libro I E - Istituto Comprensivo Pertini - Ovada
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GIOCARE CON LE<br />
PAROLE PER<br />
DIVENTARE<br />
SCRITTORI<br />
MITI, FAVOLE, FIABE,<br />
DESCRIZIONI DEI RAGAZZI<br />
DELLA I E
I ragazzi della I E hanno lavorato con impegno ed a lungo per offrirvi un <strong>libro</strong>.<br />
Certo….noi lo chiamiamo così…..senza paura di esserne troppo orgogliosi.<br />
Il nostro percorso didattico ci dice che nella classe prima dobbiamo conoscere vari tipi di<br />
testi letterari: il mito, la favola, la fiaba e varie tecniche di scrittura, una di queste è la<br />
descrizione.<br />
“Scrittori non si nasce, ma si può diventare”.<br />
Certo esiste chi lo fa con più facilità per vari motivi, ma certamente ciò non è casuale. Vi<br />
sono regole da rispettare, tanto esercizio da fare, tanti errori che non dobbiamo temere, ma<br />
affrontare.<br />
Il nostro percorso all’interno della scrittura creativa è iniziato così: spiegare quali sono gli<br />
ingredienti del tipo di testo che vogliamo affrontare, leggere, cercare di studiarne la forma<br />
ed i contenuti tipici, produrre, produrre, produrre, autocorreggerci, rileggere, pazientare<br />
rispettando precisi consigli e gustarci i nostri prodotti.<br />
Che questo testo che vi presentiamo, opera dei vostri apprendisti scrittori, sia di stimolo al<br />
nostro percorso di tre anni. Quando saremo alla fine del nostro viaggio tra lettura e<br />
scrittura lo rileggeremo e forse da scrittori più provetti ne sorrideremo.<br />
Buona lettura!!!<br />
Vi lascio ad una citazione affascinante per chi è un appassionato lettore e intraprendente<br />
scrittore come i ragazzi della I E.<br />
Fra i diversi strumenti dell’uomo,<br />
il più stupefacente è senza dubbio il <strong>libro</strong>.<br />
Gli altri sono estensioni del suo corpo.<br />
Il microscopio, il telescopio<br />
sono estensioni della vista;<br />
Il telefono è estensione della voce;<br />
poi ci sono l’aratro e la spada<br />
estensioni del suo braccio.<br />
Ma il <strong>libro</strong> è un’estensione<br />
della memoria e dell’immaginazione<br />
J.L.Borges<br />
Patrizia Priano
Il descrivere è uno degli esercizi più classici di scrittura. Più difficile e far diventare la<br />
descrizione un testo interessante e comprendere che, nella narrativa, questo tipo di<br />
competenza diventa modo di creare sequenze basilari per la creazione di una storia.<br />
I ragazzi hanno riflettuto sul fatto che si può descrivere qualsiasi cosa: da un oggetto ad<br />
una persona, da un paesaggio ad una sensazione. Ora sanno che la descrizione ha una parte<br />
oggettiva: quello che tutti possono vedere ed una parte soggettiva che racchiude ciò che<br />
solo l’autore del testo vede, pensa, sente rispetto all’oggetto del suo descrivere.<br />
I “sei sensi”. Per descrivere, infatti, non bastano vista, tatto, udito, olfatto, gusto, ma<br />
occorre il “sesto senso” quello che mi permette di rendere una descrizione banale un vero<br />
testo con messaggi che vanno al di là di ciò che lo scrittore stesso immagina.<br />
Questi di seguito sono i primi tentativi più o meno corretti. I ragazzi hanno descritto un<br />
oggetto, una persona cara od un’immagine. Hanna anche provato ad utilizzare la<br />
descrizione come uno sceneggiatore-regista fa quando crea un personaggio. per allenare le<br />
nostre abilità abbiamo scelto “il cattivo” .
Descrivere: un’immagine<br />
di Paolo Badino<br />
Questa immagine mostra una bellissima chiesetta di alta<br />
montagna. In prato verdeggiante, sono piantate nel terreno delle<br />
lapidi antiche di varie forme, di colori e sfumature varianti per<br />
via del tipo di pietra usato. Immagino che la chiesa, attiri molti<br />
turisti perché vi è gente all’entrata.<br />
Ha il tetto tipico di un luogo di montagna cioè cadente verso il basso. Ha le grondaie a<br />
forma di serpente.<br />
Il cielo è di un azzurro tendente allo scuro perché la foto forse è stata scattata nel tardo<br />
pomeriggio, si vedono nell’orizzonte nuvole soffici, molto probabilmente perché nei giorni<br />
passati c’era un po’ di perturbazione. Il campanile, dalla sua maestosa altezza, non entra<br />
nell’obiettivo del professionista delle immagini. La cosa che mi ha colpito di più è stato il<br />
colore del legno usato per fare le pareti che è di una sfumatura marrone lucido,<br />
sfortunatamente l’ombra della chiesa ha oscurato molte pareti quindi è impossibile vedere<br />
il fantastico colore. Quando noto tutto quel verde mi sembra di odorare la fresca ebbrezza<br />
di un posto in mezzo alle montagne. Tutte quelle lapidi incastonate nel terreno mi fanno<br />
ricordare degli ostacoli da saltare proprio come quelli che si incontrano nella vita.<br />
All’entrata c’è un cespuglio molto grande che occupa un angolo della cappella. Guardando<br />
le nuvole candide mi viene voglia di mangiarmi dello zucchero filato, morbido ma allo<br />
stesso tempo compatto proprio come le nubi. Penso che se fossi stato in quel determinato<br />
posto e in una giornata di primavera, avrei udito sicuramente l’armonioso pigolare degli<br />
usignoli o perché no, una rondine che sta appollaiata sulla grondaia a forma di rettile! Con<br />
questa descrizione vi auguro di riuscire a trovare una chiesa più bella di questa.<br />
LA MIA PENNA<br />
di Lorenzo Compalati<br />
La penna che mi durò di più fu quella ricaricabile a cartucce che mi durò ben cinque anni,<br />
a me di solito durano poco, ma essa era indistruttibile o quasi, alla fine della quinta<br />
elementare mi abbandonò cadendo dal terrazzo, la ritrovai in mille pezzi, però, in prima<br />
elementare, era stupenda, aveva un tappo verde e rosso che si congiungeva al tubo<br />
centrale rivestito di gomma bianca come la neve dove all’interno si trovava lo spazio per<br />
le cartucce ricambiabili, all’estremità del tubo c’era un altro tubicino verde dove si<br />
avvitava al tubo centrale, così poteva tenere ferma la cartuccia, all’interno del tubicino<br />
c’era una cartuccia di ricambio tenuta da un tappino rosso. Durante la terza elementare mi<br />
cadde dal banco e quando mi alzai, per sbaglio, la spiaccicai con i piedi, però, si spaccò<br />
solo il tappo del tubicino e da quel momento mia mamma volle buttarla via, ma a me<br />
piaceva troppo, così le dimostrai che potevo aggiustarla, quindi la riempii di scotch e così<br />
continuai la “carriera scolastica”, fino a che in quinta ci fu quell’impatto con il<br />
marciapiede. Mica è finita così, però, ne conservo ancora qualche pezzettino, anche se me<br />
ne sono quasi dimenticato. Quest’anno ho trovato una nuova penna da fare passare “alla<br />
storia”, per adesso è ancora tutta intera, speriamo bene!!!
di Fabio Ratto<br />
Una persona per me molto importante è sicuramente mio nonno Giuseppe che, essendo<br />
nato nel 1937, ha un bagaglio d’esperienza notevole compresa quella di aver vissuto,<br />
quando aveva circa la mia età, la seconda guerra mondiale.<br />
Penso che l’aver traversato certi periodi sia uno dei motivi per cui fin da piccolo mi ha<br />
sempre insegnato il rispetto per gli altri e il valore della vita.<br />
Adesso all’età di 72 anni non è più arzillo e in gamba come una volta, dovuto anche al<br />
fatto di aver superato alcune malattie anche abbastanza gravi che sicuramente gli hanno<br />
lasciato il segno, nonostante tutto penso che abbia ancora molte cose da insegnarmi, tra cui<br />
quella di aggiustare le automobili, mestiere che ha fatto per una vita intera.<br />
Come ho detto prima l’esperienza vissuta ne hanno fatto un uomo giusto, ma con un<br />
carattere severo ed a volte anche un po’ burbero, anche se in verità con me è sempre molto<br />
disponibile e affettuoso tanto da paragonarlo al mio cane Trilli, visto che non si scolla mai<br />
da me.<br />
Fisicamente non è molto robusto in quanto come diceva la mia bisnonna Viole, è nato di<br />
sette mesi e da un parto gemellare dove, sfortunatamente l’altro gemello è morto, ed è<br />
probabilmente per questo che non si è irrobustito ulteriormente.<br />
Il suo viso ovale è quasi ormai nascosto interamente da un paio d’occhiali rotondi, anche<br />
se a suo dire ci vede bene, ma io non ci credo perché i risultati si vedono su la sua Yundai<br />
rossa che immancabilmente ogni giorno sfoggia un nuovo “bollo”.<br />
Da quando è andato in pensione ha esclusivamente coltivato i suoi tre hobby principali che<br />
vi dirò in ordine: giocare a bocce, anche se io lo prendo sempre in giro dicendogli che la<br />
sua testa pelata prima o poi finirà con il confondersi con le altre bocce;le carte ed in<br />
particolare il gioco dei tarocchi, sono memorabili le sue sfide con l’arbitro Farina che, se<br />
gioca come arbitra è tutto detto; per ultimo e forse quello che gli pesa di più è il dovermi<br />
scarrozzare a tutti gli allenamenti di calcio visto che i miei genitori, lavorando molto,<br />
possono al massimo venirmi a prendere. Vi posso garantire che per uno come lui, che teme<br />
sempre che mi faccia male, è una vera e propria sofferenza.<br />
Infine posso semplicemente dire che sono veramente orgoglioso di avere un nonno così.
di Irene Baldizzone<br />
L'oggetto che cerco dì descrivere è il mio zaino.<br />
Un giorno sono andata alla cartolibreria “Upi libri”davanti alla scuola per comprare uno<br />
zaino, purtroppo la proprietaria non ne aveva a disposizione e mi consigliò di andare la<br />
settimana dopo. Sette giorni dopo ritorno con mia madre nel negozio e alcuni zaini erano<br />
arrivati: non del colore che desideravo (cioè viola), ma erano in vendita uno<br />
completamente nero e uno bianco con strisce rosa. La venditrice ci disse che lo avrebbe<br />
ordinato. La settimana successiva andai nella cartolibreria; ma gli zaini non erano arrivati,<br />
era rimasto solo quello nero. Decisi di andare allora nella cartoleria “Maineri” e lì ho<br />
finalmente trovato lo zaino che desideravo.<br />
Era uno dell'Eastpak, come lo volevo io, con le cerniere ed era soprattutto viola con delle<br />
strisce rosse, rosa, bianche, viola scuro-chiaro e in alcuni punti nero. Ha le bretelle nere e<br />
una tasca davanti dove, la settimana scorsa, ho attaccato alle due cerniere una collana di<br />
palline di plastica ricoperte da stoffa all'uncinetto e un fiocco nero a pois lilla con un<br />
brillantino centrale rosa. Arrivata a casa l'ho fatto vedere a tutti. Sono molto contenta di<br />
avere questo zaino perché è quello dei miei sogni!!!!!!!<br />
di Lorenzo Compalati<br />
Ho deciso di descrivere “che cosa vedo dalla mia finestra” scegliendo<br />
quella della camera dei miei genitori, perché da lì riesco a vedere una<br />
miriade di cose. Da questa finestra vedo in lontananza la catena delle Alpi,<br />
tra cui spicca il monte Rosa, esso è maestoso e ha la forma di un cono che<br />
sembra un enorme gelato. In lontananza, in pianura vedo la città di<br />
Alessandria ovviamente una piccola parte ed di fianco ad essa s’innalza<br />
una collina su cui posso osservare campi coltivati, boschi, vigneti e<br />
ultimamente posso osservare uno sbancamento di terra probabilmente<br />
eseguito per una futura semina. Tra le colline sottostanti spicca il paese di<br />
Rocca Grimalda che alla sera si può notare perché brilla di luci.<br />
Abbassando lo sguardo posso vedere un maneggio dove all’interno<br />
intravedo cavalli di ogni tipo: bassi, alti, bianchi, neri, sono veloci e molto<br />
abili, osservo anche i trattori che spianano la sabbia. Mi stavo per<br />
dimenticare la casa dei miei cuginetti con i quali trascorro il tempo<br />
giocando e divertendoci. Ultimamente, però, questo bellissimo paesaggio<br />
me lo stanno rovinando le fabbriche anche se per adesso sono ancora<br />
lontane, ma continuano a costruire zone industriali.
di Irene Baldizzone<br />
La mia casa si trova in piena campagna e tutto intorno ci sono diversi campi. Quando apro<br />
la finestra della mia cameretta, dove dormo con mio fratello, vedo un pino molto alto che<br />
si trova nel centro del mio cortile e davanti c'è un carretto antico che mio zio ha<br />
ristrutturato; alla destra vedo un porticato dove al di sotto c'è la cuccia del mio cane e tutto<br />
intorno mia madre soprattutto in estate ci mette moltissimi vasi, alcune volte mi capita di<br />
vedere i gatti giocarci vicino. Se guardo oltre il pino vedo la strada di casa mia che si<br />
unisce con la strada comunale di Rocca Grimalda, dove passano molte automobili, persone<br />
in bicicletta e in moto e in fondo ad essa c'è la cassetta delle lettere. Ai lati posso vedere<br />
alcuni campi che, a secondo delle stagioni, cambiano di colore a causa di cosa c'è seminato<br />
e osservare molte case di San Giacomo. A sinistra del pino c'è un'aia dove di solito<br />
mettiamo la legna e di fianco un'altra strada che porta lungo il viale e all'orto; sulla stradina<br />
che divide l'orto dai campi ogni tanto vedo passeggiare dei cavalli e raramente si possono<br />
vedere dei caprioli, coniglietti e fagiani. Se guardo al di sopra del viale sulle colline posso<br />
osservare il paese di Silvano d'Orba con tutte le sue case, la sua chiesa dalla quale sento<br />
spesso i rintocchi delle campane e ancora oltre vedo le montagne che d'inverno sono<br />
spesso innevate. Quello che posso vedere dalla mia finestra cambia spesso attraverso le<br />
stagioni: durante la primavera è tutto in fiore, invece d'autunno il cortile è sempre<br />
sommerso di foglie e d'inverno è molto grazioso vedere tutto il paesaggio ricoperto di<br />
neve.<br />
LA MIA SEDIA A DONDOLO<br />
di Fabio Ratto<br />
Dicono che sia un ricordo di mia bisnonna Viole e che su quella sedia si siano<br />
addormentati tutti i miei avi. In effetti è veramente comoda e anche io quando voglio<br />
rilassarmi mi lascio dondolare sino ad addormentarmi. Ha una struttura di legno scuro,<br />
appoggiata su due ampi dondoli con l’estremità arrotondate. La seduta è composta, da una<br />
poltrona di pelle trapuntata fissata con grossi bottoni neri. Ancora oggi, mia madre mi<br />
racconta che quando ero piccolo e non riuscivo a dormire, l’unica soluzione era quella di<br />
prendermi in braccio e farmi dondolare sino ad addormentarmi.<br />
Adesso finalmente sono riuscito ad impossessarmene e a piazzarla in camera mia proprio<br />
davanti alla televisione, epiche sono le lotte con i miei amici per occuparla, quando<br />
giochiamo al Xbox360. Quando sono con i miei genitori in qualche ipermercato, provo a<br />
sedermi su diverse sedie a dondolo moderne, ma non so, se per affetto o per verità, non<br />
riesco a trovarne una altrettanto comoda.<br />
Forse certe volte a veramente ragione mio nonno, quando dice che molte cose di una volta<br />
sono migliori di quelle attuali.
di Luca Barletto<br />
In primo piano posso osservare dei pini immersi nella neve alcuni di essi sono ancora in<br />
piedi mentre altri sembrano quasi sdraiati per terra, in piccoli punti sono innevati.<br />
Più in lontananza, in secondo piano, vedo un immensa distesa di alberi sembrano quasi<br />
degli scalatori di montagne professionisti, danno anche l’idea di un esercito pronti alla<br />
battaglia.<br />
In lontananza si emerge una catena di monti innevati, sembrano quasi ricoperti di panna.<br />
Osservando questa immagine mi ritorna in mente la gita fatta con la mia famiglia in<br />
Trentino-Alto Adige.<br />
Guardando la foto mi sembra di sentire il profumo dei pini che si emerge nell’aria.<br />
Spero che un giorno mi troverò in un posto così bello come questo.<br />
Di Simone Bertrand<br />
Una persona per me molto speciale è nonna Giovanna, una signora di settant’anni, ma<br />
piena di energie per la sua età. E’ di altezza media, magra, con i capelli sale e pepe e un<br />
po’ arruffati. Ha una voce un po’ rauca, ma quando bisogna urlare per dirci di fare i<br />
compiti, la voce è quasi forte come quella di un cantante lirico.<br />
Io vado da lei che mi prepara il pranzo tutti i giorni dopo la scuola e, senza di lei, la<br />
mamma che lavora, non saprebbe come fare. Al pomeriggio controlla che io faccia i<br />
compiti e poi, più tardi, mi accompagna da Fabio, il mio compagno di calcio. Lei controlla<br />
che nel borsone non mi manchi niente e che non dimentichi nulla là. Per dare una mano<br />
alla mamma lava sempre tutto lei. Durante il periodo estivo si occupa quasi completamente<br />
di me e mio fratello e sta con noi al mare permettendoci di fare vacanze lunghe e<br />
spensierate.<br />
L’unico difetto che ha è che si preoccupa troppo: guai se sudo (la polmonite è in agguato!),<br />
guai se non faccio merenda (la denutrizione è dietro l’angolo!) e così via. La mamma dice<br />
che è normale perché lei ci tiene molto a me e poi, col passare degli anni, si diventa più<br />
ansiosi.<br />
Adesso che non sono più un bambino piccolo voglio impegnarmi per aiutarla quando posso<br />
e, per non farla arrabbiare, comincerò magari a non litigare più così tanto con mio fratello.<br />
Purtroppo adesso ha male ad un’anca e tra qualche giorno si va ad operare, quindi, la mia<br />
famiglia ed io staremo in pensiero per lei e in più la mamma non sa come fare per noi.
di Edoardo Montobbio<br />
Si tratta di un camoscio sopra ad una montagna ricoperta da un<br />
mantello soffice ed impalpabile: la neve.<br />
Si guarda intorno vigile ed attento, pronto a fuggire nel caso in cui vi fosse pericolo. Ha un<br />
mantello marrone, molto scuro e folto per ripararsi dal freddo invernale, sotto la gola e la<br />
pancia il colore del mantello è più chiaro. Ha due corna lunghe e sottili, che utilizza per<br />
difendersi in caso di necessità.<br />
Sul muso allungato e sottile di questo simpatico animale spiccano dei grandi occhi scuri<br />
che fanno tenerezza e osservano attentamente ogni piccolo movimento attorno a loro. Le<br />
labbra sono sottili, ma forti che gli consentono di brucare l’erba e, nei mesi invernali, di<br />
farsi strada, con l’aiuto degli zoccoli, nella spessa coltre di neve. Questo animale ha la<br />
caratteristica di trascorrere gran parte della giornata in luoghi inaccessibili per le grandi<br />
pendenze e il terreno roccioso, questo grazie ai robusti zoccoli piuttosto piccoli, ma fatti in<br />
modo tale da poter fare presa sui terreni molto ripidi. Questa caratteristica, insieme ad<br />
un’ottima muscolatura, lo rende agile e veloce e imprendibile dai predatori<br />
di Cecilia Ferrari<br />
Al villaggio nessuno osava più nominare il suo nome in seguito allo sterminio arrecato<br />
anni fa. Vilbut, una creatura dotata di artigli per difendersi dai cacciatori in cerca dei suoi<br />
magnifici denti di rubino, è un tipo solitario, anche a causa del suo orribile aspetto estetico.<br />
I capelli, folti e neri come il carbone,giungono oltre i disgustosi piedi pelosi. Il suo viso è<br />
completamente ricoperto da squame disposte una dietro l’altra. Sulla sua fronte vi scende<br />
una corta frangia. E’ privo di sopracciglia e i suoi occhi trasmettono tutta la sua cattiveria:<br />
il sinistro è rosso e l’altro,molto più grande, verde. Guarda unicamente verso il terreno. Il<br />
naso appuntito e molto curvo,arriva fino alla piccola bocca, formata da labbra screpolate.<br />
Ha un aguzzo mento che ama toccare con i suoi pungenti artigli. Il collo è lungo e rugoso.<br />
Le sue orecchie sono lunghissime e terminano appuntite. Non sono molto spesse e<br />
giungono oltre l’altezza dei capelli. Vilbut, approfitta di questa sua deformità per udire<br />
meglio i movimenti delle sue future prede. Le magre braccia, simili a bastoni, arrivano alle<br />
ginocchia. Le gambe , lunghe e sottili, vengono utilizzate dalla creatura mostruosa per<br />
muoversi con rapidità. La sua pelle è violacea e ghiacciata:a chiunque osi toccarla,anche se<br />
risulta impossibile perché uccide qualsiasi persona incontri,vengono i brividi. Vive nei<br />
boschi, sopra gli alberi, agisce nella notte e durante il giorno, attaccato ad un ramo, dorme<br />
come i pipistrelli. E’solito vestirsi con un mantello nero munito di un cappuccio, per<br />
mimetizzarsi meglio nel buio. E’ aggressivo e molto serio. La sua voce è aspra e fin da<br />
piccolo ha sempre avuto un difetto nel parlare:pronuncia la lettera “l” invece della “r”. I<br />
bambini e gli adulti, oltre ad avere paura di lui, lo prendevano continuamente in giro. Con<br />
il passare del tempo, racchiuse nel suo cuore sempre più odio e rancore verso gli uomini.<br />
Quando divenne adulto, accecato dall’ ira, sterminò tutti gli abitanti di quel villaggio,<br />
compresi i bambini innocenti. Improvvisamente, quando meno te lo aspetti, compare alle<br />
tue spalle. Non hai neanche il tempo di girarti che sei morto. Uccide utilizzando i feroci<br />
artigli. Si nutre di animali che cattura nel bosco. Non si ciba di uomini perché li disprezza,<br />
ma li uccide per vendicarsi dell’offesa subita. Non perdonerà mai le persone per avergli<br />
fatto vivere un’ infanzia così umiliante. Non c’è più rimedio. Lui non parla, agisce.
di Maria Luisa Ratto<br />
…Un giardino pubblico, un parco giochi….. E’ molto grande, circondato da condomini, in<br />
uno di questi abito io. Si nota bene una pista circolare per andare in bicicletta, in mezzo si<br />
trovano l’erba, i giochi (scivolo, tunnel…); vedo una rotonda cioè, un piccolo cerchio<br />
circondato da muretti con al centro una piccola aiuola circolare. Ci sono pochi alberi<br />
“spelacchiati” che non fanno neanche ombra.<br />
Vicino all’entrata si apre uno spiazzo dove spesso alcuni ragazzi giocano a calcio.<br />
La pista ciclabile è piana con un solo piccolo bivio che si ricongiunge dopo pochi metri, in<br />
un punto se si vuole si può girare e andare nella rotonda. Si può vedere un campo da bocce<br />
dove le sere d’estate i vecchietti vanno a giocare. Al centro, in mezzo all’erba ci sono i<br />
giochi che sono composti da due scivoli multicolore, un tunnel dove bisogna gattonare e<br />
una passerella traballante. Tra l’erba si innalza una fontana dove si può bere.<br />
Oltre a questo ammiro le colline della Costa, con tanti alberi con tanti alberi fitti e poche<br />
case grandi e isolate.<br />
Più a destra intravedo la frazione Costa di cui si distingue bene la chiesa, ma anche alcune<br />
case. Davanti c’è un palazzo molto più vicino che copre la vista. Se guardo in basso vedo i<br />
piccoli giardini dei vicini che abitano sotto di me hanno alcuni alberi e sono divisi da una<br />
siepe; uno di questi è disabitato e l’erba cresce indisturbata i condomini sono molti e<br />
circondano il giardino: quelli a destra e quelli davanti sono con i mattoni come il mio, di<br />
quelli a sinistra due sono beige e due sono bordeaux.
Di Sofia Bocchini<br />
Sono in camera mia, mi affaccio alla finestra e vedo una splendida giornata con un sole<br />
intenso, ma l’aria fresca e pungente. Guardo in basso e osservo un meraviglioso prato<br />
rigoglioso, alto circa dieci centimetri e ad ogni folata di vento ondeggia dolcemente,<br />
dipinto di un verde intenso punterellato di giallo e di bianco. Sul confine del prato, vi è una<br />
stradina dove passano i mezzi da lavoro. A fianco inizia una vigna che ha le foglie rosse,<br />
gialle, arancioni e alcune verdi. In mezzo ai lunghi filari intravedo un trattore rosso, con<br />
l’aratro. Mentre passa, un polverone lo segue, muovendo la terra in tanti blocchi di varia<br />
dimensione. In mezzo alla vigna si vedono uccelli di tutti i tipi che cinguettano giocosi. Sul<br />
lato sinistro del prato inizia un bosco fitto con diversi tipi di alberi. Ne conosco solo alcuni<br />
e tra questi l’acacia, da fusto sottile la cui foglie sono rotonde, i faggi, alti, che sovrastano<br />
le acacie e poi le querce maestose cariche di ghiande dalle cortecce rugose invecchiate nel<br />
tempo. Nel sottobosco ci sono i rovi che delimitano il confine tra la nostra casa e quella dei<br />
vicini, all’interno di essi ci sono delle tane di conigli selvatici. Alzo gli occhi mi giro e<br />
vedo di fianco alla casa un altro prato, che però è delimitato da un recinto di legno, su cui<br />
appoggiamo le coperte dei cavalli. Lungo lo steccato scorre il filo elettrico. A fianco vi è<br />
una struttura in muratura, la scuderia. Dentro ci sono sei box tra cui tre servono per il<br />
mangime e il fieno e invece gli altri tre sono occupati dai nostri pony. Tutto questo mi da<br />
una grande serenità e ogni giorno sono sempre più felice di vivere in<br />
campagna!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!<br />
Di Antonio Mangini<br />
Per il mio compleanno mi hanno regalato un orologio della squadra della Juventus è di<br />
colore bianco e nero con sopra disegnato una zebra. Questo regalo mi piace perchè è della<br />
squadra che io tifo. Il cinturino è di plastica rigida e di colore nero e giallo con scritto<br />
football. Questo orologio per funzionare ha, nel suo interno, una batteria. Al posto dei<br />
numeri che indicano le ore ci sono dei puntini d'argento; anche le lancette sono dello stesso<br />
colore mentre quella dei secondi è più sottile, a forma di freccia e gialla. Il quadrante<br />
dell'orologio ha un disegno di un pallone, i colori sono il giallo il nero il bianco e c'è una<br />
scritta che dice: "Zitti tutti" anche se non so il significato. Anche se questo orologio è<br />
molto bello non lo porto quasi mai perchè mi da fastidio al polso e dopo che lo indosso me<br />
lo tolgo, ci sono molto affezionato perchè me lo hanno regalato dei miei cari amici.
di Sofia Bocchini<br />
È così magnifico, imponente, ma molto elegante! Vi sto parlando del l’arabo, una razza di<br />
cavallo che è nato per andare nel deserto. Esso è tra i più belli al mondo.<br />
Il suo aspetto e il suo carattere inconfondibili, sono il frutto di un accurata selezione durata<br />
migliaia di anni. E' la razza più pura e più antica.<br />
Il suo movimento è fluido, l'Arabo è fiero e coraggioso, ma possiede anche un indole<br />
molto docile. Le caratteristiche del cavallo Arabo sono molte.<br />
Il collo, il mitbah è una caratteristica dell'Arabo, è l'angolo formato dal collo con la testa.<br />
Risulta una curva ampia che consente alla testa di girarsi agilmente. Il garrese, è<br />
arrotondato, le spalle sono bene distinte l'una dall'altra. Il dorso dell'Arabo è corto e<br />
lievemente concavo, i lombi sono forti e il groppone e lungo e piatto. Il mantello può<br />
essere di vari colori, grigio, baio, sauro, pomellato e morello. Gli arti, sono duri e asciutti,<br />
il piede è quasi perfetto come forma e come dimensioni. Le zampe posteriori sono state per<br />
anni il punto debole del cavallo, ma per tutto il resto è un animale molto libero nel<br />
movimento. La coda ha la radice posta in alto e quando è in movimento è alta e inarcata.<br />
L’Arabo è resistentissimo, difatti viene utilizzato nelle gare di fondo, sebbene sia un<br />
fuoriclasse anche in altre discipline equestri. Ha il muso molto appuntito, le orecchie<br />
piccole e sempre dritte, due grandi occhioni sempre vispi e agitati. Quando è agitato si<br />
muove molleggiando ed alcuni tempi sta sollevato in aria con tutti e quattro gli arti.<br />
Secondo me è una razza splendida molto elegante e mi piacerebbe tanto averne uno.<br />
DALLA MIA CASA di Serena Barisone<br />
Io, dalla finestra della sala, vedo, in primo piano, l’inferriata e una pianta rampicante di un<br />
verde acceso con dei fiorellini bianchi. Il prato verde, ma in certi punti un po’ meno, è<br />
attraversato dalla strada formata da lastre di pietra e, tra loro l’erba è robusta e fitta. Nel<br />
verde è posizionata un’aiuola, all’interno vedo: un ulivo abbastanza basso e vecchio e<br />
ancora in ottima forma, dei fiori, a cespuglio, rosa, bianchi, lillà e viola chiaro. La dalia,<br />
che abita l’aiuola è un fiore alto rosa, bianco e fucsia, vive accanto al bosso che è una<br />
pianta verde senza fiori che una volta cresciuta si può potare a piacere. Dato che abito in<br />
collina, davanti a casa avevo una ripida discesa e dopo venti metri circa iniziavano i<br />
vigneti. I miei genitori decisero di costruire n muro di pietra che noi chiamiamo<br />
“scogliera” per sfruttare lo spazio vuoto. Quindi tutto ciò che i piano oggi lo è per merito<br />
della “scogliera”. Oltre essa si vede una collina su cui costruito San Giacomo che è una<br />
frazione di Rocca Grimalda dove si trova un bar, un circolo ricreativo bocciofilo ed una<br />
pista da ballo. In questo punto in estate si svolge la sagra del paese. L’ambulatorio è<br />
rustico, ma ben tenuto ed il centro storico ha molte case. Nei dintorni ci sono bellissime<br />
villette con giardino in estate all’allietato da molti fiori.
di Maria Luisa Filippi<br />
Otto il Leprotto, la simpatica mascotte del parco divertimenti Mirabilandia, è un pupazzo<br />
a me molto caro. Il suo corpicino è quasi tutto marrone, ma il suo musetto è di un beige<br />
chiaro. Ha le orecchie enormi e in una di queste c’è un orecchino fatto a cerchio dorato,<br />
come le orecchie anche gli occhi sono molto grandi, bianchi e neri; le guance sono<br />
paffutelle con in mezzo un simpatico nasone. Sul suo muso, sempre sorridente, si vedono<br />
due grandi dentoni che gli danno un’aria simpaticissima. Otto il leprotto e’ vestito in modo<br />
bizzarro, infatti indossa una maglietta gialla con i bordi rossi e un grande “8” con la scritta<br />
Mirabilandia sul davanti; i suoi pantaloni sono a quadretti bianchi, rossi e neri da questi,<br />
nella parte dietro, spunta una codina a forma di palla. I suoi piedoni, aperti a papera, sono<br />
sproporzionati rispetto al corpo.Questo pupazzo mi e’ stato regalato da mia mamma due<br />
anni fa, quando siamo andati a Ravenna, dove si trova questo Parco divertimenti, in<br />
compagnia di alcune altre famiglie e ci siamo rimasti due giorni, anche se io e mio fratello<br />
avremmo voluto fermarci ancora.<br />
IL PAESAGGIO FANTASTICO<br />
DI BALDIZZONE IRENE<br />
Questa immagine rappresenta un paesaggio isolano tipico delle zone tropicali. Si vede il<br />
cielo con delle sfumature del mio colore preferito, il viola e del rosa, vanno dal più scuro al<br />
più chiaro, dando l'idea di essere durante il tramonto<br />
del sole. Il cielo con tutte le sue tinte è riflesso sul<br />
mare piatto come una tavola rotto solo da alcune<br />
brevi onde. Il tempo non è del tutto sereno perché si<br />
possono notare delle nuvole che anche loro sono<br />
colorate di un viola più scuro, grazie al riflesso della<br />
luce: assomigliano a degli spruzzi di panna montata<br />
colorata. Nell'aria si sente il profumo di salsedine che<br />
assomiglia all'odore del pane appena sfornato.<br />
All'orizzonte si intravede un paesaggio non molto percepibile: sono delle chiazze scure che<br />
rappresentano delle terre emerse. In primo piano si vedono delle palme di diverse misure.<br />
Questo luogo assomiglia a una torta e le palme sembrano le candeline su questo dolce<br />
molto colorato. Il contesto di questi colori secondo me trasmette molta tranquillità. Mi<br />
sembra di essere in vacanza, passare la giornata al sole e sulla spiaggia, come vorrei<br />
trascorrere un po' di tempo in quel paesaggio fantastico !!!!!
Il cattivo<br />
Di Maria Luisa Filippi<br />
Al parco, su una panchina, è seduto un uomo, un ex carcerato, di nome Bruno Yack, anche<br />
se tutti lo chiamano “Bruto”. E’ un maschio di 30 anni, arrivato dalla Germania da dieci<br />
anni. Non si è mai sposato, è vissuto fino a cinque anni fa con la madre, trovata morta nel<br />
suo letto, non si sa se sia stata uccisa o se sia morta di vecchiaia e nessuno ha mai voluto<br />
indagare. Come lavoro gestisce un negozio di tatuaggi. Vive in una roulotte diroccata in<br />
uno spazio vicino ad una discarica, infatti quando passi davanti a Bruto puoi sentire puzza<br />
di spazzatura. Lui ha i capelli neri, lisci e lunghi, con un ciuffo che gli copre la faccia. Ha<br />
anche due occhi azzurri, a mandorla, ti guarda attentamente se gli passi davanti, un nasino<br />
piccolo, sottile e con la punta un po’ curva, le labbra di un rosa pallido. Le sue orecchie<br />
sono piccole, con un orecchino fatto a diamante. Ha una corporatura esile, nascosta da un<br />
cappotto di pelle nera, jeans, una canotta bianca e porta un paio di scarponi neri. Sul<br />
braccio destro si può vedere un tatuaggio a forma di drago rosso che continua fino ad<br />
arrivare alla mano affusolata e magra che sorregge spesso una sigaretta. Quando parla si<br />
sente una voce cavernosa, malinconica e robusta. L’espressione non è mai sorridente, una<br />
volta l’ho visto ridere quando ad un bambino, inciampando, è caduto il gelato, se no è<br />
sempre serio e triste. Lui è aggressivo, egoista, diffidente e permaloso, ma soprattutto è<br />
solitario. Tutti i giorni si siede lì sulla stessa panchina e con aria cupa si fuma varie<br />
sigarette, legge libri spesso con delle copertine nere, lì al parco sta fino a sera verso le sette<br />
e poi torna nella sua roulotte.<br />
di Lorenzo Compalati<br />
Oh no!! Mi è appena accaduto di incontrare l’animale più feroce del mondo, così si fa<br />
chiamare “ Diable”. E’n lupo, più che un lupo è una macchina da guerra creata ed<br />
addestrata per uccidere, non lo fa sfamarsi,ma lo fa per hobby. Per catturare le prede usa il<br />
loro sangue e se lo spalma in una zampa, appena uno si avvicina per vedere cosa è<br />
successo, lui con un balzo scatta in piedi e con una morsicata decisa al collo ti uccide in<br />
un batter d’ occhio.<br />
Non prova dolore e compassione solo odio, quel lupo è passato alla storia, su di lui c’è<br />
una grandissima taglia, ma nessuno oggi vorrebbe mai incontrarlo.<br />
È fatto di ossa e muscoli grazie alle sue robuste e veloci gambe può raggiungere i<br />
cinquanta chilometri orari, non conosce la paura, non ha limiti. Alcuni lo definiscono il<br />
dio del male sembra come se fosse immortale. È distinguibile dagli altri lupi grazie alla<br />
cicatrice d’arma da fuoco nascosta tra il suo folto pelo grigio. Ha sempre un’espressione<br />
irata, secondo me dovrebbero sterminarlo, ma il problema che lui è troppo furbo e non si<br />
fa prendere, una leggenda narra che abbia ucciso un plotone di dieci uomini armati senza<br />
riportare alcuna ferita e racconta anche che dorme nelle caverne più spettrali e profonde<br />
possibili per non farsi vedere. Batte tutti i record di omicidi, ben centodue persone<br />
innocenti sono state uccise dal Diable. Ha delle mandibole che sviluppano una tonnellata<br />
di forza, è in grado di spaccare un collo senza neanche fare una gran forza. Spero che<br />
morirà presto, non è degno di vivere.
di Cremon Samuele<br />
Mio cugino si chiama Lorenzo Cremon, è un tipo di ragazzo a cui piace molto la scuola.<br />
Ha undici anni ed è molto alto. Vive in Alessandria, però, sta spesso da mia nonna materna<br />
che abita a Cabanette, una frazione di Alessandria. E’ intelligente, furbo e cattivo quando<br />
fa sport, ma gentile e cordiale con tutte le persone che conosce, ma anche con ragazzi e<br />
adulti che gli presento io. Frequenta la quinta elementare dell’istituto De Amicis di<br />
Alessandria. Gli piace molto disegnare e fare italiano; non pregia la matematica; ma si<br />
applica in corsi molto impegnativi. Gioca a calcio nel Cabanette come attaccante dove ha<br />
un certo successo. E’ stato chiamato al Milan per un provino con me, un suo amico e due<br />
altri ragazzi di nome Simone e Tommaso. Suo padre dirige l’orchestra Notte Italiana alla<br />
quale partecipa anche sua mamma come ballerina. Adora la musica come me ed è un<br />
giocherellone con molti amici.Gli piace vestire in modo sportivo ed è un bravo cugino.<br />
di Edoardo Montobbio<br />
Il Signor Viper Spaccacollo è seduto sulla panchina della stazione. Ha gli occhi scuri a<br />
mandorla, tenebrosi, che ti fulminano quando lo guardi. Ha i capelli biondi, ricci e<br />
spettinati, il naso ricurvo e la barba lunga e folta.<br />
Ha dei pantaloni neri tutti sporchi e strappati, un maglione grigio, un cappello di lana e un<br />
giubbotto nero. I capelli sono lunghi fino alla spalla, ha un orecchino nell’orecchio sinistro<br />
e degli scarponi da lavoro lunghi il doppio del suo piede.<br />
Le mani sono ruvide, piene di tagli con delle micro-fratture ai polsi dovute alle manette<br />
strette, messe quando era in carcere. Dalla tasca si vede spuntare un coltello affilato e delle<br />
catenine d’oro rubate questa mattina in un’oreficeria. La cattiveria di Viper è stata<br />
trasmessa da suo padre: infatti quando era piccolo spesso lo maltrattava o lo picchiava in<br />
modo brusco e violento. Sta fumando una sigaretta delle cinquanta che fuma ogni giorno:<br />
osserva i bambini del parco con l’espressione del volto irata e le immagina vittime<br />
istantanee. Con una corporatura robusta e massiccia trasporta più velocemente i bottini .Ha<br />
una voce stridula e roca, il carattere aggressivo ed egoista: questo è uno dei motivi perché<br />
non ha amici e commette tanti reati.<br />
Passa le sue giornate sulla panchina della stazione o a quella del parco, in compagnia dei<br />
piccioni e aspetta la notte per commettere le sue rapine.
di Lorenzo Compalati<br />
Fin da piccolo il mio più grande desiderio era di avere un cane, ma avendo vissuto in città<br />
fino a due anni fa i miei genitori non me lo hanno concesso. Nel 2007 la mia famiglia si<br />
trasferì vicino ai miei nonni, in campagna, lì avevo la possibilità di giocare all’aperto,<br />
coltivare l’orto e invitare gli amici, insomma potevo fare di tutto e di più, ma mi mancava<br />
sempre un cane. Iniziai quindi a cercare di invogliare mia madre che dopo un paio di mesi<br />
cedette alle mie richieste e mi disse che in occasione della mia prima comunione me lo<br />
avrebbe comprato. Questa passò e il cane non era ancora arrivato, lei mi disse che sarebbe<br />
stato solo questione di tempo e infatti fu così. Nel giro di un mese mi trovò un cane ad<br />
Olbicella, una delle tante località che si trovano nel Monferrato. Il 17 ottobre del 2008<br />
partimmo in cerca di questo cane insieme ad una signora che conosceva le persone che<br />
avevano quello che sarebbe stato il mio amico fedele. Ci arrampicammo su per le colline<br />
fino ad arrivare in una piccola cascina nel bosco vicino alla strada principale dove ci<br />
trovammo davanti tre cani adulti e due cuccioli, due erano i genitori dei due cagnolini ed<br />
uno era un cane vecchiotto. La padrona degli animali aveva deciso di regalare uno dei due<br />
cuccioli , a questo punto c’era l’imbarazzo della scelta perché era tutti e due figli di un<br />
setter e un volpino, erano praticamente uguali, l’unica cosa che li differenziava era che uno<br />
aveva le macchie bianche e nere, l’altro invece marroni e bianche, ed io per scegliere uno<br />
dei due al osto delle solite filastrocche da tifoso della juventus, decisi di prendere quello<br />
bianco e nero. Aveva un tenero musettino da topo, era rigido e mi fissava con uno sguardo<br />
sicuro, probabilmente perché si sentiva protetto dai suoi genitori. Quando lo portammo via<br />
non mi degnò neanche di uno sguardo, ma l’unica cosa che fece lungo la strada del ritorno<br />
mi vomitò addosso, ma una volta non gli bastò continuò praticamente fino alla mia dimora.<br />
Giunti a casa iniziai a dargli da mangiare i suoi cibi preferiti cioè latte e carne, ma lui li<br />
rifiutò. Dopo le mie insistenze finalmente mangiò un pezzettino di carne e il latte. Trascorsa<br />
la giornata quando iniziò a farsi buio Laki, questo era il suo nome, cambiò atteggiamento e<br />
cominciò ad avere interesse per me, quando venne l’ora di andare a dormire lo<br />
rinchiudemmo in cucina, e dopo pochi minuti iniziò a lamentarsi con il suo guaire, non durò<br />
per tanto tempo perché dopo poco si lasciò andare nel più profondo sonno.<br />
Nei giorni seguenti trascorrendo le giornate insieme abbiamo rinforzato la nostra amicizia<br />
passando delle bellissime giornate come facciamo ancora oggi. Il suo carattere non è<br />
cambiato, è ancora fannullone e dormiglione e durante la giornata vuole mostrare la sua<br />
intelligenza rincorrendo lepri e caprioli. Io credo che sia il cane più viziato e coccolato della<br />
terra, perché tutta la famiglia è sempre pronta a concedergli qualsiasi cosa persino a farlo<br />
entrare in casa, noi per scherzare diciamo:”come abbiamo fatto così goffo”, ma invece<br />
sappiamo che lui è intelligentissimo. Io mi domando come si può abbandonare queste<br />
simpaticissime creature eppure sono tante le persone che compiono questo crudele gesto.
di Carmelo Lorefice<br />
Ricordo un bellissimo paesaggio marino, che adesso è raffigurato davanti ai miei occhi.<br />
Tutto parte da una grande roccia seguita da altre tante più piccole, con il dolce fruscio del<br />
mare che si perde in una bellissima spiaggia. Le rocce inoltre si rispecchiano nella<br />
spiaggia, e l’acqua noto che in diversi punti è più chiara e in altre più scure. Questo mi<br />
ricorda quando io e mio papà, siamo andati a pescare.<br />
Quel giorno era perfetto, un bel sole con delle nuvole che lo fiancheggiavano tutt’attorno.<br />
Inoltre il mare era molto calmo con l’acqua limpida, molto facile era quindi di intravedere i<br />
pesci, che nuotavano liberamente nell’oceano.<br />
Grazie alla prof, mi ha fatto ricordare il giorno passato con mio padre!<br />
Di Serena Barisione<br />
Era baio, con i crini neri, una macchia bianca, a forma di stella, dominava la fronte; si<br />
trovava in un campo d’ erba verde e tenera, trottava felice con le narici dilatate e le<br />
orecchie perfettamente dritte; la criniera e la coda si lasciavano trasportare dal vento,<br />
mentre, con gli zoccoli, lasciava un onda di polvere dietro di sè che prendeva il volo. Con<br />
lui, lo accompagnava, lo splendido cielo limpido.<br />
Immagino di sentire quell’aria fresca che ti da una sensazione di freschezza, di cui lo<br />
splendido esemplare ne gode correndo nel prato. Penso, se il suo galoppo è pacifico o<br />
energico, al suo carattere, arrogante o amichevole e chi sia questo cavallo in questa<br />
immagine. Se maschio se femmina, se è giovane o meno, il suo nome e tutte altre cose che<br />
sarebbero troppo lunghe da elencare. Nella realtà me lo immagino alto, muscoloso e<br />
grintoso; però, per me, questo cavallo è amichevole e… chissà, forse è anche importante.<br />
Lui, io lo vedo come un animale a cui piace correre e che è contento di essere in quella<br />
distesa verde dove può correre, mangiare, ma soprattutto è libero!!!<br />
Immagino di stare con lui in quel campo, l’ odore di erba fresca che fluttua nell’ aria, l’ ace<br />
(del ghiacciolo) è il sapore di quel paesaggio; ma la sensazione più bella è quella di stare<br />
con quel cavallo!!!
IL MARE<br />
di Federico Carlini<br />
Ricordo di aver visto, il mare che prende un color celeste simile al cielo soleggiato verso la<br />
costa e, un color azzurro scuro in fondo che fa quasi sembrare sera, ma guardando la costa<br />
si vede l’ombra degli scogli gialli, grandi che fanno cenno di essere in paradiso.<br />
In fondo si vedono le nuvole che sembrano voler venir giù per fare un bagno nello<br />
splendido mare trasparente dove si vedono i pesci e l’odore di una pasticceria e le nuvole<br />
assomigliano a della panna dolce.<br />
di Michele Gnech<br />
La bici da dawnil è stata inventata per fare un preciso sport chiamato dawnil .<br />
Il dawnil è uno sport inventato da poco: circa ventanni .<br />
Questo sport è molto pericoloso solitamente si prende la funivia, arrivati in cima si sgancia<br />
la bici e poi si sceglie la pista che vuoi e poi si ci butta giù e durante la discesa si trovano<br />
vari ostacoli e salti di varie altezza , bassi , alti arrivando anche a sei metri .<br />
Una delle migliori è pila dove nel 2008 sono avvenuti i Mondiali e questa estate ho avuto<br />
l’occasione di percorrere le sue discese tranne una.
E’ uno dei testi più antichi. Spesso è confuso con la fiaba. Con essa è stato uno dei tipi di<br />
genere letterario più sfruttato in ogni epoca per insegnare virtù e per condannare vizi e<br />
cattivi comportamenti. Spesso due animali, personalizzati ed assunti a rappresentare<br />
caratteri generali e costanti fanno riflettere gli uomini. La morale è spesso esplicita<br />
talvolta implicita. Scrivere una favola rispettando tutte le sue regole non è poi così<br />
semplice.<br />
I ragazzi hanno costruito mappe di studio e dopo varie letture ci hanno provato….ecco i<br />
risultati……-..
Di Luca Barletto<br />
Un giorno, in un prato verde di montagna, una lepre vide un bue brucare l’erba e dato che<br />
lei si sentiva astuta e scattante, iniziò a prenderlo in giro per la sua calma e lentezza<br />
dicendogli:” Sei grande e grosso, ma lento e goffo!”<br />
Poiché il bue non sembrava dare ascolto alla lepre restando indifferente alle sue parole,<br />
quest’ultima, spazientita, gli propose una sfida, convinta di ottenere la vittoria senza<br />
problemi:”Sarà di noi il vincitore chi raggiungerà per primo il ruscello in fondo alla<br />
vallata”.<br />
Il bue, stufo delle continue insistenze della lepre, decise di partecipare alla gara.<br />
La lepre corse via veloce, ma scivolò sui massi viscidi di muschio e precipitò nell’acqua<br />
vorticosa del torrente mentre il bue raggiunse con calma e senza pericoli l’acqua del<br />
ruscello e vinse la sfida.<br />
L’insegnamento è molto chiaro: “Chi va piano va sano e va lontano”<br />
di Maria Luisa Filippi<br />
C'era una volta una talpa che viveva tranquilla da tanto tempo in un prato vicino ad una<br />
casa. La talpa era famosa soprattutto per essere uno dei più veloci scavatori di gallerie<br />
nella zona. Un giorno mentre lei controllava il suo lavoro si accorse che qualcuno aveva<br />
fatto crollare i suoi cunicoli in molti punti.<br />
Quello che la talpa non sapeva era che da un po’ di tempo il suo prato era utilizzato per<br />
giocare a golf da un ragazzo che, non avendo mai visto le montagnole di terra fatte dalle<br />
talpe, le utilizzava come base per colpire la pallina.<br />
Questi colpi causavano i crolli all'interno della galleria.<br />
Arrabbiata incominciò a scavare moltissime nuova gallerie intorno a quelle danneggiate;<br />
così facendo indebolì il terreno.<br />
Il giorno dopo il ragazzo incuriosito dal grande numero di montagnole si avvicinò proprio<br />
quando la talpa stava sbucando dalla sua galleria, dopo essersi osservati con cura e un po’<br />
spaventati dissero insieme:"...E tu chi sei?!".<br />
Così incominciarono a parlare e a discutere alla fine diventarono amici.<br />
Da quel giorno il ragazzo non distrusse più le montagnole e la talpa usciva sempre per<br />
salutare e magari fare anche due parole.
Di Sofia Bocchini<br />
C’era una volta un cane e due gatti che vivevano nella stessa casa. Un gatto era giovane e<br />
vorace, l’altro era vecchio e sdentato e il cane era piccolo e giocoso. Questo gatto giovane<br />
tutte le volte voleva mangiare la pappa di tutti, così organizzò un piano. Appena misero il<br />
cibo nelle ciotole si diresse verso la ciotola del cane. Esso si arrabbiò e dopo tanti litigi, il<br />
gatto uscì mezzo rintronato e andò verso la sua ciotola per mangiare i croccantini e vide<br />
che il gatto vecchio e lento non solo aveva mangiato la pappa che gli spettava, ma anche la<br />
sua. Così il gatto si rese conto che se l’era cercata!!!<br />
LA MORALE DI QUESTA FAVOLA E’ CHE CHI TROPPO VUOLE NULLA<br />
STRINGE.<br />
di Cecilia Ferrari<br />
Sopra ad un albero, ben nascosto, vi era il nido di una gazza, contenente sei uova.<br />
L’uccello, andava tutti i giorni nella casa di fronte, dove c’era sempre una finestra aperta.<br />
Rubava anelli, bracciali e collane, non preoccupandosi di cercare del cibo, perché era<br />
sufficiente andare pochi secondi nel pollaio e prendere delle uova, per riempirsi lo<br />
stomaco. Un giorno, mentre si portava via il suo futuro cibo, una gallina la fermò,<br />
dicendole: “Per favore, non rubarci più le nostre uova!” La gazza, non la stette quasi a<br />
sentire e mentre riprendeva il volo, rispose velocemente: “Non me ne importa proprio<br />
niente, io faccio quello che voglio, tu certo non me lo impedirai!” Passarono i giorni, le<br />
galline si stufarono di essere sempre gentili e cordiali con l’uccello. Andarono da un<br />
serpente e gli dissero: “C’è una gazza che ci ruba in continuazione le uova e non sappiamo<br />
più che cosa fare”. Ti promettiamo, che se tu strisci fino al nido e ti divori le sue uova, noi<br />
non mangeremo ne te, ne qualsiasi altro tipo di serpente. Il rettile, esaminando<br />
accuratamente la proposta, capì che poteva solo guadagnarci e rispose contento:<br />
“Volentieri!”. Durante uno dei soliti momenti, in cui la gazza andava a rubare, il serpente<br />
salì fino in cima all’albero, dove erano custodite le uova. Immediatamente divorò il cibo e<br />
se ne tornò nella sua tana. Al suo arrivo, la gazza vide che il nido era vuoto e in lontananza<br />
il serpente con il corpo gonfio. Capì che tutte le azioni che commetteva erano sbagliate e<br />
chiese perdono alle galline. Da questo episodio capì un importante lezione: non fare agli<br />
altri quello che non vorresti fosse fatto a te.
di Edoardo Montobbio<br />
Un topolino aveva costruito la sua tana sotto il pavimento di un granaio e da un<br />
piccolissimo buco dell’asse di questo pavimento scendevano chicchi di grano direttamente<br />
nella sua tana.<br />
Felice e soddisfatto, decise di invitare gli altri topini per festeggiare.<br />
Ma il buco era troppo piccolo e quindi scendevano pochi chicchi; allora decise di allargare<br />
il buco, così sarebbero scesi più chicchi di grano.<br />
Il padrone del granaio non aveva mai fatto caso al piccolo buco, ma si accorse invece del<br />
buco più grande, così con delle assi di legno riparò prontamente il pavimento, in modo che<br />
nessun chicco potesse scendere più nella tana del topolino.<br />
E’ proprio vero che “ chi troppo vuole nulla stringe”.<br />
di Maria Luisa Ratto<br />
In un branco di leoni nacque un albino. Gli altri, vedendolo diverso,<br />
lo cacciarono dal branco. Il leone albino vagò nel bosco e incontrò<br />
una leonessa albina e così decise di rimanere con lei. Vissero felici e<br />
contenti fino all’inverno quando arrivò molta neve ed era difficile<br />
trovare cibo. Mentre la famiglia di leoni albini si mimetizzava nella<br />
neve.
di Paolo Badino<br />
In una fattoria ci abitava un contadino che tutti i giorni andava a lavorare con il suo<br />
bue nei campi. Al mattino, prima di partire, portava da mangiare al cane, lo coccolava e il<br />
cane gli faceva tante feste. Il contadino, lavorava con il bue fino al tramonto e, alcune volte<br />
lo bastonava per farlo camminare. Alla sera, il padrone rimetteva il bue dentro la stalla gli<br />
dava un po’ di fieno da mangiare e senza dirgli una parola si avviava dal cagnolino per<br />
farlo giocare. Di notte il cane andava dal bue e gli diceva quanto era sciocco a lavorare<br />
tanto per un padrone irriconoscente e così passarono i giorni e il bue, sempre più stanco e<br />
triste decise di fingere di star male. Il contadino, vedendolo così, pensò di far lavorare al<br />
posto suo il cane ma, dopo una giornata vide che l’animale stava morendo di fatica e così<br />
tornato a casa, il padrone capì quanto era importante il bue e, da quel giorno il contadino lo<br />
trattò meglio e il cane non lo prese più in giro.<br />
La morale è che tutti devono essere gratificati ugualmente per dar meglio di se<br />
stessi.<br />
di Simone Bertrand<br />
Un giorno, nel bosco, si incontrarono un bruco e una coccinella. La coccinella subito si<br />
pavoneggiò per la sua bellezza e disse al bruco:”Io sì che sono carina e leggiadra! Guarda<br />
che splendida corazza rossa a puntini neri: ultima moda! E poi posso anche volare, per brevi<br />
tratti!”<br />
Il bruco, mogio mogio, camminava a testa bassa sopra un filo d’erba e non osava replicare<br />
perché si vedeva veramente bruttino, tutto peloso e anche un po’ viscido. Dopo qualche<br />
giorno, però, cominciò a sentirsi strano e ad avvertire un prurito irresisitibile: l’involucro<br />
peloso si ruppe e ne uscì una splendida farfalla multicolore. Iniziò a volteggiare leggera nel<br />
cielo sotto agli occhi della stupefatta coccinella che, al confronto, si sentì un piccolo essere<br />
insignificante e si vergognò della sua superbia.
L’ OCA E LO SCOIATTOLO<br />
di Fabio Ratto<br />
Un giorno un’oca stava passeggiando in un cortile quando vide che dall’altro lato di una<br />
grossa e profonda buca scavata il giorno prima, vi erano delle deliziose briciole di pane.<br />
Senza esitare l’oca si avventò contro la fossa quando sentì un vecchio scoiattolo che le si<br />
era avvicinato. Questi le disse: “Così anche tu vuoi prendere quelle deliziose briciole di<br />
pane? Bè facciamo un accordo, se tu riesci ad oltrepassare la buca senza cadere nella fossa<br />
allora tutte le briciole e le mie noccioline che ho conservato saranno tue, al contrario se<br />
perderai io prenderò tutto il tuo mangime! “. L’oca accettò.<br />
Lei si mise a correre verso la buca, ma sfortunatamente cadde nella fossa. Lo scoiattolo<br />
allora fece il giro della buca e cominciò a mangiare le briciole di pane dicendo: “ Ingenua!<br />
Adesso come salirai? Spero che tu abbia capito che prima di agire bisogna riflettere.<br />
di Irene Baldizzone<br />
Un giorno in un pollaio arrivò un fagiano che stava scappando dai cacciatori. In quel<br />
luogo incontrò diverse galline e un gallo; purtroppo questi animali lo prendevano in giro<br />
perché non era bello come il re del pollaio, cioè il gallo. Allora il fagiano essendo molto<br />
timido scappò via non rendendosi conto che c'erano dei cani che lo stavano ancora<br />
cercando; si nascose in un cespuglio, dove trovò un topolino che gli suggerì di tornare nel<br />
pollaio e di mascherarsi da gallo per confondersi con gli altri. Allora quello con le piume<br />
del gallo che aveva trovato riuscì a travestirsi ed entrare nel pollaio. Appena entrato tutte<br />
le galline si meravigliarono di quanto fosse bello quel nuovo gallo e così l'altro era<br />
invidioso e fu messo da parte. Così il fagiano camuffato si sentì il migliore ed inizio a<br />
comandare. Purtroppo il bel periodo stava per finire, la padrona del pollaio aveva deciso<br />
di mettere il gallo nella pentola e così andò a prenderlo. Entrata non prese il gallo vero,<br />
ma catturò il fagiano mascherato che purtroppo dopo essere scappato dai cacciatori fece<br />
lo stesso una brutta fine.<br />
La morale di questa favola ci insegna che bisogna essere sempre se stessi in ogni<br />
occasione!
di Cremon Samuele<br />
Nel bel mezzo della giungla c’è un ornitorinco molto furbo e gentile. Poi vi è un<br />
pappagallo scaltro e dispettoso che si diverte a fare scherzi a tutti gli abitanti del posto.<br />
Un giorno l’uccello incominciò a stuzzicare l’ornitorinco che essendo agile solamente in<br />
acqua non riusciva a farlo tornare da dove era venuto.<br />
Così gli disse – “ Che ne dici di venire a casa mia domani sera?”<br />
Il pappagallo rispose – “veramente non saprei.”<br />
L’ornitorinco battè – “E dai si trova a Rocca Liscia 22.”<br />
Il pennuto annuì – “ Bene allora vengo!”<br />
Infine l’ornitorinco rispose – “Ci conto!”.<br />
La sera dopo arrivò il pappagallo. L’ornitorinco lo accolse dicendo - “Benvenuto nella<br />
mia umile dimora! “.<br />
L’ospite disse – “ Grazie mille! “-<br />
Non fece in tempo a finire di parlare che l’ornitorinco lo buttò in acqua con un colpo di<br />
coda.<br />
Poi, ci saltò sopra. “Splash!” si sentì.<br />
L’uccello stava affogando. Sembrava inferocito ma non si muoveva. Poi l’ornitorinco lo<br />
tirò fuori dall’acqua e gli disse – “Spero che ti serva da lezione! Diventa buono ora!”.<br />
L’uccello tutto bagnato se ne andò via pensando – “Io l’ho fatto, avrei dovuto<br />
aspettarmela”.<br />
L'ASINO E IL CAVALLO<br />
di Antonio Mangini<br />
C' era una volta un bellissimo cavallo bianco che si credeva di essere il più importante e<br />
quindi era molto altezzoso con gli altri animali .<br />
Un giorno il padrone del cavallo lo porta in paese insieme ad un asino che era vecchio e<br />
faceva fatica a camminare, in più l' asino aveva sulla schiena dei sacchi di farina molto<br />
pesanti .<br />
La strada era in salita con delle pietre che rendevano difficile il cammino.<br />
Mentre camminavano l' asino chiese al cavallo: "Per favore, aiutami, prendi metà del mio<br />
carico, non ce la faccio più ! "<br />
Il cavallo gli rispose in modo sgarbato: "Io non sono fatto per portare pesi, arrangiati!"<br />
Fatta ancora un po' di strada l' asino cadde a terra e morì.<br />
Il padrone allora mise tutti i sacchi di farina sulla groppa del cavallo e non solo, ma caricò<br />
anche il corpo dell' asino.<br />
Ecco perchè bisogna sempre aiutare gli altri.
di Serena Barisone<br />
Molto tempo fa vivevano, in un bosco, due animali: un cinghiale ed un coniglio.<br />
Possedevano metà bosco ciascuno, ma c’era ancora un pezzo di terreno, con molto cibo,<br />
che non era stato preso, infatti, erano sempre in guerra tra loro per quella terra. Un giorno<br />
il coniglio, essendo stufo di questa guerra, si mise a cercare una soluzione per prendersi il<br />
terreno<br />
LA MIA FAVOLA<br />
di Federico Carlini<br />
Il topo Teo, aveva degli amici più grandi, che spesso si divertivano a far arrabbiare i gatti<br />
mordendogli le code.<br />
Un giorno Teo ci voleva provare, anche se i genitori gli dissero di no perché era molto<br />
pericoloso.<br />
Lui ingenuamente ci provò ad andare a disturbare un gatto, che lo inseguì se lo mangiò.<br />
I genitore appena lo scoprirono, si arrabbiarono molto col gatto, ma sapendo che aveva<br />
sbagliato Teo lasciarono perdere.
Con il mito e la leggenda il genere umano, a partire dall’inizio della sua esistenza, si è<br />
spiegato ciò che non conosceva.<br />
L’uomo si distingue dall’animale anche per questo: voler trovare una spiegazione a fatti<br />
imponderabili. Prima oralmente e poi per iscritto sono nati miti in tutti i luoghi del mondo<br />
per spiegare fenomeni atmosferici, la stessa vita o la morte, abitudini o modi di essere. Si è<br />
cercato con questo genere letterario di trovare quelle risposte che la scienza o la cultura<br />
non potevano ancora dare, anche se spesso la creazione di credenze tra i popoli, alimentate<br />
dai miti, è stata forte strumento di potere.<br />
Oggi la parola mito è confusa con altro. La si usa per definire personaggi famosi o<br />
particolarmente amati.<br />
Durante i secoli, però, il mito è stato un mezzo per dissetare gli uomini assetati di<br />
conoscenza e di giustificazioni. Oggi sappiamo che molti fatti purtroppo non hanno una<br />
spiegazione, nonostante l’uomo moderno sia estremamente evoluto, ma comunque cercarla<br />
è nel nostro istinto.<br />
I ragazzi hanno provato a creare miti spiegando fatti od esistenze che oggi ovviamente<br />
hanno una ragione scientifica e culturale, ma, mettendosi nei panni di chi non sa, si sono<br />
messi nella condizione di inventarne una ragione mitologica.
Di Sofia Bocchini<br />
In un tempo molto lontano, in una foresta nordica, vi era un<br />
maestoso abete. Era il più alto, il più folto e il più anziano e<br />
per questo era considerato da tutti il re saggio. Aveva<br />
una grande autorità e tutti seguivano i suoi consigli, tranne un piccolo gnometto con i suoi<br />
giovani amici alberi. Si trattava di piccoli castagni, querce e faggi che erano creature<br />
giocose, ma spesso disubbidienti e distratte. Infatti, in una giornata ventosa, nonostante il<br />
divieto del re, accesero un fuoco e rischiarono di incendiare l’intero bosco. Lo gnomo,<br />
consapevole del disastro che aveva causato, scappò il più lontano possibile e di lui non si<br />
ebbero più notizie, invece ai giovani alberi fu data una punizione esemplare. Da quel<br />
giorno il re decise che tutti gli alberi, tranne le conifere, in autunno avrebbero perso le<br />
foglie rimanendo spogli.<br />
Di Paolo Badino<br />
Tanto tempo fa, dei bambini giapponesi, Hiros, Hosuke, Coriry, Honkike giocavano a<br />
essere samurai. Dovevano superare delle prove e, una di queste, consisteva nell’<br />
arrampicarsi su un muro che circondava il regno del re. In quel momento però, c’era un<br />
guardiano che vigilava e li vide mentre scalavano quella parete. Dato che una legge diceva<br />
che per entrare nel regno bisognava pagare una tassa, il guardiano gli chiese di pagarla,<br />
però erano poveri: e cosi finirono in prigione. Lì incontrarono un ladro che gli chiese se<br />
potevano , dato che erano magrolini e riuscivano a passare attraverso le sbarre della cella,<br />
di prendere le chiavi al guardiano per aprire le porte della prigione. Si offrì di farlo Hiros e<br />
con abili mosse riuscì a liberare tutti. Il ladro con i ragazzi per molti anni vissero rubando.<br />
Un giorno, un ingegnere del reame, che doveva escogitare qualcosa per far divertire il re,<br />
trovò questi ragazzi e fu incuriosito dalla loro agilità e abilità nel compiere le loro rapine.<br />
All’ingegnere, vedendo questi bambini, venne un’ idea quella di un grande gioco! Il<br />
Colichius, il primo video gioco! Era fatto di bambù, con dei tasti a fianco che muovevano<br />
dei personaggi in legno che compivano le evoluzioni simili a quelle dei bambini. Al re<br />
piacque anche perché aveva una stazza non da poco e quindi lui non poteva correre. I<br />
bambini furono invitati al castello, disegnarono la loro sagoma sul legno da inserire nel<br />
gioco e per questo furono pagati e così si avverò il loro sogno più grande diventare ricchi!<br />
Vennero costruite molte scatole le comprarono in tanti. Il gioco si chiamava “ I ragazzi<br />
del’H ! “. Dopo tre anni dall’uscita del gioco l’ingegnere morì e non ci fu più nessuno che<br />
riuscì a fare quello che lui aveva inventato. Fu un grande successo fino al novecento. Ai<br />
bambini non piaceva più giocare perché era diventata noiosa e si dedicarono ad altre cose.<br />
Dopo ben dieci anni un fisico-scientifico di una università di Londra riuscì a migliorare<br />
l’antico Colichius e inventò il game-boy . Questo nuovo gioco non funzionava con le<br />
sagome, ma a immagini elettroniche.
Perché Perché Perché negli negli negli alberi alberi si si si trova trova trova la la resina?<br />
resina?<br />
di Cecilia Ferrari<br />
In un pianeta sconosciuto, vi era un castello, formato da intricatissime piante, dove abitava<br />
la dea degli alberi, dall’aspetto orribile. Il suo corpo era completamente ricoperto da resina<br />
appiccicosa, che era in grado di modellare per trasformarsi in una divinità gradevole.<br />
Aveva un carattere acidissimo e, a chiunque osava prenderla in giro, scagliava delle palline<br />
gelatinose che prendeva direttamente dal proprio stomaco. Un giorno, un astronauta,<br />
raggiunse questo luogo incantato, completamente ricoperto da vegetazione meravigliosa.<br />
La dea lo notò subito e ne rimase colpita dall’ aspetto estetico. Decise di trasformarsi in<br />
una graziosa donna e di incontrarlo. Dopo solo pochi mesi trascorsi, erano pazzamente<br />
innamorati e decisero di andare a vivere nel castello. Per non far vedere a Peter , cosi si<br />
chiamava l’uomo, il castello formato da foglie, che sarebbe stato alquanto sospetto, prese<br />
un po’ di resina e ricoprì una foglia, in seguito moltiplicò quel pezzo appiccicoso in modo<br />
da ricoprire tutto il castello e per concludere, con la sua abilità di trasformazione, lo rese di<br />
pietra. L’interno era molto lussuoso: in ogni camera vi era un lampadario che rendeva<br />
l’ambiente molto luminoso. Faceva molto freddo, perché il castello era sempre stato di<br />
foglie e per paura che potessero prendere fuoco, non erano mai stati messi dei camini. Un<br />
giorno, la dea, si trovava nella propria camera davanti ad uno specchio; Peter si era<br />
incuriosito nell’ osservare l’ultima porta inesplorata. Decise di aprirla e all’ interno vide un<br />
vortice nero. Chiuse rapidamente e preoccupato andò a chiedere spiegazioni alla dea. Dalla<br />
porta semiaperta, la vide nel suo originale aspetto. Attraverso il riflesso dello specchio la<br />
donna capì di essere stata scoperta. La creatura mostruosa cercò di intrappolarlo con la<br />
resina, ma senza risultato. L’ uomo riuscì ad arrivare alla stanza con il vortice e a spingerla<br />
all’ interno, non sapendo che collegava al pianeta Terra. Durante la spinta, rimase attaccato<br />
alla resina e finirono entrambi nel buco. Lui riuscì ad atterrare senza riportare gravi danni.<br />
Invece lei, la dea degli alberi, si sbriciolò in piccoli pezzetti, che finirono sui tronchi delle<br />
piante che tanto amava. È per questo che sugli alberi si trova la resina.
In un paese, in mezzo alla pianura, abitava una bambina che si chiamava Aurora. Era<br />
sempre molto disponibile ad aiutare. Un giorno la madre le chiese di andare a comprare<br />
frutta e verdura nella bottega vicino casa. Quel giorno la bottega era rimasta chiusa, allora<br />
si mise di nuovo in marcia e alla fine ritornò a casa. Entrò era molto stanca, la mamma le<br />
disse di riprovarci l'indomani. Così fece: si incamminò e raggiunse la bottega; purtroppo<br />
era di nuovo chiusa Aurora si rimise in cammino, ma dopo tanto tempo non trovò quello<br />
che cercava e perse le speranze si mise a sedere sulle scalinate di un tempio. In quell'istante<br />
le apparve “ATHENA”: la Dea Vergine della sapienza, della guerra, dell'attività<br />
intellettuali, della giustizia, dell'arte e della letteratura che apprese l'intelligenza da sua<br />
madre Metis, una titana cioè una dea delle personificazioni delle forze della natura che le<br />
indicò la bottega di “ESTIA” dea della casa e della vita domestica, è Vergine, è la più<br />
gentile di tutti gli dei dell'Olimpo. Raggiunse la bottega di “Estia”, lei le suggerì un<br />
metodo più rapido per spostarsi e per trovare quello che cercava. Lei fece apparire ai piedi<br />
di Aurora delle piccole rotelle. Imparò a stare in equilibrio e ringraziò la Dea del prezioso<br />
aiuto e raggiunse molto velocemente il frutteto del paese vicino. Raccolse la frutta e<br />
verdura e rapidamente tornò a casa. Entrando in casa la mamma appena la vide esclamò:<br />
“Ma cosa hai messo ai piedi?” e lei rispose: “È un dono di una dea .. Sono dei pattini a<br />
rotelle!!”. Questo è il mito di come sono nati i pattini a rotelle, che ai giorni d'oggi sono<br />
anche uno sport.
di Fabio Ratto<br />
Circa duemilacinquecento anni fa la terra iniziò a tremare, le tenebre l’ avvolsero<br />
completamente; gli alberi erano privi di foglie sorretti da tronchi scarni, non vi era più<br />
vegetazione ed i colori erano sbiaditi.<br />
Questo era lo scenario che si poteva vedere dovuto ad un combattimento tra due enormi<br />
esseri immondi, uno dei quali, dopo aver trafitto l’avversario, sprofondò la lama della<br />
spada nelle viscere della terra, sino a far fuoriuscire un getto di lava incandescente che, con<br />
la sua immensa forza, sorreggeva un gigante come un albero infuocato, dal quale<br />
scaturivano scintille, mentre nella mano destra tratteneva fiori e frutti e nella sinistra ceneri<br />
e tizzoni come simboli di vita o di distruzione: “ e così si formò il primo vulcano”.<br />
Di Maria Luisa FiIlippi<br />
In alto nel cielo, tantissimi anni fa, c' era un villaggio abitato da giganti.<br />
Questi giganti pestavano l' uva per preparare il vino agli dei, ma si arrabbiavano spesso e<br />
litigando facevano tremare l' Olimpo.<br />
Una mattina Zeus per il forte tremore, cadde giù dal suo letto e infuriato andò al villaggio e<br />
radunati i giganti gli disse:" Adesso mi avete proprio stufato, da oggi ogni volta che<br />
qualcuno inizia a litigare dovrà fare tre giri di corsa intorno al villaggio! ".<br />
I giganti nonostante gli sforzi continuarono a litigare e così dovevano correre molto e<br />
questo gli procurava un forte fiatone, che scendeva fino sulla terra scuotendo ogni cosa<br />
Il mito della televisione<br />
Tanto tempo fa c’era un vecchio che, essendo molto povero, chiese al dio dei miracoli<br />
di aiutarlo. Il dio dei miracoli accontentava tutti quelli che erano buoni. Egli gli regalò<br />
una televisione (in bianco e nero), che per allora era una cosa prodigiosa.<br />
Il vecchio aprì un bazar di magia dove, tra le altre cose, faceva vedere la televisione.<br />
In poco tempo tutti vollero vederla: faceva lunghi viaggi per portare quella cosa<br />
strabiliante a vedere ai conti e ai re. La gente lo rispettava e lo lodava per la sua<br />
magia. Suo figlio però, che non sapeva cosa aveva passato il padre, divenne avaro e<br />
arrogante. Si vantava e si credeva superiore a tutti.<br />
Quando il padre morì lui ereditò il bazar e cominciò a far pagare molto e pretendere<br />
terreni dai conti. La gente era molto arrabbiata e alcuni chiesero aiuto al dio della<br />
vendetta. Quel dio li ascoltò e per punire il figlio diede a tutti una televisione cosi<br />
nessuno era interessato a quella del bazar.
di Edoardo Montobbio<br />
Tantissimi anni fa, in un villaggio viveva un bambino di nome Pangu;sia lui che gli altri<br />
abitanti credevano che il cielo delimitasse la Terra. Un giorno, per gioco, provò a tirare,<br />
con l’arco, una della sue frecce verso il cielo e si stupì che questa sparì alla sua vista, come<br />
se lo avesse oltrepassato. Dopo poco tempo Pangu e gli altri bambini videro la freccia<br />
ricadere dal cielo e piantarsi nell’erba: allora Pangu andò a raccontare l’accaduto ai<br />
genitori.<br />
La notizia si diffuse in tutto il villaggio. Un giorno, alcuni abitanti decisero di costruire un<br />
macchina volante per andare a vedere se era proprio vero che il cielo delimitasse la Terra.<br />
Costruita la macchina, partirono per questa avventura: arrivati all’altezza delle nuvole, il<br />
gruppo vide che dopo il cielo comparve un grande spazio nero piano di cose che<br />
luccicavano.<br />
Decisero di chiamare questo spazio Universo e tornarono al villaggio per dare la notizia<br />
agli altri abitanti. Fu da quel giorno che altri seguirono il loro esempio e si avventurarono<br />
per vedere questa meraviglia. E fu così che incominciò il grande interesse dell’uomo per lo<br />
spazio e l’universo.<br />
IL MITO DELL’INQUINAMENTO<br />
di Lorenzo Compalati<br />
Hunte il dio dello smog vive su questo pianeta da milioni di anni, ma fino a che non<br />
inventarono le auto era senza nutrimento e quindi innocuo. Hunte decise, allora, di<br />
mandare dei suoi aiutanti sulla terra in cerca di sostanze che gli avrebbero aumentato la<br />
sua potenza come i treni, auto e gli aerei. Il dio dello smog grazie al carburante bruciato<br />
diventò sempre più grande e potente e volle impadronirsi del mondo. Per sterminare gli<br />
uomini attaccò il dio della natura soffocando gli alberi che servivano agli uomini per<br />
respirare e questi iniziarono a tossire. Ma a lui non bastò fare tossire gli uomini, ma<br />
volle ucciderli e così andò dal dio del sole per oscurarlo ma era ancora troppo debole<br />
per sconfiggerlo, quindi nel corso dei secoli cercò altro nutrimento dai suoi aiutanti per<br />
ispessirsi e non permettere ai raggi del sole di penetrarlo riuscendo a ghiacciare la terra<br />
per sempre.
Di Antonio Mangini<br />
Perche' le rose hanno le spine<br />
Molto e molto tempo fa, viveva nel regno del cielo, un grande sovrano che aveva molti<br />
poteri e poteva comandare sul sole e sulle stelle e i suoi possedimenti arrivavano fino alla<br />
fine dell'Universo.Questo sovrano aveva un'unica figlia che si chiamava Numara la quale<br />
era di una bellezza unica, ma aveva altre doti come la bontà, la gentilezza e l'innocenza.Un<br />
giorno, la fanciulla, che trascorreva le sue lunghe giornate sempre sola e senza mai poter<br />
parlare con un altro essere, decise, di uscire al di fuori del grande recinto che richiudeva il<br />
meraviglioso palazzo per andare a vedere cosa ci fosse al di la del suo giardino.<br />
Cammino' per un poco fino a che raggiunse un verde prato, lo attraverso' e poco piu' oltre<br />
trovo' un piccolissimo giardino che non era nulla confronto a quello di suo padre, ma era<br />
cosi' ben curato e aveva dei fiori così belli che la ragazza ne rimase rapita, soprattutto da un<br />
fiore che non aveva mai visto prima con dei petali di un rosso acceso e così morbidi da<br />
sembrare velluto e un profumo che si sentiva nell'aria anche da lontano. Così Numara<br />
rimase per un bel po' ad ammirare questo fiore finchè alle sue spalle sentì una voce che le<br />
disse: "Cosa ci fai nel mio giardino chi ti ha detto di entrare?" La fanciulla si spaventò ma<br />
appena si girò vide un bellissimo giovane che la guardava con il viso imbronciato.<br />
Numara gli sorrise e si presentò : Io sono Numara figlia di Argonar, e sono rimasta<br />
affascinata da questo bellissimo fiore dimmi cosa è"<br />
Il giovane si presentò a sua volta dicendo di chiamarsi Jansen e di essere un giardiniere e<br />
che quel fiore lo aveva creato lui in onore di sua madre che era morta e lo aveva chiamato<br />
rosa perchè era dolce e delicato con un gambo lungo e sottile che gli ricordava le dita della<br />
madre quando lo accarezzavano da bambino.<br />
Numara rimase affascinata da quel giovane e da quel fiore e così decise che anche il giorno<br />
dopo sarebbe tornata a trovarlo.E così fu tornò il giorno dopo e quello dopo ancora<br />
rimanendo lunghe ore con Jansen aiutandolo nella cura dei suoi fiori e soprattutto di quello<br />
che lei amava di più cioè la rosa. Passò così del tempo e i due giovani ormai innamorati non<br />
potevano più fare a meno l'uno dell'altra. Ma un tristissimo giorno il padre di Numara si<br />
accorse della scomparsa della figlia e mandò tutte le sue guardie a cercarla. Le guardie la<br />
trovarono fuori dalle mura del palazzo in compagnia di Jansen e la riportarono a<br />
casa.Quando il sovrano seppe che trascorreva tutte le sue giornate con un semplice<br />
giardiniere si arrabbiò moltissimo perchè l'aveva promessa in sposa fin da piccola al<br />
Sovrano delle tenebre e quindi la fece rinchiudere nella sua stanza fino al giorno delle<br />
nozze. Jansen venne a sapere quello che era accaduto e riuscì a mandarle un messaggio<br />
legandolo alla zampina di un pettirosso che viveva nel suo giardino.Nel biglietto aveva<br />
scritto che alla prima notte senza luna sarebbe andato sotto le sue finestre per aiutarla a<br />
scappare. Alcuni giorni passarono e finalmente la luna calò, Numara fece finta di andare a<br />
dormire spense tutte le luci e aspettò che Jansen arrivasse. Poco prima della mezzanotte<br />
sentì il fischio del suo amato e aprì la finestra per calarsi con l'aiuto delle lenzuola.<br />
Era appena fuggita quando la sua cameriera si accorse che Numara non era più nella sua<br />
stanza ed andò ad avvertire il Sovrano. Immediatamente fu dato l'allarme in tutto il palazzo<br />
tutti si misero alla ricerca della principessa e il padre così arrabbiato fece raccogliere tutte le<br />
nubi più scure e minacciose e scoppiare un terribile temporale. I due giovani correvano più<br />
veloci che potevano ma la pioggia e i fulmini li rallentavano fino a quando giunsero al<br />
fiume che era ormai in piena.Vedendo alle loro spalle le guardie ormai vicine salirono sul<br />
ponte per attraversarlo ma le acque in piena travolsero in un momento il ponte e i due<br />
giovani, che annegarono.Il sovrano alla notizia della morte della figlia capì il suo errore e<br />
decise di far seppellire i giovani innamorati nel giardino di Jansen sotto il bellissimo<br />
cespuglio di rose, che da quel giorno, quasi a protezione dell' amore di Numara e Jansen,<br />
mise sul suo lungo stelo delle robuste spine.
Di Luca Barletto<br />
C’era una volta, in un piccolo paese sperduto della Tunisia, una giovane principessa di<br />
nome Ragnatel; la fanciulla era amata da tutti per la sua bontà e la sua dolcezza.<br />
Inoltre era bellissima, aveva i capelli lunghi e neri come la pece, la pelle scura e liscia e<br />
gambe e braccia affusolate e sottili. La giovane era anche un’abile tessitrice.<br />
Passava le sue giornate al telaio, confezionando stupende stoffe che poi regalava alle<br />
popolane.<br />
Sul monte Venerus, viveva Afroide, dea della malvagità.<br />
Al contrario di Ragnatel, era cattiva e prepotente, ma soprattutto invidiosa della<br />
principessa perché più bella e abile a tessere. La dea allora, rosa dall’invidia, per<br />
dimostrare la sua superiorità, invitò la fanciulla a cimentarsi con lei in una gara di tessitura.<br />
Chi avesse vinto la sfida sarebbe diventata la regina del paese e avrebbe assunto il<br />
massimo potere.<br />
Una mattina all’alba, ebbe inizio la gara, la vincitrice doveva tessere più tela possibile<br />
prima del tramonto. Nonostante la dea facesse di tutto per ottenere il migliore risultato,<br />
anche barando, fu la principessa ad uscirne vittoriosa. La dea, però, non mantenne la sua<br />
promessa, anzi, la sua ira si abbatté sulla fanciulla che venne trasformata in un orribile<br />
insetto nero dalle zampe lunghe e sottili, che da lei, prese il nome di ragno. E’ proprio per<br />
questo che il ragno è il più abile tessitore di tela che esiste al mondo.<br />
di Simone Bertrand<br />
In principio gli alveari erano molto ricercati dagli uomini antichi, perché il miele e la<br />
pappa reale venivano considerati cibi che davano una forza sovraumana. Gli umani, però,<br />
non veneravano affatto il dio delle api, Apemaius, e non erano grati a lui, ma anzi si<br />
arrabbiavano perché spesso venivano puniti dalle sue suddite. Tutte le sere gli alveari di<br />
tutto il pianeta venivano saccheggiati dagli uomini e siccome di notte era buio, Apemaius<br />
non riusciva a vedere niente e di conseguenza a difendere con il suo “discorso” gli alveari.<br />
Un giorno, però, le api si arrabbiarono così tanto che si radunarono a centinaia e, con i<br />
calabroni, aspettarono al varco gli uomini, poi li attaccarono. Ci furono parecchie vittime e<br />
gli umani erano terrorizzati. Si misero allora a riflettere per giorni e giorni e poi trovarono<br />
una soluzione. Uomini e api avrebbero diviso il miele, ma questi avrebbero costruito delle<br />
casette appositamente per loro dove gli insetti avrebbero potuto produrre il miele per tutti.<br />
Se gli insetti ,però, venivano disturbati o si trovavano disturbati o si trovavano in<br />
situazione di pericolo potevano ricorrere al loro pungiglione per difendersi . Inoltre<br />
cominciarono a venerare il dio Apemaius e a costruire anche templi in suo onore . Egli fu<br />
molto soddisfatto e ancora oggi uomini e api si dividono il miele “quasi” pacificamente
di Cremon Samuele<br />
Il Vilponi è un rettile molto simile a una lucertola gigante. Durante il giorno dorme sotto<br />
la paglia delle baracche dove si ripone il raccolto. Si nutre di topi e ragni che<br />
abbondano il suo rifugio proteggendo il raccolto del padrone. Si sveglia affamato e<br />
indirizzato dal proprio signore il Vilponi mangia tutti i teneri germogli delle patate<br />
degli agricoltori che non pagano le tasse.<br />
Oltre a far morire il prodotto dei contadini contribuisce ad aumentare il raccolto del<br />
proprio padrone. Quando il raccolto è terminato il Volponi si iberna e si sveglierà<br />
solo quando gli verrà fame.<br />
Il mito degli alberi di natale<br />
di Michele Gnech<br />
Non molto tempo fa in un piccolo paese di montagna dove ora tutti sono felici , una volta<br />
gli abitanti erano tristissimi e il paese, visto che era incavato nella roccia, non poteva<br />
essere illuminato dai raggi del sole , perciò non potevano nascere gli ortaggi e nemmeno la<br />
vegetazione e non potendo dare da mangiare al bestiame, Mucche e capre morivano di<br />
fame, ma le scomodità non erano ancora finite perchè il paese era governato da un perfido<br />
re che faceva pagare altissime tasse e chi non poteva farlo diventava uno schiavo, voi vi<br />
direte perche non scappano, ma il conte, furbo come una volpe fece fare dai suoi fabbri<br />
personali una altissima gabbia fatta di amianto. Questo re non era proprio del tutto umano,<br />
esteriormente era umano, ma il suo cuore era di un vampiro .<br />
Un giorno nel paese accadde un fatto stranissimo, proprio il giorno di Natale nacque un<br />
bambino e lo chiamarono Pino. Passarono gli anni e Pino compì quindici anni, ed espresse<br />
il desiderio di andare in Transilvania e proprio quella sera decise di scappare .<br />
Pensò a lungo come oltrepassare la gabbia di amianto, l’unico modo per oltrepassarla era<br />
passarci sotto, allora incominciò a scavare cercando di fare meno rumore possibile .<br />
Passo un‘ora a scavare quando riuscì ad arrivare dall’altra sponda della rete ed incominciò<br />
ed incominciò a correre. Durante il viaggio Pino incontrò molte persone strane, e molti<br />
luoghi fatati e oscurati dal nulla, finche non è arrivato a destinazione. Era molto più bello<br />
di quanto lui si immaginava e si ci fermò due anni, l‘ultimo autunno dei suoi due anni,<br />
mentre girava in un bosco, si imbatte contro uno strano albero non lo aveva mai visto in<br />
giro e neanche parlare allora si fiondò in paese, arrivato chiese ad un vecchio, che<br />
praticamente viveva nei boschi, di quella strana pianta l‘uomo stupito si fece portare a<br />
vedere lo strano albero. Arrivati non ce nera più solo uno ma ben diciotto come l ‘età del<br />
ragazzo, il vecchio gli disse che nessuno aveva mai visto quella pianta e poteva chiamarla<br />
come volva e il ragazzo lo chiamò pino. Il giorno dopo il ragazzo decise di tornare a casa<br />
decise di portarsi dietro l ‘albero. Mentre si avviava a casa gli venne in mente un‘idea per<br />
scacciare il conte cattivo. Dopo un anno di viaggio arrivò di nuovo a casa, ma il buco era<br />
stato tappato allora rifece il buco. Silenziosamente rientrò nel suo paese natale , le cose non<br />
erano migliorate anzi erano peggiorate e anche di brutto, metà paese era nella rovina .<br />
Arrivato in piazza tutti corsero da lui e gli chiesero che pianta fosse quella che sulle spalle<br />
e lui gli racconto tutta la sua storia, ma molto velocemente perché aveva in mente un‘idea:<br />
addobbare l‘albero. Accesero le luci e tutto il paese si riaggiustò e il conte morì. Ecco<br />
perché quell’albero si chiama pino.
Il mammut e la tigre dai denti a sciabola<br />
di Michele Gnech<br />
Questo mito narra perche gli elefanti non hanno più il pelo lungo e non si sono ambientati<br />
nelle zone fredde, ma in quelle calde e il perche le tigri non vivono più negli ambienti<br />
freddi e non hanno più i denti a sciabola .<br />
Un giorno mentre uno degli ultimi mammut stava gironzolando tranquillo tra i ghiacciai<br />
sentì da dietro una montagna di neve dei passi, allora il mammut facendo più piano<br />
possibile si avvicinò alla montagna e con uno scatto veloce guardò dietro la montagna e<br />
vide una tigre dai denti a sciabola, che con uno scatto felino gli saltò in groppa, la tigre<br />
poteva anche ucciderlo, ma il mammut con uno scatto veloce la fece sbalzare via e dalla<br />
botta la povera tigre perse i suoi lunghi denti a sciabola, ma non era l’ unica ad avere<br />
perso qualcosa perche mentre la tigre sbalzò via, accidentalmente, si agganciò ad un nodo<br />
della pelliccia e con un strattone strappo tutta la pelliccia al mammut. La tigre per<br />
vergogna di farsi vedere dalle altre tigri se ne andò negli ambienti tropicali e da quel<br />
giorno si fece chiamare tigre, il mammut andò anche lui negli ambienti caldi, ma per un<br />
motivo diverso, aveva freddo e anche lui cambiò nome e si fece chiamare elefante.
E’ forse il testo più famoso della letteratura per i bambini, ma in realtà anche la fiaba è un<br />
testo antichissimo che come gli altri è la base della nascita della letteratura ed i personaggi<br />
e le situazioni delle fiabe sono ben impresse nelle menti di tutti dai più giovani ad i più<br />
anziani. Magari non tutti hanno avuto libri patinati ed illustrati, ma di certo qualche saggio<br />
parente ha narrato loro avventure più disparate dove la crudeltà od altri vizi venivano,<br />
infine, dopo mille peripezie vinti per ristabilire la serenità.<br />
Chi non ricorda le formule di apertura e chiusura di questo genere? I “C’era una volta” e i<br />
“Vissero felici e contenti” sono un piacevole ricordo per tutti.<br />
Anche la fiaba per essere tale ha una precisa struttura narrativa ed uno stile alquanto rigido.<br />
Le funzioni di Propp studiate dai ragazzi sono quelle regole per creare una fiaba che si dica<br />
tale. Il saperle li aiuterà a riflettere su tutto il resto della letteratura…anche quella dei nostri<br />
giorni. Ora via ai mondi fatati di re, principesse, maghi e streghe………
IL PRINCIPE CERCA MOGLIE<br />
di IRENE BALDIZZONE<br />
C'era una volta, in un piccolo paese, un bellissimo principe che abitava in un castello<br />
grandissimo, solo però con i suoi aiutanti e la sua matrigna. Il padre, purtroppo, morì poco<br />
tempo prima e lui rimase tutto solo a regnare. Il principe si chiamava Giorgio ed era<br />
nell'età di trovare moglie solo che la matrigna gli metteva sempre i bastoni tra le ruote con<br />
tutte le ragazze con cui iniziava una conoscenza perché se non si sposava entro un anno<br />
ella diventava la regina. La matrigna era una potentissima strega e con le sue magie faceva<br />
in modo di rendere il principe inadatto in tutti i suoi incontri: una volta lo rese goffo e<br />
balbuziente; un'altra gli tolse la voce e in tante altre in modi diversi lo rendeva ridicolo.<br />
Purtroppo dopo tutti questi avvenimenti il principe si arrese a cercare una bella fanciulla.<br />
Un giorno Giorgio annoiato, sotto consiglio della sua governante più fidata, uscì dal<br />
castello a passeggiare. Mentre camminava rimase colpito da una bellissima ragazza, con<br />
capelli mori lunghi e occhi affascinanti, che stava tessendo una tela di mille colori.<br />
Giorgio, molto curioso le si avvicinò e subito “scoppiò” il colpo di fulmine. La ragazza, si<br />
chiamava Greta, gli propose di rimanere con lei mentre lavorava per conoscersi meglio. Il<br />
giovane era molto preoccupato visto tutti i disastri precedenti con una ragazza. Ma<br />
qualcosa in lui lo invitava a rimanere; così iniziarono a parlare. Ma la strega che lo stava<br />
spiando con la sua sfera magica cercò di intervenire con la magia per mandare a monte<br />
quell'incontro; purtroppo i suoi incantesimi non avevano effetto e lei tornò al castello<br />
arrabbiata. I giorni passarono e l'amore tra Giorgio e Greta cresceva sempre di più; la<br />
matrigna cercò in tutti i modi di contrastarli, ma Greta era speciale perché non permetteva<br />
l'effetto malefico sul principe. La coppia decise molto presto di sposarsi e Giorgio divenne<br />
re a tutti gli effetti. La strega sconfitta scappò lontano da quel regno, i due sposini vissero<br />
felici e contenti per sempre.<br />
di Lorenzo Compalati<br />
Cera una volta un giullare molto scherzoso infatti un pomeriggio egli andò dal suo re<br />
Murro e gli disse che ci sarebbe stata un’inondazione, naturalmente era una bugia. Il re<br />
ordinò a tutto il villaggio di rifugiarsi in cima ai monti, mentre tutta la popolazione stava<br />
preparando le valigie, il giullare si mise a ridere dicendo: “Ah!! Ci siete cascati ! Ah!<br />
Ah!”. Il re avendo capito la burla si infuriò mentre alcuni cittadini erano già in cima al<br />
monte Enil, uno dei più alti monti della zona .<br />
Il giullare fu costretto a scusarsi con i cittadini del villaggio e venne scritto il suo nome<br />
nella lista arancione, cioè qualunque cosa dicesse, nessuno gli doveva dare retta. Passarono<br />
venti giorni e il giullare affannato per una corsa tornò dal re e gli disse: “Sta per arrivare un<br />
uragano, scappate presto!!!”. Il re non gli credette pensando che fosse una presa in giro<br />
come il racconto dell’inondazione, ma lui supplicò: “Credetemi, vostra maestà, credetemi”.<br />
Il re non cambiò idea ed il villaggio di Tutù fu travolto da venti e acque gelide.
di Luca Barletto<br />
C’era una volta nel meraviglioso castello di Tagliolo, una principessa bellissima di nome<br />
Cristin che non voleva saperne di sposarsi. Alle richieste matrimoniali che le facevano i<br />
più nobili, i più ricchi, i più potenti personaggi della terra, rispondeva sempre con un secco<br />
no! Il re suo padre, stanco dei continui rifiuti della figlia, perdette la pazienza e un giorno<br />
che aveva rifiutato il monarca del vicino regno di Lerma, le parlò con severità:<br />
”Non sei più una bambina, l’ora delle nozze, per te, è giunta. Fra tre giorni, qui nella<br />
reggia, si riuniranno mille giovani aristocratici, principi, duchi. Potrai scegliere tra loro.<br />
Eccoti una palla d’argento. L'offrirai al pretendente che più ti piacerà ed egli diventerà il<br />
tuo sposo”.Cristin non osò contrariare il padre, ma corse subito in giardino e, senza essere<br />
vista, gettò la palla nella vasca. Il giorno fissato per la grande scelta, quando il padre si<br />
recò ad annunciarle che i mille pretendenti l'aspettavano nel salone del castello, la fanciulla<br />
confessò di non aver più la palla d’argento. Il re si arrabbiò molto che la figlia avesse perso<br />
la palla magica perché con essa tra le mani avrebbe capito quale dei giovani l’avrebbe<br />
amata e resa felice. Cristin capì di aver commesso una sciocchezza enorme e corse in<br />
giardino a cercare la palla. La fanciulla raggiunse la vasca e vicino al bordo incominciò a<br />
lamentarsi: “Povera me! Dovrò scegliere uno sposo a casaccio e commetterò, senza<br />
dubbio, un enorme sbaglio. “Palla, piccola palla d'argento, ritorna a galla. Tu puoi<br />
guidarmi, illuminarmi, spingermi verso la felicità”. Le acque si agitarono, un pesce rosso<br />
raggiunse, con un guizzo, il grembo della principessa, vi depose la palla e le disse che<br />
avendola trovata, doveva essere lui il suo sposo e che l’avrebbe resa felice, ma la ragazza<br />
indignata gli rispose che non avrebbe mai sposato una bestia. Il pesce si rituffò in acqua e<br />
Cristin, con la palla d’argento, si recò nel salone dove erano riuniti i pretendenti, li guardò<br />
a uno ad uno, ma non sapeva decidersi a far la scelta. Finalmente sussultò. Era entrato nella<br />
stanza un giovane pallido, vestito di velluto nero, che portava un bizzarro cappello rosso a<br />
forma di pesce. La fanciulla, seguendo un impulso, gli lanciò la palla e subito venne<br />
proclamato il suo fidanzamento col misterioso personaggio. Il giovane era il potentissimo<br />
re del gran reame di Belforte che una strega maligna aveva trasformato in pesce e gettato<br />
nella vasca, dove lo aveva raggiunto, liberandolo dal malvagio incantesimo, la palla<br />
d’argento. I due giovani vissero per tanti anni felici e contenti.
di Samuele Cremon<br />
C’era una volta un<br />
mercante di nome<br />
Adalberto esso stava<br />
invecchiando e si preoccupava che i figli ormai adulti non avevano trovato un lavoro così il<br />
padre insegnò ai tre figli l’arte del saper vendere così facendo li sottopose a tre prove con il<br />
limite di tempo di un ora, chi avrebbe superato le prove avrebbe avuto le ricchezze del<br />
padre. La prima consisteva nel riuscire a vendere qualcuno, anche per poco una crosta di<br />
formaggio per cavalli. Il primo andò da una vecchia signora povera con un cavallo e non<br />
riuscì a venderlo perché la signora non poteva pagare il prezzo da lui stabilito, il secondo<br />
invece andò da un panettiere che possedeva due cavalli e non riuscì a venderlo perché il<br />
pezzo di crosta data dal padre era troppo piccola per sfamare due equini. Il terzo andò da<br />
un monaco copista che possedeva un asino piccolo, ma robusto e riuscì a venderla perché il<br />
prezzo era basso e per un asino la crosta era molta. La seconda prova consisteva nel<br />
vendere cento chili di grano a un prezzo che si voleva, il primo andò dal panettiere della<br />
città che pensava ne avesse bisogno, ma il giorno prima ne aveva fatto il carico e così non<br />
riuscì a venderlo, il secondo invece andò in un convento, ma in quell’ora c’era la preghiera<br />
pomeridiana e non riuscì a venderlo. Il terzo invece andò dalla povera vecchietta e gli<br />
diede generosamente i chili di grano con i quali si sfamò a lungo e il padre vide che il<br />
figlio minore aveva la stoffa del vero mercante.<br />
L’ ultima prova consisteva nel riuscire a vendere un coltellino con manico in corna di<br />
camoscio di un valore di circa ventitrè soldi, il maggiore si spostò nella zona più a est della<br />
città e riuscì a vendere il coltello per un valore di undici soldi , il secondo riuscì a piazzarlo<br />
a un altro mercante per un valore di dieci soldi, il terzo figlio andò a trattare con un<br />
mercante di un paesino non molto lontano, esso non aveva la minima idea di quanto<br />
valesse quel coltello e fece fare al ragazzo il prezzo. Costui fece un prezzo base di<br />
ventiquattro soldi, ma il mercante gli diede un soldo in più dato che era molto giovane.<br />
Così il minore della famiglia superò tutte le prove e prese tutte le ricchezze che il padre<br />
aveva promesso al figlio più adatto a questo lavoro. Il figlio si sposò e continuò il lavoro<br />
del padre
di Edoardo Montobbio<br />
C’era una volta un bambino che amava molto il calcio e fin da piccolo<br />
si divertiva a giocare con i fratelli e i cugini.<br />
Già a cinque anni i suoi genitori decisero di mandarlo alla Scuola<br />
Calcio della sua città dove il bambino avrebbe potuto allenarsi seguito da tecnici esperti.<br />
Infatti tra questi vi era un allenatore molto bravo che notò subito le straordinarie qualità del<br />
piccolo calciatore.<br />
Ma la sua bravura suscitò invidia in un compagno di squadra, tanto che, durante un’<br />
allenamento ricevette una spinta che gli procurò la rottura di una gamba.<br />
Dovette allora abbandonare per molto tempo il suo sport preferito, per curarsi; non fu mai<br />
abbandonato dal suo allenatore che lo seguì come un padre, ma nonostante che il bambino<br />
si impegnasse molto per riprendere a giocare, la gamba gli faceva sempre male.<br />
Allora l’allenatore gli consigliò di andare da una guaritrice che, grazie all’utilizzo di<br />
unguenti e creme magiche lo avrebbe aiutato a guarire.<br />
E così fece e dopo un po’ di tempo il bambino riuscì a giocare di nuovo diventando un<br />
gran campione.<br />
Il Il magico<br />
magico<br />
Arcobaleno ….<br />
di Alyssia Carrò<br />
Il paese delle fate è in subbuglio perché sono tate rubate le pietre preziose incastonate<br />
nella corona della regina . Bisogna a tutti i costi ritrovarle perché ,con la loro luce, queste<br />
magnifiche gemme hanno il potere di ricaricare le bacchette magiche delle fatine .<br />
Riusciranno Clara e Rachele a riportarle al loro posto ?
di Maria Luisa Filippi<br />
C’era una volta una regina vedova che viveva nel castello con suo figlio Rayan. Un giorno<br />
Rayan prese il suo cavallo, Spillo, e decise di andare a fare una galoppata nel bosco.<br />
Mentre erain quel luogo, sentì cantare una ragazza e volle andare a vedere chi era che<br />
cantava così meravigliosamente. Dopo un po’ che cercava vide sul ciglio del lago una<br />
donna, era lei che cantava, aveva i capelli rossi, un visino dolce con gli occhi verdi come<br />
smeraldi, un nasino sottile e aggraziato con una bocca sorridente e labbra rosse e carnose.<br />
Il principe rimase incantato dalla meravigliosa bellezza della ragazza e così si inciampò in<br />
un ramo e cadde. Lei sentì un rumore e andò a vedere, ma la ragazza che si aspettava di<br />
trovare un animale fu sorpresa di vedere un ragazzo magnifico che aveva i capelli scuri,<br />
gli occhi azzurri e un naso regale con labbra e sottili e rosee. Lui aprì gli occhi e vide la<br />
ragazza, lei scappò e lui un po’ frastornato gli urlò e gli chiese:”Come ti chiami?” e lei<br />
rispose correndo: ”Bella” e scomparve nel bosco. Rayan e il suo cavallo tornarono al<br />
castello a raccontare tutto quello che era successo alla madre, ma la regina si infuriò per la<br />
paura di perdere il trono e così vietò al figlio di uscire dal castello, lui però aveva impresso<br />
nel cuore l’immagine di quella ragazza.Intanto la regina mandò un sortilegio a tutte le<br />
ragazze con i capelli rossi e gli occhi verdi che le trasformò in uccelli. Rayan era troppo<br />
innamorato di Bella e decise così di scappare dal castello e di andare a cercare quella<br />
ragazza, nel bosco passati due giorni non trovò nessuno a parte molti animali e decise di<br />
fermarsi a dormire, alla mattina lo svegliò il canto meraviglioso di un uccellino rosso con<br />
gli occhietti verdi che gli ricordavano Bella, la ragazza dal canto di usignolo. L’uccellino<br />
finì di cantare e gli disse che era lei la ragazza che lavava i panni nel lago e che era stata<br />
sua madre la regina a lanciare un sortilegio su tutte le ragazze con i capelli rossi e gli occhi<br />
verdi. Rayan decise di tornare al castello, quando arrivò sentì dire dalla madre: ”Come<br />
sono stata brava a lanciare l’incantesimo alle ragazze con i capelli rossi e gli occhi verdi” e<br />
un po’ spaventato dall’accaduto, cercò nella libreria reale il <strong>libro</strong> degli incantesimi e trovò<br />
la formula per cancellare il sortilegio, però, bisognava avere cinque ingredienti per la<br />
pozione: un tulipano, due petali di rosa, una mela rossa selvatica, una spiga di grano e una<br />
piuma di pavone.Allora Rayan partì alla ricerca degli ingredienti per la pozione, andò nel<br />
campo di grano del reame e prese una spiga, dal fioraio e prese un tulipano e una rosa rossa<br />
per i petali, nel bosco andò per cercare una mela selvatica rossa e per trovare anche<br />
l’uccellino, cioè Bella, poi insieme a Bella andarono nella riserva dei volatili reali a<br />
cercare un pavone e quando lo trovarono gli presero una penna dalla coda e tornarono al<br />
castello per preparare la pozione.Più tardi il principe convocò tutte le ragazze trasformate<br />
in uccelli e diede loro da bere la pozione così, ritornarono tutte in sembianze umane. Il<br />
principe Rayan e Bella decisero di sposarsi, ma il giorno prima del matrimonio la regina<br />
dalla rabbia fece bere a Bella una pozione rossa che la fece addormentare e fece<br />
rinchiudere il principe in una torre. Il principe però riuscì a fuggire dalla torre aiutato da<br />
un suo amico e anche a salvare Bella, facendo bere alla regina la pozione che lei stessa<br />
aveva dato alla ragazza.Rayan e Bella si sposarono e diventarono re e regina del paese e<br />
vissero per sempre felici e contenti.
L’artiere e la principessa<br />
Di Sofia Bocchini<br />
C’era una volta un grande castello dove abitava un re con tutti i suoi sudditi. La vita di<br />
palazzo era molto impegnativa per i suoi servi. In cucina lavoravano quattro cuochi e due<br />
lavapiatti, a tavola servivano due camerieri, senza contare le cameriere private della regina<br />
e della principessina. Quest’ultima era appassionata di cavalli e ne possedeva quattro.<br />
All’interno del castello c’era anche una bellissima scuderia dove lavoravano due artieri.<br />
Uno si chiamava Pietro ed era giovane, esuberante, ma frettoloso. L’altro si chiamava<br />
Arturo ed era più vecchio, preciso, di grande esperienza però un po’ lento. La principessa<br />
ogni giorno montava tutti e quattro i cavalli, però spesso non si curava del benessere degli<br />
stessi. Al mattino scendeva nelle scuderie e pretendeva che in dieci minuti il cavallo fosse<br />
sellato, strigliato, pronto per essere montato. Indubbiamente il tempo non era sufficiente<br />
per fare un buon lavoro, ma lei era molto capricciosa e l’unico che l’accontentava era<br />
Pietro. I problemi nascevano appena iniziava a galoppare: le fasce sugli stinchi si<br />
allentavano, la sella scivolava sulla schiena e il cavallo iniziava a sgroppare infastidito. Lei<br />
rischiava di essere disarcionata ogni volta, ma dava la colpa all’animale invece che<br />
rendersi conto che tutto ciò avveniva per l’incuria dell’ artiere. Così convinceva suo padre<br />
a cambiare anche quel cavallo.<br />
Una mattina Pietro era ammalato così la principessa dovette usufruire dell’aiuto di Arturo,<br />
il quale ci impiegò mezz’ora e la cosa la mandò su tutte le furie e lo minacciò di cacciarlo<br />
via. Come sempre iniziò a galoppare e per la prima volta tutto funzionò perfettamente e il<br />
cavallo rimase calmo. Finalmente capì che la causa dei suoi problemi non era il carattere<br />
dei cavalli, ma il modo approssimativo con cui Pietro li preparava. Così a capo della<br />
scuderia rimase Arturo e Pietro fu allontanato.<br />
Di Carmelo Lorefice<br />
C’era una volta un mago assai potente, che avrebbe voluto distruggere la terra. Esso non<br />
aveva però un esercito, e così decise di dare vita, con le sue pozioni, un esercito di ciclopi,<br />
così forte da distruggere la terra. In un bel castello viveva con la sua amata principessa, un<br />
principe molto forte e saggio, inoltre, possedeva più di duemila uomini armati di frecce,<br />
catapulte e spade. Costui oltre che principe era anche un re, che comandava sul suo popolo,<br />
tutte le persone del quartiere e anche città. Il principe veniva chiamato “Attila” perché, si<br />
diceva che era il più forte al mondo e che nessuno lo aveva mai sconfitto. Al mago, che<br />
sapeva del principe saggio e forte, venne in mente un piano, decise di rapire la principessa,<br />
così in una notte assai tranquilla, il mago ascese dal cielo alla terra per catturare la<br />
principessa, e così fece. Il giorno seguente, quando il principe si alzò trovò sul davanzale<br />
della finestra un messaggio su cui era scritto “Ho la tua amata principessa, e se non mi<br />
consegni il tuo esercito e il tuo castello, la ucciderò”. Così l’intrepido principe preparò il<br />
suo esercito, fornito di spade e frecce e salirono in una navicella per andare dal mago, che<br />
viveva in un castello disposto a mezz’aria. Quando i due si incontrarono faccia a faccia,<br />
scoppiò una guerra tra ciclopi e umani. Alla fine dello scontro, ci furono molti morti, tra<br />
cui il mago, che prima di morire disse al principe dov’era la sua amata principessa. Fu così<br />
che il principe e la principessa vissero felici e contenti!
SEQUESTRO AD ORISTANO<br />
di Federico Carlini<br />
C’era una volta una regina che viveva in un luogo lontano insieme al re e sua figlia Elena,<br />
la principessa. Una notte, dopo una giornata di puro svago per la famiglia governante, nel<br />
castello d’Oristano regnava il silenzio, ma superata la mezza notte si sentì un urlo. I<br />
guardiani che nel frattempo anche loro dormivano, di colpo corsero verso la stanza del re e<br />
della regina i quali erano circondati da un gruppo d’uomini vestiti di nero. In mezzo alla<br />
confusione, improvvisamente arrivò un personaggio sconosciuto di nome Fabrizio il quale<br />
riuscì a prendere soltanto la principessa e il re. Elena purtroppo dovette vivere un periodo<br />
di tempo con l’insopportabile figlia dell’eroe Fabrizio, Giulia. Nel frattempo il capo dei<br />
sequestratori, di nome Marco, voleva sposare la regina ma quando il nostro eroe andò dalla<br />
regina riuscì con i suoi agenti speciali a salvarla e così ad Oristano si fece una gran festa<br />
per il ritorno del re, la regina e la principessa.<br />
di Maria Luisa Ratto<br />
C’era una volta un re che voleva avere un<br />
figlio maschio per avere un erede, ma<br />
nacque una bambina che fu abbandonata<br />
dal padre in un bosco. La regina per paura<br />
che sua figlia morisse, di nascosto chiese a<br />
una famiglia di contadini che non<br />
potevano avere figli di prenderla con loro.<br />
La bambina crebbe e divenne una ragazza.<br />
I contadini gli avevano raccontato la sua<br />
storia fin da bambina e lei pensava non<br />
fosse vera. Quando ormai era una ragazza e loro parlavano sul serio si<br />
convinse e decise di cercare i suoi veri genitori. I contadini le sconsigliarono<br />
di partire perché suo padre l’aveva abbandonata e non gli sarebbe piaciuto<br />
rivederla, ma lei era coraggiosa e partì. Viaggiò e chiese ai passanti dove si<br />
trovava il castello del re. Giunse a destinazione e si presentò al re<br />
raccontando anche il perché era ancora viva. La madre era felicissima di<br />
rivederla, ma il padre irato per la sua sfacciataggine decise di rinchiuderla in<br />
prigione. Molto presto dalla prigione vide sua madre che le disse:”Prendi la<br />
chiave della porta e anche questo speciale mangime che attirerà un drago<br />
buono che diverrà il tuo destriero”. Scappò in fretta nel giardino e usò subito<br />
il mangime in modo da fuggire con il suo drago. Rimase lunghi anni lontano<br />
da casa in una città lontana cacciando, che era la sua specialità.<br />
Dopo alcuni anni seppe che nel regno di suo padre era arrivato un drago<br />
maligno e che tutti i giovani erano morti nel tentativo di combatterlo. Così<br />
decise di prendere il suo drago e di partire. Trovò una grotta dove c’era un<br />
drago e l’ultimo giovane del regno, il più fifone. Dopo avere ucciso il drago<br />
con una freccia nella gola consolò il giovane fifone e se ne innamorò.<br />
Quando il padre seppe che sua figlia aveva sconfitto il drago che nessuno era<br />
riuscito a sconfiggere morì di stupore, orgoglio, vergogna. E la valorosa<br />
principessa visse felice e contenta con il suo marito fifone.
di Paolo Badino<br />
C’erano una volta un povero umile e un re ricco e avido. Un giorno il re decise di<br />
sequestrare tutti i campi del popolo e fece dare fuoco a tutti i raccolti. Anche al povero<br />
sequestrò il terreno, per lui, era l’unico mezzo per guadagnare soldi e portare da mangiare<br />
a sua moglie e ai suoi tre figli. Il povero era arrabbiatissimo con il re e allora decise di<br />
andare a chiedere aiuto a un folletto di nome Focus, che abitava vicino a un pozzo ai piedi<br />
di un monte. I servi del re, gli riferirono che il contadino si stava recando dal folletto.<br />
Allora egli convocò i maghi più potenti del reame e scelse Stregon che era il re dei maghi,<br />
per riuscire ad annullare la magia del folletto. Quando il povero arrivò al pozzo, vide il<br />
folletto e prima ancora di poter esprimere il desiderio si sentì chiedere: “Mi potresti portare<br />
là, sul monte, l’acqua di questo pozzo? Se non lo farai non ti esaudirò il tuo desiderio<br />
qualunque esso sia! “. Allora il povero si affrettò a portare due grossi secchi d’acqua.<br />
Arrivato in cima il folletto gli disse: “Ah! Sei forte e gentile, ti sei meritato questo<br />
cappello, basta metterselo sul capo ed pensare a un desiderio”. Il povero senza esitare si<br />
mise il cappello, espresse il suo desiderio ma niente cambiò e allora disse con tono<br />
arrabbiato: “Ah! Mi hai truffato! Mi hai fatto portare l’acqua fin sul monte e tu mi hai<br />
ripagato con un cappello che non funziona e, per giunta, è anche malandato”. Focus gli<br />
rispose : “Che strano! Ma che cosa hai desiderato?”, il povero gli disse: “Volevo che il re<br />
diventasse povero e che i campi fossero resi alle persone con il raccolto non bruciato”. Il<br />
folletto gli rispose: “ Chi è che vi ha rubato il terreno?”, il povero replicò: “Il re avido!”, e<br />
allora il folletto, con l’aria di chi ha capito tutto, gli disse che sapeva cosa fare perché sul<br />
cappello era stato fatto un sortilegio. Prese con sé il contadino e andò al castello. Arrivati<br />
alla reggia si videro dei fulmini e del fumo che uscivano dalle finestre. Il folletto si<br />
trasformò in un grande orso bianco, irruppe nel laboratorio del mago e spezzò la bacchetta<br />
magica di Stregon, i pezzi diventarono delle stelle che crearono l’orsa Maggiore. Il folletto<br />
si trasformò nuovamente in un mago e con una magia cambiò Stregon in un topo. In quel<br />
momento si spezzò l’incantesimo sul cappello e, il povero se lo rimise subito in testa ed<br />
espresse il desiderio, il re ormai non poteva fare niente e così divenne poverissimo dato<br />
che aveva speso tutti i suoi soldi per pagare i maghi. Il povero e il folletto divennero grandi<br />
amici e, il signore chiamato “Povero” divenne ricco e visse felice e contento con la sua<br />
famiglia e il suo campo.<br />
Nel bosco<br />
di Alysia Carrò<br />
Da un bellissimo castello tutto di pietra usci una principessa una sera d’estate. La<br />
principessa dopo un po’ di tempo aveva molto freddo, ma non potè andare a casa per<br />
fortuna trovò una lunga giacca di pelle di leone e anche se a lei non piaceva la indossò.<br />
Il suo principe andò a cercarla, ma non la trovò. Trovò, poi, un guanto della principessa ed<br />
entrò dentro ad un’lbero cavo lì vicino. La trovò, lui parlava e la ragazza piangeva<br />
dicendogli. “Non possiamo più tornare al castello e dovremo dormire qui nel bosco”.<br />
Decisero però di mettersi in cammino e dopo molto tempo arrivarono al castello e si<br />
misero al caldo vivendo per sempre felici e contenti.