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Inaugurazione dell'anno accademico 2008-2009 - Università degli ...

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- <strong>Inaugurazione</strong> dell’anno <strong>accademico</strong> <strong>2008</strong>-<strong>2009</strong><br />

Discorso inaugurale del Rettore Prof. Angiolino Stella ................................................................... 5<br />

Prolusione del Prof. Dario Mantovani ...................................................................................................... 17<br />

<strong>Inaugurazione</strong> della mostra documentaria dedicata ai duecento anni<br />

dell’Orazione Foscoliana, Prof.ssa Gianfranca Lavezzi ................................................................. 51<br />

Medaglie Teresiane, Premi, Riconoscimenti e Borse ..................................................................... 59<br />

- Dell’origine e dell’ufficio della letteratura<br />

Lettura scenica di Marco Baliani ................................................................................................................. 73<br />

Introduzione e commento della Prof.ssa Carla Riccardi ............................................................. 75<br />

- Presentazione dei Volumi<br />

del Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

Presentazione del Prof. Dario Mantovani ............................................................................................. 85<br />

Presentazione del Prof. Luciano Gargan ................................................................................................ 91<br />

Presentazione del Prof. Edoardo Ascari .................................................................................................. 94<br />

Presentazione del Prof. Alberto Calligaro ............................................................................................. 98<br />

Presentazione del Prof. Paolo Mazzarello ............................................................................................. 99


<strong>Inaugurazione</strong><br />

anno <strong>accademico</strong><br />

<strong>2008</strong>-<strong>2009</strong><br />

26 gennaio <strong>2009</strong><br />

3


Discorso inaugurale<br />

del Rettore<br />

Prof. Angiolino Stella<br />

Signor Presidente della Repubblica, Onorevoli, Eccellenze, Autorità, Studenti,<br />

gentili Ospiti e tutti Voi presenti,<br />

è per me un grande onore celebrare con Voi il secondo centenario dell’orazione<br />

Dell’origine e dell’ufficio della letteratura, recitata da Ugo Foscolo in<br />

questa <strong>Università</strong>, nell’aula che oggi porta il suo nome, il 22 gennaio 1809,<br />

in occasione dell’apertura dell’anno <strong>accademico</strong>. Ragioni storiche, culturali e<br />

politiche rendono questo anniversario decisamente attuale e ci invitano a riflettere<br />

sul valore dei maestri, sulla formazione dei giovani e sul ruolo dell’<strong>Università</strong>.<br />

In quanto università storica di grande tradizione – fondata dall’imperatore<br />

Carlo IV nel 1361, sulle basi della Scuola palatina già attiva nell’825<br />

per volontà di Lotario – l’Ateneo pavese oggi più che mai sente l’urgenza di<br />

5


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richiamare temi e scelte politiche e morali che già erano presenti nel testo foscoliano. Temi che hanno<br />

caratterizzato l’intera temperie culturale della nostra università negli anni a cavallo tra il XVIII e il XIX<br />

secolo e che da allora consideriamo nostra eredità culturale e civile.<br />

L’università che accolse Foscolo a Pavia era centro scientifico e umanistico di grande prestigio, soprattutto<br />

dopo la radicale riforma di Maria Teresa d’Austria e del figlio Giuseppe II.<br />

Quello asburgico fu un preciso progetto di revisione del sapere, anche in senso interdisciplinare,<br />

che possiamo definire illuminato e lungimirante. Tali ritengo, infatti, siano la scelta di investire sui migliori<br />

uomini di cultura e di scienza del tempo, come pure l’ingente finanziamento di tutte le strutture<br />

ritenute indispensabili per il progresso della conoscenza.<br />

Nello scrivere al figlio Giuseppe II, Maria Teresa d’Austria, riconosce “quanto sia importante promuovere<br />

l’applicazione alle scienze” e si dice “persuasa, che a misura de’ progressi, che quelle fanno<br />

in uno Stato, va crescendo la pubblica felicità de’ suoi Abitanti”.<br />

E certamente per la stessa ragione, pensando alla “felicità de’ suoi Abitanti”, una trentina d’anni<br />

dopo, Napoleone Bonaparte invitò a Parigi Alessandro Volta, per assistere di persona e per ben tre volte,<br />

alla dimostrazione del funzionamento della pila.<br />

Quando Foscolo arrivò a Pavia, per ricoprire la cattedra di Eloquenza, l’<strong>Università</strong> di Pavia non era<br />

solo un importante centro scientifico europeo (dove insegnavano Volta, Scarpa, Spallanzani, Scopoli),<br />

ma anche una scuola medica, umanistica e giuridica di grande rilievo, presso la quale si era formato<br />

Cesare Beccaria e dove insegnavano o avevano insegnato personalità come Giandomenico Romagnosi,<br />

Vincenzo Monti e Francesco Lomonaco, esponente di rilievo di quel gruppo di esuli napoletani, seguaci<br />

della filosofia di Giambattista Vico, che proprio a Pavia alimentarono il dibattito sul progresso delle<br />

nazioni e si fecero mediatori tra l’illuminismo napoletano e quello lombardo.<br />

Il progresso della civiltà aveva ispirato pochi anni prima la prolusione di Vincenzo Monti Dell’obbligo<br />

di onorare i primi scopritori del vero in fatto di scienze, da molti oggi considerata il primo magistero<br />

laico e civile dell’età moderna. Nel mettere in rilievo i grandi meriti della tradizione scientifica italiana,<br />

Monti ricordava infatti Galileo, Scarpa e Volta e gettava un primo significativo seme del carattere fortemente<br />

interdisciplinare della nostra <strong>Università</strong>, un valore che, soprattutto oggi, si è progressivamente<br />

consolidato e continua a essere motivo di costante impegno.<br />

Oggi siamo un Ateneo storico, una delle 80 <strong>Università</strong> rappresentate nella CRUI.<br />

In quanto parte integrante del sistema universitario nazionale, non possiamo ignorare le critiche


di cui esso è stato oggetto da parte del mondo politico e dei media negli ultimi mesi, cioè nel periodo<br />

di elaborazione e approvazione della legge 133 (che prevede tagli “sostanziosi” dopo il <strong>2009</strong>) e della<br />

Legge 1/<strong>2009</strong> (che in parte attenua alcune misure restrittive della 133, introducendo anche interessanti<br />

novità).<br />

In discussione sono gli sprechi, i corsi di studio con pochi studenti, la sovrabbondanza di atenei e di<br />

sedi staccate, i concorsi con esito preordinato, i favoritismi sfacciati per amici e parenti e così via. Giudichiamo<br />

apprezzabile, in quanto stimolo al miglioramento, ogni critica al sistema universitario attuale.<br />

Dalla lezione foscoliana, oggi, possiamo e dobbiamo raccogliere l’invito all’amor del vero.<br />

E dunque, per amor del vero, l’analisi deve essere il più possibile completa e imparziale, e soprattutto<br />

scevra da facili e superficiali generalizzazioni.<br />

Sull’eccesso di sedi e di corsi di studio, ci vengono in aiuto i dati raccolti dal professor Regini, Prorettore<br />

della <strong>Università</strong> Statale di Milano. Confrontando la situazione italiana con quella di altri paesi<br />

europei (Gran Bretagna, Germania, Francia, Spagna, e Olanda) emerge infatti che le <strong>Università</strong> presenti<br />

sul nostro territorio nazionale non sono in eccesso: 1.6 per milione di abitanti è un dato addirittura inferiore<br />

alla media <strong>degli</strong> altri Paesi di confronto (per le sedi staccate bisognerà fare una valutazione più<br />

attenta, con un certo numero di casi che senz’altro appaiono come “sprechi” o come “lussi”).<br />

Analogamente, con i nostri 5.960 corsi di studio – a parte casi piuttosto ridicoli quanto paradossali –<br />

siamo sostanzialmente in linea con gli altri Paesi; anzi nettamente al di sotto <strong>degli</strong> 8.955 della Germania.<br />

Risultiamo invece fortemente sottodimensionati per la disponibilità di residenze universitarie in rapporto<br />

al numero di studenti (dell’ordine del 2% contro il 17% della Svezia, il 10% della Germania, il<br />

7% della Francia) o per la percentuale di studenti che usufruiscono di borse di studio o prestiti agevolati<br />

(dove la nostra situazione non è molto migliore).<br />

Alcuni hanno inoltre denunciato la scarsa presenza <strong>degli</strong> Atenei italiani nei ranking internazionali.<br />

Credo invece doveroso ricordare che le nostre <strong>Università</strong> figurano nelle “top 500”, cioè la fascia di eccellenza<br />

a livello mondiale, nella misura del 28.6% per la classifica di Shanghai e del 18.2% per quella<br />

del Times Higher Education: un esito che certo non ci fa sfigurare in Europa continentale, (dove siamo,<br />

ad esempio, confrontabili con la Francia e decisamente migliori della Spagna).<br />

E a chi lamenta che tra le prime 150 <strong>Università</strong> al mondo non ne compaia neanche una del nostro<br />

Paese, vorrei ricordare che il modello di riferimento e i criteri di classificazione sono di ispirazione<br />

anglosassone. Non possiamo immaginare di avere una percentuale di studenti stranieri pari a quella<br />

dei Paesi di lingua inglese, se i nostri corsi di studio si svolgono prevalentemente in italiano e se la<br />

disponibilità di Collegi e Residenze continua a essere limitatissima. Analogamente, non possiamo anno-<br />

Prolusione Prof. Mantovani <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

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verare Premi Nobel nei nostri laboratori, perché non possiamo nemmeno lontanamente competere con<br />

i finanziamenti e gli investimenti nella ricerca di altri Paesi.<br />

Ritengo utile continuare questa analisi concentrandomi in modo più specifico sulla valutazione<br />

della produzione della ricerca scientifica, in particolare sulla ricerca di base, elemento essenziale e<br />

vero motore dell’attività formativa, come pure della ricerca finalizzata alle applicazioni che investono<br />

lo sviluppo tecnologico e più in generale il progresso e il benessere sociale.<br />

Nella competizione internazionale in cui è chiamata a partecipare (e dove la componente universitaria<br />

è per noi di gran lunga la più rilevante), l’Italia si presenta con 2.82 ricercatori su mille lavoratori<br />

(meno di Polonia, Portogallo, Ungheria, Spagna; meno della metà di Gran Bretagna, Francia, Germania;<br />

poco più di un quarto della Svezia e poco meno di un quinto della Finlandia, giusto per limitarci<br />

all’Europa). A ciò si accompagna una spesa per la formazione e la ricerca che è inferiore all’1% del PIL,<br />

meno della metà di quanto si spende in Germania e Francia, non volendo menzionare tanti altri casi<br />

più eclatanti. È come se, in un torneo di calcio, noi scendessimo in campo con una squadra dimezzata<br />

(avendo una panchina ricchissima di riserve, cioè di precari).<br />

A questo punto, se la squadra è dimezzata e se i giocatori sono scelti in base a favoritismi, dovremmo<br />

aspettarci risultati disastrosi; e invece non mancano le sorprese!!<br />

Sorprese che emergono, ad esempio, da un noto articolo di David King pubblicato su “Nature” e<br />

punto di riferimento di vari analisti.<br />

King definisce un comparator group di 31 paesi (tra cui G8 ed Europa dei 15), autori della quasi<br />

totalità delle pubblicazioni scientifiche di qualità.<br />

Ritengo davvero rilevante e sorprendente, date le premesse, che l’Italia si posizioni sempre nella<br />

metà superiore dei 31 Paesi; settima per la produzione scientifica e tredicesima nel rapporto tra numero<br />

di citazioni e numero di pubblicazioni. Volendo poi tener conto non solo dell’output in termini di<br />

produzione scientifica ma anche dell’input, cioè <strong>degli</strong> investimenti (percentuali di PIL e di personale<br />

ricercatore rispetto alla totalità dei lavoratori), allora saremmo proiettati nei primissimi posti della classifica.<br />

Questo vuol dire che i casi deprecabili evidenziati dai media sono più che controbilanciati dal<br />

pregevole lavoro di una larga schiera di persone perbene, di colleghi e collaboratori che, in condizioni<br />

difficili e alquanto problematiche, fanno ben più del proprio dovere. Vorrei, davanti a Lei, Signor Presidente,<br />

esprimere ancora una volta nei loro confronti un sincero apprezzamento, insieme a un caldo<br />

invito a non lasciarsi scoraggiare, a continuare a dare prova delle proprie capacità e attaccamento alle<br />

istituzioni.<br />

C’è comunque molto, molto da fare nei prossimi anni, per superare le difficoltà e il senso di abban-


dono di questo periodo.<br />

Siamo sedicesimi, ad esempio, in Europa per la capacità di ottenere fondi europei globali; in po-<br />

sizioni analoghe per la capacità di produrre innovazione tecnologica e brevetti: questo dato, che il<br />

rapporto della Fondazione Rosselli per il <strong>2008</strong> segnala in miglioramento, riguarda in particolare (ma<br />

non solo) il settore privato, componente essenziale del contesto socio-economico, per garantire le basi<br />

di uno sviluppo confrontabile con quello di altri Paesi.<br />

Per tornare alle sorprese dell’<strong>Università</strong> italiana, desidero ricordare un dato che trovo davvero entusiasmante.<br />

Nell’ambito del Programma IDEAS del 7° Programma Quadro dell’Unione Europea su 9.167<br />

domande presentate al primo bando allo European Research Council dai giovani ricercatori di tutt’Europa,<br />

ben 1.760 (quasi il 20%) sono di giovani italiani. I nostri ricercatori si collocano quindi al primo<br />

posto per percentuale di partecipazione e al secondo (dietro soltanto alla Germania) per percentuale<br />

di successo. A ciascun vincitore è stato assegnato uno starting grant, con un tetto di 2.5 milioni di euro<br />

a persona, sulla base di criteri tesi a privilegiare il talento e l’originalità delle idee, con libertà di scelta<br />

della sede in cui spenderlo. Questo dato, senz’altro entusiasmante, si accoppia a un altro, davvero preoccupante.<br />

Infatti circa un terzo dei vincitori ha scelto centri di ricerca all’estero per svolgere la ricerca<br />

finanziata con lo starting grant europeo.<br />

Il messaggio che ne deriva è duplice: da una parte si nota questa esplosione di creatività e capacità<br />

progettuale, chiaro segno, nonostante tutto, della vivacità e qualità anche delle <strong>Università</strong> in cui si sono<br />

formati; dall’altra, l’inadeguatezza delle strutture di ricerca, dell’entità <strong>degli</strong> investimenti e del livello<br />

di organizzazione e di funzionamento che l’accompagnano. Tutto ciò mentre i Paesi vicini, pure in una<br />

fase molto difficile anche per loro, investono con decisione nella ricerca. Basti pensare che la Germania<br />

ha stanziato 1.9 miliardi di euro per rendere ancor più competitivo almeno un ragguardevole nucleo<br />

di <strong>Università</strong>, mentre in Francia la legge Pecresse prevede un investimento di 5 miliardi in 5 anni per<br />

elevare il livello della qualità. Se non si corre ai ripari, almeno con qualche segnale o gesto significativo,<br />

non è difficile prevedere un notevole incremento della “fuga dei cervelli”. Desidero attirare l’attenzione<br />

proprio su di loro, su quei giovani che, dopo aver conseguito una formazione di alta qualità, spesso<br />

anche con dottorati e corsi post-laurea, emigrano in altri Paesi. Il loro numero aumenta di anno in anno:<br />

i dati più recenti ci dicono che, nel saldo uscite/entrate, ogni anno le uscite superano di 3.000 unità le<br />

entrate e i rientri.<br />

Cerchiamo di valutare, sotto il profilo economico, il significato e l’impatto del fenomeno. Tenendo<br />

conto della spesa sia a carico delle famiglie che dello Stato (tasse, libri, costo annuo <strong>degli</strong> studi, utilizzo<br />

di strutture e laboratori, includendo anche il mancato reddito per il “non lavoro” negli anni di studio<br />

Prolusione Prof. Mantovani <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

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più avanzati), si calcola che il costo della formazione di un giovane, al momento in cui è servito su<br />

un “piatto d’argento” ai nostri concorrenti, si avvicini ai 500.000 euro. Pertanto l’importo complessivo<br />

del nostro “regalo” è, oggi, dell’ordine di 1.5 miliardi di euro all’anno. Naturalmente a ciò va aggiunto<br />

l’apporto, senz’altro molto rilevante, delle competenze e delle capacità generalmente di primo ordine<br />

dei nostri giovani allo sviluppo dei Paesi che li accolgono e se li tengono stretti per il resto della loro vita.<br />

“O italiani! – recitava Foscolo – Qual popolo più di noi può lodarsi de’ benefizi della natura? Ma chi<br />

più di noi (…) trascura o profonde que’ benefizi? A che vi querelate se i germi dell’italiano sapere sono<br />

coltivati dagli stranieri che ve gli usurpano?”.<br />

L’ovvia conclusione è che dobbiamo lavorare insieme tutti, unire i nostri sforzi perché ciò non accada.<br />

Bisogna essere uniti e lanciare un messaggio di fiducia e di speranza, prima che sia troppo tardi. Il<br />

messaggio, a mio avviso, va accompagnato da qualche gesto concreto e significativo.<br />

Se, giusto per fare un esempio, si stanziasse già da quest’anno, una somma “aggiuntiva”, pari alla<br />

metà del “regalo”, che annualmente facciamo ai Paesi che sono nostri concorrenti? Intendo una somma<br />

da assegnare in base a criteri di qualità della ricerca e della didattica (sulla base di un modello adeguato<br />

ed equilibrato sulle due componenti) con qualche provvedimento mirato a favore dei giovani (diritto<br />

allo studio, posti di ricercatore per giovani “eccellenti”)?<br />

Privilegiare la qualità dovrà diventare un percorso “obbligato” nei prossimi anni: se verranno aggiunti<br />

fondi progressivamente più sostanziosi da assegnare secondo i criteri che ho appena indicato,<br />

allora, secondo me, si avvierebbe a soluzione, in modo semplice e naturale, anche il problema dei<br />

concorsi. Se per un’<strong>Università</strong> sarà essenziale migliorare o mantenere competitivo il proprio standard,<br />

allora sarà conveniente (anzi spesso decisivo) scegliere i candidati migliori, non il parente o l’amico di<br />

chi conta. Come sceglie Harvard i propri professori? Credo che vedrebbe con terrore l’ipotesi di affidare<br />

la decisione a colleghi sorteggiati a livello nazionale: i docenti e ricercatori da assumere dovranno avere<br />

un ruolo di protagonisti nel condurre i progetti didattico-scientifici dell’Ateneo e si ritiene che l’Ateneo<br />

stesso si debba prendere la responsabilità della decisione, pronto a rispondere a tutte le conseguenze<br />

della scelta operata. La questione dei concorsi sarà avviata a soluzione nel momento in cui si aumenterà<br />

la responsabilità delle scelte da parte di chi dovrà render conto della “produttività” dell’<strong>Università</strong> in<br />

esame.<br />

L’istruzione terziaria, come è stato affermato e ribadito in più occasioni in ambito europeo, is a<br />

public good and a public responsibility.


A questo principio, al quale vogliamo ispirarci, si associa una linea strategica pure di importanza<br />

capitale, che oggi non possiamo più ignorare. Dobbiamo moltiplicare i nostri sforzi per coinvolgere il<br />

contesto socio-economico e sensibilizzare la comunità, rendendola partecipe dei nostri progetti.<br />

Già da un anno il nostro Ateneo è affiancato nell’elaborazione e attuazione di progetti multidisciplinari<br />

da due Fondazioni.<br />

Sono la Fondazione Alma Mater Ticinensis (la sola Fondazione universitaria che annovera due soci<br />

fondatori: l’<strong>Università</strong> e la Fondazione Banca del Monte; con il Presidente Poli continuiamo a condividere<br />

tanti sogni, che vogliamo realizzare) e la Fondazione Maria Corti, intitolata alla storica della<br />

lingua, grande scrittrice e nostra docente. La Fondazione Corti, che porta avanti la grande tradizione<br />

umanistica e letteraria del nostro Ateneo, è impegnata anche ad acquisire e mettere a disposizione della<br />

comunità scientifica i preziosi testi del Fondo Manoscritti, ideato e fondato dalla professoressa Corti.<br />

(Proprio in questi giorni abbiamo acquisito le carte, i volumi e gli scritti generosamente donati dall’ambasciatore<br />

Sergio Romano).<br />

La ricchezza progettuale del nostro Ateneo ha potuto contare anche sul supporto della Fondazione<br />

Cariplo e della Regione Lombardia, per l’avvio e la realizzazione di progetti di ampio respiro.<br />

Con gli enti locali faremo quanto è possibile affinché non venga meno un dialogo che ha, fra gli<br />

altri, l’obiettivo primario di dare sostanza e prospettiva al Polo Tecnologico, intensificando i rapporti con<br />

varie aziende (come STM e Marvell) e facendo leva sulle competenze di alto profilo del nostro Ateneo,<br />

soprattutto nel campo della microelettronica e della scienza dei materiali.<br />

Negli ultimi mesi abbiamo intensificato gli sforzi per concentrare competenze di elevata qualità e a<br />

largo spettro interdisciplinare nel campo della nanomedicina, espressione della intersezione tra gli sviluppi<br />

più recenti delle nanotecnologie e della medicina molecolare, punta avanzata di collaborazioni<br />

con gli IRCCS (naturalmente in primo luogo la Fondazione San Matteo), le varie strutture ospedaliere e,<br />

in prospettiva, il Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica.<br />

La nostra <strong>Università</strong> partecipa al Centro regionale di Nanomedicina avviato più di un anno fa. È stata<br />

inoltre recentemente concordata, a livello nazionale, l’istituzione di una Fondazione di Nanomedicina,<br />

con prestigiosi membri (<strong>Università</strong>, Ospedali, Imprese) che avrà la propria sede, per unanime decisione,<br />

a Pavia, presso la nostra <strong>Università</strong>.<br />

Voglio poi menzionare quanto si sta facendo in termini di innovazione tecnologica nel settore energia,<br />

anche con la costituzione di un apposito consorzio e consolidando i rapporti con società come ENI,<br />

con cui stiamo avviando un’attività di ricerca strategica sul tema dei materiali fotoattivi per applicazioni<br />

Prolusione Prof. Mantovani <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

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in campo fotovoltaico.<br />

Non va d’altronde sottaciuto che da noi esiste da decenni ed è sempre stato attivo il Laboratorio per<br />

l’Energia Nucleare Applicata, dove si concentrano competenze e tecniche di primordine, senz’altro utili<br />

per i piani futuri di sviluppo del “nucleare”.<br />

Un altro settore di notevole rilievo, dove Pavia ha un ruolo di leader in campo internazionale, è<br />

rappresentato dall’Ingegneria Sismica: a Eucentre è stato assegnato il Progetto Global Earthquake Model<br />

nell’ambito delle attività del Global Science Forum dell’OCSE.<br />

Mi sono limitato a pochissimi esempi – tra i più significativi – della volontà e capacità di proiezione<br />

verso l’esterno e interazione con il contesto socio-economico. Ma voglio ancora una volta sottolineare<br />

l’importanza per me essenziale di avere un terreno fertile di ricerca di base ad ampio spettro interdisciplinare<br />

per dare impulso a iniziative finalizzate a obiettivi di grande portata e rilevanti ricadute. Vi<br />

propongo un solo significativo esempio, “prodotto” globale della fertilità di questo terreno.<br />

A un primo informale invito, da me rivolto ai nostri ricercatori, a presentare idee progettuali per<br />

l’EXPO 2015, abbiamo avuto subito più di 60 risposte, in gran parte veramente eccellenti, così raggruppate<br />

per “grandi temi”: Mostre, musei e valorizzazione della cultura; Sicurezza e Qualità Alimentare;<br />

Prevenzione delle grandi malattie sociali; Ambiente e territorio; Energie rinnovabili.<br />

Avrei poi moltissimo da dire sull’internazionalizzazione; qui mi limiterò soltanto a un aspetto: tra<br />

più di 400 collaborazioni internazionali e 500 scambi Erasmus, anche per rendere omaggio alle attività<br />

instancabili del Centro Interfacoltà per la Cooperazione con i Paesi in via di Sviluppo, nel prossimo<br />

mese di febbraio mi recherò in Colombia, a Cartagena, per inaugurare il Master in Cooperazione e<br />

Sviluppo. Sono infatti convinto che l’attività internazionale di un’<strong>Università</strong> come la nostra vada vista<br />

non solo in termini di competizione, ma anche di apertura e condivisione della propria cultura e forte<br />

ispirazione umanitaria.<br />

Aderendo alla politica di razionalizzazione dell’offerta formativa proposta dal Ministero dell’<strong>Università</strong>,<br />

l’Ateneo di Pavia dal prossimo anno <strong>accademico</strong> ridurrà il numero complessivo dei corsi di<br />

studio di circa il 10%.<br />

La nostra <strong>Università</strong> intende caratterizzarsi sempre più per la qualità e l’alta specializzazione dei<br />

percorsi formativi e ha privilegiato l’istituzione di corsi di laurea magistrale con un elevato livello di<br />

specializzazione delle conoscenze e delle competenze e in grado di fornire una preparazione avanzata<br />

e adeguata ai corrispondenti e più impegnativi standard lavorativi e professionali.


L’Ateneo ha inoltre promosso l’istituzione di corsi di laurea magistrale interamente svolti in lingua<br />

inglese, al fine di dare impulso all’internazionalizzazione e attrarre studenti stranieri, e ha mantenuto e<br />

potenziato l’offerta di corsi di studio interfacoltà e interateneo.<br />

Avviandomi alla parte conclusiva: se Foscolo, Volta e i tanti altri Maestri ci chiedessero conto di<br />

quello che abbiamo fatto della loro eredità, del patrimonio che ci hanno lasciato, noi – <strong>Università</strong> di<br />

Pavia – che cosa risponderemmo?<br />

Potremmo dire che nella media delle posizioni delle graduatorie più citate, tra gli Atenei italiani<br />

con più di 20.000 studenti (CENSIS-La Repubblica, il Sole-24 Ore, CIVR, Times, Shanghai) siamo nelle<br />

primissime posizioni (attualmente nelle prime tre a livello nazionale). Ma c’è un’altra risposta che voglio<br />

dare, a cui tengo particolarmente; essa è basata su un elemento di forte novità, che riguarda il lancio<br />

dell’associazione laureati e sostenitori dell’Alma Ticinensis Universitas. Siamo stati stimolati a muoverci<br />

in quella direzione dal successo della campagna per il 5 per mille dei primi due anni e dalla chiara<br />

sensazione di consenso da parte della comunità che ci circonda. Una lettera che ho inviato poco prima<br />

di Natale a un primo gruppo di laureati e sostenitori del nostro Ateneo ha avuto risposte significative: ne<br />

voglio citare per ora tre, tra le tante:<br />

- grazie alla sensibilità del Cavaliere del lavoro Giovanni Arvedi, la “Fondazione Luciana e Giovanni<br />

Arvedi” costituirà a Pavia, nella nostra <strong>Università</strong>, un laboratorio di alta specializzazione, che aspira a<br />

diventare punto di riferimento in Italia e all’estero per l’utilizzo di tecnologie innovative per indagini e<br />

recupero di opere d’arte, strumenti musicali e dipinti su tavola di particolare pregio<br />

- la dottoressa Giovanna Mazzocchi, Presidente di Editoriale Domus, finanzierà in toto l’istituzione<br />

di una cattedra intitolata al padre, “Giovanni Mazzocchi”, editore e protagonista della vita culturale italiana<br />

del XX secolo. Il posto di professore straordinario sarà istituito presso la Facoltà di Scienze Politiche<br />

e sarà dedicato agli Studi dell’Asia<br />

- il Presidente e amministratore delegato di Valvitalia, Salvatore Ruggeri, ha deciso di erogare alla<br />

Fondazione Alma Mater Ticinensis un importante contributo a favore della ricerca per la nostra <strong>Università</strong>.<br />

Il finanziamento riguarda in particolare le scienze dei materiali e le tecnologie d’avanguardia, come<br />

pure lo sviluppo delle conoscenze nel campo del nucleare e dell’ingegneria elettronica, di particolare<br />

interesse per il gruppo Valvitalia, con possibili riferimenti anche ad aspetti innovativi nel settore economico.<br />

È tempo di chiudere, con il pensiero rivolto ai nostri studenti – tutti quanti – e a quello che è il com-<br />

Prolusione Prof. Mantovani <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

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pito primario: prepararli al loro futuro e al loro inserimento nella società, al contributo che saranno chiamati<br />

a dare al progresso del nostro Paese. Portiamo avanti con orgoglio e costante impegno la tradizione<br />

di un’<strong>Università</strong> residenziale, che da sempre accoglie studenti da tutt’Italia e dall’estero in un invito al<br />

dialogo interculturale e alla reciproca conoscenza. Oggi il campus universitario pavese con 16 collegi,<br />

la Scuola Superiore IUSS e molte strutture per lo studio e lo sport è un modello aperto a tutti, una scuola<br />

che volentieri accoglie l’incitamento foscoliano a perseguire l’utile della gioventù e l’amor del vero.<br />

Che continui a essere così. Con questo auspicio e con questa consapevolezza – e confidando,<br />

Signor Presidente, nel Suo illuminato sostegno – invito tutti a salutare con serenità, nonostante tutto,<br />

l’apertura di questo anno <strong>accademico</strong>, 1184° dal Capitolare di Lotario, 648° dall’istituzione dello Studium<br />

Generale e 200° dall’orazione inaugurale di Ugo Foscolo.


Prolusione del<br />

Prof. Dario Mantovani<br />

Ordinario di Istituzioni di Diritto Romano<br />

Foscolo professore a Pavia. Esortazione alla storia dell’<strong>Università</strong><br />

1. La presenza di Ugo Foscolo a Pavia è un nodo che stringe la storia<br />

dell’Ateneo alla storia italiana. Mostrare quanto, di quel nodo, attiene<br />

propriamente alla storia universitaria e quanto spetta alla personalità<br />

letteraria e politica di Foscolo è il proposito che vorrei brevemente<br />

svolgere davanti a voi, Signor Presidente della Repubblica, Magnifico<br />

Rettore, Signore e Signori1 .<br />

Che un discorso apra festivamente l’anno, incitando docenti e<br />

scolari alle fatiche e alle ricompense <strong>degli</strong> studi, è prescritto fin dal<br />

più antico statuto medievale dello Studium Papiense2 . La consuetudine<br />

non fu spenta nemmeno dai rivolgimenti che, dal 1796 al 1800,<br />

videro Pavia trascorrere dagli Asburgo ai Francesi, essere ripresa dalla<br />

coalizione austro-russa e tornare alla Repubblica Cisalpina ripristinata<br />

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da Napoleone vittorioso a Marengo.<br />

L’orazione inaugurale, secondo le norme napoleoniche, era un dovere del professore di Eloquenza<br />

italiana e latina della Facoltà legale 3 . Dal 1800, da quella cattedra avevano professato Vincenzo Monti 4 ,<br />

finché assurse nel 1804 a Poeta del Governo, e Luigi Cerretti, retore di fama e poeta di talento convenzionale,<br />

la cui salute minata nemmeno le cure di Antonio Scarpa valsero a sanare5 .<br />

Alla morte di Cerretti, il 4 marzo 1808, Foscolo poté realizzare il progetto di sostituirlo, che coltivava<br />

dacché se ne erano risapute le condizioni6 .<br />

Non fu espletato il concorso, benché introdotto da un decreto del 1807, novità che non aveva<br />

mancato di sollevare le rimostranze di chi riteneva sconveniente equiparare professori a funzionari. Ci<br />

si avvalse della norma che dispensava dal concorso “uomini già conosciuti colla pubblicazione di una<br />

o più opere relative alla scienza” 7 .<br />

Foscolo aveva solo trent’anni8 , ma aveva raggiunto una precoce popolarità, come diciottenne autore<br />

del Tieste e dell’Oda che celebrava in Bonaparte il generale le cui armi, nel 1796, avevano riportato<br />

l’insperata libertà politica all’Italia. Il successo era stato amplificato dall’Ortis, cui l’autore stesso attribuiva<br />

“il vanto d’essere stato il primo libro a indurre le donne e il gran pubblico dei lettori a interessarsi della<br />

cosa pubblica” 9 . Persino il Governo gli aveva commissionato l’Orazione per i Comizi convocati a Lione<br />

con il compito di dare un nuovo assetto costituzionale alla Repubblica Cisalpina10 .<br />

Vale la pena di ricordare che era come oggi un 26 gennaio, il 26 gennaio del 1802, quando il giurista<br />

bolognese Vincenzo Brunetti, mentre leggeva finalmente ai Comizi il testo approvato ed era sul punto di<br />

pronunciare il nome «Repubblica Cisalpina», fu interrotto dall’assemblea al grido di «Italiana! Italiana!».<br />

Napoleone acconsentì alla modifica con un sorriso, quasi fosse una concessione da poco: ma quella<br />

costituzione che per la prima volta duecentosette anni fa dava il nome di «Repubblica italiana» a uno<br />

Stato moderno faceva finalmente vedere l’approdo 11 .<br />

Ma torniamo a Foscolo che s’avvicina alla cattedra. Dopo i Comizi di Lione, lo scrittore dell’Ortis<br />

nel 1807 conosce la consacrazione dei Sepolcri, ma la condizione di militare, con il grado di Capitano<br />

Aggiunto soprannumerario alla Divisione Italiana in Francia – onorato in battaglia – gli imponeva vincoli<br />

di servizio verso i quali cresceva la sua insofferenza12 . Il decreto che dandogli la cattedra lo scioglieva<br />

dal “laccio”, come scrive a Marzia Martinengo, è del 18 marzo 180813 .<br />

2. Non indugio sugli apparecchiamenti di Foscolo, che allestisce una dimora all’altezza del nuovo<br />

status, in Borgo Oleario, oggi ovviamente via Foscolo, nella casa Bonfico in cui nel 1895 abitò anche il<br />

giovane Einstein con la sua famiglia14 ; sono narrati con dovizia di particolari nella sua corrispondenza


e temo l’oleografia. Nell’insieme, giornate senza scosse, che realizzavano il programma che s’era dato,<br />

di sottrarsi al mondo milanese e di ritrovare tranquillità per la scrittura15 . Qualche frequentazione di<br />

giovani greci, le cure di Scarpa per quella che sembra una forte congiuntivite16 , un’influenza rimediata<br />

rincasando nella neve da un ricevimento noioso durato una notte intera, rapporti formali con molti<br />

professori, l’amicizia con alcuni, come il naturalista Giuseppe Mangili, lo stesso Alessandro Volta e<br />

specialmente con il chimico che aveva accompagnato Volta a Parigi nel 1801 per mostrare all’Europa<br />

la pila elettrica, cioè Luigi Valentino Brugnatelli, al quale Foscolo si legò anche nel compianto per la<br />

morte del figlio bambino17 .<br />

Piuttosto, occorre tornare su una domanda, come e perché la sua cattedra sia stata messa a tacere<br />

dopo solo un anno e sette lezioni, compresa un’importante Orazione per le lauree in giurisprudenza18 . A<br />

suscitare la domanda è ovviamente – come per certi enigmi dei nostri tempi – una tensione ideologica,<br />

da cui non è immune la storiografia e che nel caso di Foscolo è particolarmente elevata19 .<br />

Come si sa, a unire nel culto di Foscolo la generazione che assaporava l’Unità a quella che aveva<br />

combattuto per conquistarla fu Giuseppe Mazzini, editore fra l’altro dell’inedito commento foscoliano<br />

alla Divina Commedia20 , che riuscì infine a imporre il Poeta come precursore del moto unitario, cimentato<br />

dall’esperienza dell’esilio (l’istituzione di cui Carlo Cattaneo gli attribuì l’introduzione nel costume<br />

politico nazionale). è precisamente il profilo risorgimentale di Foscolo messo in risalto nella lapide di<br />

marmo nero levigato, posta sullo stipite dello scalone d’onore dell’<strong>Università</strong> di Pavia, ma su iniziativa – è<br />

significativo dello spirito che l’ispirò - della municipalità pavese, nel 1864, al compimento dell’Unità21 .<br />

A accrescere l’alone di rispetto concorreva proprio la soppressione della cattedra pavese. Correva voce<br />

che Bonaparte avesse voluto togliere a Foscolo l’occasione di un apostolato pericoloso al suo despotismo22 .<br />

Lo stesso Foscolo diede qualche appiglio a questa versione, con quel suo modo di scrivere e riscrivere,<br />

in pagine pubbliche e private, la propria autobiografia23 . Ma anche l’Austria della Restaurazione fomentò<br />

le illazioni, sperando di screditare il Poeta ormai esule a Londra dopo il crollo napoleonico. Nel 1823 il<br />

vicepresidente dell’Imperial Regio governo austriaco a Milano, Febo D’Adda, chiese al Rettore dell’<strong>Università</strong>,<br />

che era Carlo Cairoli, il padre di Benedetto, di comunicare quali “ragioni particolari e personali”<br />

avessero determinato la dimissione dalla cattedra. Alla risposta, che dai documenti non risultava nulla<br />

del genere, il governo austriaco reagì con stizza, imponendo che il nome di Foscolo come professore<br />

emerito fosse comunque cancellato dagli Annuari dell’Ateneo24 . La voce che invano Cairoli smentì corre<br />

tutt’ora, anche negli studi più seri25 . Ma oggi disponiamo, credo, di nuovi elementi per chiudere il caso.<br />

Fa qui la sua entrata in scena un altro intellettuale di primo piano, Gian Domenico Romagnosi,<br />

anch’egli professore alla Facoltà legale di Pavia26 .<br />

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19


20<br />

Nell’orbita del Regno d’Italia – che nel 1805 aveva preso il posto della Repubblica - Romagnosi era<br />

stato attratto nel 1806 dal ministro della Giustizia Giuseppe Luosi, impegnato a realizzare una codificazione<br />

del diritto con caratteri autoctoni, che non si limitasse cioè a adottare i Codici che Napoleone<br />

aveva introdotto o s’accingeva a introdurre in Francia27 .<br />

L’emanazione di nuovi Codici non poteva rimanere senza riflessi sulla didattica e fu Romagnosi a<br />

svolgere nella conseguente ripianificazione un ruolo centrale, da poco riportato in piena luce28 . Se si<br />

collega il caso individuale alla riforma, si può dare, mi sembra, un senso compiuto alla vicenda della<br />

cattedra foscoliana.<br />

I primi atti della riforma di Romagnosi risalgono al 1807, molti mesi prima che Foscolo concepisse<br />

anche solo il disegno di diventare professore di Eloquenza29 e proseguono mentre Foscolo s’avvicina<br />

alla meta, correndo quasi in parallelo. Basti dire che all’inizio del 1808, mentre Foscolo sta per essere<br />

chiamato, Romagnosi già professore a Pavia apre il suo corso di diritto civile con una lezione “Su i vantaggi<br />

che all’Istruzione publica (sic) risultano dal Codice Napoleone”, spiegando che il nuovo Codice<br />

civile, introdotto quell’anno anche nel Regno italico, favorirà l’apprendimento grazie alla formulazione<br />

generale ed astratta delle norme e alla sua sistematicità e dovrà dunque diventare il centro delle lezioni:<br />

sono precisamente le linee della riforma didattica che stava concependo nelle stanze del Governo.<br />

La prima lezione di Romagnosi è istruttiva anche per un altro motivo: ci fa vedere che l’Orazione<br />

inaugurale di Foscolo, posteriore d’un anno, s’inseriva in un quadro di ormai diffusa valorizzazione della<br />

tradizione nazionale, che ogni docente declinava secondo le possibilità offerte dalla sua materia, oltre<br />

che dal temperamento30 . Romagnosi, appunto, sostiene che “i dettami della civile Giustizia … oggidì<br />

raccolti nel Codice Napoleone (sono) un riverbero fedele della gloria italiana”, in quanto tratti per la<br />

maggior parte dal diritto romano e conclude: “Chi, rammentando di abitare la terra della sapienza, non<br />

sentirà la sacra fiamma della emulazione? Nessuno. Per lo contrario, allorché vi radunate in questo<br />

tempio sacro alla dignità della mente umana, ognuno di voi ripeta sempre a sé stesso: sono Italiano” 31 .<br />

Del resto, il rapporto fra valorizzazione della tradizione culturale e modernizzazione è fra i temi più<br />

interessanti di questa età, non senza sorprese: si pensi solo che di lì a poco, nel 1811, fu prescritto che<br />

le lezioni sul Codice civile, comparato al diritto romano, fossero tenute in latino e così quelle di diritto<br />

naturale, di botanica e di anatomia32 .<br />

Le idee di Romagnosi sfociarono in vari testi normativi, il più importante dei quali è il Decreto 15 novembre<br />

180833 . è a questo punto che i percorsi di Romagnosi e di Foscolo, fin qui paralleli, s’incontrano34 .<br />

Il Decreto di riforma preparato con il contributo decisivo di Romagnosi è precisamente quello che<br />

fu letto con trepidazione dal Concistoro dei professori di Pavia tenutosi il successivo 5 dicembre, cui era


presente anche Foscolo, da pochi giorni arrivato in città, e di cui parla in una lettera all’amico Brunetti:<br />

Foscolo apprende così, quasi non volendo crederci, che la sua cattedra insieme a molte altre era stata<br />

abolita35 . La soppressione precede dunque l’inizio delle lezioni e non ha a che fare con la sua persona.<br />

Il che non vuol dire che non vi siano stati intrighi, e in particolare mi sembra che una manovra emerga<br />

dall’epistolario del Monti, che del Foscolo sarebbe dovuto essere amico: ma questo “dietro le quinte” è<br />

preferibile lasciarlo al pudore delle note a pie’ di pagina36 . La ragione fondamentale è, invece, la riforma,<br />

che era l’esito di una razionalizzazione in cui convergevano due istanze distinte e convergenti.<br />

Da una parte, il Decreto recepiva la riforma della Facoltà legale pensata da Romagnosi, che mirava a<br />

creare specifiche figure professionali, magistrati, procuratori, avvocati, notai, burocrati, un progetto certo<br />

comprensibile per un Governo che voleva dotarsi di un apparato amministrativo, con il solo, e solito,<br />

inconveniente che, quando si creano figure molto specializzate, bisogna essere sicuri che il mercato del<br />

lavoro sia in grado di assorbirle, un problema che si presentò ben presto al governo del Regno d’Italia: il<br />

ministro Luosi segnalava al Vice-Re che solo un terzo dei laureati nel triennio 1812-15 (cioè 200 su circa<br />

600) avrebbe potuto trovare lavoro nel Foro e nei pubblici impieghi37 . Di sicuro, in una Facoltà legale<br />

così concepita non c’era spazio per una cattedra di Eloquenza che, soprattutto per come l’intendeva<br />

Foscolo, eccedeva la formazione di oratori forensi e ambiva a diventare istituzioni di letteratura, nucleo<br />

di una Facoltà di Lettere ancora di là da venire38 .<br />

D’altra parte, ed è la seconda ragione della soppressione, il Decreto del novembre 1808 metteva a<br />

punto il rapporto fra Ginnasio e Liceo da una parte e <strong>Università</strong> dall’altra39 . Per accedere a tutte e tre le<br />

Facoltà universitarie del tempo - cioè medicina, fisica-matematica e legge - occorreva avere studiato le<br />

belle lettere, storia antica e moderna, logica e morale, elementi di geometria e algebra e la fisica40 . Fino<br />

al 1808, questi insegnamenti erano impartiti anche all’<strong>Università</strong>, così che le corrispondenti cattedre<br />

erano una sorta di livello propedeutico, più Liceo che <strong>Università</strong>41 . D’ora in poi, questi studi dovevano<br />

essere compiuti nei Ginnasi-Licei e ovviamente si sopprimevano in <strong>Università</strong> le relative cattedre ormai<br />

superflue, fra cui proprio l’Eloquenza italiana e latina tenuta dal Poeta42 . Un corollario di questa riforma<br />

fu l’esigenza di assicurare anche a Pavia una scuola liceale, che dal 1865 fu intitolata a Foscolo, dalla<br />

cui cattedra si può dire che sia nata.<br />

3. Stretta nella morsa della riforma in senso specialistico <strong>degli</strong> studi legali e della regressione ai<br />

Ginnasi-Licei delle materie propedeutiche, Foscolo inizia dunque l’insegnamento quando la sua cattedra<br />

è già stata “rovesciata” 43 .<br />

Il primo obbligo del professore d’Eloquenza, lo sappiamo, era l’orazione inaugurale. Il 22 gennaio<br />

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22<br />

del 1809 lo attendevano nell’”Aula per le pubbliche funzioni” i colleghi pavesi, gli studenti accalcati<br />

persino all’esterno, le autorità municipali e una carovana d’intellettuali della cerchia sua e di Monti,<br />

anch’egli presente.<br />

Prima di varcare anche noi la soglia, conviene considerare l’Aula per quel che ci può dire dell’<strong>Università</strong><br />

e forse anche del pubblico che ascoltò Foscolo e ne decretò il trionfo44 . L’Aula che oggi chiamiamo<br />

«Foscolo» era stata costruita nel 1775, compimento architettonico della ristrutturazione scientifica<br />

intrapresa da Maria Teresa e Giuseppe II; gli affreschi di Paolo Mescoli, misto di iconografia tradizionale<br />

e di innovazione simbolica, raffigurano i progressi nelle scienze fisiche e umane45 . Ma è l’Aula in sé a<br />

raccontare la trasformazione più profonda, quella che mutò l’<strong>Università</strong> d’Antico regime in un’<strong>Università</strong><br />

moderna, tanto simile alla nostra che rischiamo di non accorgerci che non fu sempre così.<br />

Quando si ragiona sul ruolo dell’<strong>Università</strong>, infatti, occorre sempre considerare l’insieme della struttura<br />

giuridica e sociale: è un metodo che vale anche oggi, per non paragonare frettolosamente sistemi<br />

di istruzione collocati in società spesso molto diverse46 .<br />

Consideriamo il caso delle due professioni nobili o liberali che dir si voglia, quella di medico e<br />

quella di giurista utriusque iuris, cioè di diritto civile e canonico, fra Quattrocento e Settecento. Medici<br />

e giuristi erano organizzati in Collegi patrizi urbani, cioè in corporazioni, cui si accedeva non solo grazie<br />

alla laurea, ma anche in virtù di requisiti di nascita, se cioè il laureato appartenesse a una famiglia<br />

reputata “nobile” per più generazioni47 . Se si considera che, dal XVI secolo, l’accesso alle cariche e<br />

agli uffici di governo passava quasi esclusivamente per l’appartenenza al Collegio dei giuristi, si vede<br />

che la cooptazione nel Collegio funzionava da filtro nell’esercizio dei diritti politici. In questa cornice<br />

corporativa, quel che si chiedeva all’<strong>Università</strong> era solo di ottenere la laurea, che era appunto uno dei<br />

requisiti d’accesso al Collegio patrizio, non certo un insegnamento critico, insomma non si chiedeva<br />

allo Studium di svolgere una funzione di promozione intellettuale48 . Questo sistema bloccato fu superato<br />

dalle riforme che il governo austriaco attuò a Pavia dal 1770, imponendo che le lauree fossero rilasciate<br />

nell’<strong>Università</strong> - per questo fu costruita la nuova Aula - dai professori delle Facoltà e non nel Vescovado<br />

dai Collegi professionali e togliendo ai Collegi anche il monopolio dell’abilitazione delle professioni,<br />

che venne trasferito a organi statali: per le professioni sanitarie al Direttorio medico-chirurgico di Pavia,<br />

per le professioni legali ai nuovi tribunali di appello di Milano e di Mantova.<br />

Si è visto giustamente in questi passaggi una liberalizzazione dell’accesso alle professioni: cadono<br />

insomma le barriere di nascita, sia geografica sia sociale, prima opposte dalle corporazioni ai talenti49 .<br />

Il che comporta pure che si chieda all’<strong>Università</strong> di accrescere la qualità, perché ora la concorrenza<br />

premia chi sa più e meglio. Di qui anche il fiorire delle scienze, l’approntare laboratori a spese pubbli-


che, insomma le condizioni per la scoperta della pila di Volta. Questa rottura dell’involucro cetuale e<br />

valorizzazione del capitale intellettuale promossa dagli Asburgo anticipa dunque l’uguaglianza formale<br />

introdotta dalla Costituzione cisalpina del 1796 e sanzionata dal Code Napoléon introdotto in Italia nel<br />

1808; anche per questo l’<strong>Università</strong> di Pavia già modernizzata parve a Napoleone un modello che meritava<br />

d’essere conservato e che, nei suoi principi fondamentali, è arrivato fino a noi50 . Ecco perché quando<br />

nel 1809 Foscolo entrava in quell’Aula, il pubblico era rappresentativo di una base sociale abbastanza<br />

ampia, pronta a infiammarsi alle sue parole. Ora anche noi possiamo entrare e seguire le idee principali.<br />

4. Tutta la forza dell’Orazione sta nel fatto che realizza ciò che dice nell’atto stesso di dirlo. Formula<br />

una teoria della letteratura che ha come principale elemento l’immaginazione e insieme la applica, perché<br />

espone sì concetti, ma parla al cuore attraverso le immagini. Detta all’intellettuale una linea morale, il<br />

ruolo di voce critica e non prona al potere, e insieme attua quel ruolo, perché s’ostina a non spendere<br />

una parola d’elogio al potente.<br />

è da questa coincidenza fra teoria e prassi che sgorga anche la complessità del testo, mosso da una<br />

continua, persino sconcertante oscillazione, fra polarità, quella stessa polarità che Foscolo riconosce<br />

come condizione esistenziale dell’uomo51 . Il lettore di oggi, gli ascoltatori di allora, sono spostati senza<br />

tregua dalla luce al buio, dall’infinito alla finitezza, dal timore alla speranza, gettati insomma in quella<br />

inquietudine che è la stessa ragione di vita dell’uomo. Ascoltiamo le sue parole:<br />

“Mi trovo come attaccato ad un piccolo angolo di uno spazio incomprensibile, senza sapere perché<br />

sono collocato qui piuttosto che altrove. Io non vedo da tutte le parti che infinità che mi assorbono<br />

come un atomo. Tutto quello che io so, è che vivo con un sentimento perpetuo di piacere e di dolore” 52 .<br />

Poche righe e almeno tre polarità: infinità e atomo, incomprensibilità e conoscenza, piacere e dolore.<br />

Il punto di partenza è una concezione dell’uomo, diremmo un’antropologia, che Foscolo trae<br />

dall’empirismo di Locke e dal sensismo francese: l’uomo è mosso dalle sensazioni. Di qui vengono le<br />

sue passioni, noi diremmo pulsioni, verso ciò che gli pare fonte di piacere e la ripulsa per quanto gli<br />

può causare sofferenza.<br />

Ma l’uomo è più del solo sentire. è dotato di ragione, che attraverso l’esperienza gli fa intendere ciò<br />

che gli può essere utile e ciò che può nuocergli. Dunque, sensi e ragione.<br />

Ma intermedia fra sensi e ragione è un’altra e potentissima facoltà, la fantasia, l’immaginazione,<br />

insomma la capacità di creare sembianze anche illusorie, che hanno la fondamentale virtù di parlare al<br />

cuore dell’uomo e, muovendo i suoi affetti, lo persuadono e lo spingono verso ciò che è utile. La ragione<br />

sola non ne sarebbe capace.<br />

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24<br />

Ecco perché l’Orazione, che attua questa teoria, è così colma di immagini, tratte soprattutto dal<br />

repertorio dei miti classici, intesi essi stessi come prodotti – e i più autentici – di questa immaginazione<br />

strumento della persuasione, capace di racchiudere verità che sarebbero fredde se non rivestite di sembianze<br />

che toccano la sensibilità (qui è Vico che guida i suoi passi) 53 .<br />

Se questo è l’uomo, la società non ne è che la conseguenza. Perché l’individuo cerca il piacere e se<br />

è forte si impone sugli altri. è la guerra di tutti contro tutti: attraverso Foscolo, qui parla Hobbes. Perciò i<br />

deboli devono associarsi per resistere, e anche i forti hanno bisogno di una società robusta, se vogliono<br />

resistere a altre comunità nemiche.<br />

Ecco, la letteratura è la funzione dell’uomo in società: è la voce eloquente di chi è in grado di<br />

intendere l’utile e il vero e di spingere a esso facendo leva sulle passioni tramite le immagini. “Ufficio<br />

della letteratura” è di “abbellire le opinioni giovevoli alla civile concordia e di snudare con generoso<br />

coraggio l’abuso e la deformità di tante altre (opinioni) che, adulando l’arbitrio de’ pochi o la licenza<br />

della moltitudine, roderebbero i nodi sociali”.<br />

Se serve a fare circolare opinioni utili alla concordia – perciò in fondo utili anche a chi detiene il<br />

potere – la letteratura ha pure un ruolo critico, diremmo di opposizione al potere arbitrario: mette a nudo<br />

opinioni tiranniche oppure demagogiche. è fin troppo chiaro il riferimento da una parte al despotismo<br />

napoleonico e dall’altra agli eccessi rivoluzionari. Facciamo un esempio.<br />

La Giustizia che cos’è? Solo un’immagine, una deità creata dalla fantasia dell’uomo. Non esiste una<br />

Giustizia naturale, immutabile. A che cosa serve allora l’illusione di Giustizia? Serve a persuadere gli<br />

uomini a obbedire alle leggi, le quali possono così tenere insieme la società, creare concordia, dunque<br />

sono utili sia ai forti che comandano sia ai deboli che trovano nelle leggi la misura della loro protezione.<br />

Ecco una di quelle illusioni create dalla letteratura con una funzione civile, ecco il classicismo di<br />

Foscolo, che è pieno di valore, non vuota rievocazione di un repertorio, non arte (Foscolo usa “arte” a<br />

indicare la degenerazione della letteratura e la personifica nel sofista Gorgia) 54 .<br />

L’autenticità implica inevitabilmente solitudine, mette l’intellettuale in contrasto su più fronti. Da una<br />

parte, all’interno della stessa classe colta, con i letterati venali o semplicemente privi di vocazione: Foscolo,<br />

mentre parla agli studenti, vede in prima fila Monti e gli altri letterati integrati, e prevede l’accoglienza<br />

piccata che effettivamente avrà l’Orazione, “lacerata da mille parti e da mille ferite” sui giornali tenuti<br />

da “Grammatici, retori, letterati per arte, cortigiani, giacobini, … percossi dalla mia buona e deliberata<br />

intenzione di dire ciò che sembravami Vero”.<br />

D’altro lato, e ancor più ovviamente, l’intellettuale dedito al vero deve mettere in conto di essere inviso<br />

al potere. Ecco perché potrà svolgere la sua funzione solo se assume per condotta di vita la rinuncia al


lucro e alle cariche dispensate dal Governo e persino al successo del pubblico: deve rispondere solo a<br />

se stesso e alla sua autentica vocazione.<br />

Il ragionamento per noi si trasforma in avvertimento: solo l’autonomia assicura all’intellettuale la possibilità<br />

di svolgere la sua disinteressata ricerca del vero; è quanto molti chiedono all’<strong>Università</strong> di oggi.<br />

5. è del tutto originale l’impostazione di Foscolo? No, e sarebbe ingenuo pretenderlo; oltre a Hobbes,<br />

Locke, Vico, Condillac, che costituiscono la sua tavola filosofica, basti ricordare che la definizione del<br />

ruolo di intellettuale era già scolpita da Alfieri nel trattato Del principe e delle lettere, più che presente al<br />

Foscolo. Ma la stessa combinazione di queste ispirazioni non era del tutto senza precedenti. Già Francesco<br />

Lomonaco, l’esule della rivoluzione partenopea che insegnava alla Scuola Militare voluta da Napoleone<br />

nel 1805 al Collegio Ghislieri di Pavia, si doleva che Foscolo avesse attinto (anzi “ghermito”) idee sue55 .<br />

Ma, a cercare bene, si trovano altri precedenti, che in definitiva stemperano l’accusa di Lomonaco. In<br />

particolare, una Dissertazione oggi pressoché sconosciuta, di Clemente Sibiliato, tenuta all’Accademia<br />

delle Scienze di Mantova nel 1770, dedicata a Maria Teresa d’Austria e che era stata apprezzata da Giuseppe<br />

II, sostiene che la poesia ha una funzione politica, proprio perché è in grado di trasmettere a un<br />

ampio pubblico valori civili attraverso l’immaginazione, e mostra una precoce conoscenza di Vico56 . La<br />

coincidenza con le tesi di fondo e persino con l’impianto foscoliano – che congiunge vichianamente la<br />

poesia al senso e all’immaginazione - sembra innegabile57 ed è tanto più impressionante perché il Sibiliato<br />

insegnava Eloquenza a Padova, negli anni in cui Foscolo adolescente frequentava le scuole patavine58 .<br />

Che cosa spiega allora la forza dell’Orazione di Foscolo, che pure si inserisce in coordinate già<br />

esplorate? è innanzitutto, come dicevo, la capacità di realizzare ciò che proclama.<br />

In secondo luogo, la fa vibrare il richiamo politico, che mancava nella Dissertazione del Sibiliato,<br />

il quale raccomandava di non propagare attraverso la poesia idee in contrasto con la forma di Stato del<br />

momento, insomma di non elogiare Bruto in un governo assolutistico.<br />

Cade qui la riflessione sulla Patria. Certo, è singolare che l’amor di Patria possa emergere su una<br />

visione tanto sconsolata della natura dell’uomo, quasi meccanicistica. A voler seguire il ragionamento di<br />

Foscolo fino in fondo, la Patria è solo un’altra illusione, il nome con cui si ricopre il concetto di società,<br />

a cui gli uomini sono spinti dal nudo bisogno di trovare piacere e difendersi dal dolore. Ma c’è di più,<br />

qualcosa che si muove sul piano del sentimento e non della ragione, tant’è che si dice ‘amor di Patria’.<br />

è un sentimento, che viene rafforzato da un insieme di altri affetti, dall’indole della popolazione, dal<br />

paesaggio, dalla lingua e dalla letteratura. Quel che noi chiamiamo identità di una nazione è, dal lato<br />

dell’individuo, l’insieme dei caratteri che lo fanno appassionare alla società cui appartiene.<br />

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Quando si pensa all’Orazione, e all’esortazione alle storie in cui culmina, in genere si identifica<br />

quest’esortazione con il richiamo a quel culto delle glorie che Foscolo aveva poetizzato nei Sepolcri.<br />

Non è esattamente così. Naturalmente, non sta a me sfiorare gli aspetti letterari dell’Orazione, per i quali<br />

rimando in primo luogo all’edizione di Franco Gavazzeni. Vorrei però provare a immedesimarmi nella<br />

platea di quel giorno, negli studenti che gremivano l’Aula Magna e s’accalcavano da fuori alle finestre.<br />

Di sicuro, anche loro, non solo noi, ascoltavano l’Orazione avendo i Sepolcri nella loro memoria poetica:<br />

ed è bello rendersi conto che una delle cose che abbiamo in comune con gli Italiani di duecento anni<br />

fa e che ci fa una nazione, sono i versi di quell’Inno. Gli studenti si aspettavano dal poeta dei Sepolcri<br />

questo richiamo e finalmente arrivò, quasi nel finale: “(Dante, Machiavelli, Galileo, Tasso). Prostratevi<br />

su’ loro sepolcri, interrogateli come furono grandi e infelici, e come l’amor della patria, della gloria e<br />

del vero accrebbe la costanza del loro cuore, la forza del loro ingegno e i loro beneficj verso di noi” 59 .<br />

Tuttavia, quando, pochi minuti prima aveva gridato - perché così ce lo immaginiamo - “Italiani, io<br />

vi esorto alle storie”, in realtà non pensava a questo, ma, può sembrare strano, alla storiografia, alla<br />

scrittura della storia. Il senso, letto nel contesto, è indubitabile. Meno chiaro, mi pare, anche ai lettori<br />

più scaltriti, è che il tempo, l’oggetto di cui Foscolo esorta a scrivere, non è la storia antica o remota, è<br />

la storia contemporanea: “Chi di noi non ha figlio, fratello od amico che spenda il sangue e la gioventù<br />

nelle guerre? E che speranze, che ricompense gli apparecchiate? E come nell’agonia della morte lo<br />

consolerà il pensiero di rivivere almeno nel petto de’suoi cittadini, se vede che la storia in Italia non<br />

tramandi i nobili fatti alla fede delle venture generazioni?” 60 .<br />

Anche in questo caso, a dire il vero, funzionava una memoria letteraria, insomma era il Foscolo<br />

scrittore di grido che giocava le sue carte, non lesinava al pubblico quel che il pubblico voleva. Gli<br />

ascoltatori avranno rivissuto una famosa prosopopea dell’Ortis, quando la Patria in persona grida a Jaco-<br />

po: “Scrivi ciò che vedeSti. Manderò la Mia voce dalle rovine, e ti detterò la Mia Storia. Piangeranno i Secoli<br />

Su la Mia Solitudine; e le genti S’aMMaeStreranno nelle Mie diSavventure. il teMPo abbatte il forte: e i delitti di<br />

Sangue Sono lavati nel Sangue” 61 . Dunque, un incitamento a scrivere una storia contemporanea, rivolta<br />

alle future generazioni62 .<br />

A differenza di chi tesse Panegirici63 , lo storico – pensa Foscolo – ha un grande potere, quello di un<br />

giudice, le cui sentenze inappellabili anche i politici dovrebbero temere, quando agiscono apparentemente<br />

senza ostacoli. Un ammonimento che aveva avuto il coraggio di proclamare nella Dedica dell’Oda a<br />

Bonaparte: “Avrà il nostro secolo un Tacito, il quale commenterà la tua sentenza alla severa posterità”.<br />

Non sarà sfuggito, in queste prose, il richiamo insistito alle armi, al sangue, commovente, certo, ma<br />

per noi uomini del XXI secolo anche raggelante, terribile. Nell’immagine cruenta, ancora una volta, è


chiuso un concetto, fondamentale, che, mi pare, aiuta a sciogliere quella che altrimenti sarebbe una<br />

contraddizione nel pensiero di Foscolo. Nel 1815, solo sei anni dopo l’esortazione pavese alle storie,<br />

negli abbozzi dei discorsi Della servitù dell’Italia, Foscolo lanciava una contro-esortazione: “Italiani, voi<br />

non siete più popolo, non dovete avere più storia. La nazione che ostenta la boria del nome, e non sa<br />

farlo rispettare col proprio coraggio; che si lamenta dello stato servile, e non ardì sollevarsi con tutta<br />

l’Europa, fuorché a parole, all’indipendenza; sì fatta nazione somministra ragioni di deriderla come<br />

vana (…) e occasioni di giovarsi delle sue ricchezze e riprometterle libertà, ed aggregarla a nuovi popoli<br />

conquistati. Or sì fatta nazione è la vostra. Adunque siate servi, e tacete” 64 .<br />

Come spiegare l’apparente contraddizione? La spiegazione ci porta al centro del pensiero politico<br />

di Foscolo, nel quale corre una differenza precisa fra nazione e popolo. Nazione è un insieme di<br />

caratteri culturali che si trasforma in popolo – noi diremmo diventa uno Stato – solo se conquista la<br />

libertà. Dunque, quando un popolo non ha libertà, non ha nemmeno storia e, potremmo dire, non ha<br />

diritto a una storiografia. La storia di un popolo insomma inizia con la libertà e una storiografia non può<br />

che essere storiografia di libertà: un concetto che iniziava a circolare con Sismondi e che arriva fino a<br />

Croce. Naturalmente, dal 1809 al 1815, dall’esortazione pavese alla contro-esortazione, quel che era<br />

completamente cambiato era lo sfondo politico: Napoleone era caduto e con lui la pur tenue speranza<br />

dell’indipendenza dell’Italia65 .<br />

Se portiamo il ragionamento alle sue conseguenze, una conclusione ci si presenta nitida, che quando<br />

Foscolo dalla cattedra di Pavia esorta alla storiografia, sta dicendo agli Italiani che hanno una storia, hanno<br />

una libertà, sia pure precaria e insperata, entrata con le armi altrui: è ora il tempo di farla propria, con<br />

le proprie armi. Non dimentichiamoci che Foscolo professore pavese era anche comandante del battaglione<br />

universitario, nucleo di un nascente primo esercito italiano. Credo si possa capire l’entusiasmo66 .<br />

Molti altri temi desidererebbero attenzione, ma è tempo di concludere questo breve invito alla<br />

storia dell’<strong>Università</strong> e alla lettura di Foscolo. Desidero solo indicare una fonte che non mi sembra sia<br />

stata ancora posta in relazione con l’Orazione inaugurale e l’insieme delle lezioni pavesi, ossia lo Stato<br />

politico delle Isole Jonie, dunque anche la sua nativa Zacinto, scritto nel 1817, quando la Gran Bretagna<br />

stava preparando una nuova costituzione per le Isole sottoposte al suo protettorato67 . Vi si ritrova<br />

esattamente il pensiero dell’Orazione inaugurale, tradotto in articoli di una straordinaria costituzione<br />

ideale, potremmo dire la costituzione di un Poeta. Persino i termini sono identici68 . Foscolo afferma che<br />

la principale debolezza delle Isole sono le discordie, la divisone in partiti, fazioni, sette, che indeboliscono<br />

l’unità e quindi il peso politico dello Stato nei rapporti internazionali. Il rimedio alla discordia è<br />

visto nell’istruzione, in un’educazione critica69 . Anche dalla cattedra di Pavia, aveva additato come più<br />

Discorso inaugurale del Rettore <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

27


28<br />

alto ufficio della letteratura proprio quello di ristabilire la concordia, ma per riuscirvi, diceva, occorre<br />

la moralità di chi insegna e il coraggio di superare le divisioni nell’interesse della Patria. Dice proprio<br />

così: “il coraggio della concordia”.<br />

1 Bibliografia essenziale sul Foscolo pavese: L. Corio, Rivelazioni storiche intorno ad Ugo Foscolo. Lettere e<br />

documenti tratti dal regio Archivio di Stato in Milano, Milano 1873; C. Antona Traversi, Studj su Ugo Foscolo con<br />

documenti inediti, Milano 1884; V. Cian, Ugo Foscolo all’<strong>Università</strong> di Pavia, 1809-1909. Discorso commemorativo<br />

tenuto il 6 giugno 1909 nell’Aula Magna dell’<strong>Università</strong> di Pavia, Pavia 1909 (estr. da BSPSP), poi in Ugo Foscolo nel<br />

centenario del suo insegnamento all’<strong>Università</strong> di Pavia, 1809-1909, Pavia 1910; I. Sanesi, L’insegnamento universitario<br />

del Monti e del Foscolo, in Contributi alla Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia pubblicati nell’XI centenario dell’Ateneo,<br />

Pavia 1925, p. 379 ss.; C. Angelini, I giorni del Foscolo a Pavia, in Notizie di poeti, Firenze 1944, p. 7 ss.; M. Cerruti,<br />

Dalla fine dell’antico regime alla Restaurazione, in Letteratura italiana. I. Il letterato e le istituzioni, Torino 1982, p. 391<br />

s.; G. Barbarisi, Il fine della poesia e le responsabilità del letterato nel pensiero di Ugo Foscolo, in Atti dei convegni<br />

foscoliani (Milano, febbraio 1979), II, Roma 1988, p. 151 ss.; A. Cerri, Ugo Foscolo a Pavia (Rotary Club Pavia Minerva),<br />

Pavia 1991; L. Musselli, Da Tamburini a Foscolo: la Facoltà legale pavese tra didattica giuridica e suggestioni<br />

di cultura globale, in Annali di Storia Pavese 20 (1991) p. 91 ss.; C. Marchiori, Sulle fonti dell’orazione inaugurale<br />

del Foscolo, Genova 1992; R. Turchi, Lezioni pavesi di Foscolo, in Napoleone e gli intellettuali. Dotti e “hommes de<br />

lettres” nell’Europa napoleonica, a c. di D. Gallingani, Bologna 1996, p. 191 ss.; Ugo Foscolo da Firenze a Pavia.<br />

Settanta anni di strane peripezie per un monumento eccezionale ma sconosciuto, a c. di A. Povia e M. G. Rosito,<br />

Firenze 1998; G. Tellini, Foscolo, “Il Conciliatore” e lo sperimentalismo <strong>degli</strong> anni Venti (1995), ora in Id., Filologia<br />

e storiografia. Da Tasso al Novecento, Roma 2002, p. 30 ss.; G. Lavezzi, Dal “Ticino corrente” alle sacre sponde” di<br />

Zante: un viaggio sentimentale due secoli dopo. Divagazioni sui luoghi di Ugo Foscolo, in BSPSP 102 (2002) p. 339<br />

ss.; L. Mannori, I ruoli dell’intellettuale nell’Italia napoleonica, in Istituzioni e cultura in età napoleonica, a c. di E.<br />

Brambilla, C. Capra, A. Scotti, Milano <strong>2008</strong>, p. 159 ss.; D. Tongiorgi, Le arti e le scienze “dopo la Rivoluzione”. Note<br />

sulle orazioni inaugurali nell’<strong>Università</strong> di Pavia (1800-1809), ibid., p. 392 ss.; “Amate palesemente e generosamente<br />

le lettere e la vostra nazione”. Ugo Foscolo nell’Ateneo pavese. Catalogo della mostra documentaria dedicata ai<br />

duecento anni dell’orazione foscoliana, a c. di G. Lavezzi, Como - Pavia <strong>2009</strong>. I testi di Foscolo sono citati secondo<br />

l’Edizione Nazionale (di seguito EN): Ultime lettere di Jacopo Ortis, a c. di G. Gambarin, Firenze 1955 (= EN, IV);<br />

Scritti letterari e politici dal 1796 al 1808, a cura di G. Gambarin, Firenze 1972 (= EN, VI); Lezioni, Articoli di critica<br />

e di polemica (1809-1811), a c. di E. Santini, Firenze 1933 (= EN, VII); Prose politiche e letterarie dal 1811 al 1816,<br />

a c. di L. Fassò, Firenze 1933 (= EN, VIII); Prose politiche e apologetiche (1817-1827), 1-2, a c. di G. Gambarin,<br />

Firenze, 1964 (= EN, XIII.1-2); Epistolario. II (Luglio 1804-Dicembre 1808), a cura di P. Carli, Firenze 1952 (= EN,<br />

XV); Epistolario. III (1809-1811), a cura di P. Carli, Firenze 1953 (= EN, XVI); Epistolario. IV (1812-1813), a c. di P.<br />

Carli, Firenze 1954 (= EN, XVII); Epistolario. IX (1822-1824), a c. di M. Scotti, Firenze 1994 (= EN, XXII). Per gli scritti<br />

storico-politici e letterari, vd. inoltre Opere, II, a c. di F. Gavazzeni, Milano - Napoli 1981 e Prose e saggi, ed. dir. da<br />

F. Gavazzeni, con la coll. di G. Lavezzi, E. Lombardi e M. A. Terzoli, Torino 1995. Per l’Orazione, ho tenuto presente<br />

anche Dell’Origine e dell’Ufficio della letteratura. Orazione, Introduzione, edizione e note di E. Neppi, Firenze 2005,<br />

importante specialmente per la comprensione delle idee filosofiche. Un esemplare autografato della prima edizione<br />

(Milano, dalla Stamperia Reale, 1809), conservato presso il Fondo Manoscritti dell’<strong>Università</strong> di Pavia, è stato riprodotto<br />

in occasione del bicentenario, a cura e con una notizia di R. Cremante (Bologna <strong>2009</strong>).<br />

2 Quello dell’Universitas iuristarum Studii Papiensis, del 1395, che succedeva a precedenti ordinamenti. Il sermo


era tenuto dal più anziano fra i professori di Decretali, ossia di diritto canonico, il giorno successivo a San Luca, cioè<br />

il 19 ottobre, nella Chiesa maggiore (in Statuti e Ordinamenti della <strong>Università</strong> di Pavia dall’anno 1361 all’anno 1859<br />

raccolti e pubblicati nell’XI centenario dell’Ateneo, Pavia 1925, p. 75, caput XCIV De inchoatione Studii).<br />

3 Piano di disciplina per le <strong>Università</strong> Nazionali (31 ottobre 1803), Articolo Secondo, IX (in Statuti e Ordinamenti<br />

della <strong>Università</strong> di Pavia cit., p. 293 s.). Era prescritto che il professore di Eloquenza parlasse in italiano o in latino<br />

“sopra un argomento a di lui scelta di scienza o d’arte, o d’erudizione, di storia, o (tenesse) l’elogio di qualche illustre<br />

Italiano”. Il compito d’oratore ovviamente s’aggiungeva alla mansione ordinaria, di insegnare a comporre testi, secondo<br />

i precetti retorici e grazie alla lettura emulativa di poeti e prosatori, italiani e latini, mansione descritta dal Piano<br />

<strong>degli</strong> Studj per le <strong>Università</strong> Nazionali (31 ottobre 1803), XXX (ibid., p. 287 s.). Il Piano di disciplina per le <strong>Università</strong><br />

Nazionali (31 ottobre 1803), Articolo Nono, XI (ibid., p. 309 s.) raccomandava anche di recitare un discorso “sopra<br />

qualche argomento scientifico” in occasione del conferimento dei gradi accademici, compito che era attribuito a turno<br />

ai professori della Facoltà che dava i gradi. è in base a quest’ultima norma che Foscolo pronunciò, probabilmente<br />

il 15 giugno 1809, l’Orazione sopra l’origine e i limiti della giustizia (su cui ora vd. Tongiorgi, Un nuovo importante<br />

testimone dell’orazione Sull’origine e i limiti della giustizia di Ugo Foscolo, in Giorn. st. lett. it. 171 [1994] p. 412<br />

ss.; sulla data, vd. infra, nt. 18). Conviene precisare che parleremo di “orazioni” riferendoci ai discorsi in occasioni<br />

pubbliche, distinguendole così dalle “prolusioni”, che erano propriamente la prima lezione tenuta dal professore<br />

all’inizio del suo specifico corso, eventualmente anche davanti a una platea allargata. Il discorso foscoliano, che è<br />

propriamente un’orazione inaugurale dell’anno <strong>accademico</strong>, partecipa anche della natura di prolusione, perché è<br />

ristretto esplicitamente alla letteratura (e non all’insieme <strong>degli</strong> studi) e perciò viene richiamato nelle lezioni successive<br />

come fosse la prolusione al corso di Eloquenza (vd. ad es. EN, VII, p. 59; 148).<br />

4 L’orazione che inaugurava la riapertura, il 26 novembre 1800, fu tenuta da Elia Giardini, professore di Storia<br />

delle leggi e dei costumi dei popoli, perché Monti, cui sarebbe appunto spettata l’incombenza essendo dal 31 luglio<br />

1800 professore d’Eloquenza e Poesia (dal 1803, di Eloquenza latina e italiana), ritardò la presa di servizio a Pavia,<br />

fino all’orazione inaugurale che tenne il 24 marzo 1802, per l’a.a. 1801-02 (per tutti gli aspetti del magistero di Monti<br />

a Pavia, vd. V. Monti, Lezioni di eloquenza e Prolusioni accademiche, Introduzione e commento di D. Tongiorgi;<br />

testi e note critiche di L. Frassineti, Bologna 2002, con la discussione di E. Gabba, A. Bruni, in BSPSP 104 [2004] p.<br />

289 ss.; per un quadro più ampio, D. Tongiorgi, L’eloquenza in cattedra. La cultura letteraria nell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

dalle riforme teresiane alla Repubblica italiana, 1769-1805, Bologna 1997 e il saggio dello stesso A. citato supra nt.<br />

1 nonché E. Gabba, La cultura a Pavia negli anni 1773-1805, ora in Id., Riflessioni storiografiche sul mondo antico,<br />

Como 2007, p. 249 ss.). Giardini era stato professore d’Eloquenza fra il 1797 e il 1800, di fatto fino alla chiusura<br />

dell’<strong>Università</strong> da parte <strong>degli</strong> Austro-russi, entrati a Pavia il 3 maggio 1799, che perseguitarono anche alcuni dei professori<br />

più espostisi durante la prima Cisalpina, come Francesco Alpruni, Gregorio Fontana, Pietro Moscati. Lorenzo<br />

Mascheroni morì esule in Francia il 14 luglio 1800. Per il quadro storico-politico, anche evenemenziale, vd. per tutti<br />

G.E. De Paoli, Pavia cisalpina e napoleonica (1796-1814), Pavia 1975 nonché Id., Pavia dall’Età Francese all’Unità<br />

d’Italia, in Storia di Pavia. V. L’età moderna e contemporanea, a c. di E. Gabba, Pavia 2000, p. 11 ss. In particolare, sul<br />

“giacobinismo giansenistico” di Pietro Tamburini e sul revirement filo-francese di Gregorio Fontana – già traduttore<br />

di Arthur Young – vd. ora L. Guerci, Uno spettacolo non mai piu veduto nel mondo. La Rivoluzione francese come<br />

unicità e rovesciamento negli scrittori controrivoluzionari italiani (1789-1799), Torino <strong>2008</strong>, risp. p. 163 ss.; 204 ss.<br />

5 Antonio Scarpa era l’anatomo-chirurgo cui Napoleone stesso, in visita a Pavia il 6 e 7 giugno 1805, aveva<br />

imposto, come ad Alessandro Volta, di riprendere servizio nonostante la pensione, perché “uomini celebri in tutta<br />

Europa destinati all’insegnamento devono morire sul mestiere” (la giornata è immortalata nella lettera di Scarpa a<br />

Volta, Pavia 10 maggio 1805, in A. Scarpa, Epistolario (1772-1832), a c. di G. Sala, Pavia 1938, p. 308 s., nr. 257).<br />

Vale la pena di notare che la decisione di Scarpa di chiedere il pensionamento era stata determinata anche dalla<br />

situazione caotica che seguì la riforma del Piano di studi del 1803, che egli dovette affrontare come Rettore (vd. la<br />

lettera a Giacomo Rezia, Pavia 29 dicembre 1804, in Epistolario cit., p. 295, nr. 245; si aggiungono ora le lettere a N.<br />

Discorso inaugurale del Rettore <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

29


30<br />

Morigi, Pavia 16 settembre 1803; 14 novembre 1803; 18 novembre 1803, edite in A. Scarpa, Lettere a Nicola Morigi<br />

(1795-1825), a c. di E. Ascari, Milano <strong>2008</strong>, p. 60 s.). Per le cure prodigate a Cerretti, Scarpa ebbe a compenso dal<br />

paziente una collezione di quadri, che Cerretti aveva portato con sé dall’Accademia di Belle Arti di Modena, di cui<br />

era stato nominato Presidente al tempo dell’ingresso delle truppe napoleoniche e della requisizione delle opere d’arti<br />

estensi. Sull’identificazione delle tele e sul titolo in base al quale erano nella disponibilità di Cerretti e poi in quella<br />

di Scarpa, vd. S. Momesso, La collezione di Antonio Scarpa (1752-1832), Cittadella 2007, spec. p. 12 ss., utile anche<br />

per la biografia di Cerretti.<br />

6 Conviene segnalare che già nell’autunno 1807 Pietro Moscati, Direttore generale della pubblica istruzione,<br />

aveva proposto Giovanni Battista De Velo, docente alla Scuola militare, per rimpiazzare ad interim Luigi Cerretti.<br />

Non sappiamo se il De Velo avesse ambizioni a succedere nella cattedra tenuta per supplenza (per un’altra accertata<br />

ambizione, vd. infra, nt. 34). Si sa, invece, che nell’ottobre 1808 pensò di concorrere alla cattedra di logica e morale<br />

al Liceo di Brera, ma il posto fu assegnato a Francesco Bottazzi. Vd. G. Albergoni, I mestieri delle lettere tra istituzioni<br />

e mercato. Vivere e scrivere a Milano nella prima metà dell’Ottocento, Milano 2006, p. 201 s.<br />

7 Decreto con cui si determina che le cattedre vacanti nelle R. <strong>Università</strong> e nei licei, siano conferite per concorso,<br />

17 luglio 1807 (in Statuti e Ordinamenti della <strong>Università</strong> di Pavia cit., p. 313 s.); la chiamata per chiara fama è prevista<br />

all’art. 11. Sulla pianta e i compiti dell’ufficio competente in materia di istruzione, vd. A. Ferraresi, La direzione<br />

generale di pubblica istruzione nel Regno d’Italia, in Istituzioni e cultura in età napoleonica cit., p. 341 ss.<br />

8 La sua data di nascita è il 26 gennaio secondo il calendario Giuliano conservato a Zacinto dalla chiesa ortodossa,<br />

il 6 febbraio secondo il Gregoriano.<br />

9 Essay on the present literature of Italy, cap. Hugo Foscolo (= EN, XI.2, p. 469): “Ortis may boast of having been<br />

the first book that induced the females and the mass of readers to interest themselves in public affairs”. La prima<br />

edizione completa, com’è noto, uscì nell’autunno 1802, per la stamperia del Genio Tipografico.<br />

10 Fra i delegati, molti professori che avrebbe ritrovato colleghi a Pavia: Luigi V. Brugnatelli, Mattia Butturini, Costantino<br />

Gianorini, Gregorio Fontana, Giuseppe Mangili, Vincenzo Monti, Pietro Moscati, Tommaso Nani, Adeodato<br />

Ressi, Pietro Tamburini, Giuseppe Zola, Antonio Scarpa, Alessandro Volta.<br />

11 Vd. C. Zaghi, L’Italia di Napoleone dalla Cisalpina al Regno, Torino 1986, p. 284, che illustra il valore dell’episodio<br />

– cui non fu estranea la regia dello stesso Napoleone – quale “invito a tutti i popoli della penisola a riunirsi”.<br />

12 D’altra parte, i compiti intellettuali ai quali pur veniva adibito dal Ministero della Guerra non appagavano la<br />

sua aspirazione di mobilitare lo “spirito pubblico”. Fra l’altro (dal 25 luglio 1801) aveva fatto parte dell’Ufficio di<br />

compilazione di un Codice militare (di procedura e penale) per le milizie cisalpine, di cui anzi stese un’Idea generale<br />

(EN, VI, p. 197 ss.). Rientra in quest’attività anche l’edizione delle Opere militari di Raimondo Montecuccoli, con<br />

dedica al Ministro delle Guerra e della Marina del Regno d’Italia Augusto Caffarelli, con la motivazione: “Doveva<br />

io bensì mostrarvi la mia gratitudine per l’opportunità che mi concedete di dare alle lettere il vigore dell’età che mi<br />

avanza; ma crederò di avere in parte soddisfatto al debito se la mia intrapresa vi porgerà occasione di aggiugnere<br />

uno splendido benefizio a quanti voi fate alla nostra milizia, quello di diffondere fra’ militari un libro che li ecciti<br />

a conoscere e ad onorare i domestici Eroi, a meditare i loro precetti e ad emularne gli esempi” (EN, VI, p. 588 s.).<br />

13 Lettera di Foscolo a Marzia Martinengo Cesaresco, Milano 19 Marzo 1808 (EN, XV, p. 397, nr. 591): “Laqueus<br />

contritus est, et nos liberati sumus. Leggi questo versetto nel tuo Ufficio della Vergine, ch’io leggeva con te, e spero<br />

presto di leggerlo e di cantarlo mentre la Giulia ti vestirà, e il cocchiere attaccherà. Mezz’ora addietro ho avuta la<br />

nuova che il Principe mi ha nominato professore d’eloquenza a Pavia, malgrado le cabale di un birbante che con<br />

l’arte del reverendissimo abate Tartufo voleva pur supplantarmi, e malgrado la mia fierezza che non ha mai voluto<br />

fare una riga di petizione nè una visita di raccomandazione. Tutto sta ora se mi manterranno le condizioni promesse;<br />

ma spero che avrò forza e mezzi da farmele mantenere. Marzia mia! fra pochi giorni io sarò libero, andrò dove vorrò,<br />

starò con chi vorrò, e quanto tempo vorrò senza chiedere permesso, senza obbligazione di portare uniforme, senza<br />

obbedire da schiavo, nè comandare da tiranno. A Pavia non ci si sta che la metà dell’anno: e in quella metà si è liberi


di fare qualche scappata: onde Laqueus contritus est et nos liberati sumus; e addio, e mille due mille tre mille baci<br />

ch’io ti mando dalla bottega di un libraio donde ti scrivo come vedrai dalla brutta edizione di questa lettera. Addio<br />

ancora. Il tuo Foscolo.”.<br />

14 Vd. Gioventù felice in terra pavese. Le lettere di Albert Einstein al Museo per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia,<br />

a c. di L. Fregonese, Milano 2005, spec. p. 15 s. Oggi – al civico n. 11 - campeggia la lapide dettata da Vittorio Cian<br />

nella ricorrenza foscoliana del 1909.<br />

15 Redasse anzi un fitto programma da realizzare entro i quarantatre anni, “tempo in cui, secondo me, l’età<br />

che saliva lenta, precipita poi rapidissima”: l’espressione, e il programma letterario, sono nella epistola a Vincenzo<br />

Monti, [Pavia dicembre 1808] (EN, XV, p. 541, nr. 707). Accanto al conte Giovio, che fu anche il più ascoltato lettore<br />

dell’Orazione inaugurale, il principale corrispondente in questa fase è il lodigiano Ugo Brunetti, anch’egli impegnato<br />

nella carriera militare e deputato dei corpi militari ai Comizi di Lione: sulla sua figura, e sul sincero e profondo legame<br />

che lo univa a Foscolo, vd. F. Della Peruta, Innocente Ugo Brunetti: una biografia, in Terre d’acque. Il Lodigiano nelle<br />

“Notizie” di Innocente Ugo Brunetti e Carlo Cattaneo, a c. di G. Bigatti, Ginevra-Milano 2001, p. 9 ss., spec. 12 s.<br />

16 In realtà, da alcune lettere trapela una reciproca diffidenza. Ciò si vede tanto all’inizio dell’avventura pavese -<br />

vd. lettera di Foscolo a Monti, Pavia 12 dicembre 1808 (EN, XV, p. 552, nr. 711), con la risposta di Monti, Milano [18]<br />

dicembre 1808 - quanto al termine, quando Giulio di Montevecchio, forse il 16 giugno 1809, dopo l’orazione sulla<br />

Giustizia, accolta con un “maligno ghigno della Facoltà legale”, scrive sibillinamente al Foscolo (EN, XVI, p. 212, nr.<br />

871): “Scarpa ti saluta, facendomi di te un elogio non comune e con aria di persuasione, ma ...”.<br />

17 Si veda la lettera di Foscolo a Luigi Brugnatelli, Milano 5 Novembre 1809 (EN, XVI, p. 303, nr. 944): “Brugnatelli,<br />

amico mio, e del giusto e del buono…” e quella a Stefano Bulzo, Milano 22 Novembre 1813 (EN, XVII, p. 430, nr.<br />

1408): “Eccoti qui o Stefano tre lettere. L’una per il Vice-Prefetto di Pavia; l’altra per il professore Brugnatelli; sappi<br />

che anche questo Professore aveva un figliuoletto di nome Camillino che m’era carissimo, e che morì anch’esso di<br />

misera morte e quasi improvvisa. Coltiva quella famiglia che è buona e semplice ed affettuosa…”. Su Brugnatelli,<br />

che promosse la circolazione dei progressi scientifici con la Biblioteca fisica d’Europa e gli Annali di chimica, vd.<br />

Luigi Valentino Brugnatelli, Diario del viaggio in Svizzera e in Francia con Alessandro Volta nel 1801, a c. di A. Gigli<br />

Berzolari, Bologna 1997; inoltre, A. Gigli Berzolari, Napoleone Bonaparte e gli scienziati dell’Ateneo Ticinese, in Stato<br />

cultura e società durante il Regno Italico 1805-1814, a c. di G.E. De Paoli e F. Zucca, Pavia 2007, p. 92 ss., dove si<br />

discutono anche le critiche espresse da Napoleone a Brugnatelli sullo stato della chimica in Italia.<br />

18 Le due lezioni De’ principj della letteratura furono tenute il 2 e 5 febbraio (la seconda conservata solo in abbozzo);<br />

le tre Della morale letteraria il 18 maggio, il 5 e 6 giugno. L’orazione Dell’origine e dei limiti della giustizia fu<br />

probabilmente pronunciata il 15 giugno (ma in una lettera a U. Brunetti, il 16 gennaio, sembra ve ne sia già un cenno).<br />

19 Persino nelle peripezie del monumento funebre si è scorta la polarità, a volte il dissidio, fra dimensione letteraria<br />

e eroizzazione risorgimentale del Foscolo (secondo l’interpretazione di Ugo Foscolo da Firenze a Pavia. Settanta anni<br />

di strane peripezie per un monumento eccezionale ma sconosciuto, a c. di A. Povia e M. G. Rosito cit., supra nt. 1).<br />

Al primo monumento destinato a Santa Croce – dopo il trasporto delle reliquie dal cimitero di Chiswick nel 1871, che<br />

fu l’occasione dell’inno di Giosuè Carducci raccolto nei Levia Gravia e soprattutto del saggio critico di Francesco De<br />

Sanctis, destinato a divenire paradigma d’ogni valutazione dell’opera foscoliana - che lo ritraeva composto nel sudario<br />

in pacate forme umanistico-neoclassiche evocative della sua valenza artistica, fu preferita nel 1939 una scultura che<br />

lo raffigura come giovane soldato (di Antonio Berti). Nel 1994 il cenotafio rifiutato, opera di Zulimo Rossellini, ha<br />

trovato dimora, per interessamento di Franco Fortini e Angelo Stella, nel più suggestivo dei Cortili dell’<strong>Università</strong> di<br />

Pavia, quello delle Magnolie.<br />

20 Già nel 1829, due anni dopo la morte del Poeta, scrivendo da Lugano sull’Indicatore Livornese (n. 32, 12<br />

ottobre) esaltò l’uomo “che riconsacrò tra noi coll’altezza dell’anima e dell’ingegno suo l’uffizio di Letteratura”: mi<br />

pare un’allusione trasparente all’Orazione pavese. Vd. G. Mazzini, Scritti editi e inediti, ed. diretta dall’Autore, II,1,<br />

Milano 1862, p. 118. Per la tormentata storia della critica foscoliana, vd. per tutti W. Binni, Ugo Foscolo. Storia e<br />

Discorso inaugurale del Rettore <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

31


32<br />

poesia, Torino 1982, p. 203 ss.<br />

21 Un opuscolo del tempo, del canonico Pietro Terenzio (Solenne inaugurazione di cinque monumenti a Vincenzo<br />

Monti, Ugo Foscolo, Giandomenico Romagnosi, Antonio Bordoni, Giuseppe Belli fatta il dì 8 settembre 1864 nella<br />

regia <strong>Università</strong> di Pavia, Pavia 1864, p. 3 ss.) fa rivivere la giornata in cui la lapide fu scoperta, insieme all’iscrizione<br />

gemella a Vincenzo Monti, alla statua di Antonio Bordoni, fondatore della scuola matematica pavese a tutt’oggi<br />

eminente, alla lapide per il fisico Giuseppe Belli e al busto di Gian Domenico Romagnosi. La data e l’iniziativa presa<br />

dal consiglio comunale su proposta di Giovanni Vidari (oltre che per Foscolo, l’iniziativa politica fu presa per Monti<br />

e Romagnosi, le cui iscrizioni hanno tuttavia accenti ben diversamente vibranti) collegano sicuramente la cerimonia<br />

a motivi postunitari. L’allestimento di quella galleria monumentale nel cortile d’ingresso aveva tuttavia anche una<br />

ragione attuale, resa esplicita dai discorsi tenuti dagli oratori (fra gli altri, Pasquale Stanislao Mancini, che parlò per<br />

Romagnosi), ossia di dimostrare plasticamente l’importanza della tradizione dell’Ateneo, in anni nei quali, dopo la<br />

Legge Casati, si temeva che l’<strong>Università</strong> sarebbe stata trasferita a Milano, che faceva valere la sua forza di metropoli.<br />

22 L’illazione è avanzata fin dal primo biografo Giuseppe Pecchio, Vita di Ugo Foscolo (1830), Città di Castello<br />

1915, p. 208; fra i tanti esempi ottocenteschi, vd. F. Trevisan, Ugo Foscolo e la sua professione politica, Mantova<br />

1872, p. 132 s.<br />

23 I riferimenti alla cattedra pavese sono molti e, a seconda delle circostanze e dell’interlocutore, il punto di<br />

vista può cambiare. Il non avere riconosciuto questa variabilità ha portato a ricostruzioni unilaterali, privilegiando<br />

l’una o l’altra testimonianza. Così, per esempio, non stupisce trovare un’inclinazione a colorare di motivi politici la<br />

soppressione della cattedra nella Lettera al Conte Verri, Milano, 20 maggio 1814 (EN, VIII, p. 293), in un contesto nel<br />

quale Foscolo teneva a sottolineare i limiti in cui aveva circoscritto la collaborazione con Napoleone, appena caduto:<br />

“…nella mia Orazione inaugurale a Pavia, mentr’era imminente la soppressione di molte cattedre, io avrei potuto<br />

sperare di placar la tempesta per la mia cattedra, mutando opinioni; e non pertanto mi rassegnai a perderla, negando<br />

assolutamente d’inserire in quell’Orazione le lodi smaccate solite a darsi a Napoleone; e deplorai invece, e nell’aula<br />

e in istampa, l’infelice costume di que’ panegirici, e l’avvilimento della Storia, alla quale soltanto spetta di rimeritare<br />

gli ottimi principi”. In un testo più neutro, Agli Editori Padovani della Divina Commedia uscita nell’Anno MD.CCC.<br />

XXII dalla Tipografia della Minerva, la soppressione è esattamente collegata alla riforma e anzi si lascia intendere che<br />

già circolava una versione più politica, cui non si sente di sottoscrivere: “… hanno dato più onore a me che alla verità<br />

quanti dissero che cinque anni innanzi, per colpa di quelle mie dottrine in Pavia su l’origine e l’ufficio della letteratura,<br />

le cattedre che non insegnavano giurisprudenza, o matematiche, o medicine, furono tutte a un tratto abolite”. Che la<br />

cattedra fosse perduta prima che iniziasse le lezioni è detto chiaramente anche nella lettera autobiografica alla sorella<br />

Rubina, Londra, 4 ottobre 1823 (EN, IX, p. 278, nr. 2841): “Escito appena dall’incerta e agitata vita militare, io vidi<br />

rovesciata nell’università di Pavia la mia cattedra, prima ch’io vi sedessi”, dove anzi s’aggiunge esattamente che il<br />

problema se assumere un atteggiamento accomodante verso il Governo, che gli avrebbe “guadagnato emolumenti”,<br />

si pose in una fase successiva.<br />

24 Documenti riprodotti in Antona Traversi, Studj su Ugo Foscolo cit., p. 188 s.<br />

25 Per tutti, Marchiori, Sulle fonti dell’Orazione inaugurale cit., p. 36 s., secondo cui l’esortazione di Monti, di<br />

aggiungere una lode a Napoleone e a Eugenio di Beauharnais (Lettera [Pavia 23 gennaio 1809], in EN, XVI, p. 29, nr.<br />

745) era un consiglio “per mantenere la cattedra pavese”. La cattedra, invece, era già persa e mantenersi il favore di<br />

Imperatore e Principe era in vista di ottenere un nuovo impiego o, nell’ipotesi migliore e più irrealistica, di ottenere<br />

una modifica abrogativa del decreto.<br />

26 Va segnalato, per curiosità, ma anche per evidenziare l’attrattiva che l’<strong>Università</strong> di Pavia esercitava sugli intellettuali<br />

fra Sette- e Ottocento, che l’aspirazione di Romagnosi ad una cattedra nella Facoltà giuridica pavese – coronata<br />

nel 1807 - risale addirittura al 1792, in età ancora austriaca, come si ricava da una lettera di raccomandazione del<br />

conte Pio di Wolkenstein, Vescovo Principe di Trento, del 30 maggio, che si appoggia anche ad un parere favorevole<br />

dell’Alpruni, che, di passaggio a Trento (era nativo della Valsugana), aveva conosciuto Romagnosi che vi era allora


Pretore (ASM, Autografi, Romagnosi, cart. 181). Un intervento probabilmente più efficace è quello di Tommaso<br />

Nani, rivolto al Ministro <strong>degli</strong> Affari Interni della Repubblica Cisalpina Daniele Felici, 25 marzo 1805 (ibid.), che<br />

raccomanda il Romagnosi per la cattedra di Diritto Pubblico in occasione della pubblicazione dell’Introduzione al<br />

diritto pubblico e elogiandone la Genesi del diritto penale. Sulla figura e il pensiero di Alpruni, vd. A. Zambarbieri,<br />

Giansenismo e rivoluzione. Francesco Alpruni, in Annali di Storia Pavese 20 (1991) p. 123 ss.; su Nani, E. Dezza, La<br />

scuola penalistica pavese tra Sette e Ottocento, ibid., p. 103 ss., spec. 113 ss.<br />

27 Il tentativo, a parte una legislazione d’emergenza del 1804, andò in porto solo per il Codice di procedura penale<br />

del Regno italico varato nel 1807, noto appunto come Codice Romagnosi; il Codice Civile del 1808 e quello penale<br />

del 1811 furono, invece, traduzioni dei Codici transalpini. Per la codificazione, rimando ai saggi di M.G. di Renzo<br />

Villata, In un turbinio di modelli. Il processo civile in Lombardia tra fervore progettuale, realtà normativa e pratica<br />

(1801-1806), in La formazione del primo Stato italiano e Milano capitale, 1802-1814. Convegno internazionale, Milano<br />

13-16 novembre 2002, a cura di A. Bianchi Robbiati, p. 159 ss. e E. Dezza, La legge penale del 25 febbraio 1804<br />

per la Repubblica Italiana, ibid., p. 215 ss., con la bibl. precedente. Per una valutazione complessiva del progetto<br />

costituzionale e amministrativo di Romagnosi, vd. L. Mannori, Uno Stato per Romagnosi, I-II, Milano 1984 – 1987.<br />

28 Per merito dell’approfondita indagine di Ferraresi, Formazione professionale civile e militare tra Repubblica e<br />

Regno d’Italia. Il caso di Pavia, in La formazione del primo Stato italiano e Milano capitale, 1802-1814 cit., p. 733<br />

ss. Per la didattica e i docenti pavesi del periodo, vd. Musselli, Da Tamburini a Foscolo: la Facoltà legale pavese cit.,<br />

spec. p. 99 ss.<br />

29 A mio avviso, diversamente da quanto in genere si ritiene (anche da parte di Ferraresi, Formazione professionale<br />

civile e militare cit., p. 797 nt. 156), il cd. Rapporto sopra la fondazione di tre scuole di Stato in Milano, che reca in<br />

calce un Progetto di decreto e che riguarda le tre scuole di Milano (cioè di Legislazione; di Amministrazione interna;<br />

di Diplomazia) sembra precedere e non essere contemporaneo al primo Piano <strong>degli</strong> studj politico-legali completato<br />

da Romagnosi nell’ottobre 1807, di cui deve essere considerato un primo, e abbastanza risalente, nucleo (entrambi i<br />

documenti in ASM, Autografi, Romagnosi, cart. 181; il Rapporto è pubblicato come lettera n. 73 a Luosi, priva di data, in<br />

G.D. Romagnosi, Lettere edite e inedite, a c. di S. Fermi, Milano 1935, p. 110 ss.; il secondo si può leggere con il titolo<br />

Progetto di Regolamento <strong>degli</strong> studj politico-legali del Regno d’Italia nel 1803 - data smentita già dalla contraddizione<br />

con l’intitolazione al Regno d’Italia - in G.D. Romagnosi, Principj fondamentali di diritto amministrativo onde tesserne<br />

le istituzioni, III ed., Prato 1835, p. 265 ss.). Oltre all’evidente incompletezza rispetto alla redazione finale – poiché<br />

tratta solo delle Scuole Speciali – l’anteriorità del Rapporto sembra manifestata dalla norma conclusiva del Progetto<br />

di Decreto che sta in calce al Rapporto sopra la fondazione di tre Scuole, art. 4. Essa prevede che “il Ministro della<br />

Giustizia è incaricato di presentarci un piano d’instruzione tanto per le dette scuole quanto per quelle delle Classi<br />

Legali di tutto il Regno d’Italia”, norma che appunto è l’invito a por mano a un Piano ancora di là da venire. Sempre<br />

per precisare la tempistica, non si può nemmeno dire che sia stata l’esperienza dell’insegnamento pavese a ispirare<br />

la riforma di Romagnosi; l’idea precedeva l’inizio dell’insegnamento, come risulta dalla prolusione del gennaio 1808<br />

citata più avanti nel testo. Dall’esperienza sul campo, il giurista salsese trasse semmai indicazioni pratiche, come a<br />

proposito dei libri di testo, costatando la difficoltà di radicare la riforma presso i colleghi, scuotendoli da vecchie – e<br />

per certi versi comode – abitudini didattiche (che sono descritte e biasimate nella lettera a Luosi, Milano 4 giugno<br />

1808, dunque al termine del primo anno di docenza, pubblicata in Lettere edite e inedite cit., p. 124 ss., nr. 82).<br />

30 Del resto – va notato per intendere il clima – che l’orazione inaugurale potesse tessere “l’elogio di qualche<br />

illustre Italiano” era addirittura una direttiva ufficiale, prescritta dal Piano di disciplina per le <strong>Università</strong> Nazionali (31<br />

ottobre 1803), Articolo Secondo, IX (in Statuti e Ordinamenti della <strong>Università</strong> di Pavia cit., p. 293 s.; citato supra nt. 3).<br />

31 Cito il “Discorso co ‘l quale ho incominciato le mie Lezioni di Diritto civile” nel 1808 da G.D. Romagnosi,<br />

Opere edite ed inedite, VII.1. Scritti su ‘l diritto filosofico positivo, a c. di A. De Giorgi, Milano 1845, p. 23 s. Va<br />

precisato che, proprio per la connessione genetica che Romagnosi constatava fra diritto romano e norme del Codice<br />

Napoleone - e che del resto era esplicitamente riconosciuta dagli estensori del Codice stesso – egli impostava il suo<br />

Discorso inaugurale del Rettore <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

33


34<br />

insegnamento per “Paratitli”, cioè non come un semplice commento esegetico <strong>degli</strong> articoli, bensì estraendo i principi<br />

delle norme (“la ragione naturale e politica delle leggi”) e procedendo a un confronto con il diritto romano “perché<br />

egli è la fonte principale da cui furono attinte le norme”, alla ricerca dell’”intima dottrina delle leggi contenute nel<br />

Codice Napoleone” (ibid., p. 26, che costituisce l’inizio dei Paratitli universali e ragionati del Codice Napoleone<br />

paragonati co l’diritto romano). Insomma, proponeva di reinserire le norme positive in un flusso di ragione e di storia.<br />

32 Decreto riguardante l’ammissione <strong>degli</strong> scolari nelle regie università, i gradi accademici, il costume distintivo de’<br />

professori, 11 ottobre 1811, art. 8 (in Statuti e Ordinamenti della <strong>Università</strong> di Pavia cit., p. 319). è evidente, per le<br />

materie giuridiche, che vengono tenute in latino quelle che più dipendono dall’uso del diritto romano, paragonato al<br />

Codice Napoleone oppure utilizzato come base delle dottrine giusnaturalistiche. A proposito delle discipline scientifiche,<br />

per una presa di posizione dell’anatomo Scarpa a favore del latino, vd. infra, nt. 63. Per parte sua, Foscolo<br />

– mentre elogiava i pochi scienziati che sanno “promuovere i loro studi con eloquenza”, con lo scopo di diffondere<br />

l’istruzione pubblica - biasimava nell’Orazione inaugurale l’”ambizioso costume di dettare le scienze in latino” (EN,<br />

VII, p. 32). Opposto, invece, il suo atteggiamento circa il mantenimento del latino come materia di insegnamento<br />

nelle scuole intermedie: fu contro la proposta di abolizione avanzata sotto la prima Cisalpina che, com’è noto, Foscolo<br />

scrisse il sonetto Te nudrice alle Muse (evocato anche nell’esordio dell’Orazione inaugurale, EN, VII, p. 4). Su questo<br />

dibattito, vd. E. Romano, Mascheroni e la questione dell’insegnamento del latino, in Esortazioni alle storie, a c. di A.<br />

Stella e G. Lavezzi, Milano 2001, p. 281 ss.<br />

33 Il Decreto riguardante il piano d’istruzione generale si legge in Statuti e ordinamenti cit., p. 314 ss. Per le intricate<br />

vicende della sua genesi, vd. infra, Appendice.<br />

34 Non viene in genere notato, mi pare, che proprio Gian Domenico Romagnosi in quei giorni confidava che sulla<br />

cattedra salisse il suo migliore amico, il giurista piacentino Luigi Bramieri, come risulta dalla lettera di Romagnosi a<br />

costui, Pavia 4 marzo 1808 (in Lettere edite e inedite cit., p. 122, nr. 81, dove il collegamento con la vicenda foscoliana<br />

è già colto esattamente): “In questa mattina il Professor Cerretti è morto. Eccoti, o amico, un campo aperto a qualche<br />

tuo disegno. Ti rinnovo l’idea della dissertazione o opuscolo sull’eloquenza del foro. Tu brillerai senza rivali, e puoi<br />

chiedere di più. Io ti offro tutta la mia cooperazione”. è difficile dire se è a quest’avversario che si riferisca Foscolo<br />

quando comunica a Marzia Martinengo Cesaresco di avere ottenuto la cattedra “malgrado le cabale di un birbante<br />

che con l’arte del reverendissimo abate Tartufo voleva pur supplantarmi” (Milano, 19 Marzo 1808; EN, XV, p. 397, nr.<br />

591; testo riportato supra, nt. 13). Di sicuro, non si trattava, come talvolta si ripete, di Mattia Butturini, che insegnava<br />

Letteratura greca e non era un concorrente. La preoccupazione di Romagnosi di trovare una sistemazione per Bramieri<br />

accompagna l’intera elaborazione della riforma: vd. Lettera del 24 gennaio 1807 a Bramieri (Lettere edite e inedite<br />

cit., p. 107, nr. 69): “Vi assicurò che troverò il mezzo di proporvi nel piano che io estenderò, e del quale io solo sono<br />

ministerialmente incaricato. Procurerò di far sì che siate meco a Milano…”. Fallita la chance della cattedra pavese<br />

di Cerretti, conferita per fortuna anche nostra a Foscolo, torna a rassicurarlo il 31 luglio 1808 (Lettere edite e inedite<br />

cit., p. 131, nr. 85): “Egli è vero che io non ho più scritto a te per il motivo che tu mi accenni: ma tuttavia non dispero<br />

dell’occasione, che forse non è lontana”. Si capisce che fin da principio, Romagnosi aveva pensato alla cattedra di<br />

Eloquenza forense per l’amico Bramieri (notizie su quest’ultimo, ma senza riferimenti alla questione delle cattedre,<br />

in R. Ghiringhelli, Romagnosi e l’amicizia, in De Amicitia. Scritti dedicati a Arturo Colombo, a cura di G. Angelini e<br />

M. Tesoro, Milano 2007, p. 263 ss., spec. 265 ss.). Si noti che, nel progetto di Regolamento per gli studi pratici legali<br />

(ASM, Autografi, Romagnosi, 181), che disciplina proprio l’istituenda cattedra di Eloquenza milanese, Romagnosi<br />

prevedeva – ragionevolmente – che “Il Professore dell’Eloquenza pratica legale deve essere Laureato in legge, ed<br />

inserito nell’Elenco deli Avvocati approvati”, requisiti che avrebbero comunque vanificato l’aspirazione di Foscolo.<br />

35 A Ugo Brunetti (Pavia, [5 dicembre 1808], ED, XV, p. 533, nr. 702): “Alle quattro ebbi invito di assistere al<br />

concistoro collegiale de’ professori: si lesse il decreto che sopprime molte cattedre; e non si capì nulla; non essendo<br />

nominate che alcune cattedre, e niun professore, non si sa chi sia percosso dal decreto. Si dimanderanno schiarimenti.<br />

Intanto quello che è certo si è, che una lettera del Vice-Rè accompagnante il decreto assegna soldo e privilegi


a tutti i soppressi pel corso dell’anno presente 1809 (anno scolastico) – e dà la libertà di fare e non fare lezioni. Tu<br />

puoi immaginarti ch’io farò lezioni, e con più impegno, e massime la prolusione. Prima di abolirmi ci penseranno”.<br />

In realtà, Foscolo conosceva il Decreto prima della lettura nel concistoro dei professori e anche prima della pubblicazione<br />

sul Giornale d’Italia, che avvenne il 3 dicembre e s’ingegnava per pararne le conseguenze. Già il giorno 1<br />

dicembre scriveva a Monti (EN, XV, p. 522, nr. 695, data congetturale; vd. comunque lett. a Monti del 2 dicembre,<br />

ibid., p. 525, nr. 697), per segnalargli una via d’uscita, ossia la cattedra di Eloquenza legale di cui Foscolo aveva<br />

saputo dal consultore Luigi Vaccari che sarebbe stata istituita a Milano. Infatti, l’art. 8 del Decreto 15 novembre 1808<br />

aveva istituito nella capitale tre scuole speciali di materia politico-giuridica, in particolare “Una scuola di eloquenza<br />

pratica legale, nella quale saranno ammessi, per esercitarsi sopra soggetti dati dai professori, i giovani che avranno<br />

ottenuti i gradi accademici nelle università, e che si destineranno alla carriera del foro”.<br />

36 Se si guarda solo al carteggio di Foscolo, e alle lettere di Monti che vi sono incluse, si vede che il poeta di<br />

Zacinto considera Monti il suo principale alleato per ottenere la cattedra milanese. A lui Foscolo si rivolse fin dal 1<br />

dicembre 1808, dopo essere venuto a conoscenza del Decreto - forse dal Vaccari il giorno innanzi (vd. nt. prec.) – e<br />

subito si orientò, se non fosse stato modificato, verso la nuova cattedra di Eloquenza forense a Milano. Fu sempre il<br />

Monti, due mesi dopo, a dargli la notizia che tale cattedra era stata, invece, assegnata al poeta drammatico Angelo<br />

Anelli (1761-1820), con un biglietto scritto subito dopo l’Orazione inaugurale (la lettera montiana nr. 725, priva di<br />

data come la successiva, è attribuita dall’editore dell’epistolario foscoliano al 23 gennaio; la datazione non è da<br />

escludere, ma la lettera sembra senz’altro posteriore a quella invece indicata con il nr. 726, il cui tono scanzonato<br />

sarebbe fuori luogo dopo la precedente; inverte l’ordine, a mio avviso esattamente, V. Monti, Epistolario (1806-1811),<br />

III, a c. di A. Bertoldi, Firenze 1929, p. 234, nr. 1247 e 1248). Osservato dal lato di Foscolo, dunque, Monti appare la<br />

sua principale sponda. Il fatto è che l’epistolario di Monti conserva due lettere che fanno dubitare. La prima è del 21<br />

novembre 1808 (Epistolario cit., p. 224, nr. 1234), dunque pochi giorni dopo il Decreto che sopprimeva la cattedra<br />

di Eloquenza a Pavia e istituiva quella di Eloquenza legale a Milano. In quella lettera Monti prometteva il proprio<br />

appoggio a Cesare Arici per coprire la cattedra di Liceo di Brescia che avrebbe lasciato libera Anelli. Questa promessa<br />

lascia intendere che, mentre rassicurava Foscolo, Monti pensava già che Anelli avrebbe prevalso (ed è sintomatico<br />

che delle sue chance tenga all’oscuro Foscolo: Milano 3 Dicembre [1808]). Monti insomma si preparava a sfruttare<br />

il posto lasciato libero da Anelli per favorire un suo protetto, quello stesso che – non si dimentichi – fu nel 1810 al<br />

centro della rottura formale dell’amicizia fra Foscolo e Monti, schieratosi appunto con l’Arici fatto bersaglio della<br />

critica Sopra i versi di Cesare Arici in morte di Giuseppe Trenti, scritta da Pietro Borsieri con la sicura partecipazione<br />

di Foscolo (EN, VII, p. 405 s.). A questo primo contatto epistolare, in cui Monti promette appoggio ad Arici per la<br />

cattedra liceale, fa riscontro una seconda lettera, del 24 gennaio. Il medesimo giorno in cui Monti dava a Foscolo la<br />

notizia della ripulsa dalla cattedra di Eloquenza legale a Milano, contemporaneamente informava Arici che, avendo<br />

appunto Anelli vinto la cattedra milanese, egli aveva ottenuto il posto reso vacante al Liceo di Brescia (Monti, 24<br />

gennaio 1809, Epistolario cit., p. 234, nr. 1249; sulla data della lettera a Foscolo, vd. supra). Insomma, sembra – la<br />

cautela è necessaria - che Monti abbia svolto un ruolo nel valzer delle cattedre, e non a favore di Foscolo. Notizie su<br />

Anelli e Arici – ma senza riferimenti alle lettere montiane qui segnalate – in L. Granatella, La polemica tra il Foscolo e<br />

l’Anelli, in Foscolo e la cultura bresciana del primo Ottocento, a c. di P. Gibellini, Brescia 1979, p. 177 ss. e F. Vittori,<br />

Foscolo, Arici e la poesia sepolcrale, ibid., p. 243 ss.<br />

37 ASM, Studi p.m., 685: riportato da Ferraresi, Formazione professionale civile e militare cit., p. 805 nt. 178.<br />

38 Per tutti, vd. la lettera a Monti, Pavia 5 dicembre 1808 (EN, XV, p. 534, nr. 703): “l’insegnare eloquenza in<br />

tutti i generi di letteratura è ben altro che insegnare a far aringhe forensi; l’Oratore di Cicerone e le Istituzioni di<br />

Quintiliano basteranno al professore per gli avvocati; e sono ottimi testi; ma per le mie lezioni a Pavia converrà ch’io<br />

vegli e sudi senza sosta a formarmi il testo perch’io intendo di discorrere filosoficamente ed eloquentemente la storia<br />

letteraria di tutti i secoli e di tutti i popoli, su le teorie de’ maestri, e sugli esempi de’ grandi scrittori; e di applicare<br />

quindi la storia, i principj, e la pratica alla indole delle facoltà dell’uomo, e finalmente al carattere della letteratura e<br />

Discorso inaugurale del Rettore <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

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36<br />

della lingua italiana”. Il programma corrisponde, nelle linee, all’Orazione inaugurale e alle due lezioni De’ principj<br />

della letteratura. Esso ha un rapporto con una Memoria scritta da Pietro Moscati al Vice-Re Eugenio di Beauharnais,<br />

il 25 novembre 1808 (ASM, Studi p.m., 2), nel tentativo di salvare la cattedra di Eloquenza ridefinendone i compiti<br />

(per maggiori dettagli, vd. infra, Appendice).<br />

39 Questa riforma fu promossa dal Ministero dell’Interno, per così dire separatamente da quella <strong>degli</strong> studi legali<br />

promossa dal Ministero della Giustizia, benché le due riforme siano riunite nel medesimo Decreto del 15 novembre<br />

1808. Punto di partenza può essere considerato il Progetto di Decreto tendente ad obbligare i Giovani, che vogliano<br />

conseguire i gradi Accademici a compiere nei Licei gli studj prescritti pel primo anno di ciascun corso scientifico regolare,<br />

redatto il 22 settembre 1808 dal Ministro dell’Interno Ludovico Di Breme per il Vice-Re Eugenio Napoleone<br />

(conservato in ASM, Studi p.m., 2). Tale Progetto contiene appunto l’embrione della parte del Decreto del 15 novembre<br />

che abolisce le cattedre universitarie di primo anno. La data del Progetto è la medesima delle Osservazioni che lo<br />

stesso Ministro dell’Interno inviava al Vice-Re a proposito del Piano di Istruzione <strong>degli</strong> Studj legali proposto dal Sig.re<br />

Gran Giudice Ministro della Giustizia (conservato ibid.), cioè l’altra parte della riforma. La riforma è motivata dal<br />

Di Breme con la constatazione che l’opzione – lasciata dal Decreto del 1803 – di svolgere gli studi propedeutici nei<br />

Licei oppure nelle <strong>Università</strong>, veniva, per puro calcolo di convenienza, compiuta a favore delle <strong>Università</strong>, con la<br />

conseguenza che “le Scuole dei Licei rimangono pressocchè spopolate, ed al contrario quelle del primo anno nelle<br />

<strong>Università</strong> ridondino di un soverchio numero di Scolari”. Vd. anche infra, Appendice.<br />

40 Occorreva anche per tutti conoscere le lingue italiana, francese e latina e v’erano alcune aggiunte speciali per<br />

gli aspiranti alle facoltà medica e fisico-matematica.<br />

41 Per la precisione, il Piano di disciplina per le <strong>Università</strong> Nazionali (31 ottobre 1803), Articolo Terzo, IX (in Statuti<br />

e Ordinamenti della <strong>Università</strong> di Pavia cit., p. 296), stabiliva che fossero “esentati dagli studj segnati nel corso per<br />

l’anno primo sull’<strong>Università</strong>, gli scolari che hanno fatto gli stessi studj ne’ ginnasj o licej”, previo esame di verifica da<br />

parte del Decano o Professori della Facoltà in cui vogliano immatricolarsi. Il Decreto riguardante il piano d’istruzione<br />

generale 15 novembre 1808, Art. 2 (ibid., p. 815) rendeva obbligatorio avere “compiuto con frutto in un liceo od in<br />

un’altra scuola pubblica o particolare gli studj preparatorj, necessarj per la facoltà alla quale egli vuole dedicarsi”,<br />

anche in questo caso da provare mediante esame davanti a una commissione di professori universitari. La differenza<br />

rispetto alla norma del 1803 è, dunque, che non è più possibile compiere in un primo anno d’<strong>Università</strong> – se già non<br />

fatti altrove - questi studi preparatori, le cui cattedre universitarie sono pertanto soppresse. Si trattava, per la precisione<br />

di Elementi di Geometria e d’Algebra; Eloquenza italiana e latina; Lingua e letteratura greca. Meno drastica la sorte<br />

di Fisica sperimentale, materia di cui veniva stabilito un doppio livello di insegnamento, liceale e universitario: vd.<br />

F. Bevilacqua, A. Ferraresi, Per una storia dello sviluppo della matematica e della fisica a Parigi e Pavia nell’età della<br />

rivoluzione, in Annali di Storia Pavese 20 (1991) p. 199 ss., spec. 234 ss.<br />

42 Si trattava, in fondo, di una razionalizzazione del modello ibrido, introdotto dalle riforme teresiane, in cui<br />

convergevano la funzione propedeutica della nuova Facoltà filosofica, rifondata sul tronco del curricolo delle Arti<br />

dell’antica Facoltà di arti e medicina, e la funzione professionale delle Facoltà superiori: teologia (poi abolita), diritto,<br />

medicina. Non mi sento di condividere l’informata ricostruzione di L. Frassineti, in V. Monti, Lezioni di eloquenza cit.,<br />

p. 314 ss., che intravede nelle vicende della cattedra di Eloquenza fra 1800 e 1808 (prima Eloquenza e Poesia, poi<br />

Eloquenza latina e italiana, infine soppressa) una parabola discendente, da un insegnamento “prestigioso e alquanto<br />

carezzato dal governo italiano” a cattedra propedeutica e perciò soppressa. La posizione propedeutica della cattedra<br />

di Eloquenza dipende inequivocabilmente dal sistema asburgico sopra descritto. Anche i documenti citati dallo stesso<br />

A., come le lettere dell’Oriani del novembre 1800 che proclamano la “non assoluta … necessità” della disciplina, la<br />

lunga assenza tollerata del Monti, la dichiarazione di Cerretti al Rettore Nani (ibid., p. 312) che egli faceva solo due<br />

lezioni alla settimana e che identici erano i patti con Monti, sono tutte prove della costante marginalità della cattedra<br />

né sembrano superate dagli argomenti dell’A. La diversa ricostruzione ha un riflesso sul numero potenziale delle<br />

lezioni tenute dal Monti – probabilmente inferiore a quello ritenuto dall’A. - che esula dai nostri intenti approfondire.


43 Quando Foscolo si rese conto che la partita era persa, dovette cominciare a pensare a un nuovo pubblico impiego.<br />

Questa fase inizia nel marzo del 1809, un paio di mesi dopo l’Orazione. Crollate il 28 marzo per un rescritto<br />

del Vice-Re anche le ultime speranze, abbastanza irrealistiche, di una modifica del decreto del 15 novembre 1808<br />

e del ripristino della cattedra, si esplorarono nuovi possibili incarichi, che il 6 aprile la Direzione Generale della p.<br />

Istruzione sollecitò Foscolo stesso a suggerire (lett. sottoscritta dal segretario Luigi Rossi, EN, XVI, p. 122, nr. 806; ivi,<br />

in nota, anche il rescritto del Vice-Re del 28 marzo, che respingeva la proposta fatta dal Min. dell’Interno Di Breme<br />

d’istituire una cattedra d’alta eloquenza a Pavia; la richiesta ricalcava quella che lo stesso Di Breme aveva avanzato al<br />

Vice-Re addirittura nella fase di gestazione del Decreto, nelle Osservazioni indirizzategli il 22 settembre 1808 e che<br />

era stata ancora invano ribadita dal Direttore Generale della Pubblica Istruzione Moscati, in un Rapporto al Vice-Re<br />

del 25 novembre 1808: una persistenza che dà dunque ragione dell’idea, nutrita da Foscolo, che la cattedra fosse<br />

“vacillante”: in realtà, la decisione del Vice-Re, come si vede, è costante, e non influenzata dalla condotta pavese<br />

di Foscolo; i due documenti citati sono conservati in ASM, Studi p.m. 2, p. 4 e discussi, infra, in Appendice). Risale<br />

sicuramente a questo periodo - primavera 1809 - il Parere su l’ufficio degl’Ispettori <strong>degli</strong> studi (in EN, VII, p. 187 ss.),<br />

steso perché Foscolo aveva appunto pensato a un posto aggiuntivo, criticando l’attuale operato dell’ufficio. è semmai<br />

in questa fase che pesarono alcune riserve sull’affidabilità politica di Foscolo, sì che il 13 luglio il segretario della<br />

Direzione Generale alla p. Istruzione, Luigi Rossi, comunicò che non v’erano attualmente posti vacanti, aggiungendo<br />

considerazioni negative: “nessuno ricusa a questo giovane la lode di non ordinario ingegno; che la scolaresca gli ha<br />

sempre conservato moltissima affezione e stima; che egli non ha però potuto conciliarsi egualmente l’opinione dei<br />

professori e delle persone di provetto giudizio, attesi i paradossi letterari e morali di cui ha sparso i discorsi da lui<br />

recitati in alcune solenni occasioni; ciò che potrebbe per una parte acquistargli una certa gloria di sforzo d’ingegno,<br />

ove giungesse ad emulare in artifici d’eloquenza tanti filosofi che amarono di così distinguersi, ma non lascerebbe<br />

d’essere pericoloso per la gioventù, la quale debbe attingere sicuri principii, anziché coltivare quella naturale inclinazione<br />

che porta l’età inesperta a pascersi di brillanti chimere, e ad abbandonare la strada malagevole e poco seducente<br />

del profondo raziocinio e del giusto criterio, nella ricerca della verità” (citato da Corio, Rivelazioni storiche cit., p. 63<br />

s.). è proprio in questa fase esistenziale, in cui è costretto a fare anticamera nei Ministeri e vita, come lui stesso dice,<br />

da cortigiano, che Foscolo venne svolgendo ai suoi studenti pavesi l’altissima riflessione sulla morale letteraria, cioè<br />

sull’atteggiamento – appreso da Alfieri e Parini - che deve tenere l’intellettuale nei confronti del potere, di distacco dai<br />

suoi allettamenti materiali e anche dai suoi onori. Si possono trovare coincidenze fra il contenuto delle lezioni e quanto<br />

scrive nell’epistolario: “Per me stimo il danaro da più di tutte quelle cose che il danaro può dare, e da meno delle cose<br />

che il danaro non può mai dare” (lettera a G.B. Giovio, 14 marzo 1809; cfr. Della morale letteraria. Lezione prima:<br />

“Or quanto al grado di stima dovuto alla ricchezza, credo che si possa assegnarlo con precisione così: la ricchezza<br />

va stimata più di tutte quelle cose ch’ella può dare, e meno di quelle cose ch’ella non può dare”, in EN, VII, p. 103).<br />

44 L’accoglienza è riferita dal Foscolo stesso, dal Reggente Gratognini, dal Monti, da Luigi Pellico, da G.B. Giovio,<br />

da Giuseppe Pecchio. Le testimonianze sono raccolte, ad esempio, da C. Antona-Traversi, A. Ottolini, Ugo Foscolo,<br />

II. Maturità (1804-1810), Milano 1927, p. 276 s. La più significativa, ossia il resoconto di Giovanni Gratognini al Direttore<br />

Generale della Pubblica Istruzione Pietro Moscati, è riprodotta e trascritta da G. Lavezzi, “Amate palesemente<br />

e generosamente le lettere e la vostra nazione” cit., p. 42 ss.<br />

45 Ottima descrizione in F. Testa, Iconografia e simbologia delle nuove scienze, in Esortazioni alle storie cit., p. 543<br />

ss., dove è anche specificato che, in un primo tempo, alle lauree era stato destinato il locale sottostante, al piano terra.<br />

Per una descrizione complessiva <strong>degli</strong> edifici universitari pavesi, vd. L. Erba, Guida storico-artistica dell’<strong>Università</strong><br />

di Pavia, Pavia 1976.<br />

46 Sulla conoscenza della storia universitaria come presupposto anche <strong>degli</strong> interventi di riforma, vd. G. Ricuperati,<br />

Sulla storia recente dell’università italiana: riforme, disagi e problemi aperti, in Ann. Stor. Univ. It. 5 (2001) p. 9 ss.<br />

47 Altrimenti, il laureato di famiglia di minore prestigio sociale e scarsa forza economica oppure oriundo d’altra<br />

città poteva ambire solo ad essere approvato dal Collegio, cioè era abilitato a svolgere la professione poniamo di<br />

Discorso inaugurale del Rettore <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

37


38<br />

medico o avvocato, ma non entrava nel Collegio patrizio.<br />

48 La formazione del gentiluomo che sa muoversi con la grazia raccomandata dal “Cortegiano” avviene semmai<br />

prima e fuori dell’<strong>Università</strong>, nei collegi di educazione istituiti dagli ordini religiosi.<br />

49 E. Brambilla, Libertà filosofica e giuseppinismo, in La politica della scienza. Toscana e stati italiani nel tardo<br />

Settecento. Atti del Convegno di Firenze, 27-29 gennaio 1994, a c. di G. Barsanti, V. Becagli, R. Pasta, Firenze 1996, p.<br />

403. All’Autrice si devono indagini fondamentali sulla questione, anche dal punto di vista del metodo: vd., da ultimo,<br />

Ead., Le <strong>Università</strong> della Repubblica italiana e del Regno italico: continuità e mutamenti, in Le università napoleoniche.<br />

Uno spartiacque nella storia italiana ed europea dell’istruzione superiore. Atti del convegno internazionale di studi.<br />

Padova, Bologna, 13-15 settembre 2006, a c. di P. Del Negro, L. Pepe, Bologna <strong>2008</strong>, p. 55 ss. (con saggi di J. Verger,<br />

P.E. Grendler, G.P. Romagnani, P. Del Negro, A. Zannini, L. Pepe, G. Ongaro, M.R. De Simone, A. Silvestri). Per ulteriori<br />

approfondimenti, segnalo almeno M. Roggero, Il sapere e la virtù. Stato, università e professioni nel Piemonte<br />

tra Sette e Ottocento, Torino 1987. Conviene ricordare qui due altri importanti volumi collettivi suscitati dalle recenti<br />

varie ricorrenze bicentenarie napoleoniche, già citati altrove per singoli contributi, ossia La formazione del primo<br />

Stato italiano e Milano capitale 1802-1814 e Istituzioni e cultura in età napoleonica.<br />

50 Rilevante è specialmente il dibattito svoltosi nel triennio giacobino, in seno al Gran Consiglio della Repubblica<br />

Cisapina e alla Commissione di Pubblica istruzione, in cui ebbe un ruolo decisivo Lorenzo Mascheroni, il matematico<br />

dell’<strong>Università</strong> di Pavia autore – nel 1794 – dell’Invito a Lesbia Cidonia, elogio della modernità – rappresentata dai<br />

‘monumenti’ scientifici dell’<strong>Università</strong> riformata dagli Austriaci, chiamati a competere per importanza con le vestigia<br />

dell’antico – filtrato attraverso il linguaggio poetico tradizionale. Per i suoi interventi sul tema dell’istruzione, vd. L.<br />

Mascheroni, Nel turbine de’ pubblici affari. Scritti (1775-1800), a c. di D. Tongiorgi, Bergamo 2000.<br />

51 è il ‘Dualismo ontologico‘ efficacemente definito dalla recente interpretazione di Enzo Neppi, Dell’Origine e<br />

dell’Ufficio della letteratura cit., spec. 5 ss..<br />

52 La citazione è tratta dall’Orazione sull’origine e i limiti della giustizia, in EN, VII, p. 183. La liceità e anzi la<br />

necessità di considerare complessivamente le Orazioni e lezioni pavesi è fuori discussione. Per tacere d’altro, è lo<br />

stesso Foscolo a decretarne la coerenza unitaria. Vd. Della morale letteraria, Lezione terza, EN, VII, p. 148: “Quel<br />

principio, o giovini, che governò tutti i ragionamenti sì dell’Orazione inaugurale, sì delle due lezioni da me datevi su<br />

la letteratura e la lingua, che governa questi miei discorsi su la Morale letteraria, quello stesso principio ci guiderà alla<br />

meta che noi cerchiamo; e forse non si vagherebbe in tanti laberinti, se si fosse sempre guardato al lume che ci porge.<br />

Ed è, che essendo la letteratura facoltà di diffondere e di perpetuare il pensiero somministrata dalla natura all’uomo<br />

per mantenere le tante comunicazioni del suo stato essenzialmente sociale, deve rivolgersi interamente all’ufficio a<br />

cui la natura l’ha destinata: così crescerà bella e felice, e sarà di ornamento e di prosperità a’ suoi cultori; diversamente,<br />

quanto più si devierà dal suo intento, tanto più andrà degenerando, e sarà sterile a chi la professa dei frutti<br />

che prometteva”. è difficile vedere, nell’Orazione sull’origine e i limiti della giustizia, l’emergere di un orientamento<br />

diverso, che pure talvolta vi si è scorto. Quanto all’Orazione inaugurale, il pensiero concentrato nella frase riportata<br />

nel testo si può trovare ampiamente svolto nei § IV, forse il più affascinante dell’intero discorso, in cui il chiaroscuro<br />

e la tensione ascendente dalla terra al cosmo diventano vertiginosi.<br />

53 Al vichismo portato a Milano e a Pavia dagli esuli della rivoluzione partenopea del 1799, ma già diffuso a Milano<br />

dalla metà <strong>degli</strong> anni ’60 del Settecento e rinfocolato a Pavia dal Bertóla, ha dedicato la sua Prolusione G. Francioni,<br />

Una filosofia civile. Contributo alla storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, in<br />

<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> Studi di Pavia. <strong>Inaugurazione</strong> dell’Anno Accademico 2002-2003, Pavia 2003, p. 55 ss.<br />

54 Ragguaglio d’un’adunanza dell’Accademia de’ Pitagorici (EN, VII, p. 263): “(L’<strong>accademico</strong> canuto:) … finché<br />

vedremo che i letterati faranno da sacerdoti di Muse arcane in tempio a porte chiuse, chiamando ignoranti chi non<br />

vuole accostarsi, io, se mai gli altri per timore tacessero o passassero indifferenti, io solo griderò a tutti e per tutti: Non<br />

vi lasciate allettare a quel tempio; voi vi credete iniziati; udite la melodia del cantico misterioso; siete già coronati;<br />

ma dentro v’è l’ara, il sacrificante, il coltello: non v’è ancora la vittima”.


55 F. Lomonaco, Discorsi letterarj e filosofici, Milano, per Gio. Silvestri stampatore libraio, 1809, p. 353.<br />

56 Dissertazione sopra il quesito se la poesia influisca nel bene dello Stato, e come possa essere oggetto della<br />

politica presentata dal signor abbate Clemente Sibiliato, professore di eloquenza greca, e latina in Padova al concorso<br />

dell’anno 1770. E coronata dalla Reale Accademia di Scienze, e Belle Lettere di Mantova, Mantova, per l’erede di Alberto<br />

Pazzoni, Regio-Ducale Stampatore, 1771; da me vista nell’edizione pubblicata in appendice a A.T. Villa, Lezioni di<br />

eloquenza dell’abate Angelo Teodoro Villa e Dissertazione dell’influenza della poesia sul bene della società dell’abbate<br />

Clemente Sibiliato, Parma 1844, p. 163 ss. Le lezioni di Villa – professore d’Eloquenza a Pavia dal 1769 al 1794 (su di<br />

lui vd. Tongiorgi, L’eloquenza in cattedra cit., p. 29 ss.) – erano il libro di testo adottato a Pavia al tempo del Foscolo,<br />

in alternativa al Blair. L’inclusione della Dissertazione del Sibiliato nel manuale di Villa avviene in un’edizione più<br />

tarda, ma è sintomo della almeno relativa notorietà e rilevanza del testo di Sibiliato.<br />

57 L’unico studio a me noto sulla Dissertazione del Sibiliato è quello di G. Santinello, Vico e Padova nel secondo<br />

Settecento. Sibiliato, Gardin, Colle, Cesarotti, in Id., Tradizione e dissenso nella filosofia veneta tra rinascimento e<br />

modernità, Padova 1991, p. 200 ss. L’osservazione incidentale dell’A., che nell’accentuazione da parte di Sibiliato<br />

del compito del poeta di essere suscitatore d’entusiasmo, vede un preannuncio del foscoliano “a egregie cose il forte<br />

animo accendono” (ivi, p. 204), mi conforta nel riconoscere la profonda somiglianza, che nella identità di genere ha<br />

modo di dispiegarsi pienamente, fra la Dissertazione del Sibiliato e l’Orazione inaugurale.<br />

58 Che Foscolo abbia anzi ascoltato direttamente l’insegnamento di Sibiliato sostiene l’articolo Memoir of Ugo<br />

Foscolo, in The London Magazine, 1827, p. 239; vd. anche biografia del Parisot, su cui si esprime criticamente L.<br />

Carrer, Grappolo di Spropositi intorno Ugo Foscolo, in Id., Prose, II, Firenze 1855, p. 497. Va detto che Sibiliato<br />

morì nel 1795, il che restringe l’ambito cronologico della possibile frequentazione personale, ma non attenua la<br />

possibilità della conoscenza diretta della Dissertazione, nell’ambiente del Cesarotti. Sull’appartenenza del Sibiliato,<br />

tramite l’amicizia con Antonio Conti e i legami con Jacopo Stellini e Nicola Concina, “alla prima cerchia di amici e<br />

di ammiratori del Vico a Padova e Venezia” vd. Santinello, op. cit., p. 201. Mi pare anche significativo che nel Piano<br />

di Studj, che risale proprio al 1796, in cui Foscolo prefigura letture e opere, vi siano alcuni nuclei che si possono<br />

poi ritrovare nelle lezioni pavesi: dal progettato saggio filosofico L’Uomo e la Verità alla Storia filosofica della Poesia<br />

dal secolo duodecimo sino al decimo-nono fino alla Logica per me stesso: tratta da Lock(e), dal Volfio e dalla natura<br />

(il Piano, ritenuto irreperibile da EN, VI, p. XIX, è conservato invece dal Museo per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia:<br />

riprodotto in “Amate palesemente e generosamente le lettere e la vostra nazione” cit., p. 65 ss.).<br />

59 Qui risuonava ovviamente anche l’Ortis dove, nella lettera 27 agosto 1798, era già evocata Santa Croce e il<br />

motivo tomba/memoria (EN, IV, p. 227 s.). Per l’ampliamento del canone (alfieriano) ai grandi non sepolti in Santa<br />

Croce, come Dante e Petrarca, vd. V. Di Benedetto, Lo scrittoio di Ugo Foscolo, Torino 1990, p. 194 ss.<br />

60 è da segnalare che un pensiero del tutto coincidente è esposto come programma del periodico pavese La lanterna<br />

di Diogene (num. 1, 3 gennaio 1801, p. 2, in I giornali giacobini di Pavia durante la Cisalpina, a c. di G.E. De<br />

Paoli, Pavia 1996, p. 110). Dopo avere evocato la massima di Bonaparte “non vi è niente nella Storia, che assomigli<br />

alla fine del secolo decimo ottavo”, l’estensore si propone di dedicarsi al resoconto storico-critico <strong>degli</strong> avvenimenti<br />

contemporanei e scrive: “Dotti Scrittori, i quali per la sublimità de’ loro pensieri, e per la loro franca e leale esposizione<br />

già si acquistarono la giusta riputazione presso gli uomini illuminati, tramanderanno alla posterità que’ fatti,<br />

che maggiormente interessano l’uomo, e che lo fanno sovente volte vergognar di se stesso. Offre l’Italia nostra un<br />

vasto campo al politico indagatore, che lacerata dalla mala fede dei despoti, dalla perfidia d’uomini, che ministri<br />

d’una pacifica religione portarono ovunque la fiaccola della discordia, tra gli orrori di guerre civili, tra le applaudite<br />

desolazioni e ruine appena scuopre un debil raggio dell’antico splendore”. è piena la consonanza con il pensiero<br />

foscoliano, espresso poi nell’Orazione inaugurale e anticipato nella Dedica all’Oda e nell’Ortis.<br />

61 Ultime lettere di Jacopo Ortis (1802), EN, IV, p. 244: è la lettera da Milano, 4 dicembre, che descrive lo struggente<br />

incontro con il Parini. Per il rapporto Parini-Foscolo, vd. per tutti D. Isella, Foscolo e l’eredità pariniana, in AA.<br />

VV., Lezioni sul Foscolo, Firenze 1981, p. 21 ss.; P. Frare, Foscolo e Manzoni lettori di Parini, in Attualità di Giuseppe<br />

Discorso inaugurale del Rettore <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

39


40<br />

Parini. Poesia e impegno civile. Atti del Convegno internazionale, in Riv. lett. it. 17 (1999) p. 559 ss.<br />

62 B. Croce, Storia della storiografia italiana nel secolo decimonono, I, Bari 1964, p. 1 s., considera l’esortazione<br />

del Foscolo “indizio ... di prossimo nuovo avviamento <strong>degli</strong> spiriti”, “grido a cui accorsero ... da ogni banda caterve<br />

sempre più folte”, mette tuttavia l’accento piuttosto sulla storia antica e moderna - che di certo non erano estranee<br />

a Foscolo - che su quella contemporanea (alla quale, del resto, il Foscolo doveva essere spinto a pensare anche in<br />

ragione <strong>degli</strong> esempi offertigli dal Saggio storico sulla Rivoluzione di Napoli del 1799 di Vincenzo Cuoco e dal Rapporto<br />

al cittadino Carnot di Francesco Lomonaco, con cui s’era aperto il secolo). U. Russo, L’idea di storia in Delfico e<br />

Foscolo, in Aprutium 3 (1996) online, sottolinea giustamente che nell’esortazione a dedicarsi alla storiografia risuonava<br />

anche una polemica contingente, con Melchiorre Delfico, autore nel 1808 dei Pensieri su l’istoria e sull’incertezza<br />

ed inutilità della medesima. è sicuramente Delfico l’autore - e l’opera - cui Foscolo allude nell’abbozzo In difesa<br />

dell’orazione inaugurale (“mentr’io esortava a scrivere degnamente le storie, altri nella stessa città pubblica[va] che<br />

la storia è assolutamente perniciosa alla società”: EN, VII, p. 42 ss.): l’errore nel luogo di pubblicazione - Forlì e non<br />

Pavia o Milano - è un lapsus, che non inficia un’identificazione resa certa da molti riscontri di sostanza. Quanto<br />

alle rispettive posizioni, è ancora persuasiva l’avvertenza di Russo, che la contrapposizione è, in realtà, “soltanto<br />

apparente, poiché entrambi mirano ad una ‘nuova’ storia, ripudiando l’erudizione di mero accumulo ed auspicando<br />

l’indagine sulla realtà <strong>degli</strong> eventi”.<br />

63 Si è spesso sostenuto che, contrapponendo storici veritieri a panegiristi venali, Foscolo pensasse al Panegirico<br />

di Napoleone legislatore tessuto da Giordani nel 1808 (Napoleone Legislatore, ossia Panegirco allo Imperator Napoleone<br />

per le sue imprese civili: detto nell’Accademia di Cesena il XVI agosto MDCCCVII, in Opere di Pietro Giordani,<br />

Appendice, Firenze 1857, p. 1 ss.) e lo pensò anzi lo stesso Giordani. Pur essendo ipotesi ben fondata, val la pena di<br />

notare che proprio a Pavia un antico professore di diritto canonico, Stanislao Perondoli, aveva scritto pochi mesi prima,<br />

in latino, un Panegirico a Napoleone “vindice e restauratore delle arti”: De Napoleone M. apud Insubres scientiarum<br />

et bonarum artium vindice atque statore. Adumbratio, Ticini, ex Typographia Bolzani, 1808. Non potrebbe esservi più<br />

palese, diretta contrapposizione con la morale letteraria di Foscolo, quella che considera incompatibili libertà delle<br />

scienze e patronato del potere. Il Perondoli, peraltro, è figura di un certo interesse, con una inclinazione alla storia<br />

dell’Ateneo, autore di una rievocazione di Spallanzani e soprattutto del De lingua Latina excolenda Opusculum Iovi<br />

Latiari sacrum, Ticini, ex Typographia Bolzani, 1810, nel quale rivendica l’uso anche universitario del latino, secondo<br />

coordinate culturali che si è visto avere trovato anche riscontro normativo l’anno successivo. Mi pare di potere poi<br />

identificare nel Perondoli il “buono e dottissimo vecchietto” di cui Scarpa scrive il 3 agosto 1810 a Luigi Lanfranchi,<br />

Ispettore della R. Biblioteca di Pavia, e nel De lingua Latina excolenda l’opuscolo che dice di avere “letto con avidità<br />

e per la grande stima che ho dell’Autore e per l’importanza dell’argomento”. Scarpa aggiunge: “L’epoca della decadenza<br />

precipitosa della nostra Univ.tà data dal momento in cui Rasori Segretario del Ministro dell’Interno ha estorto<br />

l’ordine che tutte le nostre Scuole fossero in Lingua Jtaliana”. Un altro giudizio critico di Scarpa, legato questa volta<br />

alle pratiche di reclutamento, si legge nella lettera a N. Morigi, 26 settembre 1808, ora in Lettere a Nicola Morigi<br />

cit., p. 88: “Finiranno per prendere un giovinotto, e così d’anno in anno questa <strong>Università</strong>, già languente, ritornerà<br />

al primiero stato della ridicola <strong>Università</strong> di Pavia, quale era circa quarant’anni fà”.<br />

64 è uno dei frammenti delle Questioni intorno alla indipendenza italiana, concepite probabilmente come secondo<br />

discorso Della servitù dell’Italia (EN, VIII, p. 256).<br />

65 Speranza che, si sa, progressivamente era andata spegnendosi in Foscolo, ma che pure si manteneva accesa;<br />

con la restaurazione austriaca, nel 1814, tutto era finito. Vd. per tutti, ancora illuminante, L. Salvatorelli, Il pensiero<br />

politico italiano dal 1700 al 1870, Torino rist. 1975, p. 140 ss.<br />

66 Naturalmente, non si deve sopravvalutare l’effettiva disponibilità alla coscrizione: vd. alcuni documenti sulla<br />

renitenza <strong>degli</strong> studenti a vestire l’uniforme in <strong>Università</strong> (anche per il disappunto di essere confusi con le guardie di<br />

finanza) e dei docenti ad assumere il comando <strong>degli</strong> esercizi militari, riportati da Ferraresi, Formazione professionale<br />

civile e militare cit., p. 783 nt. 121 e 122. Vd. anche il Rapporto di Moscati al Vice-Re, del 25 novembre 1808 (ASM,


Studi p.m. 2), in cui difende l’esercizio militare nei Licei, poiché abbisogna “troppo all’Italia degenerata, che lo spirito<br />

marziale accenda di nuovo l’animo dei suoi cittadini”. Sulle scuole militari pavesi, vd. F. Zucca, L’istruzione militare<br />

durante il Regno italico. Una svolta culturale, in Stato cultura e società cit., p. 21 ss.<br />

67 Testo in EN, XIII.1, p. 3 ss. Per un accenno, nel quadro di una lettura importante del Foscolo pavese, vd.<br />

Barbarisi, Il fine della poesia e le responsabilità del letterato cit., p. 165. Alcune considerazioni giuridiche sul testo<br />

foscoliano, da un’altra angolatura, in R. Ferrante, “Padroni dell’uso de’ capitali senza le leggi proibitive <strong>degli</strong> altri<br />

Governi”. Diritto penale ed economia nelle Isole Ionie, in Codice penale <strong>degli</strong> Stati Uniti delle Isole Jonie (1841), a c.<br />

di S. Vinciguerra, Padova <strong>2008</strong>, cxlix.<br />

68 L’art. 2 della sez. IV, Dell’Istruzione, è una vera e propria sintesi delle tesi Dell’origine e dell’ufficio della letteratura:<br />

“Letterarie discipline sono la storia, l’oratoria e la poesia, tutti quegli studi insomma che esercitano l’intelletto<br />

per mezzo de’ sentimenti del cuore; che insegnano a sentire passioni belle e generose, e rappresentarle, e desumere<br />

quindi, e diffondere e perpetuare costumi, opinioni e principj utili alla vita pratica giornaliera <strong>degli</strong> uomini” (EN,<br />

XIII.1, p. 18 s.).<br />

69 La critica alla divisione in fazioni era un punto nodale dell’analisi storico-politica di Foscolo. Vd. il Discorso<br />

agli italiani di ogni setta (EN, VIII, p. 181 ss.): “A rifare l’Italia bisogna disfare le sette”. Per il rimedio, vd. Stato politico<br />

delle Isole Jonie, sez. III, Dell’Unione (EN, XIII.1, p. 18): “... la concordia non consiste tanto nella tranquillità delle<br />

opinioni, bensì nel disinteresse con cui le si professano, e nello scopo a cui le si diriggono; e lo scopo dev’essere la<br />

prosperità della patria (...). Perché le opinioni siano giuste ... è necessario che i cittadini siano istruiti”.<br />

Dario Mantovani<br />

Appendice alla Prolusione<br />

Come “indovinare le sapientissime intenzioni dell’Altezza Imperiale”: la genesi del Decreto 15 novembre<br />

1808.<br />

1. All’indomani del suo arrivo a Pavia, il 2 dicembre 1808, Foscolo scrive a Monti: “Qui si sa il<br />

decreto com’io lo sapeva” (EN, XV, p. 525, nr. 697). Il decreto, ovviamente, è quello famoso, datato 15<br />

novembre 1808, che aboliva le cattedre universitarie del primo anno, inclusa quella di Eloquenza. La<br />

frase di Foscolo potrebbe essere intesa come una semplice allusione a voci diverse ch’erano circolate<br />

sul contenuto della riforma, come spesso avviene a proposito di provvedimenti di fresca data, che non<br />

s’è ancora avuto modo di leggere, ma solo di conoscere tramite i soliti ‘bene informati’. Invece, la frase<br />

allude a una vicenda più complessa, cioè al fatto che, dopo la firma apposta il 15 novembre dal Vice-Re<br />

Eugenio di Beauharnais, il Decreto era stato ritirato e riscritto, con modifiche che toccavano precisamente<br />

le cattedre universitarie di primo anno, in un susseguirsi di prese di posizione che per tutta la seconda<br />

metà di novembre dovette dare adito alle più vive incertezze. Foscolo era al corrente di questo retroscena,<br />

probabilmente tramite il Segretario di Stato Luigi Vaccari (vd. lettera di Foscolo a Monti, 1 dicembre<br />

1808: EN, XV, p. 522, nr. 695, citata supra, nt. 35).<br />

La vicenda, di cui è rimasta traccia nelle carte conservate all’Archivio Storico di Milano (in particolare,<br />

Discorso inaugurale del Rettore <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

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42<br />

nelle cart. Studi p.m. 2 e 684 e Autografi, Romagnosi, 181), merita di essere raccontata (integrando con<br />

alcuni dettagli il quadro già definito da Ferraresi, Formazione professionale civile e militare cit., 809 ss.),<br />

sia perché apre uno spiraglio sui processi normativi del Regno d’Italia napoleonico, sia perché aiuta a<br />

meglio comprendere la riforma che colpì la cattedra foscoliana.<br />

2. Come s’è accennato (supra, § 2), la cattedra di Eloquenza italiana e latina della Facoltà legale si<br />

trovò all’incrocio - e infine fu vittima - di due distinte riforme, quella specifica dell’insegnamento legale<br />

(promossa dal ministero della Giustizia) e quella più generale che mirava a coordinare Licei e <strong>Università</strong><br />

(che rientrava nelle cure del ministero <strong>degli</strong> Interni). Proprio in virtù di questa collocazione mediana, la<br />

sua sorte rimase in dubbio più a lungo rispetto a quella di altre cattedre del primo anno d’<strong>Università</strong>: vi<br />

fu insomma chi coltivò l’ipotesi che, abolita come cattedra ‘propedeutica’ (per effetto dello spostamento<br />

ai Licei <strong>degli</strong> insegnamenti di questo tipo), se ne potessero modificare gli obiettivi formativi – trasformandola<br />

in cattedra di Eloquenza più specificamente destinata alla retorica forense – e così mantenerla<br />

attiva nella Facoltà legale riformata (per un primo intervento in questo senso del Direttore Generale alla<br />

p. Istruzione, Pietro Moscati, che risale addirittura al 28 giugno 1808, vd. Ferraresi, Formazione professionale<br />

civile e militare cit., 800 nt. 162).<br />

Ancora nel Progetto di Regolamento per gli studj Politico-Legali del Regno d’Italia concepito da Gian<br />

Domenico Romagnosi e inviato con un apposito Rapporto dal Ministro della Giustizia Giuseppe Luosi<br />

al Vice-Re il 4 settembre 1808 (ASM, Studi p.m. 2), la Facoltà Legale prevedeva la cattedra di Eloquenza<br />

del Foro, al terzo anno (Progetto, art. 1 e 3). Si trattava, tuttavia, di un insegnamento rinnovato - nel<br />

nome, nell’obiettivo formativo (ristretto all’eloquenza giudiziaria) e nella collocazione - rispetto a quello<br />

di Eloquenza italiana e latina tenuto da Foscolo.<br />

A questa ridefinizione della materia, che pur la salvava come cattedra universitaria, s’oppose però,<br />

in modo che si può definire avvolgente, il Ministro <strong>degli</strong> Interni Ludovico Di Breme, nelle Osservazioni<br />

indirizzate al Vice-Re il 22 settembre (ASM, Studi p.m. 2, p. 4): “Parmi (…) che l’insegnamento dell’Eloquenza<br />

del Foro possa essere disimpegnato dai Professori di Eloquenza esistenti in ciascuna <strong>Università</strong>;<br />

e forse questa anche sarà stata l’idea del Gran Giudice. Lo scopo, ed i mezzi dell’eloquenza essendo gli<br />

stessi, e diversificando solamente gli oggetti ai quali la medesima è applicata, potrebbe in diverso caso<br />

sembrar superflua l’istituzione di separate Cattedre per l’eloquenza del Foro. Basterà per avventura, che<br />

a coloro, i quali vogliono essere addestrati in questa facoltà, il Professore d’Eloquenza additi le norme<br />

speciali per trattare gli oggetti forensi, ed i caratteri che distinguono le orazioni di tal fatta da quelle, che<br />

versano sopra altri argomenti; analizzando, e sviluppando loro le più belle, e più applaudite aringhe<br />

dei più celebri oratori”. Si tratta di una osservazione nella quale è difficile non leggere un tentativo del


Di Breme (e del Moscati, Direttore Generale della Pubblica Istruzione che dal Di Breme dipendeva) di<br />

salvare la cattedra di Foscolo con caratteristiche pressoché immutate.<br />

Va aggiunto, che lo stesso 22 settembre 1808, sempre il Ministro dell’Interno Di Breme rassegnava al<br />

Vice-Re un Progetto di Decreto tendente ad obbligare i Giovani, che vogliono conseguire i gradi Accademici<br />

a compiere nei Licei gli studj prescritti pel primo anno, ove si lamenta che molti studenti preferissero<br />

seguire i corsi propedeutici all’<strong>Università</strong> invece che al Liceo, perché erano meno impegnativi (ASM,<br />

Studi p.m. 2): questo Progetto è il nucleo del secondo elemento che, insieme alla riforma <strong>degli</strong> studi<br />

politico-legali, darà corpo al decreto 15 novembre 1808.<br />

Va notato che Di Breme propone esplicitamente di esonerare dall’obbligo di compiere gli studi nei<br />

Licei gli abitanti del distretto di Pavia e dei dipartimenti ov’erano le <strong>Università</strong> di Padova e Bologna,<br />

proprio per non dovere abolire le cattedre universitarie corrispondenti agli studi liceali (così nell’art. 4<br />

della bozza di Decreto allegata al Progetto). La riflessione di quello stesso 22 settembre, sulla sorte dei<br />

professori di Eloquenza, che si è riferita poco sopra, era dunque già inserita da Di Breme in un ragionamento<br />

che contemplava - e cercava di scongiurare - il rischio che si procedesse all’abolizione delle<br />

cattedre universitarie di primo anno.<br />

3. Forse temendo che la reinterpretazione suggerita dal Di Breme riguardo agli obiettivi formativi<br />

dell’Eloquenza del Foro, troppo in continuità con i contenuti tradizionali, ne mettesse in pericolo la nuova<br />

definizione, il Ministero della Giustizia Luosi (con Romagnosi) mise subito mano ad un ritocco della<br />

parte di riforma di sua competenza (troppo sarebbe vedere in questo ritocco un tentativo di Romagnosi<br />

di favorire l’aspirazione dell’amico avvocato Luigi Bramieri alla nuova cattedra, su cui vd. supra, nt. 34).<br />

è, infatti, del successivo 1 ottobre il Progetto, redatto da Romagnosi, di istituire in Milano una cattedra<br />

di Eloquenza del Foro (ASM, Autografi, Romagnosi, 181), fino ad allora non contemplata fra le Scuole<br />

Speciali che dovevano costituire il coronamento <strong>degli</strong> studi giuridici (non era cioè fra le tre Scuole - di<br />

Legislazione, Diritto amministrativo e Diritto pubblico riguardante le corrispondenze coll’estero - previste<br />

da Romagnosi e Luosi nel Progetto di Regolamento per gli Studj Politico Legali del 4 settembre, art. 46,<br />

citato qui sopra).<br />

Con questo Progetto del 1 ottobre, l’insegnamento di Eloquenza del Foro viene perciò sganciato<br />

dall’<strong>Università</strong> e trasportato fra le Scuole speciali post-lauream.<br />

4. La contromossa di Luosi e Romagnosi ebbe successo, così che nel Decreto firmato da Eugenio di<br />

Beauharnais il 15 novembre, l’Eloquenza del Foro non è più fra le materie universitarie e viene invece<br />

istituita a Milano una scuola di Eloquenza pratica legale, che - per non fare lievitare i costi - prende il<br />

posto di una Scuola di Diritto amministrativo generale, proposta nel Progetto di Regolamento per gli<br />

Discorso inaugurale del Rettore <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

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Studj Politico Legali del 4 settembre, art. 46 (vd. supra, Appendice, § 2) e concepita da Romagnosi fin da<br />

quello che pare il più antico documento sulle Scuole speciali, il cd. Rapporto sopra la fondazione di tre<br />

scuole di Stato in Milano (s.d., ma forse del 1807, in ASM, Autografi, Romagnosi, 181; vd. supra, nt. 29).<br />

Tuttavia, prima che il Decreto del 15 novembre fosse ufficialmente pubblicato nel tenore in cui noi<br />

lo conosciamo, la sua gestazione fu turbata da un incidente, che diede fiato all’idea – che suggestionò<br />

anche Foscolo – che si potesse intervenire per apportarvi modifiche sostanziali.<br />

L’incidente fu in apparenza minimo. Firmato il 15 novembre dal Vice-Re, il Decreto è inviato il 17<br />

novembre, dal Consigliere Segretario di Stato Vaccari, ai Ministri Di Breme e Luosi. Ma il Decreto contiene<br />

uno svarione nella denominazione della cattedra di “Diritto e procedura penale secondo il Codice<br />

Napoleone”, davanti alla quale, così pare, il Ministro della Giustizia Luosi ha un soprassalto, forse dovuto<br />

anche alla sua inclinazione a elaborare una codificazione nazionale: il giorno successivo alla ricezione,<br />

segnala al Consigliere Segretario di Stato Vaccari che il Codice Napoleone non tratta “propriamente, ed<br />

espressamente che di oggetti civili” (Luosi al Consigliere Segretario di Stato Luigi Vaccari, 18 novembre<br />

1808, ASM, Studi, p.m., 2).<br />

Di qui la decisione immediata, presa dal Vice-Re, di sospendere la pubblicazione del Decreto.<br />

Già di per sé, una misura così drastica sarebbe sorprendente, se si fosse trattato di correggere un mero<br />

errore materiale. La realtà è che quell’errore era giunto provvidenzialmente a coprire l’intenzione di<br />

apportare ben più sostanziose modifiche al Decreto firmato il 15, che dovevano essersi manifestate non<br />

appena il Decreto firmato aveva iniziato a circolare nei ministeri. Conosciamo le modifiche grazie (o per<br />

colpa) dello scrupolo che spinge il Segretario di Stato Vaccari a farsi rispedire, da Di Breme e Luosi, le<br />

copie della prima versione che aveva loro consegnato il 17 novembre. Tali copie sono depositate all’Archivio<br />

di Stato di Milano (Studi, p.m., 2; Di Breme restituì la sua copia il 22 novembre, Luosi il 23) ed è<br />

dunque possibile compiere la collazione con il Decreto che fu riscritto in quei giorni (sempre in ASM,<br />

Studi p.m. 2, è conservata la copia manoscritta della nuova versione, firmata da Eugenio Napoleone, in<br />

una data che appare corretta in 15 novembre, ma è forse 19).<br />

La versione finale, frutto di un frenetico lavorio di cancelleria, fu finalmente pubblicata sul Giornale<br />

Italiano (n. 338, Milano, 3 dicembre 1808, p. 1357 s.; prima pagina riprodotta in “Amate palesemente<br />

e generosamente le lettere e la vostra nazione” cit., 34). è questa versione che fu letta nel concistoro dei<br />

professori cui Foscolo partecipò a Pavia il 5 dicembre (la lettera è riportata supra, nt. 35).<br />

Il confronto fra le due versioni mostra che il Decreto subì, in pochi giorni (verosimilmente, fra il 15<br />

e il 19 novembre), un processo di integrale riscrittura, benché, com’è ovvio, in molte parti la sostanza<br />

sia stata mantenuta identica. Le modifiche sostanziali (oltre alla soppressione della Scuola speciale di


Diritto amministrativo generale, prevista dall’art. 13 prima versione, come conversione della Scuola di<br />

Economia Pubblica) riguardano la parte del Decreto che disciplina gli studi preparatori, cioè il rapporto<br />

fra <strong>Università</strong> e Liceo, e precisamente gli art. 2 e 7 della prima versione. Le modifiche apportate a questi<br />

due articoli mi pare rispondano, se le ho ben intese, a una logica unica, che cerco di esporre.<br />

L’art. 2 della prima versione del Decreto statuiva: “Qualora l’articolo precedente portasse la soppressione<br />

di alcune Cattedre attualmente esistenti in alcuni Licei del Regno, sarà provveduto sopra rapporto<br />

del Ministro dell’Interno alla conservazione di quelle, che saranno giudicate necessarie, sotto il titolo di<br />

Scuole speciali; e se vi fossero de’ Professori, che rimanessero esclusi senza destinazione, godranno del<br />

beneficio dell’art. 60, e seguenti della Legge 4 settembre 1802”. L’articolo s’agganciava esplicitamente<br />

al precedente, conservato anche nella versione definitiva del Decreto, che impone a tutti i Licei la<br />

stessa organizzazione e numero d’insegnamenti che avevano i licei dell’Olona, del Serio e del Mincio<br />

(in base al decreto 14 marzo 1807). A causa di quest’uniformazione, v’era la concreta possibilità che<br />

talune cattedre liceali fossero da abolirsi. Ecco perché l’art. 2 della prima versione del Decreto stabiliva<br />

dapprima un principio di “conservazione delle Cattedre”, nei limiti del possibile e, in seconda battuta,<br />

una indennità per i docenti rimasti senza incarico.<br />

Una norma analoga si trova, per la verità, anche nella versione finale del Decreto, come art. 10,<br />

ma con la fondamentale differenza che qui non si parla più solo di professori di liceo, bensi anche dei<br />

“professori delle università ... che si troveranno soppressi in forza del presente decreto” (anche nel contenuto<br />

la disposizione è stata modificata, in senso meno benevolo, perché non si adotta più il principio<br />

di “conservazione”).<br />

La menzione, nel nuovo art. 10, dei professori universitari - fra quelli messi a rischio dalla riforma - non<br />

sembra casuale, cioè non sembra rispondere a una mera esigenza di completezza o di chiarificazione<br />

di disposizioni comunque implicite nella versione originaria del Decreto. Infatti, la loro menzione si<br />

può collegare ad un’altra novità, ossia all’eliminazione del vecchio art. 7, che, nel Decreto originario,<br />

dava la possibilità agli alunni che si iscrivessero alle varie Facoltà, di esservi ammessi al secondo anno<br />

presentando un certificato d’avere compiuto gli studi preparatori in un Liceo. Tale modalità, nel Decreto<br />

originario, era prevista accanto all’alternativa di sostenere un esame (art. 3), dinnanzi a tre Professori<br />

universitari scelti e presieduti dal Reggente, che verificassero che l’aspirante matricola avesse “fatto tutti<br />

gli Studj preparatorj, necessarj alla Facoltà, in cui egli si è destinato”, studj che vengono elencati, distintamente<br />

per le tre Facoltà, agli art. 4-6 (che corrispondono nei contenuti, salvo lievi modifiche, all’art.<br />

3, nr. 1-3 della seconda versione del Decreto).<br />

Nella seconda versione del Decreto, l’unica possibilità per immatricolarsi è, invece, di affrontare<br />

Discorso inaugurale del Rettore <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

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l’esame condotto dai tre Professori universitari scelti e presieduti dal Reggente, che verifichino che<br />

l’aspirante matricola universitaria abbia “compiuto con frutto in un liceo od in un’altra scuola pubblica<br />

o particolare gli studj preparatorj, necessarj per la facoltà alla quale egli vuol dedicarsi” (art. 2). Come<br />

si può notare, in questa nuova formulazione sono confluiti i due articoli (3 e 7) della prima versione.<br />

Appare chiaro che l’intento era stato quello di eliminare la possibilità che qualcuno si immatricolasse<br />

senza avere studiato al Liceo.<br />

Che questo fosse lo scopo della modifica, appare dalla memoria scritta il 19 novembre - dunque due<br />

giorni dopo il ritiro del Decreto prima versione - da Pietro Moscati, già professore di Anatomia a Pavia<br />

e ora Direttore Generale della Pubblica Istruzione. Nella memoria, indirizzata al Consigliere Segretario<br />

di Stato Vaccari, con preghiera di sottoporla al Vice-Re, Moscati ribadisce proposte di modifiche già<br />

sottoposte il 4 novembre e che non erano state accolte nel Decreto emanato il 15, azzardando “d’indovinare<br />

in certo modo le sapientissime intenzioni dell’A(ltezza) I(mperiale)” che avevano indotto Eugenio<br />

Beauharnais a ritirare il Decreto sotto il pretesto dell’errore materiale.<br />

Moscati dichiara appunto di temere che, in base alla prima versione del Decreto, “qualche studente<br />

non creda di poter andare immediatamente alla università senza avere fatto il corso de’ Licei”. Ciò proprio<br />

perché l’art. 2, come s’è visto poco sopra, prevedeva un esame di merito sulla preparazione <strong>degli</strong><br />

studenti che desideravano immatricolarsi (dunque, apparentemente, anche senza avere compiuto regolari<br />

studi liceali), distinto dall’art. 7, che invece disponeva una verifica del certificato di frequenza del Liceo.<br />

Sembra dunque che la nuova versione del Decreto, scritta forse quello stesso giorno 19 novembre,<br />

abbia accolto questo suggerimento di Moscati.<br />

Ma c’è di più: nella nuova versione, viene reso esplicitamente impraticabile seguire gli studi preparatori<br />

all’<strong>Università</strong>, come avveniva in precedenza. Siamo così al punto cruciale: il famoso secondo comma<br />

dell’art. 4 (“Tutte le cattedre quindi attualmente esistenti nelle università per l’insegnamento de’ corsi<br />

del primo anno, sono e restano soppresse”), quello che abolisce anche la cattedra di Eloquenza, è una<br />

novità della seconda versione del Decreto. è vero, infatti, che già nella prima versione l’Eloquenza non<br />

era inclusa fra le cattedre della Facoltà legale, ma questo non significa che ne fosse sancita l’abolizione:<br />

essa avrebbe (forse) potuto sopravvivere, appunto come cattedra preparatoria. Il comma aggiunto suggella<br />

la completa distinzione fra Licei e <strong>Università</strong> e dà piena forza al principio per cui gli studj preparatori<br />

si possono compiere soltanto al Liceo.<br />

5. Se la decisione di abolire le cattedre universitarie di primo anno sia stata presa da Eugenio di<br />

Beauharnais, per motivi economici, o gli sia stata insufflata da altri, solo nuovi documenti o una lettura<br />

più attenta di quelli disponibili potrà dirlo. Quel che si può escludere è che l’abolizione sia stata un


suggerimento di Pietro Moscati. Nella stessa Memoria che fu - se non vado errato - così influente sulla<br />

riscrittura del Decreto, egli proponeva infatti proprio la conservazione delle cattedre universitarie pro-<br />

pedeutiche, non tanto come scelta di principio, ma per supplire alla mancanza di Licei nelle tre città<br />

universitarie (l’articolo che Moscati propone di inserire è: “I giovani domiciliati ne’ Dipartimenti del Reno,<br />

e della Brenta ove non esistono Licei, ponno percorrere sulla propria università le Cattedre corrispondenti<br />

a quelle prescritte all’Articolo settimo facendo colà il corso completo della propria Facoltà secondo le<br />

disposizioni del Piano <strong>degli</strong> Studi art. VIII. Altrettanto si concede a quelli del distretto di Pavia”). è notevole,<br />

mi pare, per percepire il viluppo di relazioni che correva fra i (pochi) personaggi che muovevano<br />

la politica culturale e scolastica del Regno, che Foscolo, in una lettera a Monti scritta il 2 dicembre<br />

1808, cioè meno di due settimane dopo la Memoria di Moscati, ripetesse lo stesso argomento (lettera a<br />

Monti, in EN, XV, p. 525, nr. 697): “Bologna e Padova, città prefettizie, non hanno licei: le cattedre di<br />

primo anno, e l’eloquenza fra queste, suppliscono agli studi dipartimentali; converrà dunque lasciare<br />

le eloquenze a’ Bolognesi e Padovani; quelle <strong>Università</strong> devono averla, poiché que’ dipartimenti non<br />

hanno licei. Sventuratamente Pavia non è città prefettizia, e il liceo dell’Olona è a Milano: ma si vorrà<br />

egli torre a questa università, la più nobile di tutte, una cattedra che non si potrà togliere alle altre due?”.<br />

Quel che Foscolo forse non sapeva ancora era che quell’eccezione non era stata accolta nemmeno<br />

per Bologna e Padova, dunque tanto meno lo sarebbe stata per Pavia. Il 25 novembre, infatti, Moscati<br />

innalzò al Vice-Re Eugenio una nuova memoria, nella quale sostiene di “implorare alcune dichiarazioni<br />

sopra varj articoli” onde poter “ben conoscere la Sovrana Sua Mente”, ed ottenne risposta del Vice-Re il<br />

27 novembre, in forma di rescritto apposto sulla stessa memoria (ASM, Studi p.m., 2): in quel rescritto,<br />

Eugenio di Beauharnais conferma che non c’è spazio per eccezioni e che bolognesi, patavini e pavesi<br />

possono ben frequentare i Licei delle città vicine.<br />

Pietro Moscati (o il di lui segretario Luigi Rossi) doveva tuttavia avere ben care le sorti di Foscolo, se<br />

nella stessa memoria (oltre ad assicurarsi che i professori soppressi godessero dello stipendio per l’intero<br />

anno <strong>accademico</strong> appena iniziato) s’azzardava a chiedere che, così come quella di Letteratura Greca<br />

(su cui vd. Ferarresi, Formazione professionale civile e militare cit., 810 nt. 190), almeno la cattedra di<br />

Eloquenza fosse mantenuta, con compiti nuovi: “L’altra cattedra d’Eloquenza Italiana, e Latina sembra<br />

del pari utilissima, e decorosa per l’università. è vero che ne’ Licei esiste la Scuola di Belle lettere unita<br />

allo Studio della Storia: ma questa non ha lo scopo, e l’ampiezza di quella. La Cattedra di Belle Lettere<br />

si limita a dare precetti Rettorici, a formare Scrittori corretti nello stile, ad instillare i Principj del Buon<br />

Gusto. La Cattedra d’Eloquenza vuol formare Uomini Dotti, e profondi nell’Alta Letteratura, nella Poetica,<br />

nell’Oratoria”.<br />

Discorso inaugurale del Rettore <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

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Anche questo - in termini simili - sarà un argomento invano accarezzato, pochi giorni dopo, da Fo-<br />

scolo (sempre nella lettera a Monti 2 dicembre 1808): “L’eloquenza nei licei! ma l’eloquenza è ella forse<br />

la rettorica? ... Certo che quando io fui scelto alla cattedra ... io intendeva di professare non la rettorica<br />

... bensì quell’arte che è fondata sulla mente e sul cuore dell’uomo, che insegna a pensare e a sentire, a<br />

persuadere ciò che si pensa, a dipingere ciò che si sente ...”.<br />

Ma anche in questo caso, ancor prima che Foscolo scrivesse a Monti ai primi di dicembre, il tentativo<br />

di sottrarre la cattedra al suo fato funesto, attraverso una nobile ridefinizione dei suoi obiettivi formativi,<br />

era stato cassato dal rescritto di Eugenio di Beauharnais, il 27 novembre, con parole che, accostate a<br />

quelle del poeta, fanno ancora più impressione nella loro pomposità e, in fondo, brutalità di decisore:<br />

“J’ai bien entendu réellement supprimer toutes les chaires des universités consacrées à la première<br />

année. (...). Nous ne sommes pas assez riches pour faire des doubles emplois; et une dépense pour l’enrichissement<br />

des Cabinets ou Laboratoires lors qu’elle sera possible, sera plus profitable à l’instruction<br />

en général, qu’une dépense en traitements. Je ne pense pas qu’une chaire d’éloquence ait produit un<br />

orateur. Je crois que le talent oratoire est le résultat d’un bon enseignement dans toutes les parties de<br />

l’instruction, et puis de l’esprit et de l’imagination des Elèves. Ni Cicéron ni Bossuet n’avaient jamais eu<br />

de professeurs d’éloquence; mais tous deux avaient fait de bonnes études; tous deux étaient nés avec<br />

les dispositions d’esprit propres à les constituer orateurs; tous deux avaient lus de bons modèles. Toutes<br />

les fois que nous trouverons les mêmes moyens réunis, nous devrons compter sur les mêmes résultats”.<br />

Con questo rescritto, nonostante nei giorni successivi Foscolo ancora s’illudesse ripetendo gli stessi<br />

refrain e ancora nella primavera dell’anno seguente Moscati tornasse invano a sondare le “sapientissime<br />

intenzioni” del Vice-Re (vd. supra, nt. 43), la sorte della cattedra era definitivamente segnata, rovesciata<br />

ancora prima che il Foscolo vi salisse.


<strong>Inaugurazione</strong> della<br />

mostra documentaria<br />

dedicata ai duecento anni<br />

dell’Orazione foscoliana<br />

«Amate palesemente e generosamente le lettere e<br />

la vostra nazione».<br />

Ugo Foscolo nell’Ateneo pavese<br />

Salone Teresiano della Biblioteca Universitaria<br />

Docente di Letteratura italiana e di Metrica e Stilistica<br />

«Io me la passo benissimo, e se lavoro non posso lagnarmi <strong>degli</strong> uomini,<br />

dacché non faccio lezione senza che tutta la città venga ad udirmi, e gli stessi<br />

professori dell’<strong>Università</strong>, e senza che la scolaresca non m’accompagni a casa<br />

tra gli evviva». Così Foscolo scriveva alla madre il 3 febbraio 1809, 1 da Pavia,<br />

dove era arrivato ai primi di dicembre dell’anno precedente.<br />

Nel marzo del 1808 si era presentata al poeta, stanco della vita militare,<br />

l’allettante possibilità di dedicarsi «alla quiete e alle lettere» 2 ottenendo la<br />

cattedra di Eloquenza all’<strong>Università</strong> di Pavia, la stessa che qualche anno prima<br />

– dal 1802 al 1804 – era stata occupata da Vincenzo Monti. La cattedra gli venne<br />

infatti assegnata con decreto vicereale datato 10 marzo, per “chiara fama”: «È<br />

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52<br />

Ugo Foscolo giovane abbastanza noto nella repubblica letteraria per sommo e raro ingegno, di cui ha<br />

dato e dà tuttora luminosi argomenti colle sue produzioni in verso ed in prosa. Il pubblico ha giudicato<br />

abbastanza de’ suoi talenti e del suo merito in questa parte, per non abbisognare di prove ulteriori». 3<br />

Ma ecco sopraggiungere un imprevisto e grave ostacolo: l’abolizione della cattedra, nel quadro di una<br />

ristrutturazione dell’insegnamento universitario prevista dal decreto del 15 novembre 1808, pubblicato sul<br />

«Giornale Italiano» del 3 dicembre, che tra l’altro sanciva la soppressione di tutte le cattedre universitarie<br />

relative ai corsi del primo anno, pur garantendo ai professori titolari di tali cattedre lo stipendio per l’anno<br />

in corso, e lasciando loro la libertà di fare o non fare lezione. Foscolo decise senza esitazione di tenere<br />

regolarmente il suo insegnamento: «voglio attendere con tutte le forze dell’ingegno, del corpo e del<br />

cuore alle lezioni; se mi cacciano da un posto datomi senza averlo chiesto, voglio almeno fare in modo<br />

che tutta Pavia gridi vendetta, e che il grido si sparga per tutte le città che hanno mandato scolari. Le<br />

lezioni cominceranno (esattamente tutti i giovedì e le domeniche, giorni di vacanza nelle altre cattedre<br />

onde tutti possano venire ad ascoltarmi) dopo il 15 di gennaro, tempo in cui reciterò la prolusione». 4<br />

Foscolo arrivò dunque a Pavia a trent’anni, accompagnato dalla fama di un’attività letteraria<br />

già intensa e di altissimo livello (dal Tieste alle Ultime lettere di Jacopo Ortis, dalla poesia civile al<br />

seletto canzoniere ai recenti Sepolcri) e di una vicenda biografica non comune: uomo non bello ma<br />

di grande fascino, aveva dato prova di coraggio nelle armi e di tumultuosa dedizione nelle passioni<br />

amorose. Prese dimora in una bella casa tre-quattrocentesca, di proprietà Bonfico, sita in Borgo Oleario<br />

(divenuta via Foscolo nel 1874), che arredò con la consueta prodigalità, contento di riuscire ad essere<br />

«elegantemente, largamente, e caldamente alloggiato». 5<br />

In una lettera al Monti del 2 dicembre esprimeva profonda soddisfazione per poter insegnare nella<br />

<strong>Università</strong> da lui definita «la più nobile di tutte», 6 e due giorni dopo così descriveva all’amico Paolo<br />

Giovio un divertente e divertito scorcio della sua nuova vita accademica: «ier l’altro, ieri, ed oggi mi<br />

sono rivestito di nero che pareva l’arcidottore Mercuriale, e […] seguitato da un bidello toscaneggiante e<br />

ciceroneggiante sono andato a far visite di puntiglio a più di trenta professori, dando a tutti e ricevendo<br />

da tutti una porzione di complimenti preparati secondo la ricetta accademica». 7<br />

Per il resto, conduceva vita appartata, quasi interamente dedita alla preparazione della lezione inaugurale,<br />

fissata dapprima per il 15 gennaio, e poi rimandata al 22: «la prolusione mi tiene il cervello, il cuore, e<br />

le mani per più ore il giorno; e spesso mi lascia spalancati gli occhi le notti intere». 8 Fuori, il tempo era<br />

freddo e nebbioso, e una neve «alta e cristallina» 9 ricopriva le strade: «m’alzo […] a far rivivere più allegra<br />

la fiamma del mio caminetto, che correggerà forse la tristezza della nebbia tenebrosa, la quale s’addensa<br />

sulle mie finestre, e si rovescia sull’anima mia». Così scriveva al Giovio il 4 dicembre, 10 né la situazione


climatica migliorò nei giorni seguenti: «freddo da bruciare un carro di legna per settimana scaldandosi ed<br />

arrostendosi il corpo dinanzi, ed esponendo al vento ed al reuma le spalle. […] Freddo insolito! La neve<br />

è alta undici once […] ed è gelata per terra quasi da per tutto, cosa che non ho veduta neppure a Calais:<br />

stamattina alle dieci il mio termometro appeso fuori della finestra discese oltre il grado 9 ½ sotto lo zero». 11<br />

Arrivò finalmente il giorno dell’esordio del professor Foscolo: 22 gennaio, domenica, ore 12, in<br />

Aula Magna (oggi Aula Foscoliana), alla presenza di molti professori, tra i quali Alessandro Volta e<br />

Antonio Scarpa, magistrati, notabili, allievi, amici arrivati da Como, Cremona, Milano (Monti e<br />

Brunetti), numerose signore. La lezione, che con stile alto e appassionato esaltava la funzione civile<br />

della letteratura, durò un’ora e mezzo ed ebbe grande successo, come testimoniano i “rapporti” spediti<br />

dal Reggente (Rettore) dell’<strong>Università</strong>, Giovanni Gratognini, sia al direttore generale della Pubblica<br />

Istruzione («Il concorso d’ogni ordine di persone fu grandissimo, e grandissima era in tutti l’aspettazione<br />

[…] Universali, frequenti, e veramente sinceri furono gli applausi […] Un’ora e mezza di discorso<br />

sembrò breve durata ad ogni uditore; e in sul finire del ragionamento, ove colse l’Oratore l’occasione<br />

di raccomandare lo studio della storia patria agl’Italiani, tutti si scossero alle lusinghe dell’onore<br />

nazionale. Tutti gridarono alle stampe») che al Ministro dell’Interno, con parole simili ma con maggiori<br />

dettagli relativi all’accoglienza da parte del pubblico: «Personaggi, che di costì vennero ad udirlo,<br />

distinti per luminosi impieghi, e per celebrità letteraria manifestarono in mille modi gentili la loro<br />

sincera approvazione, e la vivace Scolaresca non contenta de’ replicati applausi nell’aula, accompagnò<br />

fra gli Evviva l’Oratore alla casa». 12<br />

Dopo la lezione, dunque, gli studenti accompagnarono in corteo Foscolo, elegantissimo nell’abito<br />

dottorale confezionato appositamente da un sarto milanese; di fianco a lui, il Monti. Lasciata Strada<br />

Nuova, imboccarono l’attuale corso Mazzini (allora Contrada di San Romano, prolungantesi in Contrada<br />

di San Innocenzo), toccarono la Contrada dell’acqua dove abitava Volta, rasentando l’Orto Botanico,<br />

fino in Borgo Oleario.<br />

Il giorno seguente, Monti mandò a Foscolo un biglietto per informarlo che la cattedra milanese alla<br />

quale aspirava era stata invece assegnata ad Angelo Anelli, aggiungendo: «Desidero e spero che ciò<br />

non debba alterarti in quanto all’importanza del posto, che pel tuo ingegno sarebbe stato una specie di<br />

sepoltura; ma deve farti aprir gli occhi sull’avvenire. Il tuo massimo studio dev’essere il conservarti la<br />

grazia del Principe. Aggiungi dunque alla tua prolusione (te ne scongiuro) due parole, un cenno, che<br />

apertamente tocchi le lodi dell’Imperatore e del principe. Questa è una costumanza dalla quale non<br />

puoi prescindere senza dar campo a odiose illazioni». 13<br />

Ma respingendo l’invito con dignitosa fermezza, Foscolo rispose: «dell’avvenire né spero né temo;<br />

onde poiché avrò fatto ciò ch’io dovrò come uomo libero, devoto alla patria, alle lettere ed alle leggi,<br />

Discorso inaugurale del Rettore Prolusione Prof. Mantovani Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

53


54<br />

lascerò che la Fortuna si studi di farmi ridere o piangere. Con questo consiglio ho scritta l’orazione;<br />

così l’ho pronunziata; così la stamperò senza che le speranze o i timori o le previdenze mi facciano<br />

aggiungere o togliere sillaba. […] Questo sia detto oggi per sempre». 14<br />

Dopo la seconda e la terza lezione, tenute rispettivamente il 2 e il 3 febbraio 1809, 15 il soggiorno pavese<br />

di Foscolo ebbe una lunga interruzione, nella consapevolezza rassegnata dell’imminente conclusione<br />

della sua brevissima carriera accademica, poiché ormai era chiaro che la cattedra pavese non sarebbe<br />

stata reintegrata. Per la quarta lezione aspettò fino al 18 maggio, poi in due giorni consecutivi (5 e 6<br />

giugno) tenne la quinta e la sesta. 16 Commosso è il resoconto dell’ultima lezione conservatoci da una<br />

lettera al Giovio del 7 giugno: «Ieri ho pronunziata l’ultima lezione; e tuttochè non fosse rivolta che al<br />

nudo insegnamento, gli ascoltanti tutti a mezza recita cominciarono a mostrarsi commossi; la sala e le<br />

finestre erano affollate di volti che ascoltavano con mesta attenzione; e gli occhi miei rivolgendosi nel<br />

discorso incontravano molti occhi pieni di lagrime, forse perché tutti sapeano che m’udivano per l’ultima<br />

volta, e che non mi avrebbero più veduto. La lezione passò l’ora di molto, ed io oltre alla stanchezza<br />

della vigilia durata per scriverla, e della declamazione, mi sentiva anche vinto dalla commozione<br />

comunicatami dagli ascoltanti, e ho dovuto a gran forza raccogliere tutti gli spiriti della voce e del cuore<br />

per poter pronunziare le ultime pagine». Nella stessa lettera, Foscolo ci offre una sorta di “consuntivo”<br />

della sua esperienza d’insegnamento: «Ecco le memorie che mi resteranno come tesoro della nobiltà<br />

e dell’amore con cui ho coltivati gli studi, e gli ho in questi pochi mesi rivolti all’utile della gioventù e<br />

della patria; memorie che mi compenseranno almeno in parte dell’ire della fortuna, e della guerra che<br />

solo per decreto della natura alimento sempre dentro di me: – ma non si può avere tutto nel mondo. Altri<br />

dunque abbiasi agi e riposo, mentr’io mi conforterò d’altri premj e d’altre speranze per procacciarmi<br />

rassegnazione ne’ mali inseparabili dalla vita. – E veramente oggi sarei più reo che mai se non sacrificassi<br />

con gratitudine all’amor delle lettere e dell’Italia, a cui solo son pur debitore se l’anima mia, benchè<br />

sempre in tempesta, non è almeno inondata da turpi e forsennate passioni». 17<br />

Amor delle lettere e dell’Italia. Proprio come – e non sarà un caso – nell’esortazione conclusiva<br />

dell’Orazione inaugurale: «Amate palesemente e generosamente le lettere e la vostra nazione».<br />

* * *<br />

L’itinerario della Mostra prevede tre sezioni: la prima – la più ampia – è quella cui meglio si addice<br />

il titolo “Ugo Foscolo nell’Ateneo pavese”, e si articola in due parti, dedicate l’una all’insegnamento<br />

di Foscolo e l’altra al contesto universitario pavese di quel periodo; la seconda sezione ricostruisce il


viaggio dalla nativa Zante a Pavia, cioè il curriculum del professor Foscolo, che è eccezionale in quanto<br />

– come detto – la cattedra gli viene conferita “per chiara fama” (non data però dai titoli scientifici, quasi<br />

inesistenti, ma tutta letteraria e di qualità eccellente). La terza sezione guida al cammino biografico e<br />

letterario foscoliano che segue la breve esperienza pavese, da Milano a Firenze – con l’operosa stagione<br />

delle Grazie – all’esilio – dove la letteratura è ormai frequentata sul versante critico più che su quello<br />

creativo – e oltre, con pochi ma significativi documenti successivi alla morte.<br />

In merito al valore e all’interesse delle opere in mostra (un centinaio, fra manoscritti, libri, documenti<br />

d’archivio, quadri, reperti di vario tipo) credo siano eloquenti le schede del Catalogo18 ; basti qui accennare<br />

a pochi dati: per la prima volta sono visibili in una Mostra, tra l’altro, la relazione dell’orazione<br />

inaugurale foscoliana che il Reggente Giovanni Gratognini inviò il giorno successivo (23 gennaio 1809)<br />

a Pietro Moscati, Direttore Generale della Pubblica Istruzione (conservata all’Archivio di Stato di Pavia)<br />

e il manoscritto del Piano di studj del 1796, di proprietà del Museo per la Storia dell’<strong>Università</strong> e attualmente<br />

in deposito presso la Biblioteca Universitaria. E dal Museo proviene pure un reperto di singolare<br />

interesse: un calco in gesso del cranio di Foscolo fatto eseguire da Paolo Mantegazza in occasione della<br />

traslazione delle (vere o presunte) spoglie del poeta a Santa Croce nel 1871. Manoscritti e libri per lo più<br />

rari o rarissimi sono prestati dalla Biblioteca e soprattutto dal Fondo Manoscritti dell’<strong>Università</strong> di Pavia,<br />

che ha avuto in dono il Fondo Ottolini (nel 1991) e l’inestimabile Fondo Acchiappati (in più riprese, a<br />

partire dal 1988). Dei manoscritti e libri donati da Gianfranco Acchiappati, per lungimirante generosità<br />

e per amicizia nei confronti di Maria Corti, allora direttrice del Fondo da lei creato, citerò solo – fra i<br />

molti esempi che potrei fare – l’Omaggio a Luigia Pallavicini, opuscolo uscito nel 1800 in edizione non<br />

venale, in pochissime copie: la stampa foscoliana più rara in assoluto, di cui sono noti solo due esemplari;<br />

uno è conservato nella Biblioteca Braidense di Milano, l’altro è quello esposto qui.<br />

La presenza all’inaugurazione della Mostra del Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano,<br />

oltre a costituire motivo di grande orgoglio, sembra riaffermare idealmente uno dei più attuali principi<br />

del magistero poetico e <strong>accademico</strong> di Ugo Foscolo: il forte e imprescindibile rapporto tra letteratura e<br />

valori civili.<br />

1 Ugo Foscolo, Epistolario, a cura di Plinio Carli, Firenze, Le Monnier, v. III, 1953, p. 46.<br />

2 Lettera del 9 marzo 1808 di Foscolo a Costantino Naranzi il giovane (Epistolario, cit., v. II, 1952, p. 391).<br />

3 Così si legge nel rapporto dell’allora ministro dell’Interno Luigi Di Breme. Cfr. Ludovico Corio, Rivelazioni<br />

storiche intorno ad Ugo Foscolo, Milano, Libreria editrice di educazione e d’istruzione di Paolo Carrara, 1873, p. 52.<br />

Discorso inaugurale del Rettore Prolusione Prof. Mantovani Premi, Riconoscimenti e Borse<br />

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56<br />

4 Lettera del 7 dicembre 1808 a Ugo Brunetti (Epistolario, cit. v. II, p. 540).<br />

5 Lettera del 4 dicembre 1808 a Paolo Giovio (ivi, p. 531).<br />

6 Lettera del 2 dicembre 1808 a Vincenzo Monti (ivi, p. 525).<br />

7 Ivi, p. 531.<br />

8 Lettera a Vincenzo Monti del 12 dicembre 1808 (ivi, p. 553).<br />

9 Lettera del 16 dicembre 1808 al Brunetti (ivi, p. 556), nella quale aggiunge: «ieri mattina alle sette il termometro<br />

appeso in uno stanzino s’era abbassato sette gradi sotto lo zero».<br />

10 Ivi, p. 531.<br />

11 Lettera del 21 dicembre 1808 al Brunetti, ivi, pp. 564-565 (11 once corrispondono circa a 30 cm).<br />

12 La prima relazione e parte della seconda sono pubblicate nel terzo volume dell’Epistolario, cit., pp. 556-557;<br />

la mia trascrizione è condotta direttamente sugli originali, conservati presso l’Archivio di Stato di Pavia. L’edizione<br />

dell’orazione fu portata a termine tempestivamente, entro l’8 marzo dell’anno successivo: Dell’origine e dell’ufficio<br />

della letteratura, Milano, Stamperia reale, 1809.<br />

13 Epistolario, cit., v. III, p. 29.<br />

14 Lettera al Monti del 25 gennaio 1809 (ivi, pp. 30-31).<br />

15 De’ principj della letteratura e Della lingua italiana considerata storicamente e letterariamente.<br />

16 Le tre ultime lezioni, dal titolo generale Della morale letteraria, hanno ciascuna un titolo specifico: La letteratura<br />

rivolta unicamente al lucro; La letteratura rivolta unicamente alla gloria; La letteratura rivolta all’esercizio delle facoltà<br />

intellettuali. Ma il congedo definitivo di Foscolo dall’Ateneo pavese avvenne probabilmente il 15 giugno, con una<br />

lezione “aggiuntiva” intitolata Sull’origine e sui limiti della giustizia.<br />

17 Epistolario, cit., v. III, pp. 203-204.<br />

18 «Amate palesemente e generosamente le lettere e la vostra nazione». Ugo Foscolo nell’Ateneo pavese. Catalogo<br />

della mostra documentaria dedicata ai duecento anni dell’orazione foscoliana. Salone Teresiano della Biblioteca<br />

Universitaria di Pavia, 26 gennaio – 18 febbraio <strong>2009</strong>, a cura di Gianfranca Lavezzi, Como-Pavia, Ibis, <strong>2009</strong>. La<br />

realizzazione della Mostra e del Catalogo non sarebbe stata possibile senza la generosa disponibilità dei Direttori<br />

<strong>degli</strong> Enti che hanno prestato il materiale, e che qui vivamente ringrazio: Renzo Cremante (Fondo Manoscritti<br />

dell’<strong>Università</strong> di Pavia), Alberto Calligaro (Museo per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia), Paolo Mazzarello (Sistema<br />

Museale di Ateneo), Emanuela Salvione (Archivio di Stato di Pavia) e Alessandra Bracci (Biblioteca Universitaria di<br />

Pavia), alla quale devo un ringraziamento particolare anche per l’ospitalità data alla Mostra nella bellissima e storica<br />

cornice del Salone Teresiano. Sono molto grata al personale tutto del Fondo (in particolare Nicoletta Trotta), del<br />

Museo, dell’Archivio e della Biblioteca, che ha favorito in ogni modo le mie ricerche, svolte in gran parte nel periodo<br />

delle vacanze di fine anno e in una Pavia coperta di neve, proprio come l’aveva vista Foscolo tra il dicembre 1808 e<br />

il gennaio 1809. Viva riconoscenza esprimo a Grazia Nidasio per aver prestato l’originale del suo disegno che ritrae<br />

Foscolo nell’atto di pronunciare l’orazione. L’acquisizione delle immagini è dovuta alla cortesia e competenza di<br />

Maria Carla Garbarino, Oriana Montagna, Chiara Lungo e Filippo Timo; a Chiara e a Filippo, così come a Claudia<br />

Bussolino, dottorandi in Filologia moderna della nostra <strong>Università</strong>, un grazie affettuoso per il loro aiuto nell’allestimento<br />

del Catalogo e della Mostra.


60<br />

Medaglie Teresiane<br />

La cerimonia di consegna della Medaglia Teresiana sancisce l’ingresso ufficiale dei professori ordinari<br />

nel Corpo <strong>accademico</strong> dell’<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> Studi di Pavia.<br />

Nell’anno <strong>accademico</strong> <strong>2008</strong>-<strong>2009</strong> la Medaglia Teresiana – che intende ricordare l’azione riformatrice<br />

di Maria Teresa d’Austria – viene consegnata a:<br />

Prof.ssa Maria Antonietta Grignani Linguistica Italiana, Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Prof.ssa Silvia Larizza Diritto Penale, Facoltà di Giurisprudenza<br />

Prof. Lorenzo Magnani Logica e Filosofia della Scienza, Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Prof. Giorgio Rampa Economia Politica, Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Prof. Francesco Rovetto Psicologia Clinica, Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Prof. Pierluigi Valsecchi Storia dell’Africa, Facoltà di Scienze Politiche


Medaglie d’oro<br />

Quale ringraziamento per la preziosa collaborazione prestata in oltre venticinque anni di servizio,<br />

l’<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> Studi di Pavia consegna la Medaglia d’oro ai docenti e al personale che nell’anno<br />

<strong>accademico</strong> <strong>2008</strong>-<strong>2009</strong> ha concluso la propria attività lavorativa:<br />

Prof. Giorgio Bendiscioli Fisica Nucleare e Subnucleare<br />

Dipartimento Fisica Nucleare e Teorica<br />

Facoltà di Scienze MM.FF.NN.<br />

Prof. Giovanni Bonera Didattica e Storia della Fisica<br />

Dipartimento di Fisica “A. Volta”<br />

Facoltà di Scienze MM.FF.NN.<br />

Prof.ssa Lidia Borghi Didattica e Storia della Fisica<br />

Dipartimento di Fisica “A. Volta”<br />

Facoltà di Scienze MM.FF.NN.<br />

Prof. Alessandro Cavalleri (alla memoria) Medicina del Lavoro<br />

Dipartimento di Medicina Preventiva, Occupazionale e di Comunità<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Prof. Alessandro Coda Biologia Molecolare<br />

Dipartimento di Genetica e Microbiologia<br />

Facoltà di Scienze MM.FF.NN.<br />

Prof. Amedeo Giovanni Conte Filosofia del Diritto<br />

Dipartimento di Diritto Romano, Storia e Filosofia del Diritto<br />

Facoltà di Giurisprudenza<br />

Prof. Giorgio Corbellini Sistemi Elettrici per l’Energia<br />

Dipartimento di Ingegneria Elettrica<br />

Facoltà di Ingegneria<br />

Prof. Vittorio Cosi Neurologia<br />

Dipartimento di Scienze Neurologiche<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Prof. Nicolò De Vecchi Economia Politica<br />

Dipartimento di Economia Politica e Metodi Quantitativi<br />

Facoltà di Economia<br />

Discorso inaugurale del Rettore Prolusione Prof. Mantovani <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria<br />

61


62<br />

Prof. Gaspare Falsitta Diritto Tributario<br />

Dipartimento di Statistica ed Economia Applicate “L. Lenti”<br />

Facoltà di Scienze Politiche<br />

Prof. Franco Gavazzeni (alla memoria) Letteratura italiana<br />

Dipartimento di Scienza della Letteratura e dell’Arte Medievale<br />

e Moderna<br />

Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Prof. Aldo Grigolo Zoologia<br />

Dipartimento di Biologia Animale<br />

Facoltà di Scienze MM.FF.NN.<br />

Prof. Renata Piera Lenti Economia Politica<br />

Dipartimento di Economia Pubblica e Territoriale<br />

Facoltà di Scienze Politiche<br />

Prof. Eugenio Mira Otorinolaringoiatria<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Prof. Fausto Generoso Petrella Psichiatria<br />

Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Prof. Tazio Pinelli Fisica Nucleare e Subnucleare<br />

Dipartimento di Fisica Nucleare e Teorica<br />

Facoltà di Scienze MM.FF.NN.<br />

Prof.ssa Maria Luisa Speranza Biochimica<br />

Dipartimento di Biochimica “A. Castellani”<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Prof. Angelo Stella Linguistica Italiana<br />

Dipartimento di Scienza della Letteratura e dell’Arte Medievale e Moderna<br />

Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Prof. Vanni Taglietti Fisiologia<br />

Dipartimento di Scienze Fisiologiche-Farmacologiche-Cellulari<br />

e Molecolari<br />

Facoltà di Scienze MM.FF.NN.<br />

Prof. Ulderico Ventura Fisiologia<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia


Prof. Carlo Berzuini Bioingegneria Elettrica e Informatica<br />

Dipartimento di Informatica e Sistemistica<br />

Facoltà di Ingegneria<br />

Prof.ssa Amalia Bianchi Farmacologia<br />

Dipartimento di Medicina Interna e Terapia medica<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Prof. Luigi Biasi Fisica Matematica<br />

Dipartimento di Fisica Nucleare e Teorica<br />

Facoltà di Scienze MM.FF.NN.<br />

Prof. Paolo Colombo Chirurgia Generale<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Prof. Elio Gaeta Anatomia Umana<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Prof. Lando Landi Storia delle Dottrine Politiche<br />

Dipartimento di Filosofia<br />

Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Prof. Paolo Marandola Urologia<br />

Dipartimento di Scienze Chirurgiche<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Prof.ssa Franca Marinone Chimica Organica<br />

Dipartimento di Chimica Organica<br />

Facoltà di Scienze MM.FF.NN.<br />

Prof. Alberto Meotti Logica e Filosofia della Scienza<br />

Dipartimento di Filosofia<br />

Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Prof. Giovanni Precerutti Audiologia<br />

Dipartimento di Scienze Morfologiche, Eidologiche e Cliniche<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Prof.ssa Gianna Roveta Patologia Generale<br />

Dipartimento di Medicina Sperimentale<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Discorso inaugurale del Rettore Prolusione Prof. Mantovani <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria<br />

63


64<br />

Prof. Claudio Stroppa Sociologia dell’Ambiente e del Territorio<br />

Dipartimento di Studi Politici e Sociali<br />

Facoltà di Scienze Politiche<br />

Dott. Paolo Ambrosi Psichiatria<br />

Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate e Psicocomportamentali<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Dott.ssa Maria Pia Andreolli Storia Medievale<br />

Dipartimento di Scienze Storiche e Geografiche “C. Cipolla”<br />

Facoltà di Lettere e Filosofia<br />

Dott.ssa Maria Pia Belloni Diritto Internazionale<br />

Dipartimento di Statistica ed Economia Applicate “Libero Lenti”<br />

Facoltà di Scienze Politiche<br />

Dott.ssa Paola Bo (alla memoria) Neurologia<br />

Dipartimento di Scienze Neurologiche<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Dott. Roberto Knerich (alla memoria) Psichiatria<br />

Dipartimento di Scienze Sanitarie Applicate<br />

Facoltà di Medicina e Chirurgia<br />

Dott. Eugenio Probati Strade, Ferrovie e Aeroporti<br />

Dipartimento di Ingegneria Edile e del Territorio - DIET<br />

Facoltà di Ingegneria<br />

Sig.ra Carla Aguzzi Dipartimento di Medicina Legale e Sanità Pubblica “Antonio Fornari”<br />

Dott.ssa Carmela Baluce Dipartimento di Scienze Morfologiche Eidologiche e Cliniche<br />

Sezione Radiologia<br />

Sig.ra Anna Barbieri Dipartimento di Medicina Preventiva, Occupazionale e di Comunità<br />

Sezione Medicina del Lavoro<br />

Sig. Enzo Boiocchi Divisione Servizi Generali Strumentali e Logistici<br />

Sig. Giovanni Borè Biblioteca Interdipartimentale “Francesco Petrarca”<br />

Sig. Domenico Burrone Dipartimento di Medicina Sperimentale<br />

Sezione Anatomia Umana Normale<br />

Sig.ra Milena Calvi Dipartimento di Malattie Infettive<br />

Sig. Giancarlo Cambieri Divisione Servizi Generali Strumentali e Logistici


Sig.ra Luciana Capella Dipartimento di Medicina Preventiva, Occupazionale e di Comunità<br />

Sezione Medicina del lavoro<br />

Sig.ra Francesca Cappelletti Dipartimento di Medicina Preventiva, Occupazionale e di Comunità<br />

Sezione Igene<br />

Sig. Giorgio Carbone Dipartimento di Scienze della Terra<br />

Sig.ra Antonia Casiroli Divisione Programmazione e Gestione acquisti di Beni e Servizi<br />

Sig.ra Anita Ceroni Facoltà di Lettere e Filosofia, Presidenza<br />

Sig.ra Ivana Colombi Dipartimento di Medicina Interna<br />

Sezione di Nefrologia<br />

Sig. Piero Domenico Ferri Dipartimento di Ingegneria Idraulica e Ambientale<br />

Sig. Girolamo Gentile Divisione Servizi Generali Strumentali e Logistici<br />

Sig.ra Maria Teresa Giovanetti Dipartimento di Medicina Preventiva, Occupazionale e di Comunità<br />

Sezione Igiene<br />

Sig.ra Maria Gravagna Dipartimento di Genetica e Microbiologia<br />

Rag. Giancarlo Greco Divisione Servizi Generali Strumentali e Logistici - Economo<br />

Sig.ra Maria Luisa Grumetti Dipartimento di Chimica Farmaceutica<br />

Sig. Vito Mantese Dipartimento di Ingegneria Elettrica<br />

Sig.ra Dolores Mariani Dipartimento di Ingegneria Elettrica<br />

Sig. Giovanni Pizzelli Dipartimento di Chimica Generale<br />

Sig. Luigi Ranzini Dipartimento Ecologia del Terrritorio<br />

Dott. Giuliano Rescia Area Servizi Tecnici<br />

Sig. Pierangelo Sacchi Dipartimento di Medicina Preventiva, Occupazionale e di Comunità<br />

Sezione Igiene<br />

Sig. Ludovico Saudella Dipartimento di Scienze Storiche e Geografiche “Carlo M. Cipolla”<br />

Discorso inaugurale del Rettore Prolusione Prof. Mantovani <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria<br />

65


66<br />

Borse di Studio e Premi<br />

La borsa di studio, istituita per volontà della illustre compianta Prof.ssa Enrica Malcovati, dell’impor-<br />

to di 4.000 euro, è destinata a un laureato dell’<strong>Università</strong> di Pavia che abbia svolto negli ultimi cinque<br />

anni la tesi di laurea in ambiti attinenti alla Letteratura Latina e intenda perfezionarsi in tali settori.<br />

La Commissione giudicatrice composta dalla Prof.ssa Elisa Romano, Presidente, e dai Professori<br />

Giancarlo Mazzoli e Fabio Gasti ha formulato il suo giudizio e la borsa di studio è conferita alla Dott.ssa<br />

Cecilia Mussini, col seguente giudizio:<br />

“La dissertazione di laurea magistrale della Dott.ssa Mussini, dal titolo “Il commento alle Philippicae<br />

di Cicerone del codice Monacensis latinus 755” presuppone un’ottima conoscenza della storia della<br />

tradizione ciceroniana in età umanistica, con particolare riguardo alla cerchia di Angelo Poliziano, e<br />

rappresenta un contributo notevole alla storia della fortuna dell’oratoria ciceroniana”.<br />

Il Premio “Cesare Bonacossa” è stato istituito per ricordare la figura e l’opera del grande e originale<br />

studioso del mondo asiatico cui la nostra <strong>Università</strong> ha intitolato il Centro Studi Popoli Extraeuropei.<br />

La Commissione giudicatrice composta da Prof. Arturo Colombo, Presidente, e dai Proff. Sandro<br />

Bordone e Simonetta Casci ha deciso all’unanimità di assegnare il premio di 1.500 euro alla Dott.ssa<br />

Marta Guerriero, laureata in Relazioni Internazionali e tutela dei diritti umani all’<strong>Università</strong> di Torino<br />

con 110 Lode e Menzione, con la seguente motivazione:<br />

“La tesi della Dott.ssa Marta Guerriero, dal titolo “Cina e India: disuguaglianze dei redditi e mercato<br />

del lavoro” affronta con ricca documentazione, rigore di analisi e singolare capacità interpretativa<br />

i complessi problemi dei rapporti fra sviluppo economico accelerato e profonde trasformazioni delle<br />

strutture produttive nei due grandi Paesi emergenti dell’Asia, l’India e la Cina, evidenziando anche le<br />

conseguenze negative che fenomeni di disuguaglianza comportano nei processi di sviluppo, non sempre<br />

omogenei”.


Allo scopo di onorare la memoria del Prof. Silvio Cinquini e della moglie, Prof.ssa Maria Cinquini<br />

Cibrario, insigni studiosi della nostra <strong>Università</strong> e Professori emeriti, è stato istituito un premio da conferire<br />

a laureati con Laurea Specialistica in Matematica o con laurea Specialistica in altro corso di Laurea,<br />

che abbiano discusso una tesi in Matematica, presso l’<strong>Università</strong> di Pavia nel periodo 01/09/2007 –<br />

31/08/<strong>2008</strong>.<br />

La Commissione giudicatrice composta dal Prof. Eugenio Ragazzini, Presidente, e dai Proff. Gianpietro<br />

Pirola e Alessandro Torelli (in rappresentanza della Famiglia Cinquini) ha attribuito il premio<br />

dell’importo di 2.500 euro al Dott. Andrea Moiola, con la seguente motivazione:<br />

“La tesi del dottor Andrea Moiola riguarda l’approssimazione numerica dell’equazione di Helmholtz.<br />

In essa egli dà importanti contributi originali all’approssimazione della soluzione di detta equazione<br />

mediante onde piane.<br />

I risultati, che ottiene, sono da considerarsi alla frontiera della ricerca sull’argomento”.<br />

Il Premio “Gaetano Fichera” istituito dalla Società Medico-Chirurgica di Pavia per onorare la memoria<br />

dell’illustre docente di questa <strong>Università</strong> e fondatore dell’Istituto per la Cura dei Tumori di Milano<br />

viene assegnato ad uno studioso che abbia prodotto negli ultimi tre anni ricerche oncologiche di rilievo.<br />

La Commissione giudicatrice composta dal Prof. Edoardo Ascari, Presidente della Società Medico<br />

Chirurgica, e dai Proff. Umberto Magrini e Alberto Riccardi, preso atto con compiacimento dell’eccellente<br />

livello scientifico dei lavori presentati, attribuisce il premio di 5.000 euro, alla candidata Erica<br />

Travaglino, con la seguente motivazione:<br />

“La candidata ha pubblicato su prestigiose riviste nazionali ed internazionali una serie di lavori su<br />

malattie ematologiche neoplastiche, con particolare riguardo alle sindromi mielodisplastiche. I risultati<br />

ottenuti consentono importanti conoscenze patogenetiche ed acquisizioni diagnostico – prognostiche<br />

in questo campo”<br />

Discorso inaugurale del Rettore Prolusione Prof. Mantovani <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria<br />

67


68<br />

Nel 1964 il Dott. Giacomo Griziotti fece una donazione all’Ateneo pavese per ricordare il figlio En-<br />

rico, studente della Facoltà di Giurisprudenza, disperso nella campagna di Russia e medaglia d’argento<br />

sul campo di Samodurowka.<br />

A ciò si deve l’istituzione di due premi di studio, un premio annuale di 2.500 euro da conferire ad<br />

uno studente che si sia particolarmente distinto negli studi giudirici, e un premio biennale di 7.500 euro<br />

destinato a un laureato che abbia effettuato studi e discusso una tesi di argomento giuridico.<br />

La Commissione giudicatrice, composta dal Prof. Franco Mosconi, in sostituzione del Preside della<br />

Facoltà di Giurisprudenza, e dai Proff. Ettore Dezza e Italo Magnani ha attribuito il premio annuale per<br />

studenti a Valerio Bagattini con la seguente motivazione:<br />

“Valerio Bagattini dopo aver conseguito con lode il titolo triennale, ha seguito il regolare curriculum<br />

di studi del successivo biennio specialistico di Giurisprudenza con eccellenti risultati, confermando le<br />

doti di capacità e impegno già dimostrate nel triennio arricchite da una significativa propensione per lo<br />

studio e l’approfondimento delle lingue e delle culture europee”.<br />

La Commissione ha attribuito il premio biennale destinato a laureati al Dott. Samuele Rossi con la<br />

seguente motivazione:<br />

“Il candidato dopo una carriera di studi eccellenti si è brillantemente laureato il 6 luglio 2006 con il<br />

massimo dei voti e la lode con una importante dissertazione dal titolo “Libertà personale dell’imputato:<br />

garanzie e controlli nell’ordinamento inglese e nell’ordinamento italiano”. In seguito è stato ammesso<br />

con borsa di studio al XXII ciclo di Scuola di Dottorato in Giurisprudenza dell’<strong>Università</strong> <strong>degli</strong> Studi di<br />

Padova, progetto di ricerca in Procedura Penale. Tali risultanze confermano in modo significativo le doti<br />

e l’impegno dimostrati dal candidato durante tutto il corso dei suoi studi universitari e attestano una<br />

spiccata propensione all’attività di studio e di ricerca”.<br />

Il premio di studio “Dott.ssa Lucilla Ranzato” dell’importo di 1.000 euro, istituito per ricordare una<br />

giovane laureata e ricercatrice del nostro Ateneo, prematuramente scomparsa, viene conferito alla migliore<br />

tesi di laurea in Latinistica discussa nell’ultimo triennio presso l’<strong>Università</strong> di Pavia.<br />

La Commissione giudicatrice composta dal Prof. Arturo Colombo, rappresentante della famiglia<br />

Ranzato, Presidente, e dai Proff. Giancarlo Mazzoli e Fabio Gasti ha assegnato il premio alla Dott.ssa


Oriana Mignacca, con la seguente motivazione:<br />

“La Commissione ha apprezzato le buone attitudini alla ricerca palesate dalla Dott.ssa Mignacca<br />

nella sua dissertazione per la laurea specialistica intitolata “Paura al femminile nelle tragedie di Seneca”,<br />

dedicata ad analizzare, con ampia e articolata ricerca, la tipologia e le manifestazioni della paura<br />

nei personaggi femminili del corpus drammaturgico senecano”.<br />

Discorso inaugurale del Rettore Prolusione Prof. Mantovani <strong>Inaugurazione</strong> Mostra documentaria<br />

69


La funzione della<br />

letteratura nella<br />

prolusione pavese<br />

di Foscolo<br />

Ordinario di Letteratura italiana<br />

Qual è la funzione della letteratura è interrogativo a tutt’oggi valido, discusso,<br />

forse mai discusso abbastanza, nonostante l’abbondanza di riflessioni<br />

teoriche elaborate soprattutto a partire dalla seconda metà del 900. Che<br />

Foscolo se lo chieda all’inizio di un secolo e dopo avvenimenti storici che<br />

danno il via alla modernità è, direi, inevitabile. Finite la letteratura e le arti<br />

praticate e prodotte per le corti e per le arcadie, artisti e scrittori si trovano<br />

catapultati nel vasto mondo di una profondamente diversa comunicazione.<br />

La rivoluzione francese e le guerre napoleoniche hanno mutato il volto<br />

politico, sociale, economico, culturale dell’Europa. Enormi masse si sono<br />

mosse con eserciti, all’interno dei quali elementi di valore hanno percorso<br />

75


76<br />

carriere riservate un tempo agli aristocratici; le guerre hanno coinvolto le popolazioni; i contatti tra i<br />

popoli si sono intensificati provocando lo scambio di culture, di mentalità, di costumi. Nasce un nuovo<br />

concetto che sarà fondamentale per l’assetto della nuova Europa post ancien regime e che per l’Italia<br />

significherà unità: il concetto di nazione.<br />

Partendo da questa idea, partendo dalla situazione storica del primo decennio dell’800 è plausibile<br />

che Foscolo inauguri la sua breve stagione accademica con un’ampia quanto ambiziosa indagine<br />

sull’origine e sull’ufficio della letteratura. Perché è necessario fissare una base di partenza condivisa che<br />

riassuma in certo modo la cultura occidentale a iniziare dalla Grecia, e attraverso la latinità classica e<br />

i grandi esempi rinascimentali arrivare a connetterli al pensiero settecentesco, in un amalgama da cui<br />

scatti la visione di un percorso forte sul piano creativo, come sul piano culturale, scientifico.<br />

La qualità precipua dell’orazione è politica in senso stretto, ed è di teoria letteraria nel senso più ampio<br />

di questa disciplina, perché in poco spazio l’autore concentra tutta una visione del mondo: un’epistemologia<br />

e una filosofia della storia, una teoria della religione, della letteratura e dell’eloquenza, e si<br />

cimenta sull’etica e sulla psicologia. Ne deriva un testo difficile, estremamente complesso e composito,<br />

fortemente debitore alla cultura scettica, sensista e materialistica dominante nel secolo precedente. Pochi<br />

anni dopo sarà Leopardi a raccogliere e sviluppare gli esiti di tale bagaglio filosofico con la stesura<br />

dello Zibaldone (1817-1832) e delle Operette morali con speculazione ben più sistematica e con esiti<br />

ben più stringenti.<br />

Quando Foscolo pronuncia l’orazione nel gennaio 1809 il dominio napoleonico è saldamente attestato<br />

in gran parte dell’Europa continentale e si rinsalderà ulteriormente con la nuova alleanza matrimoniale<br />

con gli Asburgo. A parte la guerra con la Spagna e il blocco inglese, si può parlare di un periodo<br />

di stabilità, se non di pace, e di prospettive di modernizzazione grazie alle riforme amministrative e<br />

giuridiche di Napoleone, pur se imposte dall’alto e non democraticamente condivise.<br />

Ben diverso sarà il clima politico <strong>degli</strong> anni dell’esilio, successivi alla caduta di Napoleone e alle<br />

gravi delusioni del 1814 e del 1815, e alle speranze frustrate di un’indipendenza, almeno dell’Italia<br />

Cisalpina, anni in cui è Manzoni a scrivere il primo vero testo teorico della letteratura italiana moderna.<br />

La Lettre à M.Chauvet è un manifesto di poetica, fondamento della scelta pressoché contemporanea del<br />

romanzo storico ed è il punto di arrivo della riflessione europea settecentesca e primo-ottocentesca sui<br />

generi letterari e sulla tragedia storica in particolare.<br />

Nel 1809 Foscolo è stanco della vita militare e vede nella cattedra pavese d’eloquenza la possibilità<br />

di una più tranquilla e riservata vita di studio. Ha solo trent’anni, ma ha già pubblicato l’Ortis, i Sepolcri,


sonetti e odi, il Tieste, il Commento alla Chioma di Berenice. Quasi un anno è necessario per ottenerla,<br />

nonostante il decreto della primavera 1808: una nuova disposizione abolisce nel novembre tutte le cattedre<br />

relative ai corsi del primo anno, quindi anche quella d’eloquenza. Foscolo si rivolge a Vincenzo<br />

Monti, che muova cielo e terra perché la soppressione sia sospesa, e gli confida le sue ambiziose quanto<br />

vaste intenzioni: «discorrere filosoficamente ed eloquentemente la storia letteraria di tutti i secoli e di<br />

tutti i popoli, su le teorie de’ maestri, e sugli esempi de’ grandi scrittori; e di applicare quindi la storia,<br />

i principj, e la pratica alla indole delle facoltà dell’uomo, e finalmente al carattere della letteratura e<br />

della lingua italiana».<br />

Subito, con impeto ispirato inizia a stendere la prolusione, dandone notizie al Monti per tutto dicembre<br />

e gennaio: «i pensieri nascono maschi, caldi, ordinati». Il problema è lo stile e la resa, la connessione<br />

delle idee nello scrivere «metafisicamente, parcamente, e severamente».<br />

Il 18 gennaio la strenua fatica è conclusa, il 22, domenica, alle 12 la prolusione è pronunciata<br />

davanti a un pubblico fittissimo; il successo è clamoroso e l’applauso si conclude con il grido «Alle<br />

stampe».<br />

E l’orazione uscirà l’8 marzo senza il cenno d’omaggio all’imperatore suggerito dal Monti. Questa la<br />

giustificazione di Foscolo, che molto dipende dalla visione etica pariniana: «poiché avrò fatto ciò ch’io<br />

dovrò come uomo libero, devoto alla patria, alle lettere ed alle leggi, lascerò che la fortuna si studi di<br />

farmi ridere o piangere» (lettera al Monti del 25 gennaio 1809).<br />

Tra il febbraio e il giugno si situano le altre lezioni che toccano argomenti più specifici di letteratura,<br />

di lingua, di morale letteraria e si chiudono con l’orazione Sull’origine e sui limiti della giustizia.<br />

E frattanto non mancano le critiche più feroci alla prolusione, soprattutto quelle di Francesco Pezzi<br />

sul «Corriere milanese», il 18 marzo, proprio quel Pezzi che Porta ridicolizzerà nella seconda serie<br />

dei sonetti beroldinghiani, «quell’uomo così famoso / di cui la fama il gran nome trombetta», per aver<br />

attaccato il Conte di Carmagnola del «Bue romanticoso» Manzoni.<br />

Le riserve riguardano la poca connessione delle idee, lo stile enfatico e ampolloso, la scarsa originalità<br />

di pensiero e le riflessioni, comunque buone, ma desunte tutte da Rousseau e da altri pensatori<br />

stranieri. Affermazioni giuste, per altro, e quasi tutte condivisibili, perché Foscolo mette a frutto la speculazione<br />

filosofica e teorica settecentesca a cominciare proprio da Rousseau nel capo II a proposito<br />

del rapporto tra essenza della natura e modificazioni subite dall’uomo nel corso del tempo, nella sua<br />

evoluzione. E dopo l’invocazione al Vero del capo III si rifà a Vico, a Condillac, a Pascal per illustrare<br />

la funzione della parola, vera causa dell’immaginazione, della contemplazione e della memoria, inse-<br />

La funzione della letteratura nella prolusione pavese di Foscolo<br />

77


78<br />

rendosi nella tradizione dell’empirismo sensista iniziato da Locke e mescolandovi per la concezione<br />

del sublime un altro testo di gran voga settecentesca, il trattato Del Sublime dello Pseudo-Longino, riscoperto<br />

in Francia da Boileau e spunto per una vera rivoluzione della sensibilità artistica in Inghilterra.<br />

Ne deriva un discorso complesso, che risente dello sforzo di condensare un’intera visione del mondo<br />

in poco spazio, a volte difficile da seguire per i salti d’argomento, soprattutto dove Foscolo sfrutta<br />

parti del suo Commento alla Chioma di Berenice.<br />

Ma vediamo di seguirlo nel suo percorso essenziale fondato sull’importanza e universalità della<br />

parola.<br />

La parola, mentre fa rivivere l’immagine, suscita la memoria e la «eccita a ragionare» di tutto ciò<br />

che sembrava sepolto nel passato. La parola crea un circuito continuo tra passato e presente e prepara<br />

il futuro, la parola è dinamica, perché nasce dal cuore e dall’intelletto dell’uomo sempre in movimento,<br />

perché il moto è vita e la tranquillità morte. L’idea di inquietudine che suscita le passioni e l’immaginazione,<br />

che muove la curiositas percorre tutta la filosofia settecentesca dall’uneasiness dell’Essai<br />

concerning Human Understanding di Locke al Traité des sensations di Condillac fino al De l’esprit di<br />

Helvetius e al Discorso dell’indole del piacere e del dolore di Pietro Verri. Raccolta dalle estetiche settecentesche<br />

da Du Bos a Marmontel, approda a De’ principj delle Belle Lettere di Parini (vol.VI, p.40), è<br />

ripresa da Foscolo già nei Frammenti su Lucrezio (Edizione Nazionale, VI, pp. 244-45 e 247) e troverà<br />

un nuovo sostenitore in Manzoni nei Materiali Estetici, appunti presi in margine alle letture fatte per il<br />

Carmagnola e, particolarmente, nel frammento VII dove citando il pastore tassiano che accoglie Erminia<br />

e si dichiara pago della propria sorte, chiosa: «Ogni finzione che mostri l’uomo in riposo morale è<br />

dissimile dal vero».<br />

Nell’orazione tutta la pagina che segue è l’elogio della fantasia che ha il suo strumento e il suo fine<br />

nella parola, la fantasia salvatrice e creatrice, che con le passioni è elemento fondamentale dello spirito,<br />

altra idea vichiana, le «fantasie robustissime» e le «grandissime passioni» che favoriscono i desideri, la<br />

ricerca del piacere del bello, del vero, del giusto contro l’inazione e il silenzio, che sono morte. Così<br />

la ragione senza la parola sarebbe istinto e non potrebbe tradurre l’esperienza dei sensi, dell’alternarsi<br />

del piacere e del dolore, astraendoli con segni stabili in diritto e dovere. Né potrebbe vedere le cause<br />

e gli scopi dopo aver percepito le forme sensibili delle cose e denominarle, scomporle e ricomporle in<br />

un’armonia che si rivela solo in tale attività intellettuale, realizzata per mezzo della parola. Nemmeno<br />

l’arcana ragione dell’universo se non si potesse neppure nominarlo.<br />

Il capo IV è esemplare anche per la struttura, scandita in tre tempi: la parola e sua funzione, la


fantasia e sua funzione, la ragione e sua funzione. E anche per lo stile, come dal commento pubblicato<br />

nel II volume delle Opere nella «Biblioteca della Pléiade» (Torino, Einaudi, 1995, p.1006) sorretto «da<br />

un fittissimo lavoro retorico e timbrico»: il soggetto, la fantasia, replicato e seguito da due gerundi che<br />

ne mettono in luce le funzioni, regge ventidue voci verbali prima che la lunga frase si concluda. Non<br />

manca una ricerca fonica tramite insistite sibilanti, dentali sorde, ripresa di nessi consonantici.<br />

Il capo V e il VI delineano l’origine dello stato sociale con un attacco anti rousseauiano: il bisogno<br />

di comunicare il pensiero è visto proprio della natura dell’uomo, «animale essenzialmente usurpatore,<br />

essenzialmente sociale», idee vichiane, come le successive, con cui si illustra la nascita delle religioni,<br />

dei riti, delle leggi e delle tradizioni e come solo da queste si sia sviluppato «ogni umano sapere».<br />

Dal capo VII al XII - Se il mondo presenta una grande varietà d’aspetti, tutti si ricongiungono in<br />

un’unica armonia che è indizio di origine comune, idea platonica o pitagorica, fondamentale nella<br />

poetica delle Grazie, e che presiede alla lunga elencazione del capo VII: le arti, la poesia, la religione<br />

sono state rese possibili da quel potente mezzo di comunicazione che è la parola. Le arti esercitate dai<br />

principi, dai sacerdoti, dai poeti diedero origine all’uso e all’ufficio della letteratura.<br />

Passione e ragione, poesia e filosofia sono i poli in cui si muove l’esistenza e l’evoluzione del genere<br />

umano, la filosofia «che esplora tacita il vero, e la poesia che lo riscalda cogli affetti modulati della<br />

parola, che lo idoleggia coi fantasmi coloriti della parola, e che lo insinua con la musica della parola».<br />

Armonia e disarmonia, unità e varietà, e potremmo dire bene e male sono i termini di una fondamentale<br />

ambiguità dell’Orazione: l’«Amore del vero» svela la natura allo sguardo mortale, ma nello stesso tempo<br />

non è possibile all’uomo conoscere i principi e i fini dell’universo (fonte l’Émile di Rousseau). Ma i<br />

molteplici aspetti della natura «sconfortano spesso e abbagliano chi li mira»: e come potrebbe, dunque,<br />

l’uomo vivere senza «l’incanto di quelle illusioni che velano i mali e le vanità della vita?». Se l’uomo<br />

squarciasse questo velo non «troverebbe più forse ragioni di vivere». La filosofia, che lo fa, scopre agli<br />

spiriti raziocinanti, superiori la vanità della vita con effetti deleteri fino allo scetticismo, al nichilismo (e<br />

qui ci si aggancia a Leopardi, ai futuri scritti dallo Zibaldone alle Operette morali) che spinge al silenzio<br />

delle passioni e alla noia di tutte le cose.<br />

La ricerca della verità è però un bisogno più forte della probabile disillusione ed è comunque compito<br />

della ragione, cioè della filosofia che cambia solo l’oggetto delle passioni, e l’impulso primo, unico<br />

e perpetuo per l’esercizio delle facoltà mentali sta nel sentimento del piacere e del dolore, tesi - sottolineiamo<br />

ancora una volta - del Traité des sensations di Condillac, per cui non solo le nostre sensazioni<br />

derivano dal piacere e dal dolore, ma anche le nostre conoscenze e le nostre passioni. L’uomo, dunque,<br />

La funzione della letteratura nella prolusione pavese di Foscolo<br />

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80<br />

sente e immagina, e sente e immagina attraverso passioni, illusioni, errori. Di errore in errore esercita<br />

la curiosità, sia pur nei suoi limiti intellettuali, e così vive in una dimensione dinamica che gli permette<br />

di correggere le passioni dannose e distruggere le false opinioni. Un’altra idea settecentesca: solo una<br />

nuova passione scaccia la precedente, mentre a persuadere di ognuna è l’eloquenza, secondo Helvétius<br />

e Hume e La Rochefoucauld e Vico, idea meglio argomentata nella successiva lezione sui Principj della<br />

letteratura, capo IV: «La verità sola vive eterna tra gli uomini, le opinioni passano coi tempi. [...] Ma la<br />

verità non persuade se non è conosciuta. Le menti pregiudicate dalle opinioni non possono conoscerla<br />

se non vestita da fantasmi. I fantasmi nascono dalle passioni; il letterato deve far conoscere ed amare la<br />

verità eccitando passioni e fantasmi» (Edizione Nazionale VII, p.64). A raccogliere questa discussione<br />

sarà ancora Manzoni, ossessionato dall’idea delle passioni che determinano i giudizi umani che solo la<br />

posterità può correggere infallibilmente: arriverà a sostenere che nuove passioni che distruggono i giudizi<br />

precedenti possono essere nuova causa di errore e non strumento per giungere alla verità. Ne scrive<br />

nel Fermo e Lucia a proposito delle unzioni e dei relativi processi e ne farà oggetto di una digressione,<br />

poi eliminata nell’Appendice storica su la Colonna Infame, condannando la «perpetua e volubile attività<br />

delle passioni» (A.Manzoni, Storia della Colonna Infame, Milano, Centro Nazionale Studi Manzoniani,<br />

2002, pp.293-98).<br />

Capo XIII-XIV - Qui si tratta tuttavia delle «utili passioni <strong>degli</strong> uomini», che la poesia conforta «con<br />

l’entusiasmo, con la pittura e con l’armonia»: gli storici le illustrano, gli oratori le persuadono. Qui<br />

risiede la letteratura delle nazioni illuminata dall’eloquenza che nasce dal cuore, dalla fantasia, dalla<br />

ragione e dalla verità, indirizzata dunque a un fine morale e, insieme, politico, civile (ancora Vico).<br />

L’esempio è la letteratura greca, «sorgente ed esempio agli studj di tutta l’Europa». Foscolo la riconosce<br />

come principio di ogni civiltà, della civiltà occidentale e della possibile felicità sociale fino a che «la<br />

filosofia s’attenne all’utile verità della pratica morale e politica», ma quando questa fu corrotta dall’arte<br />

dialettica, «l’eloquenza cominciò ad essere manomessa dalla rettorica». Il sofisma, la verità trascurata,<br />

l’indifferenza al giusto e al bello, l’amore del paradosso, dispute e controversie continue si insediarono<br />

nelle cattedre, nel governo, nell’amministrazione della giustizia. Segue la condanna di Gorgia,<br />

in quanto creatore del mestiere del retore che declama «con lode senza meditazione» e piega l’arte<br />

dell’eloquenza a scagionare il delitto. Socrate ne fu vittima. E a Socrate che disprezzava gloria e cariche,<br />

che praticava un’eloquenza quasi emanazione del Genio, del Daimon Foscolo affida l’espressione<br />

delle norme che dovranno guidare le sue lezioni. Socrate è per Foscolo l’incarnazione di una saggezza<br />

pratica, di un’eloquenza scettica e disincantata e finalizzata a ciò che può essere utile a sé stessi e agli


altri. Un Genio parla nell’animo di ogni uomo e lo incita alle attività più varie, all’agricoltura, al commercio<br />

come alle arti e alle scienze, alla filosofia e all’amore. Ma il ridire le verità apprese correva il<br />

rischio della menzogna e del danno. Così Socrate rinuncia agli studi e all’arte paterna della scultura e si<br />

mescola con gli uomini per riflettere sulla loro condizione. La parola rinasce, ma prudente, ponderata<br />

e limitata al necessario, ispirata al dovere morale.<br />

Le lettere, per quanto guastate dai retori, rimangono in ogni tempo «ministre delle immagini, <strong>degli</strong><br />

affetti e della ragione dell’uomo». È il momento (capo XV) <strong>degli</strong> esempi immortali di «elevata, di maschia<br />

e di affettuosa eloquenza». I grandi tragici, gli storici, i poeti satirici dimostrano con le loro opere<br />

quale sia l’ufficio della letteratura: la natura stessa, creando ingegni atti alle lettere, indica le qualità e<br />

i sentimenti che ne caratterizzano l’attività: esperienza delle passioni, tensione verso il vero, studio dei<br />

classici, amore della gloria, indipendenza, carità di patria. Ed è il momento delle perorazioni: oggetto<br />

i doni che la natura ha profuso al popolo italiano, la tradizione di scritti filosofici e scientifici in lingua<br />

italiana da Machiavelli a Galileo, da Galiani a Beccaria. In una serie di appassionate interrogazioni,<br />

dove i temi sono il linguaggio della scienza, le radici greche e latine trascurate e mal tradotte, l’abbondanza<br />

di erudizione e la mancanza di «maschia e spregiudicata filosofia», che individui la causa della<br />

decadenza delle lettere. Tutto ciò prelude alla famosa esortazione, di nuovo immediatamente seguita da<br />

interrogative retoriche, che stigmatizzano la guerra e l’elogio servile, che cercano di individuare quali<br />

opinioni e passioni la letteratura alimenti nei cittadini, divisi nettamente tra popolo e primati, tra cui si<br />

distinguono i pochi cui si riserba la letteratura. Non la letteratura dei gazzettieri e di novellieri scadenti,<br />

ma l’alta letteratura in cui esempi stranieri hanno dimostrato che anche i romanzi possono sostanziarsi<br />

di Storia e poesia, di filosofia, possono far conoscere il tempo presente e l’uomo ai giovani ancora creduli<br />

e innocenti (e l’allusione è ai romanzi inglesi di Fielding, Richardson, Sterne, Goldsmith). Tutta la<br />

pagina finale è un modello di appassionata e complessa eloquenza, strutturata com’è in un continuum<br />

di esortazioni aperte da inviti imperativi (Secondate, Offerite, Amate, Osservate, Visitate) a perseguire il<br />

bello e il vero morale, a educare i giovani a questi principi, ad amare le lettere e la propria nazione, a<br />

visitare l’Italia e a celebrarne le meraviglie. E qui commoventi esclamativi si sprecano: «O amabile terra!<br />

O tempio di Venere e delle Muse!». L’Italia culla di grandezze e genio (e sono citati in un colpo solo gli<br />

Etruschi, i Latini, Dante, Galileo, Tasso) che nessuna calamità ha potuto spegnere. Costoro saranno le<br />

fiaccole che illumineranno il cammino di chi, prostrandosi sui loro sepolcri, trarrà forza per seguire la<br />

via dell’amore di patria, della gloria, del vero.<br />

La funzione della letteratura nella prolusione pavese di Foscolo<br />

81


Presentazione dei volumi<br />

del Centro per la Storia<br />

dell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

Presidente del Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

1. Ogni indagine storica è determinata dai problemi politici, etici o culturali<br />

nei quali, secondo i tempi e i luoghi, è coinvolto il ricercatore. La storia,<br />

perciò, è sempre contemporanea, cioè nasce dalle risonanze che i documenti<br />

del passato innescano con problemi sentiti attuali da chi li esamina. Una<br />

dimostrazione di questo noto assunto di Benedetto Croce si ha proprio nella<br />

storiografia dedicata alle <strong>Università</strong>. è raro, infatti, che l’indagine sul passato<br />

sia avvertita in più stretto e vitale collegamento con il presente di quanto<br />

accada in quest’ambito. Non c’è pubblicazione – e oggi l’editoria sulla storia<br />

universitaria è fiorente – che non si apra con una prefazione nella quale si<br />

dichiari che riflettere sui trascorsi dell’<strong>Università</strong> ha a che vedere con la sua<br />

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86<br />

vita attuale e con i suoi progetti. A seconda dei casi, cioè a seconda della maggiore o minore prosperità<br />

della sede, il prefatore invita a trarre lezione da un’età aurea che si vorrebbe rinnovare o lascia intendere<br />

che un presente florido dà agio di dedicarsi anche alle origini.<br />

Un atteggiamento del genere ha, credo, una radice profonda. La storiografia universitaria nasce –<br />

almeno nel Settecento per Pavia, ma di certo si possono trovare esempi anteriori – come rivendicazione<br />

di primati, insomma come titolo da esibire nei confronti di altre rivali meno blasonate. Anzi, talvolta<br />

serviva a rivendicare precedenze e prevalenze all’interno di una stessa <strong>Università</strong> (di qui nasceva la<br />

domanda, ad esempio, se valesse di più – noi diremmo: se avesse maggiore impact factor – la medicina<br />

o la giurisprudenza, tema già caro alle ‘dispute fra le arti’ del nostro Tre e Quattrocento). Proseguendo<br />

su questa strada, riesumare antiche tradizioni era una tattica usata addirittura all’interno di una stessa<br />

Facoltà, per stabilire quale disciplina (e dunque quale professore) godesse di priorità, per esempio<br />

nell’aprire un corteo <strong>accademico</strong> o nella scelta dell’orario delle lezioni.<br />

Questo antico movente, per dir così competitivo (o campanilistico), continua oggi a alimentare, in<br />

forme meno esasperate o almeno più velate, indagini storiche e celebrazioni. Insomma, il passato è<br />

un valore aggiunto, che può essere usato per distinguersi nell’oggi. è la stessa ragione per cui le aule<br />

storiche sono, di solito, la cornice più ambita per qualsiasi manifestazione, quand’anche destinata a<br />

comunicare gli ultimi ritrovati della tecnologia.<br />

Tuttavia, oltre ad alimentarsi di (a volte legittimo) orgoglio, la storiografia universitaria ha un altro,<br />

e più importante movente. Gli stabilimenti, le biblioteche, le attrezzature, la reputazione, le pratiche<br />

didattiche e scientifiche che nel loro insieme costituiscono oggi un’<strong>Università</strong>, dunque costituiscono<br />

anche la nostra <strong>Università</strong> di Pavia, sono il risultato di una lunga storia (per Pavia, anzi, lunghissima).<br />

Il Salone Teresiano, che ci ospita per la cortesia della Direttrice Alessandra Bracci, è una visiva<br />

dimostrazione di questa proposizione: negli scaffali sta un patrimonio librario che si è accumulato nei<br />

secoli, a partire dal 1778, e che si può ‘spiegare’ nella sua attuale configurazione proprio ripercorrendo<br />

i fili della sua genesi (e che, d’altra parte, se viene aggiornato e accudito, come avviene da parte della<br />

Biblioteca Universitaria, costituisce un capitale inestimabile, un elemento ‘competitivo’).<br />

Perciò, volgersi a questa storia significa – per l’universitas – interrogarsi sulla propria identità, come<br />

si è venuta determinando nel tempo. è un’operazione che fa parte, non meno dei processi di valutazione<br />

rivolti all’attualità, della politica di conoscenza necessaria per il governo di un’organizzazione<br />

complessa e, appunto, costituitasi nel tempo.


2. All’appuntamento annuale, che il Rettore Angiolino Stella ha voluto mantenere e onorare con<br />

la sua presenza, il Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> presenta tre nuovi volumi. Sono il risultato, in<br />

gran parte, di progetti iniziati sotto la presidenza di Giulio Guderzo o a metà fra la sua e mia gestione.<br />

Desidero dunque rendere merito a lui e a tutti i Colleghi che svolgono per il Centro un’attività che, per<br />

tutti, s’aggiunge a quella ordinaria. Speciale riconoscenza per la sua attività scientifica e organizzativa<br />

esprimo, a nome comune, alla collega Simona Negruzzo e, per la raffinata cura editoriale, alla dottoressa<br />

Marilena Jerrobino dell’editore Cisalpino.<br />

Dei volumi daranno conto gli illustri presentatori. Voglio solo segnalare che le opere spaziano su<br />

epoche diverse, ma hanno un punto in comune, cioè vertono su documenti, rispettivamente gli strumenti<br />

di laurea e licenza (del XV secolo), le lettere di Antonio Scarpa a Nicola Morigi (a cavallo fra Sette<br />

e Ottocento) e i documenti pertinenti a Camillo Golgi (che ci conducono oltre la soglia del XX secolo).<br />

Questa caratteristica che accomuna le tre opere sollecita un altro richiamo alla proposizione di<br />

Croce cha ha dato avvio al mio intervento, là dove afferma che la storiografia nasce dalla riflessione su<br />

documenti, attraverso cui il passato si fa presente alla mente del ricercatore e poi del lettore.<br />

In questo senso, si comprende come il primo compito di un Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> sia<br />

proprio di favorire la raccolta e l’edizione di documenti, senza i quali semplicemente non c’è storia (da<br />

questo punto di vista, l’attività del Centro si coordina con quella <strong>degli</strong> archivi, in primo luogo l’Archivio<br />

Storico dell’<strong>Università</strong>, ma anche l’Archivio di Stato di Pavia e di Milano e la Biblioteca Universitaria,<br />

oltre ai depositi e giacimenti distribuiti in vari luoghi del nostro Ateneo, che attendono un completo<br />

censimento).<br />

Compito del Centro non è la conservazione dei documenti, demandata appunto ad altri istituti,<br />

bensì lo studio e la valorizzazione.<br />

Nell’opera che a questi fini il Centro pavese sta da anni svolgendo, vorrei ricordare – forse non è a<br />

tutti nota – la continuazione (sotto altro titolo) del Codice diplomatico dell’<strong>Università</strong> di Pavia, ideato<br />

da Giacomo Parodi nel XVIII secolo e che ha trovato in Rodolfo Maiocchi all’inizio del XX secolo un<br />

primo, fondamentale avvio a stampa, con i due volumi che raccolgono i documenti (lauree, atti ufficiali,<br />

corrispondenza ecc.) pertinenti allo Studium di Pavia dalla sua istituzione fino al 1450.<br />

Alla continuazione di quest’impresa indispensabile aveva provveduto Agostino Sottili (coadiuvato<br />

da Paolo Rosso, che ha ribadito la sua competenza con un recente volume delle lauree dello Studium di<br />

Torino), portando il Codice al di là del 1450. Il volume pubblicato quest’anno porta a termine la pubblicazione<br />

delle lauree della seconda metà del ‘400 (1491-1499) e integra con 107 lauree fra 1425 e 1482<br />

Presentazione dei volumi del Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

87


88<br />

le precedenti raccolte. In totale, è un dossier di ben 257 lauree, che restituiscono non solo cerimoniali<br />

e prassi, ma anche un tesoro di nomi e di relazioni, che aiuta a mettere a fuoco come Pavia fosse, negli<br />

anni cruciali dell’Umanesimo, polo di attrazione di studenti italiani e europei, raccolti nelle nationes. La<br />

dottoressa Simona Iaria, che in questo volume ha proseguito con accurata perizia l’opera del maestro, si<br />

accinge a pubblicare con altrettanto paziente precisione i documenti (diversi dalle lauree) fra il 1461 e<br />

il 1465. Con questa pubblicazione, Pavia si pone fra le sedi all’avanguardia nel panorama italiano sotto<br />

il profilo della edizione critica delle fonti universitarie: è una linea che occorre proseguire e potenziare.<br />

Con le lettere di Scarpa a Morigi si entra in un periodo cruciale per la nostra <strong>Università</strong>, quello<br />

che segue immediatamente la rifondazione austriaca e si inoltra negli anni agitati della conquista napoleonica,<br />

che ha introdotto in <strong>Università</strong> alcune novità – come il raccordo con il sistema liceale, il<br />

reclutamento per concorso e l’istituzione di uno stato giuridico uniforme per i professori – che si sono<br />

tramandate fino a noi. Alcune lettere sono notevoli, come le due del 1808, in cui il grande anatomochirurgo<br />

si lamenta della riforma napoleonica, sia per i problemi di piani di studio che aveva causato,<br />

sia perché – a suo dire – venivano ora reclutati fra i professori dei ‘giovanotti’. Non so se si riferisse al<br />

trentenne Ugo Foscolo, chiamato proprio quell’anno alla cattedra di Eloquenza italiana e latina: ad ogni<br />

modo, è una sortita che conferma che bisogna essere clementi con la gioventù. è encomiabile che il<br />

prof. Edoardo Ascari, dopo averlo edito con raffinatezza, grazie alla conoscenza intrinseca della materia<br />

(che nella storia delle scienze è competenza indispensabile), abbia donato il carteggio al Museo della<br />

Storia dell’<strong>Università</strong>, un’altra colonna portante del ‘sistema della memoria’ che il nostro Ateneo sta con<br />

pazienza allestendo. è un segno di quell’evergetismo – di quell’attenzione privata, grande e piccola,<br />

verso l’istituzione educativa – da cui altri sistemi universitari traggono non ultima parte della loro prosperità<br />

(e coltivano il loro rapporto con la comunità circostante).<br />

Il filo che abbiamo seguito fin qui, ci porta, con l’ultima opera, a un diverso e notevole esempio di<br />

valorizzazione dei documenti, in questo caso quelli pertinenti al neurofisiologo Camillo Golgi, dei quali<br />

Susanna Sora e Maria Piera Milani hanno presentato, con viva dedizione e intelligenza, unite all’esperienza<br />

già maturata nella tutela e conoscenza del patrimonio archivistico dell’Ateneo, un inventario<br />

tecnicamente esemplare, sotto la guida sapiente di Alberto Calligaro e Paolo Mazzarello (esemplare<br />

anche nel senso che tutti gli studiosi che, nel mondo, si volgeranno in futuro a questo indice, apprezzeranno<br />

non solo la figura di Golgi, ma il modo in cui a Pavia se ne cura il lascito). Non si tratta, dunque,<br />

di un’edizione – come nel caso dei due volumi dedicati alle lauree e al carteggio Scarpa-Morigi – ma<br />

di un repertorio, che si basa a sua volta su una ricognizione esauriente del materiale. Di fronte a tanta


mole, viene da chiedersi quale sia stata la genesi di queste smisurate collezioni.<br />

In particolare, penso ai documenti raccolti nel fondo Veratti, migliaia di carte anche minime e non di<br />

meno preziose, come, ad esempio, tutti i souvenir della cerimonia di conferimento del Nobel nel 1906,<br />

inclusa la distribuzione dei posti dei commensali al banchetto ufficiale. Viene da chiedersi, insomma,<br />

come sia nato un simile accumulo, quale spinta conservatrice l’abbia fatto crescere, immagino da parte<br />

di Golgi stesso: è la riprova che la possibilità di raccontare le figure e l’opera di questi docenti (penso<br />

agli studi di Mazzarello su Golgi) dipende in primo luogo dalla disponibilità di testimonianze, la cui<br />

sopravvivenza è il frutto di percorsi a volte imprevedibili, e che richiedono ove possibile l’attenzione<br />

delle istituzioni scientifiche.<br />

L’inventario prelude, si spera, a forme di divulgazione e di accesso ai documenti stessi, ma già<br />

fin d’ora è uno strumento prezioso, che esula anche dal campo della ricerca neurofisologica, perché<br />

com’è noto Golgi fu a lungo Rettore dell’<strong>Università</strong> e dunque nelle sue carte sono impigliati episodi<br />

grandi e piccoli della vita universitaria fra Otto e Novecento. Per esempio, grazie ad esso sono venuto a<br />

conoscenza del discorso tenuto all’inaugurazione del monumento a Contardo Ferrini (nel cortile delle<br />

Statue), di cui cade quest’anno il 150° della nascita.<br />

Di sicuro, a ben vedere, anche l’apposizione delle lapidi fa parte di quel sostegno alla conoscenza<br />

dell’Ateneo, di cui stiamo vedendo le molteplici sfaccettature. Vien da pensare, per contrasto, alla<br />

progressiva labilità della memoria, affidata ai supporti elettronici. L’inaugurazione di quest’oggi, per<br />

esempio, avrà eco soprattutto sui siti web, che nel breve periodo hanno il sopravvento in termini di<br />

diffusione, ma che, rispetto alle forme cartacee, rischiano di scomparire prima di diventare oggetto<br />

di riflessione storica; ciò vale tanto più per la documentazione amministrativa che, abbiamo visto, è<br />

arrivata fino a noi in carte e pergamene del XV secolo, mentre rischia di svanire quanto più è affidata<br />

al supporto informatico. Anche Pavia dovrà riflettere sui modi in cui assicurare sistematicamente la durevolezza<br />

dei dati informatici di tutti i tipi che la riguardano, ad esempio attraverso la creazione di un<br />

server ‘storico’.<br />

3. La ricorrenza del bicentenario dell’Orazione inaugurale di Ugo Foscolo – grazie all’universalità<br />

del linguaggio poetico dell’autore e alla pertinenza del suo messaggio alla vita della nostra nazione e<br />

ai compiti dell’istruzione – è un esempio della risonanza che la storia può suscitare con interessi e problemi,<br />

preoccupazioni e speranze di ciascuno. Nel 2011 volgerà una duplice ricorrenza, il 650° dello<br />

Studium Papiense e il 150° dell’Unità d’Italia. è un appuntamento che invita a comporre una storia<br />

Presentazione dei volumi del Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

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90<br />

complessiva dell’Ateneo, che chiami a raccolta i molti studiosi interessati e che, a mio avviso, dovrà<br />

essere più attenta, rispetto a pur utili modelli precedenti, alle strutture giuridico-sociali circostanti e<br />

soprattutto ai metodi di insegnamento, alle mentalità di docenti e studenti.<br />

Il nocciolo di ogni <strong>Università</strong> è costituito, infatti, dai docenti, dal personale e dagli studenti che interagiscono,<br />

entrano in una relazione di trasmissione culturale, e in generale costituiscono un ambiente<br />

<strong>accademico</strong> creativo. Quanto più queste relazioni culturali sono improntate alla equanimità e al dialogo,<br />

in una condizione che si approssima a quel che si può definire ‘collegialità’, tanto più ci si avvicina<br />

al senso originario di universitas (che significa ‘associazione di persone’). A ben vedere è esattamente<br />

questo spazio di relazioni culturali ciò che costituisce l’oggetto primario della storia universitaria. è<br />

questa dimensione che dobbiamo conservare, in questo appunto aiutati dalla storiografia universitaria,<br />

che mette in risalto i protagonisti di questa vicenda collegiale, ricordandoceli e facendoceli meglio<br />

apprezzare nel contesto del loro tempo. Ci auguriamo che questo progetto trovi le forze per accompagnarci<br />

fino al traguardo del 2011.<br />

Concludo questa premessa alla presentazione dei volumi del Centro con un pensiero espresso da<br />

Lorenzo Mascheroni, il celebre matematico che fu anche l’autore nel 1793 del galante invito in versi<br />

sciolti rivolto alla contessa Paolina Secco Suardo Grismondi a visitare i nuovi stabilimenti dell’<strong>Università</strong><br />

di Pavia (noto come l’Invito a Lesbia Cidonia, composto da Mascheroni sotto il nome arcadico di<br />

Dafni Orobiano). Di lì a cinque anni, portato dal suo impegno civile a occuparsi di istruzione pubblica<br />

durante la prima Repubblica Cisalpina – in cui si svolsero profondi ripensamenti sui compiti educativi<br />

dello Stato – Mascheroni contribuì a stendere un Piano di Pubblica istruzione, cioè una riforma, cui<br />

volle premettere, come principio ispiratore, questa proposizione, che mi pare abbia mantenuto la sua<br />

forza: “L’istruzione pubblica è come un ramo di potere nel Governo, distinto dal legislativo, dall’esecutivo<br />

e dal giudiziario. Essa si potrebbe chiamare il potere direttivo dell’opinione”.<br />

Presentazione del volume Lauree pavesi nella seconda metà del ‘400. III. 1491-1499. Con un’appendi-


ce delle lauree (1425-1482), a cura di Simona Iaria e Agostino Sottili. Presentazione di Annalisa Belloni,<br />

Milano, Cisalpino, <strong>2008</strong> (Fonti e studi per la storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia, 52).<br />

Ordinario di Filologia della Letteratura italiana<br />

«Hoc erat in votis»! Grazie alle cure intelligenti e affettuose di Simona Iaria è stata portata a termine,<br />

con l’edizione del terzo volume relativo agli anni 1491-1499 e un supplemento per gli anni 1425-1482,<br />

l’opera di vasto respiro con cui Agostino Sottili si era impegnato a pubblicare criticamente gli strumenti<br />

delle lauree pavesi della seconda metà del Quattrocento, a completamento del Codice diplomatico<br />

dell’<strong>Università</strong> di Pavia relativo agli anni 1361-1450, redatto agli inizi del Novecento da Rodolfo Maiocchi.<br />

Come Sottili scriveva nel 1987, nel dare alle stampe un primo elenco provvisorio di laureati pavesi<br />

della seconda metà del Quattrocento in base ai documenti conservati nei registri dell’Archivio Notarile<br />

depositato presso l’Archivio di Stato di Pavia, che avrebbe poi cominciato a pubblicare nella loro<br />

interezza, «Pavia è università la cui importanza nella storia culturale d’età umanistica è tanto conclamata<br />

quanto poco dimostrata; e se l’umanesimo culmina nella seconda metà del Quattrocento, su tale<br />

affermazione non possono sussistere dubbi, perché l’importantissimo Codice diplomatico di Maiocchi<br />

non va oltre la metà del secolo e le Memorie e documenti per servire alla storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia,<br />

pubblicate a Pavia nel 1877, sono antiquate e scarse per il periodo in questione».<br />

Di qui la sua decisione di mettere a punto un codice diplomatico dell’<strong>Università</strong> di Pavia anche<br />

per la seconda metà del Quattrocento, articolato in una prima parte comprendente l’edizione <strong>degli</strong><br />

strumenti di laurea, che ora si conclude felicemente con la pubblicazione del terzo volume curato<br />

da Simona Iaria, e una seconda, dove sono stati invece accolti documenti di vario tipo per la storia<br />

dell’<strong>Università</strong> di Pavia nella seconda metà del secolo XV, tratti dagli Archivi di Stato di Pavia e di Milano,<br />

di cui Agostino Sottili era riuscito a pubblicare i primi due volumi, relativi agli anni 1450-1460 e che<br />

si spera possa ora venire proseguita. E in questa giornata straordinaria di festa per l’<strong>Università</strong> di Pavia va<br />

pure richiamato che Agostino Sottili si è sempre sentito onorato che tutte queste sue per molti «ostiche»<br />

pubblicazioni di storia universitaria pavese, a cui egli era invece particolarmente affezionato, vedessero<br />

la luce nella prestigiosa collana «Fonti e studi per la storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia», curata dal Centro<br />

per la storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia, che, come si legge nella quarta di copertina dei numerosi volumi<br />

finora pubblicati, si propone di promuovere e coordinare lo studio sistematico dell’Ateneo pavese dalle<br />

Presentazione dei volumi del Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

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92<br />

sue origini ai giorni nostri.<br />

Quasi quindici anni or sono, nel licenziare il primo volume delle sue Lauree pavesi, dialogando<br />

quasi con se stesso, Agostino Sottili osservava che «la nostra curiosità di storici vorrebbe entrare nelle<br />

aule universitarie e partecipare alle lezioni, alle dispute, vedere gli studenti prendere la parola per<br />

arguire durante le cerimonie dottorali e i baccellieri in teologia nella disputa delle questioni che formavano<br />

tanta parte dell’insegnamento in quella Facoltà» e si prefiggeva dunque come meta «una storia<br />

dell’<strong>Università</strong> di Pavia come l’aveva scritta Erich Meuthen per l’<strong>Università</strong> di Colonia», pur rendendosi<br />

conto che lo storico tedesco aveva alle spalle una splendida matricola stampata e commentata e un<br />

importante bagaglio di fonti e studi documentato dall’appendice bibliografica, mentre per la Pavia della<br />

seconda metà del Quattrocento questo bagaglio di fonti doveva essere ancora creato. Ma ora che, con<br />

la pubblicazione dei suoi stessi volumi e della sua allieva Simona Iaria il bagaglio di fonti è in gran parte<br />

a nostra disposizione, qualcuno potrebbe anche pensare di scrivere una storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

in età umanistica, come del resto aveva già cominciato a fare lo stesso Agostino Sottili, anticipandone<br />

capitoli e paragrafi in numerosi contributi pubblicati nelle sedi più diverse, poi fortunatamente riuniti in<br />

una prima raccolta intitolata <strong>Università</strong> e cultura. Studi sui rapporti italo-tedeschi nell’età dell’Umanesimo<br />

(1993), e in una seconda, uscita postuma nel 2006, il cui titolo suona in inglese Renaissance humanism<br />

and university studies e fornendo un primo importante tentativo di sintesi nel saggio <strong>Università</strong><br />

e cultura a Pavia in età visconteo-sforzesca, pubblicato nel 1990 nella Storia di Pavia, diretta da Emilio<br />

Gabba, di cui vale la pena di riportare i titoli dei diversi paragrafi: La fondazione; L’anno <strong>accademico</strong>;<br />

Orazioni inaugurali; Tumulti studenteschi; Ruggero del Conte; Catone Sacco e la conversione di Antonio<br />

Cremona; I sermoni inaugurali del Sacco; La frequenza; Gli ‘scrutinia rectoris’ del 1482; L’obbligo di<br />

frequenza per i sudditi del ducato; Altri scrutini rettorali; Lauree perdute; Il rotolo; Le finanze dell’<strong>Università</strong><br />

legista; Una seduta del consiglio universiatrio; La lettura ultramontana; L’epigrafe in San Tommaso;<br />

Ancora per la lettura oltramontana; Rettori stranieri; Lorenzo Valla; Altri rettori stranieri; Il pagamento dei<br />

rettori; Il Consiglio segreto; L’insegnamento di Teologia.<br />

Intervenire su una pubblicazione lasciata interrotta da un altro autore costituisce sempre un’operazione<br />

assai delicata, tanto più se si tratta dell’opera del proprio maestro, ma Simona Iaria ha assolto<br />

l’impegno con scrupolo e grande bravura, pubblicando sia i 107 documenti di laurea compresi fra il<br />

1425 e il 1482, che Sottili aveva scoperto all’Archivio di Stato di Pavia poco prima di lasciarci, che<br />

quelli relativi agli anni 1491-1499, quasi tutti già trascritti dallo stesso Sottili, ma meritevoli ancora di<br />

molte cure e dotando anche questo terzo volume di un prezioso indice dei nomi, sempre indispensabile


per questo tipo di pubblicazioni.<br />

Parafrasando quanto scrive Annalisa Belloni nella sua presentazione del volume, e la cito perché<br />

non si potrebbe sintetizzare meglio, l’edizione dei documenti di laurea curata da Simona Iaria è preceduta<br />

da una ricca introduzione che evidenzia, tra l’altro: le modalità di registrazione <strong>degli</strong> studenti nello<br />

studio; la progressiva importanza assunta dalla laurea rispetto alla licenza; la conduzione <strong>degli</strong> esami; il<br />

ruolo in essi avuto dai rettori, dei quali viene indicata la successione cronologica, ricavabile dagli atti di<br />

laurea; così come viene indicata la successione dei priori dei collegi a cui appartenevano i dottori che<br />

dovevano presenziare agli esami, e quella dei vescovi, qualche volta presenti alle lauree personalmente,<br />

ma più spesso sostituiti dai loro vicari.<br />

Non essendo qui possibile toccare tutti questi temi, mi accontenterò di riferire come Simona Iaria è<br />

riuscita a ricostruire con precisione le modalità di conduzione <strong>degli</strong> esami di licenza e di laurea nello<br />

Studio pavese del secolo XV, ricavando i dati da tutta la documentazione che abbiamo oggi a disposizione;<br />

e sono sicuro che, mentre procederò nella lettura di questo brano, più di uno sarà portato a<br />

confrontare le procedure complesse e quasi rituali di allora con quelle molto più semplici dei nostri<br />

giorni, anche se va tenuto presente che a quei tempi gli esami di licenza e di laurea erano gli unici che<br />

gli studenti sostenevano durante l’intero curriculum dei loro studi.<br />

Ma ecco quanto scrive sull’argomento Simona Iaria:<br />

Secondo gli statuti legisti, e presumibilmente anche secondo quelli medico-artisti, gli studenti che<br />

volevano conseguire la licenza erano tenuti a comunicarlo tre giorni prima al rettore e al priore presso<br />

i quali si faceva presentare da alcuni dottori a sua scelta (promotores). Dopo aver preventivamente esaminato<br />

il candidato, uno tra i promotori chiedeva al rettore e al priore l’ammissione all’esame e tutti e<br />

tre, insieme con il candidato, si recavano dal vescovo per stabilire il giorno e l’ora. Il giorno fissato, al<br />

mattino, il candidato si presentava con i suoi promotori davanti al vescovo o al suo vicario, al rettore<br />

e al collegio dei dottori per farsi assegnare gli argomenti (i puncta del documento di laurea) sui quali<br />

avrebbe dovuto tenere la lectio: per il diritto canonico si trattava di Decreto e Decretali, per il diritto<br />

civile del Codice e del Digesto. Nel pomeriggio nell’aula magna del palazzo vescovile il candidato teneva<br />

la lectio ed era esaminato dal rettore della propria universitas, dal priore e dal collegio dei dottori.<br />

Tutto questo nei documenti è detto avvenire il giorno che precede il dottorato, quando il candidato si<br />

presentava nella cattedrale, si sedeva nei pressi della cattedra insieme con i dottori e qui cominciava a<br />

rispondere ai quesiti postigli da un solo dottore in merito a un testo attinente al tipo di laurea. Facevano<br />

Presentazione dei volumi del Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

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seguito la laudatio da parte di uno dei promotori, la proclamazione a dottore e la concessione di salire<br />

in cattedra e compiere tutti gli atti propri dei dottori hic et ubique. Poi il candidato saliva in cattedra<br />

accompagnato dai promotori, ai quali chiedeva il conferimento delle insegne dottorali (libro aperto e<br />

chiuso, anello d’oro, bacio della pace e benedizione paterna).<br />

Come si vede, si tratta già uno specimen di storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia in età umanistica, sulla linea<br />

di quella che aveva già in gran parte scritta, quasi a propria insaputa, Agostino Sottili, al quale l’<strong>Università</strong><br />

di Pavia continuerà ad essere grata, soprattutto per queste sue preziose Lauree pavesi, che, grazie<br />

alla cura intelligente della sua cara allieva Simona Iaria, ora possiamo leggere nella loro completezza.<br />

Presentazione del volume Antonio Scarpa. Lettere a Nicola Morigi (1795-1825)<br />

Trascrizione e commento a cura di Edoardo Ascari, presentazione di Paolo Mazzarello (Fonti e studi<br />

per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia, 51).<br />

Professore Emerito di Medicina interna<br />

Le 49 lettere che Antonio Scarpa scrisse a Nicola Morigi, primario Chirurgo dell’Ospedale di Piacenza<br />

e suo successore sulla Cattedra di Clinica chirurgica della nostra <strong>Università</strong>, essendo rimaste<br />

in casa Morigi per circa due secoli, sono in gran parte inedite. Esse coprono un periodo di trent’anni,<br />

anche se la maggior parte si colloca fra il 1801 ed il 1814, anno in cui Morigi succede a Scarpa sulla<br />

cattedra pavese.<br />

Nel volume le lettere sono pubblicate con testo trascritto a fronte; è possibile che vi sia qualche<br />

errore nella trascrizione in quanto la grafia di Scarpa non è sempre facilmente leggibile, anche se i<br />

forti ingrandimenti consentiti dal computer hanno permesso a più riprese di superare queste difficoltà<br />

interpretative.<br />

Al termine di questo lavoro di trascrizione, mi è parso interessante stendere un breve commento<br />

anche perché da questo complesso di lettere si può cogliere un’immagine di Scarpa diversa da quella<br />

che tanta letteratura ci tramanda; nel volume il commento è preceduto da una brevissima biografia di<br />

Nicola Morigi e da un presentazione del prof. Mazzarello.


Il commento prende in esame dapprima i rapporti strettamente personali fra Scarpa, Morigi e la<br />

famiglia di quest’ultimo, mentre nella seconda parte si evidenziano alcuni interessi di Scarpa dei quali<br />

egli informa ripetutamente l’amico; si tratta di notizie sugli importanti eventi storici di quel tempo, su<br />

significativi momenti della vita universitaria pavese o, più semplicemente, sui piacevoli soggiorni nella<br />

tenuta di Bosnasco che costituisce per Scarpa un luogo di riposo e di relax, spesso soltanto sospirato.<br />

Non v’è dubbio che Scarpa ha in grande considerazione le capacità chirurgiche e la profonda conoscenza<br />

della pratica clinica di Nicola Morigi, tanto da invitarlo per ben tre volte, nel 1798, nel 1808<br />

ed infine nel 1814, a venire a Pavia come professore nella Facoltà medica pavese. Nella lettera del 1798<br />

sono dettagliatamente descritti tutti i vantaggi che questa sistemazione comporta: non solo lo stipendio<br />

fisso di tremila zecchini, ma anche i proventi della professione, qui ed a Milano, nonché la circostanza<br />

che il primo chirurgo dell’ospedale è assai vecchio e Morigi potrebbe avere anche questo incarico. Non<br />

sono note le ragioni per le quali Morigi lascia cadere i primi due inviti in quanto non abbiamo le sue<br />

lettere di risposta; solo al terzo invito, per altro in un anno difficile come il 1814, Morigi accetterà di<br />

venire a Pavia.<br />

Un aspetto particolare del rapporto è rappresentato dalla continua e sollecita attenzione di Scarpa<br />

per i due figli di Morigi, entrambi studenti di medicina a Pavia. Scarpa tiene costantemente informato<br />

il padre del loro progresso negli studi, particolarmente del più anziano che sarà chirurgo e nel 1814<br />

prenderà il posto del padre all’Ospedale di Piacenza quando questi verrà a Pavia. Solo in una lettera si<br />

coglie il carattere forte di Scarpa, abituato a comandare ed ad essere ubbidito senza discussione. Questa<br />

lettera si apre, infatti, con un imperioso “Quietatevi”, cui fa seguito il consiglio di non infierire troppo<br />

sul figlio, rimasto invischiato in uno scandalo pavese, nato con l’arrivo segreto a Pavia da Piacenza di<br />

due donne, fatte passare con inganno per mogli di ufficiali. Scarpa dice al padre di aver già redarguito<br />

il figlio, facendogli presente gli incidenti pericolosi ai quali si trova esposta la gioventù lungi da casa<br />

sua, e gli suggerisce autorevolmente di quietarsi perché il ragazzo ha ben appreso la lezione; Scarpa,<br />

per altro, aggiunge di avere comunque avvertito il padrone di casa di controllare segretamente il comportamento<br />

dei due e di dargliene di tanto in tanto notizia.<br />

Nell’incontro fra due medici non può mancare una conversazione su pazienti particolari, venuti alla<br />

loro osservazione. Numerosi sono i casi discussi nelle lettere; per lo più si tratta di consigli che Scarpa<br />

dà all’amico, come quello di non operare le pazienti con gravidanza extrauterina perché muoiono tutte,<br />

anche “se i Preti, purché si arrivi a spruzzare d’acqua santa il feto, non si curano del destino delle<br />

madri”. Particolarmente interessanti le due lettere che riguardano la vaccinazione antivaiolosa. In un<br />

Presentazione dei volumi del Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

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lettera del 1801, Scarpa informa l’amico di essere venuto in possesso della “vaccina”, in pratica del pus<br />

ottenuto da una pustola di vaiolo delle vacche, impiegata da Jenner in Inghilterra da pochi anni – inizio<br />

nel 1796 e pubblicazione nel 1798 - nell’intento di prevenire l’infezione da vaiolo umano. Come è<br />

noto questa pratica di utilizzare del materiale di origine bovina, la vaccina appunto, costituisce il primo<br />

esempio di vaccinazione; anzi la parola vaccinazione oggi impiegata in senso generale, nasce proprio<br />

dagli esperimenti di Jenner con materiale bovino. Scarpa inizia a vaccinare molti soggetti e quando, fatta<br />

la debita pratica, avrà un certo numero di vaccinati, si propone di infettarli con vaiolo comune umano<br />

per controllare direttamente se quanto si dice intorno alla azione profilattica della vaccina corrisponde<br />

al vero. Esperimento che a noi oggi appare del tutto inaccettabile sul piano etico.<br />

Le notizie sulla vita universitaria pavese che Scarpa riferisce a Morigi, aprono la seconda parte del<br />

commento. In due lettere viene accennato al problema sorto fra Frank, il grande clinico medico, amico<br />

di Scarpa, e Brambilla, il grande chirurgo militare, responsabile <strong>degli</strong> ospedali militari austriaci; Brambilla<br />

è chiamato a giustificarsi davanti ad una commissione della quale Frank fa parte, per il disordine<br />

di questi ospedali e per l’ignoranza dei medici militari, a fronte di costi altissimi sostenuti dallo Stato.<br />

Scarpa si astiene da ogni giudizio preso fra due fuochi: amico e collega del clinico medico, deve molto<br />

a Brambilla che fu il principale suggeritore in alto loco della sua chiamata a Pavia. Non ha invece alcuna<br />

remora, giusta la fama di uomo difficile e di brutto carattere, a dare un pesante giudizio negativo su<br />

Vincenzo Malacarne, notissimo professore di Anatomia comparata, che era stato costretto a trasferirsi a<br />

Padova per i pessimi rapporti con Scarpa.<br />

Nel 1803, dopo un incontro a Milano con il governo, Scarpa ottiene di essere giubilato dietro sua<br />

richiesta a partire dal novembre1804, e scrive a Morigi di essere finalmente in libertà e di aver il solo<br />

desiderio di far conoscere il punto di perfezione al quale ha portato il Gabinetto di Notomia. Il sollievo<br />

di essere in pensione dopo 32 anni di scrupoloso insegnamento, tenuto dapprima a Modena ed in<br />

seguito a Pavia, termina dopo pochi mesi, quando Napoleone, venuto in visita a Milano, lo prega personalmente<br />

di riprendere l’insegnamento. Scarpa ubbidisce, ed in una lettera di pochi mesi posteriore<br />

a questo avvenimento informa l’amico di aver ottenuto una pensione annua di 4000 franchi e di essere<br />

stato insignito della Legion d’Onore.<br />

Scarpa è sempre molto attento alle spese e fa gran conto del denaro. Come è noto, a quel tempo<br />

le opere scientifiche erano pubblicate a spese dell’autore, spesso sotto forma di dispense, e la stampa<br />

dell’opera iniziava per lo più dopo che un certo numero di persone, definite con il nome di associati,<br />

si erano impegnate all’acquisto. Scarpa invita ripetutamente l’amico a cercare associati a Piacenza, a


Parma e dintorni per salvarlo dalla “bancarotta”. Morigi, però, non deve essere un semplice procuratore<br />

di associati ma anche un solerte esattore delle quote. A questo proposito, Scarpa sottolinea l’importanza<br />

che gli associati paghino la prima rata, perché poi le altre vengono onorate pressoché sempre, anche se<br />

l’opera non è eccellente. Il prezzo di alcune opere è evidentemente alto, ma Scarpa lo giustifica a giusta<br />

ragione con l’ampiezza dei rami e la sottigliezza e precisione dell’incisione, che ancor oggi fanno delle<br />

tavole dei trattati di Scarpa opere di straordinaria bellezza.<br />

Per quanto riguarda gli avvenimenti politico-militari voglio solo ricordare che informando Morigi<br />

dell’entrata di Napoleone a Vienna nel 1805, Scarpa scrive espressamente: “I posteri appena crederanno<br />

ciò che noi vediamo”. Più tardi in una lettera del 1814, pur in una posizione sostanzialmente<br />

antifrancese, Scarpa chiama Napoleone il primo capitano del mondo e si dice molto preoccupato per il<br />

suo Bosnasco, vicino al campo di battaglia.<br />

La tenuta di Bosnasco, della cui villa ristrutturata sono pubblicate alcune fotografie nella seconda<br />

copertina del volume, costituisce per Scarpa un rifugio nel quale ritrovarsi con amici pavesi come i<br />

Configliacchi, i Bellisomi, i Beccaria o con lo stesso Morigi, di volta in volta presenti a Bosnasco, per<br />

frequentissime battute di caccia o semplicemente per una buona partita a carte, insieme al Rettore della<br />

tenuta.<br />

Da ultimo, vorrei ricordare due altri interessi preminenti, che hanno entrambi Bosnasco come centro:<br />

la caccia e la quadreria.<br />

Alla fine di moltissime lettere Scarpa informa Morigi sulla caccia della quale entrambi sono cultori<br />

appassionati; le battute sono spesso effettuate insieme, anche per la vicinanza delle rispettive tenute nei<br />

pressi di Castel San Giovanni, Bosnasco per Scarpa ed Agazzino per Morigi. Nelle lettere è riportato sovente<br />

il numero delle quaglie, boccacce, pernici, lepri uccise, da cui traspare l’orgoglio del cacciatore;<br />

a volte non vi sono prede e Scarpa descrive il suo vagare fra Montebello, Mezzanino Po, San Zenone,<br />

lungo le rive della Bardoneza e a Rovescala nei possedimenti della nobile famiglia Bellisomi, cari amici<br />

di Scarpa. In più lettere si parla di cani da caccia, in particolare di Sodo, il più bel cane di Lombardia.<br />

L’interesse per i dipinti viene crescendo nel tempo, forse anche in rapporto alla sua progressiva<br />

maggiore capacità economica; alla morte, secondo l’elenco pubblicato nel 1874 sull’Archivio Veneto,<br />

Scarpa possiede 86 quadri fra i quali sono presenti dipinti di Mantegna, Tiziano, Caravaggio, Andrea Del<br />

Sarto e tanti altri autori altrettanto noti.<br />

Morigi viene invitato a più riprese a farsi promotore della ricerca di quadri da acquistare nel piacentino,<br />

nel parmense, financo a Modena e a Bologna dove un antiquario, colpevole di false promesse,<br />

Presentazione dei volumi del Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

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98<br />

viene investito dall’invettiva di “ guercio e bolognese”, quasi a ricordo del decennale insegnamento di<br />

Scarpa a Modena, città notoriamente in conflitto con Bologna. Scarpa si ritiene in grado di riconoscere<br />

i falsi dei pittori antichi e contemporanei e compra soltanto dopo una sua personale perizia, ma pare<br />

che, quando nel 1895 la raccolta è posta all’asta, i falsi fossero numerosi.<br />

Scarpa scrive almeno due brevi pubblicazioni in tema di antiquariato; per la prima che illustra un<br />

elmo squisitamente lavorato a cesello con 2 tavole, teme che qualcuno possa dire di lui, noto come<br />

grandissimo chirurgo: “Offelè fa’l to mestè”.<br />

Ed anche io, insieme a Scarpa critico d’arte, mi auguro che nessuno abbia a dire per questo mio<br />

commento “Offelè fa ‘l tò mestè”.<br />

Presentazione del volume Inventari golgiani, a cura di Paolo Mazzarello, Maria Pia Milani, Susanna<br />

Sasa, Alberto Calligaro (Fonti e studi per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia, 53).<br />

Preside della Facoltà di Medicina e Chirurgia e Direttore del Museo per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia.<br />

In questa occasione della presentazione del volume sugli Inventari Golgiani da parte del professor<br />

Mazzarello e nella veste di direttore del Museo per la Storia dell’<strong>Università</strong> vorrei sottolineare con poche<br />

parole due aspetti rilevanti della nostra attività.<br />

Il Museo ancora una volta si propone al pubblico non meramente come struttura di raccolta e<br />

conservazione di materiale documentario, ma come strumento per la diffusione della cultura storicoscientifica<br />

offrendo alla comunità, non solo accademica ma a tutto il mondo <strong>degli</strong> studiosi, strumenti di<br />

lavoro il più possibile efficaci per l’avanzamento delle conoscenze e l’approfondimento delle relative<br />

radici storiche. Gli Inventari Golgiani rappresentano infatti non solo il risultato della ricerca e del riordino<br />

di una vastissima mole di documenti, ma rappresentano anche un utilissimo strumento di lavoro per<br />

tutti coloro che vogliano indagare su tutte le attività del nostro sommo scienziato: su quella scientifica,<br />

su quella accademica, politica, sui rapporti nazionali e internazionali tra personaggi di rilievo in un<br />

periodo storico tra i più fervidi per il rinnovamento delle idee e delle prospettive scientifiche.<br />

Il secondo aspetto che desidero porre all’attenzione dei presenti è l’espressione di un sentimento<br />

di profonda gratitudine per l’attività di tutti coloro che fanno parte direttamente o indirettamente della<br />

“squadra” del Museo per la Storia dell’<strong>Università</strong>. Mi riferisco in particolare a Franca Banchieri, a Carla


Garbarino, a Lucio Fregonese, i quali con un impegno personale ben al di là dei doveri istituzionali<br />

rappresentano sicuri riferimenti per tutti coloro che collaborano con il Museo storico nelle sue diverse<br />

attività. Il loro impegno è esemplare, la loro disponibilità infinita, in altri termini rappresentano un grande<br />

esempio di senso di appartenenza alla Istituzione universitaria nel suo concetto più ampio.<br />

Infine, un ringraziamento particolare al professor Dario Mantovani che con mano sicura e illuminata<br />

dirige il Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia ed ha voluto accogliere questo volume nella<br />

prestigiosa Collana.<br />

Presidente del Sistema Museale d’Ateneo<br />

Nel 2006 l’<strong>Università</strong> di Pavia ha celebrato i cento anni dal conferimento del premio Nobel per la<br />

medicina e la fisiologia a Camillo Golgi, un nome che brilla nella letteratura scientifica contemporanea legato<br />

com’è a svolte epocali delle discipline medico-biologiche. La sua figura di ricercatore è storicamente<br />

collocata nel punto nodale di sviluppo in almeno tre settori fondamentali della ricerca, le neuroscienze,<br />

con l’invenzione della “reazione nera”, il metodo che per la prima volta ha permesso di decifrare la<br />

straordinaria complessità del sistema nervoso centrale, la biologia cellulare, con la scoperta di uno <strong>degli</strong><br />

organuli fondamentali della cellula, l’infettivologia, con la descrizione del ciclo di sviluppo del microrganismo<br />

patogeno che provoca la malaria. Se, come è stato scritto, una via per l’eternità è costituita dalla<br />

capacità di trasformare il proprio nome in un eponimo scientifico, il destino di Golgi non poteva essere<br />

più fortunato. Nelle neuroscienze si parla di metodo di Golgi, di cellule del primo e secondo tipo di Golgi<br />

di cellule di Golgi del cervelletto, nella biologia cellulare di apparato o complesso di Golgi, nella malariologia<br />

di ciclo di Golgi e di legge di Golgi. E l’elenco potrebbe continuare ancora. Un nome, il suo, che è<br />

anche diventato sinonimo dell’organulo cellulare da lui scoperto; si scrive infatti the Golgi, tout court, per<br />

indicare questa importante componente della cellula. Non solo. La quantità di eponimi golgiani generati<br />

per una sorta di “amplificazione terminologica clonale” ha ormai superato le diverse decine: Golgi area,<br />

Golgi compartments, Golgi ribbon, Golgi storage... . Chissà cosa direbbe il grande scienziato nel leggere<br />

di un Golgi skeleton, oppure nel sentir parlare dei Golgi ghosts o delle golgine.<br />

Purtroppo è anche vero che l’onnipresenza del nome non corrisponde frequentemente a una conoscenza,<br />

anche crepuscolare, della sua figura (questo stato di cose, proprio negli ultimi anni, è andato<br />

comunque significativamente cambiando). Ogni tanto lo si trova ancora scritto minuscolo ed è capitato<br />

Presentazione dei volumi del Centro per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

99


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di sentirsi chiedere cosa significasse il termine latino “Golgi”. Golgus – Golgi, dunque.<br />

Per cercare di riscoprire storicamente la figura di questo grande scienziato, probabilmente il più<br />

grande biologo italiano <strong>degli</strong> ultimi due secoli, l’<strong>Università</strong> di Pavia ha avviato, fin dal 2003-2004, un<br />

nutrito programma di “manifestazioni golgiane” che si sono svolte a Pavia lungo tutto il 2006, in occasione<br />

del centenario del premio Nobel. Oltre ai convegni, a una nutrita attività editoriale scientifica<br />

e pubblicistica, a una grande mostra storica e scientifica, è stata messa in cantiere una ricognizione<br />

inventariale delle carte golgiane presenti nel Museo per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia e nella sezione<br />

di Patologia Generale “C. Golgi” del Dipartimento di Medicina Sperimentale a Palazzo Botta. In seguito<br />

si è deciso di estendere l’impresa anche al materiale presente nell’Archivio del Liceo “Ugo Foscolo” di<br />

Pavia (che Golgi frequentò alla fine <strong>degli</strong> anni Cinquanta dell’Ottocento quando si chiamava Imperial<br />

Regio Ginnasio Liceale) e ai documenti a lui relativi presenti nella Biblioteca Universitaria.<br />

Si tratta di un lavoro corale che viene proposto agli studiosi nella convinzione che la documentazione<br />

relativa alla vita e alle scoperte di Camillo Golgi costituisca una fonte fondamentale per la storia<br />

della medicina e della biologia fra Ottocento e Novecento.<br />

Il lavoro è stato finanziato con contributi della Regione Lombardia, della Fondazione Cariplo e del<br />

Ministero dell’<strong>Università</strong> e della Ricerca Scientifica e a tutti questi enti vanno i nostri ringraziamenti.<br />

Molti sono i debiti di riconoscenza che tutti i curatori di questo volume hanno nei confronti delle<br />

molte persone che hanno prestato il loro aiuto nelle varie fasi di questa lunga ricognizione. Vorremmo<br />

ringraziare, in particolare, i prof.ri Vanio Vannini e Roberto Pizzala del Dipartimento di Medicina Sperimentale,<br />

sezione di Patologia Generale, la prof.ssa Anna Carrera, preside del Liceo Ugo Foscolo di Pavia,<br />

la dott.ssa Alessandra Bracci direttrice della Biblioteca Universitaria di Pavia, il dr. Cesare Repossi,<br />

presidente della Società Pavese di Storia Patria, la sig.ra Franca Banchieri e la dott.ssa Carla Garbarino<br />

del Sistema Museale di Ateneo - Museo per la Storia dell’<strong>Università</strong> di Pavia.


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UNIVERSITà dEglI STUdI dI paVIa<br />

in collaborazione con<br />

ADRAT-ASSOCIAZIONE DOCENTI E RICERCATORI ATENEO TICINENSE<br />

lUNEdì 26 gENNaIO <strong>2009</strong>, ore 21,15<br />

CHIESa dI SaN FRaNCESCO<br />

CONCERTO PER L’INAUGURAZIONE<br />

DELL’ANNO ACCADEMICO <strong>2008</strong>-<strong>2009</strong><br />

Secondo centenario dell’orazione inaugurale di Ugo Foscolo<br />

all’<strong>Università</strong> di Pavia<br />

“Dell’origine e dell’ufficio della letteratura”<br />

ORCHESTRA FILARMONIA VENETA<br />

Romolo Gessi direttore<br />

Felix mendelssohn BaRtholdy (1809-1847)<br />

(Celebrazioni per il bicentenario della nascita)<br />

Ouverture Le Ebridi op. 26<br />

FRanz Joseph haydn (1732-1809)<br />

(Celebrazioni per il bicentenario della scomparsa)<br />

Sinfonia n. 104 “London” in re maggiore<br />

****<br />

ludwiG van Beethoven (1770-1827)<br />

Sinfonia n. 7 op. 92 in la maggiore<br />

Studenti, docenti, personale tecnico-amministrativo e la cittadinanza sono cordialmente invitati<br />

Il RETTORE<br />

Angiolino Stella<br />

Il pRESIdENTE adRaT<br />

Piero A. Milani<br />

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Finito di stampare nel mese di ottobre <strong>2009</strong><br />

presso la Tipografia Commerciale Pavese s.n.c.<br />

Via Vigentina 29/B - Pavia

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