QF25 - Don Pasquale - Fondazione Donizetti
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01. <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> preliminari_Layout 2 22/11/2010 8.33 Pagina 1<br />
Quaderni della <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti 25<br />
«D’esitar non è più tempo»<br />
Sulle tracce del silente protagonista<br />
Stagione lirica e di balletto 2010
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Franco Tentorio<br />
Sindaco della Città di Bergamo<br />
Claudia Sartirani<br />
Assessore alla Cultura<br />
Francesco Bellotto<br />
Direttore artistico<br />
TEATRO DONIZETTI<br />
Giovanni Cappelluzzo<br />
Dirigente Servizi Culturali e Ricreativi<br />
Massimo Boffelli<br />
Responsabile Divisione Teatro <strong>Don</strong>izetti<br />
Rosanna Zanini<br />
Direttore di produzione<br />
Barbara Crotti, Silvana Martinelli, Dilva Rossi<br />
Segreteria organizzativa<br />
FONDAZIONE DONIZETTI<br />
Paolo Fabbri<br />
Direttore scientifico<br />
Livio Aragona, Federico Fornoni<br />
Responsabili Ricerca, Didattica ed Editoria<br />
Caterina Pusineri<br />
Segreteria<br />
Raffaella Valsecchi<br />
Ufficio stampa
01. <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> preliminari_Layout 2 22/11/2010 8.33 Pagina 4<br />
Collaborano con il Bergamo Musica Festival 2010:<br />
ACCADEMIA DEL TEATRO ALLA SCALA DI MILANO<br />
ASSOCIAZIONE PIGNOLO IN<br />
AZIENDA TEATRO DEL GIGLIO DI LUCCA<br />
BIBLIOTECA CIRO CAVERSAZZI<br />
CAMERA DI COMMERCIO DI BERGAMO<br />
CASA RICORDI<br />
CIVICA BIBLIOTECA ANGELO MAI<br />
CIVICA BIBLIOTECA ANTONIO TIRABOSCHI<br />
DONIZETTI SOCIETY DI LONDRA<br />
EDIZIONE NAZIONALE DELLE OPERE DI GAETANO DONIZETTI<br />
ENTE CONCERTI MARIALISA DE CAROLIS DI SASSARI<br />
FESTIVAL ORGANISTICO INTERNAZIONALE CITTÀ DI BERGAMO<br />
FONDAZIONE CARIPLO - PROGETTO ‘VERSO DONIZETTI:<br />
UNA CONOSCENZA MUSICALE’<br />
FONDAZIONE TEATRO COCCIA DI NOVARA<br />
ISTITUTO SUPERIORE DI STUDI MUSICALI GAETANO DONIZETTI<br />
LABORATORIO 80<br />
MIA – FONDAZIONE DELLA CONGREGAZIONE DELLA MISERICORDIA<br />
MAGGIORE<br />
REGIONE LOMBARDIA - PROGETTO ‘PASSEGGIATE DONIZETTIANE:<br />
LA CITTÀ DEL COMPOSITORE’<br />
SISTEMA BIBLIOTECARIO PROVINCIALE<br />
SISTEMA BIBLIOTECARIO URBANO<br />
TEATRO GRANDE DI BRESCIA<br />
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI BERGAMO<br />
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI FERRARA<br />
UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI MILANO<br />
Si ringraziano:<br />
ASSOCIAZIONE COMMERCIANTI BERGAMOVIVE<br />
TURISMO BERGAMO
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Si inaugura la nuova stagione lirica del Teatro <strong>Don</strong>izetti. Che saluta i<br />
primi cinque anni del Bergamo Musica Festival Gaetano <strong>Don</strong>izetti.<br />
Festival che ha aiutato Bergamo ad accreditarsi come una delle maggiori<br />
‘Città della musica’ in Italia.<br />
Quest’anno il Festival apre nel segno di una continuità con un percorso<br />
che non ha appunto mancato di dare soddisfazioni al Teatro, e in<br />
termini di numeri, e in termini di apprezzamento per la qualità del prodotto,<br />
alla cui relizzazione ha concorso il massimo impegno profuso dalla<br />
<strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti e da tutti i professionisti coinvolti. Cosa che ho<br />
potuto constatare direttamente, sia nella passata stagione bergamasca che<br />
nella fortunatissima tournée giapponese, durante la quale tremila entusiasti<br />
spettatori ogni sera hanno applaudito i nostri artisti al Bunka Kaikan<br />
di Tokyo. E tuttavia poiché puntiamo a fare ancora meglio, sono certa<br />
che altri progressi, sia in termini artistici che manageriali, verranno grazie<br />
anche ad un nuovo Consiglio di Amministrazione, di ottimo livello,<br />
che non mancherà di proporre con spirito costruttivo migliorie e innovazioni.<br />
Ad esempio, la stagione delle co-produzioni già quest’anno entra<br />
in una fase nuova, che dovrà essere percorsa fino in fondo. Sotto alcuni<br />
aspetti, la lirica è un po’ come il calcio nel nostro Paese. Ispira da sempre<br />
vivacissime discussioni, segno dell’amore per questa espressione artistica.<br />
Bergamo non fa eccezione. E alla lirica oggi questo stimolo fa bene<br />
più che mai; servono l’attenzione e l’apporto concreto di tutti, istituzioni,<br />
sponsor, artisti, amanti e appassionati, poiché, non nascondiamolo, è<br />
un momento cruciale per le difficoltà economiche imposte alla cultura.<br />
E tuttavia c’è qualcosa che ci fa ben sperare: i contributi erogati sono<br />
subordinati all’importanza culturale della produzione, alla regolarità<br />
gestionale, all’affluenza del pubblico. Una valutazione di merito, quindi.<br />
E sapendo che in queste tre caratteristiche l’attività della <strong>Fondazione</strong> e<br />
del Teatro si rispecchia perfettamente, pur nella preoccupazione per le<br />
oggettive difficoltà, mi permetto un cauto ottimismo per Bergamo e la<br />
sua produzione lirica. Del resto per carattere e formazione culturale,<br />
come tanti bergamaschi, sono convinta che la cosa più importante sia<br />
lavorare bene e con serietà, utilizzando al massimo le proprie capacità e<br />
le proprie risorse; queste le condizioni che permettono di essere credibili,<br />
dal pubblico e dalle Istituzioni. E all’appassionato e competente
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pubblico bergamasco chiedo un’adesione alla stagione; non incondizionata,<br />
anche critica. Però chiedo di far giungere a tutti a chiare lettere il<br />
segnale che la lirica è importante, seguita e amata nella città natale di<br />
Gaetano <strong>Don</strong>izetti.<br />
Claudia Sartirani<br />
Assessore alla Cultura e Spettacolo
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Il Bergamo Musica Festival Gaetano <strong>Don</strong>izetti giunge quest’anno alla<br />
quinta edizione. Cinque titoli lirici e un balletto costituiscono – come<br />
consuetudine – la struttura portante della manifestazione. I tre spettacoli<br />
monograficamente riferiti alla letteratura donizettiana vedono il teatro<br />
di Bergamo come capofila; gli altri tre spettacoli, capolavori del grande<br />
repertorio musicale, nasceranno nei teatri di Lucca e Novara.<br />
La programmazione 2010 prende a spunto un passo del libretto di<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>: «D’esitar non è più tempo: dite di sì». Il rapporto con il<br />
Tempo, intendendo il termine in molteplici sfumature di significato, è<br />
argomento che permette affascinanti affondi nella letteratura teatrale.<br />
Il Tempo può indicare la rotta d’un viaggio, innanzitutto: un calendario<br />
percorso in avanti o all’indietro è risorsa antichissima e di grande<br />
pregnanza spettacolare. In Poliuto il tracciato immaginato da Corneille,<br />
<strong>Don</strong>izetti e Cammarano conduce all’Armenia dell’anno 257 d.C., un<br />
altrove crono-geografico remotissimo. Ma è proprio grazie a tale lontananza<br />
se possiamo ritrovare la potenza degli elementi fondanti delle<br />
società occidentali moderne: l’adozione d’una nuova etica anche attraverso<br />
il percorso del martirio; il riconoscimento di idealità superiori e<br />
universali; i patti di lealtà e fedeltà che trasformano i singoli in comunità<br />
solidali. Professionisti di grande fama saranno protagonisti di questo<br />
nuovo allestimento: il tenore Gregory Kunde, che debutta il ruolo eponimo;<br />
il soprano Paoletta Marrocu per la prima volta sul nostro palcoscenico.<br />
Simone Del Savio e Andrea Papi tornano a Bergamo dopo fortunate<br />
produzioni degli anni passati. Al podio Marcello Rota, direttore<br />
che gli appassionati ricordano per una memorabile edizione di Roberto<br />
Devereux nel 2006. Lo spettacolo avrà la regia di Marco Spada, mentre le<br />
scene e i costumi sono di Alessandro Ciammarughi, accoppiata che ha<br />
presentato due anni fa un vivido e suggestivo Marino Faliero.<br />
Con maggior concretezza, lo scorrere del Tempo nella letteratura<br />
comica permette la realizzazione di trame dal meccanismo inesorabile.<br />
L’orologio di Amor ingegnoso, rarissima ed elegante farsa veneziana di<br />
Giovanni Simone Mayr, invece di scorrere linearmente racconta il paradosso<br />
apparente d’una persona creduta morta e improvvisamente tornata<br />
dal passato. Il campanello (che presentiamo per la prima volta nel nostro<br />
teatro con i dialoghi recitati) è invece un congegno esplosivo con una<br />
miccia che brucia per tutto l’arco drammatico, fino al botto finale: il per-
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fido Enrico ruba ogni minuto della prima notte di nozze al farmacista<br />
<strong>Don</strong> Annibale per impedirgli di dormire accanto alla novella sposa. La<br />
produzione è affidata a giovani cantanti di spiccato talento comico: fra<br />
loro citiamo almeno il basso napoletano Filippo Morace che ritorna<br />
dopo aver vestito i panni di Dulcamara l’anno scorso, Livio Scarpellini,<br />
Maurizio Magnini e Stefania Ferrari, che abbiamo apprezzato nel 2008<br />
in Una piccola Cenerentola. La regia è affidata all’umorismo teatrale di<br />
Enrico Beruschi, mentre la scenografia e i costumi saranno firmati da<br />
Angelo Sala e realizzati dall’Accademia del Teatro alla Scala di Milano.<br />
La farsa di Mayr verrà distribuita anche nell’ambito del progetto La<br />
scuola all’opera.<br />
In <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> il Tempo – inteso come età – potrebbe essere considerato<br />
addirittura il silente protagonista dell’opera. <strong>Don</strong>izetti vi inscena<br />
la più tenera delle debolezze umane: chi è che col trascorrere degli<br />
anni non ha mai immaginato di far camminare le lancette al contrario?<br />
C’è chi ricorre al chirurgo plastico e al botox, chi s’impianta parrucchini,<br />
chi intreccia spericolate liaisons con amanti più giovani di molti<br />
decenni, chi compra sgargianti tutine da ciclista o da jogging correndo<br />
giocondamente verso un coccolone. Battaglia, quella contro il Tempo,<br />
ovviamente impossibile da vincere: ma <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> affronta tragicomicamente<br />
il proprio destino fino in fondo, più o meno come farà quasi<br />
mezzo secolo dopo Sir John Falstaff nell’intonazione verdiana. Lo spettacolo<br />
è stato progettato con lo scenografo Massimo Checchetto e il<br />
costumista Carlos Tieppo del Teatro La Fenice di Venezia, e inscenerà<br />
appunto il dissidio fra il Tempo antico di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> e il Tempo<br />
moderno di Norina. La compagnia propone alcuni solisti già noti al<br />
nostro pubblico – Paolo Bordogna, Linda Campanella, Roberto Iuliano,<br />
Ivan Magrì – assieme ad alcuni nomi nuovi: ricordiamo fra loro almeno<br />
Christian Senn ed Eugenio Leggiadri Gallani. Direttore d’orchestra sarà<br />
Stefano Montanari, artista che ha ottenuto un grande successo personale<br />
l’anno scorso in Elisir e che dalla critica internazionale è stato giudicato<br />
come autentica rivelazione della tournée del Teatro <strong>Don</strong>izetti in<br />
Giappone.<br />
Rigoletto, <strong>Don</strong> Giovanni e Lago dei cigni verranno proposti con allestimenti<br />
di carattere storicistico. Ivan Stefanutti riprogetta una Mantova
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cinquecentesca attraverso allusioni scenografiche e costumi di derivazione<br />
rinascimentale. Lo scenografo Dvorák utilizza la Rotonda del Palladio<br />
– evidente citazione dal film di Losey – per ospitare la complessità<br />
barocca dei rapporti fra i personaggi del <strong>Don</strong> Giovanni. Il lago dei cigni<br />
ripropone, attraverso la compagnia La classique, celeberrime coreografie<br />
della grande tradizione russa ottocentesca.<br />
Proiezioni cinematografiche, letture, conferenze, presentazioni di<br />
libri ed edizioni, il Premio <strong>Don</strong>izetti e numerosi concerti animeranno<br />
come di consueto i luoghi donizettiani della città fra settembre e dicembre.<br />
Francesco Bellotto<br />
Direttore artistico<br />
Bergamo Musica Festival Gaetano <strong>Don</strong>izetti
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DON PASQUALE<br />
dramma buffo in tre atti<br />
Libretto di<br />
Giovanni Ruffini<br />
Musica di<br />
Gaetano <strong>Don</strong>izetti
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A cura di<br />
Livio Aragona e Federico Fornoni<br />
Comitato editoriale<br />
Livio Aragona, Maria Chiara Bertieri, Federico Fornoni<br />
Realizzazione grafica di copertina<br />
Matteo Arena<br />
Si ringraziano per la gentile collaborazione<br />
Guia Aiolfi, <strong>Fondazione</strong> Museo di Palazzo Moroni, Bergamo<br />
Archivio Fotografico del Teatro alla Scala, Milano<br />
<strong>Fondazione</strong> Museo di Palazzo Moroni, Bergamo<br />
Piera Ravasio<br />
Copertina e illustrazioni del volume<br />
Ambienti aristocratici, galleria fotografica di Gianfranco Rota, Photo Studio UV<br />
interni di Palazzo Moroni, Bergamo<br />
Quaderni della <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti 25<br />
2010 © <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti<br />
www.donizetti.org<br />
Stampato da MAGGIONI LINO SRL – Ranica (Bg)<br />
ISBN<br />
978-88-89346-32-7
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La locandina<br />
LUCA ZOPPELLI<br />
«En vieux Lion moderne»<br />
INDICE<br />
MARIA CHIARA BERTIERI<br />
Modestine, semplicette, innocentine: Norina e le altre<br />
FULVIO STEFANO LO PRESTI<br />
Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> nei teatri di Bergamo:<br />
«certo quel briccone di Maestro sapeva quel che faceva!»<br />
a cura di PIERA RAVASIO<br />
FRANCESCO BELLOTTO<br />
Un dissidio fra opera ‘all’antica’ e opera ‘alla moderna’<br />
Struttura e argomento dell’opera<br />
Il libretto della prima<br />
ANGELO ANELLI<br />
Ser Marcantonio<br />
Bibliografia<br />
Discografia essenziale<br />
15<br />
17<br />
31<br />
43<br />
65<br />
77<br />
85<br />
89<br />
119<br />
157<br />
161
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BERGAMO MUSICA FESTIVAL GAETANO DONIZETTI<br />
Teatro <strong>Don</strong>izetti<br />
3 dicembre ore 20.30 - 5 dicembre ore 15.30<br />
DON PASQUALE<br />
Dramma buffo in tre atti di Giovanni Ruffini<br />
Musica di Gaetano <strong>Don</strong>izetti<br />
Edizione Ricordi, Milano<br />
Personaggi<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong><br />
Norina<br />
Ernesto<br />
Malatesta<br />
Un notaro<br />
Direttore d’orchestra Stefano Montanari<br />
Regia Francesco Bellotto<br />
Regista assistente Luigi Barilone<br />
Movimenti coreografici Barbara Pessina<br />
Scene Massimo Checchetto<br />
Assistente alle scene Serena Rocco<br />
Costumi Cristina Aceti<br />
Disegno luci Claudio Schmid<br />
Maestro del coro Fabio Tartari<br />
Orchestra e Coro del<br />
Bergamo Musica Festival Gaetano <strong>Don</strong>izetti<br />
Coproduzione<br />
Bergamo Musica Festival Gaetano <strong>Don</strong>izetti<br />
<strong>Fondazione</strong> Teatro Coccia di Novara<br />
Nuovo allestimento<br />
Interpreti<br />
Paolo Bordogna<br />
Eugenio Leggiadri Gallani<br />
Linda Campanella<br />
Roberto Iuliano<br />
Ivan Magrì<br />
Christian Senn<br />
Luigi Barilone
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02. Zoppelli - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.17 Pagina 17<br />
LUCA ZOPPELLI<br />
«En vieux Lion moderne»<br />
1. L’elisir d’amore e <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> – i capolavori comici che <strong>Don</strong>izetti<br />
compose, a circa un decennio di distanza, rispettivamente per Milano<br />
(1832) e Parigi (1843) – vengono solitamente classificati come gli estremi<br />
gioielli di un genere, l’opera buffa italiana, che nel primo Ottocento<br />
giungeva al termine della sua secolare parabola. (Vi saranno, ancora per<br />
un po’, opere buffe di un certo successo composte dai vari Ricci, De<br />
Giosa, Petrella; ma resteranno un fenomeno locale e circoscritto, mentre<br />
il repertorio europeo si orienterà verso l’operetta / opéra bouffe di<br />
Offenbach, Suppé, Johann Strauss, Gilbert e Sullivan. Per tacere di commedie<br />
in musica come I maestri cantori di Norimberga o Falstaff, estranee<br />
ad ogni classificazione).<br />
Tuttavia, a ben guardare, sarebbe più corretto dire che Elisir e <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong> stanno già ai margini, e persino al di là, di quella storia gloriosa.<br />
Elisir – basato su una fonte francese – è un idillio campagnolo, privo<br />
dell’aggressività satirica e della dimensione di critica sociale che caratterizzava<br />
il genere: il mondo dei bravi e creduli villici vi è osservato con<br />
divertita bonomia, nella quale la superiorità culturale dell’osservatore –<br />
lo smaliziato spettatore urbano – si mescola ad un fondo di rimpianto<br />
russoviano per quella felice ed innocente stoltezza. Quanto a <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>, si può tranquillamente definirlo come un geniale esempio di<br />
straniamento storicistico, di post-opera buffa, che proprio nel momento<br />
in cui finge di ritornare ad un genere del passato lo stravolge in direzione<br />
di una modernità bruciante.<br />
Il Théâtre-Italien di Parigi era, negli anni Trenta-Quaranta<br />
dell’Ottocento, un luogo in cui s’incrociavano tendenze estetiche diverse.<br />
L’aristocrazia alla moda che lo frequentava aveva gusti piuttosto conservatori,<br />
che privilegiavano il repertorio classico del bel canto italiano,<br />
intonato dalle migliori voci dell’epoca. Tuttavia, in quanto sala prestigiosa<br />
inserita nel cuore pulsante del mondo culturale parigino – punto di<br />
raccolta di critici, intellettuali e uomini di teatro fra i più lucidi di quella<br />
capitale intellettuale del XIX secolo – stimolava i compositori italia-<br />
17
02. Zoppelli - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.17 Pagina 18<br />
ZOPPELLI<br />
ni, fuggiti dal clima soffocante del provincialismo e delle censure di<br />
quaggiù, a ‘modernizzarsi’, a trasformare la propria venerabile tradizione<br />
mettendola in contatto con le correnti più aggiornate della letteratura e<br />
del teatro moderni.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, composto nell’autunno 1842 e presentato al pubblico<br />
a inizio gennaio 1843, vive proprio di una simile duplicità. La partitura<br />
è concepita per quattro cantanti stellari: il basso Lablache nei panni del<br />
protagonista, il baritono Tamburini come Malatesta, Giulia Grisi e Mario<br />
nei ruoli dei due giovani innamorati. (Otto anni prima lo stesso quartetto,<br />
tranne Rubini al posto di Mario, aveva ottenuto coi Puritani il più<br />
grande successo nella storia del Théâtre-Italien). Nel chiedere al librettista<br />
Giovanni Ruffini, esule politico approdato in quel di Parigi, il remake<br />
di un vecchio e glorioso libretto, il Ser Marcantonio di Anelli – ridotto<br />
all’osso, sfrondato di personaggi e azioni collaterali – <strong>Don</strong>izetti sembra<br />
offrire al pubblico romantico parigino una sorta di ‘resurrezione’ dell’antica<br />
opera buffa italiana. Di quel modello d’opera buffa che si basa sul<br />
dispositivo archetipico del plot comico: due giovani si amano, un vecchio<br />
ridicolo – ma detentore di una posizione di potere – si mette di traverso,<br />
un collaboratore dei due giovani architetta uno stratagemma per gabbare<br />
il vecchio e giungere al fine desiderato. Comprese talune inverosimiglianze<br />
abituali nei codici di quel genere: travestimenti, credulità, brusco<br />
dietrofront finale con scambio di contratti nuziali. Con un tantino di<br />
cinismo, <strong>Don</strong>izetti diede persino alla serenata d’Ernesto al terz’atto un<br />
evidente «colore locale» romano, suscitando la delizia di un pubblico e<br />
di una critica appassionatamente adepti di questa categoria estetica. Nel<br />
riconoscere uno stereotipo culturale «tipicamente italiano», insomma, i<br />
bravi parigini si credevano confermati nella loro convinzione di assistere<br />
ad un prodotto nazionale standardizzato.<br />
Uno sguardo alle reazioni della numerosa stampa parigina (possibile<br />
grazie alla ricca antologia pubblicata da Annalisa Bini e Jeremy<br />
Commons) ci illumina sui modi e i significati dell’operazione. Nella prospettiva<br />
di critica e pubblico, l’opera buffa era considerata come un<br />
genere morto e sepolto, di cui restavano solo le testimonianze del passato:<br />
Mozart, Cimarosa, Rossini. Arrivando a teatro dopo un’attenta lettura<br />
del libretto (quanti critici fanno lo stesso oggi?), i giornalisti notava-<br />
18
02. Zoppelli - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.17 Pagina 19<br />
«En vieux Lion moderne»<br />
no dunque che «<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> rientra nel vecchio genere caricato [...] una<br />
buffoneria franca e senza pretese» («Le charivari»); furono in molti a sottolineare<br />
che sotto i nomi e le apparenze moderne dei personaggi si<br />
celavano le funzioni drammatiche e i modi d’interazione delle maschere<br />
dell’antica commedia dell’arte, peraltro molto ben nota in terra di<br />
Francia. Come scrisse un critico, «il soggetto rientra assai più nelle convenienze<br />
dell’arlecchinata italiana che nelle verosimiglianze della vita<br />
reale».<br />
2. Qui però, cominciavano i problemi. Non che l’opera non abbia ottenuto<br />
un franco successo e un’approvazione critica convinta, al contrario;<br />
eppure qualcosa non quadrava. Benché lo scenografo Domenico Ferri<br />
avesse creato un décor di tipo settecentesco, abituale per l’opera buffa, i<br />
personaggi passeggiavano in scena in abiti moderni, anzi: desunti direttamente<br />
dalla moda parigina del momento. Un recensore d’eccezione,<br />
Théophile Gautier, usa il suo inarrivabile talento di evocazione tattilovisiva<br />
per descrivere gli abiti del protagonista: nel primo atto una «veste<br />
da camera di basino [=cotone a spina] bianco, pantalone di nankino e<br />
cuffia di seta nera [...]», nel secondo «una superba parrucca color mogano<br />
chiaro» che «si attorciglia sul suo capo in riccioli troppo elaborati» e<br />
inoltre «un frac verde dai bottoni d’oro cesellato, le cui falde non si possono<br />
toccare a causa dell’enorme rotondità della sua persona». Il che gli<br />
dà l’aspetto di «un mostruoso scarabeo che vorrebbe aprire le ali per<br />
levarsi in volo e non ce la fa». Se l’autore di Smalti e cammei è un vero<br />
virtuoso della descrizione letteraria, altri critici apportano informazioni<br />
non meno preziose: la grottesca mise di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> che riceve Norina<br />
comprende «stivali di vernice, un monocolo, guanti di paglia e una rosa<br />
all’occhiello» che completano un vero «costume da dandy». Un recensore<br />
parla di un abito da «giovane e pimpante lion» (il termine usato a<br />
Parigi per i giovani danarosi alla moda in caccia di avventure galanti); un<br />
altro lo descrive «con stivali di vernice, guanti gialli e una camelia all’occhiello,<br />
né più né meno del più perfetto lion del Jockey-club». Anche di<br />
Ernesto si notano «la redingote di velluto, la cravatta alla Colin e le catene<br />
d’oro», che gli dànno l’aria di un «commesso viaggiatore di gioielli<br />
finti».<br />
19
02. Zoppelli - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.17 Pagina 20<br />
ZOPPELLI<br />
La critica, anche la più favorevole nei confronti dell’opera, ne pare<br />
disturbata: molti trovano che l’ambientazione attualizzante e ‘realistica’<br />
faccia a pugni con l’impianto arcaico di vecchia commedia dell’arte, retta<br />
da codici naïfs, artificiali e inverosimili. Si deplora che «l’azione abbia<br />
luogo ai nostri giorni; giacché è ben convenuto che le pièces di questo<br />
tipo non hanno epoca e si svolgono in un mondo impossibile». Secondo<br />
Délécluze, influente critico del «Journal des débats» (ma legato esteticamente<br />
a posizioni classiciste: veniva dalle arti figurative ed era stato prossimo<br />
a David e a Ingres), «questi abiti avvertono lo spettatore che lo si<br />
mette in presenza della vita reale e attuale; dunque diventa difficile credere<br />
al complotto di un medico, un nipote ed una giovane vedova,<br />
disposti a far subire delle umiliazioni di ogni tipo a un vecchio matto,<br />
brav’uomo peraltro, che ha il capriccio di sposarsi [...]». Lo stesso critico<br />
si lancia poi in una teoria del comico che richiama le analisi sulla necessità<br />
di allontanare, ‘derealizzare’ l’evento rappresentato, affinché si formi<br />
in noi una sorta di ‘anestesia del cuore’ (Schiller parlava di «sospensione<br />
del sentimento morale») che ci permette di ridere delle disgrazie di qualcuno<br />
che altrimenti ci parrebbe piuttosto degno di compassione:<br />
Far ridere non è cosa semplice come lo si crede. Fra tutti i mezzi che possono<br />
condurre a questo fine, uno dei primi consiste nello spaesare lo spettatore,<br />
nel trasportarlo in un mondo convenzionale, artificiale o persino<br />
sovrannaturale, che gli permetta di accettare tutto senza temere che il ridicolo<br />
lo possa mai colpire personalmente. [...] Questo tema [<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>]<br />
sa ancora della commedia di maschere [...] ma se voi introducete sulla<br />
scena un personaggio fatto e vestito come lo siamo tutti; gli prestate la<br />
nostra lingua e i nostri modi; gli fate seguire persino la moda del momento,<br />
allora [...] una donna, per quanto vivace e frizzante, non potrà permettersi<br />
di dare uno schiaffo a un vecchio, per quanto ridicolo [...]. Gli amori<br />
tardivi di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> e i modi bruschi di Norina sarebbero stati accettabili<br />
riportando la scena a sessanta o ottant’anni fa.<br />
Un risultato collaterale di questa riattualizzazione, in effetti, era proprio<br />
quello di obbligare lo spettatore a un grado maggiore di identificazione<br />
emotiva; in mancanza di quello spaesamento (di quella «sospensione del<br />
sentimento morale») che ci permette di ridere delle disgrazie altrui, il<br />
fallimento delle aspirazioni soggettive – anche quelle di un ridicolo sca-<br />
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«En vieux Lion moderne»<br />
rabeo dal gilet verde troppo stretto – viene vissuto in termini di vera sofferenza.<br />
E in effetti, alcuni critici furono disturbati dal fatto che il «colore<br />
drammatico» dell’opera fosse quello di una «buffoneria assai triste»,<br />
che lo stile fosse «un po’ troppo grave per un’opera buffa».<br />
3. La scelta di usare costumi contemporanei, tuttavia, non era stata casuale<br />
né arbitraria: al contrario, va vista come un aspetto ben calcolato,<br />
essenziale ad una strategia complessiva che <strong>Don</strong>izetti perseguì con grande<br />
lucidità (e coraggio). Secondo la testimonianza di Ruffini, fu il compositore<br />
a pretendere che i costumi fossero «alla borghese moderna» –<br />
contro il parere di molti cantanti e dello stesso librettista (che ovviamente,<br />
da bravo letterato, ragionava in termini di stretta verisimiglianza e<br />
avrebbe preferito i «parrucconi»). La circostanza è provata da un documento<br />
molto interessante conservato al Museo <strong>Don</strong>izettiano di<br />
Bergamo: si tratta di una nota manoscritta del compositore elencante i<br />
costumi necessari per i personaggi di Maria di Rohan in occasione della<br />
prima viennese della primavera 1843 (i nomi degli interpreti, annotati a<br />
fianco di quelli dei personaggi, ci permettono di ricondurlo a questa<br />
precisa occasione, sebbene la nota sia scritta in francese). Una porzione<br />
dello stesso foglio (che riproduciamo nella pagina seguente) fu invece<br />
usata per alcune annotazioni relative a <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, che proviamo di<br />
seguito a decifrare e tradurre:<br />
Quasi tutti i cori in livrea – il maggiordomo in nero, vice-maggiordomo,<br />
lacché, chasseurs [domestici in livrea] – Parrucchiere, modiste.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> – primo atto. Veste da camera redingote piqué bianco.<br />
Pantaloni [illeggibile] bianchi – Pantofole. –<br />
2° atto – come un vecchio Lion moderno.<br />
È dunque chiaro che <strong>Don</strong>izetti tiene molto al suo <strong>Pasquale</strong> «en vieux<br />
Lion moderne», e che mai e poi mai avrebbe accettato i costumi della<br />
vecchia opera buffa. Il perché, a quanto pare, lo spiegò lui stesso a<br />
Ruffini: era la musica a non ammettere quello stile visivo invecchiato.<br />
In effetti, i costumi non rappresentano se non l’aspetto esteriore del<br />
programma estetico di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, un programma che prima di tutto<br />
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ZOPPELLI<br />
22<br />
Bergamo, Museo <strong>Don</strong>izettiano, IV 4 o B 2.
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«En vieux Lion moderne»<br />
s’invera nella sua drammaturgia musicale. Qualcuno se ne rese conto,<br />
anche fra i recensori – come ad esempio quello, assai lucido, del «Corsaire»:<br />
A nostro avviso ci si è sbagliati nel credere che il maestro abbia inteso scrivere<br />
un’opera buffa nel vecchio senso della parola. <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è un’opera<br />
semi-seria nel genere dell’Elisir d’amore. Sebbene il ruolo di Lablache sia fra<br />
i più comici, lo stile della nuova partitura si eleva talvolta sino alla malinconia,<br />
e il pubblico è assai commosso dagli amori dei due giovani, e un po’<br />
anche dalle disgrazie di questo bravo vecchio che paga i vetri che non ha<br />
rotto, e che in definitiva non ha torto più grave che rinchiudersi in un gilet<br />
assurdo e mettersi un’enorme camelia all’occhiello.<br />
4. <strong>Don</strong>izetti, lucido come sempre, aveva perfettamente ragione: la musica<br />
di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> risponde ad un’estetica della contemporaneità che<br />
non ammette parrucconi e crinoline. Vi sono diversi parametri che non<br />
lasciano dubbi in proposito: il carattere estremamente sciolto e flessibile<br />
del «tono di conversazione» che permea molte parti dialogiche dell’opera;<br />
la naturalezza dovuta alla dissoluzione delle forme, che tendono a<br />
separarsi in brevi ‘momenti’ autonomi; i passi malinconico-patetici; il<br />
ruolo preponderante che le moderne danze da salotto hanno nel modellare<br />
i motivi di molti ‘numeri’ dell’opera.<br />
Il primo elemento, udibile sin dall’aprirsi del sipario, è forse il più<br />
carico d’implicazioni storiche. Come ogni opera buffa che si rispetti,<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> pratica per lunghi tratti un tipo di scrittura in cui le voci<br />
cantano in maniera relativamente semplice e sillabata, per frammenti di<br />
frasi in dialogo o per note ripetute, mentre la conduzione del discorso<br />
musicale è affidata ai motivi che scorrono in orchestra secondo strutture<br />
periodiche e regolari. Nella tradizione buffa (e ancor più nella sua<br />
radicale esasperazione rossiniana) questo tipo di scrittura diveniva un<br />
congegno a orologeria astratto e lucido, che trasmetteva l’idea di un personaggio<br />
comico totalmente prigioniero della situazione, trasformato in<br />
una grottesca marionetta. Teorici della letteratura, psicologi e filosofi<br />
hanno spesso sottolineato come il comico corrisponda a situazioni di<br />
impotenza, inferiorità, automatismo meccanico: situazioni sonorizzate<br />
da una sorta di ingranaggio esterno, nei cui ritmi il personaggio vien<br />
costretto, volente o nolente, a rientrare. In <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, invece, le cose<br />
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ZOPPELLI<br />
vanno diversamente. Le ‘basi’ orchestrali sono di carattere più garbato,<br />
quasi lirico: si dipanano morbidamente e con eleganza, con movenze da<br />
romanza cameristica. Il tipo rossiniano di parlante ‘ad orologeria’ non è<br />
assente, ma viene riservato ai punti in cui <strong>Pasquale</strong> spinge all’estremo la<br />
sua funzione di vecchio ridicolo da commedia, tronfio ed illuso: nel<br />
tempo d’attacco del duetto con Ernesto («Io <strong>Pasquale</strong> da Corneto | possidente<br />
qui presente») o nella cabaletta del duetto con Malatesta del terzo<br />
atto. Altrimenti, il parlante si distribuisce sul dipanarsi di fili flessibili ed<br />
eleganti, come all’inizio dell’introduzione («Son nov’ore; di ritorno | il<br />
dottore esser dovria»), o nel motivo che accompagna la stesura del contratto<br />
(lodato senza riserve da molti commentatori dell’epoca). Anche<br />
l’inizio del duetto dello schiaffo («Signorina, in tanta fretta | dove va,<br />
vorrebbe dirmi?») è notevole per il garbo con cui le puntualizzazioni<br />
orchestrali s’inseriscono tra le frasi cantate; man mano che il dialogo<br />
continua, il congegno di alternanza fra voce e orchestra si sfasa delicatamente,<br />
permettendo agli archi melodici di estendersi e svilupparsi. Il<br />
«tono naturale e borghese, pieno di franchezza e bonomia» che il recensore<br />
della «Revue des deux mondes» riconosceva nell’opera deriva<br />
appunto da questa scioltezza, da una forma del dialogo musicale in cui<br />
la naturalezza e l’umanità prevalgono sul dispositivo comico astratto: la<br />
maggioranza dei pezzi dell’opera (lo dice, con una punta di delusione, il<br />
recensore della «Revue et gazette musicale de Paris») «sono ragionevoli<br />
più che buffi». «Ragionevole» è un aggettivo che ben si adatta – almeno<br />
per lunghi tratti – al profilo di questa musica, lontana anni luce dalla «follia<br />
organizzata e completa» che Stendhal riconosceva nel comico rossiniano<br />
(e segnatamente in quell’Italiana in Algeri che pure ha lasciato<br />
molte tracce nelle situazioni e persino nel testo di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>). Alcuni<br />
commentatori attribuirono a <strong>Don</strong>izetti la volontà di risalire – scavalcando<br />
il modello rossiniano – al tipo di comicità bonaria e garbata incarnata<br />
dal Matrimonio segreto di Cimarosa, il compositore che Stendhal aveva<br />
definito «il Molière italiano» (un recensore del <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> riprende,<br />
senza citarla, proprio questa definizione). Certo non si può negare che il<br />
duetto <strong>Pasquale</strong>-Malatesta del terzo atto («Cheti, cheti, immantinente»)<br />
ricordi, nel carattere, nella distribuzione delle voci e nella strategia formale,<br />
il delizioso modello del duetto fra Geronimo e il Conte Robinson,<br />
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«En vieux Lion moderne»<br />
«Se fiato in corpo avete», nel Matrimonio segreto. Tuttavia è chiaro che, nel<br />
contesto del <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, questo duetto – con le sue simmetrie ben<br />
organizzate, che ricordano anche quelle del duetto fra Dandini e <strong>Don</strong><br />
Magnifico nella Cenerentola – rappresenta comunque un’oasi di comicità<br />
vecchio stile, funzionale all’organizzazione dell’ultima, decisiva mascherata.<br />
Il secondo aspetto che contribuisce alla sensazione di ‘naturalezza’,<br />
di una drammaturgia proveniente dalla natura dei personaggi più che<br />
dall’applicazione di un congegno esterno, è la frammentazione delle<br />
unità formali. Nell’introduzione, ad esempio, Malatesta e <strong>Pasquale</strong> praticamente<br />
si dividono la responsabilità musicale per le sezioni chiuse: ad<br />
uno il tempo lento («Bella siccome un angelo»), all’altro la cabaletta («Un<br />
foco insolito | mi sento addosso»). Il duetto successivo fra zio e nipote<br />
prende avvio, dopo qualche scambio dialogico, con il citato scioglilingua<br />
comico per <strong>Pasquale</strong>; ad esso Ernesto risponde con un trasognato cantabile<br />
(«Sogno soave e casto»; i commenti ‘a parte’ di <strong>Pasquale</strong> non interferiscono<br />
nella conduzione del discorso melodico); dopo l’ulteriore<br />
scambio del tempo di mezzo, i due si alternano nella cabaletta con materiali<br />
del tutto diversi e giustapposti, unendosi solo verso la fine. La cavatina<br />
di Norina non ha ‘scena’: consta di un raffinato Andante che inizia<br />
quasi in medias res, e che allude, col suo lirismo esagerato e vecchiotto,<br />
alle fantasticherie di stile troubadour che Norina legge senza prenderle<br />
troppo sul serio: segue la sezione principale, in tempo vivace. Il terzetto<br />
in cui Norina velata fa il suo ingresso nel salone di <strong>Pasquale</strong> è caratterizzato<br />
da più sezioni pantomimiche con dialogo, alternate a refrains concertati<br />
‘a parte’. Si ha insomma l’impressione di una costruzione piuttosto<br />
informale, quotidiana, paratattica.<br />
Quanto alla vena patetica, essa ha sempre suscitato l’interesse e l’ammirazione<br />
degli osservatori, che hanno sottolineato la cappa di serietà<br />
imbarazzata ed imbarazzante, la sensazione struggente che cala sull’opera<br />
giusto dopo lo schiaffo fatidico: alla melodia in la minore dell’orchestra<br />
– sulla quale <strong>Pasquale</strong> si riduce a balbettare qualche sillaba di sconforto<br />
– nessuno, ivi compresa Norina, riesce a sottrarsi ad un meccanismo<br />
di identificazione soggettiva col pover’uomo che vede d’un tratto<br />
scomparire il suo sogno di tardiva felicità amorosa. Il vecchio ridicolo<br />
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ZOPPELLI<br />
della commedia dell’arte, insomma, è divenuto un membro di quella<br />
‘terza età’ cui la sensibilità moderna riconosce il diritto ad una vita affettiva<br />
piena e normale: impossibile non provare della simpatia per lui, qui<br />
come nella scena che precede il duetto con Malatesta nel terzo atto (lo<br />
vediamo rientrare su un motivo estremamente patetico, come «un morto<br />
che cammina»). Meno sorprendente, rispetto alla tradizione, che anche<br />
l’«amoroso» usi toni francamente patetici; tuttavia è chiaro che, sommando<br />
il pezzo a solo nel duetto con lo zio («Sogno soave e casto», accompagnato<br />
da un motivo ‘significante’ di clarinetto che rinvia ai modi della<br />
lirica da salotto) e la cavatina del secondo atto («Cercherò lontana<br />
terra»), la nostra immagine di Ernesto risulterà estremamente caricata in<br />
senso malinconico-sentimentale. Notevole è anche il trattamento lirico<br />
del concertato nel finale secondo, il quartetto «È rimasto là impietrato».<br />
Come nel finale primo del Barbiere, tutti si volgono a constatare lo stupore<br />
del buffo di fronte alla piega imprevista degli avvenimenti. Tuttavia,<br />
in Rossini, il trattamento del concertato sottolinea con lucida impassibilità<br />
l’arresto netto del flusso drammatico e la violenza della situazione<br />
rispetto alla volontà del personaggio: c’è molto distacco e compiacimento<br />
nei commenti di Figaro e soci che osservano <strong>Don</strong> Bartolo facendo<br />
notare che «sembra una statua». Qui invece il taglio lirico ed elegante,<br />
tipico di un melodizzare salottiero, sonorizza una reazione compartecipe<br />
ed indulgente. È anche possibile che ‘malinconia’ e ‘ragionevolezza’<br />
dipendessero da un calcolo contingente: il gruppo d’interpreti per cui<br />
<strong>Don</strong>izetti scrisse l’opera non era una compagnia di canto specializzata<br />
nel genere comico – come avveniva all’epoca d’oro dell’opera buffa italiana<br />
– ma una serie di grandi artisti assuefatti alle parti del repertorio<br />
lirico e tragico. Certo, il parametro della performance rimane fondamentale<br />
nelle scelte di un compositore dell’epoca: tuttavia il <strong>Don</strong>izetti maturo<br />
riesce sempre a sfruttare le caratteristiche dei suoi interpreti per inglobarle<br />
nella logica di un progetto drammaturgico coerente e meditato<br />
con grande lucidità, ed è certamente il caso con <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
5. Un punto essenziale, infine, riguarda i «tipi» di materiale tematico che<br />
<strong>Don</strong>izetti utilizza per i motivi – d’orchestra e vocali – delle sezioni più<br />
vivaci. Raramente essi sono di tipo ‘astratto’ e concitato, come avviene<br />
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«En vieux Lion moderne»<br />
nella tradizione rossiniana: per lo più sono perfettamente identificabili in<br />
danze da salotto diffuse nella quotidianità del bel mondo parigino dell’epoca.<br />
La cabaletta «Un foco insolito | mi sento addosso» (e la sua<br />
quasi-ripresa nel terzo atto: «Aspetta, aspetta | cara sposina»), quella del<br />
duetto Norina-<strong>Pasquale</strong> («Via caro sposino»), la morale conclusiva di<br />
Norina sono riconoscibili come valzer. Restando a Norina: la sezione<br />
principale della sua cavatina («So anch’io la virtù magica») è chiaramente<br />
una polka; sia la cabaletta del duetto con Malatesta, da lei intonata<br />
(«Vado, corro al gran cimento»), sia la sua prima esplosione di carattere<br />
dopo la firma del contratto («Modi villani e rustici») sono classificabili<br />
come finali di quadriglia. Se si aggiungono le sue letture preferite<br />
(novelle e romances storico-sentimentali in stile troubadour), Norina è un<br />
perfetto animale da salotto parigino – proprio il tipo che <strong>Pasquale</strong> non<br />
vorrebbe mai tirarsi in casa, e che pure, a sua volta, maldestramente scimmiotta<br />
nell’abbigliamento galante. Gli interventi del coro, raggruppabili<br />
in due blocchi, consistono rispettivamente in una polka («I diamanti,<br />
presto, presto»), un galop («Che interminabile | andirivieni!»), un valzer<br />
(«E il nipotino | guastamestieri»): quest’ultimo, in particolare, ha tutta la<br />
finezza compositiva, l’imprevedibile mobilità tonale, la fraseologia irregolare<br />
che si richiede ad un pezzo caratteristico da salotto. Di tutto ciò<br />
s’accorse il critico de «Le monde musical», che scrisse: «la sua opera italiana<br />
è un’incantevole opera francese; le melodie sono fresche, piene di<br />
charme; i movimenti dei pezzi sono vivi, una vera miniera da sfruttare in<br />
fatto di quadriglie, galops e valzer». <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, dunque, attinge a piene<br />
mani al mondo della musica da salotto parigina degli anni Quaranta,<br />
ragione sufficiente per pretendere che lo stile di presentazione visiva sia<br />
altrettanto moderno: interessante parallelismo con quanto accadrà, dieci<br />
anni dopo, per Traviata, opera che pure attinge all’universo mondano del<br />
valzer parigino, e per la quale Verdi chiederà un’ambientazione contemporanea.<br />
A molti, l’abbiam visto, la convivenza delle due anime dell’opera sembrava<br />
problematica: l’impianto da «arlecchinata» rediviva e la naturalezza di<br />
un trattamento attualizzante parevano incompatibili. Faticarono a rendersi<br />
conto che <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> incarnava con estrema finezza un paradosso<br />
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ZOPPELLI<br />
tipico dell’estetica romantica: quello per cui alcune opere d’arte alludono,<br />
è vero, ad un modello del passato, ad un ‘buon vecchio tempo antico’<br />
in cui tutto era più semplice e naïf; ma al tempo stesso lo trattano con una<br />
sensibilità moderna e riflessiva, che prende le distanze dal modello nell’istante<br />
stesso in cui gli rende omaggio (Schiller avrebbe parlato di<br />
«poesia sentimentale»; in musica, potremmo pensare al ciclo di Lieder Die<br />
schöne Müllerin di Schubert). Fra i recensori dell’opera, l’abbiamo visto,<br />
c’era Théophile Gautier: dal 1836 accarezzava il progetto (concluso solo<br />
nel 1863!) del Capitan Fracassa, miracolo letterario in cui i modi e i tipi<br />
della commedia dell’arte convivono con lo studio modernissimo delle<br />
sfumature psicologiche e delle strutture sociali. Il povero <strong>Pasquale</strong>, pretendente<br />
da commedia agghindato «en vieux Lion moderne», ci illumina sul<br />
fatto che i meccanismi primari dei vecchi tipi drammatici si ritrovano,<br />
sotto forma simbolica più che realistica, nella complessità delle società<br />
reali: l’opera d’arte gioca sulla distanza che separa realtà e finzione, facendo<br />
però capire che la finzione può parlare della realtà, e che uno schiaffo<br />
vero può alludere a molti immateriali – ma non meno brucianti.<br />
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MARIA CHIARA BERTIERI<br />
Modestine, semplicette, innocentine:<br />
Norina e le altre<br />
Come è noto, la principale fonte di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è il libretto di Angelo<br />
Anelli intitolato Ser Marcantonio, messo in musica dal compositore cremasco<br />
Stefano Pavesi (1779-1850) nel ‘lontano’ 1810. Oggi autore sconosciuto<br />
ai più, durante la sua attività Pavesi ebbe invece grande notorietà.<br />
Appartenente a quella folta schiera di musicisti pre-rossiniani protagonisti<br />
della vita operistica tra l’ultima decade del Settecento e le prime<br />
due dell’Ottocento – condizione che condivise con Pietro Generali,<br />
Carlo Coccia, Valentino Fioravanti, Giuseppe e Luigi Mosca, per citarne<br />
alcuni, e che vedeva nel più ‘anziano’ Giovanni Simone Mayr il nome più<br />
rappresentativo (e più rappresentato) – Pavesi compose quasi una cinquantina<br />
di opere in musica. La maggior parte di esse uscì dal repertorio<br />
nel giro di pochi anni: una sorte comune a centinaia di altre opere, prima<br />
che il concetto di repertorio assumesse la moderna valenza.<br />
Diverso fu il destino di Ser Marcantonio, il cui debutto già fu di quelli<br />
col botto. Per ben 54 sere rimase fisso nel cartellone del Teatro alla<br />
Scala durante la stagione di carnevale, segno che l’opera ‘funzionava’ sia<br />
dal punto di vista musicale, sia da quello drammaturgico: e di questo era<br />
certamente garanzia il librettista, appunto quell’Angelo Anelli che solo<br />
due anni prima aveva scritto L’italiana in Algeri per il compositore Luigi<br />
Mosca (Scala, 1808), un libretto perfetto al punto tale da indurre Rossini<br />
qualche anno più tardi a riprenderlo quasi integralmente per l’omonimo<br />
suo capolavoro (Venezia, 1813).<br />
Quando <strong>Don</strong>izetti nel 1842 iniziò a rivestire di musica il libretto<br />
che l’esule Giovanni Ruffini gli stava approntando, Ser Marcantonio circolava<br />
nei teatri da oltre trent’anni, sostanzialmente senza interruzioni<br />
(ad esclusione forse della parte centrale degli anni Trenta). Delle oltre 60<br />
riprese individuate con certezza (tramite i libretti superstiti, gli epistolari<br />
di autori ed interpreti e i resoconti giornalistici), la maggior concentrazione<br />
si situa negli anni Dieci, con punte anche di sette (nel 1817 e<br />
1819) o addirittura di nove riprese (nel 1812), in anni in cui si trattava<br />
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03. Bertieri - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.20 Pagina 32<br />
BERTIERI<br />
di convivere con le opere rossiniane, senza ancora esserne travolti.<br />
Colpisce certo anche la copertura geografica di questa partitura: l’Italia<br />
vi è interamente rappresentata, con qualche predominio delle regioni<br />
settentrionali, spesso presenti con più di una ‘piazza’ (su tutte il<br />
Triveneto: Venezia, Padova, Trieste, Verona, Udine), ma anche con il passaggio<br />
nei principali teatri della zona peninsulare (a cominciare dalla<br />
Toscana, presentissima con Firenze, Siena, Pistoia, Pisa, Livorno e perfino<br />
la piccola Volterra, giù giù fino a Napoli e Catania). Anche all’estero<br />
però ebbe uguale diffusione: due volte a Vienna e a Parigi, addirittura tre<br />
a Dresda (nel triennio 1817-1819), più una puntata a Madrid, due in<br />
Croazia (Fiume e Zara), una in Baviera (a Monaco nel 1820) e perfino<br />
un paio in ‘scomode’ isole mediterranee (Corfù e Palma di Maiorca).<br />
A quale di queste recite – o magari di qualcuna delle riprese di cui<br />
non è rimasta traccia, o non è ancora stata individuata – <strong>Don</strong>izetti ebbe<br />
modo di assistere? È piuttosto difficile stabilirlo: anche incrociando i<br />
(pochi) dati in nostro possesso, non si riesce ad avere certezze in merito.<br />
Si possono però fare alcune supposizioni: la più suggestiva è certamente<br />
quella che lo immagina spettatore nel Teatro Sociale di Bergamo, ancora<br />
fresco di apertura, durante le rappresentazioni di Ser Marcantonio nella<br />
primavera del 1812. A quell’epoca <strong>Don</strong>izetti, appena quindicenne, frequentava<br />
già da sei anni (ossia dalla loro istituzione) le cosiddette Lezioni<br />
caritatevoli, cioè la scuola di musica per alunni indigenti aperta a<br />
Bergamo da Mayr. Non è improbabile che il giovane <strong>Don</strong>izetti presenziasse<br />
alle recite del Sociale, teatro con il quale Mayr aveva rapporti stretti:<br />
non per nulla, nemmeno due anni dopo, nel carnevale del 1814,<br />
<strong>Don</strong>izetti subentrò addirittura come secondo buffo in una delle opere<br />
previste nel cartellone di quel teatro.<br />
Certo è possibile ipotizzare che nel 1842, cioè all’epoca della stesura<br />
di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, l’ascolto di Ser Marcantonio non fosse per lui così<br />
remoto. La più tarda ripresa ottocentesca conosciuta ebbe luogo a Vienna<br />
proprio nel 1842, a fine estate. <strong>Don</strong>izetti partì dalla capitale austriaca<br />
(prima per Napoli, poi proprio per Parigi, dove avrebbe appunto messo<br />
mano a <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>) durante il periodo delle prove. Non è quindi inverosimile<br />
che vi abbia assistito e che ne abbia tratto suggestioni tali da<br />
indurlo a scegliere il medesimo soggetto. Certo è che la sparizione dai<br />
teatri di Ser Marcantonio si dovette prevedibilmente alla comparsa di <strong>Don</strong><br />
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03. Bertieri - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.20 Pagina 33<br />
<strong>Pasquale</strong> (nell’aprile del 2000 Ser Marcantonio è tornato in scena al Teatro<br />
Rossini di Lugo, in un’edizione predisposta sui materiali autografi a cura<br />
della scrivente).<br />
Sul declino della presenza nei teatri dell’opera di Pavesi, <strong>Don</strong>izetti<br />
pareva proprio contare: in almeno due lettere egli infatti si premura di<br />
raccomandare ai destinatari di non far notare a nessuno la coincidenza<br />
dei soggetti («Poscia entro in ripetizione con un’opera nuova buffa [...]<br />
titolo: <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>. È il vecchio Marcantonio (non dirlo questo)» scrive<br />
al cognato Antonio Vasselli nel novembre del 1842; e ancora: «Nella<br />
vegnente settimana entro in prova col Sor D. <strong>Pasquale</strong>. [...] Gli è un soggetto<br />
antico, che tu pure conosci benone... Marcantonio. Ma non dirlo<br />
a persona» gli ripete poco dopo: anche il cognato quindi conosceva bene<br />
quell’opera, ma non è il caso di avventurarsi alla ricerca di quale delle<br />
riprese potesse aver visto).<br />
Quel «soggetto antico» era tale per davvero: il vecchio che vuol<br />
prender moglie in tarda età facendo mostra di appetiti erotici che lo<br />
espongono al ridicolo rimanda a tradizioni buffonesche ben lontane nel<br />
tempo. L’aspetto però che qui ci interessa non è tanto legato ai desideri<br />
amorosi del vecchio quanto agli escamotages utilizzati dalla futura sposina,<br />
Norina nel caso di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, per convincerlo di essere la persona<br />
giusta per lui, cioè servizievole, silenziosa, economa.<br />
Esempi di siffatte operazioni prima del <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> si ritrovano ad<br />
esempio in Mozart: nella sua Finta semplice (1768, ma rappresentata almeno<br />
un anno dopo a Vienna), Rosina è una giovane che con le sue arti di<br />
finta modestia cerca di conquistare il vecchio misogino Cassandro per<br />
convincerlo a permettere le nozze tra la sorella di lui, Giacinta, e il fratello<br />
di Rosina, Fracasso: il libretto è una rielaborazione di Marco<br />
Coltellini su un precedente dal medesimo titolo da sempre attribuito a<br />
Carlo Goldoni. La scena della presentazione tra Rosina e Cassandro (I,<br />
6) ha certo delle assonanze con la medesima scena di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>:<br />
Rosina Chi è qua? Fratello... aiuto. (Ritirandosi spaventata)<br />
Cassandro Cosa avete veduto?<br />
Cioè, di che temete?<br />
Un galantuom son io.<br />
Rosina Un galantuomo?<br />
Norina e le altre<br />
33
03. Bertieri - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.20 Pagina 34<br />
BERTIERI<br />
34<br />
[...]<br />
Cassandro Sediam, qui baronessa,<br />
e discorriamla un poco.<br />
Rosina Sarìa meglio in cucina, appresso il fuoco.<br />
Cassandro (Che stolida!) Volete<br />
che parliamo in francese,<br />
in tedesco, in turchesco o in italiano?<br />
Rosina Come che più vi piace.<br />
[...]<br />
Cassandro Ma dunque che sa lei?<br />
Rosina So che tre e tre fan sei.<br />
Cassandro Poter del mondo! Siete<br />
una gran dottoressa in aritmetica.<br />
E non è già sì poco<br />
nell’età vostra... di quanti anni?<br />
Rosina Gli anni?<br />
Cassandro Sì, signora madama.<br />
Rosina Lasciate che ci pensi.<br />
Cassandro E così?<br />
Rosina Gli anni adesso<br />
son millesettecento<br />
sessantotto in punto.<br />
Cassandro Oh che portento!<br />
Rosina Chi è questo signore?<br />
Cassandro Non sapete che sia il portento, il prodigio<br />
da tutti conosciuto?<br />
Rosina Non ho l’onor d’averlo mai veduto.<br />
Cassandro (Che innocente fanciulla!<br />
Questa non fa paura).<br />
Ma nulla voi sapete?<br />
Rosina Oh, so un poco di tutto.<br />
[...]<br />
Cassandro [...] (M’accosto un poco,<br />
che questa è al caso mio.)<br />
Rosina (Povero allocco!)<br />
Cassandro (Un muso da museo,<br />
una buona pulcella innocentina.<br />
Eh, lascia far a noi.) Ehi... madama.<br />
Rosina Che volete?<br />
Cassandro Accostatevi.<br />
Rosina Così. (S’accosta un poco)
03. Bertieri - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.20 Pagina 35<br />
Cassandro Così in buonora. (La tira vicino affatto)<br />
Rosina Se volete, io vi vengo in braccio ancora.<br />
Cassandro (Senz’altro è innamorata).<br />
[...]<br />
Cassandro (Poter del mondo! Io sfido<br />
tutta la quinta essenza femminesca<br />
ad esser più sincera,<br />
cioè più di costei sciocca e ciarliera.)<br />
Norina e le altre<br />
Rosina vuol far credere di essere davvero una semplicetta, si direbbe<br />
quasi una povera in spirito, fraintendendo continuamente le domande di<br />
Cassandro, per la gioia di quest’ultimo. Come si diceva, la fonte di questo<br />
libretto viene generalmente annoverata tra i drammi di Carlo<br />
Goldoni (La finta semplice messa in musica da Salvatore Perillo e rappresentata<br />
nel 1764): l’attribuzione è stata abbastanza di recente messa efficacemente<br />
in dubbio (da Carlida Steffan, nel programma di sala della<br />
Finta semplice data alla Fenice di Venezia nel 2005, che ipotizza come possibile<br />
autore Gasparo Gozzi, fratello del più noto Carlo). Anche se<br />
Goldoni non ha responsabilità personali in questo libretto, egli però si<br />
era già cimentato in precedenza con un’altra finta ‘modestina’, anch’essa<br />
di nome Rosina, uno dei personaggi della commedia in versi Il ricco<br />
insidiato (1758). In breve, è la storia di un conte che, avendo ricevuto una<br />
grossa eredità, viene circuito da tutte le ragazze del paese, tra le quali<br />
appunto la nostra Rosina. Eccola nella solita ‘scena della presentazione’<br />
(III, 6):<br />
Brigida Questa è la prima volta, che la figliola mia<br />
avrà, dacch’ella è nata, pranzato in compagnia.<br />
Dopo che del mio sposo sono rimasta priva,<br />
in casa mia, vel giuro, non viene anima viva.<br />
Non andiam fuor di casa, mi preme l’onestà:<br />
quest’è la prima volta, e l’ultima sarà.<br />
Certo per esser voi le ho data la licenza. (al Conte)<br />
Via da brava, figliuola, fate una riverenza. (a Rosina)<br />
Rosina Serva. (s’inchina al Conte)<br />
Conte Con tutto il core.<br />
Riccardo Che giovane garbata!<br />
Il merito si vede di lei, che l’ha educata.<br />
35
03. Bertieri - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.20 Pagina 36<br />
BERTIERI<br />
Brigida Certo non ho mancato di far la parte mia,<br />
l’ho sempre custodita con tutta gelosia.<br />
Non sa cosa sia mondo, è savia, e modestina:<br />
guardatela, è innocente come una colombina.<br />
Conte Di buona educazione si riconosce il frutto.<br />
Brigida E poi colle sue mani lavora, e fa di tutto.<br />
Sa cucir, sa filare, sa lavorar calzette,<br />
sa ricamar di bianco, sa far cento cosette.<br />
Ella si fa i golliè, le cuffie, ed i fioretti,<br />
sa lavar, sa stirare, sa inamidar merletti;<br />
sa accomodar vestiti meglio di una sartora,<br />
sa leggere, sa scrivere, che pare una dottora.<br />
Il ruolo che sarà del Dottor Malatesta viene qui svolto dalla madre<br />
Brigida (un po’ sulla falsariga delle madri di oggi, che incitano le loro<br />
figlie a far provini per trovare partito e lavoro): ella infatti preme affinché<br />
la sua bambina si comporti con modestia e semplicità, salvo poi non<br />
averla istruita a dovere, poiché la figliola si tradisce ogni momento (IV,<br />
9, di fronte alla sorella del Conte):<br />
Brigida È innocente, meschina, tale qual com’è nata.<br />
Ma l’altre! Al giorno d’oggi! Povera gioventù!<br />
Livia Quanti anni avrà?<br />
Brigida Quattordici.<br />
Rosina Oh diciassette, e più.<br />
Brigida Taci là, non è vero. Quattordici t’inganni.<br />
[...]<br />
Livia Che dice la fanciulla?<br />
Rosina Dirò, se dir mi lice,<br />
ch’io non son tanto semplice, quanto mia madre dice:<br />
che so la parte mia quanto si può sapere.<br />
Brigida Chetati quand’io parlo.<br />
Rosina Ma se...<br />
Brigida Non vuoi tacere?<br />
Proprio l’aspetto dell’insegnamento della parte, quello che manca nelle<br />
Rosine goldoniane, è invece un elemento fondamentale nella Norina<br />
del <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>: la lezione che viene impartita dal Dottor Malatesta,<br />
motore di tutto l’ordito e fratello per finta, induce a pensare che in realtà<br />
Norina sia una ragazza di buona indole, che solo a fin di bene prove-<br />
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rà a prendersi gioco di un anziano pretendente. La sua diretta antesignana,<br />
la Bettina di Ser Marcantonio, impara altrettanto bene la lezione<br />
impartitale dal fratello (stavolta per davvero) Tobia, ma non si rivelerà<br />
altrettanto clemente. Prima di inoltrarci nel raffronto tra queste due finte<br />
innocentine, è utile un breve riassunto della trama di Ser Marcantonio.<br />
Atto I<br />
Ser Marcantonio convoca servi e familiari per informarli di una sua decisione:<br />
vuol finalmente prender moglie, e cerca una donna «che non rida, non pianga,<br />
| non conversi, non giochi, e non ispenda» (quest’ultima è la dote più gradita).<br />
I suoi due nipoti, Medoro e Dorina, vedono così in pericolo – per mancanza di<br />
dote – la possibilità di accasarsi: rispettivamente con la modista Bettina e il di<br />
lei fratello Tobia.<br />
Saputa la notizia, Tobia mette in atto un piano: sarà lui a trovare la donna giusta<br />
per Ser Marcantonio. È la propria sorella Bettina, che viene opportunamente<br />
istruita su come conquistare la fiducia dello ‘sposino’, apparendo fintamente<br />
ingenua e desiderosa solo di compiacerlo.<br />
L’incontro tra Marcantonio e Bettina funziona a meraviglia: il vecchio, all’istante<br />
innamorato dei modi innocenti della ragazza, è gabbato a dovere e fa subito<br />
chiamare un notaio. L’arrivo di Medoro, che non sa nulla del piano architettato<br />
ai danni di Marcantonio, rischia però di mandare tutto all’aria.<br />
Al giunger del notaio, che altri non è che Tobia travestito, si stende il contratto<br />
di nozze, nel quale Marcantonio si obbliga al pagamento di ottantamila franchi<br />
in caso di mancata fede ai patti sottoscritti. Terminato di apporre la firma, Bettina<br />
si trasforma sotto gli occhi esterrefatti di Marcantonio in una scialacquatrice<br />
accanita che lo comanda a bacchetta.<br />
Atto II<br />
Norina e le altre<br />
Inutili si rivelano i tentativi da parte di Marcantonio di riportare la ragazza a più<br />
miti consigli: non gli resta che tenersi Bettina o sborsare il danaro. Egli medita<br />
però un modo di non far né l’un né l’altro. Un aiuto insperato gli viene dal<br />
servo Pasquino che lo mette al corrente che Bettina ha predisposto un incontro<br />
galante con uno sconosciuto in giardino: è l’occasione giusta per disfarsi<br />
della sposa senza pagare dazio.<br />
Marcantonio si apposta in un boschetto per sorprendere i due amanti. I suoi<br />
nipoti, ormai informati di tutto e ben disposti a dare una mano per condurre lo<br />
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03. Bertieri - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.20 Pagina 38<br />
BERTIERI<br />
zio alla rovina, si infilano in un padiglione del giardino. Pensando che si tratti di<br />
Bettina e del suo amante, Marcantonio chiude a chiave il padiglione e corre a<br />
chiamare un giudice.<br />
Si predispone tutto per un processo per direttissima: Marcantonio accusa la<br />
sposa di tradimento. Grande però è lo stupore quando, aperta la porta del casino,<br />
ne escono Dorina e Medoro. Il giudice, in realtà il servo Pasquino travestito,<br />
accusa Marcantonio di calunnia. Tobia propone una soluzione a quest’imbroglio:<br />
Marcantonio dovrà rinunciare alla moglie, pagare i soldi pattuiti e, in più,<br />
acconsentire alle doppie nozze tra Tobia e Dorina e tra Medoro e Bettina.<br />
L’apparente indugio di Bettina ad accettare le nozze con Medoro sembra riportare<br />
di nuovo tutto in altro mare: ma è solo una feroce mossa per spogliare<br />
Marcantonio di tutti i suoi averi. La morale è presto detta: questo è quello che<br />
succede ad «un vecchio che vuolsi ammogliar».<br />
Ruffini (e <strong>Don</strong>izetti) avevano certo davanti agli occhi questo libretto:<br />
non si trattò infatti di utilizzare semplicemente lo stesso soggetto, ma di<br />
mantenere, pur con i necessari adeguamenti, alcune parti della versificazione,<br />
quelle evidentemente inossidabili al trascorrere del tempo, dai<br />
coautori considerate ancora efficaci nonostante l’età.<br />
Le due più cospicue sono entrambe legate all’aspetto della presunta<br />
modestia della protagonista. La prima è appunto la scena della ‘lezione<br />
di finta innocenza’, in assoluto il punto di maggior contatto tra i due<br />
libretti. Nella tabella sono evidenziati in grassetto i versi o parte di essi<br />
che sono transitati da Anelli a Ruffini:<br />
38<br />
Ser Marcantonio (I, 4) <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> (I, 5)<br />
BETTINA Parlo schietto. Ov’io non manchi<br />
all’amor del caro bene,<br />
farò imbrogli, farò scene:<br />
già tu sai se ne so far.<br />
TOBIA Non temere. Adoro ed amo<br />
ancor io la mia Dorina.<br />
Quest’imbroglio che facciamo,<br />
tende il vecchio a corbellar.<br />
BETTINA Siamo intesi. Prendo impegno.<br />
TOBIA La tua parte or io t’insegno.<br />
BETTINA Mi vuoi fiera?.. Mi vuoi mesta?..<br />
Deggio piangere, o gridar?<br />
TOBIA La tua parte non è questa.<br />
Stammi un poco ad ascoltar.<br />
Hai da far la semplicetta.<br />
BETTINA Posso in questo dar lezione.<br />
TOBIA Collo torto… bocca stretta.<br />
BETTINA Proviam dunque quest’azione.<br />
Ho vergogna… son zitella…<br />
NORINA Pronta son; purch’io non manchi<br />
all’amor del caro bene,<br />
farò imbrogli, farò scene,<br />
mostrerò quel che so far.<br />
DOTTORE Voi sapete se d’Ernesto<br />
sono amico, e ben gli voglio.<br />
Solo tende il nostro imbroglio<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> a corbellar.<br />
NORINA Siamo intesi. Or prendo impegno,<br />
DOTTORE Io la parte ecco v’insegno.<br />
NORINA Mi volete fiera, o mesta?<br />
DOTTORE Ma la parte non è questa.<br />
NORINA Ho da pianger, da gridar?<br />
DOTTORE State un poco ad ascoltar.<br />
Convien far la semplicetta.<br />
NORINA Posso in questo dar lezione.<br />
Contraffacendo. Mi vergogno, son zittella.<br />
Grazie, serva, signor sì.<br />
D Brava, brava, bricconcella!
03. Bertieri - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.20 Pagina 39<br />
B Proviam dunque quest’azione.<br />
Ho vergogna… son zitella…<br />
serva… grazie… signor sì.<br />
TOBIA Brava, brava mia sorella:<br />
va benissimo così.<br />
A DUE Che bel gioco!.. Quel che resta,<br />
presto andiamo a concertar.<br />
A quel vecchio affé la testa<br />
questa volta ha da girar.<br />
Norina e le altre<br />
Grazie, serva, signor sì.<br />
DOTTORE Brava, brava, bricconcella!<br />
Va benissimo così.<br />
NORINA Collo torto.<br />
DOTTORE Bocca stretta.<br />
NORINA Mi vergogno.<br />
DOTTORE Oh benedetta!<br />
Va benissimo così.<br />
A DUE Che bel gioco! Quel che resta<br />
or si vada/or andate a combinar.<br />
A quel vecchio affé la testa<br />
questa volta ha da girar.<br />
Ben evidenti, anche se non altrettanto pedisseque, sono le derivazioni del<br />
secondo caso, che riguarda la scena – di poco successiva – in cui avviene<br />
il primo incontro tra Bettina/Norina e Ser Marcantonio/<strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>: è di nuovo la ‘scena della presentazione’, quella in cui la giovane<br />
sposina mette in pratica ciò che ha imparato, e convince il suo vecchio<br />
pretendente di essere la ‘modestina’ spacciata da Tobia/Malatesta (si<br />
riportano in grassetto le parti comuni e su sfondo grigio i versi simili<br />
che usano però parole diverse):<br />
Ser Marcantonio (I, 7) <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> (II, 3)<br />
MARC. Signorina…<br />
TOB. È ancor confusa.<br />
Ehi Bettina…<br />
MARC. Ancor sta chiusa.<br />
A DUE Zitto: indietro stiam per poco<br />
a veder che cosa fa.<br />
BETT. Serva sua… qui alcun non v’è.<br />
Mio fratel… tapina me.<br />
TOB. Osservate il portamento.<br />
Proprio è quella. Son contento.<br />
A TRE Vesti… gesti… sguardi… tratto…<br />
tutto è in lei semplicità.<br />
(Ei s’accosta: vecchio matto,<br />
or ti servo come va.)<br />
[…]<br />
MARC. Dite: la sera almeno<br />
vorrete in casa un po’ di compagnia?<br />
BETT. Non signor.<br />
MARC. Al teatro<br />
andrete dunque?<br />
BETT. Non signor.<br />
MARC. Ma sola<br />
star sempre in casa?..<br />
BETT. Sì signor. Mi piace<br />
di lavorar.<br />
MARC. Benissimo; e che cosa<br />
con queste vostre mani<br />
sapete far di bello, e di pulito?<br />
BETT. Quello che piace al mio signor marito.<br />
Calze, ricami, rocca…<br />
cucire, pettinar…<br />
TOB. (Che scaltra!)<br />
DOTT. Via da brava.<br />
NOR. Reggo appena...<br />
Tremo tutta...<br />
DOTT. V’inoltrate.<br />
NOR. Ah fratel! Non mi lasciate.<br />
DOTT. Non temete.<br />
NOR. Per pietà!<br />
DOTT. Fresca uscita di convento,<br />
natural è il turbamento,<br />
è per tempra un po’ selvatica,<br />
mansuefarla a voi si sta.<br />
NOR. Ah fratello!<br />
DOTT. Un sol momento.<br />
NOR. Se qualcun venisse a un tratto!<br />
(Sta a vedere, vecchio matto,<br />
ch’or ti servo come va.)<br />
PASQ. Mosse, voce, portamento<br />
tutto è in lei semplicità.<br />
La dichiaro un gran portento<br />
se risponde la beltà!<br />
NOR. Ah fratello!<br />
DOTT. Non temete.<br />
[…]<br />
PASQ. Volea dir ch’alla sera<br />
la signora amerà la compagnia.<br />
NOR. Niente affatto. Al convento<br />
si stava sempre sole.<br />
PASQ. Qualche volta a teatro?<br />
NOR. Non so che cosa sia, né saper bramo.<br />
PASQ. Sentimenti ch’io lodo,<br />
ma il tempo uopo è passarlo in qualche modo.<br />
NOR. Cucire, ricamar, far la calzetta,<br />
badare alla cucina,<br />
il tempo passa presto.<br />
DOTT. (Ah malandrina!)<br />
39
03. Bertieri - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.20 Pagina 40<br />
BERTIERI<br />
Tanta semplicità di modi, così ammirata e richiesta nelle ragazze da<br />
marito, finì per contagiare dal libretto la partitura in modo tanto più efficace<br />
a mano a mano che il tempo passava. Nel 1820 un anonimo recensore<br />
milanese così parlava della rappresentazione datasi in gennaio al<br />
Teatro Re: «Dopo il <strong>Don</strong> Giovanni, adorno di quella musica direi quasi<br />
divina, ma scientifica tanto che da pochi viene bastevolmente bene eseguita,<br />
e da non molti può essere pienamente gustata, certamente il Ser<br />
Marc’Antonio di Pavesi, tutto semplicità e leggerezza, porgeva quella certa<br />
varietà che poteva anche piacevolmente intrattenerci» («Corriere delle<br />
dame», gennaio 1820). E un suo collega fiorentino pochi mesi dopo<br />
ribadiva: «Difatti il suo Ser Marcantonio, sentito e risentito, piace e piacerà<br />
sempre finché vi saranno degli orecchi non storditi dai tempestosi frastuoni<br />
degl’istromenti introdotti di recente nell’orchestra, che oltre a<br />
distruggere totalmente l’indole della nostra musica, rendono inutile l’effetto<br />
della poesia a cui ella viene applicata, sforzano e in breve tempo<br />
rovinano la voce dei cantanti, e convertono in un tartarico caos il più<br />
soave e il più seducente conforto della mente e del cuore» («Corriere<br />
delle dame», maggio 1820). A quell’altezza cronologica il riferimento è<br />
certamente a Rossini, e all’irrobustimento della sua orchestrazione, così<br />
evidente anche nell’ambito comico o semiserio (si pensi ad esempio a<br />
La gazza ladra, a Cenerentola o a Matilde di Shabran).<br />
Di altro sapore (una specie di dichiarazione d’amore per il bel<br />
tempo andato) è invece il riconoscimento che arrivò quasi vent’anni più<br />
tardi da parte di uno dei più illustri librettisti italiani, Felice Romani, che<br />
sulla «Gazzetta piemontese» (giugno 1839) ancora elogiava di Ser<br />
Marcantonio «la schietta melopea», la «naturalezza», le «voci non sopraffatte<br />
dagli stromenti» e appunto il coraggio di «presentarsi in tutta l’antica<br />
sua semplicità». Mancavano solo tre anni all’avvento di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
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FULVIO STEFANO LO PRESTI<br />
Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
Gli anni Quaranta dell’Ottocento, ultimo decennio dell’itinerario artistico<br />
e dell’esistenza di Gaetano <strong>Don</strong>izetti, vedono emergere in fulgida<br />
sequenza nella prima metà i capolavori concepiti per le scene parigine e<br />
viennesi, mentre diventano più sporadiche le creazioni destinate ai teatri<br />
italiani. Se, tuttavia, <strong>Don</strong>izetti non si fosse affrancato pur traumaticamente<br />
dalla ‘sua’ Napoli, difficilmente questa radiosa stagione internazionale<br />
che conclude la sua carriera teatrale avrebbe potuto sorgere<br />
all’orizzonte.<br />
Nell’autunno 1838 <strong>Don</strong>izetti lascia la capitale del Regno delle due<br />
Sicilie in cui era approdato nella primavera 1822, nel momento in cui<br />
Gioachino Rossini preparava già i bagagli per quel viaggio che con vari<br />
giri lo avrebbe condotto a Parigi. In quei sedici anni si concentrava quasi<br />
tutta la carriera, intensa, travagliata, sofferta, sorprendentemente feconda,<br />
del quarantenne Bergamasco. Anche per <strong>Don</strong>izetti, viaggiatore consuetudinario<br />
instancabile dal Settentrione alla Sicilia, era dunque giunta<br />
l’ora di levare le tende senza voltarsi indietro verso l’agognata meta di<br />
Parigi. 1<br />
Ha ormai la quasi certezza, <strong>Don</strong>izetti, che la direzione del Real<br />
Conservatorio di San Pietro a Majella, di cui ha assunto l’interim dopo la<br />
morte di Nicola Zingarelli nel 1837, gli è definitivamente preclusa<br />
nonostante le ripetute facili promesse fattegli. 2 Come se non bastasse gli<br />
è piombato addosso il divieto, emanato da re Ferdinando II in persona,<br />
di far rappresentare Poliuto, composto per il Teatro San Carlo, al cui soggetto<br />
‘sacro’ – trattandosi della vicenda di un martire cristiano – non si<br />
addice, secondo l’intransigente morale borbonica, un ambito ‘profano’<br />
1. Se nelle lettere da Parigi <strong>Don</strong>izetti accenna talvolta a un suo probabile ritorno a Napoli,<br />
non sappiamo quanto ne fosse convinto egli stesso. Può darsi che volesse in questo modo<br />
tranquillizzare gli amici laggiù che curavano i suoi interessi, ed anche il cognato a Roma,<br />
col sottintendere che non aveva l’intenzione di mettere radici a Parigi.<br />
2. Si legga al riguardo la lettera all’amico vercellese, ma veneziano d’adozione, Agostino<br />
Perotti della metà di giugno 1837 («Studi donizettiani», 4, 1988, n. 239a, p. 32).<br />
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04. Lo Presti - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.23 Pagina 44<br />
LO PRESTI<br />
quale la scena di un teatro. Ma la mancata andata in scena dell’opera<br />
espone il compositore al pagamento di una penale al teatro per inadempienza<br />
contrattuale!<br />
Persino la casa di proprietà di via Nardones – il lussuoso appartamento<br />
in cui si è trasferito nel maggio 1837 – lo spinge ora alla partenza.<br />
3 Dopo la morte dell’amata Virginia nell’estate del 1837 gli sembra<br />
così vuota! Ricordi troppo dolorosi lo circondano tra quelle pareti e lo<br />
fanno soffrire, la porta di una certa stanza non trova la forza di aprirla. 4<br />
Malgrado la popolarità di cui gode presso il pubblico napoletano o,<br />
forse, proprio a causa di essa, <strong>Don</strong>izetti non è riuscito a guadagnarsi il<br />
favore di una parte dell’intellighenzia partenopea, né a vincere la melliflua<br />
ostilità dei ‘vedovi’ di Vincenzo Bellini, vale a dire la congrega di<br />
Francesco Florimo – condiscepolo del Catanese nel conservatorio di cui<br />
nel frattempo è diventato archivista e poi sarà bibliotecario – ispiratore<br />
di una ‘fronda’ che trama in maniera subdola contro il foresto e funge da<br />
lobby volta a indurre Ferdinando II a non nominare <strong>Don</strong>izetti direttore<br />
del conservatorio. Il loro candidato, che finirà per averla vinta, è il regnicolo<br />
Saverio Mercadante, anch’egli ex allievo del conservatorio, sul<br />
quale Florimo ha premuto con insistenza affinché presentasse la sua candidatura.<br />
All’inizio Mercadante, installato dal 1833 nella ‘strategica’<br />
Novara con l’incarico di maestro di cappella della cattedrale, non è infatti<br />
troppo lusingato dai vantaggi di trasferirsi a Napoli per occupare un<br />
posto certo di alto prestigio ma a notevole distanza dalle piazze settentrionali<br />
in cui fa rappresentare le sue opere. 5<br />
3. «[...] l’appartamento, che ha acquistato in via Nardones 14, [...] è poco meno che una<br />
residenza principesca: dispone di una vasta galleria per le feste, di saloni, veranda, ampie<br />
camere e servizi igienici di prim’ordine. <strong>Don</strong>izetti vi aggiunge il tocco di una carrozza<br />
per le passeggiate di Virginia e non dimentica di scegliere personalmente la culla per il<br />
bambino prossimo a nascere. Né l’una né l’altra saranno mai utilizzate» (SAMY FAYAD,<br />
Vita di <strong>Don</strong>izetti, Milano, Camunia, 1995, pp. 221-222).<br />
4. In varie lettere scritte al cognato Antonio Vasselli, dopo la morte di Virginia, <strong>Don</strong>izetti<br />
accenna alla porta della stanza di lei che non ha la forza di aprire (cfr. GUIDO ZAVADINI,<br />
<strong>Don</strong>izetti. Vita - Musiche - Epistolario, Bergamo, Istituto italiano d’arti grafiche, 1948, n.<br />
254, 31 agosto 1837, p. 442; n. 263, 21 settembre 1837, p. 449; n. 279, 25 novembre 1837,<br />
p. 461).<br />
5. Delle sedici opere composte da Mercadante tra il 1831, dopo il ritorno dalla Spagna,<br />
e il 1840, soltanto tre ebbero il loro battesimo a Napoli, mentre le altre furono destinate<br />
44
04. Lo Presti - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.23 Pagina 45<br />
Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
Ferdinando II – sul quale non è facile ancora oggi esprimere un giudizio<br />
spassionato – a dispetto di un lato amabile della sua persona e di<br />
tante buone intenzioni, non è che un monarca assoluto illuminato in una<br />
parte più e altrove meno, bigotto nel senso che gli manca una visione<br />
‘laica’ dei suoi compiti di sovrano, animato da un benevolo paternalismo<br />
che fa breccia nel cuore del popolo semplice e bonaccione e dei più<br />
conservatori e tradizionalisti tra i suoi sudditi ma che non gli cattiva<br />
necessariamente la fiducia di tanti intellettuali (tra cui i ‘nefasti’ liberali)<br />
e di chi ha una visione più lungimirante della realtà, e, poiché resterà sul<br />
trono per ventinove anni e mezzo, fino alla vigilia della caduta, repentina<br />
simile a quella di un castello di carte, del vasto Regno delle Due<br />
Sicilie, è arduo compito non imputargli la più grande responsabilità nella<br />
fine ingloriosa di una monarchia che aveva da tempo il proprio avveni-<br />
a Milano, Torino, Venezia, Bergamo e Parigi. Delle undici successive che videro la luce<br />
quando si era già insediato alla direzione del Conservatorio di San Pietro a Majella, nove<br />
vennero composte per i teatri napoletani (cfr. THOMAS G. KAUFMAN, Catalogue of<br />
Mercadante’s Operas. Chronology of Performances with Casts, «Mercadante. Bollettino<br />
dell’Associazione Civica “Saverio Mercadante”», 1, 1996). «Che vi fosse una forte opposizione<br />
alla nomina di <strong>Don</strong>izetti alla carica era noto a molti in città. Nell’ambiente accademico<br />
più tradizionalista, con l’inizio della carriera di Bellini, si era formata una fazione<br />
antidonizettiana capeggiata da Francesco Florimo, la quale, scomparso il vecchio<br />
Zingarelli, esercitava pressione sul ministro Santangelo perché a sostituire il longevo rappresentante<br />
dell’antica opera napoletana venisse chiamato Saverio Mercadante, non tanto<br />
perché ritenuto più meritevole (questo non lo si disse mai esplicitamente), ma in quanto<br />
il maestro pugliese (ecco la scappatoia) possedeva il requisito di essere un “regnicolo”,<br />
al contrario di <strong>Don</strong>izetti, suddito austriaco. [...] però, suddito austriaco <strong>Don</strong>izetti non lo<br />
era più, avendo da sedici anni lasciato la Lombardia; semmai, e a pieno diritto, poteva<br />
considerarsi suddito di Ferdinando II, giacché nella sua qualità di direttore dei Reali<br />
Teatri e di docente al conservatorio svolgeva mansioni statali. Per manifestare la loro<br />
avversione a <strong>Don</strong>izetti, i gentiluomini del conservatorio non avevano dovuto attendere<br />
la morte di Zingarelli; essi la esternavano ricorrendo a piccole meschinità di ogni genere,<br />
quale quella di ritardare [anche di alcuni mesi] il pagamento del suo stipendio» (FAYAD,<br />
Vita di <strong>Don</strong>izetti cit., p. 244). <strong>Don</strong>izetti stesso riferisce di tale ritardo nel versargli lo<br />
stipendio in una lettera dell’estate 1838 al cognato Vasselli (ZAVADINI, <strong>Don</strong>izetti cit., n.<br />
301, p. 479). Per decidere di nominare Mercadante Ferdinando II indugiò fino al 18 giugno<br />
1840, quando <strong>Don</strong>izetti si trovava a Parigi da quasi due anni, ma fino all’ultimo<br />
«Mercadante era quasi contrario a trasferirsi a Napoli, dove non vedeva una convenienza<br />
economica ed artistica» (SANTO PALERMO, Mercadante e <strong>Don</strong>izetti e l’affare del<br />
Conservatorio di Napoli, «The <strong>Don</strong>izetti Society Newsletter», 78, 1999, p. 15).<br />
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LO PRESTI<br />
re alle spalle. 6 Che abbia simpatia e stima per <strong>Don</strong>izetti e che ne apprezzi<br />
la musica, è indubbio. Ma già nel 1834, quando aveva conferito da<br />
poco a <strong>Don</strong>izetti la cattedra di contrappunto e composizione al conservatorio,<br />
era scoppiato lo ‘scandalo’ di Maria Stuarda e Ferdinando si era<br />
dovuto scomodare in prima persona per sbarrare a quell’opera ‘sediziosa’<br />
la strada della scena, visto che i suoi zelanti censori avevano tardato a<br />
emettere un verdetto (o non avevano osato farlo). 7 Adesso, con questo<br />
nuovo ‘guaio’ del Poliuto e i fastidi della nomina del successore di<br />
Zingarelli, chissà che il sovrano non tragga un gran respiro di sollievo<br />
vedendo partire <strong>Don</strong>izetti per Parigi.<br />
Questo secondo viaggio di <strong>Don</strong>izetti in Francia ha avuto una lunga<br />
maturazione, poiché dal rientro a Napoli nella primavera 1835, dopo<br />
6. Nato a Palermo nel 1810, Ferdinando II sale al trono nel 1830 alla morte del padre<br />
Francesco I. Muore a 49 anni nel 1859. Quest’anno è caduto dunque il suo bicentenario,<br />
ma a celebrarlo saranno stati soltanto i filoborbonici napoletani in compagnia di altri<br />
nostalgici delle neiges d’antan. Mi sembra eloquente il sottotitolo del recente, breve profilo<br />
biografico del penultimo re Borbone di ROBERTO MARIA SELVAGGI, tracciato peraltro<br />
con una certa indulgenza partigiana che sfiora l’agiografia: Ferdinando II di Borbone.<br />
Storia di un sovrano napoletano. Trent’anni di regno tra progresso e reazione, Roma, 1996. Oserei<br />
dire che, senza volerlo, il Reale Teatro San Carlo ha in un certo senso ‘festeggiato’ il<br />
bicentenario ferdinandeo. Nel marzo e nell’aprile di quest’anno sono andati rispettivamente<br />
in scena Maria Stuarda di <strong>Don</strong>izetti e il balletto Giselle di Adolphe Adam.<br />
Ferdinando in persona proibì l’opera donizettiana il cui contenuto politico e religioso<br />
gli dispiaceva al massimo. Nella scena della confessione della regina scozzese (che non<br />
può non essere una confessione laica, poiché la Stuarda confessa le sue colpe a Talbot,<br />
cortigiano della regina Elisabetta, che non è un prete e non è neanche cattolico, benché<br />
non rari registi odierni gli affibbino addirittura una lunga tonaca gesuitica) si è visto<br />
benissimo che al termine della confessione Maria riceve da Talbot la comunione. In<br />
materia di balletto dettava legge la pia regina Maria Cristina di Savoia, prima moglie di<br />
Ferdinando e monaca mancata, la quale, nonostante la grande avversione per il teatro (in<br />
cui metteva piede soltanto per accompagnare il consorte), faceva del suo meglio per<br />
‘moralizzarlo’. I ballerini dovevano quindi essere quanto più coperti e assumere pose<br />
quanto più castigate. Ora, l’edizione 2010 di Giselle ha destato scalpore per l’apparizione<br />
in scena del primo ballerino, Roberto Bolle, completamente nudo. Se interessa la mia<br />
modesta opinione, si è trattato di una combinazione di esibizionismo e voyeurismo che<br />
nulla aggiungeva alla valenza artistica dello spettacolo, ma la bacchettona Maria Cristina,<br />
a quasi centottant’anni di distanza dalla sua ‘benefica’ azione moralizzatrice, ha pienamente<br />
meritato questo tardivo schiaffo sulla sua regale guancia.<br />
7. Forse perché la protagonista della Stuarda sarebbe stata Giuseppina Ronzi De Begnis<br />
che, come si mormorava, era l’amante di Ferdinando II?<br />
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Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
aver trascorso a Parigi quasi tre mesi tra gennaio e marzo per mettere in<br />
scena Marino Faliero al Théâtre-Italien, il compositore ha ardentemente<br />
desiderato di ritornare in quella capitale:<br />
Parigi naturalmente attirava <strong>Don</strong>izetti non soltanto perché la censura francese<br />
era più di manica larga. Era il prestigio, che poteva derivargli da un<br />
successo a Parigi, a coronamento della sua carriera di compositore, il principale<br />
richiamo. E, da un punto di vista squisitamente pratico, non disdegnava<br />
la prospettiva, che gli si apriva nella capitale francese, di più pingui<br />
compensi e di più favorevoli rapporti con gli editori. Né perdeva di vista<br />
l’aspetto della più ampia protezione accordata alla proprietà musicale rispetto<br />
all’Italia, dove per più di un decennio aveva dovuto lamentare sia la<br />
perdita di profitti che le manomissioni della sua musica ad opera di editori<br />
pirati. 8<br />
Dal suo ritorno a Parigi, alla fine di ottobre 1838, <strong>Don</strong>izetti non<br />
perde tempo: stabilisce una serie di contatti, si impegna fattivamente in<br />
vari progetti. L’enorme entusiasmo destato in anticipo dalla prima parigina<br />
di Lucia di Lammermoor – data al Théâtre-Italien nel 1837 – gli ha<br />
in un certo senso preparato il terreno. Si occupa, per cominciare, delle<br />
riprese in quello stesso teatro di Roberto Devereux e dell’Elisir d’amore 9 e<br />
parallelamente porta avanti le trattative con l’Académie Royale de<br />
Musique (Opéra) già avviate da Napoli.<br />
Sin da principio <strong>Don</strong>izetti – buon sangue bergamasco non mente –<br />
è stato un lavoratore instancabile, un vero e proprio workaholic 10 e non è<br />
8. WILLIAM ASHBROOK, <strong>Don</strong>izetti. La vita, Torino, EdT, 1986, p. 123.<br />
9. Nello spazio di tre settimane l’esito ottenuto sulla stessa scena da Roberto Devereux (27<br />
dicembre 1838) è diametralmente opposto al successivo Elisir d’amore (17 gennaio 1839).<br />
Lo stesso pubblico, che va in estasi assistendo all’Elisir, ha riservato un’accoglienza piuttosto<br />
fredda al Devereux «in parte perché [...], dopo Lucia di Lammermoor, si aspettava<br />
vocalità pirotecniche dello stesso genere» (ASHBROOK, <strong>Don</strong>izetti cit., p. 128). Fu per l’edizione<br />
parigina del Devereux che <strong>Don</strong>izetti compose l’ouverture con la parafrasi dell’inno<br />
nazionale britannico, «God save the King», auspicando in tal modo di poter traversare la<br />
Manica e dare un’opera a Londra. In tale direzione va probabilmente interpretata la dedica<br />
alla regina Vittoria delle Matinées musicales (1841). L’occasione, presentatasi nell’autunno<br />
1841, sfumò principalmente a causa della mancata collaborazione di Felice<br />
Romani, ma questa è un’altra storia.<br />
10. Maniaco del lavoro.<br />
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LO PRESTI<br />
certo a Parigi che i suoi ritmi di attività sono destinati a rallentare.<br />
Mentre procede alla laboriosa metamorfosi in grand opéra di Poliuto, che<br />
diventerà Les martyrs – prima non facile collaborazione, come non saranno<br />
agevoli le successive, con il celebre librettista Eugène Scribe nonché<br />
primo cimento all’Académie Royale – altri lavori ingombrano il suo<br />
tavolo. Uno di questi è Le duc d’Albe, secondo grand opéra su libretto di<br />
Scribe, concepito anch’esso per l’Académie Royale ma mai completato<br />
(e ciò più per circostanze esterne che per volontà di <strong>Don</strong>izetti). 11<br />
Malgrado <strong>Don</strong>izetti lavori contemporaneamente a diversi telai, il<br />
1839 può sembrare un anno di minore impegno, in cui non dà nessuna<br />
opera nuova. Per trovare un anno altrettanto ‘infruttuoso’ nella carriera<br />
del Bergamasco bisogna risalire all’ormai lontano 1825, l’anno critico<br />
dello sbarco in Sicilia dove lo attendeva la poco esaltante esperienza di<br />
maestro di cappella per una stagione al Teatro Carolino di Palermo. È pur<br />
vero che Les martyrs, già completati a metà maggio, avrebbero potuto<br />
andare in scena nei mesi successivi, anziché attendere la primavera 1840,<br />
senza una serie inenarrabile di lungaggini, ritardi e intoppi, non contando<br />
i tempi e la complessità di preparazione degli spettacoli all’Académie<br />
Royale. Purtuttavia, nell’estate 1839 va in scena una prima donizettiana:<br />
si tratta della versione francese ‘alleggerita’ di Lucia, Lucie de Lammermoor.<br />
Snellire alquanto Lucia e francesizzarla si era reso necessario per adattarla<br />
alle modeste risorse del Théâtre de la Renaissance, un teatro privato<br />
che viveva per così dire alla giornata non potendo contare su sovvenzioni<br />
dello Stato. Lucie segnò uno dei momenti memorabili nell’effimera<br />
esistenza della Renaissance, poiché il successo, ben al di là delle aspettative<br />
più rosee di <strong>Don</strong>izetti, la mantenne in cartellone per vari mesi a<br />
teatro esaurito. 12<br />
11. Rimando chi volesse approfondire l’argomento a quanto ho scritto in Sylvia prima di<br />
Léonor (con interferenze di un duca) e «Mon cher Monsieur Scribe»: una lettera sconosciuta di<br />
Verdi, «The <strong>Don</strong>izetti Society Journal», 7: <strong>Don</strong>izetti and France, a cura di Alexander<br />
Weatherson e Fulvio Stefano Lo Presti, London-Bergamo, <strong>Don</strong>izetti Society -<br />
<strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2002, pp. 144-175 e pp. 423-459.<br />
12. «Nella Lucie [...] lo spartito può sembrare ad una prima lettura superficiale una copia<br />
stanca della Lucia italiana. E invece cambia tutto. Accettando di non tradurre in francese<br />
“Regnava nel silenzio”, <strong>Don</strong>izetti abbandona l’immagine di una protagonista [...] che dal<br />
suo primo apparire dava segni di follia. [...] Nella versione francese <strong>Don</strong>izetti sublima il<br />
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Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
La perentoria affermazione di Lucie alla Renaissance genera un<br />
nuovo contratto con questa. Gli stessi librettisti dell’adattamento francese<br />
di Lucia, Alphonse Royer e Gustave Vaëz, forniscono a <strong>Don</strong>izetti<br />
L’ange de Nisida, che il Bergamasco musica mentre compone La fille du<br />
régiment per l’Opéra-Comique ed è alle prese con l’interminabile preparazione<br />
dei Martyrs. 13<br />
Preceduti in febbraio dalla briosa e esuberante Fille du régiment, sono<br />
finalmente varati in aprile Les martyrs, primo grand opéra donizettiano. La<br />
lunga e fortunata carriera, in particolare in Francia, della Fille si inizia<br />
con un mezzo successo, mentre il felice esordio dei monumentali Martyrs<br />
all’Opéra, se divide i critici (e sono più quelli che fanno pollice verso), 14<br />
sogno romantico e si rivela compositore di una più grande modernità. Il musicologo sarà<br />
anche affascinato dal modo in cui <strong>Don</strong>izetti come già Spontini, Cherubini o Rossini<br />
cerchi di conformarsi al gusto francese. [...] l’introduzione del personaggio di Gilbert<br />
costituisce forse il secondo elemento veramente originale. Gilbert non è decorativo<br />
come lo sono Normanno e Alisa [le cui funzioni riunisce nella sua sola persona], ma si<br />
impone come [...] il ‘vilain’ che tradisce tutti e mente su tutto, personaggio subdolo, perfido<br />
e intrigante, come lo sarà solo Jago in Verdi» (SERGIO SEGALINI, Il rêve romantico di<br />
Lucie, in 23 o Festival della Valle d’Itria. Martina Franca, 25 luglio - 11 agosto 1997, Fasano,<br />
1997, pp. 38-39).<br />
13. Gli amici lontani, pur assiduamente informati dalle sue lettere, temono sempre che<br />
<strong>Don</strong>izetti ‘dissipi’ le sue energie nei loisirs parigini (come se il soggiorno parigino fosse<br />
per lui un equivalente degli ozi di Capua). Una replica un tantino risentita del musicista<br />
la leggiamo nella lettera a Tommaso Persico del 9 ottobre 1839: «Capirai che quando si<br />
ha tanto da fare, non vi è tempo a fare il gallo né con vecchie, né con giovani; tuttavia<br />
mi secco e mi diverto» (ZAVADINI, <strong>Don</strong>izetti cit., n. 328, p. 503). Allo stesso corrispondente<br />
il 6 dicembre 1839 fa notare, riferendosi al soprano Almerinda Granchi (‘candidata’<br />
per qualche tempo al matrimonio col vedovo <strong>Don</strong>izetti, secondo voci smentite dall’interessato):<br />
«La Granchi mi scrisse che qui ho una vecchia, che mi fa regali enormi.<br />
[...] non ho bisogno di alcuno, e non ho una spilla da chicchessia» (ivi, n. 330, p. 505).<br />
14. «Un Credo en quatre actes» [un Credo in quattro atti], il noto parere di Hector<br />
Berlioz nel «Journal des débats» del 12 aprile 1840 si riferisce però al libretto di Scribe<br />
(cfr. Le prime rappresentazioni delle opere di <strong>Don</strong>izetti nella stampa coeva, a cura di Annalisa<br />
Bini e Jeremy Commons, Roma-Milano, Accademia nazionale di Santa Cecilia - Skira,<br />
1997, p. 814). Sempre Berlioz, nella stessa recensione, prima di maltrattare Les martyrs,<br />
irride il rigore dei censori napoletani ai danni di Poliuto, probabilmente ignaro che<br />
Ferdinando II in persona – nipote guarda caso di Luigi Filippo d’Orléans – si era preso<br />
il disturbo di vietarlo: «Il est difficile de deviner ce que ladite censure a pu voir de dangereux<br />
dans ce drame inoffensif» [è difficile indovinare ciò che la censura ha potuto individuare<br />
di pericoloso in questo dramma inoffensivo] (ivi, p. 811). Resta il fatto che la<br />
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LO PRESTI<br />
conquista il pubblico. Ma, a dispetto dei meriti e... degli incassi, Les martyrs<br />
non erano destinati a resistere a lungo sulla scena, anzitutto perché<br />
ne era stata acclamata eroina Julie Dorus-Gras, che aveva un’acerrima<br />
rivale in Rosine Stoltz, amata e amante giovane del nuovo direttore<br />
dell’Opéra, Léon Pillet.<br />
La simultanea presenza su varie scene parigine del prolifico ‘invasore’<br />
oltramontano ha intanto di che alimentare i peggiori, non ingiustificati<br />
timori del ‘protezionista’ Hector Berlioz, che nel «Journal des débats»<br />
lancia un grido di allarme: «Non potremo più parlare dei teatri lirici di<br />
Parigi, ma dei teatri di <strong>Don</strong>izetti». 15<br />
Nel frattempo, travolto dal fallimento, il Théâtre de la Renaissance<br />
aveva definitivamente calato il sipario. Impossibile dare L’ange de Nisida<br />
altrove. Fu, tuttavia, una felix culpa, per prendere in prestito la celebre<br />
frase di Sant’Agostino: senza l’appuntamento mancato dall’Ange con la<br />
scena, non avrebbe visto la luce La favorite.<br />
Nel giugno 1840 <strong>Don</strong>izetti parte per l’Italia, passando per la<br />
Svizzera, dove si trattiene per una vera e propria vacanza più che meritata,<br />
mentre il sospirato soggiorno italiano non è che una parentesi di<br />
poche settimane trascorse tra Milano e Bergamo e tra vari impegni. Un<br />
viaggio a Roma per mettere in scena Adelia è rimandato (e così Adelia),<br />
poiché in agosto lo richiama a Parigi Pillet a cui serve una nuova opera<br />
al più presto, ma non Le duc d’Albe, che, non incontrando il gradimento<br />
di Rosine Stoltz, resterà accantonato (e incompleto).<br />
All’inizio di settembre <strong>Don</strong>izetti fa ritorno a Parigi e si rimbocca<br />
subito le maniche. Se si deve andare in scena in dicembre, non c’è tempo<br />
famiglia reale francese – senza Luigi Filippo che non era melomane – tenne ad assistere<br />
a Les martyrs e la regina Maria Amelia di Borbone, zia per l’appunto del re delle due<br />
Sicilie, ricevette poi a corte <strong>Don</strong>izetti accettandone la dedica dello spartito dell’opera.<br />
Alla regina non dovette dispiacere, se lo lesse, quanto aveva osservato tra l’altro l’anonimo<br />
recensore di «Le corsaire»: «Le caractère général de cette musique est celui auquel<br />
M. <strong>Don</strong>izetti nous a habitués ; de la fraîcheur, de la grâce toujours ; souvent de la force<br />
et de la grandeur. [...] L’ensemble en est profondément original et à la hauteur des plus<br />
grands maîtres» [Il carattere generale di questa musica è quello a cui il Signor <strong>Don</strong>izetti<br />
ci ha abituati: freschezza e grazia sempre, sovente forza e grandezza. [...] L’insieme è profondamente<br />
originale e degno dei più grandi maestri] (ivi, p. 810).<br />
15. Ripreso da ASHBROOK, <strong>Don</strong>izetti cit., p. 133.<br />
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Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
per scrivere un’opera ex novo. La soluzione più conveniente, che riscuote<br />
il favore della Stoltz, è quella di rifondere su un soggetto nuovo, rispondente<br />
alle esigenze dell’Opéra (compreso l’irrinunciabile balletto),<br />
l’ineseguito Ange de Nisida. Ai librettisti dell’Ange, Royer e Vaëz, si affianca<br />
provvidenzialmente Scribe, e dalla ‘crisalide’ di quello spunterà<br />
fuori La favorite. Basta un mese a <strong>Don</strong>izetti per portare a compimento<br />
l’estenuante metamorfosi in grand opéra dell’Ange. Bisogna però rilevare<br />
che L’ange è in notevole misura una sorta di cartone della Favorite, in particolare<br />
il quarto atto di quest’ultima che discende quasi tutto dai lombi<br />
della quarta parte dell’Ange. Intanto <strong>Don</strong>izetti, a cui non basta mai il<br />
carico di lavoro, trova il tempo per occuparsi dell’allestimento di Lucrezia<br />
Borgia al Théâtre-Italien.<br />
L’acqua fredda del battesimo della Favorite, la sera del 2 dicembre<br />
1840, non le sarà di ostacolo a diventare ben presto un valore sicuro del<br />
repertorio francese (non mettendo in conto la popolarità delle successive<br />
versioni italiane più o meno fedeli). La fortuna della Favorite aureolò<br />
meritatamente la sua protagonista, Rosine Stoltz, che predilesse<br />
quest’opera (avendo in seguito l’occasione di cantarla anche in Italia e in<br />
italiano). Ma La favorite è associata a un’altra maîtresse, quella di <strong>Don</strong>izetti:<br />
Madame De Coussy, moglie del suo banchiere. Fu sotto l’ospitale tetto<br />
di Madame, prodiga verso il Maestro di un’affettuosa amicizia, che<br />
<strong>Don</strong>izetti trovò l’ispirazione di alcune tra le pagine più grandi del nuovo<br />
spartito.<br />
Avviata sul suo cammino La favorite, <strong>Don</strong>izetti riparte per l’Italia. A<br />
Roma aspettano la posticipata Adelia, che ha composto parallelamente<br />
alle prove della Favorite. Là <strong>Don</strong>izetti incontra per la prima volta il soprano<br />
Giuseppina Strepponi, scritturata per la stagione e già illustratasi in<br />
parecchi ruoli donizettiani. Taluni si sono dilettati, tra ieri e oggi, a ricamare<br />
su questo incontro tra il Maestro e la futura signora Verdi numero<br />
2, spingendosi incautamente a dare per scontata un’occasionale liaison,<br />
che sembra invece da escludere. 16<br />
16. Anche perché è improbabile che, se la Strepponi non fosse diventata più tardi la seconda<br />
moglie di Verdi, tali ipotesi e ricami avrebbero avuto ragione d’essere.<br />
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LO PRESTI<br />
La prima di Adelia ebbe luogo nel febbraio 1841 tra violenti tumulti,<br />
dentro e fuori del teatro, estranei ai meriti dell’opera. La forte aspettativa<br />
per la nuova opera aveva infatti indotto l’avido impresario del<br />
Teatro Apollo, Vincenzo Iacovacci, a vendere più biglietti dei posti disponibili.<br />
Questo ‘pioniere’ dell’overbooking finì conseguentemente in prigione<br />
benché per una sola notte e le sorti di Adelia si risollevarono con<br />
le rappresentazioni successive.<br />
Tra marzo e la metà di agosto <strong>Don</strong>izetti è di nuovo a Parigi, relativamente<br />
inoperoso. Da un lato conduce trattative per opere destinate a<br />
Milano e Vienna, dall’altro compone un Miserere dedicato a papa<br />
Gregorio XVI e mette la parola fine a un atto unico comico, Rita ou Le<br />
mari battu, che aveva probabilmente cominciato a comporre nel 1839.<br />
Ma alla deliziosa Rita toccherà pazientare fino al 1860 per vedere le luci<br />
della ribalta all’Opéra-Comique.<br />
Dopo un soggiorno in Germania, la fine dell’estate lo vede a<br />
Milano. A Parigi ha iniziato a scrivere il melodramma che inaugurerà la<br />
stagione di carnevale e quaresima 1841-42 del Teatro alla Scala, Maria<br />
Padilla, su libretto del veterano Gaetano Rossi. 17 La Padilla è una sorta di<br />
seguito non premeditato della Favorite dell’anno precedente. 18<br />
Le stagioni liriche del primo Ottocento offrono anzitutto prime<br />
assolute o prime locali, mentre trovano ancora uno spazio limitato le<br />
riprese dal repertorio. Maria Padilla va in scena la sera di Santo Stefano<br />
1841 19 e, in virtù del suadente bel canto romantico di cui è intessuta e<br />
della solida drammaturgia, si impone per 23 rappresentazioni, tante<br />
17. «Benché il testo di Maria Padilla venga comunemente attribuito a Rossi», tiene a precisare<br />
William Ashbrook, «sarebbe più esatto indicare anche il nome di <strong>Don</strong>izetti come<br />
coautore del libretto» (ASHBROOK, <strong>Don</strong>izetti cit., p. 149). Lo dichiara lo stesso <strong>Don</strong>izetti<br />
in una lettera al cognato (ibid.).<br />
18. Maria Padilla fu l’amante di Pedro il Crudele re di Castiglia, il cui padre, Alfonso XI,<br />
il re della Favorite, aveva avuto come amante Leonor de Guzman. Alla morte di Alfonso,<br />
Leonor venne gettata in prigione e morì, a quanto sembra, strangolata dal giovanissimo<br />
re (l’appellativo di crudele peraltro non era affatto usurpato). A meno di vent’anni di distanza,<br />
il figlio di Leonor Enrique de Trastamara detronizzò il fratellastro Pedro e lo fece<br />
uccidere, divenendo re di Castiglia.<br />
19. Il Protomartire del 26 dicembre fungeva allora da ‘protettore’ delle stagioni di<br />
carnevale e quaresima.<br />
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Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
quante ne totalizza con pari se non maggiore successo il secondo titolo,<br />
Saffo di Giovanni Pacini, nuova per Milano. L’ultima novità,<br />
Nabucodonosor, ben presto Nabucco, dell’ancora poco noto Giuseppe<br />
Verdi, poiché chiude la stagione, non ottiene che otto rappresentazioni,<br />
ma il suo impatto sulla scena è paragonabile allo scatenarsi di un ciclone<br />
e fa impallidire i pur cospicui meriti delle opere precedenti. Tant’è<br />
vero che verrà ripreso nella stagione di autunno 1842 totalizzando 57<br />
rappresentazioni. <strong>Don</strong>izetti, che si è trattenuto a Milano per finire la<br />
semiseria Linda di Chamounix attesa a Vienna, ha ascoltato con attenzione<br />
il Nabucodonosor di quel giovane Maestro e non manca di apprezzarne<br />
e gustarne l’impetuoso ardore, ma con maggiore attenzione il giovane<br />
Maestro avrà ascoltato e stimato la Padilla di <strong>Don</strong>izetti. 20<br />
Quando non manca molto alla partenza per Vienna, <strong>Don</strong>izetti riceve<br />
da Bologna un pressante invito a recarvicisi per dirigere la prima italiana<br />
dello Stabat Mater di Rossini. Difficile sottrarsi a una tale richiesta<br />
quando è Rossini in persona a rivolgergliela. 21<br />
A Bologna, dove venticinque anni prima ha concluso la propria formazione<br />
musicale, <strong>Don</strong>izetti dirige di fronte a un pubblico imponente<br />
tre esecuzioni dello Stabat Mater il 18 marzo 1842 e i giorni seguenti. 22<br />
20. Qui, dieci anni prima di Rigoletto, un padre si commuove al pianto della figlia, in un<br />
lungo e movimentato duetto, forse la pagina più alta della Padilla. Chi oserebbe sostenere<br />
che «Ah! Se ti restan lagrime | misera ancor non sei» sia meno ispirato e vibrante di<br />
«Piangi, fanciulla, e scorrere | fa il pianto sul mio cor» di Rigoletto? Il verdiano Charles<br />
Osborne, forte di una vasta conoscenza di <strong>Don</strong>izetti, osserva: «The lengthy father-daughter<br />
duet, “Padre, padre, oh rio dolore”, for Ruiz and Maria is positively Verdian in its<br />
intensity, its affecting pathos, and its freedom of form. [...] This is an opera which<br />
deserves to be heard more often» [L’esteso duetto padre-figlia, «Padre, padre, oh rio<br />
dolore», per Ruiz e Maria è decisamente verdiano quanto a intensità, commovente<br />
drammaticità e libertà formale. [...] Questa è un’opera che merita di essere ascoltata più<br />
frequentemente] (CHARLES OSBORNE, The Bel Canto Operas of Rossini, <strong>Don</strong>izetti, Bellini,<br />
Portland [Oregon], Amadeus Press, 1994, p. 285).<br />
21. «[Rossini] ha puntato i piedi perché a dirigerlo sia <strong>Don</strong>izetti, “l’unico in Italia” dice,<br />
“che possa farlo”[...]. <strong>Don</strong>izetti scrive al cognato: “Tu vedi che a simile invito non si<br />
replica. Non voglio già dirigere, ché tremerei davanti a lui, ma voglio essergli<br />
riconoscente”» (FAYAD, Vita di <strong>Don</strong>izetti cit., p. 301).<br />
22. L’occasione non venne lasciata sfuggire da Verdi, che si recò a Bologna e fu poi<br />
accolto cortesemente da Rossini (cfr. CLAUDIO CASINI, Verdi, Milano, Rusconi, 1994, p.<br />
68).<br />
53
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LO PRESTI<br />
All’ultima assiste Rossini e il trionfo è condiviso dai due maestri, che si<br />
separano abbracciandosi commossi fino alle lacrime. A Vienna <strong>Don</strong>izetti<br />
avrà presto l’occasione di dirigere di nuovo lo Stabat rossiniano.<br />
La capitale dell’impero austriaco riserva un’accoglienza calorosa a<br />
<strong>Don</strong>izetti, il quale non deluderà certo i nuovi ospiti. Linda di Chamounix<br />
va in scena al Kärntnertortheater (Teatro di Porta Carinzia) il 19 maggio<br />
sotto la direzione dell’autore e l’entusiasmo nel teatro affollatissimo<br />
è al colmo. Quale Linda, Eugenia Tadolini dispiega le risorse più cospicue<br />
di cantante e interprete e <strong>Don</strong>izetti è il primo a riconoscerlo. Al<br />
favore del pubblico si unisce quello della famiglia imperiale che assiste<br />
alle rappresentazioni successive. 23 Linda sarà presto applaudita a Parigi,<br />
Londra e in altre città grandi e piccole. <strong>Don</strong>izetti scrive nel frattempo<br />
un’Ave Maria a cinque voci dedicandola all’imperatore Ferdinando I.<br />
Ciò ch’era nell’aria si concretizza senza troppi indugi: alla fine di<br />
giugno a <strong>Don</strong>izetti, «non senza sua lieta sorpresa», 24 è conferita dall’imperatore<br />
la nomina di Maestro di Cappella e di Camera e Compositore<br />
di Corte, ricoperta un tempo da Wolfgang Amadeus Mozart. Al prestigio<br />
dell’incarico si accompagnano i vantaggi di un invidiabile stipendio e di<br />
sei mesi di libertà per continuare a esercitare «il mestiere del povero<br />
scrittore d’opere» 25 (adesso non più povero però). In precedenza<br />
<strong>Don</strong>izetti aveva rifiutato la direzione del Conservatorio di Bologna<br />
offertagli ripetutamente da Rossini.<br />
Da Vienna riparte presto per Milano e ritorna a Bergamo. In agosto<br />
ridiscende alla volta di Napoli, dove al San Carlo Maria Padilla, «benché<br />
massacrata da non riconoscersi dalla censura in modo orrendo», 26<br />
23. Sin dall’elegante ouverture, ricavata dal primo tempo del Quartetto per archi n. 18<br />
(1836), Linda, che in taluni momenti richiama La sonnambula di Bellini e sotto certi<br />
aspetti sembra anticipare Luisa Miller di Verdi, cattiva il pubblico. «Musicalement, on<br />
admire le soin de l’orchestration [...], la fluidité du discours musical [...], une grande<br />
fraîcheur dans l’invention mélodique» [Sul piano musicale si ammira la cura nell’orchestrazione<br />
[...] la fluidità del discorso musicale [...] una grande freschezza nell’invenzione<br />
melodica] (GILLES DEVAN, Gaetano <strong>Don</strong>izetti, Paris, Bleu nuit, 2009, p. 134).<br />
24. ZAVADINI, <strong>Don</strong>izetti cit., p. 105.<br />
25. Lettera a Giovanni Simone Mayr, ivi, n. 25, Palermo, 21 dicembre 1825, p. 244.<br />
26. «Studi donizettiani», 1, 1962, lettera a Giovanni Ricordi, n. 94 (Z 439a), Napoli, 28<br />
agosto 1842, p. 88.<br />
54
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Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
infervora il pubblico e la corte. Gaetano non è uso a pavoneggiarsi – in<br />
verità, per dare lezioni di modestia, potrebbe salire in cattedra – ma che<br />
la sua fresca nomina a Wiener Hofkapellmeister procuri un travaso di bile<br />
ad alquante ‘vecchie’ di San Gennaro non può dispiacergli soverchiamente.<br />
Quelle stesse ‘vecchie’ esulteranno a loro volta, a meno di un<br />
anno e mezzo di distanza, dopo l’insuccesso sancarliano di Caterina<br />
Cornaro in assenza di <strong>Don</strong>izetti rimasto a Vienna.<br />
Poi <strong>Don</strong>izetti lascia Napoli diretto a Parigi e lungo la strada scrive<br />
al fraterno ex condiscepolo bergamasco Antonio Dolci: «Vado a Parigi<br />
per le traduzioni di Padilla e Linda; Dio sa cos’altro ci farò». 27 E invece,<br />
nota William Ashbrook, «avrebbe trovato moltissime altre cose da fare,<br />
iniziando senza saperlo uno dei periodi più intensi ed estenuanti di tutta<br />
la sua prolifica carriera», 28 quell’ultimo capitolo che Robert Steiner-<br />
Isenmann chiama appropriatamente «Krönung eines Lebenswerks»<br />
[coronamento dell’opera di una vita]. 29<br />
A Milano, durante la preparazione della Padilla, ha conosciuto un<br />
giovane librettista siciliano, Giacomo Sacchero, che ha scritto per<br />
Federico Ricci Corrado d’Altamura, accolto con grande favore alla Scala<br />
nel novembre 1841 (e promesso a una bella carriera internazionale). 30<br />
Sacchero gli fornisce nel 1842 il libretto di Caterina Cornaro (liberamente<br />
basata su La reine de Chypre di Jacques Halévy, 1841), che <strong>Don</strong>izetti<br />
compone a Parigi tra la fine del 1842 e la primavera 1843. Inizialmente<br />
prevista per Vienna, Caterina Cornaro verrà dirottata in seguito a<br />
Napoli. 31<br />
Il 18 gennaio 1844 al San Carlo Caterina Cornaro concluderà<br />
nell’amarezza di un fiasco immeritato il catalogo donizettiano. Se<br />
<strong>Don</strong>izetti fosse sceso a Napoli per accompagnare sulla scena la sua creatura,<br />
questa, nonostante le vessazioni dei soliti, immarcescibili censori<br />
27. ZAVADINI, <strong>Don</strong>izetti cit., n. 443, Genova, 15 settembre 1842, p. 628.<br />
28. ASHBROOK, <strong>Don</strong>izetti cit., p. 159.<br />
29. ROBERT STEINER-ISENMANN, Gaetano <strong>Don</strong>izetti. Sein Leben und seine Opern, Bern,<br />
Hallwag, 1982, p. 292.<br />
30. Il catanese Giacomo Sacchero (1813-1875) era, guarda caso, prozio della nonna<br />
materna dell’autore di questo scritto.<br />
31. Dirottamento resosi necessario dopo che <strong>Don</strong>izetti apprese, fortemente contrariato,<br />
che un’altra Cornaro, quella di Franz Lachner, era in procinto di essere ripresa a Vienna.<br />
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LO PRESTI<br />
borbonici, avrebbe probabilmente incontrato una sorte migliore. 32<br />
Risollevatasi momentaneamente a Parma nel 1845, la Cornaro finirà<br />
dimenticata fino al tardivo riconoscimento del XX secolo. Ma ritorniamo<br />
all’autunno 1842.<br />
A Vienna destina invece, rinfrescando un ‘vecchio’ progetto, Maria di<br />
Rohan, fosca tragedia di cappa e spada, amore violento e morte, all’epoca<br />
di Luigi XIII e Richelieu, anticipatrice alla guisa di <strong>Don</strong>izetti del Ballo<br />
in maschera verdiano. 33 Ma prima della Rohan (cominciata in abbozzo alla<br />
fine di novembre e terminata al principio di febbraio 1843) ha un<br />
impegno più incombente da onorare: un’opera comica per il Théâtre-<br />
Italien.<br />
<strong>Don</strong>izetti ha scelto senza troppi indugi di rispolverare il soggetto di<br />
un cavallo di battaglia prerossiniano, Ser Marcantonio di Stefano Pavesi su<br />
libretto di Angelo Anelli (1810), tra l’altro ancora in repertorio. Tant’è<br />
vero che – casuale coincidenza – è stato ripreso a Vienna in agosto quando<br />
<strong>Don</strong>izetti era già andato via.<br />
Appropriarsi di un soggetto altrui non desta scalpore a quest’epoca<br />
(e non soltanto nella pittura), per non dire che è quasi una consuetudine.<br />
Il Marcantonio di Pavesi ha peraltro un precedente nella farsa Diritto e<br />
rovescio di Francesco Gardi (1801). Lo schema dell’intreccio è arcisfrut-<br />
32. Oserei dire, benché non occorra alcuna audacia per sostenerlo, che, ancora fino a<br />
Puccini, era importantissima, per non dire indispensabile, la presenza attiva del compositore<br />
durante le prove e alla prima di una nuova opera.<br />
33. La guisa ma anche la Guisa di <strong>Don</strong>izetti. Nell’autunno 1837 si accingeva a comporre,<br />
per darlo alla Fenice di Venezia nel carnevale 1837-38, «Un duello sotto Richelieu, una<br />
specie di Caterina di Guisa [di Carlo Coccia (1833)]» (ZAVADINI, <strong>Don</strong>izetti cit., lettera ad<br />
Antonio Vasselli, n. 264, Napoli, 23 settembre 1837, p. 450). Quel progetto tuttavia venne<br />
poco dopo abbandonato e <strong>Don</strong>izetti e Cammarano ripiegarono su Maria de Rudenz<br />
poiché il poeta aveva incontrato difficoltà nella stesura del libretto. Difficoltà nondimeno<br />
superate nel 1839 quandò Cammarano lo fornì, intitolandolo Il conte di Chalais, a<br />
Giuseppe Lillo, che con questo melodramma riscosse un franco successo al San Carlo<br />
nell’autunno di quell’anno (Il conte di Chalais totalizzò infatti 16 rappresentazioni e fu tra<br />
le opere più eseguite della stagione 1839-40). <strong>Don</strong>izetti era dunque male informato sull’esito<br />
del Conte di Chalais («che Lillo vestì di musica senza successo», lettera ad Antonio<br />
Vasselli, ivi, n. 456, Parigi, 28 novembre 1842, p. 640). Lo stesso libretto di Cammarano,<br />
previa una serie di modifiche apportate a Parigi quasi certamente da Giovanni Ruffini,<br />
divenne la Maria di Rohan di <strong>Don</strong>izetti, che da Vienna avrebbe spiccato il volo per molte<br />
altre scene.<br />
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Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
tato e affonda le radici nella commedia dell’arte e più indietro ancora nel<br />
tempo e consiste nelle progettate nozze da parte di un anziano scapolo,<br />
che si illude di raggiungere la felicità con una sposa giovane, le cui aspirazioni<br />
– è comprensibile – sono diametralmente opposte. 34<br />
Il suo agente parigino nonché factotum Michele Accursi gli ha procurato<br />
un librettista ‘debuttante’ nella persona dell’esule mazziniano<br />
genovese Giovanni Ruffini, il cui fratello più giovane Agostino aveva<br />
collaborato con <strong>Don</strong>izetti nel 1835 per modificare il libretto di Marino<br />
Faliero di Giovanni Emanuele Bidera. Sulla collaborazione tra il poeta<br />
alle prime armi tiranneggiato e il Maestro bergamasco che respira la polvere<br />
del palcoscenico (Verdi più tardi non sarà meno tirannico con<br />
Francesco Maria Piave) notizie di prima mano si possono leggere nella<br />
corrispondenza tra Giovanni Ruffini e la madre in Italia. 35 A forza di riscrivere,<br />
tagliare, allungare, modificare, il docile Ruffini non si ritrova<br />
autore della stesura finale (quando è quasi al termine dell’impresa, riferisce<br />
alla madre: «sempre brodo lungo»; e gli ultimi versi lo fanno «sudare<br />
sangue e acqua») 36 e, pur accettando il compenso che gli spetta (di cui<br />
ha un vitale bisogno), non se la sente di firmare il libretto di <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>. Ruffini tuttavia non abbandonerà subito il ‘tirannico’ Maestro<br />
e gli scriverà ancora la versione ritmica italiana del libretto di Dom<br />
Sébastien di Scribe. 37<br />
«E invece in quell’apparente massacro del testo poetico dobbiamo<br />
riconoscere un <strong>Don</strong>izetti autenticamente drammaturgo, che ha piena<br />
coscienza delle regole del teatro per musica e soprattutto sa adeguare le<br />
34. Ser Marcantonio diventa <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> nell’opera donizettiana, che viene ambientata<br />
– e non è un’ambientazione di comodo – nella Roma ottocentesca. <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è<br />
infatti un personaggio romano della commedia dell’arte con un profilo abbastanza simile<br />
a quello disegnato da <strong>Don</strong>izetti e Ruffini (ringrazio vivamente l’amico Francesco<br />
Cento di Genova, il cui Dizionario donizettiano, ancora inedito, è per me fonte inesauribile<br />
a cui attingere).<br />
35. Cfr. ALFONSO LAZZARI, Giovanni Ruffini, Gaetano <strong>Don</strong>izetti e il <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> (da<br />
documenti inediti), «Rassegna nazionale», CCV/36, 1 e 16 ottobre 1915.<br />
36. Le prime rappresentazioni cit., pp. 1087-1088.<br />
37. Ruffini abbandonerà presto la librettistica e si trasferirà in Gran Bretagna dove si<br />
dedicherà alla narrativa in lingua inglese.<br />
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LO PRESTI<br />
convenzioni poetico-drammatiche alle proprie attitudini compositive».<br />
38<br />
<strong>Don</strong>izetti concepisce <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> per il formidabile quartetto di<br />
interpreti a disposizione formato dal soprano Giulia Grisi, dal tenore<br />
Mario (che con la bella Giulia forma un tandem inseparabile nella finzione<br />
come nella realtà), dal baritono Antonio Tamburini e dal basso<br />
Luigi Lablache, quegli stessi, meno Mario e con Giovanni Battista<br />
Rubini (di cui Mario ha preso nel frattempo il posto), che nel 1835, sulla<br />
stessa scena del Théâtre-Italien, hanno incarnato i personaggi della tenzone<br />
a distanza tra Bellini e <strong>Don</strong>izetti, tra I puritani e Marino Faliero.<br />
Indulgendo alle volte in un’amabile civetteria, <strong>Don</strong>izetti si vantava<br />
con gli intimi di aver musicato in poco tempo taluni suoi spartiti. Che<br />
in undici giorni abbia composto <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è però vero solo in parte,<br />
se si tiene conto che ci lavorava ancora mentre si svolgevano le prove (ma<br />
fino a Verdi ciò era pressoché consuetudine). In ogni caso prima della<br />
metà di novembre la partitura è per così dire completata e alla fine del<br />
mese cominciano le prove. Prove che, interrotte o ritardate da malattie a<br />
turno dei cantanti, procedono in un clima di glaciale se non ostile indifferenza<br />
da parte dell’orchestra del Théâtre-Italien. Con l’eccezione di<br />
<strong>Don</strong>izetti e Ruffini, pochi si aspettano che l’opera incontri successo. Ma<br />
scettici e malevoli verranno smentiti con il clamore del trionfo decretato<br />
dagli spettatori della prima. Bisogna credere al «Journal des débats» del<br />
6 gennaio 1843 quando esordisce con l’ammissione: «De tous les opéras<br />
écrits exprès pour le théâtre de Paris, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, est, après celui des<br />
Puritains, l’ouvrage qui a obtenu le plus de faveur du public pour lequel<br />
38. La citazione così prosegue: «Perché di fronte ad una vicenda che aveva tutti i caratteri<br />
della serialità non c’era proprio bisogno di ‘logica’ drammatica, come sembrava pretendere<br />
invece il librettista, non era necessario esplicitare tutti i nessi scenico-teatrali, non<br />
ci si doveva dilungare in belle esposizioni liriche o intrighi comici paradossali. Era inutile<br />
insomma cercare l’originalità in una topica beffa teatrale, a quattro personaggi, il cui esito<br />
è scontato e predisposto fin dal primo atto: lì tutto è riconoscibile; per chi ha consuetudine<br />
con l’opera buffa anche settecentesca e con la librettistica comica a cavallo dei due<br />
secoli il libretto sembra un concentrato di luoghi comuni; ma se l’effetto è quello di<br />
un’originale Stilmischung [stile composito], se i personaggi hanno tratti ‘moderni’ il merito<br />
è indubbiamente della musica donizettiana» (DANIELA GOLDIN FOLENA, Interni<br />
borghesi, «Classic Voice Opera», 15, ottobre-novembre 2003, pp. 6-7).<br />
58
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Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
il a été composé. <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, fait pour être chanté par Mme Grisi,<br />
Mario, Tamburini e Lablache, a obtenu un plein succès le mardi 3 de ce<br />
mois. Plusieurs morceaux ont été redemandés» 39 [Tra tutte le opere italiane<br />
scritte appositamente per il teatro di Parigi, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è, dopo I<br />
puritani, l’opera che ha riscosso il maggior favore da parte del pubblico a<br />
cui era destinata. <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, composto per essere cantato da Madame<br />
Grisi, da Mario, Tamburini e Lablache, ha ottenuto un successo totale il<br />
martedì 3 di questo mese. Vari pezzi sono stati bissati]. Ma i critici parigini<br />
sono in prevalenza animali a sangue freddo e i più resistono come<br />
possono all’entusiasmo del pubblico.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è «l’opera comica più celebre del Maestro, un capolavoro<br />
che se da un lato risponde a stilemi e a un formulario risalente al<br />
secolo precedente, per altri versi è opera moderna, molto diversa dalle<br />
altre. [...] è il risultato di un’enorme padronanza dei mezzi drammaturgico-musicali<br />
raggiunti dal <strong>Don</strong>izetti maturo e, benché scaturito come<br />
di getto dalla penna del compositore, è frutto, in realtà, di un travaglio<br />
creativo teso alla ricerca di un equilibrio perfetto fra testo e musica». 40<br />
Il merito del successo spetta anche ai quattro superlativi interpreti,<br />
anzitutto a Lablache, protagonista a pieno titolo, che presta una voce con<br />
pochi confronti, una profonda intelligenza musicale e una padronanza<br />
scenica irresistibile al vecchio scapolo donizettiano, eroe romantico suo<br />
malgrado, poiché, pur diversamente dal radioso Elisir d’amore che lo precede<br />
di undici anni, anche <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è un’opera buffa romantica. 41<br />
E Lablache si mantenne fedele a questo ruolo fino al congedo dalla<br />
scena avvenuto nel 1857. A loro volta la Grisi, Mario e Tamburini rimasero<br />
a lungo attaccati ai loro personaggi rispettivi.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è appena varato che già <strong>Don</strong>izetti si prepara a ripartire:<br />
lo richiamano a Vienna le nuove funzioni alla corte imperiale. Ma<br />
39. Le prime rappresentazioni cit., p. 1106.<br />
40. FRANCESCO ATTARDI ANSELMO, Dal Ser Marcantonio al <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, «The<br />
<strong>Don</strong>izetti Society Journal», 7 cit., pp. 339-341.<br />
41. Il quarantacinquenne <strong>Don</strong>izetti non è l’irriverente ventiquattrenne Rossini, che bastona<br />
allegramente <strong>Don</strong> Bartolo nel Barbiere di Siviglia (1816). Gaetano prova affetto e<br />
nel suo intimo almeno in parte solidarizza con il settantenne celibatario, vittima di un<br />
inganno necessario, ancor più che con gli altri suoi personaggi. Eroe romantico <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>, è anzi ‘tragico’, anticipando così il distante John Falstaff verdiano.<br />
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LO PRESTI<br />
prima di lasciare Parigi viene chiamato a far parte dell’Académie<br />
Française in qualità di membro corrispondente.<br />
Dopo un viaggio estenuante, ritrova Vienna nella morsa di un inverno<br />
glaciale. Colpito da febbre, è costretto a mettersi a letto, ma dopo tre<br />
giorni è di nuovo in piedi e ha ripreso il lavoro. Deve tra l’altro ultimare<br />
Maria di Rohan per la stagione italiana del Kärntnertortheater e a metà<br />
febbraio è cosa fatta. Così può cominciare a dedicarsi al monumentale<br />
grand opéra Dom Sébastien roi de Portugal, che in autunno aspettano a<br />
Parigi, e intanto licenzia Caterina Cornaro destinata a Napoli. Se Verdi,<br />
non senza una certa dose di vittimismo, chiamò anni di galera il decennio<br />
da Nabucco a Rigoletto, <strong>Don</strong>izetti dal canto suo avrebbe potuto con<br />
maggior ragione considerare anni di galera l’intera sua carriera teatrale.<br />
Maria di Rohan offre ad Eugenia Tadolini un nuovo ruolo con cui<br />
cimentarsi alla grande, per tacere del tenore Carlo Guasco e del baritono<br />
Giorgio Ronconi, destinato quest’ultimo a diventare un memorabile<br />
Chevreuse in innumerevoli Rohan date un po’ ovunque. Il 5 giugno<br />
1843 la Rohan va in scena «sotto la direzione dell’autore e alla presenza<br />
della corte e della famiglia imperiale, accorsa al completo dalla villeggiatura<br />
per assistere alla novità tanto attesa [...] il secondo trionfo di<br />
<strong>Don</strong>izetti nella capitale asburgica». 42 L’accoglienza da parte del pubblico<br />
e dei critici viennesi è infatti unanimemente favorevole. La ‘violenza’<br />
dell’amore, ineluttabilmente associato alla morte, raggiunge un’apoteosi<br />
tragica nella Rohan, che sospinge il melodramma romantico verso regioni<br />
inesplorate e suona come un annuncio del dopo <strong>Don</strong>izetti. 43<br />
Un progetto lasciato a mezzo è l’enigmatico «soggetto fiammingo» 44<br />
Ne m’oubliez pas, su libretto di Vernoy de Saint-Georges (che in collaborazione<br />
con Bayard aveva scritto quello della Fille du régiment), destinato<br />
all’Opéra-Comique. Il libretto non è stato ritrovato e della musica, composta<br />
da <strong>Don</strong>izetti probabilmente nell’estate 1843, sono rimasti sette<br />
‘numeri’ completi di orchestrazione.<br />
42. Le prime rappresentazioni cit., p. 1150.<br />
43. «Si tratta di un tipico melodramma romantico, genere [...] del quale Maria di Rohan<br />
costituisce l’ultimo e più compito esempio in tutta la [...] produzione [donizettiana]»<br />
(ivi, p. 1149).<br />
44. Lettera ad Antonio Vasselli, ZAVADINI, <strong>Don</strong>izetti cit., n. 470, Vienna, 30 gennaio 1843,<br />
p. 652.<br />
60
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Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
Dal suo ritorno a Parigi a metà luglio, comincia per <strong>Don</strong>izetti la<br />
lunga via crucis della preparazione di Dom Sébastien all’Opéra. Il libretto<br />
dell’impervio Scribe mescola con innegabile talento inventivo storia e<br />
finzione, trasformando il giovane re portoghese, caduto in Africa nel<br />
1578 vittima della propria crociata fanatica contro il Marocco, in un<br />
semilibertario per quanto disilluso eroe romantico. In un improbabile<br />
ma suggestivo sodalizio con il poeta-soldato Camoëns e Zayda, nobile<br />
musulmana che egli stesso ha sottratto al rogo, <strong>Don</strong> Sebastiano finisce<br />
stritolato negli ingranaggi dell’Inquisizione venduta al di lui cugino<br />
spagnolo Filippo II. Un tale ‘pasticcio’ storico dimostra in ogni caso che<br />
l’abile librettista conosceva a sufficienza l’aggrovigliato periodo della storia<br />
del Portogallo tra la fine del regno di <strong>Don</strong> Sebastiano e l’ascesa al<br />
trono portoghese dell’unico erede legittimo rimasto: Filippo II di Spagna.<br />
Manco a farlo apposta, la grande macchina dell’Académie Royale<br />
che ‘macina’ lentamente – ma uno spettacolo va curato in ogni aspetto<br />
nei minimi dettagli – non risparmia al Maestro complicazioni, contrattempi,<br />
contrarietà e ostacoli vari, senza mettere nel conto i capricci e le<br />
ubbie di Madame Stoltz. <strong>Don</strong>izetti, a cui è toccato per l’«immensa opera<br />
in 5 atti» – vera e propria fatica d’Ercole – scrivere «sacchi di musica per<br />
canto e ballo», 45 è letteralmente estenuato e il clima quotidiano in cui si<br />
trova a dover lavorare non gli è particolarmente propizio. Il male in<br />
agguato comincia forse a dare le prime subdole avvisaglie. Se, come ha<br />
riferito il biografo Edoardo Clemente Verzino, <strong>Don</strong>izetti si è realmente<br />
lasciato sfuggire le parole «<strong>Don</strong> Sebastiano mi uccide», 46 non lo avrà fatto<br />
per atteggiarsi a vittima.<br />
Dom Sébastien va finalmente in scena il 13 novembre 1843<br />
all’Opéra. L’indomani il Théâtre-Italien accoglie la prima locale di Maria<br />
di Rohan, rimaneggiata per l’occasione. Due giorni dopo <strong>Don</strong>izetti riferisce<br />
a Dolci: «Dirti quale dei due abbia meglio piaciuto non saprei, ma<br />
se gli applausi, se i bis provano un successo ebbi tutto questo». 47<br />
45. Lettera a Teodoro Ghezzi, ivi, n. 507, Parigi, 5 ottobre 1843, p. 690.<br />
46. EDOARDO CLEMENTEVERZINO, Contributo ad una biografia di Gaetano <strong>Don</strong>izetti con lettere<br />
e documenti inediti, Bergamo, I. Carnazzi, 1896, p. 125.<br />
47. Lettera ad Antonio Dolci, ZAVADINI, <strong>Don</strong>izetti cit., n. 521, Parigi, 16 novembre 1843,<br />
p. 704.<br />
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LO PRESTI<br />
Anche misurato col metro della grandiosità degli spettacoli<br />
dell’Académie Royale, Dom Sébastien si impone in magnificenza e<br />
impressiona. Il pubblico accorso è entusiasta. Quanto alla critica, in parte<br />
è anch’essa impressionata e favorevole, in parte fa del proprio meglio per<br />
intiepidire gli ardori altrui. Ma anche l’ostile Berlioz sul «Journal des<br />
débats» deve riconoscere, con una certa dose di fair play, taluni meriti del<br />
grand opéra donizettiano, elogiando tra gli altri brani la marcia funebre del<br />
terzo atto (in seguito sfruttata sia da Liszt che da Mahler), e non manca<br />
di far notare che il superbo Adagio del grande concertato del quarto atto<br />
ha dovuto essere bissato. 48<br />
<strong>Don</strong>izetti non abbandonerà Dom Sébastien, che dedicherà alla regina<br />
del Portogallo, e lo sottoporrà a rifacimenti e cambiamenti, tant’è<br />
vero che ne sono rimaste varie versioni. Una di queste è quella cosiddetta<br />
viennese in italiano, priva del lungo balletto, che <strong>Don</strong>izetti stesso<br />
diresse ma in tedesco nella capitale austriaca nel 1845.<br />
Con 25 anni di mestiere alle spalle, il «gran Maestro» (così lo chiamerà<br />
Verdi) 49 detta in questo ‘testamento’ drammaturgico una lezione<br />
per i compositori coevi e a venire. Dominando con padronanza il grand<br />
opéra (con cui sin dal 1835 ha ambito di misurarsi), ne imbriglia la magniloquenza<br />
congenita e si districa elegantemente e con inesauribile<br />
vena tra la diversità di situazioni, toni e atmosfere che la vicenda di volta<br />
in volta gli presenta. L’invenzione rifulge nella varietà dei pezzi solistici<br />
e degli insiemi, con una strumentazione costantemente raffinata ed<br />
espressiva, consegnandoci momenti tra i più alti della sua arte. Dom<br />
Sébastien non deve temere il confronto con due imponenti esempi del<br />
genere che lo precedono, La juive di Halévy (1835) e Les huguenots di<br />
Meyerbeer (1836), in compagnia dei quali non gli tocca sicuramente la<br />
parte del parente povero. 50<br />
48. Cfr. Le prime rappresentazioni cit., pp. 1233-1235.<br />
49. ZAVADINI, <strong>Don</strong>izetti cit., Appendice B, lettera di Giuseppe Verdi al Marchese<br />
Caracciolo S. Teodoro, n. 40, p. 953.<br />
50. «Seppur diseguale, l’ultima fatica del compositore rimane uno dei vertici della sua<br />
arte: ricco di innovazioni teatrali e musicali, calato nella differente drammaturgia del<br />
teatro lirico francese, esso troverà degna continuazione nel <strong>Don</strong> Carlos» (FABRIZIO DORSI<br />
- GIUSEPPE RAUSA, Storia dell’opera italiana, Milano, Bruno Mondadori, 2000, p. 397).<br />
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04. Lo Presti - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.23 Pagina 63<br />
Da Napoli a Parigi e Vienna<br />
I suoi giorni di gloria erano contati: l’incessante travaglio di più di<br />
un quarto di secolo, l’errare zingaresco di città in città e la spola tra<br />
Parigi e Vienna degli ultimi anni, sono presto interrotti da un male inesorabile<br />
che ha il sopravvento, la paralisi nervosa, la demenza, il buio di<br />
una mente che tanto generosamente ha creato. Finisce internato in una<br />
clinica psichiatrica nei dintorni di Parigi. Dopo mesi di crudeli sofferenze,<br />
lo riportano, ormai inerte residuo di umanità, nella sua Bergamo<br />
natale e qui, appena cinquantenne, troverà la sua tomba nella fatidica primavera<br />
del 1848.<br />
Le sue opere continueranno a essere eseguite fin negli angoli più<br />
remoti del pianeta. Verdi, divenuto nel frattempo solo e pressoché incontrastato<br />
dominatore dell’opera italiana, l’avrà spesso davanti fino al termine<br />
della sua lunga esistenza quell’ombra di <strong>Don</strong>izetti, quasi come la<br />
statua del Commendatore...<br />
Statua di Gaetano <strong>Don</strong>izetti, posta nell’atrio del Teatro alla Scala. Opera dello scultore<br />
milanese Giovanni Strazza, venne inaugurata il 10 marzo 1874. L’aveva commissionata<br />
l’editore di musica Francesco Lucca, che la donò al Municipio della città per collocarla<br />
nell’atrio del teatro.<br />
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04. Lo Presti - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.23 Pagina 64<br />
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05. Ravasio - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.28 Pagina 65<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> nei teatri di Bergamo:<br />
«certo quel briccone di Maestro sapeva quel che faceva!»<br />
a cura di PIERA RAVASIO<br />
Dopo solo un anno e 20 giorni dalla prima rappresentazione al Théâtre<br />
des Italiens, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> venne allestito a Bergamo, nel Teatro della<br />
Società, dove, come a Parigi, riscosse grande successo. Anzi, sarebbe più<br />
opportuno parlare di uno straordinario successo tanto da sorprendere il<br />
giornalista che, sulle pagine del «Giornale della Provincia di Bergamo»<br />
di martedì 23 gennaio 1844, redasse la cronaca della serata:<br />
«Al tutto ai nostri giorni, comunque ne mormorino altro certi accigliati<br />
antiquari, son parole d’ordine progresso e maraviglie. Noi credevamo<br />
d’aver nel Bravo 1 dopo il brillante soccorso portatovi dal valentissimo<br />
sig. Biacchi 2 uno spettacolo, di che non si potesse aspettar meglio pel<br />
nostro teatro del carnevale, ed ecco che il <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> del Maestro Cav.<br />
<strong>Don</strong>izetti posto in scena la sera del 17 corr. riporta sovr’esso uno splendidissimo<br />
trionfo, che confonde ogni nostra previsione, e ciò che è più<br />
anco le sentenze che alcuni profondi scienziati di musica con misteriosa<br />
gravità ne andavano buccinando. Quel trionfo parve anche a noi sì<br />
smisurato, che credemmo di indugiare alcun po’ innanzi proclamarlo.<br />
Forse c’era bisogno d’un po’ più di allegria, io andava dicendo tra me,<br />
d’un po’ d’opera buffa; forse coteste opere sono più all’unisono col teatro,<br />
col carnovale, e colla più comune inclinazione degli uomini che non<br />
le catastrofi tragiche e le strida disperate o moribonde di che troppo<br />
sovente in oggi i nostri teatri fremono; fors’anche le severe bellezze del<br />
poema musicale del Mercadante non son fatte per tutte le orecchie e<br />
tutte le fantasie, onde alcuni spettatori cominciavano a noiarsene, e il<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> abbattutosi a tutte queste favorevoli disposizioni, come<br />
favilla che trovi temperatura e materia acconcia a fiamma, ha destato la<br />
1. Il bravo di Mercadante, prima opera della stagione di carnevale. Seguivano <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong><br />
e Nabucodonosor di Giuseppe Verdi.<br />
2. Lorenzo Biacchi sostituì, a partire dalla seconda recita, il tenore Giuseppe Bonfigli che<br />
si era ammalato.<br />
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05. Ravasio - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.28 Pagina 66<br />
RAVASIO<br />
prima sera un prodigioso entusiasmo, che le sere seguenti si ridurrà a più<br />
modesta misura. Ma il nostro calcolo è ancora andato in fallo. Perocché<br />
quell’entusiasmo primo del pubblico sembra che anzi vada crescendo.<br />
Ogni sera si applaude romorosamente a ogni picciol tratto dell’opera;<br />
ogni sera si richiamano a gara i principali attori sulla scena a ricevervi le<br />
onorevoli dimostrazioni del generale aggradimento. La signora<br />
Gambardella 3 è sempre salutata, secondo che ne avevamo presagito,<br />
come il fior più leggiadro del nostro teatro, come fiore di tutta gentilezza<br />
e fragranza, e oltre alla simpatica soavità della sua voce, e alla seducente<br />
disinvoltura con che disimpegna la briosa sua parte di Norina, si<br />
ammira pure l’agilità del suo canto, su di che per lo innanzi qualche<br />
severo aristarco arrischiava de’ dubbi. Il sig. Maspes (Malatesta) del quale<br />
avevamo annunciato, che nel rimettersi d’una piccola indisposizione<br />
entrava ogni dì più in favore appo il pubblico, ora cantando la sua parte<br />
al tutto qual fu scritta a Parigi pel celebratissimo Tamburini ottiene ogni<br />
sera numerosi applausi, e chiamate sulla scena. Del sig. Rossi (<strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>) poi non si può altro dirne se non che pareggia la bella fama<br />
con che è venuto tra noi e per cui era desiderato sulle scene, e che però<br />
gli applausi continui, ond’è accompagnato il suo canto, e la piacevolissima<br />
arte comica, ch’ei dispiega senza mai venir meno a dignità, son premio<br />
dovuto al vero suo merito. Resta dunque di conchiudere esortando<br />
a concorrere al nostro teatro chi vuol godere di due dolcissime cose,<br />
d’una musica spiritosa, e piacevolissima, e d’una udienza tutta lieta, che<br />
applaude continuamente e soprattutto con furore da baccante a un duetto<br />
graziosissimo in fine del primo atto, a un quartetto di singolar artificio<br />
musicale, che chiude l’atto secondo, e a un allegrissimo rondò, a che<br />
termina lo spettacolo».<br />
Nonostante il gradimento dimostrato dal pubblico, il titolo non<br />
ricomparve nei cartelloni dei teatri cittadini che dopo diversi anni. Lo si<br />
ritrova nel 1867, ancora al Teatro della Società, ma questa volta l’accoglienza<br />
fu decisamente fredda, come si legge nella «Gazzetta di Bergamo»<br />
di sabato 9 febbraio 1867:<br />
3. Il cast era composto da Annetta Gambardella (Norina), Gaetano Maspes (Malatesta),<br />
Napoleone Rossi (<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>), Ernesto Cossetti (Ernesto) e Antonio Viola (Notaio).<br />
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05. Ravasio - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.28 Pagina 67<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> nei teatri di Bergamo<br />
«Se alcuno ci interrogasse intorno alla prima recita del <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>,<br />
avvenuta mercoledì scorso, saremmo costretti a rispondere che il successo<br />
non fu certo dei più clamorosi. E ciò avvenne per due ragioni principali;<br />
la prima perché il teatro poco affollato generava una naturale freddezza<br />
in quelli che assistevano; la seconda poi perché lo spettacolo non<br />
era né capito, né preparato a sufficienza. Il <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è una musica<br />
scritta sopra un libretto che è ragionevole, e potrebbe anco per alcuni<br />
riguardi dirsi bonino. Ma l’azione è quieta; è del carattere delle commedie<br />
così dette da tavolino, ove il frizzo ed il ridicolo non si manifestano<br />
per arditi contrasti e per situazioni di effetto strepitoso. Per tre atti abbastanza<br />
lunghi non appaiono in scena, che i quattro personaggi intorno ai<br />
quali s’aggira la favola; cioè il vecchio <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, cui viene il ticchio<br />
di prender moglie, il nipote Ernesto, che è innamorato di Norina, quella<br />
che lo zio vorrebbe impalmare, Norina stessa, ed il di lei fratello il Dr.<br />
Malatesta. Non vi son Cori che all’ultimo atto, ed anche questi brevissimi:<br />
e quindi non finali di gran rumore, non distacchi e varietà maggiori<br />
di quelle che possono offrire i duetti, i terzetti, i quartetti, che si succedono<br />
e si avvicendano nello sviluppo della comica azione. <strong>Don</strong>izetti<br />
con tal natura di libro dovette far sforzo per riempire il vuoto e creare<br />
una musica che fosse, per così dire, anch’essa da tavolo e casalinga, come<br />
la commedia; schivando la monotonia col brio e colle festività delle<br />
combinazioni delle voci e dell’orchestra, colla vivacità delle frasi e col<br />
lavoro di istrumentazione, che simulasse e tenesse luogo delle masse<br />
corali, e solleticasse pure variamente e piacevolmente l’orecchio. E a ciò<br />
<strong>Don</strong>izetti è riuscito da quel maestro che era; e con sì pochi mezzi ha<br />
tutto, o moltissimo ottenuto. Ma non bisogna considerare l’effetto del<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> dalla recita di mercoledì, che parve una prova generale con<br />
fondate speranze di miglioramento pel seguito. Con questa musica bisogna<br />
cantare, e cantare per bene. Però la egregia artista signora Giannetti 4<br />
fu sempre una assai gentile Norina; in alcuni punti fu applaudita, e nel<br />
complesso apparve disinvolta e finita e simpatica nella non facile sua<br />
parte. Nella scena dell’atto 1 o ove col fratello concerta certi stratagem-<br />
4. Adele Giannetti faceva parte della compagnia di canto insieme ad Alessandro Torelli<br />
(Malatesta), Aristide Fiorini (<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>) e Onorato Colomasi (Ernesto).<br />
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05. Ravasio - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.28 Pagina 68<br />
RAVASIO<br />
mi, per ingannare <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> piacque assai, bene assecondata dal baritono<br />
sig. Torelli né piacque meno, ove si incontra la prima volta col presunto<br />
sposo <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, ove ci fece udire note ed accenti veramente<br />
deliziosi. Il Torelli poi ci sembrò in questo spartito assai migliore che<br />
negli altri due della stagione. 5 Cito ad esempio il duetto al secondo atto<br />
con <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, ove l’allegro motivo che lo chiude, ripetuto dal Dr.<br />
Malatesta, ebbe assai più colorito ed accento di quello che gli seppe dare<br />
lo stesso Fiorini. Il tenore Colomasi poi si sforzò a far bene, ma sia colpa<br />
della parte, sia d’indisposizione, trovò la prima sera assai minori applausi,<br />
che nella Sonnambula, e li troverà, ne dubitiamo, anche in seguito.<br />
Toccando poi del Fiorini, ha esso dato al carattere del <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> il<br />
vero e completo rilievo che nell’opera tiene come protagonista?<br />
Trattandosi d’un artista giovine e che ha mezzi quali il sig. Fiorini credo<br />
sia debito dirgli la verità tutta intera per quanto possa valere la nostra<br />
parola ed i nostri suggerimenti. Un cantante buffo non ha solo il canto<br />
da esaurire. Questo anzi il più delle volte è il meno. Vi è il modo d’acconciarsi,<br />
vi è l’azione, che deve essere comica perfetta, studiata con lunghe<br />
osservazioni e fatiche sulla natura, e suggerita da quella intuizione,<br />
che costituisce e corona l’artista. [...] Tutta la sua cura la ci pare posta nel<br />
far sentire la bella voce che possiede. Ma il cantante buffo deve più parlare<br />
quasi che cantare, deve vocalizzare in guisa da lasciar capire tutto<br />
quel che dice, altrimenti l’effetto è perduto, ed il pubblico né si diverte,<br />
né ride. Il sig. Fiorini invece mangia spesso parole e note, o le smozzica<br />
e confonde: e sempre per smania di cantare. [...] La parte del buffo è assai<br />
più difficile di quella del cantante serio, cui una buona voce può supplire<br />
a grandi cose; ed il carattere di un personaggio d’opera scherzosa non<br />
si studia al cembalo colla musica in mano, né s’improvvisa sul palcoscenico.<br />
[...] I Cori, i Cori poi riuscirono perfettamente nel 1 o e nel 2 o atto!<br />
Non facciam quistioni coll’Impresa sulla messa in iscena. Essa ha in quest’anno<br />
assai più degnamente esauriti i propri impegni degli anni scorsi,<br />
ed il pubblico ne è soddisfatto. Quindi noi non vogliamo essere indiscreti<br />
nelle pretese riguardo ai vestiti ed ai scenari, fatto calcolo che il teatro<br />
5. La stagione di carnevale si aprì quell’anno con Il menestrello di Saverio Amedeo De<br />
Ferrari. Per secondo titolo si ebbe La sonnambula di Bellini, quindi <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> e si concluse<br />
con Il campanello, in occasione della beneficiata di Aristide Fiorini.<br />
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05. Ravasio - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.28 Pagina 69<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> nei teatri di Bergamo<br />
non ha dote, ne è sussidiato da vistosi incassi. Alla seconda recita di giovedì,<br />
il <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> ebbe un esito più sicuro e di miglior effetto».<br />
Domenica 16 aprile 1876, si aprì in città bassa un nuovo teatrino<br />
sito all’interno della trattoria albergo dell’Elefante, in via Torquato Tasso<br />
39 (dove sorgeva l’Albergo Commercio), «chiamato pomposamente<br />
Nuovo Teatro <strong>Don</strong>izetti di Bergamo». 6 Il nuovo luogo di spettacolo<br />
venne inaugurato con un <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> che, ad un certo punto, migrò al<br />
Riccardi (unico titolo della stagione di primavera) subendo qualche piccola,<br />
buffa disavventura. Due sono le cronache pubblicate dalla «Gazzetta<br />
di Bergamo»: la prima, di lunedì 17 aprile 1876, riferisce dell’esecuzione<br />
nel nuovo teatro, che doveva essere di dimensioni assai ridotte, la<br />
seconda, comparsa il successivo lunedì 24 aprile, riguarda la recita al<br />
Teatro Riccardi.<br />
«Per chi lo avesse dimenticato, l’opera del <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> fu scritta in<br />
nove giorni! C’è da far disperare tutti i maestri de’ nostri giorni, i quali,<br />
come le montagne d’Esopo, hanno gestazioni lunghe e rumorose, e poi<br />
finiscono solitamente a partorire de’ sorci, con false apparenze di mastodonti.<br />
Nove giorni per scrivere un capolavoro da cima a fondo! E un<br />
capolavoro che non ha bisogno di salse per essere gustato; non ha bisogno<br />
di grandi masse, di meccanismi grandiosi, di scene sfarzose, di abiti<br />
splendenti, né di duecentomila lire; quattro gatti, dico per dire, bastano<br />
perché si esegua in tutta la sua bellezza. E non è un lavoro solo possibile<br />
nei teatri di primo ordine e con soli artisti di cartello, come si usa scrivere<br />
al giorno d’oggi; tutt’altro; esso fu rappresentato al Teatro Italiano di<br />
Parigi (1843) colla Grisi, Lablache, Tamburini e Mario 7 (scusate se è<br />
poco), e fu rappresentato ieri sera al <strong>Don</strong>izetti dalla signora Ricci, da<br />
Mattioli, da Belardi, da Lendinara. 8 A Parigi, lo crederete, ebbe un esito<br />
clamoroso (senza le chiamate chilometriche, invenzione brevettata<br />
posteriore) e ieri sera la musica piacque egualmente. Questa musica ha<br />
6. ERMANNO COMUZIO, Il Teatro <strong>Don</strong>izetti, I: Due secoli di storia, Bergamo, Lucchetti,<br />
1990, p. 195.<br />
7. Gli interpreti della prima rappresentazione dell’opera, il 3 gennaio 1843, furono Giulia<br />
Grisi (Norina), Luigi Lablache (<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>), Antonio Tamburini (Malatesta), Mario de<br />
Candia (Ernesto).<br />
8. Matilde Ricci interprete di Norina, Pietro Mattioli nel ruolo del titolo, Lendinara nei<br />
panni di Ernesto, e Domenico Belardi nel personaggio di Malatesta.<br />
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05. Ravasio - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.28 Pagina 70<br />
RAVASIO<br />
trentatré anni, signori, ed è ancora lì fresca, vispa, viva, da far invidia (e<br />
quanta!) alle musiche nate ieri, e, pur troppo, già vecchie! S’è cercata<br />
tanto e forse si cerca ancora la produzione spontanea! Nel <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong><br />
abbiamo, direi, il punto culminante della spontaneità, della fluidità della<br />
musica donizettiana; e con tutto questo nulla di trascurato, di trasandato,<br />
come pure troviamo in altri lavori del nostro Maestro. Vi abbonda il brio,<br />
la giocondità, la soavità delle melodie, come l’eleganza della strumentazione.<br />
Il duetto finale del primo atto, il quartetto nel secondo, il duetto<br />
fra baritono e basso nel terzo, la romanza del tenore, e il duetto fra<br />
Ernesto e Norina sul finire dell’opera sono pezzi di meravigliosa bellezza,<br />
che basterebbero da sé soli a dare il nome di gran maestro a chi oggi<br />
li sapesse scrivere, qualora non fossero già scritti. E poi... ma è tempo di<br />
dire una parola della esecuzione. Una musica così perfetta non dovrebbe<br />
essere eseguita che dalle Grisi, dai Lablache, dai Mario, dai Tamburini<br />
[...]. Se in teoria possiamo lamentarci, scendendo al caso pratico, non<br />
saremmo seri se avessimo delle pretese. In un piccolo teatro, com’è quello<br />
di via Torquato Tasso, bisogna in complesso dichiararsi contenti di<br />
quello che c’è. [...] La signora Matilde Ricci, simpatica quanto mai, s’è<br />
fatta applaudire all’aria di sortita, poi al duetto col baritono, ed ebbe con<br />
questo una chiamata al proscenio dopo il primo atto. La sua voce estesa<br />
ed espansiva ha bisogno di un teatro più vasto; ecco tutto. In tutta l’opera<br />
venne particolarmente approvata, ed ella deve dichiararsi contenta,<br />
come il pubblico è contento di lei. Benissimo poi, e senza alcuna eccezione,<br />
il baritono sig. Belardi, che ha bellissima voce, sempre intonata e<br />
sicura, e canta bene e con arte. Egli pure ebbe non pochi applausi. Il<br />
Mattioli è vecchio artista; e come tale sa trovar sempre il momento di<br />
farsi riconoscere. Con questi tre artisti tutto andrebbe bene. La parte del<br />
tenore è difficilissima; il suo effetto è tutto poggiato sul canto; un fil di<br />
voce potrebbe bastare, ma quel filo dovrebbe appartenere a un artista coi<br />
fiocchi. Ci rincresce dirlo, ma il Lendinara i fiocchi non li ha. E in questo<br />
punto lo spettacoletto è difettoso assai. Il finale dell’opera va a rotoli,<br />
e dovrebbe essere invece un incanto. L’orchestra per quanto poco<br />
numerosa, lo sembra ancora troppo, poiché in quel piccolo spazio risuona<br />
tanto da coprire spesso la voce dei cantanti. Del resto l’orchestra<br />
suonò con cura e bene; in complesso dunque si può spendere il franchetto<br />
col cuor leggero».<br />
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05. Ravasio - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.28 Pagina 71<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> nei teatri di Bergamo<br />
La settimana dopo, al Riccardi:<br />
«La musica del <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, trasportata dal Teatro di via Torquato<br />
Tasso al Riccardi, vi ha guadagnato non poco; in questo ambiente più<br />
adatto e armonico si poterono rilevar meglio tutte le bellezze di quest’opera,<br />
che nel suo genere si può dire la più completa e perfetta del<br />
nostro <strong>Don</strong>izetti; e anche vi han guadagnato gli artisti, e specialmente la<br />
bella e simpatica voce del baritono Belardi, e gli squillanti acuti della<br />
signora Ricci. Il signor Mattioli ha potuto colorire di più il carattere di<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> e piacque infatti più dell’altre sere. Il tenore, 9 grazie ad<br />
alcune belle note, e a una certa sicurezza è stato applaudito sabato e<br />
anche ieri sera al primo duetto con <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> e alla bellissima<br />
romanza del 2 o atto. I maggiori applausi toccarono ieri sera come sempre<br />
alla signora Ricci e al signor Belardi, che al primo duetto finale del<br />
primo atto furono chiamati al proscenio e richiesti bis insistentemente;<br />
ciò che eseguirono. Il sig. Mattioli cantò l’annunciata cavatina buffa di<br />
<strong>Don</strong>izetti: “Viva il Matrimonio” 10 che eseguì assai bene e venne molto<br />
applaudito. Benissimo l’orchestra, che, pochina com’è, fa veramente<br />
miracoli, e sa dare il vero carattere a questa musica tutta brio e vivacità.<br />
Gli abbonati ogni sera più si appassionano e si innamorano di questa<br />
musica, poiché più la si sente e più vi si scoprono nuove bellezze, privilegio<br />
delle cose proprio belle. A dir brillante, vivace, briosa, fresca a questa<br />
musica, è dir poco o nulla; tutta la parte del tenore è di una delicatezza<br />
impareggiabile, e tutta la parte d’orchestra è una musica di perle e<br />
di gioielli. Di tanto in tanto sembra che l’orchestra dia la baia al povero<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>; la musica vi si fa railleuse; infatti quando <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> sta<br />
per combinare il matrimonio con Norina coll’intervento del Dottor<br />
Malatesta, i corni si fanno sentire nell’orchestra e certo quel briccone di<br />
Maestro sapeva quel che faceva!<br />
Alcune piccole disgrazie o miserie ci fecero dubitare ieri sera della<br />
serietà dello spettacolo. Da prima si alzò il sipario a mezza sinfonia, sic-<br />
9. Giuseppe Masato sostituì il Lendinara che si era dichiarato indisposto.<br />
10. Nel numero della «Gazzetta di Bergamo» di sabato 22 aprile 1876, in coda alle informazioni<br />
riguardanti la recita della domenica sera, si legge: «Il signor Mattioli domani sera<br />
dopo il primo atto dell’opera canterà la cavatina buffa di <strong>Don</strong>izetti “Viva il Matrimonio”<br />
che andrà a genio certamente a tutte le ragazze di marito ed alle loro mammine».<br />
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RAVASIO<br />
ché la scena stette vuota per un bel pezzo; poi il tenore alla sua entrata<br />
intoppa nel traverso della porta e fu miracolo se stette in piedi; poi la<br />
signora Ricci esce col vestito tutto bagnato; poi nel cambiamento d’una<br />
scena cade e si straccia un pezzo di scenario, e nella confusione si dimenticano<br />
tavoli e sedie: tutto ciò si potrebbe schivare con un po’ d’attenzione<br />
e di preparazione. Son cose da nulla, ma è meglio che non avvengano».<br />
Altre sei riprese dell’opera si succedettero tra la città alta e la città<br />
bassa con esiti più o meno felici, fino all’edizione memorabile del 1933,<br />
dove <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> chiudeva la stagione di fiera del Riccardi, dopo La<br />
walchiria di Wagner e La forza del destino di Verdi:<br />
«Dopo tante edizioni del <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> di <strong>Don</strong>izetti, talune delle<br />
quali lanciate al pubblico con poco rispetto del maestro concittadino,<br />
pareva azzardoso che il vecchio capolavoro potesse ancora esercitare un<br />
forte richiamo, una nuova ed intensa attrattiva. Gli è che il <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong><br />
ha una sua vitalità miracolosa che bene lo regge in gambe, malgrado gli<br />
urti che spesso gli vengono dal malgarbo degli esecutori. Aggiungasi che<br />
per l’attuale riproduzione era stata invitata al nostro Massimo una schiera<br />
di cantanti scelti, preceduti da indiscutibile rinomanza quale potevano<br />
avere Mercedes Capsir, Tito Schipa, Mariano Stabile e Salvatore<br />
Baccaloni [...] così il <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> ha riportato ieri sera al <strong>Don</strong>izetti il<br />
più vivo dei successi, dovuto alla splendida esecuzione non solo, ma alla<br />
genialità intrinseca della musica. Quest’opera trae la linfa salutare che la<br />
conserva giovane in vita dalla vivacità e dal brio della sua azione, dalla<br />
verità dei suoi caratteri scenici e, come abbiamo detto, dalla genialità<br />
della musica che riscalda l’azione e la illumina in modo confacente alla<br />
natura del melodramma buffo; senza cadere in eccessi e barocchismi<br />
antipatici. Da questi eccessi è stata immune anche l’esecuzione, curata<br />
con zelo di musicista in modo da epurare lo spartito da certe interpretazioni<br />
introdotte con la faciloneria propria di molti direttori, poco scrupolosi<br />
della verità artistica. Il maestro Del Campo è riuscito a far tabula<br />
rasa di quello spirito volgare che stuzzica la risata ed a portare sul palcoscenico<br />
la partitura nella sua originalità, già per se stessa efficacemente<br />
comica ed espressiva. Vigilando il maestro sulle sorti dell’intero spettacolo,<br />
si è accaparrato l’anima del pubblico, con l’augurio e la speranza<br />
prima, con la soddisfazione e le acclamazioni dopo. Il divo Schipa ebbe<br />
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05. Ravasio - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.28 Pagina 73<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> nei teatri di Bergamo<br />
accoglienze trionfali espresse in modo insolito da forti battimani dai<br />
numerosi frequentatori dei palchi e della platea. Dall’Olimpo, come vien<br />
chiamato in gergo teatrale il loggione, vennero a lui dimostrazioni speciali,<br />
quasi coercitive per la ripetizione di tutto lo spettacolo. L’arte di<br />
Schipa è di quella specie che viene al mondo se non a lunghi intervalli,<br />
isolata. [...] Egli non specula sul malsano desiderio del pubblico, che<br />
attende chi sa quali sforzi e quale potenza di voce per la affermazione di<br />
un cantante. Schipa è il tenore della eleganza, della grazia, del fraseggio<br />
miniato, del melodizzare signorile; cantante di una serenità sorprendente,<br />
artista eccezionale che ha una dizione bellissima, una intensità espressiva<br />
che ottiene grandi risultati anche su coloro che sono meno disposti<br />
ad un facile e benevolo giudizio. Perciò la sua affermazione si è delineata<br />
subito avvincente, radiosa. Bastò che aprisse bocca alla prima romanza<br />
“sogno soave e casto”, perché si profilasse a suo favore un trionfo che<br />
non ha eguali. Egli ha conquistato tutti. Fu coperto di ovazioni mentre<br />
nel teatro si è diffusa la gioia ed il compiacimento che un grande tenore<br />
stava sulla scena e che il pubblico aveva davanti a sé tutta un’opera per<br />
goderlo, per applaudirlo...<br />
Mercedes Capsir non era nuova alle nostre scene. [...] Quanta<br />
purezza e quanta dolcezza nella sua voce! E quanto ella è precisa, stilizzatrice<br />
di ogni dettaglio, suscitatrice d’entusiasmo sentito e profondo!<br />
Gaia, ingenua, irrequieta, stizzosa anche, ha cantato con civetteria e grazia,<br />
effondendo il suo canto con arte genialissima. Credo che non si possa<br />
plasmare una Norina migliore. Quando poi concerta con Mariano<br />
Stabile, l’incanto è completo. Stabile è sempre quell’artista aristocratico<br />
che tutti conosciamo. Il suo portamento, la sua modellatura gli conferiscono<br />
qualche cosa di nobile e di comico insieme da sembrare l’interprete<br />
ideale del Dottor Malatesta, manipolatore astuto di matrimoni a<br />
danno del povero <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, che Salvatore Baccaloni disegna con<br />
perizia somma e con originalità personale. E questa volta in lui abbonda<br />
anche la voce; cosa abbastanza rara ne’ suoi colleghi di palcoscenico.<br />
Il suo protagonista grottesco, clamoroso, pomposo ci fa ridere di cuore,<br />
ma la nostra risata è spontanea perché deriva da lievi impalpabili finezze<br />
che la musica esprime ed il cantante sottolinea. [...] Ammiratissimi i<br />
coretti dei servitori al terzo atto. [...] Gli scenari ben disegnati ed i costumi<br />
sgargianti ed appropriati hanno formato uno sfondo ambientale pit-<br />
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05. Ravasio - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.28 Pagina 74<br />
RAVASIO<br />
toresco, una cornice appropriata all’azione. Perciò la cronaca della serata<br />
è lietissima, la più lieta di quelle che si sono avute finora. [...] Non ci fu<br />
un minuto di noia e nemmeno d’indifferenza. Marcello Ballini». 11<br />
La memoria di quella rappresentazione rimase così vivida da sovrastare<br />
ogni ricordo delle successive riprese dell’opera, e, ancora nel 1964,<br />
veniva rammentata in apertura della cronaca che illustrava ai lettori<br />
un’altra esecuzione degna di nota:<br />
«[...] quell’indimenticabile <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> diretto da Giuseppe del<br />
Campo [...] suggestivo ricordo di un’esecuzione, che ci assorbimmo<br />
tutta, battuta per battuta, nota per nota, riscoprendo per conto nostro un<br />
<strong>Don</strong>izetti non mai scoperto, godendo fin da allora per accostamenti ed<br />
anticipazioni, ai quali pur non sapevamo dare un giudizio in parole, ma<br />
che sentivamo dentro di noi, in totale, gaudiosa compiutezza di dati e di<br />
assimilazioni [...]. Per l’esecuzione dell’edizione, offertane ieri al<br />
<strong>Don</strong>izetti in questa stagione per il rinnovato Teatro, 12 sotto la direzione<br />
del maestro Oliviero De Fabritiis, giova affermare subito che scegliere<br />
un <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> per consentire a due specialisti del genere drammatico<br />
di esordire in quello buffo, è stato un imperdonabile errore. Eccellenti<br />
voci come quelle di Paolo Washington e Giulio Fioravanti sono apparse<br />
pressoché totalmente fuori posto nei ruoli assegnati. E ben poco ha<br />
potuto fare e fatto il maestro Oliviero De Fabritiis per ridare all’esecuzione<br />
quell’humor e quella fierezza gentile, che ne dovrebbe essere<br />
appannaggio dalla prima all’ultima battuta. La signora Renata Scotto è<br />
stata, come prevedibile, superiore ad ogni elogio; la sua voce è quella che<br />
conosciamo; ma diremmo che essa stessa si sia trovata a minor agio, nel<br />
complesso interpretativo, forse per quell’errore cui si è accennato dianzi.<br />
Corretto Ernesto il tenore Renzo Casellato, e spassoso Notaio il<br />
nostro basso Emilio Salvoldi. Ottimo il Coretto, diretto da Giulio<br />
Bertola che è stato meritatamente bissato; decorosa la regia di Sandro<br />
Bolchi. Un’ammirazione quasi sconfinata, invece, per la scenografia, assolutamente<br />
deliziosa. Leggiamo che si tratta di scene e costumi del Teatro<br />
Massimo di Palermo, su bozzetti di Bice Brichetto. Ebbene, sarebbero<br />
11. «L’eco di Bergamo», giovedì 12 ottobre 1933.<br />
12. La stagione autunnale si era aperta con Lucia di Lammermoor, alla quale seguirono due<br />
spettacoli di balletti. <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> era il titolo di chiusura.<br />
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05. Ravasio - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.28 Pagina 75<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> nei teatri di Bergamo<br />
bastati loro, per rendere piacevole l’ascolto dell’opera e la sua presentazione.<br />
[...] Molto favorevoli le accoglienze. Un pubblico che ha raggiunto<br />
l’esaurito ha tributato al maestro De Fabritiis, ai suoi collaboratori, e<br />
soprattutto a Renata Scotto una schietta dimostrazione di entusiasmo,<br />
che è garanzia per il rinnovo del successo nelle due rappresentazioni che<br />
seguiranno secondo il calendario prefissato in teatro, fatta segno a cordiale<br />
omaggio, la figlia di Arturo Toscanini, contessa Wally Castelbarco,<br />
che in precedenza era stata ricevuta nella residenza municipale dal<br />
Sindaco. Marcello Ballini». 13<br />
Curiosissimo, sempre a proposito di quest’ultima citata edizione,<br />
l’articolo di costume apparso sul «Giornale di Bergamo» di domenica 25<br />
ottobre 1964: «Anche la seconda opera in programma della stagione lirica<br />
ha richiamato, alla sua prima rappresentazione, il tout Bergamo. Il teatro<br />
era affollatissimo in ogni ordine di posti. Le signore, elegantissime,<br />
sfoggiavano ammirate toilettes.<br />
In sala e nei palchi abbiamo notato il sen. Pezzini, il questore, l’intendente<br />
di finanza, il comandante del gruppo dei carabinieri, il sindaco<br />
avv. Simoncini e signora, il dr. Enzo Zambetti, Wally Toscanini (ospite<br />
d’onore), il cav. del lav. Carlo Pesenti, la signora Cappellini, moglie del<br />
prefetto, il comm. Agostino Eschini e signora, l’ing. Carlo Andrea Coltri,<br />
il comm. Busti, il comm. Ciocca e sorella, la contessa Roncalli e la figlia<br />
Laura, la baronessa Scotti, la contessa Zanchi [...]», e così via per un totale<br />
di due colonne.<br />
13. «L’eco di Bergamo», domenica 25 ottobre 1964.<br />
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05. Ravasio - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.28 Pagina 76<br />
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FRANCESCO BELLOTTO<br />
Un dissidio fra opera ‘all’antica’<br />
e opera ‘alla moderna’<br />
Il 3 gennaio 1843 al Théâtre-Italien di Parigi si mette in scena per la<br />
prima volta un «dramma buffo» in tre atti di Gaetano <strong>Don</strong>izetti. Da oltre<br />
dieci anni (L’elisir d’amore, 1832) il compositore aveva abbandonato le<br />
opere giocose italiane di ampie dimensioni: nel frattempo aveva comunque<br />
continuato a coltivare il genere comico attraverso fulminanti atti<br />
unici di soggetto francese, arrivando a sperimentare l’opéra comique con<br />
Fille du régiment e il vaudeville con Deux hommes et une femme. Davvero<br />
bizzarra al dunque la scelta del soggetto di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> per Parigi: si<br />
trattava di riscrivere un vetusto libretto di Angelo Anelli per Stefano<br />
Pavesi andato in scena nel 1810 alla Scala di Milano. Il titolo del libretto<br />
era Ser Marcantonio, e possedeva esattamente tutto ciò che del comico<br />
‘all’italiana’ era già ben noto e stravisto da decenni e decenni. Quanti<br />
vecchi avari beffati da ragazze scaltre e amorose, quanti finti matrimoni,<br />
quante finte lettere, quante agnizioni finali, quanti nipoti diseredati e poi<br />
ereditieri si erano avvicendati sulle tavole dei palcoscenici prima di <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>? Ma il 1843 operistico era epoca ormai molto lontana da quelle<br />
storie: esaurita l’‘onda lunga’ rossiniana, in Italia i teatri commissionavano<br />
agli autori di prima sfera quasi esclusivamente opere serie. Il genere<br />
era considerato démodé e tutt’al più le finestre comiche dei diversi cartelloni<br />
proponevano titoli di repertorio (e Ser Marcantonio era appunto<br />
uno di questi).<br />
Qualche motivo ‘contestuale’ utile a spiegare la bizzarrìa d’un tuffo<br />
nel passato effettivamente c’era: il Teatro degli Italiani di Parigi aveva un<br />
indirizzo di programmazione specializzato, e distribuiva con regolarità<br />
testi con peculiarità (linguistiche, interpretative, drammaturgiche e stilistiche)<br />
tipiche della tradizione italiana. L’impostazione perdurava anche<br />
in anni in cui tali peculiarità forse erano radicalmente mutate perfino nel<br />
paese d’origine. E <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> venne percepito in ‘controtendenza’: il<br />
pubblico della prima – trascinato dalla compagnia stellare Grisi, Mario,<br />
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06. Bellotto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.44 Pagina 78<br />
BELLOTTO<br />
Tamburini e Lablache – accolse con un vero trionfo l’opera di <strong>Don</strong>izetti,<br />
mentre la critica e fors’anche l’establishment del teatro, rimasero<br />
freddi se non addirittura ostili. Salvo poi mutar completamente rotta al<br />
cospetto d’un travolgente successo: al Théâtre-Italien per la prima volta<br />
veniva scalzato il primato di botteghino de I puritani, che sopravviveva<br />
dal 1835.<br />
Insomma: gli ‘esperti’ – come al solito – non si erano accorti che il<br />
lavoro fatto da <strong>Don</strong>izetti non era semplicemente una pietanza riscaldata,<br />
ma nascondeva un qualcosa di ben più raffinato e interessante. Persino<br />
il librettista incaricato, l’esule mazziniano Giovanni Ruffini, era rimasto<br />
spiazzato dal progetto, tanto da ritirarne la firma: «Non ho messo il nome<br />
mio, s’intende, perché fatto con quella fretta e in un certo modo essendo<br />
stata paralizzata la mia libertà d’azione dal Maestro». Il musicista, forte<br />
d’una autorevolezza conquistata nei più grandi teatri del mondo, aveva<br />
deciso per <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> di controllare tutte le fasi della gestazione, arrivando<br />
addirittura a scrivere di suo pugno diverse scene del libretto e<br />
bloccando l’autonomia creativa del povero poeta.<br />
E pur partendo da un canovaccio antico <strong>Don</strong>izetti compie un gesto<br />
di dirompente novità: abbandona il classico ‘settecentume’ di tanti drammi<br />
giocosi, azzardando costumi ‘alla borghese moderna’. Il bellissimo<br />
articolo di Luca Zoppelli in questo «Quaderno» ne tratta diffusamente.<br />
L’ingresso a gamba tesa della contemporaneità modifica irreversibilmente<br />
i rapporti fra i personaggi rispetto al modello di Anelli. Ad esempio,<br />
cade il tema convenzionale di un gruppo di oppositori capeggiati da uno<br />
o più servi che si ribellano all’ancien régime del facoltoso padrone di casa.<br />
Per conseguenza, i caratteri che ruotano attorno al protagonista mutano<br />
fisionomia. Malatesta veste i panni d’un medico elegante e misurato: è<br />
un caro amico di famiglia animato da nobili intenzioni. In Ser<br />
Marcantonio il personaggio corrispondente era un astuto sensale mosso da<br />
interesse personale; inventava inganni e travestimenti, con rilievo figaresco<br />
del tutto diverso. <strong>Don</strong>izetti attenua anche la sentimentalità della coppia<br />
degli innamorati. Norina, ad esempio, si presenta all’antica, un po’ come<br />
Rosina nel Barbiere, cantando una cavatina che comincia con una sezione<br />
patetica («Quel guardo il cavaliere»). Ma la sua passionalità è finta: la<br />
giovane vedova in verità sta leggendo un romanzetto rosa, e la sua caba-<br />
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06. Bellotto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.44 Pagina 79<br />
Un dissidio fra opera ‘all’antica’ e opera ‘alla moderna’<br />
letta, «So anch’io la virtù magica», prende il via con il lancio del libro ed<br />
una risata che seppellisce qualsiasi smanceria all’antica. Anche ad Ernesto<br />
viene in qualche modo allentata la corda patetica: il suo meraviglioso<br />
cantabile di presentazione «Sogno soave e casto» viene ‘rovinato’ dai<br />
commenti sarcastici del vecchio zio che lo insulta: «Ma veh che originale!<br />
| Che tanghero ostinato!». Persino «Cercherò lontana terra» ha poca<br />
incisività drammatica: la disperazione del tenore collocata in quel segmento<br />
narrativo dell’opera non commuove fino in fondo perché nel<br />
duetto precedente si è scoperto che Malatesta non è un traditore e –<br />
soprattutto – si è visto che Norina sta già attuando un piano per arrivare<br />
ad una soluzione lieta. Per contrasto, l’unica vera isola sentimentale<br />
che si staglia nella partitura è nella celeberrima scena dello schiaffo del<br />
terz’atto: lì <strong>Don</strong>izetti chiede al pubblico di commuoversi per un personaggio.<br />
Il problema è che il personaggio in questione è <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, il<br />
nemico dell’amore di Ernesto e Norina. Quale opera giocosa ha mai<br />
chiesto al pubblico di soffrire e vedere la vicenda con gli occhi del ‘cattivo’<br />
di turno, si chiami Almaviva, Bartolo, Magnifico o Mustafà? In questo<br />
preciso senso <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> non è solo l’erede di un’antichissima<br />
schiatta teatrale di vecchi tutori, di Pantaloni innamorati: è anche un personaggio<br />
che ha dimenticato che per suscitare il riso è necessario tenere<br />
una certa distanza emotiva dallo spettatore. Tutto questo ci viene raccontato<br />
da <strong>Don</strong>izetti rispondendo alla committenza del Théâtre-Italien,<br />
che chiedeva un’opera all’antica: il compositore in effetti utilizza una<br />
vecchia storia, personaggi decrepiti e persino forme ormai sorpassate<br />
come cavatine e duetti rossiniani per una narrazione ‘alla moderna’.<br />
E si ritorna al dissidio del titolo: come trattare dal punto di vista<br />
drammatico un testo che è ‘antico’ per molti aspetti e ‘moderno’ per il<br />
raffinato riposizionamento dei suoi componenti? <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è un<br />
buffo classico quando sciorina i suoi sillabati, ma ci spiazza se, da vecchio<br />
beffato, spiattella piangendo tutte le più intime ragioni del suo sentire.<br />
Se vogliamo, il fascino suscitato dal settuagenario Da Corneto su<br />
Gaetano <strong>Don</strong>izetti – ormai piuttosto ammalato, e provato da un’esistenza<br />
operosissima – doveva essere lo stesso tipo di fascino suscitato da Sir<br />
John Falstaff sul vecchio Verdi. In ambedue i casi le partiture propongono<br />
protagonisti statuari, straordinariamente empatici: odiamo forse i<br />
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BELLOTTO<br />
<strong>Pasquale</strong> e Sir John per la loro tardiva lussuria e prepotenza? Ce ne sentiamo<br />
forse lontani, distaccati? Ne giudichiamo l’agire? Non sono forse<br />
cresciute queste due figure nel medesimo campo?<br />
<strong>Don</strong>izetti, ormai diventato finissimo drammaturgo, sapeva che il<br />
pubblico del suo tempo aveva bisogno di grandi passioni («voglio amore,<br />
[...] e amor violento!» proclamava in una celeberrima lettera a Giuseppe<br />
Consul). Potremmo paragonare le sue partiture a campi di battaglia fra<br />
opposte fazioni. La linea di scontro viene spostata di volta in volta<br />
seguendo obiettivi differenti: l’amore contro la ragion di stato (ad esempio<br />
Roberto Devereux o Lucia di Lammermoor); la povertà contro la ricchezza<br />
(in Elisir); il libero arbitrio contro la morale (Il furioso o Maria di<br />
Rohan); la giustizia contro la tirannia (Marino Faliero o Dom Sébastien). La<br />
trovata geniale in <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è che le due forze drammaturgicamente<br />
contrapposte sono l’età anagrafica del protagonista e l’età del mondo circostante.<br />
Tale punto di vista può contribuire a spiegare il motivo che ha<br />
spinto <strong>Don</strong>izetti all’ambientazione contemporanea: se lo spettatore non<br />
si rispecchia nei personaggi sul palcoscenico, il meccanismo di immedesimazione<br />
non funziona, i passi patetici non commuovono, e infine le<br />
potenzialità del conflitto vengono molto attenuate.<br />
Il problema vero è come raccontare tutto ciò in uno spettacolo, e<br />
farne la chiave dell’allestimento.<br />
Massimo Checchetto, scenografo del <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> che va in scena a<br />
Bergamo, è stato l’insostituibile interlocutore d’un progetto che – fra liti,<br />
discussioni, tentativi, prove preliminari e intuizioni – ha occupato per<br />
quasi un anno i nostri pensieri.<br />
Il primo dubbio ovviamente riguardava il contesto iconografico.<br />
Dopo simili premesse, in quale ambiente visivo e storico avremmo<br />
dovuto collocare la nostra azione?<br />
La prima possibilità era naturalmente quella di pensare ad un generico<br />
Settecento con costumi goldoniani, tipico della tradizione giocosa<br />
italiana. Questa è l’ipotesi che abbiamo più facilmente scartato: è evidente<br />
che <strong>Don</strong>izetti aveva deliberatamente proceduto in direzione opposta.<br />
La seconda possibilità era più interessante e legittimata da elementi<br />
oggettivi: fissare al 1843, anno del debutto, l’epoca di svolgimento.<br />
Quella in effetti è la contemporaneità progettata dall’autore e cristallizzata<br />
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Un dissidio fra opera ‘all’antica’ e opera ‘alla moderna’<br />
attraverso il testo. Ma è pure indubbio che per lo spettatore di oggi guardare<br />
un’azione teatrale calata in uno scenario di 167 anni fa impedisce<br />
qualsiasi percezione di quel geniale dissidio di cui sopra: la buca e i cantanti<br />
eseguono un testo ‘antico’ in un contesto visivo ‘all’antica’ con personaggi<br />
talmente ‘antichi’ da essere entrati in quel museo immaginario<br />
che chiamiamo ‘repertorio’.<br />
La terza possibilità è quella cui non dovrebbe assolutamente sottrarsi<br />
un regista votato al ‘Teatro di Regia’ (maiuscole non casuali).<br />
Rispondere cioè alla contemporaneità proposta da <strong>Don</strong>izetti utilizzando<br />
come scenografia la contemporaneità degli spettatori. Una casa romana del<br />
2010 con tutto quel che ne deriva: tivù, internet, smartphone, ecc. Il problema<br />
vero è che non siamo più nel 1843, e così questo tipo di scelta è<br />
ormai talmente praticata a teatro da esser diventata anch’essa cliché, scenario<br />
standard per tutte le occasioni: si può dare per Trovatore come per<br />
Tristano, per Rigoletto come per <strong>Don</strong> Giovanni, per Elisir come per Giulio<br />
Cesare, e via di seguito. Al dunque, esattamente come avveniva per l’ambientazione<br />
in abito goldoniano, il contesto 2010 avrebbe levato la possibilità<br />
di leggere in profondità quel contrasto fra ‘antico’ e ‘moderno’<br />
che <strong>Don</strong>izetti stesso aveva posto al centro del suo lavoro.<br />
Abbiamo dunque scelto una quarta possibilità che permettesse di<br />
enfatizzare gli elementi costitutivi del conflitto. Tutta l’azione si svolgerà<br />
all’interno di un perimetro ristretto, la casa di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>. È uno<br />
spazio che diventa la materializzazione visiva degli stati d’animo del<br />
protagonista, la traduzione scenografica di quel che gli studiosi di drammaturgia<br />
chiamano ‘moto interiore’ del personaggio. Alla prima levata<br />
di sipario <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è ritratto nello splendore della sua posizione di<br />
forza, che viene esercitata attraverso il dominio completo sull’ambiente.<br />
Ha abiti che ci parlano di un tempo che non c’è più, di un passato<br />
elegante e confortevole. Ma – in verità – è la sua dimora a raccontarci<br />
l’appartenenza del padrone ad un’epoca remota. È la casa di un collezionista<br />
d’arte classica. Suppellettili preziose, mobili d’antiquariato, tappeti,<br />
statue e soprammobili caratterizzano l’ambiente. Ma sono soprattutto<br />
i quadri – la scena potrebbe essere intesa come la galleria d’una<br />
grande pinacoteca – a svelare il mondo di immagini eleganti, gusti raffinati<br />
e ricordi che albergano nella mente di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>. In questo<br />
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BELLOTTO<br />
senso la scenografia deve presentarsi perfettamente ‘all’antica’, secondo<br />
canoni tradizionali.<br />
La Pittura è stata scelta come tema narrativo del nostro racconto<br />
scenico. La pittura renderà evidente il contrasto fra il mondo di <strong>Pasquale</strong><br />
e il mondo degli altri. Se <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è un collezionista di opere d’arte,<br />
Ernesto dev’essere un creatore di opere, un pittore ‘alla moderna’,<br />
appartenente ad un mondo di sperimentazioni ed avanguardie. Il museo<br />
è arte ferma, fissa e morta. La creazione del pittore è movimento, gesto<br />
cangiante e vivo. Tale contrasto – fra l’altro – ci ha permesso di dar rilievo<br />
alla storia d’amore di Ernesto. Perché mai una donna bella, vissuta e<br />
intelligente come Norina dovrebbe innamorarsi di un bamboccione<br />
irresoluto che vive alle spalle dello zio? La verità è che Norina ama in<br />
Ernesto proprio la creatività e – soprattutto – la capacità di compiere<br />
gesti poetici: il compositore ce lo rivela attraverso gli straordinari cantabili<br />
affidati al tenore.<br />
Nel corso dell’opera, col dipanarsi della beffa di Sofronia (culminante<br />
nello sfregio dello schiaffo), il dominio, le certezze, la psicologia di<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> vengono via via demoliti, mentre cresce il potere poetico<br />
di Ernesto sul mondo circostante. La scenografia si muoverà seguendo il<br />
medesimo tracciato.<br />
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06. Bellotto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.44 Pagina 83<br />
Figurino di Cristina Aceti per <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>. <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Bergamo Musica Festival, 2010.<br />
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06. Bellotto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.44 Pagina 84<br />
84<br />
Figurini di Cristina Aceti<br />
per <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Norina e Coro donne.<br />
Bergamo Musica Festival, 2010.
07. Struttura e argomento - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.33 Pagina 85<br />
Sinfonia<br />
Struttura e argomento dell’opera<br />
ATTO PRIMO<br />
Introduzione (Dottore, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>)<br />
«Son nov’ore»; «Bella siccome un angelo»<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> da Corneto, un ricco e avaro attempato signore, decide di<br />
trovarsi una giovane moglie che gli possa dare numerosi figlioli. Per trovare<br />
la persona giusta si è affidato all’amico Dottor Malatesta, il quale gli<br />
ha organizzato un incontro con una fanciulla bella e onesta, che dice<br />
essere sua sorella.<br />
Recitativo e Duetto (Ernesto, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>)<br />
«Son rinato. Or si parli al nipotino»; «Prender moglie!»<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> decide dunque di cacciare di casa e diseredare il nipote<br />
Ernesto, anche perché il ragazzo è colpevole d’intrattenere una relazione<br />
con una giovane vedova, Norina, e per amore di questa ha rifiutato<br />
un matrimonio combinato per interesse.<br />
Cavatina (Norina)<br />
«Quel guardo il cavaliere»; «So anch’io la virtù magica»<br />
Norina si presenta leggendo un libro e mettendo in mostra le sue capacità<br />
seduttive.<br />
Recitativo e Duetto Finale I (Norina, Dottore)<br />
«E il Dottor non si vede!»; «Pronta io son»<br />
Malatesta, deciso fin dall’inizio ad emendare l’egoistico capriccio di <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>, ha ordito una beffa geniale e prende accordi con Norina: la<br />
giovane vedova verrà fatta passare per la sorella del Dottore, e data in<br />
finte nozze al vecchio caparbio.<br />
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07. Struttura e argomento - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.33 Pagina 86<br />
Struttura e argomento dell’opera<br />
ATTO SECONDO<br />
Preludio, Scena ed Aria (Ernesto)<br />
«Povero Ernesto! Dallo zio scacciato»; «Cercherò lontana terra»<br />
Intanto, il povero Ernesto, dopo aver mandato un biglietto d’addio alla<br />
sua amata, si appresta a lasciare la casa dello zio.<br />
Scena e Terzetto (Norina, Dottore, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>)<br />
«Quando avrete introdotto»; «Via da brava»<br />
Il Dottore arriva da <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> portando Norina, che viene presentata<br />
come sua sorella Sofronia.<br />
Scena e Quartetto Finale II (Norina, Ernesto, Dottore, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>,<br />
Notaro)<br />
«Non abbiate paura»; «Fra da una parte etcetera»<br />
Il piano funziona, e <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> sposa la timida sorella del Dottore grazie<br />
agli uffici di un falso notaio. Firmato il contratto, la docile Sofronia<br />
si trasforma immediatamente in una dispotica consorte, che mette sottosopra<br />
la gestione della casa e commette ogni genere di prepotenze,<br />
costringendo a folli spese il parsimonioso <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
ATTO TERZO<br />
Coro d’introduzione (<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, Coro)<br />
«I diamanti presto, presto»<br />
L’arrivo di Norina ha gettato nello scompiglio la casa e tutti sono indaffarati<br />
per accontentare le sue richieste.<br />
Recitativo e Duetto (Norina, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>)<br />
«Vediamo: alla modista»; «Signorina in tanta fretta»<br />
La signora Sofronia, già nel primo giorno di nozze, decide di andare a<br />
teatro per conto suo e, alle obiezioni di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, oppone un fiero<br />
ceffone.<br />
86
07. Struttura e argomento - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.33 Pagina 87<br />
Struttura e argomento dell’opera<br />
Recitativo e Coro (<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, Coro)<br />
«Qualche nota di cuffie»; «Che interminabile andirivieni»<br />
Il vecchio si sente perduto, ma nell’uscire la giovane sposa perde un<br />
foglio: è la lettera in cui combina, con un ignoto amante, un convegno<br />
amoroso nel giardino.<br />
Recitativo e Duetto (Dottore, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, Ernesto)<br />
«Siamo intesi»; «Cheti, cheti, immantinente»<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è furibondo, e fa tutte le sue rimostranze al cognato,<br />
minacciando di rivolgersi agli organi di giustizia. Malatesta lo placa proponendogli<br />
invece di cogliere i due amanti sul fatto, per poter cacciare<br />
di casa l’incomoda moglie.<br />
Serenata e Notturno (Ernesto, Norina, Coro)<br />
«Com’è gentil la notte a mezzo April!»; «Tornami a dir che m’ami»<br />
All’appuntamento galante si presenta Ernesto, che fugge senza farsi riconoscere<br />
mentre sopraggiunge lo zio. Sofronia nega l’evidenza, e <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>, pur di liberarsi dalla terribile moglie decide di perdonare<br />
Ernesto e acconsentire alle sue nozze con Norina: l’arrivo di una nuova<br />
sposa senz’altro avrebbe allontanato la superba Sofronia, non disponibile<br />
a condividere lo stesso tetto con un’altra.<br />
Scena e Rondò Finale III (Norina, Ernesto, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, Dottore)<br />
«Eccoli! Attenti ben...»; «Senz’andar lungi la sposa è presta»; «La moral di<br />
tutto questo»<br />
Strappato il permesso alle nozze fra Ernesto e Norina, finalmente si svelano<br />
i giochi e <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, felice d’essere scampato ad un destino così<br />
miserabile, perdona di buon grado i tre cospiratori.<br />
87
07. Struttura e argomento - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.33 Pagina 88<br />
88
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 89<br />
DON PASQUALE<br />
Dramma buffo in tre atti<br />
Trascrizione del libretto a stampa<br />
per la prima rappresentazione dell’opera<br />
Parigi, Lange Levy e Comp., 1842<br />
89
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 90<br />
90<br />
PERSONAGGI.<br />
DON PASQUALE, vecchio celibatario, tagliato all’antica, economo, credulo,<br />
ostinato, buon uomo in fondo.<br />
Dottor MALATESTA, uomo di ripiego, faceto, intraprendente, medico e amico<br />
di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, e amicissimo di<br />
ERNESTO, nipote di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, giovine entusiasta, amante corrisposto di<br />
NORINA, giovane vedova, natura subita, impaziente di contraddizione, ma<br />
schietta e affettuosa.<br />
Un Notaro.<br />
Coro di Servi e Cameriere,<br />
Maggiordomo, Modista, Parrucchiere, che non parlano.<br />
L’azione si finge in Roma.
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 91<br />
ATTO PRIMO.<br />
SCENA PRIMA.<br />
Sala in casa di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, con porta in<br />
fondo d’entrata comune, e due porte laterali<br />
che guidano agli appartamenti interni.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> solo. Guarda con impazienza<br />
all’orologio.<br />
DON PASQUALE<br />
Son nov’ore; di ritorno<br />
il Dottore esser dovria.<br />
Ascoltando.<br />
Zitto... parmi... è fantasia,<br />
forse il vento che passò.<br />
Che boccon di pillolina,<br />
nipotino, vi preparo!<br />
Vo’ chiamarmi <strong>Don</strong> Somaro<br />
se veder non ve la fo.<br />
DOTTORE Malatesta di dentro.<br />
È permesso?<br />
DON PASQUALE<br />
Avanti, avanti.<br />
SCENA II.<br />
Entra il Dottor Malatesta.<br />
DON PASQUALE Con ansietà.<br />
Dunque..?<br />
DOTTORE<br />
Zitto, con prudenza.<br />
DON PASQUALE<br />
Io mi struggo d’impazienza.<br />
La sposina?<br />
DOTTORE<br />
Si trovò.<br />
DON PASQUALE<br />
Benedetto!<br />
DOTTORE<br />
(Che babbione!)<br />
Proprio quella che ci vuole.<br />
Ascoltate, in due parole<br />
il ritratto ve ne fo.<br />
DON PASQUALE<br />
Son tutt’occhi, tutto orecchie,<br />
muto, attento a udir vi sto.<br />
DOTTORE<br />
Bella siccome un angelo<br />
in terra pellegrino,<br />
fresca siccome il giglio<br />
che s’apre in sul mattino,<br />
occhio che parla e ride,<br />
sguardo che i cor conquide,<br />
chioma che vince l’ebano,<br />
sorriso incantator.<br />
DON PASQUALE<br />
Sposa simile! Oh giubilo!<br />
Non cape in petto il cor.<br />
DOTTORE<br />
Alma innocente e candida,<br />
che sé medesma ignora,<br />
modestia impareggiabile,<br />
dolcezza che innamora,<br />
ai miseri pietosa,<br />
gentil, buona, amorosa,<br />
il ciel l’ha fatta nascere<br />
per far beato un cor.<br />
DON PASQUALE<br />
Famiglia?<br />
DOTTORE<br />
Agiata, onesta.<br />
Atto I<br />
91
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 92<br />
Atto I<br />
DON PASQUALE<br />
Casato?<br />
DOTTORE<br />
Malatesta.<br />
DON PASQUALE<br />
Sarà vostra parente?<br />
DOTTORE Con intenzione.<br />
Alla lontana un po’.<br />
È mia sorella.<br />
DON PASQUALE<br />
Oh gioia!<br />
Di più bramar non so.<br />
E quando di vederla,<br />
quando mi fia concesso?<br />
DOTTORE<br />
Domani sul crepuscolo.<br />
DON PASQUALE<br />
Domani? Adesso, adesso.<br />
Per carità, Dottore!<br />
DOTTORE<br />
Frenate il vostro ardore,<br />
quetatevi, calmatevi<br />
fra poco qui verrà.<br />
DON PASQUALE Con trasporto.<br />
Da vero?<br />
DOTTORE<br />
Preparatevi,<br />
e ve la porto qua.<br />
DON PASQUALE<br />
Oh caro!<br />
Lo abbraccia.<br />
Or tosto a prenderla.<br />
92<br />
DOTTORE<br />
Ma udite...<br />
DON PASQUALE<br />
Non fiatate.<br />
DOTTORE<br />
Ma...<br />
DON PASQUALE<br />
Non c’è ma, volate.<br />
O casco morto qua.<br />
Gli tura la bocca, e lo spinge via.<br />
Un foco insolito<br />
mi sento addosso<br />
omai resistere<br />
io più non posso,<br />
dell’età vecchia<br />
scordo i malanni,<br />
mi sento giovine<br />
come a vent’anni.<br />
Deh! Cara affrettati,<br />
dolce sposina!<br />
Ecco di bamboli<br />
mezza dozzina<br />
veggo già nascere,<br />
veggo già crescere,<br />
a me d’intorno<br />
veggo scherzar.<br />
Son rinato. Or si parli al nipotino.<br />
A fare il cervellino<br />
veda che si guadagna.<br />
Guarda nelle scene.<br />
Eccolo appunto!<br />
SCENA III.<br />
Ernesto e detto.<br />
DON PASQUALE<br />
Giungete a tempo. Stavo<br />
per mandarvi a chiamare. Favorite.
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 93<br />
ERNESTO<br />
Sono ai vostri comandi.<br />
DON PASQUALE<br />
Non vo’ farvi un sermone,<br />
vi domando un minuto d’attenzione.<br />
È vero o non è vero<br />
che, saranno due mesi,<br />
io v’offersi la man d’una zitella<br />
nobile, ricca e bella?<br />
ERNESTO<br />
È vero.<br />
DON PASQUALE<br />
Promettendovi per giunta<br />
un buon assegnamento, e alla mia<br />
[morte<br />
quanto possiedo?<br />
ERNESTO<br />
DON PASQUALE<br />
È vero.<br />
Minacciando,<br />
in caso di rifiuto,<br />
diseredarvi, e a torvi ogni speranza,<br />
ammogliarmi, se è d’uopo?<br />
ERNESTO<br />
DON PASQUALE<br />
È vero.<br />
Or bene<br />
la sposa che v’offersi or son tre mesi,<br />
ve l’offro ancor.<br />
ERNESTO<br />
Non posso: amo Norina,<br />
la mia fede è impegnata...<br />
DON PASQUALE<br />
Sì con una spiantata<br />
con una vedovella civettina...<br />
ERNESTO Con calore.<br />
Rispettate una giovine<br />
povera, ma onorata, e virtuosa.<br />
DON PASQUALE<br />
Siete proprio deciso?<br />
ERNESTO<br />
Irrevocabilmente.<br />
DON PASQUALE<br />
Or ben, pensate<br />
a trovarvi un alloggio.<br />
ERNESTO<br />
Così mi discacciate?<br />
DON PASQUALE<br />
La vostra ostinatezza<br />
d’ogni impegno mi scioglie.<br />
Fate di provvedervi. Io prendo moglie.<br />
ERNESTO Nella massima sorpresa.<br />
Prender moglie?<br />
DON PASQUALE<br />
ERNESTO<br />
Voi..?<br />
Sì signore.<br />
Atto I<br />
DON PASQUALE<br />
Quel desso in carne e in ossa.<br />
ERNESTO<br />
Perdonate... lo stupore...<br />
la sorpresa... (oh questa è grossa!)<br />
Voi..?<br />
93
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 94<br />
Atto I<br />
DON PASQUALE Con impazienza.<br />
L’ho detto e lo ripeto<br />
io <strong>Pasquale</strong> da Corneto,<br />
possidente, qui presente,<br />
sano in corpo e sano in mente,<br />
d’annunziarvi ho l’alto onore<br />
che mi vado ad ammogliar.<br />
ERNESTO<br />
Voi scherzate.<br />
DON PASQUALE<br />
Scherzo un corno.<br />
Lo vedrete al nuovo giorno.<br />
Sono, è vero, stagionato,<br />
ma ben molto conservato,<br />
e per forza e vigoria<br />
me ne sento da prestar.<br />
Voi, signor, di casa mia<br />
preparatevi a sfrattar.<br />
ERNESTO<br />
(Ci volea questa mania<br />
i miei piani a rovesciar!)<br />
Sogno soave e casto<br />
de’ miei prim’anni, addio.<br />
Se ambii ricchezze e fasto<br />
fu sol per te, ben mio,<br />
povero, abbandonato,<br />
caduto in basso stato,<br />
pria che vederti misera,<br />
cara, rinunzio a te.<br />
DON PASQUALE<br />
Ma veh che originale!<br />
Che tanghero ostinato!<br />
Adesso, manco male<br />
si par capacitato.<br />
Ben so dove gli duole<br />
ma è desso che lo vuole,<br />
altri che se medesimo<br />
egli incolpar non dé!<br />
94<br />
ERNESTO Dopo breve pausa.<br />
Due parole ancor di volo.<br />
DON PASQUALE<br />
Son qui tutto ad ascoltarvi.<br />
ERNESTO<br />
Ingannar si puote un solo:<br />
ben fareste a consigliarvi.<br />
Il Dottore Malatesta<br />
è persona grave, onesta.<br />
DON PASQUALE<br />
L’ho per tale.<br />
ERNESTO<br />
Consultatelo.<br />
DON PASQUALE<br />
È già bello e consultato.<br />
ERNESTO<br />
Vi sconsiglia!<br />
DON PASQUALE<br />
Anzi al contrario,<br />
mi felicita è incantato.<br />
ERNESTO Colpitissimo.<br />
Come? Come? Oh questa poi...<br />
DON PASQUALE Confidenzialmente.<br />
Anzi, a dirla qui fra noi,<br />
la... capite?.. La zittella,<br />
ma... silenzio... è sua sorella.<br />
ERNESTO Agitatissimo.<br />
Sua sorella!! Che mai sento?<br />
Del Dottore?<br />
DON PASQUALE<br />
Del Dottor.
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 95<br />
ERNESTO<br />
(Oh, che nero tradimento!<br />
Ahi, Dottore senza cor!)<br />
Mi fa il destin mendico,<br />
perdo colei che adoro,<br />
in chi credevo amico<br />
discopro un traditor!<br />
D’ogni conforto privo,<br />
misero! A che pur vivo?<br />
Ah! Non si dà martoro<br />
eguale al mio martor!<br />
DON PASQUALE<br />
L’amico è bello e cotto,<br />
in sasso par cambiato,<br />
non fiata, non fa motto,<br />
l’affoga il crepacuor.<br />
Si roda, gli sta bene,<br />
ha quel che gli conviene.<br />
Impari lo sventato<br />
a fare il bello umor.<br />
Entrambi via.<br />
SCENA IV.<br />
Stanza in casa di Norina.<br />
Entra Norina con un libro alla mano,<br />
leggendo:<br />
NORINA<br />
[«Quel guardo il cavaliere<br />
in mezzo al cora trafisse;<br />
piegò il ginocchio e disse:<br />
son vostro cavalier!]<br />
E tanto era in quel guardo<br />
sapor di paradiso,<br />
che il cavalier Ricciardo<br />
tutto d’amor conquiso<br />
al piè le cadde, e a lei<br />
eterno amor giurò!»<br />
So anch’io la virtù magica!<br />
D’un guardo a tempo, e a loco,<br />
so anch’io come si bruciano<br />
i cori a lento foco,<br />
d’un breve sorrisetto<br />
conosco anch’io l’effetto,<br />
d’una furtiva lagrima,<br />
d’un subito languor;<br />
conosco i mille modi<br />
dell’amorose frodi,<br />
i vezzi, e l’arti facili<br />
onde s’adesca un cor,<br />
ho testa balzana,<br />
son d’indol vivace,<br />
scherzare mi piace,<br />
mi piace brillar,<br />
se vien la mattana<br />
di rado sto al segno,<br />
ma in riso lo sdegno<br />
fo presto a cambiar.<br />
E il Dottor non si vede! Oh, che<br />
[impazienza!<br />
Del romanzetto ordito<br />
a gabbar <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>,<br />
ond’ei toccommi in fretta,<br />
poco o nulla ho capito, ed or<br />
[l’aspetto...<br />
Entra un servo, le porge una lettera, ed<br />
esce.<br />
Guardando alla soprascritta.<br />
La man d’Ernesto... io tremo.<br />
Legge dà cenni di sorpresa, poi di<br />
costernazione.<br />
Oh! Me meschina!<br />
SCENAV.<br />
Dottore e detta.<br />
DOTTORE Con allegria.<br />
Buone nuove, Norina,<br />
il nostro stratagemma...<br />
NORINA Con vivacità.<br />
Me ne lavo le mani.<br />
Atto I<br />
95
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 96<br />
Atto I<br />
DOTTORE<br />
Come? Che fu?<br />
NORINA Porgendogli la lettera.<br />
Leggete.<br />
DOTTORE Leggendo.<br />
«Mia Norina, vi scrivo<br />
colla morte nel cor». Lo farem vivo.<br />
«<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> aggirato<br />
da quel furfante...» grazie!<br />
«da quella faccia doppia del Dottore<br />
sposa una sua sorella,<br />
mi scaccia di sua casa,<br />
mi disereda in somma. Amor<br />
[m’impone<br />
di rinunziare a voi.<br />
Lascio Roma oggi stesso, e quanto<br />
[prima<br />
l’Europa. Addio. Siate felice. Questo<br />
è l’ardente mio voto. Il vostro Ernesto.»<br />
Le solite pazzie!<br />
NORINA<br />
Ma s’egli parte!<br />
DOTTORE<br />
Non partirà v’accerto. In quattro salti<br />
son da lui, della nostra<br />
trama lo metto a giorno, ed ei rimane,<br />
e con tanto di cor.<br />
NORINA<br />
Ma questa trama.<br />
Si può saper qual sia?<br />
DOTTORE<br />
A punire il nipote<br />
che oppone le sue voglie,<br />
<strong>Don</strong> Pasqual s’è deciso a prender<br />
[moglie.<br />
96<br />
NORINA<br />
Già mel diceste.<br />
DOTTORE<br />
Or ben, io suo dottore,<br />
“usando l’ascendente<br />
“che una felice cura<br />
“mi die’ su lui” ne lo sconsiglio, e<br />
[invano.<br />
Vistolo così fermo nel proposto<br />
cambio tattica, e tosto<br />
nell’interesse vostro, e in quel<br />
[d’Ernesto<br />
mi pongo a secondarlo. <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong><br />
sa ch’io tengo al convento una sorella,<br />
vi fo passar per quella<br />
egli non vi conosce - e vi presento<br />
pria ch’altri mi prevenga;<br />
vi vede e resta cotto.<br />
NORINA<br />
Va benissimo.<br />
DOTTORE<br />
Caldo caldo vi sposa. Ho prevenuto<br />
Carlotto mio cugino<br />
che farà da notaro. Al resto poi<br />
tocc’a pensare a voi.<br />
Lo fate disperar. Il vecchio impazza,<br />
l’abbiamo a discrezione...<br />
allor...<br />
NORINA<br />
Basta. Ho capito.<br />
DOTTORE<br />
Va benone.<br />
NORINA<br />
Pronta son; purch’io non manchi<br />
all’amor del caro bene,
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 97<br />
farò imbrogli, farò scene,<br />
mostrerò quel che so far.<br />
DOTTORE<br />
Voi sapete se d’Ernesto<br />
sono amico, e ben gli voglio.<br />
Solo tende il nostro imbroglio<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> a corbellar.<br />
NORINA<br />
Siamo intesi. Or prendo impegno.<br />
DOTTORE<br />
Io la parte ecco v’insegno.<br />
NORINA<br />
Mi volete fiera, o mesta?<br />
DOTTORE<br />
Ma la parte non è questa.<br />
NORINA<br />
Ho da pianger, da gridar?<br />
DOTTORE<br />
State un poco ad ascoltar.<br />
Convien far la semplicetta.<br />
NORINA<br />
Posso in questo dar lezione.<br />
Contraffacendo.<br />
Mi vergogno, son zittella.<br />
Grazie, serva, signor sì.<br />
DOTTORE<br />
Brava, brava, bricconcella!<br />
Va benissimo così.<br />
NORINA<br />
Collo torto.<br />
DOTTORE<br />
NORINA<br />
Mi vergogno.<br />
DOTTORE<br />
Bocca stretta.<br />
Oh benedetta!<br />
Va benissimo così.<br />
A DUE<br />
Che bel gioco! Quel che resta<br />
or si vada/or andate a combinar.<br />
A quel vecchio affé la testa<br />
questa volta ha da girar.<br />
NORINA<br />
Già l’idea del gran cimento<br />
mi raddoppia l’ardimento,<br />
già pensando alla vendetta<br />
mi comincio a vendicar.<br />
Una voglia avara e cruda<br />
i miei voti invan contrasta.<br />
Io l’ho detto e tanto basta,<br />
la saprò, la vo’ spuntar.<br />
DOTTORE<br />
Poco pensa <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong><br />
che boccon di temporale<br />
si prepari in questo punto<br />
sul suo capo a rovinar.<br />
Urla e fischia la bufera.<br />
Vedo il lampo, il tuono ascolto,<br />
la saetta fra non molto<br />
sentiremo ad iscoppiar.<br />
[FINE DELL’ATTO I]<br />
Atto I<br />
97
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 98<br />
Atto II<br />
ATTO SECONDO.<br />
SCENA PRIMA.<br />
Sala in casa di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Ernesto solo, abbattutissimo.<br />
ERNESTO<br />
Povero Ernesto! “Oh come in un sol<br />
[punto<br />
“mi veggo al colmo giunto<br />
“d’ogni miseria!” Dallo zio cacciato,<br />
da tutti abbandonato,<br />
mi restava un amico,<br />
e un coperto nemico<br />
chiarisco in lui, che a’ danni miei<br />
[congiura.<br />
“Ah! Meglio, o Malatesta,<br />
“io mertava da te! Ma non è questa<br />
la mia più gran sventura.”<br />
Perder Norina, oh Dio!<br />
“Questo è il sommo dei mali! E con<br />
[che core<br />
“offrirle un’esistenza,<br />
“meco unita, di pene, e d’indigenza?<br />
“Ah no.” Ben feci a lei<br />
d’esprimere in un foglio i sensi miei.<br />
Ora in altra contrada<br />
i giorni grami a terminar si vada.<br />
Cercherò lontana terra<br />
dove gemer sconosciuto.<br />
Là vivrò col core in guerra<br />
deplorando il ben perduto;<br />
ma né sorte a me nemica,<br />
né frapposti i monti e il mar,<br />
ti potranno, o dolce amica,<br />
dal mio seno cancellar.<br />
E se fia che ad altro oggetto<br />
tu rivolga un giorno il core<br />
se mai fia che un nuovo affetto<br />
spegna in te l’antico ardore,<br />
98<br />
non temer che un infelice<br />
te spergiura accusi al ciel;<br />
se tu sei, ben mio, felice,<br />
morrà pago il tuo fedel.<br />
Guardando nelle scene.<br />
Ecco lo zio; non vegga<br />
il turbamento mio; per or s’eviti.<br />
Esce.<br />
SCENA II.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> in gran gala seguito<br />
da un servo.<br />
DON PASQUALE Al servo.<br />
Quando avrete introdotto<br />
il Dottor Malatesta e chi è con lui,<br />
ricordatevi bene,<br />
nessuno ha più da entrar; guai se<br />
[lasciate<br />
rompere la consegna. Adesso andate.<br />
Per un uom sui settanta... Servo via.<br />
(Zitto che non mi senta la sposina.)<br />
Convien dir che son lesto e ben<br />
[portante.<br />
Con questo boccon poi<br />
di toilette...<br />
Si pavoneggia.<br />
alcun viene.<br />
Eccoli. A te mi raccomando, Imene.<br />
SCENA III.<br />
Dottore conducendo per mano<br />
Norina velata.<br />
DOTTORE<br />
Via da brava.<br />
NORINA<br />
tremo tutta...<br />
Reggo appena...
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 99<br />
DOTTORE<br />
V’innoltrate.<br />
Nell’atto che il Dottore fa innoltrar Norina<br />
accenna colla mano a <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> di<br />
mettersi in disparte. <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> si rincantuccia.<br />
NORINA<br />
Ah fratel! Non mi lasciate.<br />
DOTTORE<br />
Non temete.<br />
NORINA<br />
Per pietà!<br />
Appena Norina è sul davanti del proscenio,<br />
il Dottore corre a <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
DOTTORE<br />
Fresca uscita di convento,<br />
natural è il turbamento,<br />
è per tempra un po’ selvatica,<br />
mansuefarla a voi si sta.<br />
NORINA<br />
Ah fratello!<br />
DOTTORE<br />
Un sol momento.<br />
NORINA<br />
Se qualcun venisse a un tratto!<br />
(Sta a vedere, vecchio matto,<br />
ch’or ti servo come va.)<br />
DON PASQUALE<br />
Mosse, voce, portamento<br />
tutto è in lei semplicità.<br />
La dichiaro un gran portento<br />
se risponde la beltà!<br />
NORINA<br />
Ah fratello!<br />
DOTTORE<br />
Non temete.<br />
NORINA<br />
A star sola mi fa male.<br />
DOTTORE<br />
Cara mia, sola non siete,<br />
ci son io, c’è <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>...<br />
NORINA Con terrore.<br />
Come? Un uomo! Ah, me<br />
[meschina!<br />
Presto andiam, fuggiam di qua.<br />
DON PASQUALE<br />
(Com’è cara e modestina<br />
nella sua semplicità!)<br />
DOTTORE<br />
(Quella scaltra malandrina<br />
impazzire lo farà.)<br />
A Norina.<br />
Non abbiate paura, è <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong><br />
padrone e amico mio,<br />
il re dei galantuomini.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> si confonde in inchini.<br />
Norina non lo guarda.<br />
DOTTORE A Norina.<br />
Rispondete al saluto.<br />
NORINA Fa la riverenza senza guardar<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Grazie, serva, signor.<br />
DON PASQUALE<br />
Atto II<br />
(Che bella mano!)<br />
99
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 100<br />
Atto II<br />
DOTTORE<br />
(È già cotto a quest’ora.)<br />
NORINA<br />
(Oh, che baggiano!)<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> dispone tre sedie; siedono.<br />
Dottore nel mezzo.<br />
DOTTORE A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
(Che ne dite?)<br />
DON PASQUALE<br />
(È un incanto; ma quel velo...)<br />
DOTTORE<br />
Non oseria, son certo,<br />
a sembiante scoperto<br />
parlare a un uom. Prima l’interrogate;<br />
vedete se nei gusti v’incontrate.<br />
Poscia vedrem.<br />
DON PASQUALE<br />
(Capisco. Andiam, coraggio.)<br />
A Norina.<br />
Posto ch’ho l’avvantaggio...<br />
S’imbroglia.<br />
anzi il signor fratello...<br />
il Dottor Malatesta...<br />
cioè... volevo dir...<br />
DOTTORE<br />
A Norina.<br />
Rispondete.<br />
(Perde la testa.)<br />
NORINA Facendo la riverenza.<br />
Son serva; mille grazie.<br />
DON PASQUALE A Norina.<br />
Volea dir ch’alla sera<br />
la signora amerà la compagnia.<br />
100<br />
NORINA<br />
Niente affatto. Al convento<br />
si stava sempre sole.<br />
DON PASQUALE<br />
Qualche volta a teatro?<br />
NORINA<br />
Non so che cosa sia, né saper bramo.<br />
DON PASQUALE<br />
Sentimenti ch’io lodo,<br />
ma il tempo uopo è passarlo in<br />
[qualche modo.<br />
NORINA<br />
Cucire, ricamar, far la calzetta,<br />
badare alla cucina,<br />
il tempo passa presto.<br />
DOTTORE<br />
(Ah malandrina!)<br />
DON PASQUALE Agitandosi sulla sedia.<br />
(Fa proprio al caso mio.)<br />
Al Dottore.<br />
(Quel vel per carità!)<br />
DOTTORE A Norina.<br />
Rimovete quel velo.<br />
Cara Sofronia.<br />
NORINA Vergognosa.<br />
Non oso... in faccia a un uom?<br />
DOTTORE<br />
NORINA<br />
Obbedisco, fratel.<br />
Si toglie il velo.<br />
Ve lo comando.
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 101<br />
DON PASQUALE Dopo averla guardata,<br />
levandosi a un tratto, e dando addietro<br />
come spaventato.<br />
Misericordia!<br />
DOTTORE Tenendogli dietro.<br />
Che fu? Dite...<br />
DON PASQUALE<br />
Una bomba in mezzo al core.<br />
Agitatissimo.<br />
Per carità, Dottore,<br />
ditele se mi vuole,<br />
mi mancan le parole,<br />
sudo, aghiaccio, son morto.<br />
DOTTORE<br />
(Fate core.<br />
Mi sembra ben disposta, ora le parlo.)<br />
A Norina piano.<br />
Sorellina mia cara,<br />
dite... vorreste?.. In breve<br />
quel signore...<br />
Accenna <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
vi piace?<br />
NORINA Con un’occhiata a <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong> che si ringalluzza.<br />
A dirlo ho soggezione...<br />
DOTTORE<br />
Coraggio.<br />
NORINA Timidamente.<br />
Sì. (Sei pure il gran babbione!)<br />
DOTTORE Tornando a <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Consente. È vostra.<br />
DON PASQUALE Con trasporto.<br />
Oh giubilo!<br />
Beato me!<br />
NORINA<br />
DON PASQUALE<br />
Or presto pel notaro.<br />
(Te n’avvedrai fra poco!)<br />
DOTTORE<br />
Per tutti i casi dabili<br />
ho tolto meco il mio ch’è in<br />
[anticamera;<br />
or l’introduco.<br />
Esce.<br />
DON PASQUALE<br />
Oh caro!<br />
Quel Dottor pensa a tutto.<br />
DOTTORE Rientrando col notaro.<br />
Ecco il notaro.<br />
SCENA IV.<br />
Notaro e detti.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> e Norina seduti. I servi<br />
dispongono in mezzo alla scena un tavolo<br />
coll’occorrente da scrivere. Sopra il tavolo<br />
sarà un campanello. Notaro saluta siede e<br />
s’accinge a scrivere.<br />
Dottore in piedi, a destra del notaro come<br />
dettandogli.<br />
DOTTORE<br />
Fra da una parte et cetera<br />
Sofronia Malatesta<br />
domiciliata et cetera<br />
con tutto quel che resta.<br />
E d’altra parte et cetera<br />
<strong>Pasquale</strong> da Corneto<br />
coi titoli e le formole<br />
secondo il consueto.<br />
Entrambi qui presenti,<br />
volenti, e consenzienti<br />
Atto II<br />
101
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 102<br />
Atto II<br />
un matrimonio in regola<br />
a stringere si va.<br />
DON PASQUALE Al notaro.<br />
Avete messo?<br />
NOTARO<br />
Ho messo.<br />
DON PASQUALE<br />
Sta ben.<br />
Va alla sinistra del notaro.<br />
Scrivete appresso.<br />
Come dettando.<br />
Il qual prefato et cetera<br />
di quanto egli possiede<br />
in mobili ed immobili,<br />
dona tra i vivi e cede<br />
a titolo gratuito<br />
alla suddetta et cetera<br />
sua moglie dilettissima<br />
fin d’ora la metà.<br />
NOTARO<br />
Sta scritto.<br />
DON PASQUALE<br />
E intende ed ordina,<br />
che sia riconosciuta<br />
in questa casa e fuori<br />
padrona ampia assoluta,<br />
e sia da tutti e singoli<br />
di casa riverita,<br />
servita, ed obbedita<br />
con zelo e fedeltà.<br />
DOTTORE e NORINA<br />
A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Rivela il vostro core<br />
quest’atto di bontà.<br />
102<br />
NOTARO<br />
Steso è il contratto. Restano<br />
le firme...<br />
DON PASQUALE<br />
Sottoscrivendo con vivacità.<br />
Ecco la mia.<br />
DOTTORE Conducendo Norina al tavolo<br />
con dolce violenza.<br />
Cara sorella, or via<br />
si tratta di segnar.<br />
NOTARO<br />
Non vedo i testimoni,<br />
un solo non può star.<br />
Mentre Norina sta in atto di sottoscrivere,<br />
si sente la voce di Ernesto dalla porta d’ingresso.<br />
Norina lascia cader la penna.<br />
ERNESTO Di dentro.<br />
Indietro, mascalzoni,<br />
indietro, io voglio entrar.<br />
NORINA<br />
Ernesto! Or veramente<br />
mi viene da tremar!<br />
DOTTORE<br />
Ernesto! E non sa niente<br />
può tutto rovinar!<br />
SCENAV.<br />
Ernesto e detti.<br />
Ernesto senza badare agli altri va dritto<br />
a <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
ERNESTO A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> con vivacità.<br />
Pria di partir, signore,<br />
vengo per dirvi addio,<br />
e come a un malfattore<br />
mi vien conteso entrar!
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 103<br />
DON PASQUALE A Ernesto.<br />
S’era in faccende: giunto<br />
però voi siete in punto.<br />
A fare il matrimonio<br />
mancava un testimonio.<br />
Volgendosi a Norina.<br />
Or venga la sposina!<br />
ERNESTO<br />
Vedendola nel massimo stupore.<br />
(Che vedo? Oh ciel! Norina!<br />
Mi sembra di sognar!)<br />
Esplodendo.<br />
Ma questo non può star,<br />
costei...<br />
Il Dottore che in questo frattempo si sarà<br />
interposto fra <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> e Ernesto,<br />
interrompe quest’ultimo.<br />
DOTTORE<br />
La sposa è quella.<br />
Con intenzione marcata.<br />
Sofronia, mia sorella.<br />
ERNESTO Con sorpresa crescente.<br />
Sofronia! Sua sorella!<br />
Comincio ad impazzar!<br />
DOTTORE Piano ad Ernesto.<br />
Per carità, sta zitto,<br />
ci vuoi precipitar.<br />
Piano a <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Gli cuoce: compatitelo,<br />
lo vò capacitar.<br />
Prende Ernesto in disparte.<br />
(Figliuol, non farmi scene,<br />
è tutto per tuo bene.<br />
Se vuoi Norina perdere<br />
non hai che a seguitar:<br />
Ernesto vorrebbe parlare.<br />
seconda la commedia,<br />
sta cheto, e lascia far).<br />
Volgendosi alla comitiva.<br />
Questo contratto adunque<br />
si vada ad ultimar.<br />
Il Dottore conduce a sottoscrivere prima<br />
Norina poi Ernesto, quest’ultimo metà per<br />
amore metà per forza.<br />
NOTARO Reunendo le mani degli sposi.<br />
Siete marito e moglie.<br />
DON PASQUALE<br />
Mi sento a liquefar.<br />
NORINA e DOTTORE<br />
(Va il bello a cominciar.)<br />
Appena segnato il contratto Norina prende<br />
un contegno naturale, ardito senza<br />
impudenza, e pieno di disinvoltura.<br />
DON PASQUALE Facendo l’atto di volerla<br />
abbracciare.<br />
Carina!<br />
NORINA Respingendolo con dolcezza.<br />
Adagio un poco.<br />
Calmate quel gran foco.<br />
Si chiede pria licenza.<br />
DON PASQUALE Con sommessione.<br />
Me l’accordate?<br />
NORINA Seccamente.<br />
No.<br />
Qui il notaro si ritira inosservato.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> rimane mortificatissimo.<br />
ERNESTO Ridendo.<br />
Ah! Ah!<br />
DON PASQUALE Con collera.<br />
Che c’è da ridere,<br />
signore impertinente?<br />
Atto II<br />
103
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 104<br />
Atto II<br />
Partite immantinente,<br />
via, fuor di casa...<br />
NORINA Con disprezzo.<br />
Oibò!<br />
Modi villani e rustici<br />
che tollerar non so.<br />
A Ernesto.<br />
Restate.<br />
A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Le maniere<br />
apprender vi saprò.<br />
DON PASQUALE Consternato al Dottore.<br />
Dottore!<br />
DOTTORE Come sopra.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>!<br />
DON PASQUALE<br />
È un’altra!<br />
DOTTORE<br />
DON PASQUALE<br />
Che vorrà dir?<br />
DOTTORE<br />
Son di sale!<br />
Calmatevi,<br />
sentire mi farò.<br />
ERNESTO e NORINA<br />
(In fede mia dal ridere<br />
frenarmi più non so.)<br />
NORINA A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Un uom qual voi decrepito,<br />
qual voi pesante e grasso<br />
condur non può una giovine<br />
decentemente a spasso.<br />
104<br />
Bisogno ho d’un bracciere.<br />
Accennando Ernesto.<br />
Sarà mio cavaliere.<br />
DON PASQUALE Con vivacità.<br />
Oh! Questo poi, scusatemi,<br />
oh questo esser non può.<br />
NORINA Freddamente.<br />
Perché?<br />
DON PASQUALE Risoluto.<br />
Perché nol voglio.<br />
NORINA Con scherno.<br />
Non lo volete?<br />
DON PASQUALE Come sopra.<br />
No.<br />
NORINA Facendosi presso a <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>, con dolcezza affettata.<br />
Viscere mie, vi supplico<br />
scordar quella parola.<br />
Con enfasi crescente.<br />
Voglio, per vostra regola,<br />
voglio, lo dico io sola;<br />
tutti obbedir qui devono,<br />
io sola ho a comandar.<br />
DOTTORE<br />
Ecco il momento critico.<br />
ERNESTO<br />
Lo stretto da passar.<br />
DON PASQUALE<br />
Ma se...<br />
NORINA<br />
Non voglio repliche.
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 105<br />
DON PASQUALE Accennando Ernesto.<br />
Costui...<br />
NORINA Instizzita.<br />
Taci buffone.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> fa per parlare.<br />
Zitto; provato a prenderti<br />
finora ho colle buone.<br />
Facendoglisi presso con minaccia espressiva.<br />
Saprò se tu mi stuzzichi<br />
le mani adoperar.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> dà indietro atterrito.<br />
DON PASQUALE<br />
(Sogno..? Veglio..? Cos’è stato?<br />
Calci..? Schiaffi..? Brava! Bene!<br />
Buon per me che m’ha avvisato,<br />
or vedrem che cosa viene!<br />
Che t’avesse, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>,<br />
su due piedi ad ammazzar!)<br />
NORINA<br />
È rimasto là impietrato.<br />
ERNESTO<br />
Vegli, o sogni non sa bene.<br />
DOTTORE<br />
Sembra un uomo fulminato,<br />
non ha sangue nelle vene.<br />
A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Fate core <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>,<br />
non vi state a sgomentar.<br />
NORINA<br />
Or l’amico, manco male,<br />
si potrà capacitar.<br />
ERNESTO<br />
Or l’intrico, manco male,<br />
incomincio a indovinar.<br />
Norina va al tavolo, prende il campanello,<br />
e suona con violenza. Entra un servo.<br />
NORINA Al servo.<br />
Riunita immantinente<br />
la servitù qui voglio.<br />
Servo esce.<br />
DON PASQUALE<br />
(Che vuol dalla mia gente?)<br />
DOTTORE e ERNESTO<br />
(Or nasce un altro imbroglio.)<br />
Entrando due servi e un maggiordomo.<br />
NORINA Ridendo.<br />
Tre in tutto! Va benissimo,<br />
c’è poco da contar.<br />
A voi.<br />
Al maggiordomo.<br />
Da quanto sembrami<br />
voi siete il maggiordomo.<br />
Maggiordomo s’inchina.<br />
“Esperto nel servizio,<br />
“attivo, galantuomo,<br />
s’intende. Vi commincio<br />
la paga a raddoppiar.<br />
Maggiordomo si confonde in inchini.<br />
DON PASQUALE<br />
Addio quei quattro ruspi,<br />
son bello e rovinato!<br />
DOTTORE e ERNESTO<br />
Quel diavolo incarnato,<br />
tutte le va a cercar.<br />
NORINA Al maggiordomo.<br />
Ora attendete agli ordini,<br />
che mi dispongo a dar.<br />
Di servitù novella<br />
Atto II<br />
105
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 106<br />
Atto II<br />
pensate a provvedermi;<br />
sia gente fresca e bella,<br />
tale da farci onor.<br />
“Parmi che due dozzine<br />
“potran bastar per or.<br />
DON PASQUALE A Norina con rabbia.<br />
Poi quando avrà finito...<br />
NORINA<br />
Non ho finito ancor.<br />
Al maggiordomo.<br />
Di legni un paio sia<br />
stasera in scuderia,<br />
“uno leggero e basso,<br />
“in quello andremo a spasso,<br />
“l’altro più greve e solido<br />
“da viaggio servirà.<br />
Quanto ai cavalli poi,<br />
lascio la scelta a voi.<br />
“Siano di razza inglese,<br />
“e non si badi a spese.<br />
“Otto da tiro: due<br />
“da sella e basterà.<br />
La casa è mal disposta.<br />
La vo’ rifar di posta,<br />
sono anticaglie i mobili,<br />
si denno rinnovar.<br />
Vi son mill’altre cose<br />
urgenti, imperïose,<br />
un parrucchier da scegliere,<br />
un sarto, un gioielliere,<br />
ma questo con più comodo<br />
domani si può far.<br />
DON PASQUALE Con rabbia concentrata.<br />
Avete ancor finito?<br />
NORINA Seccamente.<br />
No.<br />
Al maggiordomo.<br />
106<br />
Mi scordavo il meglio.<br />
Farete che servito<br />
sia per le quattro un pranzo<br />
nel gran salon terreno<br />
sarem cinquanta almeno,<br />
fate le cose in regola,<br />
non ci facciam burlar.<br />
D’un cenno congeda il maggiordomo che<br />
parte coi servi.<br />
DOTTORE Guardando <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
(Il cielo si rannuvola.)<br />
ERNESTO<br />
(Comincia a lampeggiar.)<br />
NORINA Volgendosi con calma a <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>.<br />
“Ecco finito.<br />
DON PASQUALE<br />
Chi paga?<br />
NORINA<br />
“Grazie.”<br />
Oh bella! Voi.<br />
DON PASQUALE<br />
A dirla qui fra noi<br />
non pago mica.<br />
NORINA<br />
No?<br />
DON PASQUALE Riscaldato.<br />
Sono o non son padrone?<br />
NORINA Con disprezzo.<br />
Mi fate compassione.<br />
Con forza.<br />
Padrone ov’io comando?
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 107<br />
DOTTORE Interponendosi a Norina.<br />
Sorella...<br />
NORINA<br />
Or or vi mando...<br />
A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> con... furia crescente.<br />
siete un villano, un tanghero...<br />
DON PASQUALE Con dispetto.<br />
È vero; v’ho sposato.<br />
NORINA Come sopra.<br />
Un pazzo temerario...<br />
DOTTORE A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> che sbuffa.<br />
Per carità, cognato.<br />
NORINA<br />
Che presto alla raggione<br />
rimettere saprò.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> è fuori di sé, vorrebbe e non<br />
può parlare, la bile lo affoga.<br />
DON PASQUALE<br />
Son tradito, calpestato,<br />
son di riso a tutti oggetto.<br />
Quest’inferno anticipato<br />
non lo voglio sopportar.<br />
Dalla rabbia e dal dispetto<br />
sto vicino a soffocar.<br />
NORINA A Ernesto.<br />
Or t’avvedi, core ingrato,<br />
che fu ingiusto il tuo sospetto.<br />
Solo amor m’ha consigliato<br />
questa parte a recitar.<br />
Accennando <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, poveretto!<br />
È vicino ad affogar.<br />
ERNESTO A Norina.<br />
Sono, o cara, sincerato,<br />
momentaneo fu il sospetto.<br />
Solo amor t’ha consigliato<br />
questa parte a recitar.<br />
Accennando <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, poveretto!<br />
È vicino ad affogar.<br />
DOTTORE A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Siete un poco riscaldato,<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, andate a letto.<br />
NORINA Con rimprovero.<br />
Far soprusi a mio cognato!<br />
Non lo voglio sopportar.<br />
DOTTORE Agli amanti, coprendoli perché<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> non li veda.<br />
Ragazzacci, ma cospetto!<br />
Non vi state a palesar.<br />
FINE DELL’ATTO II<br />
Atto II<br />
107
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 108<br />
Atto III<br />
ATTO TERZO.<br />
Sala in casa di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> come nell’atto<br />
I e II. Sparsi sui tavoli, sulle sedie,<br />
per terra, articoli di abbigliamento femminile,<br />
abiti, cappelli, pellicce, sciarpe, merletti,<br />
cartoni; etc. <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> seduto nella<br />
massima costernazione davanti una tavola<br />
piena zeppa di liste e fatture; vari servi in<br />
attenzione. Dall’appartamento di <strong>Don</strong>na<br />
Norina esce un parrucchiere con pettini,<br />
pomate, cipria, ferri da arricciare, etc., attraversa<br />
la scena, e via per la porta di mezzo.<br />
SCENA PRIMA.<br />
Cameriera facendosi sulla porta dell’appartamento<br />
di <strong>Don</strong>na Norina ai servi.<br />
CAMERIERA<br />
I diamanti presto, presto.<br />
UN SERVO Annunziando.<br />
La scuffiara.<br />
2 a CAMERIERA Come sopra.<br />
Venga avanti.<br />
La scuffiara portante un monte di cartoni<br />
viene introdotta nell’appartamento di<br />
<strong>Don</strong>na Norina.<br />
3 a CAMERIERA Con pelliccia grande<br />
mazzo di fiori, boccette d’odore che consegna<br />
a un servo.<br />
In carrozza tutto questo.<br />
4 a CAMERIERA<br />
Il ventaglio, il velo, i guanti.<br />
5 a CAMERIERA<br />
I cavalli sul momento<br />
ordinate d’attaccar.<br />
108<br />
DON PASQUALE<br />
Che mare! Che stordimento!<br />
È una casa da impazzar.<br />
A misura che le cameriere danno gli ordini<br />
di sopra, i servi eseguiscono in fretta. Ne<br />
nasce trambusto e confusione.<br />
DON PASQUALE Esaminando le note.<br />
Vediamo: alla modista<br />
cento scudi. Obbligato! Al carrozziere<br />
seicento. Poca robba!<br />
Novecento e cinquanta al gioielliere.<br />
Per cavalli...<br />
Getta la nota con stizza e si alza.<br />
al demonio<br />
i cavalli, i mercanti, e il matrimonio!<br />
Pensa.<br />
Che cosa vorrà dir questa gran gala!<br />
Escir sola a quest’ora<br />
“un primo dì di nozze<br />
“è un atto così fuor d’ogni ragione<br />
“ch’io marito e padrone”<br />
debbo oppormi a ogni modo ed<br />
[impedirlo.<br />
Ma... si fa presto a dirlo.<br />
Colei ha certi occhiacci,<br />
certo far da regina<br />
“che mi viene la pelle di gallina<br />
“solamente a pensarvi.” Ah! <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong><br />
chi te l’ha fatta far! Ad ogni modo<br />
vo provarmi. Se poi<br />
fallisce il tentativo... eccola; a noi.<br />
SCENA II.<br />
Norina e detto.<br />
Norina entra correndo, e senza badare a<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, fa per escire. È vestita in<br />
grandissima gala, ventaglio in mano.<br />
DON PASQUALE<br />
Dove corre in tanta fretta<br />
signorina, vorria dirmi?
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 109<br />
NORINA<br />
È una cosa presto detta,<br />
vò a teatro a divertirmi.<br />
DON PASQUALE<br />
Ma il marito, con sua pace,<br />
non voler potria talvolta.<br />
NORINA<br />
Il marito vede e tace,<br />
quando parla, non s’ascolta.<br />
DON PASQUALE Con bile crescente.<br />
A non mettermi al cimento<br />
per suo bene, la consiglio.<br />
Vada in camera al momento.<br />
Ella in casa resterà.<br />
NORINA Con aria di motteggio.<br />
A star cheto e non far scene<br />
per mia parte la scongiuro.<br />
Vada a letto, dorma bene,<br />
poi doman si parlerà.<br />
Va per uscire.<br />
DON PASQUALE Interponendosi fra lei e<br />
la porta.<br />
Non si sorte.<br />
NORINA Ironica.<br />
DON PASQUALE<br />
Sono stanco.<br />
NORINA<br />
DON PASQUALE<br />
Civettella!<br />
Veramente!!<br />
Sono stuffa.<br />
NORINA Con gran calore.<br />
Impertinente,<br />
prendi su che ben ti sta!<br />
Gli dà uno schiaffo.<br />
DON PASQUALE<br />
(Ah! È finita, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>,<br />
più non romperti la testa.<br />
Il partito che ti resta,<br />
è d’andarti ad annegar.)<br />
NORINA<br />
(È duretta la lezione,<br />
ma ci vuol a far l’effetto.<br />
Or bisogna del progetto<br />
la riuscita assicurar.)<br />
A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
Parto dunque...<br />
DON PASQUALE<br />
Parta pure.<br />
Ma non faccia più ritorno.<br />
NORINA<br />
Ci vedremo al nuovo giorno.<br />
DON PASQUALE<br />
Porta chiusa troverà.<br />
NORINA<br />
Via, caro sposino,<br />
non farmi il tiranno,<br />
sii dolce e bonino,<br />
rifletti all’età.<br />
Va’ a letto, bel nonno,<br />
sia cheto il tuo sonno<br />
per tempo a svegliarti<br />
la sposa verrà.<br />
DON PASQUALE<br />
Divorzio! Divorzio!<br />
Che letto che sposa<br />
Atto III<br />
109
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 110<br />
Atto III<br />
peggiore consorzio<br />
di questo non v’ha.<br />
Ah! Povero sciocco!<br />
Se duri in cervello<br />
con questo martello<br />
miracol sarà.<br />
Norina via.<br />
Nell’atto di partire Norina lascia cadere<br />
una carta, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> se ne avvede e la<br />
raccoglie.<br />
Qualche nota di cuffie e di merletti<br />
che la signora semina per casa.<br />
La spiega e legge.<br />
«Adorata Sofronia.»<br />
Nella massima ansietà.<br />
Ehi! Ehi! Che affare è questo!<br />
Legge.<br />
«Fra le nove e le dieci della sera<br />
sarò dietro al giardino,<br />
dalla parte che guarda a settentrione.<br />
Per maggior precauzione<br />
fa se puoi d’introdurmi<br />
pel piccolo cancello. A noi ricetto<br />
daran securo l’ombre del boschetto.<br />
Mi scordavo di dirti<br />
che annunzierò cantando il giunger<br />
[mio.<br />
Mi raccomando. Il tuo fedele. Addio.»<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> fuori di sé.<br />
Questo è troppo; costei<br />
mi vuol morto arrabbiato!<br />
Ah! Non ne posso più perdo la testa!<br />
Scampanellando.<br />
Si chiami Malatesta.<br />
Ai servi che entrano.<br />
Correte dal Dottore,<br />
ditegli che sto mal che venga tosto.<br />
(O crepare o finirla ad ogni costo!)<br />
Esce.<br />
110<br />
SCENA III.<br />
Entra coro di servi e cameriere.<br />
TUTTI<br />
Che interminabile andirivieni!<br />
Non posso reggere rotte ho le reni.<br />
Tin tin di qua, ton ton di là,<br />
in pace un attimo mai non si sta.<br />
Ma... casa buona montata in<br />
[grande,<br />
si spende, e spande, v’è da scialar.<br />
DONNE<br />
Finito il pranzo vi furon scene.<br />
UOMINI<br />
Comincian presto. Contate un po’.<br />
DONNE<br />
Dice il marito. «Restar conviene.»<br />
Dice la sposa «sortire io vo.»<br />
Il vecchio sbuffa, segue baruffa.<br />
UOMINI<br />
Ma la sposina l’ha da spuntar.<br />
V’è un nipotino guasta-mestieri...<br />
DONNE<br />
Che tiene il vecchio sopra pensieri.<br />
UOMINI<br />
La padroncina è tutto foco.<br />
DONNE<br />
Par che il marito lo conti poco.<br />
TUTTI<br />
Zitto, prudenza, alcun qui viene;<br />
si starà bene v’è da scialar.<br />
Escono.
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 111<br />
SCENA IV.<br />
Dottore, e Ernesto, sul limitare<br />
della porta.<br />
DOTTORE<br />
Siamo intesi.<br />
ERNESTO<br />
Sta bene. Ora in giardino<br />
scendo a far la mia parte.<br />
DOTTORE<br />
Mentr’io fo qui la mia.<br />
Soprattutto che il vecchio<br />
non ti conosca!<br />
ERNESTO<br />
DOTTORE<br />
venir ci senti...<br />
ERNESTO<br />
DOTTORE<br />
Ottimamente.<br />
ERNESTO<br />
Ernesto esce.<br />
Non temer.<br />
Appena<br />
Su il mantello e via.<br />
A rivederci.<br />
DOTTORE Avanzandosi.<br />
Questa<br />
repentina chiamata<br />
mi prova che il biglietto<br />
del convegno notturno ha fatto<br />
[effetto.<br />
Guarda fra le scene.<br />
Eccolo!.. Com’è pallido, e dimesso!<br />
Non sembra più lo stesso...<br />
me ne fa male il core...<br />
ricomponiamci un viso da dottore.<br />
SCENAV.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> abbattutissimo<br />
s’innoltra lentamente.<br />
DOTTORE Andandogli incontro.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>...<br />
DON PASQUALE Con tristezza solenne.<br />
Cognato, in me vedete<br />
un morto che cammina.<br />
DOTTORE<br />
languir. Che fu? Parlate.<br />
Non mi fate<br />
DON PASQUALE Senza badargli e come<br />
parlando a se stesso.<br />
Pensar che per un misero puntiglio<br />
mi son ridotto a questo!<br />
Mille Norine avessi dato a Ernesto!<br />
DOTTORE<br />
(Cosa buona a sapersi.)<br />
Mi spiegherete alfin.<br />
DON PASQUALE<br />
Mezza l’entrata<br />
d’un anno in cuffie e in nastri<br />
[consumata!<br />
Ma questo è nulla.<br />
DOTTORE<br />
DON PASQUALE<br />
vuol escire a teatro.<br />
E poi?<br />
Atto III<br />
La signorina<br />
111
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.34 Pagina 112<br />
Atto III<br />
M’oppongo colle buone,<br />
non intende ragione, e son deriso.<br />
Comando... e della man mi dà sul<br />
[viso.<br />
DOTTORE<br />
Uno schiaffo!!<br />
DON PASQUALE<br />
Uno schiaffo, sì signore!<br />
Ma questo è nulla v’è di peggio<br />
[ancora.<br />
Leggete.<br />
Porge la lettera al Dottore che legge dando<br />
segni di sorpresa crescente fino all’orrore.<br />
DOTTORE<br />
Io son di sasso.<br />
DON PASQUALE Riscaldandosi.<br />
Corpo d’un satanasso,<br />
voglio vendetta.<br />
DOTTORE<br />
DON PASQUALE<br />
sta in noi.<br />
DOTTORE<br />
Come?<br />
DON PASQUALE<br />
È giusto.<br />
Assicurarla<br />
Ascoltate.<br />
Ho un mio ripiego; ma sediam.<br />
Siedono.<br />
DOTTORE<br />
112<br />
Parlate.<br />
DON PASQUALE<br />
Cheti cheti immantinente<br />
nel giardino discendiamo,<br />
prendo meco la mia gente,<br />
il boschetto circondiamo,<br />
e la coppia sciagurata<br />
a un mio cenno imprigionata<br />
senza perdere un momento<br />
conduciam dal podestà.<br />
Che vi par del pensamento?<br />
DOTTORE<br />
Parlo schietto, non mi va.<br />
Riflettete. La colpevole<br />
m’è sorella, è moglie vostra.<br />
Ah non stiamo l’onta nostra<br />
su pei tetti a divulgar.<br />
A DUE<br />
Espediente più a proposito<br />
procuriam d’imaginar.<br />
DOTTORE<br />
Io direi... sentite un poco,<br />
noi due soli andiam sul loco,<br />
nel boschetto ci appostiamo,<br />
a suo tempo ci mostriamo<br />
e tra preghi, tra minacce<br />
d’avvertir l’autorità.<br />
Ci facciam dai due promettere<br />
che la tresca ha fine là.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> che vi par?<br />
DON PASQUALE Alzandosi.<br />
Perdonate, non può star.<br />
È siffatto scioglimento<br />
poca pena al tradimento.<br />
Vada fuor di casa mia,<br />
altri patti non vò far.
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.35 Pagina 113<br />
A DUE<br />
È un affare delicato,<br />
vuol ben esser ponderato.<br />
La prudenza col rigore<br />
qui bisogna conciliar.<br />
DOTTORE A un tratto.<br />
L’ho trovata!<br />
DON PASQUALE<br />
Dite presto.<br />
DOTTORE<br />
Oh benedetto!<br />
Nel boschetto<br />
quatti quatti ci appostiamo,<br />
di là tutto udir possiamo.<br />
S’è costante il tradimento,<br />
su due piè s’ha da cacciar.<br />
DON PASQUALE<br />
Son contento, va benone.<br />
DOTTORE<br />
Ma con patto e condizione<br />
che l’intento ad ottenere<br />
m’accordiate di potere<br />
fare e dire a nome vostro<br />
tutto quello che mi par.<br />
DON PASQUALE<br />
Carta bianca vi concedo,<br />
fate pur quel che vi par.<br />
Aspetta, aspetta<br />
cara sposina<br />
la mia vendetta<br />
già s’avvicina,<br />
già già ti preme,<br />
già t’ha raggiunto,<br />
tutte in un punto<br />
l’hai da scontar.<br />
Vedrai se giovino<br />
raggiri e cabale,<br />
sorrisi teneri<br />
sospiri e lagrime.<br />
La mia rivincita<br />
mi voglio prendere,<br />
sei nella trappola<br />
v’hai da restar.<br />
DOTTORE<br />
Il poverino<br />
sogna vendetta<br />
non sa il meschino<br />
quel che l’aspetta,<br />
invano freme,<br />
invano arrabbia,<br />
è chiuso in gabbia,<br />
non può scappar.<br />
Invano accumula<br />
progetti e calcoli:<br />
non sa che fabbrica<br />
castelli in aria;<br />
non vede il semplice<br />
che nella trappola<br />
da sé medesimo<br />
si va a gettar.<br />
Escono insieme.<br />
Atto III<br />
SCENAVI.<br />
Ernesto e coro di dentro.<br />
Boschetto nel giardino attiguo alla casa di<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>; a sinistra dello spettatore<br />
gradinata che dalla casa mette in giardino<br />
a dritta belvedere. Piccolo cancello in fondo.<br />
ERNESTO<br />
Com’è gentil - la notte a mezzo<br />
[april!<br />
È azzurro il ciel - la luna è senza<br />
[vel:<br />
tutto è languor - pace, mistero,<br />
[amor.<br />
113
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.35 Pagina 114<br />
Atto III<br />
Ben mio, perché - ancor non<br />
[vieni a me?<br />
Sembra che l’aura - formi<br />
[sospiri e accenti,<br />
del rio nel mormore - carezze e<br />
[baci senti;<br />
il tuo fedel - si strugge di desir;<br />
Nina crudel - mi vuoi veder<br />
[morir!!<br />
Poi quando sarò morto, piangerai,<br />
ma ritornarmi in vita non potrai.<br />
CORO Di dentro.<br />
Poi quando sarà morto, piangerai,<br />
ma ritornarlo in vita non potrai.<br />
Norina esce con precauzione dalla parte<br />
del belvedere, e va ad aprire ad Ernesto, che<br />
si mostra dietro il cancello. Ernesto è avvolto<br />
in un mantello che lascerà cadere.<br />
A DUE<br />
ERNESTO e NORINA<br />
Tornami a dir che m’ami,<br />
dimmi che mia/o tu sei;<br />
quando tuo ben mi chiami<br />
la vita addoppi in me.<br />
La voce tua sì cara<br />
rinfranca il core oppresso:<br />
sicuro/a a te dappresso,<br />
tremo lontan da te.<br />
Si vedono <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> e il Dottore<br />
muniti di lanterne sorde entrar pian piano<br />
nel cancello, si perdono dietro agli alberi per<br />
si comparire a suo tempo.<br />
NORINA Sommessamente.<br />
Sento rumor.<br />
ERNESTO<br />
114<br />
Son dessi...<br />
NORINA<br />
Comincia l’ultim’atto.<br />
ERNESTO<br />
Se perder ti dovessi!<br />
NORINA<br />
Fa cor, t’affida in me.<br />
Mentre <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> e il Dottore si compariscono<br />
Ernesto riprende il mantello, e si<br />
scosta alquanto da Norina nella direzione<br />
della casa di <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
DON PASQUALE<br />
Eccoli; attenti ben...<br />
DOTTORE<br />
Mi raccomando...<br />
SCENAVII.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, Dottore e detti.<br />
DON PASQUALE Sbarrando la lanterna<br />
in volto a Norina.<br />
Alto là!<br />
NORINA<br />
Ladri, aiuto!<br />
DON PASQUALE A Norina.<br />
Zitto; ov’è il drudo?<br />
NORINA<br />
DON PASQUALE<br />
Chi?<br />
Colui che stava<br />
con voi qui amoreggiando.<br />
NORINA Con risentimento.<br />
Signor mio,<br />
mi meraviglio, qui non v’era alcuno.
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.35 Pagina 115<br />
DOTTORE<br />
(Che faccia tosta!)<br />
DON PASQUALE<br />
Che mentir sfacciato!<br />
Saprò ben io trovarlo.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> e il Dottore fanno indagini<br />
nel boschetto. Ernesto entra pian piano in<br />
casa.<br />
NORINA<br />
Vi ripeto<br />
che qui non v’era alcun che voi<br />
[sognate.<br />
DOTTORE<br />
A quest’ora in giardin che facevate?<br />
NORINA<br />
Stavo prendendo il fresco.<br />
DON PASQUALE<br />
Il fresco!<br />
Con esplosione.<br />
Ah donna indegna,<br />
fuor di mia casa, o ch’io...<br />
NORINA<br />
Ehi, ehi, signor marito,<br />
su che tuon la prendete?<br />
DON PASQUALE<br />
Escite, e presto.<br />
NORINA<br />
Nemmen per sogno. È casa mia, vi<br />
[resto.<br />
DON PASQUALE<br />
Corpo di mille bombe!<br />
DOTTORE<br />
(<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong><br />
lasciate fare a me; solo badate<br />
a non smentirmi; ho carta bianca...)<br />
DON PASQUALE<br />
NORINA<br />
(Il bello adesso viene!)<br />
(È inteso.)<br />
DOTTORE<br />
(Stupor misto di sdegno, attenta bene.)<br />
Sorella, udite, io parlo<br />
per vostro ben; vorrei<br />
risparmiarvi uno sfregio.<br />
NORINA<br />
A me uno sfregio!<br />
DOTTORE<br />
(Benissimo.) Domani in questa casa<br />
entra la nuova sposa...<br />
NORINA Come sopra.<br />
Un’altra donna!<br />
A me simile ingiuria!<br />
DOTTORE<br />
(Ecco il momento di montare in<br />
[furia.)<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> tien dietro al dialogo con<br />
grande interesse.<br />
NORINA<br />
Sposa di chi?<br />
DOTTORE<br />
D’Ernesto, la Norina.<br />
NORINA Con disprezzo.<br />
Quella vedova scaltra, e civettina!<br />
Atto III<br />
115
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.35 Pagina 116<br />
Atto III<br />
DON PASQUALE Al Dottore.<br />
Bravo Dottore!<br />
DOTTORE<br />
a cavallo.<br />
NORINA<br />
Siamo<br />
Colei qui a mio dispetto!<br />
Norina ed io sotto l’istesso tetto!<br />
Con forza.<br />
Giammai! Piuttosto parto.<br />
DON PASQUALE<br />
(Ah! Lo volesse il ciel!)<br />
NORINA Cambiando modo.<br />
Ma... piano un poco.<br />
Se queste nozze poi fossero un gioco!<br />
Vo’ sincerarmi pria.<br />
DOTTORE<br />
È giusto.<br />
A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
(<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, non c’è via;<br />
qui bisogna sposar quei due davvero,<br />
se no costei non va.)<br />
DON PASQUALE<br />
DOTTORE Chiamando.<br />
Ehi! Di casa, qualcuno,<br />
Ernesto...<br />
ERNESTO<br />
116<br />
(Non mi par vero.)<br />
SCENA ULTIMA.<br />
Ernesto, e servi.<br />
Eccomi.<br />
DOTTORE<br />
A voi<br />
accorda <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong><br />
la mano di Norina, e un annuo<br />
[assegno<br />
di quattromila scudi.<br />
ERNESTO<br />
E fia ver?<br />
Ah! Caro zio!<br />
DOTTORE A <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>.<br />
(D’esitar non è più tempo,<br />
dite di sì.)<br />
NORINA<br />
DON PASQUALE<br />
M’oppongo.<br />
Ed io consento.<br />
A Ernesto.<br />
Corri a prender Norina,<br />
e d’unirvi io m’impegno in sul<br />
[momento.<br />
DOTTORE<br />
Senz’andar lungi la sposa è presta.<br />
DON PASQUALE<br />
Come? Spiegatevi...<br />
DOTTORE<br />
Norina è questa.<br />
DON PASQUALE<br />
Quella?.. Norina..? Che<br />
[tradimento!!<br />
Dunque Sofronia...<br />
DOTTORE<br />
Dura in convento.
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.35 Pagina 117<br />
DON PASQUALE<br />
E il matrimonio..?<br />
DOTTORE<br />
Fu un mio pensiero.<br />
Stringervi in nodo di nullo effetto<br />
il modo a torvi di farne un vero.<br />
È chiaro il resto del romanzetto.<br />
DON PASQUALE<br />
Ah bricconissimi... (vero non<br />
[parmi!<br />
Ciel ti ringrazio!) Così ingannarmi!<br />
Meritereste...<br />
DOTTORE<br />
Via siate buono.<br />
ERNESTO Inginocchiandosi.<br />
Deh! Zio, movetevi!<br />
NORINA Come sopra.<br />
Grazia, perdono!<br />
DON PASQUALE<br />
Tutto dimentico, siate felici,<br />
Com’io v’unisco v’unisca il ciel!<br />
NORINA<br />
La moral di tutto questo<br />
è assai facile trovar,<br />
ve la dico presto presto<br />
se vi piace d’ascoltar:<br />
ben è scemo di cervello<br />
chi s’ammoglia in vecchia età,<br />
va a cercar col campanello<br />
noie e doglie in quantità.<br />
DON PASQUALE<br />
La morale è molto bella<br />
applicarla a me si sta,<br />
sei pur fina o bricconcella<br />
m’hai servito come va.<br />
DOTTORE e ERNESTO<br />
La morale è molto bella<br />
<strong>Don</strong> Pasqual l’applicherà,<br />
quella cara bricconcella<br />
lunga più di noi la sa.<br />
[FINE.]<br />
Atto III<br />
117
08. libretto - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 1 19/11/2010 14.35 Pagina 118<br />
118
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 119<br />
SER MARCANTONIO<br />
Dramma giocoso<br />
Libretto di Angelo Anelli<br />
Musica di Stefano Pavesi<br />
Trascrizione del libretto a stampa<br />
per la prima rappresentazione dell’opera<br />
Milano, Tipografica de’ Classici Italiani, 1810<br />
119
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 120
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 121<br />
SER MARCANTONIO<br />
Il Sig. Niccola Bassi.<br />
MEDORO<br />
Il Sig. Michele Schira.<br />
DORINA<br />
La Signora Lutgarda Anibaldi.<br />
LISETTA, sua Cameriera<br />
La Signora Marianna Muraglia.<br />
PASQUINO, suo Servitore<br />
Il Sig. Pietro Vasoli.<br />
ATTORI.<br />
BETTINA, Scuffiara<br />
La Signora Elisabetta Gafforini,<br />
prima cantante al servizio di S. M. Re d’Italia.<br />
TOBIA, Sensale, fratello di Bettina<br />
Il Sig. Luigi Zamboni.<br />
Suoi Nipoti<br />
CORI E COMPARSE<br />
Di vecchi Parenti e Amici di Marcantonio.<br />
Di Suonatori e Cantanti.<br />
Di Falegnami, Muratori, Mercanti di Mode, e Bijeutterie.<br />
Alcune Ragazze Modiste, Servitori ec.<br />
121
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 122<br />
In mancanza della prima <strong>Don</strong>na canterà la Signora Anna Ferri.<br />
Supplimento al primo Tenore, il Sig. Gaetano Bianchi.<br />
Supplimento ai Buffi, il Sig. Antonio Coldani.<br />
La Musica è del Sig. Maestro STEFANO PAVESI.<br />
Tanto le scene dell’Opera quanto quelle del Ballo son tutte nuove, disegnate e<br />
dipinte dai Signori Alessandro Sanquirico e Giovanni Pedroni.<br />
122
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 123<br />
Maestro al Cembalo<br />
Sig. Vincenzo Lavigna.<br />
Capo d’Orchestra<br />
Sig. Alessandro Rolla.<br />
Primo Violoncello<br />
Sig. Giuseppe Sturioni.<br />
Clarinetto<br />
Sig. Giuseppe Adami.<br />
Corno da caccia<br />
Sig. Luigi Belloli.<br />
Primo Fagotto<br />
Sig. Gaudenzio Lavarìa.<br />
Primi Contrabbassi<br />
Sig. Giuseppe Andreoli - Sig. Gio. Monestiroli.<br />
Primo Violino per i Balli<br />
Sig. Gaetano Pirola.<br />
123
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 124<br />
124<br />
Direttore del Coro<br />
Sig. Gaetano Terraneo.<br />
Copista della Musica, e Suggeritore<br />
Sig. Carlo Bordoni.<br />
Inventore degli Abiti, ed Attrezzi<br />
il Sig. GIACOMO PREGLIASCO,<br />
R. Disegnatore.<br />
Capi Sarti<br />
Da Uomo<br />
Sig. Albino Rinaldo.<br />
Da <strong>Don</strong>na<br />
Sig. Lombardi Gio.<br />
Macchinisti<br />
Sig. Francesco Pavesi - Sig. Antonio Gallina.<br />
Capo Illuminatore<br />
Sig. Michele Gastaldi.<br />
Berrettonaro<br />
Sig. Giosuè Parravicino.
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 125<br />
ATTO I.<br />
SCENA I.<br />
Piccola sala con porta nel mezzo aperta,<br />
e praticabile.<br />
Marcantonio seduto nel mezzo fra<br />
Dorina, e Medoro. Intorno a lui un coro di<br />
vecchi suoi amici, pure seduti. Lisetta, e<br />
Pasquino in piedi dietro gli altri.<br />
MARCANTONIO<br />
Amici miei carissimi,<br />
conciossiachè vi resta,<br />
per quanto è almen da credere,<br />
un po’ di senno in testa:<br />
un grave affar desidero<br />
con voi di consultar.<br />
MEDORO e DORINA<br />
(D’un qualche imbroglio io<br />
[dubito.)<br />
LISETTA e PASQUINO<br />
(Che diavolo vuol far?)<br />
MARCANTONIO<br />
Di questi miei nipoti<br />
io sono assai contento:<br />
per compiere i lor voti<br />
vorrei far testamento.<br />
MEDORO e DORINA<br />
Ah! Caro zio... (qual giubbilo!)<br />
MARCANTONIO<br />
Lasciatemi parlar.<br />
Pensando poi, che l’ultimo<br />
io son del mio casato:<br />
che ancor potrei, volendolo,<br />
esser pappà chiamato,<br />
per dir la cosa in termini,<br />
moglie vorrei pigliar.<br />
MEDORO e DORINA<br />
(Ohimè! Qual nuova è questa!)<br />
PASQUINO e LISETTA<br />
(È matto nella testa.)<br />
A 4<br />
(Mi fa strasecolar.)<br />
MARCANTONIO<br />
Quest’è ciò che desidero<br />
con voi di consultar.<br />
CORO DEI VECCHI<br />
Considerando Ser Marcantonio,<br />
qual sien gli obblighi del<br />
[matrimonio:<br />
facendo i calcoli così all’ingrosso<br />
dei quattro sabati, che avete indosso,<br />
noi concludiamo da buoni amici,<br />
che ad ogni coniuge d’antichi<br />
[auspici<br />
il matrimonio s’ha da interdir.<br />
LISETTA, DORINA, MEDORO,<br />
Atto I<br />
PASQUINO<br />
Costor si spiegano con senno, e<br />
[sale.<br />
MARCANTONIO<br />
A prender moglie fo’ dunque male?<br />
CORO<br />
Male, malissimo: non c’è da dir.<br />
MARCANTONIO S’alza, e così tutti gli<br />
altri.<br />
Care bestie, del vostro consiglio,<br />
125
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 126<br />
Atto I<br />
parlo tondo, non son persuaso.<br />
Prendo moglie, e con tanto di naso<br />
tutti quanti vi faccio restar.<br />
LISETTA, DORINA, PASQUINO,<br />
MEDORO<br />
(Qual rovina! Il balordo s’ostina.)<br />
CORO<br />
Perdonate: così non si tratta.<br />
TUTTI<br />
Prego il ciel, che vi/gli tocchi una<br />
[matta,<br />
che di rabbia vi/lo faccia crepar.<br />
Il coro parte.<br />
MARCANTONIO<br />
Che credono costor?.. Perché negli<br />
[anni<br />
son un poco avanzato,<br />
ch’io sia com’essi, un colascion<br />
[scordato?<br />
Che ne dici Lisetta?<br />
LISETTA<br />
Oh!.. Voi, padrone,<br />
siete ancora un campione<br />
da fare al par d’ognun la vostra parte.<br />
MARCANTONIO<br />
Brava: or vedo, che sei perita in arte.<br />
DORINA<br />
(Mi tradisci tu ancor?)<br />
LISETTA<br />
(Ma non capite,<br />
che convien secondar?)<br />
126<br />
MARCANTONIO<br />
Pasquin, ti pare,<br />
ch’io non possa sperare<br />
di diventar pappà?<br />
PASQUINO<br />
Qual giovinotto<br />
più ben di voi si porta?<br />
MARCANTONIO<br />
Bravo: tu sai capir quel che più<br />
[importa.<br />
MEDORO<br />
(A far questi spropositi, briccone,<br />
il padron si consiglia?)<br />
PASQUINO<br />
(Già più dite di no, più si puntiglia.)<br />
MARCANTONIO<br />
Orsù, Pasquin, Lisetta,<br />
v’ho da parlare. Andiam. Nipoti miei,<br />
preparatevi pure a far la corte<br />
alla signora zia nostra consorte.<br />
SCENA II.<br />
Medoro, Dorina, indi Tobia.<br />
MEDORO<br />
Sorella mia...<br />
DORINA<br />
Fratello...<br />
MEDORO<br />
Che abbiam da far?<br />
DORINA<br />
Che possiam dir?
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 127<br />
MEDORO<br />
Bettina,<br />
che credendomi erede<br />
della roba del zio dovea sposarmi,<br />
or forse più non mi vorrà.<br />
DORINA<br />
Tobia<br />
di lei fratel, ch’esser volea mio sposo,<br />
sulla fede d’aver una gran dote:<br />
or che resto a man vuote,<br />
mi pianterà.<br />
MEDORO<br />
DORINA<br />
Vedilo appunto.<br />
MEDORO<br />
Questa nuova del zio<br />
di noi chi gliela dà?<br />
DORINA<br />
Oh Dio!<br />
Non ho coraggio.<br />
MEDORO<br />
Nemmen io. Già lo sai,<br />
che per dar tristi nuove io non son<br />
[fatto.<br />
DORINA<br />
Che fortuna crudel!<br />
MEDORO<br />
Che vecchio matto!<br />
Siedono lontani, e stanno in atto di tristezza.<br />
TOBIA<br />
Quando, o Dorina amabile,<br />
quando verrà quel dì,<br />
che il tuo bocchin di zucchero<br />
a me dirà di sì?<br />
Io giorno, e notte assiduo<br />
a far negozi attendo:<br />
propongo stocchi, e debiti,<br />
compro, baratto, e vendo:<br />
or dimmi tutto questo,<br />
Dorina mia, perché?<br />
Per arricchir più presto;<br />
per viver ben con te.<br />
Ma Dorina... Medoro... e che vuol<br />
[dire<br />
cotal malinconia? Che cosa avete?<br />
Spiegatevi. Sapete,<br />
che vostro amico io sono.<br />
MEDORO<br />
TOBIA<br />
Dimmi: cos’è?<br />
MEDORO<br />
Ah! Qual rovina!<br />
Te lo dirà Dorina.<br />
TOBIA<br />
Son qua, cara, son qua. Delle tue<br />
[smanie<br />
qual mai, visetto d’oro,<br />
è la cagion?<br />
DORINA<br />
Parte.<br />
Te lo dirà Medoro.<br />
SCENA III.<br />
Medoro, Tobia, indi Lisetta.<br />
Atto I<br />
TOBIA<br />
Voi mi fate impazzir. Forse Dorina<br />
è in collera con me?<br />
127
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 128<br />
Atto I<br />
MEDORO<br />
No, caro amico.<br />
TOBIA<br />
Ma dunque qual intrico...<br />
qual disgrazia improvvisa?..<br />
LISETTA<br />
Ah! Ah!.. Vecchio babbeo!.. Schiatto<br />
[di risa.<br />
TOBIA<br />
Lisetta... e che vuol dir?<br />
LISETTA<br />
che il mio padrone...<br />
TOBIA<br />
LISETTA<br />
TOBIA<br />
Eh! Via.<br />
MEDORO<br />
Pur troppo.<br />
TOBIA<br />
Ebben?<br />
Già lo saprete<br />
Vuole ammogliarsi.<br />
Ah! Ah! Delle tue smanie<br />
è questa la cagione; or me ne avveggio.<br />
MEDORO<br />
E che altro mi potea nascer di peggio?<br />
TOBIA<br />
Ma chi è poi questa sposa?<br />
LISETTA<br />
Non l’ha trovata ancor.<br />
128<br />
MEDORO<br />
LISETTA<br />
Come?..<br />
Sentite.<br />
A me, a Pasquin poc’anzi<br />
egli aperse il suo cor. Vuole una sposa<br />
buona, bella, amorosa,<br />
che non rida, non pianga,<br />
non conversi, non giochi, e non<br />
[ispenda;<br />
che ad altro non attenda,<br />
che alla casa, e al marito: in somma<br />
[tale,<br />
che all’età vecchia, e nuova<br />
io mi lascio scannar s’una ne trova.<br />
MEDORO<br />
Via: via: quand’è così... che pensi?<br />
TOBIA<br />
(Appunto...<br />
è questa l’occasione<br />
di dare ai vecchi matti una lezione.<br />
A me, perbacco, a me.) Corri, Lisetta,<br />
a dire al tuo padron, che fra mezz’ora<br />
gli condurrò una giovane,<br />
e che spero, a dir tutto in due parole,<br />
che appunto sarà tal, qual ei la vuole.<br />
Lisetta parte.<br />
MEDORO<br />
Che intesi!.. Ah! Traditore...<br />
(La bile, e lo stupore<br />
tutto agitar mi fa.)<br />
TOBIA<br />
Oh! Bella!.. Io fo il sensale.<br />
(Ah... ah... la intende male.<br />
È matto in verità.)
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 129<br />
MEDORO<br />
Tradir così un amico?<br />
TOBIA<br />
Non me n’importa un fico.<br />
A 2<br />
MEDORO<br />
(Ei ride, ed io m’imbroglio;<br />
né so quel che sarà.)<br />
TOBIA<br />
(Or divertir mi voglio.<br />
Alfin la capirà.)<br />
SCENA IV.<br />
Bottega di cuffiara, o modista.<br />
In prospetto l’ingresso.<br />
Bettina sola, che guarnisce un cappellino.<br />
Intorno a lei alcune ragazze che lavorano,<br />
indi Tobia.<br />
BETTINA<br />
Mi vien da ridere - se dir mi<br />
[sento<br />
col suon più languido - del<br />
[sentimento:<br />
Bettina, io spasimo - di amor per te.<br />
Io che per indole - son tutta foco,<br />
sì fredde chiacchere - le conto<br />
[poco.<br />
Vo’ un cor, che stabile - mi serbi fé.<br />
Di certi giovani - conosco l’arte:<br />
e indarno tentano - di farla a me.<br />
Presto presto Cecchina<br />
porta questo cappello in fretta in fretta<br />
a Madama Zabetta, onde nasconda<br />
le bianche chiome al Cavalier Berliche<br />
grande amator delle medaglie antiche.<br />
Quest’abito, Peppina,<br />
alla Marchesa Bianca,<br />
che in lei farà parer quel che le manca.<br />
E voi altre, ragazze, andate tutte<br />
con veli, nastri, e piume alla locanda<br />
da quella provincial: voi già sapete,<br />
ch’ama alla sua maniera<br />
di porsi indosso una bottega intiera.<br />
TOBIA<br />
Sorella... ohimè!.. Sorella... il tuo<br />
[Medoro...<br />
la mia cara Dorina...<br />
BETTINA<br />
Sbrigati: che cos’è?<br />
TOBIA<br />
Sono in rovina.<br />
Il loro zio con settant’anni in corpo<br />
vuole ammogliarsi.<br />
BETTINA<br />
Oh! Vecchio maledetto!<br />
TOBIA<br />
Ma senti un mio progetto. Ho rilevato<br />
qual genere di sposa egli vorria:<br />
se tu, sorella mia, fossi capace<br />
di far bene una parte, ho meditata<br />
una bella commedia.<br />
BETTINA<br />
Ci vuol altro?<br />
Parla pur, che ho da far?<br />
TOBIA<br />
Atto I<br />
A Marcantonio<br />
ho fatto dir, ch’io gli trovai la sposa:<br />
che a lui la condurrò; che se gli piace<br />
nel punto istesso si farà il contratto.<br />
Or tu quella esser dei.<br />
129
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 130<br />
Atto I<br />
BETTINA<br />
Scherzi, o sei matto?<br />
Che ne dice Medoro?<br />
TOBIA<br />
Anche di lui<br />
ci dobbiam divertir. Fidati. Alfine<br />
egli sarà tuo sposo;<br />
Dorina sarà mia: e al vecchio sciocco<br />
farem passar le voglie<br />
di gabbar i nipoti, e prender moglie.<br />
BETTINA<br />
Parlo schietto. Ov’io non manchi<br />
all’amor del caro bene,<br />
farò imbrogli, farò scene:<br />
già tu sai, se ne so far.<br />
TOBIA<br />
Non temere. Adoro, ed amo<br />
ancor io la mia Dorina.<br />
Quest’imbroglio, che facciamo,<br />
tende il vecchio a corbellar.<br />
BETTINA<br />
Siamo intesi. Prendo impegno.<br />
TOBIA<br />
La tua parte or io t’insegno.<br />
A 2<br />
BETTINA<br />
Mi vuoi fiera?.. Mi vuoi mesta?..<br />
Deggio piangere, o gridar?<br />
TOBIA<br />
La tua parte non è questa.<br />
Stammi un poco ad ascoltar.<br />
Hai da far la semplicetta.<br />
BETTINA<br />
Posso in questo dar lezione.<br />
130<br />
TOBIA<br />
Collo torto... bocca stretta.<br />
BETTINA<br />
Proviam dunque quest’azione.<br />
A 2<br />
BETTINA<br />
Ho vergogna... son zitella...<br />
serva... grazie... signor sì.<br />
TOBIA<br />
Brava: brava: mia sorella<br />
va benissimo così.<br />
A 2<br />
Che bel gioco!.. Quel che resta,<br />
presto andiamo a concertar.<br />
A quel vecchio affé la testa<br />
questa volta ha da girar.<br />
SCENA V.<br />
Parte del giardino, che corrisponde ad<br />
alcuni appartamenti.<br />
Medoro, Dorina, e Lisetta.<br />
DORINA<br />
Che Tobia ci tradisca in tal maniera<br />
io mai nol crederò.<br />
MEDORO<br />
Ch’egli scherzasse,<br />
mi lusingava anch’io. Ma...<br />
DORINA<br />
Come mai<br />
cercar può il nostro danno,<br />
se mio sposo esser vuol?<br />
LISETTA<br />
Signori...
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 131<br />
MEDORO<br />
Ebbene?..<br />
LISETTA<br />
A momenti qua viene<br />
la bella, che Tobia pur or propose<br />
in isposa al padrone.<br />
DORINA<br />
Dunque è ver?..<br />
MEDORO<br />
Se lo so, ch’egli è un briccone.<br />
DORINA<br />
Or che farà la tua Bettina?<br />
MEDORO<br />
tosto a parlar con lei.<br />
LISETTA<br />
Io corro<br />
Ma s’ella ancora...<br />
per diventar signora...<br />
d’accordo col fratello... (or mi diverto.)<br />
MEDORO<br />
Come... ti spiega... ah!.. Certo!..<br />
Qual sospetto crudel!.. Ch’ella potesse<br />
per viste d’interesse... ah! Dalla smania,<br />
ond’è il mio core oppresso,<br />
mi sento trasportar fuor di me stesso.<br />
Che la cara mia Bettina<br />
mi tradisca a questo segno?..<br />
Ah! Di lei mi rendo indegno,<br />
se do retta al mio timor.<br />
Conosco omai quell’anima:<br />
non può cangiar d’affetto:<br />
me ’l dice quell’occhietto<br />
che in sen m’impresse amor.<br />
E coi più dolci palpiti<br />
me lo ripete il cor.<br />
SCENA VI.<br />
Dorina, Lisetta, indi Marcantonio,<br />
e Pasquino.<br />
DORINA<br />
Che anche in Bettina prevaler dovesse<br />
l’interesse all’amor?<br />
LISETTA<br />
L’oro fa tutto,<br />
massime a’ nostri dì.<br />
MARCANTONIO A Pasquino.<br />
Dunque t’ha detto<br />
questo signor Tobia?..<br />
PASQUINO<br />
Che occultamente<br />
per non far dir la gente ei con la bella<br />
verrà qui nel giardin.<br />
MARCANTONIO<br />
PASQUINO<br />
Pochi momenti.<br />
MARCANTONIO<br />
Ben...<br />
LISETTA<br />
Tarderà molto?<br />
Padron, voi siete<br />
in aria di conquista. Il matrimonio<br />
vi fa ringiovanir.<br />
PASQUINO<br />
Sembra che abbiate<br />
settant’anni di meno...<br />
MARCANTONIO<br />
Certo non fo per dir...<br />
Atto I<br />
131
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 132<br />
Atto I<br />
DORINA<br />
(Mangio veleno.)<br />
MARCANTONIO<br />
Intanto ritiratevi. Pasquino,<br />
porta tre sedie, e poi ritorna in casa;<br />
ma sta pronto a venir, se mai ti chiamo.<br />
DORINA<br />
(Che sciocco!)<br />
LISETTA<br />
PASQUINO<br />
(Che babbeo!)<br />
(Rider vogliamo.)<br />
Porta tre sedie, poi parte.<br />
SCENA VII.<br />
Marcantonio, indi Tobia, poi Bettina chiusa<br />
in una portantina in abito da semplicetta,<br />
indi Medoro.<br />
MARCANTONIO<br />
Ah! Ah! Vecchio qual son, se questa<br />
[bella<br />
ha quel che piace a me...<br />
TOBIA<br />
MARCANTONIO<br />
TOBIA<br />
Tobia.<br />
Signor...<br />
Chi siete?<br />
MARCANTONIO<br />
Bravo... scusate. Ho corta vista...<br />
e poi è tanto tempo,<br />
132<br />
che non vi vedo. Or dunque che<br />
[facciamo?<br />
La giovine dov’è?<br />
TOBIA<br />
Per dirvi tutto<br />
ho fatto una gran cosa a persuaderla<br />
di venir qua. Non esce mai di casa...<br />
non vede mai nissun... fu d’uopo<br />
[insomma,<br />
tant’ella è riservata, e modestina,<br />
ch’io condur la facessi in portantina.<br />
MARCANTONIO<br />
(Capperi! Buon augurio!)<br />
Or dite, di che casa è questa bella?<br />
TOBIA<br />
Senz’andar per le lunghe, è mia sorella.<br />
MARCANTONIO<br />
Ah!.. Ah!.. Me ne consolo.<br />
TOBIA<br />
Eccola.<br />
Ai facchini, che depongono la portantina, e<br />
poi se ne vanno quando è uscita Bettina.<br />
Avanti...<br />
venite qua... Bettina...<br />
esci fuori... siam soli. Non v’è altri,<br />
che il signor Marcantonio. È sì<br />
[modesta...<br />
sì vergognosa...<br />
MARCANTONIO<br />
(Oh! Che gran cosa è questa!)<br />
Signorina...<br />
TOBIA<br />
È ancor confusa.<br />
Ehi Bettina...
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 133<br />
MARCANTONIO<br />
Ancor sta chiusa.<br />
A 2<br />
Zitto: indietro stiam per poco<br />
a veder che cosa fa.<br />
Si ritirano in disparte. Bettina apre, poi<br />
esce.<br />
BETTINA<br />
Serva sua... qui alcun non v’è.<br />
Mio fratel... tapina me.<br />
Guardando intorno, e fingendo di non<br />
veder nessuno.<br />
TOBIA<br />
Osservate il portamento.<br />
MARCANTONIO<br />
Proprio è quella. Son contento.<br />
A 3<br />
TOBIA e MARCANTONIO<br />
Vesti... gesti... sguardi... tratto...<br />
tutto è in lei semplicità.<br />
BETTINA<br />
(Ei s’accosta. Vecchio matto.<br />
Or ti servo come va.)<br />
MARCANTONIO<br />
(Andiam bene.) Venite, o mia carina,<br />
sedete presso a me... prima di tutto<br />
osservatemi ben per ogni banda.<br />
Vi piaccio?<br />
BETTINA<br />
Sì signor... come comanda.<br />
TOBIA<br />
(Gran demonio è costei!)<br />
MARCANTONIO<br />
Dite... volete...<br />
esser mia sposa?.. Ebben?.. Non<br />
[rispondete?..<br />
TOBIA<br />
Da brava... via...<br />
MARCANTONIO<br />
Ma queste riverenze<br />
che mi vogliono dir?<br />
BETTINA<br />
TOBIA<br />
Grazie.<br />
MARCANTONIO<br />
Grazie sì, o grazie no?<br />
BETTINA<br />
(Che scena!)<br />
Quello, che piace<br />
al signor Marcantonio.<br />
MARCANTONIO<br />
(Ah! Questa, amico,<br />
è una perla... un tesoro... io son di<br />
[stucco.)<br />
TOBIA<br />
(Ella è proprio per voi.) (Che<br />
[mammalucco!)<br />
MARCANTONIO<br />
Dite: la sera almeno<br />
vorrete in casa un po’ di compagnia?<br />
BETTINA<br />
Non signor.<br />
Atto I<br />
133
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 134<br />
Atto I<br />
MARCANTONIO<br />
Al teatro<br />
andrete dunque?<br />
BETTINA<br />
MARCANTONIO<br />
star sempre in casa?..<br />
BETTINA<br />
di lavorar.<br />
Non signor.<br />
Ma sola<br />
Sì signor. Mi piace<br />
MARCANTONIO<br />
Benissimo; e che cosa<br />
con queste vostre mani<br />
sapete far di bello, e di pulito?<br />
BETTINA<br />
Quello che piace al mio signor marito.<br />
Calze, ricami, rocca...<br />
cucire, pettinar...<br />
TOBIA<br />
MARCANTONIO<br />
(Che scaltra!)<br />
Amico,<br />
non perdiamo più tempo. Io mando<br />
[tosto<br />
a chiamare un notaro, e sul momento<br />
facciamo la scrittura.<br />
TOBIA<br />
Io son contento.<br />
MARCANTONIO<br />
Siamo intesi. Ah! Quest’è la sola<br />
[moglie<br />
134<br />
che fa per me. Son certo almen, che<br />
[questa<br />
non ha capricci, compagnie non cerca,<br />
mode non cura, e non conosce ancora<br />
che sien feste, teatri, o ballo, o gioco.<br />
Si volta a Tobia.<br />
BETTINA<br />
(Babbeo, va là. Te n’avvedrai fra poco.)<br />
MARCANTONIO<br />
(Che innocenza! Che candore!<br />
Proprio incanta: tocca il core.)<br />
Dite: in me qual è la cosa,<br />
che può farvi innamorar?<br />
BETTINA Voltandogli le spalle.<br />
Arrossisco... perdonate...<br />
detto m’han, che il matrimonio<br />
è un gran ben, se un Marcantonio<br />
mi rïesce di sposar.<br />
TOBIA<br />
(Oh che scena da teatro<br />
come ben sa far la sciocca!)<br />
V’assicuro, che vi tocca<br />
una moglie singolar.<br />
BETTINA<br />
Serva sua...<br />
MARCANTONIO<br />
BETTINA<br />
A finir una calzetta.<br />
MARCANTONIO<br />
Benedetta... no: restate:<br />
m’incomincio a riscaldar.<br />
Ma dove andate?
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 135<br />
TOBIA e BETTINA<br />
S’incomincia a riscaldar.<br />
TOBIA<br />
Dunque dite... che facciamo?<br />
MARCANTONIO<br />
Mia carina, concludiamo.<br />
TOBIA e MARCANTONIO<br />
Queste nozze s’han da far?<br />
A 3<br />
BETTINA<br />
Sì signor. (Il merlo è in gabbia:<br />
non lo lascio più scappar.)<br />
MARCANTONIO e TOBIA<br />
Che contento! (Un egual<br />
[moglie/bestia<br />
è impossibile trovar.)<br />
MEDORO<br />
Che vedo mai?.. Bettina?..<br />
Ah! Perfida... assassina...<br />
tradir così un amante?..<br />
Me la farò pagar.<br />
BETTINA<br />
Ahimè!<br />
MARCANTONIO<br />
Che cosa avete?<br />
BETTINA<br />
Signor, non lo vedete?<br />
MARCANTONIO<br />
Che cosa?<br />
BETTINA<br />
Un giovinotto.<br />
Che vuol?<br />
MARCANTONIO<br />
Che vieni a far?<br />
MEDORO<br />
Costei, che fa la semplice<br />
io vengo a smascherar.<br />
BETTINA<br />
Sentiste quel che ha detto?<br />
TOBIA<br />
Ei parla per dispetto.<br />
MARCANTONIO<br />
Taci: lo so, ch’hai rabbia,<br />
ch’io m’abbia a maritar.<br />
MEDORO<br />
Credetemi.<br />
MARCANTONIO<br />
MEDORO<br />
Costei...<br />
Va via.<br />
MARCANTONIO<br />
Sarà tua zia.<br />
MEDORO<br />
Ma voi...<br />
MARCANTONIO<br />
So quel che faccio,<br />
né tu ci devi entrar.<br />
Atto I<br />
135
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 136<br />
Atto I<br />
A 4<br />
MEDORO, MARCANTONIO, BETTINA<br />
e TOBIA<br />
(Mi fe’/Lo fei/Lo fe’ restar di<br />
[ghiaccio.<br />
Non oso/a più parlar.)<br />
MARCANTONIO, BETTINA e TOBIA<br />
Temerario a tuo dispetto<br />
noi saremo/saran essi sposa, e sposo.<br />
Ah! Di gioia dentro il petto<br />
saltellando il cor mi va.<br />
MEDORO<br />
Qual momento!.. Qual cimento!<br />
Più non so dov’io mi sia...<br />
il furor, la gelosia<br />
il cervel girar mi fa.<br />
SCENA VIII.<br />
Piccola sala, come alla scena prima.<br />
Dorina, Lisetta, Pasquino.<br />
PASQUINO<br />
Ma possibile è dunque, o padroncina,<br />
che né voi, né Medoro<br />
non intendiate ancor qual sia la trama?<br />
LISETTA<br />
Ad un vecchio, che brama<br />
d’ammogliarsi, sta bene, o mia signora,<br />
una lezion: non la capite ancora?<br />
DORINA<br />
Vi so dir, che a mio zio<br />
piace Bettina assai: che in questo<br />
[punto<br />
se n’è andato Tobia<br />
un notaro a chiamar: che la scrittura<br />
delle loro nozze si farà tra poco.<br />
136<br />
LISETTA<br />
Ah!.. Ah!..<br />
DORINA<br />
PASQUINO<br />
Ridete?..<br />
Or si fa bello il gioco.<br />
DORINA<br />
Crudeli... infin l’amante<br />
a danni miei congiura:<br />
e voi di mia sventura<br />
rider potete ancor?<br />
Ah! Vedo che gli amanti<br />
son perfidi, e incostanti,<br />
e meditan gli inganni<br />
fin nel giurarci amor.<br />
SCENA IX.<br />
Pasquino, Lisetta, indi Tobia, e Dorina,<br />
che torna.<br />
PASQUINO<br />
Crede la sciocca ancor, che queste<br />
[nozze<br />
si facciano davver.<br />
LISETTA<br />
Somiglia al vecchio.<br />
Quando s’ostina, il contraddir non<br />
[vale.<br />
TOBIA<br />
Ah! Ah! Il cucco ha da far con un<br />
[sensale.<br />
DORINA<br />
Dunque, infedel...
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 137<br />
TOBIA<br />
Dorina, or non ho tempo<br />
di far ciarle con te. Presto, Pasquino,<br />
l’abito notaril.<br />
PASQUINO<br />
Parte.<br />
TOBIA<br />
Vi servo.<br />
In sala<br />
m’attendono gli sposi<br />
a stipulare il lor contratto. In fretta,<br />
e Dorina, e Lisetta<br />
m’aiutino a vestirmi.<br />
PASQUINO<br />
TOBIA<br />
Eccolo.<br />
Bene.<br />
Guarda per or, che alcun non venga,<br />
[e poi<br />
introdurrai tutto d’un tratto in sala<br />
suonatori, e cantanti a tempo, e loco.<br />
DORINA<br />
Or comincio a capir, che questo è<br />
[un gioco.<br />
TOBIA A Dorina.<br />
Tu m’attacca le basette.<br />
A Lisetta.<br />
Tu m’adatta la parrucca.<br />
LISETTA<br />
Quanto sale in questa zucca!<br />
DORINA<br />
L’uom più scaltro non si dà.<br />
PASQUINO<br />
Venga adesso chi n’ha voglia<br />
e un notar vi crederà.<br />
TUTTI<br />
Se l’imbroglio non s’imbroglia<br />
rider tutti ci farà.<br />
SCENA X.<br />
Sala grande.<br />
Medoro, e Bettina.<br />
BETTINA<br />
Di sposa la fede - mio ben ti<br />
[giurai<br />
fui sempre lo sai - costante in<br />
[amar.<br />
E infida mi credi?<br />
MEDORO<br />
Perdona il sospetto.<br />
A 2<br />
Ah! Il core nel petto - mi sento<br />
[brillar.<br />
SCENA XI.<br />
Marcantonio, Tobia vestito da notaro,<br />
e detti.<br />
TOBIA<br />
Ho steso già il contratto<br />
ne’ modi più legali,<br />
s’hanno da far per patto<br />
stasera gli sponsali;<br />
e acciò lo sposo etcetera<br />
alla sua fé non manchi,<br />
pagar promette, e s’obbliga<br />
ottantamille franchi,<br />
perché la sposa, etcetera,<br />
al caso, un altro coniuge<br />
Atto I<br />
137
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 138<br />
Atto I<br />
si possa ritrovar.<br />
Che dite?<br />
BETTINA<br />
Che dici?<br />
MEDORO<br />
Va benissimo,<br />
di meglio non può andar.<br />
TOBIA<br />
Or dica, signorina,<br />
Si mette a un tavolino a scrivere.<br />
il nome suo?<br />
BETTINA<br />
TOBIA<br />
Il suo cognome?<br />
BETTINA<br />
TOBIA<br />
Mascoli?<br />
BETTINA<br />
Bettina.<br />
Sì signor.<br />
Mascoli.<br />
TOBIA<br />
Lo sposo, già m’immagino,<br />
sarà quel giovinetto.<br />
Pari d’età d’aspetto...<br />
proprio gli ha fatti amor.<br />
MARCANTONIO<br />
Lo sposo, ve lo replico,<br />
son io.<br />
TOBIA<br />
138<br />
Misericordia!<br />
Voi sposo a lei? Scusatemi,<br />
creder nol posso ancor.<br />
MARCANTONIO<br />
(Io gli darei dell’asino,<br />
ma penso, ch’è un dottor.)<br />
PASQUINO, BETTINA, MEDORO<br />
(Ah! Ah! Quest’è da ridere.<br />
Che faccia da impostor!)<br />
TOBIA<br />
Avanti: sottoscrivano<br />
gli sposi il lor contratto.<br />
I testimonî or vengano.<br />
Bene. Il negozio è fatto.<br />
Or datevi la mano.<br />
MARCANTONIO e BETTINA<br />
Eccola... oh che piacer!<br />
MEDORO e TOBIA<br />
Viva gli sposi.<br />
MARCANTONIO<br />
Piano,<br />
nessun lo dee saper.<br />
TOBIA, BETTINA, MEDORO e<br />
PASQUINO<br />
Quand’è così: fidatevi<br />
è un/son uom, che sa tacer.<br />
SCENA ULTIMA.<br />
Coro di cantanti, e suonatori. Lisetta,<br />
Dorina, e detti, poi di nuovo Tobia col<br />
suo abito.<br />
CORO<br />
Viva, viva gli sposi amorosi.
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 139<br />
GLI ATTORI<br />
Qual romor!.. Che si vuol? Che si<br />
[fa?<br />
CORO<br />
Uno sposo canuto, e gottoso<br />
faccia amor, che diventi pappà.<br />
MARCANTONIO<br />
Qual demonio costoro qui porta?<br />
LISETTA e DORINA<br />
Del giardino sforzando la porta<br />
son venuti a che far non si sa.<br />
CORO<br />
Uno sposo canuto, e gottoso<br />
faccia amor, che diventi pappà.<br />
MARCANTONIO<br />
Temerarî partite di qua.<br />
TUTTI GLI ALTRI<br />
(Or la scena più bella si fa.)<br />
BETTINA<br />
Qui restate buona gente.<br />
Star dobbiamo allegramente.<br />
Il mio sposo sarà tale<br />
da non farsi invan pregar.<br />
Se il pregarlo poi non vale,<br />
proveremo a comandar.<br />
MARCANTONIO<br />
Qual linguaggio? Ahimè Lisetta!<br />
È costei la semplicetta?<br />
M’ha tradito, m’ha gabbato<br />
chi mi fé costei sposar.<br />
A 2<br />
TOBIA e BETTINA<br />
Alto là, signor cognato;<br />
qual maniera di parlar?<br />
TUTTI COL CORO<br />
Smorto, pallido, fremente,<br />
tra gli scherni, e le risate<br />
sta/o qual musico che sente<br />
il romor delle fischiate.<br />
TOBIA<br />
Signor mio vi parlo tondo:<br />
un po’ più di civiltà.<br />
BETTINA<br />
Marcantonio è un uom di<br />
[mondo;<br />
e sa quello che si fa.<br />
MARCANTONIO<br />
Fui pur sciocco, fui pur matto:<br />
m’han servito, come va.<br />
GLI ALTRI COL CORO<br />
Zitto, flemma: il fatto è fatto;<br />
e il non fatto si farà.<br />
FINE DELL’ATTO I.<br />
Atto I<br />
139
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 140<br />
Atto II<br />
ATTO II.<br />
SCENA I.<br />
Anticamera fabbricata, e mobigliata<br />
all’antica.<br />
Dorina, Pasquino, Lisetta, e coro di falegnami,<br />
muratori, mercanti di mode, e<br />
bijouttieri.<br />
CORO.<br />
I FALEGNAMI<br />
Son pronti i falegnami.<br />
I MURATORI<br />
Chi vuole i muratori?<br />
I MERCANTI<br />
Abiti con ricami.<br />
I BIJOUTTIERI<br />
Perle, coralli.<br />
I MERCANTI<br />
Fiori.<br />
TUTTO IL CORO<br />
La dama, che ci chiama,<br />
non ha che a comandar.<br />
PASQUINO Ai muratori, e falegnami.<br />
La stanza, che vedete<br />
disfare, e far dovete.<br />
LISETTA e DORINA Ai mercanti, e<br />
bijouttieri.<br />
Ci voglion capi rari,<br />
che costin dei denari.<br />
CORO<br />
La dama, che ci chiama,<br />
non ha che a comandar.<br />
140<br />
PASQUINO, LISETTA, DORINA<br />
(Al vecchio d’aver moglie<br />
le voglie han da passar.)<br />
PASQUINO Ai falegnami, e muratori,<br />
ch’entrano a destra.<br />
Cheti cheti là dentro in quella stanza<br />
voi dovete aspettare<br />
pochi minuti, e vi verrò a chiamare.<br />
LISETTA Ai mercanti, che danno a Lisetta<br />
alcuni involti, poi co’ bijouttieri entrano a<br />
sinistra.<br />
Datemi qua quegli abiti;<br />
e intanto andate là. Non dee star<br />
[molto<br />
madama a ricercarvi.<br />
DORINA<br />
Ah! Ah... mio zio,<br />
che in Bettina credea d’aver trovato<br />
l’esempio delle spose...<br />
LISETTA<br />
Senza coglier le rose<br />
le spine ei troverà.<br />
PASQUINO<br />
DORINA<br />
Eccolo.<br />
Io vado,<br />
onde di me sospetto aver non possa.<br />
SCENA II.<br />
Marcantonio, Lisetta, e Pasquino.<br />
MARCANTONIO<br />
Ah! Sensale briccon!.. L’ho fatta grossa.<br />
Altro che modestina, e semplicetta.<br />
Bagattelle!.. Lisetta, ov’è Bettina?
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 141<br />
LISETTA<br />
In camera. Ha provvisto<br />
biacca, belletto, cappellini, piume,<br />
ed abiti di moda,<br />
che han due pertiche almen, lunga la<br />
[coda.<br />
MARCANTONIO<br />
Oh! Poveretto me!<br />
PASQUINO<br />
Tornar non volle<br />
a casa sua. Pretende, che a momenti<br />
si facciano le nozze...<br />
LISETTA<br />
E come fosse<br />
già vostra moglie a tutti noi<br />
[comanda...<br />
PASQUINO<br />
E coll’idea di comparir signora,<br />
consultati in mezz’ora<br />
ha cinque parrucchieri, e quattro sarti.<br />
MARCANTONIO<br />
E non vai, Marcantonio, ad impiccarti?<br />
Orsù, sposa sì fatta<br />
io non la voglio più.<br />
PASQUINO<br />
Come?.. E vorreste<br />
gli ottantamille franchi<br />
dunque pagar?<br />
MARCANTONIO<br />
Questo è l’imbroglio: questo<br />
è quel siroppo, ch’io non so ingoiare.<br />
LISETTA<br />
Eccola qua, che vien.<br />
PASQUINO<br />
Che ve ne pare?<br />
SCENA III.<br />
Bettina in gran gala, e detti,<br />
indi sei modiste.<br />
BETTINA<br />
Per piacere al mio sposino,<br />
colle grazie del mio sesso,<br />
sono stata fin adesso<br />
sei modiste a consultar.<br />
Che ti par del mio vestito?<br />
Non ti piace? Ho già capito<br />
ehi: fo presto a ripiegar.<br />
All’uso di Venezia,<br />
col zendaletto in testa,<br />
varé cò son modesta<br />
cò son da coccolar.<br />
Perché me féu quel muso?<br />
Paré ’l sior Brontolon.<br />
Via: via: gh’avé rason:<br />
me vago a despoggiar.<br />
Faite exprés, pour être aimée<br />
me voilà, mon cher ami,<br />
je suis, vous le voyez,<br />
à la mode de Paris.<br />
Comment donc ? Qu’est que c’est<br />
[ça ?<br />
N’etes vous de ce gout là ?<br />
Via: lascia[te] fare a me.<br />
Tutti i galanti a gara<br />
diran, ch’io son vezzosa:<br />
e in grazia della sposa<br />
faran la corte a te.<br />
Insomma, che cos’hai, caro marito?<br />
Nemmen questo vestito<br />
non ti va a genio?<br />
MARCANTONIO<br />
Atto II<br />
No: ti parlo chiaro.<br />
141
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 142<br />
Atto II<br />
BETTINA<br />
Ebbene? Poco mal. Pronto è il riparo.<br />
MARCANTONIO<br />
Via: se farai così...<br />
BETTINA<br />
Presto, Lisetta.<br />
Quei mercanti di mode<br />
vengan subito qua. Non bado a spesa;<br />
non cerco economia, quando si tratta<br />
di piacer al mio caro Marcantonio.<br />
Via Lisetta.<br />
MARCANTONIO<br />
Come!.. Dunque?.. Oh che strega! O<br />
[che demonio!<br />
PASQUINO<br />
(Ah! Ah! Come lo piglia.)<br />
BETTINA<br />
Ehi: da sedere.<br />
Che mi tocca a vedere?<br />
Sì fatte sedie a me? Ma già qui tutto<br />
convien rimodernar. Dimmi, Pasquino,<br />
son pronti i muratori, e i falegnami?<br />
PASQUINO<br />
Quando vuole.<br />
BETTINA<br />
E che fai, che non li chiami?<br />
PASQUINO<br />
Subito.<br />
MARCANTONIO<br />
Orsù, signora,<br />
come ce l’intendiamo?<br />
142<br />
BETTINA<br />
Ah! Vedrai, sposo mio, quanto ch’io<br />
[t’amo!<br />
Parte.<br />
SCENA IV.<br />
Il coro precedente, Lisetta, Pasquino, e<br />
Marcantonio; indi Bettina, che torna.<br />
FALEGNAMI Dalla destra.<br />
Son pronti i falegnami.<br />
I MURATORI<br />
Chi vuole i muratori?<br />
I MERCANTI<br />
Abiti con ricami.<br />
I BIJOUTTIERI Da sinistra.<br />
Perle, coralli.<br />
I MERCANTI<br />
Fiori.<br />
TUTTI<br />
La dama, che ci chiama,<br />
non ha che a comandar.<br />
MARCANTONIO<br />
Io qui comando: al diavolo<br />
ve ne potete andar.<br />
Andate via di qua... presto... partite.<br />
BETTINA<br />
Bravi, bravi: venite:<br />
questi abiti mi piacciono: son belli.<br />
Ne ho scelti questi tre... vediamo<br />
[adesso<br />
i coralli... bellissimi! Ne prendo<br />
queste tre file.
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 143<br />
MARCANTONIO<br />
(Io schiatto.) Orsù...<br />
BETTINA<br />
Lisetta,<br />
corri a riporre in fretta<br />
questi coralli, e questa bella roba<br />
entro il mio guardaroba.<br />
Lisetta parte con la roba, che le dà Bettina.<br />
E voi domani<br />
portate il conto, e insieme<br />
qualche altro capo, che sia nuovo, e<br />
[raro,<br />
che il mio sposino vi darà il denaro.<br />
MARCANTONIO<br />
Io... sentite..; v’avverto,<br />
che non vi do un quattrino.<br />
Partono i mercanti, e bijouttieri.<br />
BETTINA<br />
Ehi scherza. Oh!.. A voi<br />
Ai falegnami, e muratori.<br />
venite qua. Convien dall’alto al basso<br />
atterrar questa stanza, e poi rifarla,<br />
com’io v’ordinerò. Fra poco è notte:<br />
doman mattina all’alba<br />
venite a lavorar.<br />
MARCANTONIO<br />
Io qui comando,<br />
e non permetto...<br />
BETTINA<br />
Adunque siamo intesi.<br />
Non tardate a venir doman mattina.<br />
Partono i muratori, e i falegnami.<br />
MARCANTONIO<br />
Oh! In somma, signorina,<br />
con chi ti credi alfin d’aver che fare?<br />
BETTINA<br />
Ora convien pensare<br />
a quel che importa più. Giacché a<br />
[momenti<br />
s’han da far queste nozze, hai da cercare<br />
di piacere alla sposa in qualche modo.<br />
MARCANTONIO<br />
Come sarebbe a dire?<br />
BETTINA<br />
(Or me la godo.)<br />
Brutto, e vecchio alla tua sposa<br />
dêi piacere in qualche cosa:<br />
altrimenti questa testa<br />
dêe capir quel che sarà.<br />
MARCANTONIO<br />
Torno a dirti in buon latino,<br />
che non sono un babbuino.<br />
Hai capito? Tuo marito<br />
vuol rispetto, e civiltà.<br />
BETTINA<br />
Vo’ vederti più galante.<br />
MARCANTONIO<br />
Tu sei scaltra, ed arrogante...<br />
BETTINA<br />
(Or Bettina te la fa.)<br />
MARCANTONIO<br />
(No, costei non me la fa.)<br />
Atto II<br />
BETTINA<br />
Il tuo conto affè non sai,<br />
alto, amici.<br />
Esce Pasquino con due servitori, che mettono<br />
a forza indosso a Marcantonio un<br />
abito da cicisbeo.<br />
143
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 144<br />
Atto II<br />
MARCANTONIO<br />
Cosa fai?<br />
Temeraria... maledetta.<br />
BETTINA<br />
Via: sta cheto... caro... aspetta...<br />
A 2<br />
MARCANTONIO<br />
Stentando ad assettarsi l’abito, che riesce<br />
stretto, e corto.<br />
Ahi... mi storpi... non può andare.<br />
Impazzir costei mi fa.<br />
BETTINA<br />
Marcantonio, lascia fare,<br />
ch’io t’aggiusto come va.<br />
Con quel muso da cammeo<br />
trasformato in cicisbeo<br />
tu sarai, mio caro sposo,<br />
lo stupor della città.<br />
MARCANTONIO<br />
Temeraria... mi beffeggia...<br />
oh che bile!.. Sbuffo... schiatto.<br />
Fui pur sciocco... fui pur matto...<br />
a sposarmi in questa età.<br />
BETTINA<br />
Dammi il braccio, o sposo amato.<br />
MARCANTONIO<br />
Son deriso... son gabbato.<br />
144<br />
A 2<br />
Non v’è scena/furia a questa<br />
[eguale:<br />
la sua/mia testa se ne va.<br />
SCENA V.<br />
Piccola sala, come nell’atto primo.<br />
Dorina, Lisetta, indi Medoro, poi Tobia, e<br />
infine Marcantonio.<br />
DORINA<br />
Ebben?<br />
LISETTA<br />
Questa commedia<br />
fra poco ha da finir. Ma in modo tale,<br />
che il vecchio allocco avrà le beffe, e<br />
[il male.<br />
MEDORO<br />
Vicino quest’alma<br />
sospira il momento,<br />
che appieno contento<br />
amor mi farà.<br />
Lisetta, Dorina,<br />
tra poco Bettina<br />
mia sposa sarà.<br />
TOBIA<br />
Amico... ecco il momento<br />
di far il gioco.<br />
Gli dà una pistola, e un’altra la tiene per<br />
sé.<br />
MEDORO<br />
TOBIA<br />
A noi...<br />
Lisetta, ascolta.<br />
Tosto che viene il vecchio<br />
dêi strillar quanto puoi: e tu, Dorina,<br />
fingendo un gran spavento<br />
cadrai su questa sedia in svenimento.<br />
Le presenta una sedia.<br />
LISETTA<br />
E perché questa scena?
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 145<br />
MEDORO<br />
Il vecchio intende<br />
di non far più le nozze,<br />
e insiem di non pagar quanto ha<br />
[promesso.<br />
TOBIA<br />
Bisogna dunque adesso<br />
fargli un po’ di timor. Poscia all’oscuro<br />
noi faremo in giardino,<br />
un altro gioco, e tel dirà Pasquino.<br />
LISETTA<br />
Ei viene appunto.<br />
TOBIA<br />
LISETTA<br />
DORINA<br />
TOBIA<br />
Alto...<br />
MEDORO<br />
Indietro.<br />
A noi.<br />
Soccorso.<br />
MARCANTONIO<br />
(Che vedo?)<br />
TOBIA<br />
Aiuto.<br />
In questa guisa<br />
s’offende l’onestà di mia sorella?<br />
MEDORO<br />
S’inganna, si corbella<br />
in tal guisa un mio zio?<br />
TOBIA<br />
Dir, che Bettina<br />
è una sposa infedele, una civetta!..<br />
MEDORO<br />
Far che mio zio prometta<br />
ottantamille lire?..<br />
TOBIA<br />
Orsù: sentite.<br />
S’è ver, come voi dite, che Bettina<br />
abbia un qualche galante, assolvo il<br />
[vecchio<br />
da qualunque promessa. Senza questo,<br />
non c’è scusa, o pretesto,<br />
dee sposarla, o pagar.<br />
MEDORO<br />
TOBIA<br />
Ah! Ah!..<br />
Atto II<br />
Ridete?..<br />
Or capisco, che siete<br />
un vile, un mentitor. Questa pistola<br />
v’insegnerà a parlare<br />
come convien, delle ragazze oneste.<br />
Uscite fuori. Aveste<br />
per voi [pur] tutti i diavoli.<br />
Tobia vi manda ad ingrassare i cavoli.<br />
Un mentitor vi chiamo,<br />
vi sfido... all’armi... andiamo.<br />
Il tuo ciarlar mi stucca:<br />
lasciami uscir di qua.<br />
A Lisetta.<br />
Di barba, e di parrucca<br />
Tobia vi servirà.<br />
A Dorina.<br />
Voi con quegli occhi languidi<br />
il mio furor calmate:<br />
voi sola in cor mi fate<br />
sentir di lui pietà:<br />
145
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 146<br />
Atto II<br />
corro a trovar l’indegno;<br />
lo farò stare al segno.<br />
Se manca di parola,<br />
a colpi di pistola<br />
me la farò pagar.<br />
A Medoro, e a Lisetta.<br />
Guarda il babbeo, che trema;<br />
or andrà ben l’affar.<br />
SCENA VI.<br />
Medoro, Dorina, Lisetta, e Marcantonio.<br />
MARCANTONIO<br />
Ohimè!.. Son fuor di me... nipote<br />
[mio,<br />
che ho da dir? Che ho da far? Fra il<br />
[rischio, e il danno...<br />
MEDORO<br />
Questa sposa è cagion d’ogni malanno.<br />
Parte.<br />
MARCANTONIO<br />
Ah! Mia cara Lisetta;<br />
che brutto caso è il mio! Dammi<br />
[consiglio.<br />
LISETTA<br />
Questa sposa è cagion d’ogni<br />
[scompiglio.<br />
Parte.<br />
MARCANTONIO<br />
Nipote mia, dallo spavento io temo<br />
di perdere il cervello.<br />
DORINA<br />
Signor zio, vostra moglie è un gran<br />
[flagello.<br />
Parte.<br />
146<br />
SCENA VII.<br />
Marcantonio, indi Pasquino.<br />
MARCANTONIO<br />
Povero Marcantonio!<br />
Questa faccenda come andrà a finire?<br />
Le ottantamille lire<br />
non le voglio pagar. Ma aver tal moglie<br />
io non voglio nemmen... son<br />
[imbrogliato.<br />
PASQUINO<br />
Padron... presto... padron...<br />
MARCANTONIO<br />
Che cosa è stato?<br />
PASQUINO<br />
Bettina adesso al buio,<br />
d’un qualche amante in traccia...<br />
se n’è andata in giardin...<br />
MARCANTONIO<br />
Buon pro le faccia.<br />
Questo è quel ch’io volea.<br />
PASQUINO<br />
MARCANTONIO<br />
Come?<br />
Non vedi,<br />
che così senza spesa<br />
mando per aria questo sposalizio?<br />
PASQUINO<br />
Ma non basta un indizio:<br />
ci voglion prove, e testimonî.<br />
MARCANTONIO<br />
E come far?<br />
È vero.
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 147<br />
PASQUINO<br />
Badate a me: Bettina<br />
so, che ha presa la chiave<br />
del casino dei bagni. Voi dovreste<br />
cheto, cheto, all’oscuro<br />
girar a quella parte, e se con altri<br />
ella va nel casino,<br />
chiuderla dentro, portar via la chiave,<br />
convocare ad un tratto<br />
giudici, amici, ed il processo è fatto.<br />
MARCANTONIO<br />
Bravo: la pensi bene. Ah!.. Ah!..<br />
[Perbacco!..<br />
La signora Modestia<br />
le ha tutte da pagar.<br />
PASQUINO<br />
(Quanto è mai bestia!)<br />
SCENA VIII.<br />
Boschetto nel giardino con alcune statue.<br />
In prospetto un casino ad uso dei bagni con<br />
porta aperta e praticabile, che poi si chiude<br />
con chiave; dall’una e dall’altra parte della<br />
porta due finestre con ferriate pur praticabili.<br />
Notte oscurissima.<br />
Bettina, Tobia, Medoro, indi Dorina, poi<br />
Marcantonio.<br />
BETTINA, TOBIA e MEDORO<br />
“Or che fra i taciti<br />
“notturni orrori<br />
“gli amanti scherzano,<br />
“giocan gli amori,<br />
“io peno, e palpito,<br />
“mio ben, per te.<br />
DORINA<br />
Cheto il vecchio qua sen viene.<br />
BETTINA A Medoro.<br />
Voi qui state: io qua.<br />
A Tobia.<br />
Tu là.<br />
A 4<br />
Zitto... zitto... attenti bene.<br />
MARCANTONIO<br />
Oh! Che brutta oscurità!<br />
Entra fra Bettina e Tobia chiamando.<br />
BETTINA<br />
Ehm.<br />
TOBIA<br />
BETTINA<br />
TOBIA<br />
BETTINA<br />
Psi.<br />
Psi.<br />
Sei tu?<br />
A 2<br />
Verso Marcantonio.<br />
Vieni a me, bell’idol mio.<br />
Son io.<br />
MARCANTONIO<br />
(Mi si gela il sangue indosso.)<br />
MEDORO e DORINA<br />
(Qui star duro/a più non posso.)<br />
BETTINA Urtando in Marcantonio.<br />
Qua v’è un altro.<br />
Atto II<br />
147
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 148<br />
Atto II<br />
TOBIA<br />
Toccandolo.<br />
È una statua.<br />
BETTINA<br />
Chi va là?<br />
Com’è calda.<br />
Lo tocca, e Marcantonio sta immobile.<br />
TOBIA<br />
Anche i sassi il sol riscalda.<br />
BETTINA e TOBIA<br />
Pria d’andar in altro loco<br />
discorriamola un po’ qua.<br />
DORINA e MEDORO<br />
(Stiam qui pronti a fare il gioco;<br />
e il più bel non vi sarà.)<br />
MARCANTONIO<br />
(Dal dispetto dentro il petto<br />
tippe toppe il cor mi fa.)<br />
TOBIA<br />
Posporre un fido amante<br />
a un vecchio senza denti,<br />
cervel più stravagante<br />
del tuo non si può dar.<br />
BETTINA<br />
Per diventar signora<br />
cotal marito io presi:<br />
ma spero, che in due mesi<br />
io lo farò crepar.<br />
MARCANTONIO<br />
(Ah! Maledetta strega!)<br />
MEDORO e DORINA<br />
(Che scena! Or me la godo!)<br />
148<br />
TOBIA<br />
Intanto a qualche modo<br />
ci abbiam da concertar.<br />
BETTINA<br />
Andiam qui nel casino.<br />
TOBIA<br />
Ti seguo pian pianino.<br />
A 2<br />
Che bel momento è questo!<br />
Di più non so bramar.<br />
MEDORO e DORINA<br />
(Il gioco presto presto<br />
a noi qui tocca a far.)<br />
Si vanno a mettere sulla porta del casino<br />
mentre Tobia e Bettina fingendo andar nel<br />
casino si nascondono dietro le statue.<br />
MARCANTONIO<br />
Sta allegro, Marcantonio,<br />
se all’infedele or manchi,<br />
gli ottantamille franchi<br />
nissun ti fa pagar.<br />
Rosina e Medoro dopo essersi fatti vedere<br />
da Marcantonio sulla porta del casino<br />
entrano. Marcantonio li chiude dentro, e<br />
porta via la chiave. I due primi vengono<br />
alle ferriate uno per parte. Bettina e Tobia<br />
restano dietro le statue, e il vecchio viene<br />
avanti nel mezzo.<br />
MARCANTONIO<br />
Maledetti, v’ho tesa la rete;<br />
or ci siete e mi vo’ divertir.<br />
MEDORO e DORINA<br />
No: non fate vi prego... ascoltate.<br />
Marcantonio, venite ad aprir.
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 149<br />
BETTINA e TOBIA<br />
Oh! Che scene!.. Da rider mi<br />
[viene.<br />
La commedia or si vada a finir.<br />
SCENA IX.<br />
Piccola sala, come all’atto primo.<br />
Lisetta, indi Pasquino.<br />
LISETTA<br />
Impaziente aspetto<br />
qualche notizia. A quello che mi pare<br />
la scena del giardino<br />
dovrebbe esser già fatta. Ebben?<br />
[Pasquino...<br />
PASQUINO<br />
Ah! Ah! Tutto andò ben. Ser<br />
[Marcantonio,<br />
or vuol, ch’io chiami il giudice, e i<br />
[parenti.<br />
Ah!.. Ah!.. Dimmi... ove son?<br />
LISETTA<br />
si son nascosti.<br />
Tutti in cantina<br />
PASQUINO<br />
E il parruccone, e l’abito...<br />
per me... per far da giudice?..<br />
LISETTA<br />
lo troverai.<br />
PASQUINO<br />
Ah!.. Ah!..<br />
LISETTA<br />
In cantina<br />
Questo raggiro<br />
è assai bizzarro, e strano.<br />
Atto II<br />
PASQUINO<br />
La biscia ha da beccar il ciarlatano.<br />
Parte.<br />
LISETTA Sola.<br />
Tutto il mondo congiura<br />
a burlar un babbeo. Fa rabbia a tutti<br />
un che vuol prender moglie a<br />
[settant’anni.<br />
Presto a forza d’inganni<br />
noi lo farem disingannar. Ma intanto<br />
avrà fatto a sue spese<br />
ridere, e mormorar tutto il Paese.<br />
Un che in età decrepita<br />
vuol diventar marito,<br />
è un sciocco rimbambito,<br />
un matto da legar.<br />
Per me d’un giovinotto<br />
sempre sarò contenta:<br />
ma d’un che passa i trenta<br />
io non ne so che far.<br />
SCENA X.<br />
Boschetto nel giardino, notte come alla<br />
scena ottava.<br />
Marcantonio con varî servitori, altri de’<br />
quali portano torcie a vento, altri un tavolino<br />
con alcune sedie. Indi Pasquino in<br />
abito da giudice, e il coro dei vecchi: poi<br />
Tobia: infine Medoro, e Dorina dal casino,<br />
e da ultimo Bettina dalla casa.<br />
MARCANTONIO<br />
Voi di qua, voi di là con quelle torcie<br />
illuminate questo loco intorno,<br />
da poterci veder come di giorno.<br />
Qua il tavolino; e qua le sedie... oh...<br />
[appunto.<br />
Eccoli: signor giudice, e voi pure,<br />
amici miei, sedete, ed ascoltate.<br />
Vanno a sedere il giudice, e i vecchi.<br />
149
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 150<br />
Atto II<br />
Pria di tutto scusate, se a quest’ora<br />
v’ho fatto incomodar. Ma qui si tratta<br />
con un formal giudizio<br />
di trarre un pover’uom dal precipizio.<br />
PASQUINO<br />
Dite senza preamboli.<br />
MARCANTONIO<br />
Sappiate,<br />
che mi sono obbligato<br />
di sposar una tal, che in apparenza<br />
potea dirsi il model dell’innocenza.<br />
Ora state a sentir. Mentre io l’aspetto<br />
per far le nozze, con un suo galante<br />
qui all’oscuro in giardin da solo a sola<br />
ella sen viene...<br />
TOBIA<br />
Ei mente per la gola.<br />
Sappiate, signor giudice,<br />
che il contratto di nozze è fatto in<br />
[modo,<br />
che, qualora egli manchi,<br />
deve pagar ottantamille franchi:<br />
ora, per non pagar, non ha riguardo,<br />
con questa sua novella,<br />
d’accusar quella tal, ch’è mia sorella.<br />
MARCANTONIO<br />
Ho in man le prove.<br />
TOBIA<br />
MARCANTONIO<br />
TOBIA<br />
Bestia.<br />
150<br />
Son pretesti.<br />
Sciocco.<br />
MARCANTONIO<br />
Animal.<br />
TOBIA<br />
Per forza, o per amore,<br />
o pagare, o sposarla...<br />
PASQUINO<br />
Asini; in faccia mia così si parla?<br />
Orsù: state a sentir. Rompe ogni patto<br />
una sposa infedel: abbia la pena<br />
chi suo marito, e il suo dover maltratta.<br />
MARCANTONIO<br />
Dunque, signori miei, la grazia è fatta.<br />
TOBIA<br />
Ma le prove... le prove...<br />
MARCANTONIO<br />
Il fatto istesso<br />
è provato da sé. Col suo Zerbino<br />
dentro questo casino<br />
quando la vidi entrar, io l’ho rinchiusa.<br />
State attenti a veder.<br />
Marcantonio corre ad aprir il casino, e<br />
n’escono Medoro, e Dorina.<br />
PASQUINO<br />
MEDORO<br />
Signor zio...<br />
DORINA<br />
Serva sua...<br />
Non ha più scusa.<br />
MARCANTONIO<br />
Che!.. Voi?.. Qui... come?..
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 151<br />
MEDORO<br />
Pur or con mia sorella<br />
stava qui passeggiando alla frescura:<br />
vediamo una figura<br />
venir verso di noi. Corriamo entrambi<br />
dentro il casin; colui c’insegue, e presto<br />
ci rinchiude, e va via. L’affare è questo.<br />
MARCANTONIO<br />
Ma Bettina...<br />
MEDORO<br />
Bettina<br />
qui non s’è vista.<br />
MARCANTONIO<br />
Ma... (perdo la testa.)<br />
Bettina...<br />
BETTINA<br />
Eccomi qua! Che scena è questa?<br />
PASQUINO<br />
Ahh!<br />
CORO<br />
Ohh!<br />
MARCANTONIO<br />
Sogno?<br />
TOBIA<br />
Sorella... brava... a tempo<br />
tu sei venuta. Il vecchio,<br />
per non pagar, d’infedeltà t’accusa,<br />
e ti copre d’infamia, e vituperio.<br />
BETTINA<br />
A me... quest’onta?.. A me?..<br />
PASQUINO Alzandosi.<br />
L’affare è serio.<br />
Atto II<br />
GIUDICE e CORO<br />
La calunnia è un gran delitto.<br />
Marcantonio siete fritto.<br />
Voi la pena del taglione<br />
non potete più schivar.<br />
A Bettina.<br />
Il babbeo, per compassione,<br />
sol da voi si può salvar.<br />
BETTINA<br />
Io salvar un indegno, un traditore,<br />
che pria mi giura amore,<br />
poi mi tratta così? Giudice, (oh! Dio!)<br />
una sposa tradita<br />
si raccomanda a voi. Voi vendicate<br />
sì nera ingiuria, e fate,<br />
che questo mostro al suo dover ribelle,<br />
insegni ai vecchi a lasciar star le belle.<br />
Quando amore a lui giurai<br />
al mio labbro il cor rispose:<br />
farmi esempio all’altre spose<br />
io volea di fedeltà.<br />
E la povera Bettina,<br />
da una mummia, che cammina,<br />
qua si sente in tanta gente,<br />
accusar d’infedeltà?<br />
Ah! Salvatemi l’onore:<br />
lo domando al vostro cuore.<br />
Chi m’offese a questo segno<br />
non è degno di pietà.<br />
A Dorina.<br />
Alma indegna, cor tiranno!..<br />
A Medoro.<br />
Questo è il modo di trattar?<br />
Tanta ingiuria, tanto affanno<br />
no, non posso tollerar.<br />
(Senza soldi, e senza moglie<br />
questo sciocco ha da restar.)<br />
Parte.<br />
151
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 152<br />
Atto II<br />
SCENA XI.<br />
Marcantonio, Medoro, Tobia, e Pasquino.<br />
MEDORO<br />
Che dite, signor zio?<br />
PASQUINO<br />
che pensate di far?<br />
MARCANTONIO<br />
Ser Marcantonio,<br />
Son pronto a tutto:<br />
vada tutto. Di tutto<br />
quanto possiedo volontier mi spoglio:<br />
ma tiratemi fuor di quest’imbroglio.<br />
PASQUINO<br />
Orsù: signor Tobia, noi qui dobbiamo<br />
aggiustar la faccenda.<br />
TOBIA<br />
Ebben? M’accordi<br />
tre cose, e gli perdono,<br />
altrimenti l’affar si farà brutto.<br />
MARCANTONIO<br />
Vel torno a replicar, son pronto a tutto.<br />
PASQUINO<br />
Dunque parlate.<br />
TOBIA<br />
In primis, et ante omnia,<br />
non più nozze; ma paghi<br />
le ottantamille lire.<br />
MEDORO<br />
Signor zio, cosa dite?<br />
MARCANTONIO<br />
152<br />
E che ho da dire?<br />
TOBIA<br />
Per risarcir l’onor di casa Mascoli<br />
mi conceda in isposa sua nipote,<br />
assegnandole in dote<br />
tremille scudi almen.<br />
MEDORO<br />
Che ve ne pare?<br />
MARCANTONIO<br />
Sono pillole amare,<br />
che bisogna inghiottir. C’è altro?<br />
TOBIA<br />
In fine<br />
anche il signor Medoro,<br />
giacché offese l’onor di mia sorella,<br />
paghi la pena, e se la prenda in moglie,<br />
e i franchi ottantamille<br />
abbiasi in dote, e per pagar le spille.<br />
MEDORO<br />
Come!.. Come!..<br />
PASQUINO<br />
È finita. O accomodatevi,<br />
o procedo ex uffitio: e castigando<br />
chi si mostra ostinato,<br />
io lo faccio pelar da un avvocato.<br />
TOBIA<br />
Adunque siamo intesi...<br />
MEDORO<br />
E sposerò una strega?<br />
MARCANTONIO<br />
Ah! Sì nipote, pigliala.<br />
A 2<br />
È un zio che ve ne prega.
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 153<br />
MARCANTONIO<br />
Non hai da ricusar.<br />
TOBIA e MEDORO<br />
(È un rider da schiattar.)<br />
MARCANTONIO<br />
Ebben?<br />
MEDORO<br />
Che dir poss’io?<br />
Poiché d’un zio si tratta...<br />
TOBIA<br />
Viva: la grazia è fatta.<br />
Corriamo a stipular.<br />
MARCANTONIO<br />
Caro nipote, abbracciami:<br />
mi fai risuscitar.<br />
MEDORO<br />
(La scena più ridicola<br />
affé non si può dar.)<br />
SCENA XII.<br />
Sala grande, come nell’atto I.<br />
Dorina, Lisetta, e Pasquino, indi Tobia,<br />
Medoro e Marcantonio.<br />
DORINA<br />
Che mi narri?..<br />
PASQUINO<br />
Or siete sposa.<br />
LISETTA<br />
Guarda, guarda: fa il bocchino.<br />
DORINA<br />
Son contenta, o mio sposino,<br />
e di più sperar non so.<br />
LISETTA e PASQUINO<br />
Ve lo credo. Già lo vedo.<br />
(Qualche mancia or piglierò.)<br />
MEDORO<br />
Mia sorella, ecco il tuo sposo.<br />
DORINA<br />
Che?.. Costui?..<br />
MARCANTONIO<br />
A Dorina.<br />
Che ti par?<br />
DORINA<br />
(Ci vuol pazienza.)<br />
Per obbedienza,<br />
signor zio, lo sposerò.<br />
TOBIA<br />
Ma Bettina...<br />
GLI ALTRI<br />
appunto or viene.<br />
TOBIA<br />
Flemma usar con lei conviene<br />
altrimenti è così strana,<br />
che può ancora dir di no.<br />
GLI ALTRI<br />
Vien con aria da romana:<br />
sperar bene affé non so.<br />
SCENA ULTIMA.<br />
Bettina, poi coro di vecchi.<br />
Atto II<br />
TUTTI<br />
Ritorni sereno quell’occhio<br />
[sdegnoso.<br />
v’/t’attende uno sposo, ch’è degno<br />
[d’amor.<br />
153
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 154<br />
Atto II<br />
MARCANTONIO<br />
Troncando il puntiglio salvando<br />
[il decoro,<br />
vi cedo a Medoro con tanto di cor.<br />
MEDORO<br />
V’accetto per moglie.<br />
TOBIA<br />
Tu fai la sdegnosa!<br />
TUTTI<br />
Per bacco la cosa s’intorbida ancor?<br />
BETTINA<br />
Tu, ch’esser vuoi mio sposo,<br />
chi sei? Qual è il tuo stato?<br />
Bettina uno spiantato<br />
giammai non sposerà.<br />
MARCANTONIO e MEDORO<br />
Che colpo! Ohimè! Che fulmine!<br />
TOBIA<br />
Volete uscir d’imbroglio?<br />
Firmate questo foglio.<br />
MARCANTONIO<br />
Sì; subito, son qua.<br />
Che cosa poi contiene?<br />
TOBIA<br />
Che d’ogni vostro bene<br />
voi subito a Medoro<br />
donate due metà.<br />
MARCANTONIO<br />
Come? <strong>Don</strong>ar? Bel bello...<br />
BETTINA<br />
Che importa a noi, fratello.<br />
154<br />
Io resto già sua moglie:<br />
sarà quel che sarà.<br />
MARCANTONIO<br />
Ah! No. Pur ch’io mi scampi<br />
dal diavolo, e da voi,<br />
vadano case, e campi,<br />
asini, vacche, e buoi:<br />
io corro a sottoscrivere<br />
e tutto finirà.<br />
Parte in fretta, poi torna.<br />
TUTTI<br />
Ah! Ah! Quant’è mai stolido!<br />
Come gabbar si fa.<br />
BETTINA<br />
Costui sarà la favola<br />
di tutta la città.<br />
MARCANTONIO<br />
Ecco il foglio sottoscritto.<br />
BETTINA<br />
Son contenta.<br />
TOBIA<br />
Va a dovere.<br />
BETTINA e MEDORO, TOBIA e<br />
DORINA<br />
Idol mio con gran piacere<br />
or ti do la mano, e il cor.<br />
GLI ALTRI eccetto MARCANTONIO<br />
La commedia è andata bene.<br />
Viva Imene, viva amor.<br />
CORO DE’VECCHI<br />
Care bestie, del vostro consiglio<br />
parlo tondo, non son persuaso.
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 155<br />
Prendo moglie, e con tanto di naso<br />
tutti quanti vi faccio restar.<br />
MARCANTONIO<br />
Maledetti! Voi pur mi burlate?<br />
GLI ALTRI<br />
Marcantonio ridete, scherzate.<br />
TUTTI<br />
Quest’è stata una buona lezione<br />
per un vecchio, che vuolsi<br />
[ammogliar.<br />
Fine del Dramma.<br />
Atto II<br />
155
09. libretto - Ser Marcantonio_Layout 1 19/11/2010 14.36 Pagina 156<br />
156
10. Bibliografia - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.37 Pagina 157<br />
Bibliografia<br />
ALFONSO LAZZARI, Giovanni Ruffini, Gaetano <strong>Don</strong>izetti e il <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong><br />
(da documenti inediti), «Rassegna nazionale», CCV/36, 1 e 16 ottobre 1915.<br />
MARIO RINALDI, Antonio e <strong>Pasquale</strong>, «La Scala. Rivista dell’opera», 9,<br />
luglio 1950, pp. 13-15.<br />
FRANK WALKER, The Librettist of <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, «Monthly Musical<br />
Record», 88, 1958.<br />
PIETRO BERRI, Il librettista del <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, «La Scala. Rivista dell’opera»,<br />
110, gennaio 1959, pp. 19-24.<br />
PIERO RATTALINO, Il processo compositivo nel <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> di <strong>Don</strong>izetti,<br />
«Nuova rivista musicale italiana», 4, 1970, pp. 51-68 e 263-280.<br />
JOHN STEWART ALLITT, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, «The <strong>Don</strong>izetti Society Journal»,<br />
2, 1975, pp. 189-198.<br />
PIERO RATTALINO, Trascrizioni, riduzioni, trasposizioni e parafrasi del <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>, in Atti del 1 o Convegno internazionale di studi donizettiani,<br />
Bergamo 22-28 settembre 1975, Bergamo, Azienda autonoma di turismo,<br />
1983, II, pp. 1015-1028.<br />
«L’Avant-scène Opéra», 108: <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, 1988.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, Milano, Teatro alla Scala, 1994.<br />
CHARLES P. D. CRONIN, Stefano Pavesi’s Ser Marcantonio and <strong>Don</strong>izetti’s<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, «The Opera Quarterly», XI/2, 1995, pp. 39-53.<br />
MARCO BEGHELLI, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, ultimo buffo, in Stagione lirica autunnale<br />
1997, dedicata a Gaetano <strong>Don</strong>izetti nel secondo centenario della nascita,<br />
Bergamo, Comune di Bergamo - Teatro <strong>Don</strong>izetti, 1997, pp. 77-84.<br />
157
10. Bibliografia - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.37 Pagina 158<br />
Bibliografia<br />
PIERO MIOLI, Da Alina regina di Golconda a <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>: la ‘prima<br />
buffa’ nel vocalismo donizettiano, «Studi donizettiani», 4, 1988, pp. 127-161.<br />
FRANCESCO ATTARDI ANSELMO, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> di Gaetano <strong>Don</strong>izetti,<br />
Milano, Mursia, 1998 («Invito all’opera», 6).<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, Bologna, Teatro Comunale di Bologna - Editrice<br />
Compositori, 1998.<br />
GAETANO DONIZETTI, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>. Facsimile dell’autografo, Roma-<br />
Milano, Accademia nazionale di Santa Cecilia - Ricordi, 1999 («L’arte<br />
armonica», 3, Serie I, Fonti).<br />
MARCELLO EYNARD, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> di Gaetano <strong>Don</strong>izetti: libretto e musica.<br />
Introduzione all’ascolto, «Atti dell’Ateneo di scienze, lettere ed arti di<br />
Bergamo», 61, 1999, pp. 65-79.<br />
PHILIP GOSSETT, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>. Introduzione all’edizione in facsimile, in<br />
GAETANO DONIZETTI, <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>. Facsimile dell’autografo, Roma-<br />
Milano, Accademia nazionale di Santa Cecilia - Ricordi, 1999 («L’arte<br />
armonica», 3, Serie I, Fonti), pp. 11-78.<br />
MARIA IDA BIGGI, Gli scenografi di <strong>Don</strong>izetti a Parigi e Vienna, in <strong>Don</strong>izetti,<br />
Parigi e Vienna. Convegno internazionale, Roma 19-20 marzo 1998, Roma,<br />
Accademia nazionale dei Lincei, 2000, («Atti dei Convegni Lincei», 156),<br />
pp. 79-102.<br />
ANNALISA BINI, La critica francese e le prime rappresentazioni delle opere parigine<br />
da La Fille du régiment a Dom Sébastien, in <strong>Don</strong>izetti, Parigi e<br />
Vienna. Convegno internazionale, Roma 19-20 marzo 1998, Roma,<br />
Accademia nazionale dei Lincei, 2000, («Atti dei Convegni Lincei», 156),<br />
pp. 9-32.<br />
FRANCESCO BELLOTTO, Fra ‘moderno’ e ‘antico’: l’emblematico caso di <strong>Don</strong><br />
<strong>Pasquale</strong>, in Stagione lirica e concertistica 2001, Bergamo, Comune di<br />
Bergamo - Teatro <strong>Don</strong>izetti, 2001, pp. 35-48.<br />
158
10. Bibliografia - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.37 Pagina 159<br />
FRANCESCO ATTARDI ANSELMO, Dal Ser Marcantonio al <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>,<br />
«The <strong>Don</strong>izetti Society Journal», 7: <strong>Don</strong>izetti and France, a cura di<br />
Alexander Weatherson e Fulvio Stefano Lo Presti, London-Bergamo,<br />
<strong>Don</strong>izetti Society - <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2002, pp. 339-362.<br />
<strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>, Venezia, <strong>Fondazione</strong> Teatro La Fenice, 2002.<br />
Bibliografia<br />
PAOLO FABBRI, Un <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong> rococò: il Ser Marcantonio di Anelli e<br />
Pavesi, in Il teatro di <strong>Don</strong>izetti. Atti dei Convegni delle celebrazioni 1797-<br />
1997/1848-1998, II: Percorsi e proposte di ricerca, Venezia 22-24 maggio<br />
1997, a cura di Paolo Cecchi e Luca Zoppelli, Bergamo, <strong>Fondazione</strong><br />
<strong>Don</strong>izetti, 2004, pp. 187-227.<br />
PHILIP GOSSETT, <strong>Don</strong>izetti: il problema del pensiero creativo, in Il teatro di<br />
<strong>Don</strong>izetti. Atti dei Convegni delle celebrazioni 1797-1997/1848-1998, III:<br />
Voglio amore, e amor violento. Studi di drammaturgia, Bergamo, 8-10 ottobre<br />
1998, a cura di Livio Aragona e Federico Fornoni, Bergamo, <strong>Fondazione</strong><br />
<strong>Don</strong>izetti, 2006, pp. 181-194.<br />
159
10. Bibliografia - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 14.37 Pagina 160<br />
160
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 161<br />
Discografia essenziale<br />
1932<br />
Interpreti principali: Badini - Schipa - Poli - Saraceni<br />
Direttore: Carlo Sabajno<br />
Orchestra e Coro del Teatro Scala di Milano<br />
La Voce del Padrone QALP 10121-10123 (LP); Odeon QALP 10121-<br />
10123 (LP); Seraphim 1C 6084 (LP); EMI 3C 153-00 680/682 (LP);<br />
EMI 3C 153-03 555/6 (LP); Pathé DTX 20001/01 (LP); EMI CMS<br />
763241 (CD); Memoria MM 30231 (CD); Grammofono 2000 AB 78<br />
561/2 (CD); Arkadia 78017 (CD); Opera d’oro 1224 (CD)<br />
1939<br />
Interpreti principali: Berger - Kandl - Schmitt-Walter - Sininberghi<br />
Direttore: Heinrich Steiner<br />
Chor und Orchester des Reichssenders Berlin<br />
Note: registrazione dal vivo (Berlin); in lingua tedesca<br />
Koch Schwann 31647 (CD)<br />
1940<br />
Interpreti principali: Sayão - Martini - Valentino - Baccaloni<br />
Direttore: Gennaro Papi<br />
New York Metropolitan Opera Orchestra and Chorus<br />
Note: registrazione dal vivo (Metropolitan, New York)<br />
E. J. Smith EJS 176 (LP); Walhall WHL 25 (CD); Omega Opera Archive 22<br />
(CD); Opera Lovers DONP-19 40 10 (CD); Naxos 8.110022-3 (CD)<br />
1946<br />
Interpreti principali: Sayão - Martini - Brownlee - Baccaloni<br />
Direttore: Fritz Busch<br />
New York Metropolitan Opera Orchestra and Chorus<br />
Note: registrazione dal vivo (Metropolitan, New York)<br />
Great Opera Performances G. O. P. 789-2 (CD); Bensar OL 1546-B (BRO<br />
125303) (CD); Walhall WHL 25 (CD); Omega Opera Archive 92 (CD)<br />
161
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 162<br />
Discografia<br />
1950<br />
Interpreti principali: La Gatta - Lazzari - Poli - Corena<br />
Direttore: Armando La Rosa Parodi<br />
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala di Milano<br />
Urania URLP 228/9 (LP); Urania US 5228/2 (LP); Vox OPX 147/1-2<br />
(LP); Musical Treasures 506/5 7 (LP); Belter (LP)<br />
1951<br />
Interpreti principali: Aymaro - Oncina - Colombo - Luise<br />
Direttore: Argeo Quadri<br />
Wiener Kammerchor<br />
Orchester der Wiener Staatsoper<br />
Westminster WAL 206 (LP); Nixa WLP 6206 (LP); Ducretet Thomson LAG<br />
1027-8 (LP); Preiser 20028 (CD)<br />
1952<br />
Interpreti principali: Neroni - Tuccari - Conti - Valletti<br />
Direttore: Angelo Questa<br />
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma<br />
Royale ROY 1205 (LP)<br />
Interpreti principali: Mongelli - Monachesi - Pirino - Guido<br />
Direttore: Luigi Ricci<br />
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma<br />
Plymouth 45-1/3 (LP)<br />
Interpreti principali: Bruscantini - Borriello - Valletti - Noni<br />
Direttore: Mario Rossi<br />
Orchestra Sinfonica e Coro della RAI di Torino<br />
Cetra 1242 (LP); Everest S 4042 (LP); Cetra LPS 3242 1242 (LP); Cetra<br />
LPO 2949 (LP); Omega Opera Archive 172 (CD); Fonit Cetra CDO 14<br />
(CD); Cantus Classics 500 338 (CD); Preiser 20001 (CD); Warner Fonit<br />
857387476 (CD)<br />
162
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 163<br />
1953<br />
Interpreti principali: Greindl - Streich - Schmitt-Walter - Wehofschitz<br />
Direttore: Fritz Lehmann<br />
Orchester und Chor des Bayerischen Rundfunks<br />
Note: in lingua tedesca<br />
Deutsche Grammophon D.G.G. 17053 LPE (LP); Hungaroton LP 1 (LP)<br />
1955<br />
Interpreti principali: Tajo - Noni - Bruscantini - Valletti<br />
Direttore: Alberto Erede<br />
Orchestra e Coro della RAI di Milano<br />
Omega Opera Archive 172 (CD); Bel Canto Society 686 (VHS); Hardy<br />
HCV 1002 (VHS); Hardy Classics HCD 4017 (DVD)<br />
Interpreti principali: Capecchi - Rizzoli - Valdengo - Monteanu<br />
Direttore: Francesco Molinari Pradelli<br />
Orchestra e Coro del Teatro San Carlo di Napoli<br />
Philips A 00323/4 (LP); Philips ABL 3140-3141 (LP); Epic 4SC 6016<br />
(LP); Philips 442090-2 (CD)<br />
1956<br />
Interpreti principali: Peters - Valletti - Guarrera - Corena<br />
Direttore: Thomas Schippers<br />
New York Metropolitan Opera Chorus and Orchestra<br />
Note: registrazione dal vivo (Metropolitan, New York)<br />
Cetra LO 23 (LP); BJR 511 (LP); Omega Opera Archive 749 (CD); Gala<br />
Records GL 100586 (CD)<br />
1957<br />
Interpreti principali: Strienz - Köth - Cordes - Traxel<br />
Direttore: Werner Schmidt-Boelcke<br />
Deutsche Oper Berlin<br />
Berliner Simphoniker<br />
Discografia<br />
163
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 164<br />
Discografia<br />
Note: in lingua tedesca<br />
Electrola WCLP 551 (LP); Electrola E 80 030 (LP); Electrola VP 8072 (LP);<br />
Electrola «Dacapo» 1 C 047 28578-M (LP); EMI 26431-2 (CD)<br />
Interpreti principali: Baccaloni - Wilson - Guarrera - Anthony<br />
Direttore: Tibor Kozma<br />
New York Metropolitan Opera Chorus and Orchestra<br />
Metropolitan Opera Record Club MO 715 (LP); RCA Victor LM-2358 (LP)<br />
1963<br />
Interpreti principali: Corena - Capecchi - Kraus - D’Angelo<br />
Direttore: Alberto Erede<br />
Orchestra e Coro del Teatro San Carlo di Napoli<br />
Note: registrazione dal vivo (Festival di Edimburgo)<br />
Movimento Musica 02.019 (LP); Verona 27023/4-2 (CD); G. O. P. 763<br />
(CD); Opera Lovers DONP-19 63 01 (CD)<br />
Interpreti principali: Tajo - Panerai - Baratti - Rinaldi<br />
Direttore: Massimo Pradella<br />
Orchestra e Coro della RAI di Milano<br />
Past Masters PM 142 (CD)<br />
1964<br />
Interpreti principali: Maccianti - Benelli - Basiola - Mariotti<br />
Direttore: Ettore Gracis<br />
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino<br />
Deutsche Grammophon D.G.G. LPM 18971-2 (LP); Deutsche Grammophon<br />
D.G.G. SPLM 138971-2 (LP); Deutsche Grammophon D.G.G. 2707 021<br />
(LP); Deutsche Grammophon DG «Privilege» 2705 039 (LP); Deutsche<br />
Grammophon 276084 (CD)<br />
Interpreti principali: Corena - Oncina - Sciutti - Kraus<br />
Direttore: István Kertész<br />
Wiener Staatsopernchor und Orchester<br />
164
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 165<br />
Decca MET 280-281 (LP); Decca SET 280-1 (LP); London A 4260 (LP);<br />
London OSA 1260 (LP); Melodiya S10 06275-80 (LP); Decca 6.35 295<br />
(LP); Decca 433 036-2 (CD); Decca «Rouge Opéra» 460 161-2 (CD)<br />
1965<br />
Interpreti principali: Tadeo - Scotto - Taddei - Kraus<br />
Direttore: Fernando Previtali<br />
Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera di Roma<br />
Note: registrazione dal vivo<br />
Myto 2MCD 001 214 (CD)<br />
Interpreti principali: Corena - Peters - Guarrera - Alva<br />
Direttore: Silvio Varviso<br />
New York Metropolitan Opera Chorus and Orchestra<br />
Note: registrazione dal vivo<br />
Omega Opera Archive 369 (CD)<br />
1967<br />
Interpreti principali: Corena - Scotto - Alva - Alberti<br />
Direttore: Bruno Rigacci<br />
Orchestra e Coro del Maggio Musicale Fiorentino<br />
Note: registrazione dal vivo (Teatro Comunale, Firenze)<br />
GFC 038/9 (LP); Claque CLO 2011/12 (CD)<br />
1968<br />
Interpreti principali: Badioli - Adani - Panerai - Grilli<br />
Direttore: Carlo Franci<br />
Orchestra e Coro del Teatro La Fenice di Venezia<br />
Note: registrazione dal vivo<br />
Mondo Musica MFOH 10706 (CD)<br />
1971<br />
Interpreti principali: Ravaglia - Bottazzo - Panerai - Corena<br />
Discografia<br />
165
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 166<br />
Discografia<br />
Direttore: Riccardo Muti<br />
Wiener Staatsopernchor<br />
Wiener Philharmoniker<br />
Note: registrazione dal vivo (Salzburger Festspiele)<br />
Melodram CDM 27094 (CD)<br />
1972<br />
Interpreti principali: Corena - Panerai - Bottazzo - Sciutti<br />
Direttore: Riccardo Muti<br />
Wiener Staatsopernchor<br />
Wiener Philharmoniker<br />
Note: registrazione dal vivo (Salzburger Festspiele)<br />
Foyer 2067 (CD); Opera d’oro 1166 (CD)<br />
1973<br />
Interpreti principali: Montarsolo - Kraus - Guglielmi - Panerai<br />
Direttore: Piero Bellugi<br />
Orchestra e Coro del Teatro alla Scala di Milano<br />
Note: registrazione dal vivo<br />
G. O. P. 202 03 (CD)<br />
1974<br />
Interpreti principali: Kraus - Cotrubas - Ganzarolli - Sardinero<br />
Direttore: Bruno Bartoletti<br />
Chicago Lyric Opera Orchestra and Chorus<br />
Note: registrazione dal vivo (Chicago)<br />
Arkadia 490 (CD)<br />
1978<br />
Interpreti principali: Gramm - Titus - Kraus - Sills<br />
Direttore: Sarah Caldwell<br />
Ambrosian Opera Chorus,<br />
London Symphony Orchestra<br />
Angel SBLX 3871 (LP); EMI 165-03372/3 (LP); EMI 724356603028 (CD)<br />
166
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 167<br />
1979<br />
Interpreti principali: Nesterenko - Weikl - Araiza - Popp<br />
Direttore: Heinz Wallberg<br />
Chor des Bayerischen Rundfunks<br />
Münchener Rundfunkorchester<br />
Eurodisc 300 382 (LP); Melodia C 10 15299 (LP); RCA 7432132229-2<br />
(CD); Eurodisc 7790 2 RG (CD); Eurodisc 352884 (CD); Denon Coco<br />
9952-3 (CD)<br />
1982<br />
Interpreti principali: Bruscantini - Nucci - Freni - Winbergh<br />
Direttore: Riccardo Muti<br />
Ambrosian Opera Chorus<br />
Philharmonia Orchestra<br />
EMI 157-143436-3 (LP); ANGEL DSBX 3938 (LP); EMI ANGEL<br />
CDS 7 47068 2 (CD)<br />
1988<br />
Interpreti principali: Dara - Serra - Corbelli - Bertolo<br />
Direttore: Bruno Campanella<br />
Orchestra e Coro del Teatro Regio di Torino<br />
Note: registrazione dal vivo (Teatro Regio, Torino)<br />
Nuova Era 033.6715-6 (CD)<br />
1990<br />
Interpreti principali: Bacquier - Hendricks - Canonici - Quilico<br />
Direttore: Gabriele Ferro<br />
Orchestre et Chœurs de l’Opéra National de Lyon<br />
Erato Teldec 2292 45 487-2 ZA (CD); Erato WPCC 4287-8 (CD)<br />
1993<br />
Interpreti principali: Bruson - Mei - Allen - Lopardo<br />
Direttore: Roberto Abbado<br />
Discografia<br />
167
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 168<br />
Discografia<br />
Chor des Bayerischen Rundfunks<br />
Münchener Rundfunkorchester<br />
RCA 09026 61924 (CD)<br />
1995<br />
Interpreti principali: Antonucci - Ruggeri - Saudelli - Tisi<br />
Direttore: Wilhelm Keitel<br />
Putbus Festival Orchestra and Chorus<br />
Arte Nova 74321 49698 2 (CD)<br />
2002<br />
Interpreti principali: Mei - Siragusa - Corbelli - De Candia<br />
Direttore: Gérard Korsten<br />
Orchestra e Coro del Teatro Lirico di Cagliari<br />
Note: registrazione dal vivo<br />
TDK CDM OPD (CD); TDK DV-OPDP (DVD)<br />
2007<br />
Interpreti principali: Ray - Flórez - Raimondi - Widmer<br />
Direttore: Nello Santi<br />
Zurich Opera House Chorus and Orchestra<br />
Decca 074 3202 (DVD); Decca 074 3328 (Blu-ray)<br />
2008<br />
Interpreti principali: Ciofi - Shankle - Alaimo - Giossi<br />
Direttore: Evelino Pidò<br />
Choeur du Grand Théâtre de Genève<br />
Orchestre de la Suisse Romande<br />
Bel Air (DVD)<br />
2010<br />
Interpreti principali: Giordano - Spina - Desderi - Cassi<br />
Direttore: Riccardo Muti<br />
Coro del Teatro Municipale di Piacenza<br />
Orchestra Giovanile Luigi Cherubini<br />
Arthaus Musik (DVD); Arthaus Musik (Blu-ray)<br />
168
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 169<br />
169
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 170<br />
ORCHESTRA DEL BERGAMO MUSICA FESTIVAL<br />
Violini primi: Luca Braga °, Alessia De Filippo **, Ettore Begnis, Christine<br />
Champlon, Bruno Tripoli, Esona Ceka, Lucia Ronchini, Enrico Carraro,<br />
Francesco Lovato, Agara Borgato<br />
Violini secondi: Carlo Lazzaroni *, <strong>Don</strong>atella Colombo **, Giacomo Trevisani, Igor<br />
Gogolev, Eugenio Ciavanni, Chiara Paruzzi, Germana Porcu, Dario Cosenzi<br />
Viole: Christian Serazzi *, Irina Balta **, Tamami Sohma, Marco Lorenzi, Nicola<br />
Pietro Curioni, Nicola Sangaletti<br />
Violoncelli: Massimo Repellini *, Flavio Bombardieri **, Paolo Verzicco, Emanuela<br />
Campagnoli, Luca Pelliccioli<br />
Contrabbassi: Gianpiero Fanchini *, Andrea Sala **, Alan Cretti<br />
Flauti e ottavino: Gianni Biocotino *, Nadia Vecchi (anche ottavino)<br />
Oboi: Luca Avanzi *, Luisa Scotti<br />
Clarinetti: Giuseppe Bonandrini *, Fabio Ghidotti<br />
Fagotti: Carmen Maccarini *, Martina Lando<br />
Corni: Valerio Maini *, Manuel Siciliano, Massimo Capelli **, Francesca Acebis<br />
Trombe: Aldo Epis *, Valerio Panzolato<br />
Tromboni: Francesco Mazzoleni *, Valerio Mazzucconi, Gianluca Tortora<br />
Timpani: Simone Fortuna<br />
Percussioni: Enrico Pelliccioli,. Caterina Ruzzante<br />
Chitarre: Pierluigi Capelli, Mattia Gavazzeni<br />
° spalla<br />
* prima parte<br />
** concertino<br />
170
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 171<br />
CORO DEL BERGAMO MUSICA FESTIVAL<br />
Soprani: Vania Allegri, Marisa Intravaia, Wilma Lazzarini, Sonia Lubrini, Patrizia<br />
Negrini, Patrizia Rottini<br />
Mezzosoprani: Lorena Avanzini, Daniela Giazzon, Ilaria Magrini, Giuseppina<br />
Carluccio<br />
Tenori I: Francesco Cortinovis, Luigi Gremizzi, Alessio Manno, Giovanni<br />
Caccamo, Roberto Medaina<br />
Tenori II: Maurizio Saccani, Damiano Cerutti, Alessandro Raimondi, Marco<br />
Tomasoni<br />
Bassi: Rossano Duzioni, Angelo Lodetti, Francesco Laino, Carlo Bonareli,<br />
Piermarco Vinas<br />
171
11. Discografia essenziale - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.01 Pagina 172<br />
Direttore di scena: Elisabetta Acella<br />
Maestri collaboratori: Samuele Pala (I Maestro di sala), Margherita Colombo<br />
Maestro alle luci: Marco Creti<br />
Maestro ai sovratitoli: Alberto Sonzogni<br />
Ballerini: Margherita Longato, Angelo Menolascina<br />
Responsabile Attività Orchestra: Christian Serazzi<br />
Ispettore Orchestra: Stefano Bonassoli<br />
Assistente alla direzione artistica per il casting e Responsabile Coro: Fabio Tartari<br />
172<br />
Macchinisti: Carlo Micheletti (capo macchinista),<br />
Marcello Cavagna, Marco Filetti, Bruno Traini<br />
Elettricisti: Renato Lecchi (capo elettricista), Alessandro Andreoli,<br />
Alberto Bonometti, Cristian Tasca<br />
Sarte: Luciana Azzi, Debora Baudoni<br />
Attrezzisti: Walter Magnoni, Alberto Mostosi<br />
Parrucchiere: Hair Style di Giudici Adriana<br />
Truccatori: Raul Ivaldi, Laura Busetti<br />
Costumi: Sartoria Teatrale Bianchi, Settimo Milanese (Mi) -<br />
Centro Telecinematograficoculturale, Milano<br />
Calzature: Centro Telecinematograficoculturale, Milano<br />
Attrezzeria: <strong>Fondazione</strong> Teatro La Fenice, Venezia<br />
Pitture di scena: Paolino Libralato Scenografie, Dosson di Casier (Tv)<br />
Costruzione scene: Marc Art S.r.l., Mogliano Veneto (Tv)<br />
Proprietà delle scene: <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, Bergamo<br />
Tappeti: Pezzoli Shop<br />
Grafico: Matteo Arena<br />
Collaboratore ufficio stampa: Joannes Tasca<br />
Segreteria amministrativa: Silvia Bonanomi, Stefano Togni<br />
Logistica eventi collaterali: Matteo Sartori
12. Pubblicazioni FD - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.03 Pagina 107<br />
PUBBLICAZIONI DELLA FONDAZIONE DONIZETTI<br />
SAGGI E MONOGRAFIE<br />
GIROLAMO CALVI, Di Giovanni Simone Mayr, a cura di PierAngelo Pelucchi,<br />
Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2000.<br />
Attorno al palcoscenico. La musica a Trieste fra Sette e Ottocento e l’inaugurazione del<br />
Teatro Nuovo (1801), a cura di Maria Girardi e Paolo Da Col, Bologna-Bergamo,<br />
Arnaldo Forni Editore - <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2001.<br />
Il Teatro di <strong>Don</strong>izetti. Atti dei convegni delle celebrazioni 1797/1997-1848/1998, I:<br />
La vocalità e i cantanti, a cura di Francesco Bellotto e Paolo Fabbri, Bergamo,<br />
<strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2001.<br />
Il Teatro di <strong>Don</strong>izetti. Atti dei convegni delle celebrazioni 1797/1997-1848/1998, II:<br />
Percorsi e proposte di ricerca, a cura di Paolo Cecchi e Luca Zoppelli, Bergamo,<br />
<strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2004.<br />
Alfredo Piatti. Studi e documenti, a cura di Virgilio Bernardoni, Bergamo,<br />
<strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2004.<br />
Il Teatro di <strong>Don</strong>izetti. Atti dei convegni delle celebrazioni 1797/1997-1848/1998,<br />
III: Voglio amore, e amor violento. Studi di drammaturgia, a cura di Livio Aragona e<br />
Federico Fornoni, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2006.<br />
LE FONTI DONIZETTIANE<br />
<strong>Don</strong>izetti a Casa Ricordi. Gli autografi teatrali, a cura di Alessandra Campana,<br />
Emanuele Senici e Mary Ann Smart, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 1998.<br />
Caro Aniello. I carteggi donizettiani del Fondo Moscarino (1836-1847), a cura di<br />
Carlo Moscarino, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2008.<br />
EPISTOLARI<br />
Il carteggio Mayr, I: 1782-1804, a cura di Paolo Fabbri, Bergamo, <strong>Fondazione</strong><br />
<strong>Don</strong>izetti, 2008.
12. Pubblicazioni FD - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.03 Pagina 108<br />
QUADERNI DELLA FONDAZIONE DONIZETTI<br />
(a cura di Livio Aragona e Federico Fornoni)<br />
Roberto Devereux, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 1), 2006.<br />
Lucia di Lammermoor, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 2), 2006.<br />
Anna Bolena, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 3), 2006.<br />
La Voix humaine, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 4), 2006.<br />
Cavalleria rusticana, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 5), 2006.<br />
L’elisir d’amore, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 6), 2007.<br />
<strong>Don</strong> Gregorio, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 7), 2007.<br />
Histoire du soldat - Brundibár, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 8), 2007.<br />
Lucrezia Borgia, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 9), 2007.<br />
La bohème, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 10), 2007.<br />
La Favorite, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 11), 2008.<br />
I puritani, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 12), 2008.<br />
Marino Faliero, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 13), 2008.<br />
Parigi 1835, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 14), 2008.<br />
Carmen, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 15), 2008.<br />
Linda di Chamounix, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 16), 2009.<br />
La traviata, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 17), 2009.<br />
L’elisir d’amore, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 18), 2009.<br />
Il barbiere di Siviglia, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 19), 2009.<br />
La figlia del reggimento, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 20), 2009.<br />
Poliuto, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 21), 2010.<br />
Amor ingegnoso - Il campanello, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 22), 2010.<br />
Rigoletto, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 23), 2010.<br />
<strong>Don</strong> Giovanni, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, (QF 24), 2010.
12. Pubblicazioni FD - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.03 Pagina 109<br />
COEDIZIONI<br />
«The <strong>Don</strong>izetti Society Journal», 7: <strong>Don</strong>izetti and France, a cura di Alexander<br />
Weatherson e Fulvio Stefano Lo Presti, London-Bergamo, <strong>Don</strong>izetti Society -<br />
<strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2002.<br />
Mayr a S. Maria Maggiore, 1802-2002. Atti del Convegno di Studi per il Bicentenario<br />
della nomina di Giovanni Simone Mayr a Maestro della Cappella in Bergamo, a cura<br />
di Livio Aragona, Francesco Bellotto e Marcello Eynard, Bergamo, Civica<br />
Biblioteca e Archivi Storici “Angelo Mai” - <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2004.<br />
LUIGI PILON, Il Teatro Sociale di Bergamo. Vita e opere, a cura di Maria Chiara<br />
Bertieri, Cinisello Balsamo - Bergamo, Silvana Editoriale - <strong>Fondazione</strong><br />
<strong>Don</strong>izetti, 2009.<br />
Il Teatro Sociale di Bergamo. Il restauro, a cura di Federico Fornoni, Cinisello<br />
Balsamo - Bergamo, Silvana Editoriale - <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2009.<br />
LE MUSICHE<br />
GAETANO DONIZETTI, Pietro il Grande Kzar delle Russie, edizione critica a cura<br />
di Maria Chiara Bertieri, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2007.<br />
GAETANO DONIZETTI, <strong>Don</strong> Gregorio, ricostruzione e revisione sui materiali<br />
autografi a cura di Maria Chiara Bertieri, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, edizione<br />
per l’esecuzione.<br />
GAETANO DONIZETTI, Marino Faliero, revisione sui materiali autografi a cura di<br />
Maria Chiara Bertieri, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, edizione per l’esecuzione.<br />
GAETANO DONIZETTI, Parisina, revisione sull’autografo a cura di Maria Chiara<br />
Bertieri, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, edizione per l’esecuzione.<br />
GIOVANNI SIMONE MAYR, Che originali, revisione a cura di Maria Chiara<br />
Bertieri, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, edizione per l’esecuzione.<br />
GAETANO DONIZETTI, Gianni di Parigi, revisione sui materiali autografi a cura di<br />
Anders Wiklund, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, edizione per l’esecuzione.<br />
GIOVANNI SIMONE MAYR, Amor ingegnoso, edizione critica a cura di PierAngelo<br />
Pelucchi, Bergamo, <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, edizione per l’esecuzione.
12. Pubblicazioni FD - <strong>Don</strong> <strong>Pasquale</strong>_Layout 2 19/11/2010 15.03 Pagina 110<br />
EDIZIONE CRITICA DELLE OPERE DI GAETANO DONIZETTI<br />
(Edizione Nazionale delle Opere di Gaetano <strong>Don</strong>izetti)<br />
Maria Stuarda, edizione critica a cura di Anders Wiklund, Milano-Bergamo,<br />
Ricordi - Comune di Bergamo, 1991.<br />
Il campanello, edizione critica a cura di Ilaria Narici, Milano-Bergamo, Ricordi -<br />
Comune di Bergamo, 1994.<br />
La Favorite, edizione critica a cura di Rebecca Harris-Warrick, Milano-<br />
Bergamo, Ricordi - <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 1997.<br />
Poliuto, edizione critica a cura di William Ashbrook e Roger Parker, Milano-<br />
Bergamo, Ricordi - <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2000.<br />
Le convenienze ed inconvenienze teatrali, edizione critica a cura di Roger Parker e<br />
Anders Wiklund, Milano-Bergamo, Ricordi - <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2002.<br />
Dom Sébastien, edizione critica a cura di Mary Ann Smart, Milano-Bergamo,<br />
Ricordi - <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2003.<br />
Linda di Chamounix, edizione critica a cura di Gabriele Dotto, Milano-<br />
Bergamo, Ricordi - <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2006.<br />
Pia de’ Tolomei, edizione critica a cura di Giorgio Pagannone, Milano-Bergamo,<br />
Ricordi - <strong>Fondazione</strong> <strong>Don</strong>izetti, 2007.<br />
Deux hommes et une femme, edizione critica a cura di Paolo A. Rossini con la collaborazione<br />
di Francesco Bellotto, Milano-Bergamo, Ricordi - <strong>Fondazione</strong><br />
<strong>Don</strong>izetti, 2008.