente alle Belle Arti
Antonio Rusconi e rimasta inedita (la
pubblichiamo in questo numero de “La
Val”) – relativa alla riscoperta degli affreschi
nella chiesa del suo paese natale:
Cusiano d’Ossana. L’anno precedente,
infatti, il ventiquattrenne Quirino aveva
partecipato insieme ad Adolfo Bezzi e a
Cornelio Cogoli alle fasi di scoprimento
delle pitture murali interne della
chiesa di Santa Maria Maddalena condotte
dal pittore-restauratore Giuseppe
Balata. Solo trentuno anni dopo, nel
1970, Bezzi pubblicò su “Studi Trentini
di Scienze Storiche” un importante contributo “alla conoscenza
di uno quei nostri monumenti d’arte popolare,
quali sono le nostre umili e povere chiese valligiane” 5 ,
rielaborando e ampliando gli appunti giovanili fissati con
la macchina da scrivere.
“L’ultimo regalo che Bezzi ha voluto offrire alla sua valle”
- per riprendere le parole di Walter Micheli, Tarcisio
Grandi e Giorgio Tononi riportate nella premessa
– risulta la pubblicazione intitolata Val di Sole. Sentiero di
fondovalle, curata dal Progetto Ambiente Cultura e Turismo
della Provincia Autonoma di Trento e pubblicata nel
1990 poco dopo la scomparsa dell’autore. Per gli assessori
provinciali la guida al sentiero di fondovalle (cinque
itinerari da Cavizzana a Cogolo) rappresenta “quasi la
sintesi dell’opera di Quirino Bezzi che, visitando con
lunghe e solitarie camminate sin le più piccole frazioni
della valle, ha fatto apprezzare al grande pubblico la meravigliosa
gente solandra”.
Tra questi due estremi cronologici (1939-1990) si colloca
una vasta produzione scritta dedicata alla sua “piccola
patria”. Bezzi portò a termine decine e decine di
contributi - di varia natura, consistenza e destinazione
- pubblicati su periodici locali (Campanili solandri, La Val)
e regionali (Bollettino della SAT, Ciàcere en trentin, Economia
Trentina, Natura Alpina, Strenna Trentina, UCT,
Vita trentina), quotidiani (l’Adige/ Alto Adige) e riviste
5 Q. Bezzi, Gli affreschi di Giovanni e Battista Baschenis di Averaria nella
chiesa di S. Maria Maddalena di Cusiano, in “Studi Trentini di Scienze Storiche”,
XLIX (1970), n. 4, estratto a cura del Centro Studi per la Val di Sole, Malè
1981, p. 3.

scientifiche (Bollettino del Museo del Risorgimento,
Studi Trentini di Scienze Storiche, Atti della Accademia
Roveretana degli Agiati, Archivio per l’Alto Adige) – oltre
a monografie e a guide a carattere storico, geografico,
artistico, folcloristico ed economico.
Negli anni Quaranta dopo la pubblicazione di alcuni racconti
e leggende della Val di Sole sulle pagine de “L’Avvenire
d’Italia” – su invito dell’amico Odoardo Focherini
(1907-1944) –, sulla “Strenna trentina” 6 e sulla “Montanara”,
Quirino iniziò a collaborare con “Studi Trentini”,
pubblicando un primo saggio di storia risorgimentale – il
1848 in terra solandra – in occasione del centenario
della prima guerra d’indipendenza italiana. 7 Negli anni
Cinquanta uscirono tre contributi fondamentali alla conoscenza
della valle, risultato di indagini in archivi pubblici
e privati e in biblioteche oltre che della “raccolta di
voci del passato fatta con intelletto d’amore, con passione
di figlio” 8 , come scrisse nell’introduzione al volumetto
Racconti e leggende della Val di Sole, stampato a Trento
nel 1954 e dedicato ai genitori. Nel 1953 Bezzi diede
alle stampe un libretto di 70 pagine intitolato Uomini
illustri della Val di Sole, rivolto in primis ai figli “perché sappiano
essere degni della loro valle natia” 9 come riportò
6 Si veda il ricordo di Gino Valentini pubblicato in questo numero del notiziario.
7 Sulla collaborazione con “Studi Trentini di Scienze Storiche” rinvio all’appofondito
intervento di Maria Garbari pubblicato in questo numero del
notiziario.
8 Q. Bezzi, Racconti e Leggende della Val di Sole, Disegni di Angelo Benedetti,
Trento 1954, p. 10.
9 Id., Uomini illustri della Val di Sole, Trento 1953, p. 3.
5
speciale Quirino Bezzi
nella dedica. Per la prima volta, dopo i contributi parziali
di Arvedi, Bottea, Brentari e Weber, venivano raccolte in
un unico “opuscolo” un centinaio di biografie di “benemeriti
figli della Val di Sole” 10 - compresi alcuni personaggi
nati altrove ma di solide radici solandre (Matteotti, Focherini,
l’architetto Mengoni, il cardinale Migazzi, i pittori
Guardi) - e i sintetici profili di nove famiglie importanti
(Antonietti, Bezzi, Caldesio, Dalla Torre, Federici, Manfroni,
Migazzi, Pezzen e Podetti). L’anno seguente l’attenzione
passò dalla storia alla leggenda, con la raccolta di
45 racconti tradizionali - suddivisi in tre sezioni -, ambientati
all’ombra dei castelli medievali, nei borghi alpestri
(Nel regno dell’amore e della vita) e sui monti che
chiudono la Valle (Nelle grandi montagne di cristallo),
oppure ispirati alla religiosità popolare (Sul sentiero della
Madonna). Nel 1959 – nello stesso anno in cui l’Ente
provinciale per il Turismo stampava la prima edizione de
Le Valli del Trentino di Aldo Gorfer - lo studioso pubblicò
una guida “per il turista e la popolazione” intitolata La
Valle di Sole: “perla delle valli alpine del Trentino”, che volle
dedicare alla moglie Alfonsina. Si trattava di un lavoro
monografico molto ampio (280 pagine) in cui l’autore
illustrava numerosi aspetti della valle - dalla geografia alla
geologia, dalla flora alla fauna, dalle vicende storiche agli
ordinamenti civili ed ecclesiastici, dalle condizioni di vita
“nei secoli scorsi” al dialetto all’elencazione di “alberghi,
rifugi e servizi di pubblica utilità” – e forniva una descrizione
dei singoli paesi con cenni alla storia, all’arte, all’architettura.
Nel 1965 ne uscì una rielaborazione con modifiche
e nuovi apparati iconografici (La valle di Sole: guida
per la popolazione e il turista), mentre il volume del 1974
edito dal Centro Studi – intitolato semplicemente La Val
di Sole - più che un rimaneggiamento degli studi precedenti
risultò – come scrisse Quirino nella prefazione
- “un volume quasi del tutto nuovo, di molto ampliato
e completato”. Furono aggiunti, infatti, nuovi paragrafi
nella sezione storica con la ricostruzione delle vicende
degli “ultimi due secoli” (dall’età napoleonica al secondo
conflitto mondiale); furono inseriti capitoli dedicati
all’emigrazione, alle tradizioni popolari (sagre, filastrocche,
proverbi, soprannomi dei paesi), al Centro Studi, al
Comprensorio, agli uomini illustri, alle famiglie nobili e
alle lapidi commemorative (recuperando anche studi
precedenti). Fu inoltre revisionata ed aggiornata la parte
dedicata ai paesi “nella storia, nell’arte e nella leggenda”
con l’introduzione delle voci dedicate ai nuovi villaggi
turistiche sorti da poco o ancora in via d’espansione
(Marilleva, Folgarida, Costa Rotian). Alla Val di Sole Bezzi
10 Ibidem, p. 5.

speciale Quirino Bezzi
dedicò due altre monografie: la prima
edita nel 1967 dalla Casa editrice Publilux
nella collana fotografica Giorni del
Trentino (con l’apporto delle fotografie
di Flavio Faganello), l’altra pubblicata
nel 1983 dalla Casa Editrice Panorama
nella collana I Comprensori del Trentino
e curata insieme a Italo Covi e Antonio
Scaglia.
La ricorrenza dell’anniversario dell’unificazione
nazionale (1961) sollecitò
Bezzi alla stesura degli Appunti sul Contributo
della Val di Sole alla Unità d’Italia.
1796-1918, dove espresse la sua idea
di Patria, attraverso la rievocazione
dell’apporto di una minoranza di Solandri
alle guerre d’indipendenza, al
movimento mazziniano, alle imprese
garibaldine, alle società irredentistiche
e alla Grande Guerra (volontari
nell’esercito italiano, internati a Katzenau,
processati e sospetti politici confinati in Boemia). Ai
temi “patriottici” tornò nel 1968 con uno studio su La
Pro Patria, la Lega Nazionale e la Dante Alighieri nel Trentino
con appendice sulla loro opera in Val di Sole (1886-1916)
e due anni dopo con la scelta degli scritti di vari autori
a ricordo di Ergisto Bezzi nel 506 della morte e nel
1985 con la pubblicazione di documenti inediti relativi
all’arresto a Cogolo di Pietro Fortunato Calvi.Negli anni
Settanta molti interventi di soggetto solandro furono
pubblicati sul Notiziario del Centro Studi per la Val di
Sole (dal 1973) e nelle miscellanee La Val (1972, 1978,
1984, 1987) coordinate dallo stesso Quirino Bezzi in
collaborazione con Italo Covi o con Giulio Briani. Lo
studioso si occupò anche di dialetti e di toponomastica,
integrando il vocabolario del gergo dei calderai studiato
nel 1906 da Cesare Battisti 11 e presentando una relazione
sui Toponimi romani nella Val di Sole al Congresso
della romanità del Trentino e di zone limitrofe (1979).
Sul “Bollettino del Museo del Risorgimento” (1979) e
sul periodico “Uomo Città Territorio” (1985) divulgò
rispettivamente alcune Note sulla Resistenza in Alta Val
di Sole e altre notizie su figure sconosciute dell’antifascismo
locale. Nel 1982 pubblicò un interessante saggio dal
titolo Artigianato che vive, artigianato che muore - corredato
dai disegni di Paolo Vallorz - riprendendo un tema già
11 C. Battisti, Il Tarom o Gain. Il gergo dei calderai della Valle di Sole nel Trentino
(Trento 1906), con saggi e integrazioni della raccolta dei termini a cura di
Quirino Bezzi, seconda ristampa, 1968.
6
affrontato sulla rivista “Economia
trentina” nel 1967 (Mestieri d’altri
tempi, mestieri che scompaiono),
che può essere considerato una
“guida ideale” alla visita del Museo
della Civiltà solandra di Malè che
nel frattempo (1979) era nato. Tre
anni dopo uscì Con affetto dalla Val
di Sole, un itinerario illustrato con
vecchie cartoline – come recita il
sottotitolo – commentato da Bezzi,
mentre nel 1988 fu la volta di
Lungo le rive del Noce: leggende e
racconti delle Valli di Non e di Sole,
l’ultima fatica uscita dalla tipografia
mentre era ancora in vita. Fu una
sorta di tuffo nella memoria e nei
ricordi personali (al 1954 risaliva
la prima raccolta di racconti e leggende
della Val di Sole) e collettivi,
ma anche un estremo tentativo
di salvare un patrimonio di conoscenze
popolari, “che va di giorno in giorno irrimediabilmente
perdendosi”. Quirino Bezzi tornava dunque a
scrivere non solo per “l’amor del natio loco” 12 – citato
nel 1959 – ma soprattutto perché convinto che “il raccogliere
e tramandare il patrimonio di leggende e brani
curiosi di avvenimenti sia un fatto altamente culturale”. 13
12 Q. Bezzi, La Valle di Sole: “perla delle valli alpine del Trentino”, Trento 1959, p. 9.
13 Id., Lungo le rive del Noce: leggende e racconti delle Valli di Non e di Sole,
Trento 1988, p. 9.

QUIRINO BEZZI ALLA SAT
Il fascino di Quirino Bezzi stava nel portare quel suo
nome così risonante di storia, con semplicità tutta valligiana,
come una radice che affonda nelle rocce perché il
vecchio larice possa poi svettare nel cielo e le sue fronde
estendersi oltre i confini della terra natale.
Era così anche ad incontrarlo, Quirino Bezzi: come un
larice asciutto, un po’ piegato, che sa resistere alle tempeste,
che si aggrappa ai graniti per crescere sotto le
bufere. Il suo legno, anche tagliato, non marcisce, diventa
più compatto e duro. Per questo, non per semplice
memoria d’occasione, è importante ricordare Quirino
Bezzi. Per la solidità, culturale e morale, che continua a
trasmettere, anche dopo la sua morte.
Piccolo di statura, ma con un profilo classico da medaglione
romano, Quirino portava sempre un cappelluccio
di feltro alla tirolese che sovrastava una barba risorgimentale,
ottocentesca. La curava attentamente, con vezzo
un po’ “demodé”, consapevole forse che quella barba
era il tratto distintivo di una sua specificità, che serviva a
far capire, con orgoglio pacato, ma tutto solandro (simile
in questo ai Kessler, ai Covi, ai Mengoni, ai Fantelli…)
che, pur dedicandosi agli altri come maestro di scuola,
poeta dialettale, socio della Sat, non era poi del tutto
uguale agli altri. Amava le malghe libere delle sue montagne,
ma non era uomo da risalirle intruppato in un
gregge. Partecipava, insegnava, viveva, ma le sue ispirazioni
profonde le ricercava altrove, nella storia, nella natura,
nella poesia. In un “infinito” fatto soprattutto di umiltà e
di pudore come si sarebbe poi visto nelle ultime prove
tragiche della sua vita familiare.
A volte pareva, leggendo il suo sguardo un po’ triste (che
a tratti diventava vivo e fiammeggiante come quello di un
aquilotto), che Bezzi seguisse un po’ i sentieri del gran
“fiorentino”, il Machiavelli, che di giorno si mescolava alla
gente, con amici di ogni livello, non disdegnando scherzi
ed osterie, ma la sera si ritirava e rivestiva i panni togati
della cultura, per dedicarsi al colloquio con i classici, con
i grandi spiriti del passato.
Quella sua barba (nessuno ne ha più sfoggiato una uguale)
era così quasi un “passaporto” fra la valligianità e la
classicità, un lasciapassare per potersi trasformare rimanendo
interiormente libero. Sfoggiava una cordialità
da Alpino, e richiamava allo steso tempo un’intensità da
cospiratore Carbonaro. Stava bene al sole dei pascoli
di Franco de Battaglia
7
speciale Quirino Bezzi
alti, ma propiziava l’incontro con gli uomini della Storia,
primo fra tutti Giuseppe Mazzini, il grande padre di
un’Italia vista come patria di libertà, non come stato di
lobby e di poteri. Mazzini, quell’anticipatore ingiustamente
dimenticato, il vero interprete della vocazione italiana
(in politica, in economia, nei rapporti sociali) verso una
“terza via”, fatta di spiritualità ma laica, di giustizia sociale
ma non dirigistica, di radici locali ma con prospettive
europee, Mazzini che insegnava ai giovani, Mazzini
fondatore di cooperative, Mazzini che Marx considerava,
non a caso, il suo rivale più pericoloso e temibile perché
inseriva la spiritualità – e non il materialismo della lotta
di classe e del potere – nella ricerca di una superiore
giustizia sociale, Mazzini il federalista, Mazzini che richiamava
un dovere per ogni diritto, era il vero riferimento
di Quirino Bezzi. É un vanto per tutta la cultura trentina
che tanta internazionalità e generosità sia stata nutrita
dalle radici della Val di Sole.
Quirino Bezzi era orgoglioso di portare lo stesso nome
dell’eroe garibaldino della sua valle, Ergisto Bezzi, ma
andava, con questo nome, oltre la storia. Lo agitava
come una bandiera di libertà, non come il simbolo di
una fazione: perché il Risorgimento, al di là di tutti i
revisionismi, è stato certo un movimento minoritario,
ma l’unico che abbia riscattato l’Italia (e il Trentino) dal
suo servilismo (“O Francia o Spagna, purché se magna”),
l’unico che abbia reagito alla viltà clericale (e non a caso
fra i “nazionali” vi era don Lorenzo Guetti, il padre della
Cooperazione) al connubio oppressivo fra trono e altare,
fra gendarme e parroco, per cui tanti trentini, a fine
Ottocento, non solo per bisogno, emigrarono dai loro
paesi.
Non è un caso che con questi retaggi e questi sentimenti
Quirino Bezzi sia approdato quasi naturalmente alla
SAT, la Società degli Alpinisti Tridentini fondata nel 1873
proprio per riscattare, attraverso la conoscenza e la frequentazione
del territorio, il suo servaggio, la sua colonizzazione
straniera. É la sfida che ancora confronta chi
va in montagna con la Sat: occupare con la propria vita
e i propri ideali il territorio, perché non venga soggiogato
dal mercato, perché non venga venduto e vilipeso,
perché resti luogo di vita e non diventi terreno di gioco.

speciale Quirino Bezzi
Alla Sat Quirino Bezzi si ritagliò un ruolo del tutto particolare:
per lunghi anni fu nel Consiglio Centrale, ma
non ricopriva incarichi direttivi. Era però il riferimento
della memoria, della storia, dell’identità, della progettualità.
Sapeva che un’associazione è destinata a morire se
ad ogni generazione (ogni quindici, vent’anni al massimo)
non rinnova i suoi riti, la sua memoria, gli incontri fra i
giovani e il passato. La sua mansione era quella di direttore
del “Bollettino”, ed egli la esplicava con visione ampia,
come palestra di incontro con i giovani, che stimolava a
collaborare, come occasione di studi e ricerche, come
mezzo per fare incontrare la cultura dell’alpinismo classico
con quella profonda delle valli, della montagna, dei
suoi abitanti. Era attentissimo ad ogni dettaglio con un
atteggiamento anche pedagogico che gli derivava dalla
sua vocazione di maestro di scuola. Le copertine della
rivista, ad esempio, non erano mai casuali, né si limitavano
ad annunciare l’evento eclatante, la spedizione di
successo, lo scalatore famoso. Seguivano invece un progetto
metodico di conoscenza, numero dopo numero: le
antiche carte geografiche, i vecchi rifugi, i mestieri…alla
Sat era insostituibile perché faceva da raccordo fra le varie
anime, le varie sollecitazioni del movimento, perché
era sempre disponibile a spendersi per aiutarle lì dove
veniva a mancare qualche forza. Appassionato com’era
dell’autonomia locale del sodalizio, della storia trentina
e della piccola patria solandra, Quirino Bezzi capiva però
che gli ideali della montagna avevano bisogno di cornici
e risonanze vaste. La Sat doveva essere autonoma, far
da laboratorio perché l’alpinismo non diventasse tecnicismo
da crodaioli, ma espressione di un comune sentire
territoriale, ma questa autonomia aveva senso se si
poneva all’interno del Cai nazionale. A stare soli, isolati,
l’autonomia si lacera nelle fazioni, nei litigi, si disgrega,
perde la sua profezia. Nei primi anni Ottanta Bezzi fu
tra quanti si batterono convinti perché non avessero
seguito le richieste di qualche sezione di staccarsi dal
Cai e soffrì per la separazione del Convegno Trentino-
Alto Adige da quello Triveneto, che tanti incontri d’amicizia
aveva propiziato e tanti fermenti dolomitici aveva
trasmesso anche all’ambiente alpinistico trentino. Un
discorso che andrà sicuramente ripreso - quello della
collaborazione con le sezioni venete - ora che l’Unesco
ha riconosciuto le Dolomiti, nelle tre province di Trento,
Bolzano e Belluno patrimonio dell’umanità...
Dalla lunga consuetudine con Quirino Bezzi alla Sat tre
ricordi personali non possono mancare. Il primio risale
al 1967, quando con la Susat si stava rinnovando il
Taramelli e sostituendo il suo arredamento. Fu Bezzi a
8
prendermi da parte e a dirmi: “Non basta che mettiate a
posto il rifugio. Devi avviare una ricerca sulle sue origini,
su Torquato Taramelli, chi era, dire che propositi avete
nel gestirlo. Insomma, devi scrivere un articolo sul Bollettino”.
Lo feci. Mi appassionai e fu il mio primo articolo
pubblicato a stampa. Il titolo era “Il nostro Taramelli”.
Ne raccontava la storia e mostrava come quel rifugio
dovesse rimanere una “scuola” per l’approccio dei giovani
alla montagna, una palestra di autodisciplinia e autogestione.
Resto molto fiero di quell’articolo e molto
grato a Qurino Bezzi che quasi me lo impose. I giovani
hanno bisogno di una spinta (e di un incoraggiamento)
per darsi da fare. Il secondo ricordo si riferisce ad una
lunga e piovosa domenica pomeriggio, nella sede Sat, a
contare i voti e le preferenze di un congresso elettivo.
Nessuno voleva sobbarcarsi quell’incombenza noiosa.
Bezzi se la sobbarcò e prese me, che ero il più giovane
e non potevo rifiutarmi. Io aprivo le schede e leggevo i
nomi, lui segnava le crocette su un foglio e controllava.
Ma quell’operazione noiosa divenne, con Quirino, un
viaggio affascinante fra storie di uomini e avventure di
montagne. Dei candidati mi raccontava da dove provenivano,
quali imprese avessero compiuto, perché fossero
stati votati, chi era il più popolare, chi il più rigoroso…
Bezzi conosceva alla perfezione non solo gli uomini, ma
la “macchina” della Sat. La conosceva perché l’amava. Di
montagne, problemi e uomini imparai più in quel pomeriggio
che in molti anni successivi. Capii che la Sat erano
i suoi uomini, più che i progetti o l’organizzazione, ed è
una lezione che non ho più dimenticato.
Il terzo ricordo riguarda l’inaugurazione del rinnovato
rifugio Cima d’Asta quando Bezzi era Presidente (1985-
1987) il culmine e il giusto riconoscimento della sua dedizione
alla Sat e alla montagna. Era già un po’ malato. La
giornata era stata splendida, l’inaugurazione riuscitissima,
stavamo scendendo verso Malga Sorgazza. E allora vidi
Quirino in montagna e l’ammirai. Portava sempre quel
suo cappelluccio, aveva la barba fiera e scendeva con un
suo modo tutto particolare, veloce tanto da distanziare
noi giovani, appoggiato al suo bastone tradizionale (non i
volantini) che usava come perno per volteggiare attorno
ai massi, e superare quei gradoni che sono più faticosi
in discesa che in salita. Lo vedevamo scendere, il Quirino,
come un folletto della montagna, leggero, felice, non
sbagliava un passo.
Era un grande piccolo uomo Quirino Bezzi. Sapeva vivere
con pienezza, senza mai annoiarsi. Seppe soffrire
in silenzio quando la tragedia colpì crudelmente la sua
famiglia. Era un uomo di pace sulla montagna e certo la
montagna gli dà pace.

Riceviamo e volentieri pubblichiamo, in ricordo del socio Giuseppe Polisseni e di Quirino Bezzi:
Sono Giovanna Polisseni.
Desidero annunciarvi la morte, avvenuta il 17 maggio a Stresa, di mio fratello Dr. Giuseppe Polisseni, vostro socio fin
dalla fondazione del Centro Studi nel lontano 1967. Aveva ottantanove anni. Nei suoi ultimi giorni riuscì ancora a leggere
le pagine “Ricordo di Quirino Bezzi” sul n. 1 del 2009 della vostra rivista “La Val” , appena ricevuta, e si compiacque
molto di quanto scritto, mentre gli riaffioravano tanti ricordi. Aveva saputo coltivare nel tempo una sincera e fraterna
amicizia con l’indimenticabile Quirino dal quale, giovanissimo, imparò l’amore per i “crozi e le vedrette” della Val di Sole,
di cui la famiglia sua era originaria: era figlio di Aurelio Polisseni e di Elena Lina dei Voltolini di Ossana. Era tradizione
famigliare il ritorno il Valle per trascorrere le vacanze estive lassù tra i “solandri”: i parenti, fra cui il cugino carissimo
Giovanni Zanella di Bolzano, e gli amici più cari, primo fra tutti “el Guerrino de Cusian”.
In una foto, che allego (che pubblichiamo in quarta di copertina, ndr), mio fratello è ritratto con lui al lago Nero, nei
primi anni della loro giovinezza: era il 1937! In seguito le vicende della vita per un po’ di tempo li separarono. Da Modena,
dove la famiglia viveva dai primi del Novecento, ci si trasferì a Stresa; e qui per cinquant’anni Giuseppe esercitò
la professione di farmacista, passando poi il testimone al figlio. Questa attività in località turistica gli permise poi solo
qualche fugace presenza in Val di Sole. Ma col Bezzi non mancarono mai lo scambio di auguri natalizi, e il Quirino li
accompagnava quasi sempre con qualche sua pubblicazione letteraria, graditissima, e gli incontri fraterni e festosi in
momenti importanti, come quando a Milano il nostro amico ricevette l’onorificenza di cavaliere dell’Ordine del cardo.
Rivedemmo il Bezzi nell’estate 1988, quando era ricoverato all’ospedale di Trento, pochi mesi prima della sua morte.
Ora voglio pensarli entrambi lassù in Cielo, riuniti con quanti furono veri amanti della montagna e fecero della loro vita
una difficile ma costante e serena ascesa. Nel loro animo semplice e generoso restarono fedeli a quel motto “Altius tendo”
scritto dal “Guerrino” su un cartoncino-ricordo, al rifugio Denza, il 15 agosto 1938 e donato all’amico più giovane
“el Pippo” dopo aver scalato insieme la mai dimenticata cima Presanella. Vi faccio avere, qui accluso, questo cartoncino,
trovato tra i suoi ricordi più cari di gioventù, perché possiate conservarlo nel vostro archivio, se lo considerate opportuno,
tra le cose relative al Bezzi. Anch’io a suo tempo, piena di interesse, di entusiasmo e di amore per la terra degli avi, finii
tra i soci fondatori del centro; riprenderò ora la mia adesione come socia con il prossimo anno, nel ricordi di mio fratello.
Auguro a tutti voi, che con tanta passione ed impegno lavorate per il centro Studi, ogni bene e felice esito in tutte le
vostre attività culturali e sociali.
Distinti saluti.
Giovanna Polisseni
“Altius tendo”
Noi siam la giovinezza che l’aspre vette vuole raggiungere, che vuol portare in cuore
la lor fierezza pura e granitica: vogliamo sempre salir finchè ci dura il respir e della
Presanella il dolce incanto nel cuor resterà.
Bezzi Quirino Presanella Denza 15 agosto 38
9
speciale Quirino Bezzi
Grazie di cuore, signora Giovanna, per questo prezioso
ricordo, e grazie per averci voluto regalare la bellissima
fotografia che abbiamo pubblicato ed il cartoncino che
qui viene riprodotto e che abbiamo riposto con massima
cura nel fondo Quirino Bezzi presso la Biblioteca
Storica della Torraccia, a Terzolas. É per noi motivo di
emozione profonda poter quasi toccare i sentimenti
che legano alla nostra bella valle chi da essa vive lontano,
“ma ‘n la foresteria no la ved l’ora de tornar fra i
so sgrèbeni pu spes”, come scriveva lo stesso Quirino.
É dolcissimo l’affetto che lega questi due amici alle loro
montagne, e stimolante l’impegno e gli ideali che traspaiono
da un semplice cartoncino di auguri.
Siamo lieti, signora Giovanna, che lei desideri essere ancora
con noi negli anni futuri.
Il presidente
Federica Costanzi

speciale Quirino Bezzi
QUIRINO BEZZI, COLLABORATORE DI
“STUDI TRENTINI DI SCIENZE STORICHE”
di Maria Garbari*
Nel necrologio di Quirino Bezzi apparso sulla rivista
“Studi Trentini di Scienze Storiche” (LXVII, pp. 541-542),
l’autore Sergio Benvenuti, in modo sintetico ma perfettamente
adeguato alla realtà, definiva i lavori storici
di Bezzi “in generale riferentisi a temi locali e alcuni in
forma divulgativa, curati con diligenza e passione”. Tale
giudizio su questo poliedrico personaggio, scomparso il
25 febbraio 1989, non deve intendersi in forma riduttiva
e tanto meno negativa, ma solo come la caratteristica di
uno fra i più noti ricercatori che dell’amore per la piccola
patria aveva fatto un credo morale ed un costume
intellettuale e di vita.
Quirino Bezzi aveva iniziato la collaborazione alla rivista
della Società di Studi Trentini nel 1948, dopo la ripresa
dell’attività scientifica interrotta dalla guerra, continuando
poi con una serie di contributi fino al 1979. La sua firma
si collocava accanto a quelle di studiosi già affermati,
alcuni non solo sul piano locale, considerati maestri per
oggetti e metodologia della ricerca, come Giacomo Roberti,
Francesco Menestrina, Giovanni Ciccolini, Adolfo
Cetto, Giulio Benedetto Emert, Giuseppe Gerola, Renato
Lunelli, Pietro Pedrotti, Enrico Quaresima, Simone
Weber, Bice Rizzi e poi, via via, degli studiosi che arrecavano
le grandi esperienze degli ambienti accademici e
internazionali come Umberto Corsini o appartenevano
alle giovani generazioni.
Per tutti costoro le ragioni istituzionali che avevano visto
nascere la Società nel 1919 e la sua rivista nel 1920,
mutuate dal programma steso da Gino Onestinghel,
rimanevano come un legame che attraversava l’attività
di tutti gli storici saldando il passato al presente ed
aprendo la via al rinnovamento, senza rinunciare mai al
criterio basilare della scientificità. La storia non poteva
limitarsi alle vicende e agli aspetti istituzionali, ma doveva
allargarsi a tutte le componenti dello sviluppo umano
compiuto in un determinato territorio ed essere tanto
più precisa e ricca di particolari quanto più riferita ad
un’area limitata. Per questo era essenziale, in primo luogo,
la raccolta dei materiali documentari e l’inventario
delle fonti perché solo su tale base sarebbero stati possibili
la sintesi ed il quadro generale, evitando di cadere
nelle ipotesi immaginarie o di limitarsi alle favole.
Quirino Bezzi sposò in pieno la serietà delle funzioni e
dei compiti affidati ai ricercatori locali, valutati in modo
10
positivo anche dagli storici di professione che non li
consideravano marginali eruditi di minuzie, ma preziosi
aiuti nell’affondare l’analisi nelle pieghe più nascoste della
società, sovente invisibili a chi non era del posto.
Nel primo saggio pubblicato nel 1948 su “Studi Trentini”,
dedicato a L’aprile 1848 nella storia e nella tradizione della
Val di Sole (XXVII, pp. 69-74), Quirino Bezzi esprimeva
tutto il suo sentire patriottico animato da una profonda
fede democratica di stampo mazziniano, quasi un credo
religioso che lo accompagnerà per tutta la vita. L’accoglienza
dei Corpi franchi provenienti dalla Val Camonica
e dalla Rendena, ai quali si affiancarono ben 200 volontari
solandri, egli scriveva, fu ottima nella Val di Sole mentre
la Val di Non rimase più fredda. Bisognava comunque
fissare il ricordo delle popolazioni locali ormai illanguidito
prima che “il tempo scolorisca ogni cosa”, sia per le
manifestazioni d’italianità che per le reazioni ai soprusi
austriaci. Le sue pagine, pur in assenza di note e di riferimenti
all’apparato documentativo, si distinguevano per
la minuzia e la precisione di quanto narrato.
Nel 1949 venne attratto dal ritrovamento di un masso
a coppelle nei pascoli presso Peio (XXVIII, pp. 337-338),
argomento sul quale ritornerà nel 1970 per un ritrovamento
simile in Val di Sole (XLIX, pp. 61-62). Successivamente
si dedicò all’esame di documenti richiamati
negli inventari e regesti di Giovanni Ciccolini, apportando
qualche nuovo contributo o operando elencazioni e
sintesi su singoli argomenti. Egli dimostrava di vedere in
Ciccolini un maestro nella raccolta e nell’ordinamento
dei materiali documentativi, base indispensabile per l’avvio
di ogni ricerca indipendentemente dalla materia e
dall’estensione temporale e territoriale degli studi. Nel
1950 Bezzi, a integrazione dell’opera di Ciccolini, trascriveva
una pergamena del 1546 in Sopra alcuni obblighi dei
pievani d’Ossana (XXIX, pp. 285-286) nei confronti della
chiesa pievana e di quelle di Pellizzano e Cusiano. Sempre
sulla scia di Ciccolini egli pubblicava nel 1964 Le valli di
Non e di Sole in un “Liber focorum” del 1350 (XLIII, pp.
184-192), un lavoro di grande precisione e correttezza,
con utili ragguagli sui tipi ed il valore delle monete allora
in uso.
Nel corso del 1967 compariva uno dei suoi contributi
più organici ed estesi, l’Elenco dei notai che operarono nella
Valle di Sole dal 1200 al 1800 (XLVI, pp. 180-195; 286-

302; 366-378), compilato sulla base delle schede e dei
riferimenti contenuti nei Regesti di Ciccolini, tanto da
poter costituire, di quest’opera, l’indice per tale argomento.
Molto suggestive dal punto di vista estetico e di
grande interesse storico risultavano le dieci tavole fuori
testo riproducenti gli stemmi dei notai, inserite nella
terza parte del lavoro. L’argomento veniva ripreso nel
1970 con Le patenti notarili in Val di Sole dal 1500 al 1800
(XLIX, pp. 141-156), ancora con riferimento a Ciccolini.
Il saggio conteneva una breve storia dell’arte notarile,
l’utilizzo del manoscritto 1879 presso la Biblioteca comunale
di Trento ed era illustrato da numerosi stemmi
dei notai come segni di tabellionato.
Durante l’annata del 1956 i contributi di Bezzi a “Studi
Trentini” furono ispirati ad un genere che gli risultava assai
confacente, quello legato all’area
chiamata “popolaresca”. Iniziò con
la recensione di “Nonesade”, poesie
“nonese” vecchie e nuove scelte e annotate
da Enrico Quaresima (XXXV,
pp. 132-133) dove vedeva, nella
silloge di versi anauni un “amore
di figlio” e si chiedeva chi avrebbe
raccolto i versi usciti dalle altre valli
prima che il tempo avesse steso
la sua ala nera sulla musa paesana.
Seguivano i Proverbi e motti e Venti
superstizioni raccolte in Val di Sole (pp.
231-233). I proverbi riguardavano
l’agricoltura, le meteore, la morale
e l’economia, mentre le superstizioni
si riferivano alla morte e alle
disgrazie, agli animali e alle piante, al
tempo e ad altre credenze legate al
matrimonio e ai figli. L’anno successivo
descriveva Il gioco della “pòrcola”
nella Val di Sole, simile alla “rùmega” del Perginese, degno
di menzione prima della sua scomparsa (XXXVI, p. 161).
Nel saggio del 1958, Poesia popolare nell’alta Val di Sole
(XXXVII, pp. 104-116), si disvelavano completamente
l’apprezzamento e la sensibilità che egli nutriva nei confronti
della poesia legata alla piccola patria delle sue origini.
Scopo della raccolta, precisava Bezzi, non era quello
di fare uno studio comparato tra le filastrocche delle
valli trentine, ma solo di fissare quel materiale che aveva
potuto raccogliere dalla viva voce della nonna materna,
della mamma e dei convalligiani. I testi riportati, lievi
come carezze, accompagnavano il gestire tra madre e
figlio, dall’infanzia alla crescita dei primi anni, diventando
gioco, narrazione romanzesca, insegnamento di princì-
11
speciale Quirino Bezzi
pi e di comportamenti. Altri erano legati ai ritmi della
vita femminile, fatta di lavoro e di usanze arcaiche, altri
ancora avevano al centro la vita religiosa, componente
essenziale dell’identità dei valligiani fin dalle origini.
Molte composizioni poetiche erano riferite ai lavori dei
campi, alla natura animata da graziosi insetti e dagli animali,
all’allevamento del bestiame, ed avevano quasi l’andamento
della propiziazione per l’esito favorevole dei
raccolti e dei prodotti della pastorizia. Fiorivano poi i
versi delle leggende, delle filastrocche, delle cantilene e
delle cantate di Natale, dell’Epifania, del carnevale, della
quaresima e della Pasqua.
La Val di Sole, affermava Bezzi, aveva trovato gli storici
che ne avevano narrato il passato, ma era mancato
“chi si curasse della popolaresca, salvando un prezioso
patrimonio linguistico purtroppo
quasi del tutto scomparso, di cui
questa raccolta non rappresenta
che qualche briciola sfuggita all’incalzare
del tempo”. Egli si dichiarava
poi ben felice se altri avessero
completato “questa raccolta per le
altre zone della nostra valle, fissando
quel poco che ancor resta d’un
patrimonio che va velocemente
morendo”.
In una nota del 1958 (XXXVIII, pp.
76-77) Quirino Bezzi elencava le
numerose onorificenze attribuite
al pittore Bartolomeo Bezzi, appartenente
alla sua famiglia come lo
era stato il garibaldino Ergisto, durante
il periodo trascorso presso
l’Accademia di Brera. La scomparsa
nel 1958 della vedova dell’illustre
artista, che aveva consegnato la custodia
di un consistente numero di dipinti nelle mani
della figlia Pia residente a Milano, lo spingeva ad auspicare
il trasferimento delle opere a Trento “ed iniziare con
esse quella ‘Galleria di artisti trentini’ di cui più volte
fu lanciata, purtroppo sempre inutilmente, l’idea”. Nella
medesima annata della rivista il suo interesse si spostava
su Le lapidi commemorative d’uomini e di avvenimenti
nella Valle di Sole (pp. 201-208), dato che ben pochi potevano
conoscerle “in questa recondita valle”. Il criterio
seguito per la riproduzione delle lapidi non era basato
sulla successione cronologica, ma su quella topografica
seguendo la valle “secondo il corso del Noce da monte
a valle”, che portava ad accostamenti eterogenei come
Pier Fortunato Calvi e Giacomo Matteotti. La buona vo

speciale Quirino Bezzi
lontà dell’autore risultava innegabile ma, forse, sarebbe
stato preferibile il criterio storico.
Il tema patriottico caro a Bezzi tornava in vita nel 1960
con Ricordi solandri di Ergisto Bezzi in due lettere inedite
(XXXIX, pp. 203-206), inviate al suo biografo residente a
Bergamo, Locatelli Milesi, il 1° e il 3 agosto 1908 da Cusiano,
con la risposta di Milesi del 3 agosto. Precedute da
una puntuale introduzione, esse costituivano un quadro
vivace e preciso della vita di un paese di montagna, comprese
le difficoltà stradali e dei mezzi di trasporto per
gli spostamenti dai centri maggiori alla periferia. A Gli affreschi
dei Baschenis di Averaria nella chiesa di Cusiano egli
dedicò uno studio, corredato da numerose illustrazioni,
nel 1970 (XLIX, pp. 358-372). Esso
includeva una sintetica descrizione
dell’insediamento abitativo di
Cusiano e riferimenti, in nota, alla
bibliografia sul tema dei Baschenis.
L’interesse per l’arte fu al centro
anche del contributo del 1973, Immigrati
e artisti valtellinesi nella Val di
Sole (LII, pp. 356-366), contenente
utili dati storici con brevi riferimenti
ai supporti bibliografici.
L’interesse per la linguistica, legato
anche a quello per la toponomastica
tanto da essere un affidabile
referente di Giulia Mastrelli Anzilotti
per i suoi studi, fu alla base
del Dizionarietto comparato delle
voci gergali “tarone” del 1976 (LV,
pp. 214-248). Il lavoro, di natura
compilativa, comparava i termini
degli arrotini della Val Rendena con
quelli degli spazzacamini della Val di
Non e dei ramai della Val di Sole, prendendoli dalle pubblicazioni
di Angelino Franchini, Giulio Tomasini, Cesare
Battisti, Carlo Battisti, Giovanni Ciccolini. Nel 1977 in
Ortisè di Mezzana alla fine del Settecento (LVI, pp. 81-87),
trascriveva un documento del 1772 contenente il quadro
della popolazione del paese ed il suo patrimonio. Ai
saggi di maggiore impegno s’intercalavano sulla rivista le
brevi note e le recensioni che Bezzi dedicava a pubblicazioni
di carattere diverso, ma tutte riferentesi almeno in
parte all’area della sua valle.
Nel lungo periodo di collaborazione alla rivista e alla
Società di Studi Trentini, Quirino Bezzi ebbe consuetudine
di lavoro con due prestigiosi direttori del periodico,
Giulio Benedetto Emert fino al 1971 e poi Pasquale Pizzini,
e con il grande storico Umberto Corsini, presidente
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della Società dal 1964. In questo periodo così protratto
nel tempo egli conobbe un affinamento nel metodo di
ricerca, sempre più sorretto da note esplicative dei documenti
e arricchito da riferimenti bibliografici, ma non
mutò mai l’arco dei suoi interessi che avevano al centro
la terra delle origini.
Di fronte alla molteplicità degli argomenti trattati, sarebbe
però ingiusto e sbagliato parlare di facile eclettismo
o di superficialità perché il modo di operare nella
storiografia era perfettamente adeguato al suo concetto
di storia quale fatto globale come, del resto, lo era per
molti ricercatori che, con la scoperta di singoli e variegati
frammenti documentativi, spianavano la via all’esposizione
organica degli specialisti e
degli storici di professione. Va inoltre
riconosciuto che diversi dei
suoi lavori non si esaurivano nelle
briciole locali ma presentavano un
più ampio respiro ed un carattere
di precisione informativa che
trasformava veramente la divulgazione
in un adeguato strumento di
sapere educativo.
Quirino Bezzi deve essere ricordato
anche come un modello
di dedizione all’attività culturale
senza ombra di protagonismo,
privo dell’inclinazione all’autoriferimento
o al vanto in esclusiva
dei prodotti dovuti alle ricerche.
Il suo disinteresse personale faceva
tutt’uno con l’amore per la
comunità umana, non importa se
grande, piccola o minima, ma che,
comunque, andava capita e seguita
nel corso dei secoli in tutte le componenti e le manifestazioni
spirituali e materiali. In senso lato egli attraversava
le vicende della vita e dell’impegno come un umanista
sempre attento ad una serie di valori etici e politici
che nulla sarebbe riuscito a cancellare, costruendo un
patrimonio culturale e morale da conservare con cura
e da indicare soprattutto nei momenti di crisi, d’involuzione
o di smarrimento di quanto sia veramente valido
nell’esistenza umana.
*Presidente della Società di Studi Trentini di Scienze Storiche.

RICORDO DI QUIRINO BEZZI
Quirino Bezzi, vice-presidente del Museo trentino del
Risorgimento e della Lotta per la Libertà, appassionato
studioso del Risorgimento trentino, cui lo legavano le
tradizioni familiari e il grande amore per la storia della
sua Terra, si spegneva a Trento il 25 febbraio 1989. Era
nato a Cusiano, in Val di Sole, il 5 novembre 1914, da una
famiglia che aveva dato in passato il garibaldino Ergisto
Bezzi e il pittore Bartolomeo Bezzi. Diplomatosi maestro,
insegnò per numerosi anni nella sua valle, poi si stabilì
a Trento, dove spiegò la sua generosa e appassionata
attività presso varie istituzioni culturali cittadine.
Fu presidente del Centro Studi per la Val di Sole fin
dalla sua fondazione, del Comitato di Trento della Società
Dante Alighieri, della sezione trentina dell’Associazione
Mazziniana Italiana e della Sat, socio di
Studi Trentini di Scienze Storiche, Vicepresidente del
Museo trentino del Risorgimento e della Lotta per
la libertà, ne seguì con entusiasmo l’attività culturale,
collaborando anche con frequenti contributi al
suo Bollettino, fin dal 1952. Proprio quell’anno egli vi
pubblicò l’articolo I vecchi libri dei rifugi alpini, specchi
dell’irredentismo della Sat (n. 1, pp. 12-15).
Elisabetta Postal, che fu per vari anni segretaria del
Museo, pubblicò nel Bollettino del Museo del 1989,
(XXXVIII, n. 3, pp.123-127), una Bibliografia di Quirino
Bezzi. Nella premessa ella osservava che il Bezzi scrisse
specialmente sulla Valle di Sole: la storia, il folklore, le leggende,
lo studio dei dialetti, l’aspetto turistico e quello
economico furono al centro dei suoi molteplici interessi.
Ma la sua predilezione andava per la maggior parte alla
storia risorgimentale trentina e al periodo della prima
guerra mondiale.
Tra le sue numerose pubblicazioni apparse nel Bollettino
del Museo, ricordiamo principalmente: La cospirazione
trentina del 1863-64 e una lettera di Giuseppe Mazzini,
XX (1971), n. 2; L’arresto di Pietro Fortunato Calvi attraverso
i documenti processuali, XXX (1981), n. 3; XXXI (1982), n.
1, 2, 3; XXXII (1983), n. 3; XXXIII (1984), n. 1; Ricordo di
Bice Rizzi, XXXI (1982), n. 3.
Nel 1988, poco prima della morte, egli pubblicò nel
Bollettino del Museo due saggi sul patriota garibaldino
rivano Ippolito Pederzolli: Giuseppe Ippolito Pederzolli:
un trentino accanto ai grandi del Risorgimento e Ippolito
Pederzolli: le battaglie politiche, che sarebbe stato sua
di Sergio Benvenuti*
13
speciale Quirino Bezzi
intenzione ripubblicare in una monografia a parte. Un
terzo articolo conclusivo, G. Ippolito Pederzolli – carteggio,
venne pubblicato postumo, per onorarne la memoria,
a cura di chi scrive (XXXVIII, 1989, n.3). Per
questo articolo il Bezzi aveva raccolto, con diligente
lavoro di ricerca, varie lettere inedite indirizzate dal
Pederzolli ad alcuni patrioti italiani ed anche di questi a
lui. Gli originali delle lettere si trovano negli archivi della
Domus Mazziniana di Pisa, del Museo Centrale del
Risorgimento di Roma, del Museo del Risorgimento di
Milano (Carte Cattaneo), della Biblioteca comunale di
Trento e del Museo storico del Trentino.
Tra le pubblicazioni monografiche del Bezzi meritano
particolare segnalazione: Uomini illustri della Val di Sole,
Trento, Artigianelli, 1953; Racconti e leggende della Val di
Sole, Trento, Artigianelli, 1954; Appunti sul contributo della
Val di Sole all’unità d’Italia: 1796-1918, Trento, Artigianelli,
1961; La Val di Sole, Malé, Centro Studi per la Val di Sole,
1974; Garibaldi e i Trentini, riedizione a cura di Quirino
Bezzi di: Ezio Mosna, La campagna del 1866 nel Trentino,
Trento, TEMI, 1982.
Nel campo della poesia la produzione di Bezzi fu pure
assai feconda, compresa anche quella dialettale, ed
espresse al meglio la sua ricca umanità. Si ricordano qui:
Lassù su le montagne! Versi in dialetto della Val di Sole, s.
l., 1961; Fra l’aspre rupi echeggia un cantico d’amor. Versi
nelle parlate della Val di Sole, Trento, Artigianelli, 1969; La
Montanara. Poesie nelle parlate della Val di Sole, Trento, Q.
Bezzi, 1978; Fiori dei monti. Poesie in dialetto della Val di Sole,
Cusiano, Q. Bezzi, 1981; Rose di macchia. Poesie in dialetto
della Val di Sole, Trento, Amorth, 1986.
Nel 1948 Bezzi iniziava la sua collaborazione alla rivista
“Studi Trentini di Scienze Storiche” con il saggio: L’aprile
1848 nella storia e nella tradizione della Val di Sole. Seguiva
una serie di contributi riferentisi in generale a temi locali
e alcuni in forma divulgativa, curati con diligenza e passione.
Tra questi alcuni articoli sugli usi e costumi della
Val di Sole, brevi note e recensioni. Da segnalare, ancora,
in particolare, L’elenco dei notai che operarono nella Valle
di Sole dal 1200 al 1800 (1967) e Le patenti notarili in
Val di Sole dal 1500 al 1800 (1970), due lavori questi
che meritano attenzione per l’accuratezza delle ricerche
archivistiche che non si esauriscono nella storia locale,
ma che costituiscono un contributo alla conoscenza più

speciale Quirino Bezzi
ampia dell’attività notarile dal medioevo
all’età moderna.
Ne 1972 pubblicò, nell’editrice Artigianelli
di Trento Cent’anni di vita della
Sat narrati ai ragazzi; nel 1984, nel
Bollettino de Museo del Risorgimento
e della Lotta per la Libertà (n. 3),
Ottant’anni di storia alpinistica nel Bollettino
della Sat. Presidente del Centro
Studi per la Val di Sole fin dalla
fondazione, dedicò varie pubblicazioni
ad illustrare le vicende storiche e
la geografia della sua valle. Collaborò
inoltre al “Bollettino della Sat”, ai
“Quaderni della Dante”, alla “Voce
Mazziniana”, al “Bollettino della Domus
mazzinaiana” (Pisa) e ad altre riviste
e periodici regionali e nazionali.
Le doti di saggezza, equilibro e moderazione di Bezzi,
non disgiunte da fermezza, si rivelarono particolarmente
preziose nei momenti di difficoltà del Museo trentino
del Risorgimento, come quando, negli anni 1969-1970,
era in atto il progetto della Sovrintendenza alle Belle
Arti, di effettuare lavori di restauro nel Castello del
Buonconsiglio, nella Sala del Tribunale di Guerra dove
venne giudicato Cesare Battisti: sala che era considerata
un vero e proprio sacrario dell’irredentismo trentino
e veniva difesa, nella sua integrità, soprattutto da Bice
Rizzi. Un’altra volta, nel 1983, Bezzi, nella sua qualità di
vice-presidente del Museo, svolse un’importante azione
moderatrice, ma anche di difesa della libertà del Museo,
quando iniziarono a manifestarsi nei confronti dell’istituzione
tentativi di condizionamento di natura ideologica
se non addirittura politica. Fu allora che il prof. Umberto
Corsini, consigliere di direzione, rassegnò le dimissioni.
Il Bezzi, come è testimoniato dal verbale della seduta
di direzione di quel giorno, intervenne positivamente a
difendere l’operato del Museo nella sua funzione essenziale
di centro di studi storici, di fronte a certe critiche
14
che venivano ad esso rivolte dall’esterno, anche attraverso
la stampa.
Bezzi fu membro dell’Accademia roveretana degli Agiati,
del Gruppo italiano scrittori di montagna, dell’Ordine
del cardo per la spiritualità alpina e dell’Ordine di S. Romedio
per la protezione della fauna nobile. Per i suoi
meriti culturali gli fu assegnato il Drappo di San Vigilio,
la medaglia d’oro della Dante Alighieri e fu nominato
commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica.
Il suo testamento morale e civile, quello che egli avrebbe
voluto fatto proprio dall’umanità intera, è dettato in sei
versi di una poesia, lasciata inedita, perché fosse letta
dopo la sua morte:
“Quando morrò mettetemi fra mano
il Vangelo di Cristo
e “I Doveri dell’Uomo” del Maestro
di libertà dei popoli;
con essi meno duro
poi parrà il lungo sonno della tomba”.
*Socio della Società si Studi Trentini di Scienze Storiche e componente del Comitato
d’indirizzo della Fondazione Museo storico del Trentino.
IL CENTRO STUDI E IL CORO SASSO ROSSO
RICORDANO QUIRINO BEZZI
VENERDÌ 24 LUGLIO 2009, ore 20.30
Cogolo di Peio - Sede del Parco Nazionale dello Stelvio
Tutti i soci sono invitati a partecipare in gran numero
Bruno Silvestri, Quirino Bezzi e Italo Covi.

BEZZI, DIRETTORE DI “STRENNA TRENTINA”
Ricordare Quirino Bezzi a vent’anni dalla scomparsa, anche
limitandosi alla preziosa attività che per lunghi anni
ha profuso in Strenna Trentina, dove ha rivestito la carica
di direttore responsabile, non è certo cosa facile.
Molti, diversi e piacevoli sono stati i momenti passati in
sua compagnia che in questo momento mi si affacciano
alla memoria che quasi mi pare di doverlo incontrare fra
poco. Ma prima di mettere mani a documentare il suo
contributo alla Strenna Trentina, voglio anche ricordare
le molte rubriche radiofoniche che insieme ho avuto
modo di realizzare per le trasmissioni della Rai, visto che
allora quella era la mia principale attività. Come collaboratore
Rai Bezzi preparava testi di racconti, alle volte
anche leggende di carattere locale, che venivano quindi
letti ed elaborati con inserti musicali. Per altre rubriche
invece come ad esempio “Gli uomini dei rifugi” si doveva
andare in montagna, portandosi a spalle il registratore,
dove personalmente intervistava i gestori dei rifugi, che
di solito conosceva. La rubrica veniva inoltre arricchita
con la storia a lui nota fin nei particolari. Quelle uscite,
per me, rimangono un ricordo di momenti felici.
Sotto una scorza semplice e genuina, egli era riconosciuto
indubbiamente una personalità nei diversi mondi culturali,
politici, sportivi e di montagna, dove ha ricoperto
sempre posti di grande responsabilità. Altri certamente
ricorderanno la sua operosità nella società trentina,
dato che il mio compito è limitato nella rivista, dove la
sua presenza nelle diverse annate copre l’arco di oltre
mezzo secolo con una sessantina di articoli. A una prima
scorsa dei titoli si può affermare che gran parte di
questi sono dedicati alla sua valle che ha sempre avuto
nel cuore, e della quale ha studiato la storia, la geografia,
e gli uomini. Di questo lembo di terra trentina ha analizzato
le risorse, dalle acque minerali di Pejo e Rabbi, ai
boschi, alla fauna, e alla flora. Ha raccontato la bellezza
di numerosi splendidi e reconditi recessi delle montagne
che contornano la valle insieme ai rifugi alpini, i laghi e le
malghe con loro produzione casearia.
Degli uomini illustri del passato credo non abbia dimenticato
nessuno: troviamo infatti diversi articoli sul socialista
Giacomo Matteotti, ma anche l’alpino Odoardo e il
giurista Attilio Focherini, il pittore Domenico e il poeta
Bartolomeo Del Pero, gli storici solandri Tomaso Vigilio
Bottea e Giovanni Ciccolini. Della stirpe dei Bezzi poi mi
di Gino Valentini*
15
speciale Quirino Bezzi
pare ci siano tutti, dal garibaldino Egisto al ditterologo
Mario fino al grande e illustre pittore Bartolomeo. Grande
spazio quindi a tutti gli artisti del pennello e dello
scalpello della valle, e alla genialità solandra specie nella
poesia popolare e nelle abitudini tradizionali come nella
storia. Non poche le pagine dedicate alla guerra, dalla
prima alla seconda.
Egli stesso infatti, essendo nato nel novembre del 1914,
si reputava figlio della guerra tanto che in alcune occasioni
mi ha confidato che il suo nome doveva essere
“Guerrino” ma il parroco, mi disse, non deve essere stato
dello stesso parere dei miei genitori.
Ma torniamo alla Strenna trentina per ricordare che
non mancano anche altri articoli oltre che della valle,
pur sempre di interesse provinciale.
Troviamo così la storia della Accademia degli Agiati, la
figura di Nepomuceno Bolognini, padre del folclore
trentino, Pier Fortunato Calvi, difensore del Cadore e
arrestato a Cogolo, il giurista Carlo Antonio Pilati, il dialettologo
Carlo Battisti, l’insigne giureconsulto Francesco
Vigilio Barbacovi e Gianbattista Righi, l’ideatore della
moderna Campiglio. Pagine di racconti storici e leggende
popolari interessanti dalle quali vogliamo estrarre un
particolare racconto, che ritengo sia il suo primo articolo
in Strenna visto che data nel lontano 1943 e porta il
titolo “Il miracolo della Madonna”.
Racconta Bezzi che nel 1820 Teodoro, un bambino di
quattro anni, figlio del medico condotto di Cusiano, Domenico
Bezzi, si smarrì nel bosco sul monte Salvat, al di là
della Cappelletta di S. Antonio in Valpiana e per tre giorni
venne ricercato da molti uomini accorsi da quasi tutta la
pieve. Nel pomeriggio del terzo giorno, quando ormai le
speranze erano poche, un pastorello disse di averlo incontrato
in un dato posto della montagna e quindi corsero
e riprenderlo. Tutti pensarono al miracolo, si dice
nell’articolo, visto poi che il bambino diceva di essere
sempre stato in compagnia di una bella signora vestita
di bianco e di azzurro. Il racconto termina precisando
che il bambino divenne sacerdote, e quindi curato prima
a Celentino e poi a Magras. Lo stesso Quirino scrive
di aver ascoltato il racconto nelle prediche dall’altare
di Cusiano dall’ottantacinquenne don Filippo Dell’Eva.
Leggenda o miracolo? Chissà, meraviglia comunque la
precisione delle date, dei paesi e dei protagonisti.

speciale Quirino Bezzi
Di Bezzi poeta a me piace solo far conoscere la canzone
funebre che riportiamo a parte, che egli senza tanta pubblicità
ha chiesto in segreto al suo amico don Giuseppe
Grosselli di musicare e poi l’ha infilata nel pacco dei suoi
appunti lasciato sul tavolo. Non credo egli abbia avuto
modo di poterla ascoltare, visto che il tutto è sempre
16
stato così riservato, oggi comunque potrebbe essere un
bell’ omaggio alla memoria del grande solandro, maestro
per generazioni, amante delle montagne oltre che della
sua valle natia.
* Direttore di Strenna Trentina.

QUIRINO BEZZI: UNA VITA FATTA DI
DEMOCRAZIA IN AZIONE
di Vincenzo Bonmassar*
Conobbi di persona Quirino Bezzi nel 1977, un anno
dopo il congedo dal servizio militare e ad un paio d’anni
dalla laurea. Il “68” che avevo lasciato alle spalle mi
aveva consegnato una sana diffidenza verso le soluzioni
facili, gli slogans, il pensiero conforme. Mi aveva regalato
anche una gran voglia di andare oltre le apparenze e di
impegnarmi nella cosa pubblica senza ben sapere quali
fossero gli strumenti veri di cui fare uso per incidere, per
cambiare, per dare risposta ad uno spirito critico che le
frequentazioni giovanili e le frustrazioni della caserma
avevano alimentato non poco.
Quirino Bezzi, allora, aveva poco più di sessant’anni,
il suo pizzo era completamente grigio ed i suoi occhi
sprizzavano una vivacità che il suo modo di parlare confermavano
pienamente. L’incontro mi lasciò perplesso
e curioso perché quello era un discendente collaterale
di Ergisto, del quale conoscevo la biografia che lo descriveva
come “il più mazziniano dei garibaldini ed il più
garibaldino dei mazziniani”. Quirino parlava quasi sempre
dialetto con uno stile diretto e quasi scanzonato,
che a tratti interrompeva per concedersi ad una certa
solennità con la quale scandiva una o poche frasi alle
quali intendeva dare un particolare significato. “No, non
è questa l’Italia che volevamo” recitò quasi ad occhi
chiusi per rilassarsi poi in espressioni dialettali. Non era
l’Italia che volevamo... Noi, quindi, noi tutti che avevamo
vissuto tante esperienze diverse. Lui che aveva un
antenato nobilitato dal rapporto epistolare, ma confidenziale,
con Giuseppe Mazzini. Che aveva esposto la
sua vita a tutti i rischi del conflitto armato assieme a
Giuseppe Garibaldi. Ma assieme mi ci trovavo pure io
con il fastidio di un “sessantotto” conformista e di un
solo anno di vita in divisa praticamente inutile. “La difesa
della patria è sacro dovere dei cittadini”, così recitava e
recita la Costituzione della Repubblica. Non avevo difeso
proprio nulla. Ergisto, non solo l’aveva difesa, ma
l’aveva costruita. Quirino non parlò mai delle nobili tradizioni
di famiglia. Gli interessava l’attualità, voleva vivere
il suo tempo. Ma viverlo a tempo pieno, in tutte le manifestazioni
che il suo modo d’essere gli avrebbe consentito.
Scrivere, parlare, sostenere temi ed argomentare.
Fondare associazioni, partecipare alla vita civile. La vita
civile. Le mie conoscenze mazziniane, allora, risalivano
alla frequentazione di convegni nei quali prevalevano gli
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speciale Quirino Bezzi
interventi facondi espressi con accento romagnolo. Le
memorie di una grande insegnamento che chiedeva di
impegnarsi, di adempiere ai doveri dell’uomo. Cercare la
verità sapendo che la ricerca non sarebbe mai finita. Allora
il pensiero mazziniano era relegato, quasi peggio di
quel che accade oggi, negli anfratti scolastici e in qualche
e angusta celebrazione retorica. Stava forse vincendo
quel messaggio volto a realizzare la “società di armenti”,
così come Mazzini, quasi con stizza, aveva apostrofato il
vaticinio marxista.
Quirino Bezzi veniva da ben altra storia. Con lui la “società
degli armenti” non avrebbe superato il traguardo e
piegato l’umanità ad una vita da caserma. La sua vivacità
era veramente un esempio reale di quel vivere in azione
che assommava l’azione garibaldina al pensiero mazziniano.
C’era da imparare da quel suo dinamismo sempre
alla ricerca di una risposta che non era mai quella
definitiva. C’era un tratto gioioso in quel suo proporre
sempre cose nuove, nel porre temi ed interrogativi ai
quali, e forse questo gli era ben presente, solo lui avrebbe
potuto cercare di dare una risposta.
Ma come, lui con la sua storia, con un carattere fatto di
sintesi fra pensiero ed azione, alla fine si era dato a collaborare
con la Democrazia Cristiana? Per me, che ero
sopravvissuto e pretendevo di essere immune ai luoghi
comuni del sessantotto, questo sembrava davvero troppo.
“Questa non è l’Italia che avevamo voluto”, aveva
accennato Quirino ad un mio timido ma intransigente
rilievo.
Non c’era che condividere il metodo e correre il rischio
di esporsi per misurasi con le idee, con gli altri: farsi
carico del dovere di impegnarsi. Del dovere di diventare
azione del proprio pensiero.
L’occasione si offrì un giorno del dicembre del 1985
quando Quirino, con poche battute, si disse disponibile
ad ospitare qualche mio scritto dialettale in rima sulla
rivista che aveva fondato da poco e che si intitolava:
“Ciacere”. Mi guardò con un poco di diffidenza, forse,
perché quel mio modo di pormi non rientrava nelle sue
categorie, che si erano formate in ben altre occasioni
ed in ben altre esperienze. Ci dividevano trent’anni di
vita e forse trentamila occasioni ed esperienze diverse.
Io scrissi qualcosa nel mio dialetto di Trento e Quirino
subito si mise a chiedere perché avessi usato un tal fo

speciale Quirino Bezzi
nema, oppure se quel vocabolo fosse veramente di radice
dialettale. La sua rivista aveva degli obiettivi ed a me
pareva di vedere in quella sua attenzione il riproporsi
del messaggio post garibaldino e vivamente mazziniano
di profondersi nella divulgazione, nella conoscenza perché
si potesse finalmente vedere “l’Italia che avremmo
voluto”.
C’era un po’ di Nepomuceno Bolognini, con i suoi scritti
di storia e mito locale. C’era un po’ di De Amicis con i
suoi scritti morali, sociali e patriottici. C’era un po’ di
Battisti con la sua fede incrollabile nelle virtù dei trentini,
nonostante le evidenze.
Questo mi parve di Quirino Bezzi, mazziniano senza aggettivi
come l’insegnamento del maestro aveva definito
Alcide Degasperi parla dall’Hotel Zanella, Fonti di Pejo. All’estrema destra Quirino Bezzi.
18
la democrazia che è tale senza alcun altra necessità di
specificazione.
Questo è quello che mi preme di potere mettere per
iscritto a vent’anni dalla sua scomparsa perché sono
certo di poter pensare che anche Lui avrebbe condiviso
la sintesi di una vita che fu veramente fatta di pensiero
ed azione, senza nessuna altra definizione se non quella
di “democratica ed in azione”.
*Presidente AMI (Associazione Mazziniana Italiana) Sezione Beppino Disertori
Trento.

QUIRINO BEZZI, UNA VITA
PER LA CULTURA E LA POESIA
di Elio Fox*
Quirino Bezzi nasce a Cusiano di Ossana il 5 no vembre del
1914, da antica e gloriosa famiglia di patrio ti, fra i quali so no
da ricordare il garibaldino Ergisto Bezzi ed il pittore Bartolomeo.
Espletati gli studi ginnasiali e diplomatosi maestro,
egli intrapre se la strada dell’insegnamento, approdando a
Trento dove è vissuto tutta la vita, anche se non ha mai abbandonato
la sua valle dove soleva trascorrere i mesi estivi.
Infatti, l’amore per la sua valle, per la sua gente, l’amore per
la cultura e la storia di questo estremo lembo del Trentino
che fortemente ha risentito dell’influenza lombarda nel
temperamento aperto della gente e nella parlata, è stata
la molla che per anni ha stimolato Quirino Bezzi nelle sue
ricerche, nei suoi studi, nelle sue analisi ed anche nella sua
poesia in dialetto.
Ma Quirino Bezzi ha avuto tanti interessi e mi sarà difficile
elen carli tutti, perché non c’è stata, nella sua valle, una sola
iniziativa culturale che non lo abbia visto o promotore, o
partecipe e sostenitore, ad iniziare da quella che è stata la
sua creatura certo più importan te, quel Centro studi per
la Val di Sole che ha presieduto fin dalla fondazione, che avvenne
nel 1967, e del quale era poi stato eletto pre sidente
onorario fino alla scomparsa. Un centro che ha fatto cultura
e storia nella valle, promuovendo ricerche e pubblicando
studi molto impor tanti.
Era giornalista pubblicista e collaboratore con numerosi
giornali e pe riodici culturali e nel 1985 aveva iniziato la
grande avventura della rivista trimestrale Ciàcere en trentin,
che diresse dalla nascita fino a quando Quirino scomparve
il 25 febbraio 1989; io subentrai nella direzione della
rivista, che esce tutt’ora. Mi piace ricordare questo periodo,
perché lui credeva molto in questa iniziativa, alla quale
Quirino ed Alessio Less, l’altro promotore, mi chiamarono
a collaborare fin dall’inizio, per percorrere assieme la difficile
strada della difesa dei dialetti e della cultura che essi
sanno esprimere. Quirino ha portato avanti la rivista nel
momento forse più difficile, che è quello dell’avvio di una
iniziativa editoriale. In pratica eravamo in tre a fare questa
rivista in modo assolutamente artigianale. A volte Alessio
Less veniva nel mio ufficio in Provincia con un canovaccio
di articoli, disegni, fotografie, fotocopie di antichi saggi e
si abbozzava una impaginazione. Qualche volta si andava
a casa di Quirino, nel condominio che sorge nello slargo
all’imbocco di Corso Buonarroti, in prossimità del cavalcavia
che porta al Ponte di San Lorenzo. Quasi di fronte
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speciale Quirino Bezzi
abitava il poeta Marco Fontanari. Dalla finestra di Quirino
si vedeva, oltre l’Adige, la casa dove aveva abitato Arcadio
Borgogno. E poi di corsa in uno studio grafico, nella zona
artigianale di Via Fersina per la fotocomposizione e lì le soste
per la correzione delle bozze e quindi si portava tutto a
Mori dove l’editrice La Grafica stampava - e fortunatamente
ancora stampa - le Ciàcere. Ricordi...
Ricordi di quando Quirino mi portava i suoi libri, freschi
di stampa. Mi portò i primi tre fascicoletti, con i titoli dei
versi della Montanara (Lassù su le montagne, Fra boschi e
valli d’or e Fra l’aspre rupi eccheggia) e mi disse che avrebbe
usato tutti i versi del celebre canto. Si limitò ai primi tre
versi e poi raccolse i tre libretti in uno con il titolo «La
Montanara». Su «Fiori dei monti» del 1981 trovo scritto:
All’amico di tutti i dialetti, Elio Fox, con tanta cordialità.
Ancora ricordi... Anche la disgrazia che lo colpì negli affetti
più cari (la morte di un figlio e di tutta la sua famiglia) e che,
forse, fu concausa del suo crollo fisico. Per sua volontà, fu
cremato e sepolto nel piccolo cimitero di Ossana.
Le Ciàcere furono certo una grande e bella avventura, per
Quirino Bezzi, ma fu solo una parte della sua straordinaria
attività. Aveva una visione quasi romantica della politica
ed a Trento si era attivato per l’apertura di una sezione
dell’Associazione mazziniana italiana, della quale fu poi presidente.
Gli incarichi, certo di prestigio, ma anche di impegno,
a Trento furono tanti, come la presidenza del comitato
trentino della Dante Alighieri, che poi gli darà la Medaglia
d’Oro per l’attività svolta; assumerà la presidenza generale
della SAT e la direzione del periodico dell’associazione, il
celebre Bollettino della SAT. Per meriti culturali ed associativi
proprio dalla SAT aveva ottenuto l’Aquila d’Oro, ma per
le sue benemerenze alpine aveva anche ottenuto la stella
Quirino Bezzi alle Contre di Caldes con Italo Covi e, al microfono, Paolo Vallorz.

speciale Quirino Bezzi
al merito dell’Ordine del Cardo. È stato vice presidente
del Museo trentino del Risor gimento e della Lotta per la
Libertà, faceva parte del Consiglio di Amministrazione del
Museo tridentino di Scienze naturali ed era membro di numerose
altre associazioni culturali, alle quali aveva sempre
dato un fondamentale contributo di competenza e di serietà.
Era infatti socio della prestigiosa Ac cademia roveretana
degli Agiati e dell’altrettanto prestigiosa Società di Studi
trentini di Scienze Storiche; gli sarà consegnato il Drappo
di San Vigilio, che viene dato ai cittadini meritevoli nel
campo della cultura, delle arti e della storia, ed era anche
Commendatore dell’Ordine al merito della Re pubblica.
Questo per dire chi era Quirino Bezzi nel profilo della vita
civile e sociale, non solo della città di Trento, ma del Trentino.
C’è però l’aspetto dell’uomo di cultura che merita
altrettanta attenzione, perché Quiri no Bezzi si è dedicato
agli studi sulla sua valle, sui persanaggi della sua valle praticamente
fino al l’ultimo dei suoi giorni.
È del 1953 una delle sue prime opere, dedicata agli Uomini
illu stri della Val di Sole, ma l’anno successivo pubblicava Racconti
e leg gende della Val di Sole, seguiti, nel 1959, da La Valle
di Sole - Guida storica che ebbe ristampe nel 1965 e nel 1975.
Nel 1972 dava alle stampe una storia della SAT narrata
ai ragazzi e curava la pubblicazio ne dello studio di Cesare
Battisti sul Tarón o Gaìn - il partico lare gergo dei calderai
- con aggiunte di vocabolario e saggi. Nel 1967 pubblicava
un saggio sui Notai che operarono nella val di Sole dal 1200
al 1800, seguito da un saggio sugli Affreschi nella chiesa di
Cusiano e da uno studio sugli Immigrati e artisti valtellinesi.
Ha poi scritto un saggio su Ergisto Bezzi a cinquant’anni
dalla scomparsa, ha composto un Dizionarietto com parato
delle voci gergali tarone apparso nel 1975. Per la Casa Editrice
Panorama ha curato nel 1983, con la colla borazione
di Italo Covi e Antonio Scaglia, il volume Val di Sole. La studiosa
ed amica di Quirino Bezzi, Giulia Mastrelli Anzilotti,
nello studio-ricordo che ha pubblicato sulla rivista Ciacere
en trentin n.11 del maggio 1989, elenca 53 studi lasciati da
Quirino Bezzi, ma aggiungeva che l’elenco era largamente
incompleto.
La sua opera di studioso lo ha anche spinto sulla strada
delle riedizioni o della presentazione critica di opere scritte
da altri autori e introvabili sul mercato, come il saggio
su Garibaldi ed il Trentino di Ottone Brentari con appunti ed
aggiornamenti; come gli Inventari e regesti degli archivi parrocchiali
della Val di Sole di Giovanni Ciccolini, con riferimento
alla Pieve di Livo; come la premessa critica alla Storia delle Valli
di Non e di Sole di Vigilio Inama; come la premessa critica alle
Memorie di Romeno di Luigi Rosati e all’Illustrazione della Val
di Sole di Giuseppe Arvedi.
Va ancora ribadita la sua particolare passione per lo studio
20
e la conservazione del dialetto della sua gente - di quello
particolare di Cusiano - con l’offerta di una piccola, ma
qualificata messe di componimenti poeti ci, dei quali ho già
parlato, ma sui quali va aggiunto ancora qualcosa.
Quirino Bezzi mi ha fatto omaggio di tutte le sue opere
poetiche. Quando me le portava in ufficio, mi diceva che lui
non si sentiva un poeta, ma che aveva solo il desiderio di
fissare in carta la voce genuina del dialetto di Cu siano, nel
tentativo di rallentarne la scomparsa.
Sul secondo di questi tre libretti, Luigi Menapa ce ebbe a
scrivere che:
l’autore trova immediatamente una felice immagine, in quanto
vuole paragonarsi ai cantastorie di un tempo, che, di paese
in paese, anda vano raccontando le commoventi vicende
avvenute nei castelli duran te i secoli passati, o la storia della
vecchia avara, o il caso delle ma trigne che trattavano male i
figliastri...
Curando la riedizione unitaria dei primi tre volumetti sotto
il titolo di La Montanara, Quirino Bezzi, rispondendosi alla
domanda «Perché una raccolta di versi solandri», ebbe a
scrivere:
Semplicemente per documentare una parlata che, come altre
dialetta li, va continuamente trasformandosi, non certo in meglio,
con trenti nismi, italianismi e che fra non molto è destinata
a scomparire. Un secondo motivo: per dare un contributo alla
letteratura dialettale della mia valle, che, purtroppo, non ha
alle spalle il patrimonio lette rario di grande pregio che può
vantare la contigua Valle di Non. Noi solandri, fatta eccezione
d’un volumetto di Simone Daprà che usa il dialetto di Terzolàs,
uno di Giovanni Zanella che usa quello ingentili to di Ossana
e tre mie raccolte da anni esaurite, in fatto di letteratura
dialettale non possediamo altro.
Anche Renzo Francescotti si è interessato alla poesia di
Quirino Bezzi, e lo inserì nella sua antologia di Undici poeti
trentini. Scrisse:
Bezzi ha una gamma abbastanza larga di ispirazione: ci sono
versi dell’intimità e dei ricordi familiari, quelli delle memorie
del paese, d’un passato non lontano di fatiche e miserie; c’è la
poesia del pae saggio, un ambiente che purtroppo si trasforma
in peggio, aggredito com’è ogni giorno dalla speculazione;
ed infine, caratteristica unica nel panorama poetico trentino,
non mancano in Bezzi i versi che rie cheggiano il passato risorgimentale.
Questa sua voglia di essere presente nelle fasi operative della
cultura popolare, è sempre stata una delle caratteristiche più
importanti della sua esistenza, sempre spinto verso una cultura
non elitaria, bensì a largo raggio, coinvolgente il popolo al
quale si sentiva fortemente lega to.
* Direttore di “Ciacere en trentin”.

IN MEMORIA DI QUIRINO BEZZI
Ai primi di giugno ricevo una cordiale telefonata del
dott. Salvatore Ferrari il quale mi chiede di partecipare
con uno scritto al numero speciale del notiziario del
Centro Studi che in Val di Sole si va allestendo in ricordo
del prof. Quirino Bezzi a venti anni dalla sua scomparsa.
Io non ne avevo una conoscenza diretta e quindi mai approfondita,
ma era come se davvero lo conoscessi tanto
era presente quasi nella quotidianità delle ricerche
che mia moglie Giulia andava svolgendo nel Trentino e
in particolar modo nella Val di Sole fino dagli inizi degli
anni Cinquanta.
La sua tesi, dedicata alla toponomastica della Val di Sole,
fu pubblicata dall’“Istituto di Studi per l’Alto Adige” nel
1956.
Ragioni familiari e professionali Le impedirono di proseguire
nelle ricerche, ma se potè riprenderle, ciò senza
dubbio accadde in concomitanza e in conseguenza della
costituzione del Centro Studi per la Val di Sole voluto e
creato da Quirino Bezzi insieme all’avvocato Italo Covi.
E non fu una breve fiammata; quasi ogni anno – a partire
dal 1968 – comparvero nell’ “Archivio per l’Alto Adige”,
in altri periodici trentini e negli atti di vari convegni e
congressi contributi di linguistica e toponomastica, trentina,
nonesa o solandra; e quasi sempre con la piena intesa
con il Centro e con Quirino Bezzi.
Come ho detto non ho dunque mai avuto una conoscenza
diretta del prof. Bezzi, ma da quanto mi veniva
continuamente detto avevo ben compreso che di lui si
ammiravano doti, sempre rare anche allora, di una estrema
limpidezza, franchezza, sincerità congiunta a una straordinaria
saggezza esercitata nel commercio degli uomini
e nel sogno degli ideali.
Questa sua giovanile e immediata integrità la colsi nel
suo sguardo il giorno che lo andai a visitare nella sua
casa in Corso Buonarroti 107 a Trento: con grande soddisfazione
Quirino Bezzi aveva cominciato a collaborare
nel 1976 con l’Istituto per l’Alto Adige e quindi con il
suo “Archivio”, scrivendo delle Recenti pubblicazioni sul
Trentino (1976-1977; 1978-1979; 1980-1981) e tracciando
degli Appunti per una storia della poesia dialettale nel
Trentino (1978).
Il 26 febbraio 1989 provammo un gran vuoto non solo
intorno a noi, qui a Firenze, ma anche in tutti quegli ambienti
trentini che avevano avuto l’immensa fortuna di
di Carlo Alberto Mastrelli*
21
speciale Quirino Bezzi
apprezzare la sua mente e la sua opera: sull’ “Archivio”
venne subito data la notizia della scomparsa del prof.
Quirino Bezzi con un necrologio a firma della mia moglie.
Sento che questa mia personale riflessione è troppo
povera cosa per la sua solenne commemorazione;
e perciò mi sono dato daffare per vedere di trovare in
Istituti e a casa qualche documento o lettera da esibire
per l’occasione: purtroppo non sono riuscito a trovare
nulla di particolarmente interessante. Tuttavia ho ritenuto
opportuno riesaminare la cartella (un’antica copertina
rossa con questa incisione in oro: “Società Veneta
Promotrice di Belle Arti. Ricordo ai soci della 3a esposizione
di bozzetti: aprile 1904) che ci era stata data negli
anni passati. In questa cartella, oltre a circa un’ottantina
di pagine riguardanti l’“Anagrafe dei Bezzi di Cusiano”, vi
è tutto il testo che venne pubblicato postumo (pp. 123-
159), a firma di Quirino Bezzi, con il titolo Cenni storici
su i Bezzi di Cusiano nel volume La Val 1995 curato da
Udalrico Fantelli.
Facendo i debiti confronti mi sono reso conto che in
quel volume non ne furono pubblicate due pagine. Non
conosco il motivo della loro esclusione; e pensando che
non ce ne debbano o possano essere, ritengo di far cosa
utile e gradita agli amici e ai soci del Centro Studi per la
Val di Sole darle alle stampa.
La prima pagina riproduce lo stemma e i dati storici della
casata dei Bezzi. L’altra pagina contiene invece l’elenco
di quei Bezzi che ricevettero l’incarico di “sindaco” del
comune di Ossana o che furono “maestri elementari”.
Lo stemma dei Bezzi

speciale Quirino Bezzi
Casata presente a Cusiano in Val di Sole nel Trentino
già dal 1400. Nei secoli XV, XVI, XVII diede alla magnifica
Comunità di Ossana vari regolani e giurati. Nei
secoli successivi ebbe medici, notai, scienziati, patrioti,
pittori, scultori e indoratori.
Vari membri furono chiamati a varie Accademie
scientifico-letterarie e insigniti di ordini cavallereschi.
Stemma estratto da: Crollalanza: Dizionario storicoblasonico
(Istituto araldico Camaiani-Genova).
Personaggi con specifichi incarichi:
Durante i secoli fra il XV e il XIX diversi Bezzi ricoprirono
incarichi nella Comunità di Ossana, Cusiano
e Fucine, quali regolani, giurati sindaci o per altri particolari
incarichi sociali.
L’incarico di sindaco del Comune, fu, dopo la prima
guerra mondiale ricoperto da:
Gio. Batta Bezzi (ramo Pero Bez) oste e negoziante
in Cusiano.
Dopo la seconda guerra tale incarico fu assunto da:
Pio Bezzi fu Baldassare, del ramo Mantovani di Ossana;
Brizio Bezzi fu Francesco del ramo dei Giambe di Cusiano;
22
Olivo Bezzi del ramo dei Bortolotti, figlio del caduto
in guerra Iginio fu Olivo.
Diversi gli insegnanti elementari: nel 1900-1980
Alessandro di Olivo (Bortoletti)
Giustiniano di Giuseppe (Ziani)
Leone di Paolo (moneghi di Cusiano)
Maria (Ziani)
Elena di Giuseppe (in Mattarei) di Giuseppe (Ziani)
Quirino di Ergisto (Nadai)
Olivo di Iginio (Bortoletti)
Concetta di Baldassare (Mantovani) in Santini
Liduina di Antonio (Borbinei) sposa il direttore didattico
Betta.
Nel 1720 – con verb. del 6.11.1720 “fu conferito il ministero
di con-maestro di scuola della città di Trento
a Pietro Bezzi, attesa la morte dell’antecedente, come
da rescritto invito alla preci del medesimo”. Atti civ.
3920. Archivio di Stato – Trento.
L’anno successivo fu admesso agrimensore “prestò il
solito giuramento” (Atti civ. 3928 – verb. 16/6/1721,
Arch. Stato Trento).
*Presidente dell’Istituto di Studi per l’Alto Adige.
Nell’assemblea del ventennale del Centro Studi da sinistra Guido Ghirardini, Nino Matteo Dell’Eva, Quirino Bezzi, Bruno Kessler, Enrico Pancheri e Udalrico Fantelli.

Pubblichiamo in questa pagina uno scritto inedito di Quirino
Bezzi.
Studio storico riguardante gli affreschi della Ven.
Chiesa monumentale di S. Maria Maddalena in Cusiano.
Mi sia permesso prima di passare alla storia degli affreschi
della Chiesa di Cusiano, fare un po’ di premessa
storica riguardante tale paese. È più che certo che ci
troviamo davanti ad un nome di desinenza romana, ma la
radice a detta anche di vari storici devesi ricercare nelle
lingue galliche, retiche od etrusche. Forse questa non è
che una semplice ipotesi, però ad avvalorarla cito questo
fatto non ancor noto quando l’esimio prof. Ciccolini
scrisse il suo “Ossana nelle sue memorie”.
Nel subito dopo guerra alcuni giovani seguendo le indicazioni
della locale tradizione e le indicazioni dei vecchi
del paese scavarono in un orto dove la tradizione diceva
esistere la sinagoga degli ebrei (non voglio certo di che
Cusiano sia il centro ebraico della Val di Sole!) che poi fu
sepolta in punizione dei loro delitti da una valanga, scavarono
e nell’orto adiacente alla casa Leni in cima al paese
portarono in luce una stanza quadrata. In essa si rinvennero
delle ossa molto corrose che a detta del dott.
Gallina appartenevano a degli esseri umani, ma quello
che maggiormente importa portarono alla luce alcune
anfore che dalla forma con cui mi furono descritte e dalla
fattura che mi dissero avere appartengono alla civiltà
etrusca. Io non vidi che lo scavo e la stanza, perché ero
ancora bambino, ma c’è chi si ricorda benissimo la cosa.
Questo solo per portare una pietra all’ipotesi di trovarci
davanti ad un paese di origine preromana. Sopra il paese
c’è pure un colle chiamato Doss Castelèr.
In quanto riguarda la romanità di Cusiano dirò che nella
costruzione di una casa sotto lo stradone, avvenuta nel
1930, gli sterratori si trovarono davanti al selciato caratteristico
alle strade romane. Per di più è storico come
una di queste strade varcasse il displuvio fra il Noce e
l’Oglio attraverso il valico del Montozzo.
Non voglio fare della storia, voglio solo portare dei contributi
alla storia pensando che forse a qualcuno potranno
servire. E passo quindi all’eterna questione del passaggio
dei Franchi di Carlo Magno attraverso il Tonale e
la relativa distruzione dei castelli Tesana, Maletum ecc.
23
speciale Quirino Bezzi
BEZZI E LA CHIESA DI S.MARIA MADDALENA
DI CUSIANO: UNO SCRITTO INEDITO DEL 1939
di Paolo Diacono e qui dirò una cosa sfuggita a tutti gli
scrittori di storia locale e che invece di risolvere ancora
la questione la ingarbuglia ancor di più.
È il fatto di trovare ancora intatto nel parlare locale
il nome di Tesana usato dal Diacono. Infatti i prati che
sono fra la Chiesa di Cusiano e il Noce, dove una volta è
probabile passasse la strada per Ossana, vengono ancora
oggi chiamati: Pon-Tesana. Ora perché il nostro locale
Tesana non potrebbe essere il Tesana di Paolo Diacono
rimasto intatto nel linguaggio del popolo?
I contributi alla storia del medioevo e specialmente
dell’epoca del risorgimento sono troppo noti per ritornarci
sopra. Basti il nome di Ergisto Bezzi e dell’artista
Bartolomeo Bezzi che da Cusiano hanno l’origine.
Ed ora passo alla illustrazione della Chiesa.
Secondo Weber è ricordata ancora in carte del 1323.
Fu consacrata nel 1497. L’altar maggiore nel 1512. Fu
“sbianchezzata” nel 1718 e nel 1854 per opera del farmacista
di Cusiano Angelo Ravelli.
Era totalmente dipinta anche nel voltone fatto fare solo
nel 1565. Gli affreschi più belli e maggiormente degni di
nota sono quelli del Presbiterio. Posso fin da ora affermare
che quando la chiesa fu consacrata nel 1497 gli
affreschi erano già ultimati.
Furono fatti secondo me da Giovanni Baschenis da
Averaria. Lo stesso che dipinse quelli della chiesa di
S.Lorenzo in Dimaro.
Ed ecco ora le prove della mia asserzione.
In ambedue le Chiese il presbiterio è dominato da una
gigantesca figura di Cristo identicamente disposta e dipinta,
sostenuta da un bue e da un leone. Il Cristo tiene
in ambo le chiese la sua figura raccolta in un cornicione
ovale a fondo rosso, ha la medesima posizione e fattura
dei piedi, la destra levata con tre dita in atto da benedire
e la sinistra con l’Evangelo aperto. Ripeto che le figure
sono identiche, anche il colore è lo stesso. Una cosa
però mi fa supporre la antichità della fattura di Cusiano
è il fatto che il Cristo di Cusiano è in tutta la chiesa
l’unica figura fatta a tempera. L’artista, volendo provare
la propria capacità cominciò il lavoro a tempera, potendo
facilmente imbiancarlo. Vedendo che la sua perizia lo
portava bene, continuò il lavoro in affresco. Fatta la pratica
nella chiesa di Cusiano si portò poi a dipingere quella
di Dimaro, Cogolo e della Commezzadura. (Anche nella

speciale Quirino Bezzi
chiesa di Mastellina c’è un Cristo in un piccolo ovale che
arieggia quelli sopra descritti).
Ciò che mi porta a sostenere il nome di Giovanni Baschenis
è pure il fatto che gli affreschi di Dimaro e Cusiano
hanno altri punti uguali a cui possiamo riferirci.
Nella parete S.E. del presbiterio di Dimaro attraverso la
scena raffigurante il martirio di S.Sebastiano, c’è l’identico
fregio che forma la cornice d’uno degli affreschi della
parete dietro l’altare della chiesa di Cusiano.Varie altre
cornici hanno gli stessi motivi ornamentali. Pure la mano
che scrive il carattere gottico nelle pareti di Dimaro, Mastellina,
Cogolo, e Cusiano è la stessa.
Altro fatto che mi porta a concludere che il pittore
ignoto di Cusiano sia quello noto di Dimaro è ancor
questo: somiglianza di faccie, mani, aureole (noto che
anche le aureole dei santi dipinti posteriormente dai Baschenis
nella chiesa di S.Vigilio di Pelugo-Rendena hanno
la stessa incisione gli orli e la stessa usanza di bucarle in
mezzo come la nostra anche la positura delle striscie
recanti le varie scritte è uguale in ambe le chiese. In tutti
gli affreschi dei Baschenis, come pure in questi di Cusiano,
predonima il colore rosso, giallo e verde. Basterebbe
però la stessa figura del Cristo, gli stessi fregi per dare
senza pericolo di sbaglio la stessa paternità agli affreschi
di Cusiano e Dimaro.
Che poi le comunità dell’Alta val di Sole abbiano avuto in
quei tempi grande famigliarità colle genti del al di là del
Tonale basterebbe sfogliare le pergamene dell’Archivio
parrocchiale d’Ossana per averne la certezza. Nell’epoca
ci troviamo infatti davanti a una vera infinità di nomi
e di uomini di origine bresciana: da Bormio (perg. N.2)
da Vezza (N.3) da Lovere, da Averaria (perg. N.17 anno
1463) Nella perg. N.28 trovo un Ser Simone de Averaria
notaio nel 1491. Può quindi essere più che verosimile
che le nostre chiese siano state dipinte ed abbellite da
gente richiamata nei nostri paesi da persone in essi già
stabilitesi.
Gli affreschi nel corpo della chiesa si prestano ben più
difficilmente ad un inquadramento storico. La figura più
antica della stessa contrariamente a quanto affermavo nella
mia relazione sulle scritte della stessa chiesa, risale al 1300-
1400. Essa fu fatta dipingere da un certo Guelmo dictus
Minoius. Tale nome lo trovo nella pergamena numero 6
dell’Archivio parr. di Ossana. In essa trovo: Minorinus,
Meiorinus, Minoius, notaio “de Runzio d.Lode comunitatis
Verone” E’ l’unico riscontro trovato con tale nome.
In riguardo poi alle figure della parete nord e a quella
della Crocifissione siamo ancor più nel regno delle
ipotesi. Sono certamente posteriori al 1600. Trovo solo
qualche somiglianza con delle figure dipinte nella casa
24
dei vecchi Dottori Bezzi, ora proprietà di Natale Bezzi,
che secondo la tradizione della mia famiglia che da essa
proviene, fu fatta dipingere dalla signora d’un medico
venuta in casa Bezzi dal Milanese nob. dei Sesia. Di tali
dipinti rimangono intatti i soffitti di due stanze e raffigurano
scene d’amore. Come quelli della chiesa hanno
lo sfondo completamente in nero e potrebbe darsi che
già che in Cusiano era arrivato questo milanese per la
affrescatura di detta casa si sia pensato a fargli dipingere
qualcosa anche nella chiesa e forse anche ciò per merito
di detta famiglia Bezzi, che dominava il paese con una
numerosa dinastia di medici condotti e di vari sacerdoti.
Qui siamo però in piena ipotesi che solo un documento
potrebbe rischiarare.
L’importante è però di aver stabilito con tutta certezza
che l’affrescatore del bel presbiterio della chiesa di
Cusiano è Giovanni dei Baschenis de Averaria e che tali
affreschi furono fatti prima del 1488 data in cui furono
fatti quelli di Dimaro.
BEZZI QUIRINO DI ERGISTO.
Cusiano di Ossana I-I-1939 XVII

Ultima Cena, Cusiano, chiesa di S. Maria Maddalena, prima metà XV sec.
25
speciale Quirino Bezzi

attività del centro studi
UNA NUOVA PERSONALITÀ GIURIDICA
Carissimi soci, ce l’abbiamo fatta! Con la mia ostinazione,
la collaborazione del Direttivo e la vostra presenza
numerica determinante in sede di assemblea
annuale siamo riusciti a mettere insieme la documentazione
necessaria per ottenere la personalità giuridica.
Con determinazione del dirigente n. 28 di data 1
luglio 2009 l’associazione denominata “Centro Studi
per la Val di Sole” è stata riconosciuto quale persona
giuridica privata operante nell’ambito della Provincia
ed è stata contestualmente iscritta nel Registro provinciale
delle persone giuridiche private della Provincia
Autonoma di Trento al n. 252.
Il competente organo provinciale ha verificato che
gli scopi che il Centro Studi persegue senza scopo di
lucro ed in base al proprio statuto, che l’Assemblea
straordinaria dello scorso gennaio ha ufficialmente riapprovato
con atto notarile, rientrano nelle materie
attribuite alla competenza provinciale; che dette attività
si svolgono esclusivamente nell’ambito del territorio
della Provincia; che l’associazione dispone di
Un momento dell’assemblea 2009.
di Federica Costanzi
26
un patrimonio di valore sufficiente alla realizzazione
delle sue finalità; che lo statuto è stato approvato con
atto pubblico in data 20 gennaio 2009, ed ha quindi
concesso il riconoscimento.
Il Centro Studi rimane tale e quale a prima, quello
voluto dai soci fondatori, ma può da oggi vantare una
qualificazione giuridica più precisa, una più corretta
attribuzione delle responsabilità, una veste più autorevole,
maggiori possibilità di essere soggetto anche
economico, a livello fiscale e contributivo.
Il prossimo passo sarà inoltrare all’Agenzia delle Entrate
richiesta di inserire il Centro Studi nell’elenco
degli enti beneficiari del 5 per mille, che era stata
respinta l’anno scorso proprio per la mancanza del
requisito della personalità giuridica. All’esito della domanda
vi daremo le dovute informazioni; da questa
domanda speriamo di ottenere un miglioramento delle
nostre risorse, da investire in nuovi progetti culturali
ed editoriali.
Grazie di nuovo a tutti. Un carissimo saluto.

UN ABETE DI 6.600 ANNI
NELLE TORBIERE DEL TONALE
Il Distretto forestale di Malè del Servizio Foreste e fauna
è da tempo impegnato, con l’aiuto di consulenze specialistiche,
nel ricostruire la storia della Val di Sole nascosta
negli anelli delle piante.
I risultati più interessanti riguardavano finora l’Antico
bosco di Val Comasine, nato all’inizio del 1400 e tuttora
vivente.
Nel 2007/08, il Custode forestale di Vermiglio, Gino Delpero,
ha recuperato alcuni tronchi provenienti dall’area
del Tonale, destando subito grande interesse visto che,
attualmente, non esiste vegetazione d’alto fusto a monte
dell’abitato.
La tradizione narra però di estese foreste, tagliate da
Carlo Magno, per rendere il Passo più sicuro.
Anche la ricerca scientifica si è occupata ripetutamente
del Tonale, studiando in particolare la sua ampia torbiera,
protetta da tempo come Biotopo, nelle parti più integre,
per l’elevato interesse naturalistico.
Dallafior, nel 1969, ha ricostruito con analisi del polline
estratto dai diversi strati della torbiera, gli ultimi 10.000
anni di storia della vegetazione: i livelli più antichi (6.000-
8.000 a.c., ndr) hanno rappresentato il Tonale coperto
di Pini, sostituiti poi “rapidamente” da foreste di Abete
rosso. Dallafior riportava anche notizia di “frequenti ritrovamenti
di tronchi di conifere, durante
gli scavi per la costruzione degli alberghi”.
Con la consulenza del Dott. Mauro Bernabei
dell’IVALSA, si è ottenuta l’analisi
dendrocronologica di due tronchi raccolti
nella torbiera, vicino alle sponde del Rio
Valbiolo. Un campione di Abete rosso
presentava l’ultimo anello (tot. 129 anelli)
corrispondente al 1390 d.c., mentre un
campione di Larice (tot. 146 anelli) risaliva
addirittura al 1128 d.c..
Ne deriva una prima informazione sulla
presenza di conifere al Tonale fino al 1400,
periodo in cui, per tutta la Val di Sole, è
documentato un fortissimo disboscamento
per produrre carbone destinato alla lavorazione
del ferro.
Per un terzo campione invece, l’analisi
dendrocronologica non riusciva a ricostruire
l’età.
27
studi sulla val di sole
Così, sempre tramite l’IVALSA, è stata prima riconosciuta
la specie (Abete rosso) e quindi richiesta l’analisi al
radiocarbonio presso l’Università del Salento.
Il risultato è davvero sorprendente e di ottima affidabilità:
il dott. Gianluca Quarta ha definito il 4.580 a.c.
(+/- 40anni) come età della parte più giovane del tronco.
I resti dell’albero sono venuti alla luce durante lo scavo
per la messa in opera di una condotta di innevamento
artificiale (localizzazione in foto); il tronco, posizionato
obliquamente, con la base appoggiata sulla torba e coperta
da altri 2,5 metri di torba, aveva una lunghezza di
circa 2 metri e presentava un aspetto tipico di legname
trasportato da alluvione (radici monche in prossimità
della ceppaia e fusto spaccato longitudinalmente).
Al sig. Mario Italo Stablum, operatore dell’escavatore, va
il merito di averlo notato e segnalato.
Il legno non è fossilizzato e presenta 178 anelli in ottimo
stato di conservazione.
La ricerca proseguirà senz’altro, per approfondire una
tematica tanto interessante, con possibili sviluppi anche
in campo archeologico, coinvolgendo tutti gli Enti e
Servizi potenzialmente interessati e sollecitando tutta la
popolazione a segnalare eventuali analoghi rinvenimenti.
1

socialia
LE DOLOMITI PATRIMONIO NATURALE
DELL’UMANITÀ
di Romano Stanchina
Il 25 giugno 2009 è stato un giorno importante per la
nostra terra tra i monti: le Dolomiti hanno infatti ottenuto,
a Siviglia, il riconoscimento di Patrimonio naturale
dell’Umanità. Nove gruppi dolomitici precisamente determinati
geograficamente e ricadenti in tre regioni e
cinque province diverse (Trento, Bolzano, Belluno, Pordenone
e Udine), per una superficie totale di 231 mila
ettari, sono stati infatti iscritti nella lista dei Beni naturali
dell’Unesco, al termine di un’iniziativa fortemente perseguita
in particolare dalla Provincia autonoma di Trento.
I nove gruppi dolomitici (Pelmo-Croda da Lago, Marmolada,
Pale di San Martino-San Lucano, Dolomiti Bellunesi,
Dolomiti Friulane e d’Oltre Piave, Dolomiti Settentrionali,
Puez-Odle, Sciliar-Catinaccio-Latemar, Bletterbach,
Dolomiti di Brenta) hanno ottenuto il riconoscimento
dall’organizzazione delle Nazioni unite per l’Educazione,
la Scienza e la Cultura come bene seriale per la loro
eccezionalità geologica e paesaggistica. Si tratta del secondo
bene naturale italiano iscritto dopo l’arcipelago
delle Eolie.
Al riconoscimento consegue l’obbligo di una rigorosa
gestione ambientale. Nell’iscrivere le Dolomiti nell’elenco
il World Heritage Committee ha richiesto infatto che
sia definito entro 18 mesi un chiaro programma per la
gestione complessiva del Bene naturale, che stabilisca,
in particolare, una strategia per un turismo sostenibile.
L’Unesco ha inoltre richiesto che venga superato il
problema delle diverse normative di gestione del territorio
e dell’ambiente presenti nelle cinque province attraverso
la creazione di un referente unico nei confronti
dell’Unesco, già individuato dalle cinque province nella
futura Fondazione “Dolomiti - Dolomiten - Dolomites -
Dolomitis UNESCO”.
A dire il vero la scelta della Provincia di Trento è stata
quella di includere nella perimetrazione delle aree solo
territori non direttamente interessati da intensivi livelli
di fruizione turistica.
Il riconoscimento Unesco rappresenta a tutti gli effetti
una grande occasione per il territorio dolomitico, che
per la prima volta opera nel suo complesso una scelta
di campo precisa in direzione della sostenibilità dello
sviluppo.
Peccato che si siano dovute escludere, perché (soprattutto
in Provincia di Bolzano) non ritenute sottoponibili
28
a maggiori vincoli o perché già troppo antropizzate, alcune
aree dolomitiche che avrebbero meritato altrettanta
tutela ed attenzione. Peccato, per quanto ci riguarda più
da vicino, che tra le aree escluse fin dall’inizio direttamente
dalla Provincia vi sia anche il “nostro” Brenta Settentrionale,
territorio natrualisticamente molto ricco ed
assolutamente integro.
La Val di Sole è comunque lambita dai territori iscritti: la
“buffer zone”, cioè la fascia di rispetto, inizia infatti presso
la Pietra Grande e – pur includendo solo il versante
orientale della catena - segue per alcuni chilometri, fino
alla Corna Rossa, il confine della Val di Sole geografica
(amministrativamente si tratta, com’è noto, di territorio
giudicariese).
Non pare condivisibile la scelta operata fin dall’inizio
dalla Provincia di escludere il Brenta Settentrionale, in
particolare il tratto di catena compreso tra la Pietra
Grande e Pra’ Castron di Dimaro, caratterizzato da un
ambiente di maestosa e solitaria bellezza, contraddistinto
da altissime pareti verticali come quelle della Val Centonia
ed assolutamente integro anche in virtù delle limitatissime
possibilità di accesso. Non ci sembra, questa
porzione di Brenta, meno dolomitica e più calcarea di
aree invece incluse quali il Latemar ed i territori friulani.
Un’altra occasione persa per la Val di Sole? Se vogliamo
vedere il bicchiere mezzo pieno possiamo scrivere che,
sul piano della tutela, non sono comunque in vista rischi
di compromissione dell’ambiente del Brenta solandro.
Mentre dal lato economico, continuando a promuoversi
come valle dolomitica, la Val di Sole potrà beneficiare
appieno del ritorno di immagine dell’iniziativa. I turisti
ignorano, fortunatamente, tanto i confini geografici,
quanto quelli amministrativi.

Nelle prime quattro immagini il Brenta incluso dall’Unesco come patrimonio dell’umanità; nelle ultime due il Brenta escluso.
Il cuore del Brenta: Tosa e Crozzon (ph. Umberto Martini).
Dolomiti di Brenta: alta Val Flavona (ph. Armando Cirrincione).
La Val d el Vento.
29
socialia
Dolomiti di Brenta: alta Val Flavona (ph. Armando Cirrincione).
Il Crozzon di Brenta in abito invernale (ph. Alberto Stanchina).
Il Brenta solandro: le alte pareti della Val Centonia (ph. Alberto Stanchina).

socialia
BUON COMPLEANNO AL
PROGETTO GIOVANI VAL DI SOLE
Coinvolgere i giovani nel sentirsi parte attiva della comunità,
attivando occasioni di protagonismo e responsabilizzazione
sociale, e contemporaneamente stimolare
la comunità a riconoscere e valorizzare il loro ruolo di
attori protagonisti, di persone con progettualità e diritti.
É quanto sta portando avanti da 10 anni il Progetto Giovani
Val di Sole in convenzione con il Comprensorio, che
sabato 23 maggio 2009 ha festeggiato la ricorrenza con il
convegno “Giovani, -soli +sole nel loro futuro” (in Comprensorio
a Malè) e con la successiva festa pomeridiana
in piazza a Dimaro.
Molte sono state le attività che in questi 10 anni il Progetto
Giovani ha programmato e realizzato, come ricordato
dal coordinatore Mirco Postinghel nel suoi intervento
al convegno: dalle Botteghe d’Arte ai laboratori
musicali, artigianali e di giochi, dagli scambi culturali alle
collaborazioni con le diverse Amministrazioni e realtà
territoriali, dalla sperimentazione di sale autogestite ai
campeggi al mare e in montagna. Testimonianze sono
state riportate direttamente da alcuni protagonisti,
come Massimo Baggia (Vicesindaco di Malè e referente
politico-istituzionale del Piano Giovani di Zona Bassa Val
di Sole), Marcello Liboni per conto dell’Assessore alla
Cultura del Comune di Dimaro Udalrico Fantelli, il dott.
Alberto Pasquesi (responsabile del Servizio Alcologia Val
di Sole e referente del Coordinamento “Alcol, Guida e
Promozione alla Salute”) e Gloria Moreschini (responsabile
del Centro Occupazionale “il Noce”-GSH e referente
dei volontari “Stente Sani Friends”).
Attività ed iniziative quindi rivolte ai giovani ma che
hanno come finalità la crescita di una comunità attenta,
matura e responsabile, in grado di investire con e sui
giovani. É quanto ha sottolineato il dott. Claudio Gramaglia
(psicologo-formatore di Padova) nel corso del suo
intervento, evidenziando come siano importanti le politiche
giovanili per la crescita dell’intera società, creando
e rafforzando i legami tra comunità e giovani, stimolando
l’appartenenza, valorizzando le risorse di ognuno e mettendo
in connessione diverse competenze.
Il Presidente dell’Associazione Provinciale per i Minori
Paolo Cavagnoli ha ricordato come nel corso di 10 anni
il Progetto Giovani è stato capace di coinvolgere 1.800
giovani solandri, che hanno partecipato alle diverse iniziative.
Numeri positivi, ma che si intendono ulterior-
di Mirco Postinghel
30
mente incentivare in futuro, soprattutto con l’apertura
di un nuovo centro di aggregazione anche a Malè.
Stessa soddisfazione per i risultati ottenuti anche da
parte del Presidente del Comprensorio C7 Carlo Daldoss,
che ha assicurato il proseguo del percorso anche
con la nascita delle Comunità di Valle, e dell’Assessore
Provinciale alla Salute e Politiche Sociali Ugo Rossi, che
ha affermato il sostegno e l’attenzione della Provincia. Il
responsabile del Servizio Socio-Assistenziale del C7 Paolo
Facchinelli ha poi descritto in generale gli interventi
del Comprensorio rivolti al mondo giovanile e ai servizi
attivati di sostegno domiciliare e familiare. Ha chiuso
i lavori l’Assessore comprensoriale alle Attività Sociali
Michele Bontempelli che ha ringraziato tutti i presenti
augurando al servizio di proseguire con impegno ed efficacia
lungo la strada intrapresa 10 anni fa.
Fin dalla sua nascita, il Progetto Giovani è gestito, in convenzione
con il Comprensorio della Val di Sole, dall’Associazione
Provinciale per i Minori - Onlus Trento, realtà
che da più di trent’anni si occupa del mondo giovanile
gestendo centri dislocati su tutto il territorio provinciale,
dalle comunità di tipo familiare ai centri diurni, dai
centri di pronta accoglienza a quelli di aggregazione giovanile
e ai servizi di promozione territoriale.
Seppur considerando i naturali cambiamenti del servizio
nel tempo, anche in funzione delle diverse esigenze e risposte
del territorio nell’immediato, nei 10 anni è rimasta
costante la metodologia intorno alla quale si realizza
la programmazione delle attività: lo sviluppo di comunità,
incentrata sull’aumento quantitativo e qualitativo delle
relazioni tra individui giovani e adulti, gruppi, agenzie
del territorio, servizi e amministrazioni. Così, attivando
e sensibilizzando le ricche potenzialità che la comunità
della valle offre ed avvalendosi della preziosa collaborazione
di volontari, si sono realizzati interventi volti all’attivazione
di opportunità di animazione e di aggregazione,
con l’obiettivo di rafforzare l’identità, il senso di appartenenza,
la partecipazione e il protagonismo dei ragazzi.
Nella stessa direzione, l’investimento del servizio sul rinforzo
della rete della comunità spiega la partecipazione a
vari tavoli e gruppi di lavoro, sia in qualità di osservatore
privilegiato che investito di specifici ruoli (Piano Giovani
della Bassa Val di Sole, Coordinamento “Alcol, Guida e
Promozione della Salute”, altri tavoli di sensibilizzazio

ne e ricerca attivati dal Comprensorio su temi attuali
quali scolarizzazione, genitorialità, immigrazione, suicidio,
nuove tecnologie, disturbi dell’alimentazione, sicurezza
stradale, ecc).
Il Progetto Giovani quindi rivolge le proprie attività contestualmente
a: Giovani, Adulti, Comunità. Da una parte
si promuovono iniziative di aggregazione in un ambiente
educativo dove è considerata fondamentale l’esperienza
gruppale; dall’altra si opera nell’ottica di un’agenzia
di promozione giovanile che opera in collaborazione
con le Amministrazioni comunali, le biblioteche e l’associazionismo.
Inoltre, su richiesta delle singole Amministrazioni
comunali il “Progetto giovani” può supportare
l’attivazione o l’implementazione di azioni comunitarie
rivolte sia ai giovani, che agli adulti e alle realtà associative
(sportive, culturali, della solidarietà sociale, ricreative...)
esistenti sul territorio; si tratta di collaborare alla
definizione di azioni progettuali, partendo dalle richieste
specifiche dell’Amministrazione, nella valutazione dei bisogni
e delle aspettative degli stessi ragazzi, con attenzione
a valorizzare quanto più possibile le realtà esistenti
in loco (micro-progetti, sale autogestite, laboratori...).
In quest’ambito il Progetto giovani può fornire sostegno
all’attivazione e alla gestione di sale e spazi per i
ragazzi, attraverso percorsi di progettazione partecipata,
31
tendenti alla responsabilizzazione diretta dei fruitori dei
locali stessi. Su particolari bisogni ed esigenze il Progetto
Giovani può fornire sostegno all’attivazione di iniziative
che coinvolgono più comunità locali o l’intero territorio
comprensoriale.
Per i ragazzi con età maggiore di 12 anni, durante l’estate
2009 il Progetto Giovani propone una serie di iniziative
presso le sedi di Dimaro e Malè (spazi aggregativi
di gioco e confronto, musica, Laboratorio Goloso, ecolaboratorio,
Materiali&Cosmesi Naturali) affiancate da
un appuntamento bisettimanale con un’uscita di una
giornata (attività con Guide Alpine, Flying Park, Villaggio
Indiano, pomeriggio a cavallo, pernottamento al rifugio
Mezol, ecc..)
Per avere informazioni dettagliate sulle attività e le relative
modalità di partecipazione, e per informazioni sulle
iniziative proposte nell’ambito del Piano Giovani di
Zona, vi invitiamo a contattare direttamente il Progetto
Giovani:
Progetto Giovani Val di Sole – C7 APPM Onlus
sede operativa: p.zza Madonna della Pace, 4
38025 Dimaro
tel/fax 0463 973412
mail pgvsole@appm.it
www.appm.it
La S.A.T. Giovanile di Malè in visita al Museo di Peio
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Gli infaticabili Gianni e Nicola hanno saputo ancora una volta trasmettere ai giovani alpinisti della Sezione di Malè
la passione per la montagna unitamente alla conoscenza della storia della loro valle. A conclusione dell’escursione
con partenza da Forte Barba di Fior per
toccare malga Frattasecca, Pian Vegaja, lago
Covel arrivando al cimitero di San Rocco sui
sentieri della Grande Guerra, dove Italiani e
Austriaci si sono drammaticamente combattuti,
è stata organizzata la visita al Museo
della Guerra Bianca di Peio. La guida del Museo
ha mostrato ai ragazzi tantissimi oggetti
che hanno fatto nascere in loro la curiosità
per quel pezzo di storia, che studiato sui libri
sembra così lontano per tempo e luoghi, e
che in realtà è proprio sulla porta di casa.
Mariapia Malanotti

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A partire dall’anno 1993 l’Associazione LINUM della Val
di Peio, della quale il Centro Studi si onora di essere
socio, iniziò un lavoro di ricerca e recupero di tradizioni
che si tradusse nella produzione di tre video etnografici:
“Il tempo del grano” nel 1993, “Il lino dei ricordi” nel
1996 e “Vestir di lana” nel 2000. Tre bellissime videocassette
che hanno il pregio di aver filmato la ricostruzione
fedele della lavorazione dei cereali, del lino e della lana
in Val di Peio, in parte dal vero, in parte attraverso la
collaborazione di paesani che si sono improvvisati attori:
con estrema semplicità e spontaneità molti di loro si
sono prestati ad essere ripresi mentre svolgono le varie
fasi delle lavorazioni, sotto la regia di Vittorio Pretti e
seguendo istruzioni e consigli degli anziani più esperti.
A distanza di anni le videocassette ed i videoregistratori
sono diventati oggetti da museo, quasi come el guindol,
la giontura, el val e ‘l flei; i moderni lettori richiedono CD
o DVD, e l’associazione LINUM si è adeguata ai tempi,
riproducendo i vecchi video nel nuovo formato DVD,
con notevole impegno economico e con l’aggiunta di
contenuti extra. Il nuovo prodotto è stato presentato
nel corso di due serate, una a Peio Paese ed una a Cellentino,
presenti il presidente della LINUM Oscar Groaz,
Vittorio Pretti, regista, attore lui stesso e responsabile
della sceneggiatura, e Renato Migazzi, responsabile delle
riprese e del montaggio. La nuova versione di ciascun
video è arricchita da un documentato opuscolo illustrativo,
a cura di Rinaldo Delpero, ed è in vendita presso la
sede dell’Ecomuseo della Val di Peio, ed anche presso la
sede del Museo della Civiltà Solandra a Malè.
I tre video hanno affrontato in modi diversi la ricostruzione
dei vecchi mestieri: ancora oggi a Peio Paese
il primo giovedì d’autunno si attendono le greggi che
tornano dalla transumanza estiva, ed è stato più facile
ricostruire in video attività tradizionali come quelle
dell’allevamento degli ovini e della tosatura, a tutt’oggi
praticate. Hanno invece dovuto essere ricostruite sulla
base dei ricordi delle donne e di un corretto uso dei
vecchi attrezzi, spesso conservati nelle stue, le attività
legate alla lavorazione della lana (cardatura, filatura, torcitura,
matassatura, dipanatura e tessitura), ed ancora di
più del lino, della cui coltivazione e modalità di lavorazione,
estremamente complessa e cessata da tempo, solo
alcune donne anziane conservavano preciso ricordo e
GRANO, LINO E LANA
di Federica Costanzi
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capacità di tramandare gesti e saperi antichi.
La ricostruzione attenta e fedele dei vecchi mestieri ha
poi creato un gruppo “di passione”, il lavoro non si è
esaurito nell’attività di ricordare, ricostruire e filmare:
attraverso l’attività dell’Ecomuseo Piccolo Mando Alpino,
stimolate dall’apertura di casa Grazioli, curiose di
apprendere, approfondire e comunicare ad altri i saperi
appresi durante la lavorazione dei video, un gruppo di
donne ha voluto riproporre le antiche tradizioni, creando
laboratori che producono pane di segale, nei quali si
lavora la lana ed ancora si semina il lino, si lavora la fibra
fino ad ottenere il prezioso filato.
La proiezione dei video ha destato nel pubblico un commosso
ricordo nel rivedere volti cari che non sono più,
o chi era allora un bambino ed oggi è adulto; Vittorio
Pretti ha voluto ricordare “gli alti e bassi” del suo entusiasmo
di animatore dell’iniziativa, che a volte sembrava
non dovesse approdare a nulla, e poi ripartiva con rinnovate
energie, specie dopo una scorpacciata di luganeghe
e formai.
Per tutti i presenti è stato il ricordo di un’esperienza
bellissima, un atto di amore riconoscente verso i nostri
avi e le loro fatiche, un desiderio di conoscenza, con
la consapevolezza che alcuni saperi non devono essere
perduti, perché andrebbe perduto qualcosa di noi.
Ho guardato queste donne fissare la cinepresa senza
alcun timore, vecchie, belle, con rughe dignitose, mani
sapienti, sguardi sereni; così le ha descritte Rinaldo Delepro
in una sua poesia:
“Volti scavati dal tempo,
ruvide mani come arata terra,
vividi occhi e vivido ingegno;
dalle pieghe di storie sofferte
succhiano, goccia a goccia,
una linfa residua, vitale.
Loro artefici, protagonisti, testimoni:
sanno di trame e segreti del diuturno lavoro,
un dipanar di fatiche e riposi, gioie e dolori;
filo infinito di fibra tenace.”

Una di loro parla con Vittorio Pretti, il giorno della sagra
di Cellentino , e dice: “hai vist quele giò lì ala fontana,
che le fa finta de lavàr, - perché le fa finta, vera?- miga
come mi e la to pora mama, che meteven en miza i laori
e nòven a lavàr magari da mezanòt, dopo finì i autri
mistèri!”
Femene de na volta, come diceva Quirino Bezzi:
Le gava le man screpolade:
sempro sul lavandar de la fontana
al calt e al fret
a lavar brente de linzöi,
de braghe, de panismi,
de fasse, de calzoti.
Le gava la schena rota
a forza de portar su la tera dei campi,
la grassa dei pradi,
de coerte de fen,
i fasci de legna.
Levar prest a mònger e a guernàr,
La stua di casa Grazioli a Strombiano.
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a portar el lat al casél.
Po’ far de magnàr,
giustar su camise, calze,
mudande, pezace, gabani;
e fastidi per l’om en pericol
dre a le bore o ‘n miniera,
per i fiöi forsi maladi.
E la not magari
en pop’n en te ‘l fianch
e l’om de sora
e ‘na voia mata de polsar,
de polsar almen en ponìn,
sule fadighe dei dì prima,
su quele del dì dopo.
Femene de ‘na volta,
no meriteresset forsi ‘n monument?
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Come la Rosina e la Meneghina del video del lino, con il
loro frèt, laoràr e tàser ed i loro ricordi.

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DAL FONDO REDI,
DUE IMMAGINI DI MALÉ DEL 1899
di Lorena Stablum
Delle numerose fotografie, pervenute all’archivio fotografico
del Centro Studi grazie alla recente donazione
della famiglia Redi, pubblichiamo in queste pagine
due immagini che ci sembrano particolarmente
significative. Entrambe sono ambientate nelle vie e
piazze di Malè e, con buona sicurezza, si riferiscono
a due momenti dei festeggiamenti per l’arrivo della
corrente elettrica, tenutisi il 19 agosto del 1899 1 . Lo
stesso giorno, la borgata solandra veniva invasa dagli
alpinisti della SAT, giunti per celebrare l’indomani il
XXVII Convegno estivo 2 .
Nella prima immagine, un corteo, guidato da una banda
e scortato dai vigili del fuoco in alta uniforme scura,
sta sfilando lungo l’antica Via del Commercio (oggi Via
Trento). Tutto attorno, nella piazza antistante la chiesa
parrocchiale, sta la folla ammirata, dalla quale spunta
un alto palo della luce. Uomini con il cappello, bambini
e donne, alcune con l’ombrellino aperto per ripararsi
dal caldo di agosto, assistono curiosi alla sfilata e
godono della musica. Nella fotografia si vedono due
delle sette carrozze 3 , con le quali i circa 60 alpinisti 4
raggiunsero la borgata. .Sedute sui seggiolini anteriori
si intravedono le lunghe gonne di due signore, accorse
anch’esse “in bel numero” 5 per partecipare al convegno
estivo della SAT.
La seconda fotografia invece fa riferimento al concerto
bandistico, tenutosi in Piazza Vecchia (ora Dante) di
fronte alla sede della sezione SAT di Malé: è possibile
infatti scorgerne lo stemma sopra la porta centrale.
Da notare, oltre alla numerosa folla, alcuni curiosi,
probabilmente turisti, o alpinisti, che asi affacciano alle
finestre dell’Hotel.
Le cronache del tempo 6 , ci forniscono preziose informazioni
sullo svolgimento delle celebrazioni. Di
buon’ora, la civica Banda di Mori, insieme ai “nostri
pompieri” 7 sfilò per le vie illuminate di Malé, quindi
alle quattro del pomeriggio si svolse la cerimonia di
benedizione dell’officina elettrica del Pondasio. La lunga
giornata si concluse alle 8 di sera con il concerto
in Piazza Vecchia. L’indomani mattina alle 11, si sarebbe
svolta l’assemblea sociale della SAT. Durante il suo
discorso di apertura, anche l’allora presidente Silvio
Dorigoni, ringraziando per l’ospitalità il Comune di
Malè, fece riferimento agli avvenimenti del giorno
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prima, sostenendo che la borgata “con l’introduzione
della luce elettrica celebra una vittoria della civiltà e
del progresso”. 8
La pubblicazione di queste immagini, ci offre l’occasione
per dare notizia della recente costituzione del
Gruppo Fotografico del Centro Studi per la Val di Sole.
Tra le finalità che il gruppo persegue ci sono la raccolta,
conservazione e valorizzazione di vecchie o nuove
riproduzioni fotografiche attraverso la creazione di
un Archivio di valle. L’archivio vuole essere un valido
strumento per documentare il nostro territorio valligiano,
approfondirne la conoscenza, registrarne i cambiamenti
o immortalare i momenti salienti della vita
della nostra società in modo da mantenere e custodire
quella memoria storica che altrimenti potrebbe
perdersi per sempre. Le immagini acquisite verranno
utilizzate per scopi esclusivamente culturali. Potranno
nascere quindi interessanti pubblicazioni, mostre
fotografiche, organizzate in collaborazione con le amministrazioni
comunali, enti e associazioni locali, o si
potranno avviare percorsi di studio e ricerca.
1 “Il convegno estivo della Società degli Alpinisti Tridentini: la luce elettrica a Malé”,
tratto dal Quotidiano “Alto Adige”, n. 189, 20-21 agosto 1899, siglato F.S.C. -
Andreazza Antonio, “Annali delle Valli di non e Sole: dalle origini alla prima guerra
mondiale”.
2 “Il convegno estivo della Società degli Alpinisti Tridentini: la luce elettrica a Malé”,
tratto dal Quotidiano “Alto Adige”, n. 189, 20-21 agosto 1899, siglato F.S.C.
3 Ibidem.
4 Ibidem.
5 Cronaca Sociale, tratto dall’Annuario della Sat.
6 “Il convegno estivo della Società degli Alpinisti Tridentini: la luce elettrica a Malé,
tratto dal Quotidiano “Alto Adige”, n. 189, 20-21 agosto 1899, siglato F.S.C.
7 Ibidem.
8 Cronaca Sociale, tratto dall’Annuario della Sat.

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L’ISTITUTO COMPRENSIVO
“BASSA VAL DI SOLE” SI APRE ALL’EUROPA
di Anna Panizza
É da qualche anno che l’Istituto
Comprensivo “Bassa Val
di Sole” investe molte delle
sue risorse nell’attuazione di
progetti didattici-educativi
inerenti al settore dell’implementazione
delle lingue
comunitarie tedesco ed inglese.
Sono diversi i momenti
formativi extra e para curricolari
attivati durante l’anno
scolastico appena concluso.
Oltre alle tre ore curricolari
previste per entrambe le
lingue straniere, sono stati
organizzati per gli alunni della
terza classe della Scuola Secondaria
di I° grado dei corsi
opzionali con esperti di
lingua inglese e tedesca per
la preparazione agli esami di
Certificazione esterna Fit in
Deutsch 2 e Ket. Durante il periodo estivo è stata inoltre
prevista una settimana di full immersion in inglese
per gli alunni delle classi IV e V della Scuola Primaria e
delle classi I e II della Scuola Secondaria di I grado.
I progetti sui quali l’Istituto ha però maggiormente
investito sono stati i progetti di scambio e le settimane
linguistico-formative che hanno visto coinvolti sia gli
alunni che i docenti di entrambi i cicli di istruzione. Il
progetto di scambio ha interessato in modo particolare
la quinta classe della Scuola Primaria di Dimaro
gemellata con la quarta classe della Scuola di Unterdiessen
in Germania. Il programma ha previsto per gli
alunni il soggiorno di un settimana presso alcune famiglie
della zona e la frequenza di un minimo di 20 ore
di lezione inseriti nelle classi delle scuole ospitanti. Per
gli alunni di IV di tutti i plessi è stata organizzata, invece,
una settimana linguistica in luglio a Oberdrum nei
pressi di Salisburgo, mentre per le classi V le mete delle
settimane linguistiche sono state Haiming, Schwaz,
Stams e Telfs nel Tirolo.
Per le classi seconde della Scuola secondaria di I° grado
è stata proposta per il quarto anno consecutivo
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una settimana linguistica a Tübingen in Germania. Si
tratta di un’esperienza didattico-formativa organizzata
in collaborazione con l’Istituto di lingue “Sprachinsitut
Tübingen” che ha seguito i ragazzi durante tutto il
soggiorno mettendo a disposizione i propri insegnanti
e proponendo attività ricreative e culturali molto interessanti
e coinvolgenti. Durante la settimana i ragazzi
hanno soggiornato in un ostello e all’interno di questa
struttura hanno frequentato circa 25 ore di lezione.
La stessa formula è stata proposta per il soggiorno a
Denbigh-Manor nel Galles, un’iniziativa riservata agli
alunni delle terze classi: lezioni al mattino per un totale
di 20/25 ore e attività soprattutto sportive il pomeriggio
sempre seguiti dagli insegnanti di madrelingua. Entrambe
le esperienze hanno avuto esiti positivi su tutti
i piani: sul piano didattico, educativo, culturale, sociale
e anche personale.
La tendenza da parte delle scuole di creare sempre
più occasioni di contatto diretto con persone di altre
lingue e culture è stata agevolata dall’entrata in vigore
della legge provinciale n.11 del 1997 relativa all’insegnamento
delle lingue straniere che è perfettamente

in linea con gli orientamenti dell’Unione europea e
le risoluzioni del Consiglio d’Europa che auspicano
maggiore e migliore diffusione della conoscenza di
più lingue dell’Unione e prevedono esplicitamente
misure per incentivare i programmi di scambio e promuovere
la frequenza all’estero di periodi di studio.
Sempre per quanto riguarda la normativa con espliciti
riferimenti ai programmi di scambio e ai soggiorni di
istruzione all’estero va menzionata la legge regionale
n. 4 del 26/04/1997 che riguarda le iniziative per
la promozione dell’integrazione europea. Secondo
quanto è esposto nella legge la Regione conferisce
finanziamenti alle Province Autonome sui progetti
dalle stesse finalizzati a diffondere l’integrazione e la
pace fra i popoli.
Oltre agli incoraggiamenti provenienti dal panorama
legislativo, ciò che sta alla base della realizzazione di
tali iniziative è la convinzione di quanto sia importante
offrire agli alunni delle vere opportunità di contatto
con la cultura di lingua straniera. Qualsiasi programma
di scambio o di soggiorno all’estero è un’occasione per
stimolare, rinnovare e riqualificare la motivazione degli
alunni, tenendo presente che la motivazione è una delle
componenti specifiche e fondamentali dell’apprendimento
della lingua seconda. Attraverso la scambio gli
alunni hanno l’opportunità di usare concretamente la
lingua che stanno studiando per entrare in rapporto
con i coetanei, per scambiare informazioni ed esperienze,
pareri, per stare insieme, giocare e divertirsi. Mi
pare interessante riportare a questo proposito quanto
scritto da Klaus Civegna dell’Istituto Pedagogico Italiano
di Bolzano in un suo contributo pubblicato nel
testo dell’IPRASE, Programmi di scambio con i paesi
di lingua tedesca e dimensione interculturale, a cura
di Federica Ricci Garotti e Maurizio Rosanelli:[…] c’è
un’enorme differenza tra l’apprendimento di una lingua
per una sorta di motivazione intrinseca (perché “piace”,
perché “si ha simpatia per l’insegnante” avendo
come unico campo di esercizio la propria classe) e l’apprendimento
per uno scopo preciso di utilizzazione;
nel primo caso, in classe si deve necessariamente fingere
di appartenere all’altro gruppo, nella consapevolezza
però che una reale comunicazione non si attuerà mai
in questo modo; nel secondo caso si sa che si sta apprendendo
per poter parlare realmente con Siglinde,
Johann o Waltraud e per svolgere attività direttamente
con loro. 1
1. IPRASE, Programmi di scambio con i paesi di lingua tedesca e dimensione
interculturale, a cura di Federica Ricci Garotti e Maurizio Rosanelli, FrancoAngeli,
Milano, 2000, p. 65.
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La motivazione all’apprendimento di una lingua seconda
si rinnova e si intensifica quando la lingua è legata
ad una situazione concreta di azione; l’alunno sa che
impara la lingua straniera per fare qualche cosa che
ha un senso, ovvero per intrecciare relazioni con dei
coetanei, per confrontare le proprie esperienze e modi
diversi di vedere il mondo. Si esce dall’azione simulata
costruita in classe per vivere delle relazioni e delle
esperienze reali. É inoltre stimolante per gli alunni poter
verificare le proprie conoscenze tentando di valutarle
senza l’intervento costante dell’insegnante e poter
comprendere delle situazioni non analizzate entro
i confini della classe deducendole dai vari contesti reali
che di volta in volta si propongono quando vi è l’occasione
di confrontarsi direttamente con la realtà di
cultura diversa, collaudando effettivamente le proprie
competenze linguistiche.
C’è chi è scettico di fronte a queste proposte didattiche
e si abbandona frequentemente a giudizi del tipo: “Ma
che cosa vuoi che impari in una settimana?”. É innegabile
il fatto che al ritorno da un così breve soggiorno
all’estero non si noterà nell’alunno un sorprendente
miglioramento delle sue abilità linguistiche e comunicative
in lingua straniera; la scuola avrà comunque dato
a tutti l’occasione di cogliere l’importanza della lingua
come strumento di comunicazione la cui padronanza
consente di accrescere le proprie strutture mentali e
di aprire il proprio sguardo sul mondo.
Calati anche se per poco in una realtà di cultura diversa,
lontani da casa, gli alunni hanno l’opportunità oltre
che di socializzare tra loro e con persone di altre
culture, anche di acquisire una forte sensibilità e un
sincero stimolo all’apertura e al dialogo condividendo
sentimenti ispirati alla pace, alla solidarietà, alla reciproca
tolleranza e alla pacifica convivenza in un’ottica di
educazione interculturale.
Attraverso la realizzazione dei progetti di scambio e
di settimane linguistiche, l’Istituto Comprensivo “Bassa
Val di Sole” vuole accompagnare gli alunni a fare
il primo passo, sufficiente per aiutarli a superare l’incertezza
del “Come sarà? Me la caverò?”. Vinta l’ansia
dell’incognita, i passi successivi li potranno fare da soli,
affrontando con più sicurezza e convinzione qualsiasi
tipo di esperienza all’estero.
Se l’impegno investito nel promuovere questi progetti
avrà un esito positivo, sarà più facile registrare un aumento
nell’interesse per l’apprendimento della lingua
straniera e ci sarà maggior probabilità che aumenti il
numero degli alunni pronti a dichiarare “Studio la lingua
perché mi piace”.

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IN UN LIBRO 50 ANNI DI APT
E LA STORIA DEL TURISMO IN VAL DI SOLE
di Romano Stanchina
L’Azienda per il Turismo delle Valli di Sole, Peio e Rabbi
ha affidato alla competenza storica ed alla brillante penna
del nostro direttore responsabile, Alberto Mosca, la celebrazione
di 50 anni di promozione turistica, attraverso la
pubblicazione di un volume (151 pagine, corredate da numerose
foto a colori) che ricostruisce non solo le vicende
dell’ente turistico di valle, ma anche una essenziale storia
del turismo solandro.
Una storia essenziale perché – come lascia intendere chiaramente
il sottotitolo “Dalle Terme allo sci, da Douglas W.
Freshfield a Chet Baker” – il cronista Mosca ha avuto la
meglio sullo storico (che non ha avuto, causa il riordino
realizzato nel frattempo dalla Soprintendenza per i Beni
librari e archeologici della P.A.T., completo accesso all’archivio
dell’azienda) dando vita ad un racconto a più voci,
grazie alle numerose citazioni ed alle interviste ai “testimoni
privilegiati” dei cinquant’anni di vita dell’ApT.
Lo storico Mosca ci ricorda che se l’ApT oggi compie 50
anni, ben 500 anni fa è documentato il soggiorno in valle
dell’ospite più illustre, l’imperatore Massimiliano, che “il
16 febbraio 1516 alloggiò a Terzolas, ripartendo due giorni
dopo” (un arrivo extra-alberghiero e due presenze, registrerebbe
oggi la statistica...)
È sempre lo storico, grazie alla sua familiarità con gli archivi
della famiglia Thun, ad anticipare di oltre un secolo rispetto
alle più ricorrenti affermazioni la nascita del turismo di cura
a Rabbi e a Peio. Non solo: nel corso della presentazione
del libro a Castel Caldes (alla quale è intervenuto il Presidente
dell’ENIT Matteo Marzotto) Mosca ha annunciato di
aver trovato una testimonianza del 1553 dell’esistenza di
bagni termali a Caldes.
È ancora lo storico che servendosi – purtroppo – della
sola ricerca bibliografica, compie un excursus sulla storia
del turismo romantico tra la seconda metà dell’Ottocento
e la Belle Epoque, ricordandoci che anche la Val di Sole è
stata toccata dal Grand Tour e dall’epopea della conquista
delle vette; ed ancora riferisce delle prime gare di sci in Tonale
e della villeggiatura a Malé di Pirandello negli anni ’20,
dell’idea risalente agli anni ’30 di fare di Malé una località di
turismo estivo ed invernale attraverso il collegamento con
il Peller realizzato vent’anni dopo (e destinato ben presto
al fallimento).
Quello che più ci è piaciuto in questo lavoro è tuttavia il
Mosca cronista delle più recenti vicende e (per interposta
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persona) dell’affermazione del turismo di massa a partire
dagli anni ‘60 del Novecento.
Il volume racconta, attraverso le testimonianze delle persone
che furono loro più vicine, le iniziative dei grandi
presidenti dell’“Azienda”, Enrico Pancheri e Pietro Scaramella,
e direttamente, con le parole di Ernesto Bertoli,
Flavio Mosconi, Anna Stanchina Fantelli ed altri, la cronaca
dei vent’anni che hanno cambiato la valle con un ritmo ed
un’intensità senza eguali in Trentino. Possiamo così apprezzare
da un lato la convinzione che vi fu nel definire ed attuare
obiettivi, strategie, strumenti ed azioni; dall’altro la
lucida consapevolezza del rischio di intaccare troppo pesantemente
il “capitale naturale” che portò i solandri, subito
dopo la realizzazione di Marilleva, a bocciare per mezzo
di un referendum ulteriori progetti di sviluppo in quota.
In quelle stesse pagine Mosca elenca anche le tante occasioni
perdute, le iniziative nate in Val di Sole e valorizzate
altrove, come le gare di Coppa del Mondo di sci di fondo o

il concorso ippico. Le intuizioni non sembrano essere mai
mancate in valle; sono mancate piuttosto la consapevolezza
e la determinazione nella necessaria opera di consolidamento
delle iniziative.
Nel raccontare le alterne vicende dell’ente di promozione
- dall’Azienda Autonoma di Cura, Soggiorno e Turismo
(nata nel 1958), all’Azienda di promozione turistica
(ente strumentale della Provincia) sorta per effetto della
l.p. 21/1986, all’Azienda per il turismo (società consortile
per azioni a capitale misto) figlia della l.p. 8/2002 - l’autore
evidenzia, a ragione, come sia stata una grande intuizione
quella di aver puntato fin da subito sulla marca “Valli di Sole,
Peio e Rabbi” (e più recentemente semplicemente “Valle di
Sole”), quando nel resto del Trentino si ragionava ancora
solo di singole stazioni turistiche.
Il racconto degli ultimi 15 anni (reso soprattutto con le
parole di Carlo Daldoss e Luciano Rizzi), delle luci (il Noce
e gli sport fluviali, la ciclabile e la mountain bike, le buone
capacità promozionali dimostrate) e delle ombre (un certo
appannamento della capacità progettuale di fronte alle sfide
della globalizzazione, del cambiamento climatico, ecc.),
lascia trasparire un po’ di nostalgia per un recente passato
in cui si poteva essere protagonisti perché tutto era da
costruire e la pancia non era piena.
La presentazione del libro a Castel Caldes: da sinistra Luciano Rizzi, Matteo Marzotto e Alberto Mosca.
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La pubblicazione ha il grandissimo pregio di non essere
mai celebrativa - di questo va dato atto non solo all’autore,
ma anche al Presidente (Luciano Rizzi) e al Direttore
(Attilio Gregori) - e non fa nulla per nascondere lo scarso
entusiasmo con il quale è stata attuata in valle la riforma
legislativa del 2002.
Il testo non indica, tuttavia, che il vero nodo irrisolto riguarda
– questa è l’opinione dello scrivente - il ruolo di
“destination management”, vale a dire di governo della destinazione,
che si vuole riconoscere all’Azienda per il Turismo
delle Valli di Sole, Peio e Rabbi.
Nell’attuale contesto competitivo del turismo alpino costituisce
infatti un fondamentale fattore di successo la capacità
di “ricondurre a prodotto turistico le risorse distintive
del territorio” e, al contempo, di “ricondurre in chiave
sistemica i comportamenti imprenditoriali, diffondendo la
consapevolezza che la competitività aziendale dipende dal
grado di sviluppo del sistema locale e dall’integrazione delle
sue parti, pubbliche e private” (il virgolettato è tratto
dalle Conclusioni del Progetto d’Ambito predisposto dalla
stessa ApT nel 2007).
In parole povere: l’ApT deve essere solo strumento, pur
efficace, di promozione o deve essere anche, regista del
prodotto?

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“UNA CHIESA PER L’ABRUZZO”
Iniziativa di solidarietà dalla Val di Sole
di Udalrico Fantelli
L’idea l’ha lanciata, a nome del “Nu. Vol. A.” della Valle di
Sole (Nucleo Volontario Alpino di Protezione Civile), il
suo presidente, sig. Maurizio Ravelli di Commezzadura,
che da varie settimane ed ancora nei giorni presenti
opera nella zona dell’Abruzzo, fortemente provata dalla
catastrofe del recente terremoto, intento a dispensare
centinaia se non migliaia di pasti.
Senza volersi sovrapporre ad iniziative già in atto, assai
lodevoli e meritorie, che devono seguire il loro corso,
è stata avanzata appunto la proposta (in accordo con i
competenti uffici sia della Provincia che della Diocesi)
di fornire una piccola chiesetta, tutta in legno, ad una
comunità della zona che circonda il capoluogo L’Aquila,
il tutto a nome e con l’intervento diretto (almeno in
termini di libera compartecipazione e di offerta) dell’intera
Val di Sole, coinvolgendo amministrazioni pubbliche,
privati cittadini, associazioni, enti, comunità, società, parrocchie,
ecc.
Ciò significa che la chiesetta verrà costruita interamente
in Val di Sole, da maestranze locali, seguendo un progetto
di massima che prevede soprattutto garanzie di antisismicità
e caratteristiche di semplicità e di sobrietà: un
modo fraterno per porre nel bel mezzo di un dramma
sconvolgente un segno chiaro e
condiviso dello spirito di amicizia
e di solidarietà che anima i
cittadini della nostra valle, nei
confronti di coloro che hanno
bisogno del nostro appoggio.
Mentre la nostra Provincia sta
allestendo casette di legno per
ricoverare i poveri terremotati,
mentre i nostri Alpini stanno
prodigandosi per salvare il salvabile
e per sfamare chi tutto ha
perso, tutti noi, ciascuno per la
sua parte, potremo cooperare
per fornire un segno importante
di fede e di speranza per il
domani: una piccola chiesa, ricca
di segni e di stimoli, perché
gli Abruzzesi non si scoraggino
e possano riprendere da capo
la loro strada, così duramente
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spezzata in una notte tragica di dolore e di paura.
Un comitato di “garanti” si è già costituito, sono state
sentite le amministrazioni comunali, il Comprensorio, le
Asuc, le Associazioni più importanti della Valle.
Molti hanno già manifestato interesse e disponibilità.
Sono stati aperti due conti correnti, uno ciascuno presso
ognuna delle nostre due Casse Rurali di Valle.
Questi sono i numeri, utilizzabili da chiunque, secondo le
sue possibilità e volontà, ambedue intestati a:
“Centro operativo di volontariato A.N.A. Nuvola “PRO-
GETTO ABRUZZO”:
Cassa Rurale Alta ValdiSole e Pejo: IT 94 J 08163 35010
000000316159
Cod. BIC (estero) CCRTIT2T43A
Cassa Rurale di Rabbi e Caldes: IT 31 E 08042 35000
000010310800
COD. BIC (estero): CCRTIT2T10A
Le offerte raccolte sui due conti correnti andranno a finanziare
gli acquisti di materie prime, che i nostri artigiani
provvederanno a trasformare in una solida costruzione,
che testimonierà nel tempo la generosità e l’amicizia
della intera Valle di Sole verso gli Abruzzesi.
Nell’ Abruzzo sconvolto dal terremoto.

SOCIALIA
Il comitato di redazione de La Val si rivolge a soci e fiduciari per chiedere loro maggiore collaborazione
per la redazione di questa rubrica. Attraverso le “socialia” desideriamo comunicare ai
nostri lettori gioie e dolori di tutti i nostri soci, una cronaca famigliare che spesso si va a rileggere
anche dopo molti anni. Senza volerlo, qualche volta abbiamo commesso peccato di omissione, per
ignoranza degli avvenimenti, e ci rammarichiamo per le notizie mancate, le gioie non comunicate,
ancora di più per i lutti non condivisi. Ci rendiamo conto quanto sia facile comunicare personalmente
una nascita, una laurea, un anniversario, un evento lieto, e quanto invece si cerchi solidarietà
spontanea in caso di lutto. Chiediamo quindi a tutti voi, e specie ai fiduciari di zona, di voler dare
comunicazione delle notizie relative ai soci di vostra conoscenza ed alle loro vicende famigliari,
perché più grande è una gioia condivisa, e più sopportabile una pena; in alternativa, anche inviando
un’e-mail all’indirizzo albertomosca@albertomosca.it
LUTTI
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Lo scorso settembre 2008 è deceduto a Magras, all’età di 92 anni il signor Adolfo Pedrotti Lascia la moglie Ida, i figli
Annamaria, sposata in Germania, Adriano e Loredana, nostri soci, ai quali il Centro Studi porge sentite condoglianze,
insieme a tutti i famigliari.
Porgiamo sincere condoglianze alla socia Enrica Magnoni di Rabbi per la perdita del papà signor Rinaldo, e ci uniamo al
dolore della moglie Maria, delle figlie Marina, Rina e Renata, dei nipoti e di tutti i famigliari.
Ci uniamo al dolore della socia Flavia Torresani di Cles, dei fratelli Nicoletta, Stefano e Lorenzo e di tutti i famigliari per
la scomparsa della mamma, signora Luigina De Zordo.
Il Centro Studi partecipa sincere condoglianze ai soci Domenico e Pierina Bisoffi di Monclassico ed alle rispettive famiglie
per la perdita della mamma signora Giustina Dell’Eva ved. Bisoffi.
Porgiamo sincere condoglianze al socio Luca Pedrotti di Malè per la perdita del nonno Rino Pedrotti, casaro di malga,
partecipando al dolore della moglie Teresa, dei figli e di tutti i componenti della sua numerosa famiglia.
É deceduto in Australia Giovanni Marinelli, originario di Arnago, fratello della socia Emma Marinelli Zanella di Merano.
Giungano a lei, ai famigliari in Australia, ed a tutti i parenti, molti dei quali nostri soci, le nostre più sentite condoglianze.
Partecipiamo sincere condoglianze ai famigliari del socio Dott. Giuseppe Polisseni, mancato a Stresa lo scorso 17 maggio,
dopo aver militato con il nostro sodalizio per tutti i 42 anni dalla fondazione, e del quale riportiamo un caro ricordo
della sorella in altra parte del presente notiziario.
Nel tragico incidente aereo del 1° giugno scorso ha perso la vita Rino Zandonai, amato e stimato Direttore dell’Associazione
“Trentini nel Mondo”. Nel ricordo affettuoso dei nostri emigranti e delle loro famiglie e consapevoli della grave
perdita che li ha colpiti il Centro Studi partecipa le più sentite condoglianze a tutti i soci che fanno parte dei Circoli
Trentini nel Mondo ed al Direttivo dell’Associazione.

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NASCITE
Lo scorso 2 febbraio il nostro revisore dei conti Flavio Mosconi e la moglie Franca sono diventati nonni di una bellissima
bambina. Il Centro Studi porge un caloroso benvenuto alla piccola Beatrice, augurandole un felice viaggio attraverso
la vita, ed esprime sincere congratulazioni a mamma Nadia e papà Andrea. Ai neo genitori ed ai nonni, felici ed orgogliosi,
auguri di tante soddisfazioni.
Vivissime congratulazioni ai nonni Mario Bonetti, socio di Malè, e Luciana, Vittorio ed Elisa Andreis per l’arrivo della
piccola Ginevra; auguri e felicitazioni ai genitori Alessandro e Lorenza, a zii e cugini, alla bisnonna Cornelia e a tutto il
vasto parentado.
Un gioioso benvenuto alla piccola Giorgia, nipotina del nostro socio Penasa Danilo di Mestriago: al nonno, a nonna Lucia,
alla neo-mamma Tiziana e al neo-papà Mauro congratulazioni ed auguri.
É nata la piccola Emma, per la gioia di mamma Elisabetta Rauzi e di papà Vincenzo Visetti; porgiamo sincere congratulazioni
ed auguri ai neo genitori, ai nonni, i nostri affezionati soci di Malè Silvano e Maria Luisa Rauzi, a nonna Anna Maria
Coraiola, a zii e cugine, a tutti i famigliari che hanno accolto con gioia questo nuovo, tenero cucciolo.
In “casa Dalla Torre” a Mestriago è arrivato Davide, per la gioia del fratellino Marco. Alla socia nonna Rina Dalla Torre
Andreis di Mestriago ed al nonno Costanzo congratulazioni e felicitazioni. Dolci auguri e notti tranquille ai genitori
Eleonora e Francesco Raia.
Auguri di cuore al nostro socio Matteo Redolfi di Mezzana ed alla moglie Resj per l’arrivo della loro primogenita Sofia.
La accolgono con gioia le nonne insieme a nonno Alessandro Redolfi, del quale ricordiamo una saggia poesia “Chi massa,
chi miga” che dovremmo meditare più spesso.
MATRIMONI e ANNIVERSARI
Un festoso gruppo di amici ha festeggiato la nostra socia di Tozzaga Ines Comini ed il marito Carlo Valentinotti in occasione
del 50° anniversario del loro matrimonio. I nostri migliori auguri affinchè questi sposi d’oro, ad oggi pimpanti ed
in buona salute, proseguano il loro viaggio insieme fino a raggiungere più preziosi traguardi.
Traguardo senza onore di metallo né di pietra preziosa è quello raggiunto dai coniugi Angiolina e Carmine Timperio
a Santa Eufemia a Maiella, che hanno potuto celebrare l’anniversario dei 75 anni dal loro matrimonio. Lo annuncia
con emozione il figlio, nostro socio Mario Timperio di Bolzano. Il nostro Presidente conserva un ricordo prezioso ed
affettuoso di questi nonni abruzzesi, che ha conosciuto personalmente e che ha condiviso con loro, nella loro casa,
un indimenticabile periodo della sua giovinezza. Ai coniugi Timperio le felicitazioni del Centro Studi, e tramite loro un
ricordo a tutta la gente d’Abruzzo, che sta vivendo un’esperienza difficile.
Auguri ovviamente dolcissimi al socio Gianluca Pangrazzi di Malè (sue le paste e gli strudel del Bar Roma!) ed a Sabrina
Graifenberg, sposi nella chiesa di San Valentino a Bolentina. Gli amici della Virtus in Arte hanno scongiurato il rischio
del maltempo; noi del pubblico teatrale speriamo che Sabrina continui la sua collaborazione con la compagnia! Prosit!
Un’altra coppia dura come roccia, anzi come diamante: il nostro socio Bendetti Agostino e la moglie Pierina Gentilini,
residenti al Pondasio di Malè, hanno festeggiato il loro sessantesimo anniversario di matrimonio, celebrato nel mese di
maggio del 1949, dopo tanti anni di guerra. Ci uniamo alla gioia degli sposi, dei figli Manuela e Giandomenico, dei nipoti
e parenti tutti, augurando un futuro di serenità.
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LAUREE
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La nostra socia di Croviana Katia Valorz si è laureata in Scienze psicologiche della personalità e delle relazioni interpersonali
discutendo presso l’Università degli Studi di Padova, facoltà di psicologia, la tesi: “Storie di vita: genere e professioni
psicologiche”, relatore il prof. Adriano Zamperini. Sia pure in ritardo giungano a Katia i complimenti del Centro
Studi, con fervidi auguri per il futuro personale e professionale.
Ormai un anno fa, il 19 marzo del 2008, Silvia Costanzi, figlia della socia Nicoletta Zanella di Malè, si laureava in scienze
delle attività motorie e sportive presso la facoltà di Scienze Motorie dell’Università degli Studi di Verona, corso di laurea
triennale, discutendo con il medico sportivo dott. ssa Silvia Pogliaghi la tesi dal titolo: “Valutazione del fabbisogno
calorico nutritivo del calciatore professionista: studio sperimentale condotto presso l’associazione sportiva A.C. Mezzocorona”.
Complimenti vivissimi e buona fortuna!
Nell’anno accademico 2007-2008 si è laureata presso l’Università degli studi di Trento, Facoltà di Ingegneria, corso di
laurea in Ingegneria delle Industrie Alimentari Elisa Torresani, figlia della socia Montelli Maria di Caldes, discutendo con
i relatori ing. Sara Spilimbergo e ing. Daniele Bortoluzzi la tesi dal titolo: “Pastorizzazione con fluidi supercritici: simulazione
matematica della cinetica di solubilizzazione della CO2 in fase liquida”. Da tutti noi vivissime congratulazioni
ed auguri.
Chiara Dallaserra, figlia del socio Renzo Dallaserra di Villazzano-Trento, si è laureata con il massimo dei voti in architettura
della città presso l’Università IUAV di Venezia, discutendo con il prof. Bernardo Secchi la tesi “ Il parco contemporaneo
di Dresda. Caratteri, elementi e loro evoluzione.
Il Centro Studi esprime sincere congratulazioni alla socia Antonella Pedrotti di Malè ed al marito Sergio
Cristoforetti per l’alto traguardo raggiunto dalla figlia Samantha, pilota dell’Aeronautica Militare che ha
superato le prove di selezione per le nuove reclute dell’Agenzia Spaziale Europea e sarà così la prima
donna astronauta italiana, dopo essere stata fra le prime donne a diventare pilota militare. Samantha
Cristoforetti vanta un curriculum di altissimo livello, ottenuto con capacità, studio e determinazione: laureata
prima all’Università Tecnica di Monaco di Baviera e poi in scienze aeronautiche presso l’Accademia
di Pozzuoli, ha ricevuto nel 2004 la Sciabola d’Onore, ed è attualmente tenente pilota di velivoli AM-X e
AM-XT in servizio presso il 32° stormo di Amendola (FG); ha partecipato al 70° stormo di Latina, al 61°
stormo di Lecce, al 51° stormo di Istrana ed ha ottenuto, tra le altre, le abilitazioni per velivolo jet T-37,
MB339CD e MB339A.
I vincitori (per l’Italia oltre al tenente Samantha Cristoforetti anche il capitano Luca Salvo Parmitano)
sono stati scelti tra oltre 8.500 candidati, sulla base di una durissima selezione durata oltre un anno: oltre
ad un curriculum eccezionale ai concorrenti è stato richiesto di superare test psico-attitudinali, visite
mediche ed una serie di prove estremamente impegnative.
Giungano al tenente Cristoforetti, attraverso i suoi famigliari ed il nostro notiziario, sentimenti di profonda
e sincera ammirazione per i risultati raggiunti in una carriera tanto appassionante ed impegnativa, con
i nostri migliori auguri per un futuro che certo porterà nuove ed ancora maggiori soddisfazioni a lei ed
all’Aeronautica Militare Italiana. Sappia che noi solandri siamo orgogliosi di lei.

NOTIZIARIO DEL CENTRO STUDI PER LA VAL DI SOLE
Giuseppe Polisseni e Quirino Bezzi al Lago Nero nel 1937.