prefazione di federico moccia - Assistenza Riparazioni Computer ...

Non prendere mai posti che non ti competono, non fare quello che dovrebbero fare gli
altri.
Non essere troppo permissivo con chi ti fa del male.
Essere buoni non vuol dire giustificare ogni atto.
Tu devi fare il figlio, questo è il tuo ruolo e, se così non fosse, sii critico nei confronti
di chi ti circonda e impara a chiedere aiuto a chi non ti circonda.
“E’ il figlio che spesso tende a proteggere il genitore perché percepito debole (Lai
Guaita,1994).
C’è l’esempio di Alma, 19 anni con due fratelli più piccoli.
Quando lei aveva sei anni la madre ha preso la decisione di separarsi dal padre perché
non poteva più sopportare la sua tossicodipendenza e i comportamenti violenti che
l’accompagnavano.
Nessuno ha spiegato ad Alma cosa vuol dire veramente l’abuso di droghe, la
dipendenza psicologica che consegue.
Prevale in lei il senso di protezione, di doloroso amore verso un giovane padre che la
offende con il suo modo d’essere, ma che avverte come minore di lei, come bisognoso
delle sue cure, anche se ogni volta che tenta di farlo si aprono in lei profonde ferite
psicologiche..
Questo accade perché la paternità, nel tossicodipendente, è un ruolo vagheggiato,
basato sulla speranza di raggiungere la volontà e la forza per annullare il desiderio
compulsivo di droga.
Spesso è un’importante spinta alla ricerca della paternità l’interiorizzazione
dell’immagine paterna come figura solida, rassicurante e risolutiva di problemi.
Caratteristiche che si desidera fare proprie, mentre con una fantasia fanciullesca,
immatura, si spera che il solo diventare genitore determini automaticamente equilibrio
e, con questo, libertà dalla tossicodipendenza.” 15
Un tossicodipendente non è in grado di proteggere gli altri, di prendersene cura.
Un tossicodipendente distrugge tutto quello che gli sta intorno passando per vittima
quando è solo un carnefice e un oppresso da un passato che non ti riguarda!
15 Maria pia guaita, La droga: rischio sociale, Carocci Editore S.p.A., Roma 2003, pp. 52-53